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Full text of "Zara cristiana : dell'arcidiacono capitolare"

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ARCIDIACONO  CAPITOLARE 


CARLO  FEDERICO  Cav    BIANCHI 


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ZARA 

Tipo?ra(ì:i  di  (i.  Wodilzka 

1880. 


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ZARA    CRISTIANA 


DELL  ARCIDIACONO    CAPITOLARE 


TROTONOTARIO   APOSTOLICO 


CARLO  FEDERICO  CAV.  BIANCHI 

OSTAVINA 
don  Ive  Prodana 


DEDICATA 
A 


SUA    ECCELLENZA    REVERENDISSIMA 


NOKSIGKOR  PIETRO  DOIMO  ALESSANDRO  N4UPAS 


ARCIVESCOVO    DI  ZARA 


METROPOLITA    DELLA    DALMAZIA 


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ZARA 

Tipografia  Woditzka 

1879 


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\     SEP  2  01984 


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INTRODUZIONE. 


OSTAVINA 
don  Ive  Prodana 


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'opo  di  aver  narralo  nel  primo  volume  di  quest^  opera 
quanto  si  riferisce  alla  storia  ecclesiastica  della  città  di  Zara, 
rendesi  ora  necessario  di  parlare  del  territorio,  su  cui  esten- 
desi  la  spirituale  giurisdizione  dell'arcivescovo;  fa  duopo, 
cioè,  descrivere  le  altre  chiese  e  parochie  dell' arcidiocesi. 

Il  territorio  della  zaratina  arcidiocesi  fu  da  principio 
assai  esteso,  come  altrove  si  è  detto.  E  non  v^ha  dubbio, 
che  tale  esser  dovea  dal  momento,  che  due  od  al  più  tre 
dovettero  essere  le  diocesi  della  Dalmazia  nei  primi  secoli 
del  cristianesimo,  Salona  cioè,  Zara  e  Nona.  Questo  terri- 
torio però  venne  a  restringersi  non  poco  nel  decimo  secolo, 
allorché  il  vescovo  creatine  di  Nona  s'intromise  nella  giu- 
risdizione episcopale  delle  altre  diocesi  dalmate,  e  partico- 
larmente in  questa  di  Zara,  che  gli  era  vicina;  ed  ebbe 
ancor  più  a  scemarsi,  lorquando  il  re  Cresimiro  staccò  da 
essa  nel  1050  parecchie  ville,  affine  di  erigere  il  vescovato 
di  Belgrado  (Zaravecchia)^  cui,  avendo  scella  a  regale  sua 
residenza,  volea  anche  innalzare  a  maggior  grado  di  dignità 
e  splendore.  Ma  dopo  la  distruzione  di  questa  città,  seguita 
nel  1126  per  opera  dei  Veneti,  e  dopo  la  regolazione  dei 
confini  delle  diocesi  dalmate,  avvenuta  per  ordine  dell'apo- 
stolica sede,  il  vescovato  di  Zara  ricevette  notevole  incre- 
mento mediante  la  restituzione  dell'isola  di  Pasman,  e  di 
alcune  altre  aggiacenti,  nonché  di  quasi  tutto  il  belgr adense 
territorio. 


Quante  fossero  le  parochìe  e  Io  chiese  dell' arcidiocesi 
jaderlina  nei  secoli  anteriori  al  decimoquinlo  non  consta. 
Si  sa  soltanto  da  una  cronaca  antica,  che  prima  delle  lur- 
chesche  invasioni,  cioè  prima  del  1468,  in  cui  esse  ebhero 
principio  in  queste  contrade,  280  erano  le  ville,  che  ne 
componevano  il  territorio,  senza  contar  quelle  del  suo  iso- 
larlo. Di  queste  molte  ne  rimasero  abbandonate,  parecchie 
ne  furono  incendiate,  e  non  poche  distrutte  o  devastate  dalle 
barbare  orde  musulmane.  Abbiamo  memorie  scritte,  che  nel 
decimosesto  secolo  di  tante  n'erano  rimaste  96,  delle  quali 
erano  abitate  85,  con  sole  5  o  6  case  per  ciascuna,  e  che 
intorno  al  1700  le  parochie  del  zaratino  contado  giungevano 
appena  al  numero  di  35.  Non  fu  così  delle  parochie  del- 
l' isolario.  Siccome  in  esso  non  vi  penetrarono  i  Turchi,  che 
una  sol  volta,  ed  anche  questa  solamente  in  alcuni  villaggi 
senza  farvi  danni  o  guasti  rilevanti,  così  narrano  le  nostre 
cronache,  che  il  numero  delle  insulari  parochie  si  mantenne 
costantemente  da  30  a  33,  le  quali  si  conservarono  in  egual 
numero  anche  fino  ai  giorni  nostri.  Le  parochie  dunque  del- 
l'arcidiocesi  di  Zara  verso  la  fine  del  terzo  decennio  del 
secolo  presente  ascendevano  alla  ciffra  di  68  soltanto. 

Succeduta  nel  1828  la  concentrazione  delle  diocesi 
della  Dalmazia  mediante  la  Bolla  :  Locum  B.  Petri^  di  Leone 
XII,  ed  abbinalo  il  vescovato  di  Nona  alT  arcivescovato  di 
Zara,  questo  ricevette  un  grande  aumento  di  territorio,  poiché 
vi  si  aggiunsero  65  villaggi,  17  de'  quali  abitati  da  soli 
cattolici,  33  composti  di  cattolici  e  di  greci,  e  15  abitati 
nella  minor  parte  da  cattolici,  e  nella  maggiore  da  greci  ; 
tuU'i  quali  villaggi  formavano  36  parochie  latine,  mentre 
una  parochia  coraponevasi  di  due  ed  anche  più  villaggi. 
Unite  pertanto  le  mentovate  68  parochie  dell'  antica  arcidio- 
cesi alle  36  della  soppressa  ed  incorporata  diocesi  nonese, 
r  arcidiocesi  di  Zara  venne  a  comporsi  di  104  tra  parochie 
e  cappellanie,  che  si  mantennero  inalterate  fino  all'anno  1850. 

In  seguito  al  Ministeriale  Dispaccio  26  gennaro  1849, 
N.o  8440-4117,  essendosi  introdotta  una  stabile  sistemazione 
della  cura  d'anime  nelle  diocesi  della  Dalmazia,  furono  anche 
determinate  le  condizioni  delle  stazioni  del  clero  curato  della 
nostra  arcidiocesi,  per  cui  50  dovrebbero  essere  le  parochie, 
32  le  cappellanie  esposte,  e  26  le  cooperature  parochiali,  in 
tutto  108  curazie,  le  quali,  avuto  riguardo  alla  opportunità 
della   sorveglianza,    alla    comodità    di    communicazione,  alla 


—  5  — 

facile  corrispondenza  col  clero  e  colle  autorità,  nonché  alle 
speciali  circostanze  locali  vennero  ripartite  in  nove  circon- 
dari decanali,  cioè  Zara,  Nona,  Rasanze,  Novegradi,  Zara- 
vecchia,  Pago,  Selve,  Sale  e  S.  Eufemia,  ai  quali  se  ne 
aggiunse  in  seguito  un  allro,  eh' è  quello  di  Bencovaz  ;  con 
ciò  però  che  la  carica  di  decano  non  dovesse  essere  stabile, 
né  annessa  ad  un  beneficio,  e  che  l' ufficio  decanale  dovesse 
essere  affidato  ad  un  sacerdote  del  circondario,  degno  di 
fiducia. 

In  dotazione  del  clero  curato  venne  stabilita: 

La  congrua  di  fio.  300  pei  parochi, 
„         „        „     „     200  pei  cappellani, 
„  „        „     „     150  pei  cooperatori. 

Venne  data  esecuzione  nel  1851  al  Dispaccio  Ministe- 
riale con  qualche  modificazione,  per  cui  contansi  attualmente 
55  parochie,  40  cappellanie  esposte,  7  cooperature  e  2 
stazioni  curate,  in  tutto  104  curazie,  ripartite  in  10  deca- 
nati, i  quali  hanno  un  distretto  più  o  meno  esteso  di  circa 
10  curazie,  sopra  le  quali  i  decani  esercitano  una  giurisdi- 
zione, limitata  dall'arcivescovo. 

Di  queste  ne  tesseremo  la  storia,  seguendo  T  ordine 
indicato  negli  atti  delle  antiche  visite  canoniche  che  ci  ser- 
virono di  guida  e  di  aiuto;  ed  incominciando  dalle  parochie 
dell' isolarlo.^  continueremo  con  quelle  del  litorale  per  terminar 
con  quelle  del  continente,  eccettuato  però  qualche  caso  spe- 
ciale, in  cui  abbiamo  dovuto  discostarci  dal  nostro  proposito. 
Parleremo  in  particolare  delT  origine  delle  parochie,  della 
fondazione  delie  chiese  parochiali,  e  delle  chiese  succursuali, 
del  loro  stalo  e  condizione  antica  e  moderna;  daremo  la  serie, 
per  quanto  fia  possibile  non  inlerrotta,  dei  parochi  e  d'altri 
sacerdoti,  degni  di  ricordanza,  faremo  cenno  delle  confra- 
ternite preesislite,  ed  oggidì  esistenti,  terremo  insomma  pa- 
rola di  tutto  ciò  che  havvi  di  rimarchevole  in  ciascuna 
località.  Ci  siamo  occupati  a  preferenza  delle  preesistite  dio- 
cesi di  Nona  e  Zaravecchia,  nonché  della  insigne  Collegiata 
di  Pago,  le  quali  per  la  loro  anlichilà  e  dignità  sono  degne 
di  onorevole  menzione,  e  specialmente  di  Nona,  la  cui  ori- 
gine si  fa  risalire  ai  tempi  apostolici. 

Pria  però  d'  entrare  in  materia  non  sarà  disutile  il  pre- 
mettere alcune  notizie  generali  per  lume  e  guida  dei  bene- 
voli lettori. 


—  6  — 

Ed  in  primo  luogo  fa  diiopo  sapere,  che  il  contado  di 
Zara  e  di  Nona  fu  assai  di  spesso  da  fiere  pestilenze  e  da 
ostili  incursioni  travagliato.  Per  ben  dodici  volte  lo  infesta- 
rono le  orde  de'  Musulmani  nel  decimoquinto  secolo  con  più 
0  meno  danno  dei  poveri  cristiani.  Nei  successivi  fecero 
altrettanto,  ed  in  particolar  modo  durante  il  deciniosettimo, 
quando  ne  rimasero  padroni  assoluti.  Dopo  di  aver  atterrate 
chiese  e  case  in  gran  numero  e  dopo  di  aver  desolata  quasi 
tutta  la  campagna,  misero  a  ferro  e  fuoco  tutte  le  ville  del 
continente,  e  poi  anche  quelle  del  litorale,  una  sola  eccet- 
tuata. È  il  nostro  arcivescovo  Caraman,  che  lo  dice  nella 
sua  relazione  al  Pontefice  di  sua  visita  diocesana  del  1754: 
Cuncta  litoralia  Cr etico  hello  Turcae  consumpserani  igne^ 
incolumi  sola  Archiepiscopali  terra  (S.  Cassiani).  Incolae 
enim,  superposito  mensis^  pane^  sale  et  aqna^  ad  Insula.s 
ahierant.  Barbari  aiitem  ingressi  domos  vaciias  venerati 
liospitalitatis  signa^  innocentes  recesserunt.  AH'  appressarsi  del 
fiero  nemico  gli  abitatori  sgombravano  e  fuggivano  nelle 
isole  vicine,  di  modo  che  il  territorio  rimase  spopolato,  de- 
serto, ed  abbandonato  da  cristiani.  Ritornati  questi  dopo  la 
pace,  ai  loro  focolari,  si  fé'  ammirabile  la  loro  pietà  col 
condurre  i  terreni  altrui  coltivandoli  coi  loro  sudori  per 
applicarne  poi  i  frutti  al  ristauro  e  mantenimento  delle  chiese 
rovinate  e  depauperate,  e  per  provvedere  i  pastori  del  ne- 
cessario sostentamento.  Una  buona  parte  delle  chiese  distrutte 
furono  da  loro  rifabbricate  e  provvedute  dei  sacri  arredi. 
E  siccome  quelli  che  ritornavano  dall' esilio  erano  pochi,  e 
miserabili,  così  le  chiese  furono  da  essi  fabbricate  in  brevi 
dim.ensioni.  Ecco  il  motivo  per  cui  nella  maggior  parte  sono 
insufficienti,  e  malamente  edificate.  Taluna  ve  n'eresse  il  Go- 
verno  veneto,  ma,  poche  eccettuate,  le  altre  tutte  sotto  ogni 
rapporto  erano  deficienti  e  mancanti  d' ogni  cosa,  ed  appena 
capaci  di  contenere  un  terzo,  ed  alcune  appena  un  quarto 
della  popolazione.  Quegli  che  molto  si  prestò  alla  loro  rie- 
dificazione e  miglioramento  si  tu  l'austriaco  provvido  Governo, 
il  quale  nel  corso  di  pochi  anni  n'  eresse  un  buon  numero 
dalle  fondamenta,  e  ne  va  ogni  anno  rinnovando  e  ristau- 
rando  delle  altre.  Tal  si  fu  pure  la  condizione  delle  case 
canoniche,  le  quali  tutte,  con  pochissime  eccezioni,  potevano 
considerarsi  piuttosto  capanne  e  tuguri.  Molte  ne  furono  di  pianta 
ricoslrulte,  e  molte  ristaurate.  Non  faremo  a  meno  di  rilevare 
queste  circostanze,  quando  parleremo  delle  singole  parochie. 


-  7  ~ 

È  da  sapere  in  secondo  luogo,  che  le  chiese  rurali  della 
diocesi  erano  dapprima  per  la  maggior  parie  intitolate  ai 
misteri  della  nostra  santa  religione,  alla  Vergine,  ed  ai  più 
illustri  ed  antichi  campioni  di  nostra  santa  fede.  Ma  dopo 
che  la  potenza  ottomana  ebbe  depopolato  e  desolato  il  nostro 
territorio,  le  chiese  ristaurate,  ovvero  di  pianta  riedificate, 
perdettero  in  buona  parte,  ad  eccezione  di  quelle  della  Ver- 
gine, il  loro  titolo  antico,  per  assumere  quello  del  principe 
della  milizia  celeste  S.  Michele  Arcangelo.,  oppure  quello  di 
S.  Giorgio  m.  o  di  S.  Martino  v.,  quasi  avessero  voluto  i 
suoi  fondatori  nominare  per  loro  patrono  e  titolare  chi  col 
fulmineo  brando  li  avesse  potuti  difendere  da  nuove  aggres- 
sioni nemiche.  Anche  a  S.  Rocco  ne  innalzarono  parecchie, 
dopo  le  molte  pestilenze,  cui  andarono  soggetti  i  nostri  du- 
rante le  suaccennate  incursioni.  Parecchie  ne  consacrarono 
puranco  allo  Spirito  Santo,  dichiarando  in  tal  modo  di  far 
atto  di  solenne  professione  della  loro  ferma  credenza  dinanzi 
a  coloro  ch'erano  infetti  di  errori  in  materia  di  fede,  e  che 
vivevano  in  mezzo  ad  essi.  Ne  troviamo  quindi  oggidì  50  e  più 
Ira  chiese  e  cappelle  dedicate  alla  Vergine,  12  in  onor  di 
S.  Michele  are,  8  a  S.  Rocco,  6  a  S.  Martino  v.  e  4  allo 
Spirito  Santo. 

In  terzo  luogo  non  sarà  inutile  il  riconoscere  la  situa- 
zione topografica  dell' arcidiocesi  pria  di  discorrere  delle 
località  che  la  compongono.  La  primitiva  diocesi  di  Zara  ha 
un  circuito  di  80  miglia,  non  compresa  l'isola  di  Pago,  né 
le  altre  isole,  che  da  Ulbo  fino  a  Vergada  formano  il  bel 
canale  di  Zara.  Estendesi  poi  da  maistro  a  scilocco  per  una 
linea  di  60  miglia.  I  suoi  confini  sono  a  tramontana  e  borra 
la  preesistita  diocesi  di  Nona,  con  cui  termina  mediante  le 
proprie  ville  di  Peter^ane,  Kosino,  Grue,  Murvica,  Skabernje, 
Polaca;  a  levante  la  diocesi  di  Scardona,  con  cui  termina 
mediante  le  proprie  ville  di  Vrana,  Radosinovac  e  Pristeg; 
a  scilocco  la  diocesi  di  Sebenico,  con  cui  termina  mediante 
la  propria  villa  di  Pakoscane;  ad  ostro,  libeccio  e  ponente 
l'Adriatico,  con  cui  termina  mediante  l'isolarlo. 

La  diocesi  di  Nona  stendesi  in  longitudine  da  Nona 
sino  ad  Ervenik,  ed  in  latitudine  da  Suhovare,  che  dista  12 
miglia  da  Zara,  sino  sopra  il  monte  Velebic  al  confine  della 
Croazia.  A  levante  per  ultimi  villaggi  trovansi  Ervenik,  a 
ponente  Pontadura,  ad  ostro  Lepuri,  ed  a  tramontana  Tri- 
baujO;  che  confina  colla  Croazia,  Ad  eccezione  di  Pontadura, 


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eh' è  un'isola,  tutto  il  contado  nonese  trovasi  fra  terra  sul 
continente,  con  4  villaggi  di  qucà  dal  canale  della  montagna 
suddetta,  ed  altrettanti  al  di  là,  e  2  alle  sponde  del  fiume 
Zermanja.  In  generale  il  paese  è  montuoso,  boschivo,  e  pei 
molti  torrenti  in  alcuni  siti  anche  paludoso. 

Il  numero  dei  cattolici  della  diocesi  di  Zara  pria  della 
incorporazione  di  quella  di  Nona  ascendeva  nel  1828  al 
numero  di  26,928:  quelli  della  diocesi  di  Nona  a  11,400, 
che  uniti  ai  primi  formavano  38,328.  Attualmente  Tarcidio- 
cesi  di  Zara  componesi  di  63,556  cattolici. 

È  necessario  inoltre  di  sapere  esservi  stati  un  tempo 
due  riti  nella  diocesi  cattolica  di  Zara,  il  latino  cioè  ed  il 
greco.  Due  erano  parimenti,  come  lo  sono  anche  oggidì,  le 
lingue  liturgiche  la  latina,  cioè,  e  la  illirica  letterale.  Tanto 
i  parochi  latini  quanto  i  greci  si  servivano  nella  liturgia 
della  lingua  illirica  letterale.  In  Zara,  nella  città  di  Pago,  e 
nel  Borgo  Erizzo  tutti  adoperavano  la  sola  lingua  latina,  e 
nelle  parochie  rurali  quelli  che  erano  dichiarati  abili  dal- 
l'Ordinariato. V'erano  nella  diocesi  di  Zara  ai  tempi  dell' ar- 
civescovo Cari) man  due  chiese  foranee  greche,  che  officia- 
vano in  lingua  illirica  letterale.  I  loro  parochi  facevano  la 
professione  di  fede  cattolica  nelle  mani  dell'  arcivescovo  nostro 
giusta  la  formola  di  Urbano  VIII,  e  protestavano,  come  ve- 
dremo in  seguito,  di  riconoscere  T  arcivescovo  per  loro  Pa- 
store; ma  e  parochi  e  popoli  andavano  a  poco  a  poco  infet- 
tandosi di  errori  dogmatici  mediante  libri,  che  ricevevano 
da  fuori,  e  lìnirono  col  diventare  scismatici. 

Per  ultimo  gioverà  sapere,  che  prima  della  sistemazione 
deirarcidiocesi,  cioè  innanzi  al  1851,  era  essa  divisa  in  sei 
circondari,  de'  quali  ciascuno  era  presieduto  da  uno  de'  più 
capaci  e  diligenti  suoi  parochi,  il  quale  doveva  aver  cura 
delle  ville  commessegli  dal  superiore  ecclesiastico,  di  pro- 
curare il  buon  ordine  delle  ufficiature^,  delle  sacre  suppel- 
lettili, dei  costumi  degli  ecclesiastici,  e  di  tener  d'ogni  cosa 
informato  l'arcivescovo. 


PAROCHIE   INSULARI 


Isola  di  Pago. 


V  Isola  di  Pago,  da  Plinio  Gissa  e  Sissa,  dal  Dandolo 
Kessa  e  Quussa,  da  altri  Insula  Paganorum^  e  dagli  Slavi 
Pag  denominata,  è  posta  a  settentrione  di  Zara,  nel  seno 
Flanatico,  ossia  Quarnaro,  lungo  il  canale  Japidico,  oggi 
della  Morlacca^  vicino  al  continente,  da  cui  è  disgiunta 
mediante  un  brevissimo  stretto,  che  di  Ljuha  s' appella. 
Lunga  30  miglia  da  maistro  a  scilocco,  larga  6,  da  levante 
confina  con  Nona,  da  ostro  con  V  isola  di  Pontadura,  e 
cogli  scogli  di  Maoni  e  Scarda,  da  ponente  coir  isola  d' Arbe, 
e  da  tramontana  col  canale  della  Morlacca.  Dal  Iato  boreale 
ha  due  fauci  che  danno  adito  ad  una  valle  lunga  5  miglia. 
Nella  parte  estrema  della  valle  eravi  T  antica  città  di  Ciaska, 
il  cui  terreno  forma  il  confine  della  diocesi  di  Zara,  spet- 
tando alla  preesislila  diocesi  di  Arbe,  ed  ora  a  quella  di 
Veglia  tutto  il  territorio  sii uato  oltre  quello  di  Ciaska.  Un'al- 
tra valle  a  scilocco  è  posta,  e  fra  le  due  valli,  siede  la 
città  di  Pago,  che  dà  il  nome  a  tutta  T  isola. 

Dapprima  i  Colchi,  poscia  i  Liburni  furono  gli  abitatori 
deir  isola.  Cadde  dipoi  con  tutta  la  Liburnia  in  poter  de' 
Romani,  ed  in  seguito  soggiacque  alla  dominazione  dei  Fran- 
chi, dei  Croati,  dei  Veneti  con  tutto  il  resto  della  Dalmazia.  — 
Innanzi  al  decimo  secolo  fu  per  alcun  tempo  a  Zaratini  sog- 
getta. Venne  due  volte  soggiogata  e  devastata  dai  Croati, 
ma  da  Cresimiro  IV  rimessa  nel  primiero  suo  slato  (1028). 
Fu  Cresimiro  V,  che  nel  1040  la  divise  in  due   parti,    as- 


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segnando  quella  da  settentrione  col  castello  di  Kissa  al  ve- 
scovo di  Arbe,  e  quella  da  mezzogiorno  al  vescovo  di  Nona. 
In  questa  seconda  parte,  o  per  veneta  concessione,  o  per 
cessione  dei  Nonesi,  tornarono  i  Zaratini  ad  esercitare  nel 
1170  la  loro  Signoria,  in  guisa  da  renderla  pienamente  sog- 
getta alla  loro  Comunità.  Divenuti  poscia  i  re  d'Ungheria 
padroni  di  tutta  l' isola,  Lodovico  confermò  loro  la  libera 
giurisdizione  temporale  e  spirituale  sulla  medesima.  Per  tren- 
tacinque anni  la  conservarono,  con  varia  fortuna,  ora  a  nome 
proprio  ed  ora  del  re;  ma  sempre  mal  sofiPerti  da  quegli 
abitanti,  i  quali  finalmente  nel  1393  pensarono  di  francarsi 
da  tal  dipendenza,  ed  anche  vi  riuscirono;  dappoiché  una 
dieta  provinciale,  composta  dal  vescovo  di  Zagabria  e  dal 
Bano  di  Croazia,  delegali  del  re  Sigismondo,  dai  rappre- 
sentanti di  Zara  e  di  Pago,  da  alcuni  vescovi  e  nobili  d'Un- 
gheria e  di  Dalmazia,  si  raccolse  in  Nona,  ed  il  24  Giugno 
1396  decise  doversi  considerare  l' isola  di  Pago  libera  e 
indipendente,  al  pari  d'ogni  altra  citttà  della  Provincia.  Ma 
questa  loro  indipendenza  durò  poco,  poiché  i  Zaralini,  avendo 
acclamato  re  d'Ungheria  nel  1402  Ladislao  di  Napoli  nella 
occasione  ch'egli  venne  in  Dalmazia  per  contendere  la  corona 
a  Sigismondo,  furono  da  lui  premiati  col  riacquisto  della 
Signoria  di  Pago,  e  vi  mandarono  i  propri  rettori.  Ma  bre- 
vemente vi  durarono,  poiché  del  1409  Ladislao,  insieme  con 
Zara  vendette  anche  Pago  alla  Repubblica  di  Venezia,  la 
quale  speditovi  al  suo  governo  un  suo  patrizio  fece  per  sem- 
pre cessare  qualunque  ingerenza  della  zaratina  Comunità,  né 
vi  rimase  che  la  giurisdizione  spirituale  del  nostro  arcive- 
scovo, da  cui  pure  tentarono  d' esimersi  chiedendo  un  vescovo 
proprio,  ma  senza  poterlo  mai  conseguire. 


La  città  di  Pago. 

L'origine  dell'attuale  città  di  Pago,  e  quella  della  sua 
chiesa  collegiata  viene  storicamente  stabilita  nelfanno  1443. 
Cidà  principale  delf  isola  di  Pago  nei  primi  tempi  fu  Ciaska, 
siluala  in  fondo  del  vallone  di  Pago,  e  tale  si  mantenne 
sino  air  anno  3G1    d.    C.    quando    un    orribile    cataclisma    la 


—  11  — 

subissò.  Sulle  sue  rovine  surse  Kissa^  che  perdurò  sino  alla 
fine  del  secolo  decimo,  in  cui  fu  per  forza  di  guerra  eslèr- 
minata.  Non  lungi  da  quegli  avanzi  venne  allora  fabbricala 
Novaglia^  la  quale  sussislelte  fino  al  1190,  in  cui,  distrutta 
anche  questa,  si  trasportarono  quegli  abitanti  al  sud  dell'isola 
nella  valle  delle  saline,  e  lì  si  stabilirono  erigendovi  le  pro- 
prie abitazioni,  che  circondarono  di  mura  e  baloardi  per 
difesa.  Questa  città  divenne  allora  col  nome  di  Pa^o  la  prin- 
cipale dell'isola.  Non  offrendo  però  neppur  questa  un  asilo 
sicuro  ai  suoi  abitanti,  i  quali  furono  non  una  volta  da  in- 
cendi, da  slraggi  e  da  devastazioni  d'ogni  genere  molestali, 
stabilirono  col  consiglio  e  favore  della  Repubblica  veneta 
di  trapiantarsi  altrove  e  convenientemente  munirsi.  Tra  i 
molti  siti,  che  il  veneto  Senato  si  fece  delineare  per  la 
pianta  della  nuova  città  fu  prescielto  quello  oltre  l'istmo  alla 
Catena,  che  chiude  la  valle  delle  saline,  sulla  punta  di 
S.  Giacomo,  oggi  Tutti  /Sa?? ^z,  un  miglio  circa  distante  dalla 
vecchia  città.  L'anno  1443  si  diede  principio  all'erezione 
delle  mura  e  delle  torri,  il  cui  circuito  fu  portato  al  suo 
compimento  in  meno  d'un  decennio,  coi  mezzi  della  comunità 
e  coi  sussidii  avuti  dal  pubblico  erario.  La  prima  pietra  fu  posta 
il  giorno  18  Maggio  di  quell'anno,  come  vedremo.  Di  buon 
disegno  fu  la  pianta  della  città,  dappoiché  quattro  porte, 
simmetricamente  disposte,  aprono  l'adito  alle  quattro  vie  prin- 
cipali, opposte  ai  quattro  venti  cardinali,  le  quali  si  riuni- 
scono nella  piazza,  che  sta  nel  centro  della  città.  Quella,  a 
levante,  reca  il  nome  di  porta  Terraferma^  quella,  a  maistro, 
dicesi  Uhlinaz^  la  terza,  a  libeccio,  si  denomina  della  Catena^ 
la  quarta,  a  scilocco,  di  S.  Antonio  s'appella  per  la  vicina 
chiesa  a  questo  santo  dedicata.  Un'altra  porta  fu  posterior- 
mente aperta  presso  quella  della  Catena,  e  chiamasi  porta 
piccola.  Da  ciò  dividesi  la  città  in  quattro  quartieri,  il  primo 
de'  quali  sì  denomina  di  S.  Giacomo,  e  comprende  tutte  le 
abitazioni,  che  sono  a  mezzo  della  porta  Catena  sino  a  mezza 
piazza,  e  di  qua  fino  alla  porta  Uhlinaz  sino  a  mezza  piazza, 
e  di  là  va  a  finire  presso  la  porta  di  Terraferma.  Il  terzo, 
dello  quartiere  di  S.  Francesco,  ha  il  suo  principio  da  le- 
vante della  porta  di  Terraferma,  va  fino  alla  piazza,  e  per 
via  diritta  sino  a  mezza  porta  di  S.  Antonio  Abbate.  Il 
quarto  domandasi  di  S.  Antonio  Abbate,  e  partesi  dalla  detta 
mezza  porta  dal  lato  d'ostro,  e  venendo  fino  a  mezza  piazza 
ritorna  alla  mezza  porla  della  Catena. 


—  12  — 

Stabilita  in  tal  modo  la  pianta  della  nascente  città,  fu 
assegnato  a  ciascuna  famiglia  un  fondo  sufficiente  per  proprio 
dorarcilìo  nei  rispettivi  quartieri;  nei  quali  si  videro  a  poco 
a  poco  erette  le  case  coi  materiali  di  quelle  ch'erano  in 
Pago  vecchio,  dove  non  rimasero  che  i  soli  magazzini  de' 
sali,  ora  distrutti,  e  ridotti  a  coltura.  La  piazza  fu  poi  ab- 
bellita da  pubblici  edifizii,  fra  i  quali  il  Palazzo  Pretoreo, 
la  pubblica  loggia,  e  la  chiesa  collegiata. 


La  Chiesa  Collegiata. 


Nel  giorno  istesso,  che  fu  il  Sabbato  18  Maggio  1443 
in  cui  furono  gettate  le  fondamenta  della  nuova  città  di 
Pago,  si  diede  pure  principio  alla  fabbrica  della  sua  magni- 
fica chiesa  collegiata.  Benedetta  colle  prescritte  cerimonie  e 
solennità  la  prima  pietra  dall'arcivescovo  di  Znra  Lorenzo 
Venier,  alla  presenza  del  clero  e  del  pubblico  magistrato  la 
pose  ne'  suoi  fondamenti,  ed  altrettanto  fecero  contempora- 
neamente i  pubblici  rappresentanti  nei  quattro  punti  princi- 
pali della  nascente  città.  Proseguitone  il  lavoro  con  alacrità, 
venne  dopo  alcun  tempo  d'improvviso  sospeso  per  mancanza 
di  mezzi.  Fu  di  poi  continuato  coi  soccorsi,  impetrati  dalla 
pietà  del  veneto  Senato,  e  coi  fondi  ch'esistevano  in  depo- 
sito e  che  a  que'  tempi  erano  destinali  per  le  Crociate  con- 
tro la  turchesca  barbarie.  Nel  1459  venne  condotta  a  buon 
termine  la  fabbrica  dopoché  la  Repubblica  assegnò  a  beneficio 
di  essa  la  così  delta  Grazia  dei  Sali,  la  quale  anche  in  se- 
guito continuò  ad  essere  una  delle  primarie  risorse  della 
chiesa.  Ma  T  ultimo  compimento  non  le  fu  dato  se  non  che 
appena  nel  1487,  quando  ottennero  i  Paghesani  dalla  Santa 
Sede  l'indulto  di  poter  vendere  alcuni  terreni  infruttuosi, 
che  alla  chiesa  vecchia  appartenevano.  Fatto  così  fronte  alle 
ultime  spese  ed  agli  ultimi  lavori,  ai  18  di  Settembre  del 
1488  vi  si  trasferì  da  Pago  vecchio  (Terravecchia)  il  Ca- 
pitolo, il  quale  anche  cominciò  ad  officiarla  debitamente.  Non 
havvi  memoria  che  sia  stata  consacrata;  non  v'è  lapide 
commemorativa,    né    alcun    altro    indizio,    che    rammenti    ai 


—  13  — 

posteri  e  comprovi  un  tale  alto  solenne  della  chiesa.  È  de- 
dicala all'Assunzione  di  M.  V.,  al  pari  dell'antica  che  in 
Pago  vecchio  ancor  si  conserva.  È  situata,  come  sopra  si 
disse,  nel  centro  della  città,  rivolta  a  S.  0.  Di  forma  qua- 
drangolare, è  lunga  m.  35.50,  larga  15.40.  La  sua  fac- 
ciata, costruita  tutta  in  pietra  levigata,  s' innalza  maestosa 
dinanzi  la  sottoposta  piazza,  ed  è  adorna  di  quattro  statue 
a  mezzo  rilievo,  l' una  delle  quali  rappresenta  la  Vergine 
Annunziata,  l'opposta  l'arcangelo  Gabriele,  la  terza  S.  Gior- 
gio m.  patrono  principale  dell'Isola,  e  la  quarta  S.  Michele 
arcangelo.  Una  quinta,  a  tutto  rilievo,  raffigurante  un  angelo 
colle  mani  incrocicchiate,  che  guarda  giù  sulla  piazza,  è 
collocala  sopra  la  cima  del  frontone.  La  porta  maggiore  eh'  è 
l'unico  ingresso  nella  facciata,  s'eleva  sopra  tre  gradini  cir- 
colari, ornata  di  sei  colonne  di  pietra  bianca  con  capitelli 
d'ordine  corintio,  ')  e  col  suo  timpano  fregiato  d'un  basso 
rilievo,  rappresentante  la  Vergine  in  atto  di  proteggere  i 
Pagesi.  Sopra  di  essa  è  scolpito  lo  stemma  della  Repubblica 
veneta,  ed  al  lati  esistono  due  iscrizioni  lapidarie  del  1649. 
Quella  a  sinistra,  sormontata  dallo  stemma  della  Comunità 
(S.  Giorgio  m.)  e  da  quello  della  famiglia  Semitecolo, 
ricorda  le  virtù  e  le  gesta  di  questo  cavaliere  nel  modo 
seguente: 

D  .  D  .  G  .  p  .  p  . 

SVMMàE  .  VIRTUTl .  SVMMAE  .  PRUDENTIAE  .  ILLMI  .  D  .  JOANNIS  . 
SEMITECVLO  .  VINC  .  FILIl  .  SVMMA  .  LAVS  .  SVMMA  .  DEBETVR  . 
GLORIA  .  IS  .  N  .  IN  .  PROSPERIS  .  IVDICIO  .  CONSTANS  .  IN 
.  ADVERSIS  .  PRVDENS  .  PRAEFVLSIT  .  PRAETOR  .  FERVENTE  . 
BELLO  .  HOSTES  .  ADIACENTES  .  CONCILIAVIT  .  GRASSANTE 
.  AD  .  JANVAS  .  PESTE  .  VRBEM  .  ET  .  INSVLAM  .  AB  .  EA  . 
PRAESERVAVIT  .  IN  .  PVBLICA  .  INOPIA  .  AERE  .  PROPRIO 
.  VRBI  .  CONSVLVIT  .  VERE  .  COMES  .  VERE  .  PATER  . 
COMMVNITAS  .  PAGI  .  IN  .  SIGNVM  .  LAVDIS  .  ET  .  GLORIAE 
.    PONIT    .    ANNO    .    DNI    .    MDCXLIX    . 

Le    capileltere    significano  :    Deo^    Divo    Georgia^   Pa- 
trono Pagi. 


^}  Quattro  di  quelle  colonne  furono  levate,  perchè  corrose  dal  tempo. 


—  14  — 

Quella  a  destra,  ora  illeggibile,  era  del  tenore  seguente: 

D  .  o  .  M  . 

TVRCARVM  .  INGRVENTE  .  BELLO  .  RVPTO  .  PACiS  .  FOEDERE 
.  SVMMO  .  REIPVBLICAE  .  DISCRIMINE  .  AD  .  DEPRIMENDAM  . 
HOSTIVM  .  RABIEM  .  IN  .  PROVINCIIS  .  DALMATIAE  .  ET 
.  EPIRI  .  HOC  .  SEN  .  CONS  .  LEONARDO  .  FOSCOLO  . 
[PATRIAE  .  DECVS]  .  GENERALE  .  COMMITITVR  .  IMO  .  COE- 
LITVS  .  SCEPTRVM  .  QVI  .  CLYPEO  .  ET  .  GALEA  .  TECTVS 
.  CRUCE  .  PROTECTVS  .  HOSTIVM  .  CVNEOS  .  PENETRAVIT  . 
SECVRVS  .  ARGIRVNTVM  .  PATRIAE  .  VINDICAVIT  .  EX  .  EO 
.  OPTIMATES  .  MANCIPIA  .  DVXIT  .  E  .  COMITATV  .  lADRAE  . 
.  .  .  A  .  PROFVGAVIT  .  VRBES  .  OPPIDA  .  TERRAS  .  VILLAS 
.  SOL  .  .  .  V  .  .  AB  .  HOSTIBVS  .  LIBERAVIT  .  CVNCTA  . 
PATRIAE    .    SVBIECIT    .    ET    .     RESTITVIT     .     CVIVS     .     GLORIAE 

.    MONVMENTVM     .     PAGI COMMVNITAS 

DICAT    .    PONIT    .    ANNO    .    DNI    .    MDCXLIX    . 

Di  pietra  lavorata  eguale  alla  fronte,  è  costrutta  la  fac- 
ciala laterale  a  S.  E.  lungo  la  via  larga,  dove  sonvi  due 
ingressi,  uno  di  S.  Sebastiano,  patrono  men  principale  della 
città,  l'altro  di  S.  Grisogono,  così  appellali  dai  vicini  altari, 
dedicati  a  codesti  Santi,  il  secondo  de'  quali  or  più  non 
esiste.  Questo  lato  della  chiesa  fu  l'istaurato  nel  1776,  perchè 
minacciava  crollo,  come  evincesi  dalla  seguente  iscrizione 
scolpita  nel  lato  medesimo  : 

D    .    O    .    M    . 

OSTIA    .    ET    .    LATVS  .  LABE    .  CORRVENTIA   .  IN  .  PRISTINVM  . 

.    DECOREM    .    RESTITVTA    .    A    .    S    .    MDCCLXXVI    .    AB    .    VRBE 

.    ET    .    ECCLESIA    .    CONDITA    .    CCCXXXIV    . 

L'interno  della  chiesa  è  a  tre  navate;  la  media  è  illu- 
minata da  un  occhio  di  marmo  a  croce,  con  fregi  di  qualche 
valore,  situato  nella  parte  superiore  della  facciata  ;  le  laterali 
da  due  finestre  poste  nella  parte  inferiore  della  medesima, 
e  da  quattro  fìnestroni,  di  forma  semiovale,  nelle  pareli 
principali.  Le  tre  navate  sono  divise  da  quattordici  monoliti 
di  pietra  bianca,  adorni  di  capitelli  d'ordine  composito.  La 
cappella  maggiore,  che  risponde  alla  navata  principale,  e  che 


—  15  — 

il  presbiterio  ed  il  santa  ario  comprende,  a  cui  si  giunge 
mediante  una  gradinata  di  pietra,  ha  di  fronte  T  aitar  prin- 
cipale, dedicato  nlla  B.  V.  assunta,  costrutto  di  finissimi 
marmi,  acquistato  l'a.  1807  dal  e.  r.  Demanio  di  Zara  per 
625  zecchini  d'oro.  Apparteneva  desso  alla  or  soppressa 
chiesa  di  S.  Domenico  di  Zara,  ed  il  suo  celebre  dipinto 
di  Jacopo  Tintoretto,  rappresentante  S.  Domenico  e  S.  Ca- 
tarina da  Siena,  coronati  dai  15  misteri  del  Rosario,  abba- 
stanza bene  conservato,  è  esposto  in  una  delle  navate  minori. 
L'antico  aitar  maggiore  dì  legno  dorato,  di  forma  gotica, 
era  una  mole  smisurata,  che  occupava  tutta  la  prospettiva 
del  coro.  Per  quanto  consta  fu  eretto  nel  secolo  XVI  ;  e  fu 
distrutto  nel  1807  per  far  luogo  a  quello  di  marmo.  Le  due 
cappelle  che  fanno  capo  alle  navate  laterali  hanno  begli  al- 
tari di  marmo  di  paragone,  l'uno  sotto  il  tìtolo  di  S.  Giu- 
seppe dedicalo  alle  anime  purganti,  l'altro  sotto  T invoca- 
zione dei  SS.  mm.  Fabiano  e  Sebastiano,  a  cui  i  Pagesi 
molta  divozione  professano  per  essere  stati  a  mezzo  della 
loro  intercessione  più  d' una  volta  dalla  pestilenza  liberati,  e 
particolarmente  nell'anno  1632,  quando  il  rio  morbo  infe- 
stava tutte  le  contrade  dell'Europa.  Oltre  a  questi  ve  n'e- 
sistono nelle  suddette  navate  altri  duo,  V  uno  del  Ss.  Sacra- 
mento, e  l'altro  di  S.  Valentino,  ambi  di  marmo  carrarese, 
intarsiato  di  rosso  di  Verona,  ed  un  terzo  intitolato  alla 
Presentazione,  dello  stesso  marmo,  sopra  la  cui  mensa  v'  è 
un'urna  pure  di  marmo,  con  entro  le  ossa  dì  S.  Valentino  m., 
dirimpetto  al  quale  v'  è  il  fonte  battesimale  con  la  conca,  e 
relativi  ornamenti  della  stessa  breccia  di  Verona.  Tutt'i  quali 
altari,  assieme  al  tabernacolo  e  al  battistero  sono  stati  eretti 
verso  la  metà  del  secolo  passato,  e  così  pure  le  due  pile 
dell' aqua  benedetta,  situate  ai  lati  delle  porte  d'ingresso.  I 
capitelli  delle  due  colonne  aderenti  alla  cappella  principale 
del  coro  sono  adorni  degli  stemmi  del  Capitolo  e  della  Co- 
munità. Quest'ultimo,  che  rappresenta  S.  Giorgio  a  cavallo 
esiste  tuttavia  ;  il  primo,  figurato  da  una  colomba,  fu  del 
tutto  corroso  dal  tempo. 

Il  soffitto  della  navata  di  mezzo  è  lavoralo  a  stucco. 
Tre  medaglioni  T  adornano.  Quello  del  centro  rappresenta  la 
Vergine  Assunta  in  cielo,  gli  altri  due  S.  Giorgio  a  cavallo, 
che  uccide  il  drago,  e  S.  Sebastiano  martorizzato  colle  frec- 
cie.  Tanto  questi  stucchi,  quanto  quelli  sopra  il  coro  sono 
apprezzati  dagl'intelligenti. 


—  16  — 

La  navata  maggiore  fu  nel  1629  lastricala  con  pietre 
quadrate  di  marmo  rosso  e  bianco.  Le  minori,  che  erano 
in  parte  coperte  da  lapidi  sepolcrali,  fra  le  quali  una  del 
vescovo  di  Ossero  Antonio  Palcich,  furono  selciate  nel  1868 
con  pietra  bianca. 

Sopra  la  porta  principale  è  situato  T  organo,  edificato 
nel  1763,  a  spese  della  chiesa.  ')  dal  celebre  professore 
Andrea  Dacci  allievo  del  rinomato  artista  D.  Pietro  Nachich, 
egregio  nostro  patriota.  L'organo  antico,  eretto  T  a.  1526 
con  lascilo  di  Francesco  Fallidinich,  era  collocato  nella  na- 
vata maggiore  dal  lato  del  vangelo. 

Nella  slessa  navata,  a  dritta  e  a  sinistra,  sonvi  due 
tribune  di  legno  di  noce,  guastale  da  malacconcia  inverni- 
ciatura, sopra  le  quali  si  ascende  per  leggere  o  cantare 
certe  parti  dell' officio  divino  e  per  predicare  al  popolo. 

A  sinistra  della  chiesa,  dal  lato  di  libeccio,  s'innalza, 
poco  al  di  sopra  della  sommità  del  frontone,  il  campanile, 
costruito  a  foggia  di  torre  quadrata,  e  tulio  in  pietra  bat- 
tuta. Porla  un  buon  concerto  di  quallro  campane,  che  furono 
nel  1728  rifuse.  La  fabbrica  della  torre  si  attribuisce  all'  a. 
1562,  trovandovisi  scolpiti,  oltre  lo  stemma  della  Repubblica, 
anche  quello  di  Leone  Bembo,  ch'era  Conte  di  Pago  in 
quell'anno. 

Due  sono  le  sacristie;  la  principale,  eh' è  sotto  il  cam- 
panile, fabbricata  a  volto  reale,  serve  ai  canonici,  e  fu  prov- 
veduta di  armadi  di  legno  noce  dall' arcivescovo  Vincenzo 
Zmajevich  b.  m.  il  cui  stemma,  esistente  sopra  la  porta 
d'ingresso,  è  fregiato  della  seguente  epigrafe: 

QVAE  .  CIRCVM  .  CERNIS  .  DEDIT  .  ANGVIS  .  MVNERA  .  PRAESVL   . 
QVAEQVE  . DATVRVS  . ERAT  . GRANDIA  . MORS  . RAPVIT 

Nell'altra  sono  custoditi  gli  archivi  capitolare,  e  vica- 
rile; e  serve  ad  uso  dei  vicari-corali. 

Questo  tempio,  nelle  epoche  andate,  subì  parecchi  cam- 
biamenti, particolarmente  riguardo  agli  altari,  di  cui  va  fornito. 
Se  ci  riportiamo,  infatti,  agli  alti  di  visita  canonica  effet- 
tuata dall'  arcivescovo  Garzadori  nell'  a.  1626,  troviamo 
in  esso: 
1.  L'aitar  maggiore,  di  marmo,  dedicato  all'Assunzione  di 

M.  V.,  in  cui  celebravasi  la  [rescritta  messa  conventuale 


')  Costò  700  ducati  di  buona  valuta. 


—  17  — 

quotidiana,  ed  oltre  a  questa,  un'altrrt  messa  nelle  do- 
meniche, nei  martedì,  e  nei  sabbati  di  tutto  l'anno  pei 
defonli,  in  adempimento  di  alcuni  legati.  A  quest'altare, 
sopra  la  cui  mensa  oravi  il  Tabernacolo,  era  annessa 
una  confraternita  del  Ss.  Sacramento; 

2.  L'aitar  di  S.  Lorenzo  m.,  di  pietra,  coli' obbligo  di  tre 
messe  settimanali  in  soddisfazione  del  pio  legato  perpetuo, 
lasciato  dal  vescovo  di  Ossero  Antonio  Palcich; 

3.  L^  aitar  proprio  della  Madonna  Assunta,  di  pietra,  che 
fu  eretto  e  dotato  da  certo  Bilolta  Paladino,  coli'  onere 
di  tanti  sacrificii,  quante  le  rendite  ; 

4.  L'aitar  di  S.  Bonifacio,  di  pietra; 

5.  L'aitar  di  S.  Giovanni  Ev.,  dì  pietra,  di  juspalronalo 
della  famiglia  de'  Cassich,  coli'  onere  di  due  messe  alla 
settimana  ; 

6.  L'aitar  di  S.  Giacomo,  di  pietra,  di  juspatronalo  della 
famiglia  Descovich,  coli' obbligo  di  una  messa  ogni  do- 
menica ; 

7.  L' aitar  di  S.  Nicolò,  di  pietra,  di  juspatronalo  della 
famiglia  de'  Garbinis,  avente  una  rendita  dì  50  ducati, 
e  coir  onere  di  tre  messe  settimanali  per  legato  de 
Mircovich  ; 

8.  L'aitar  dì  S.  Vito,  di  pietra,  di  juspatronalo  de  Mirco- 
vich, con  obbligo  di  messa  settimanale  ; 

9.  L'aitar  dì  S.  Antonio,  di  pietra,  di  juspatronalo  della 
famiglia  Carletta,  colf  onere  d'una  messa  settimanale; 

10.  L'aitar  dì  S.  Giovanni  Ballista,  di  pietra,  di  juspatro- 
nalo della  famiglia  Mircovich,  e  coli'  obbligo  inerente  al 
Capitolo  d'una  messa  settimanale; 

11.  L'aitar  di  S.  Sebastiano,  dì  pietra,  a  cui  era  annessa 
una  Confraternita  omonima,  e  dove  il  Capitolo  celebra 
ogni  domenica  una  messa  cantala  ex  voto  Communilatis, 

Negli  alti  invece  della  visita  canonica  celebrala  dal- 
l'arcivescovo Evangelista  Perzago  nel  1674  non  troviamo 
pili  gli  altari  di  S.  Lorenzo,  di  S.  Giovanni  Ev.,  di  S.  Gia- 
como, di  S.  Vito,  di  S.  Antonio,  e  neppure  dì  S.  Giovanni 
Battista,  ma  in  suo  luogo  sono  annoverati  quelli  di  S.  Rocco, 
di  juspatronalo  Cacaz,  dì  S  Maria  di  Loreto,  di  S.  Biagio 
di  juspalronalo  Descovich,  di  S.  Francesco,  della  Natività, 
e  della  Purificazione  dì  M.  V. 

Quasi  tutti  i  suddetti  altari  e  titoli  intorno  alla  metà 
del  secolo  passato  sparirono  per  far  luogo  ai  soli  sei  altari 

9 


—  18  — 

di  marmo,  che  allualmente  esistono,  e  che  di  sopra  abbiamo 
rammentali. 

Al  principio  del  presente  secolo,  e  precisamente  nel 
1807  sonosi  effeltuati  parecchi  rislaiiri  in  detta  chiesa.  Fu 
allora  distrutto  il  coro  antico,  perchè  sdruscito  ed  inservibile. 
Era  questo  lavorato  ad  intaglio,  ed  aveva  un  qualche  pregio 
artistico.  Ne  fu  sostituito  più  tardi  un'  altro,  di  noce,  assai 
più  semplice,  eseguito  in  Venezia. 

Nedi  anni  1867  e  1868  si  fece  T  ultimo  ristauro  della 
Collegiata  a  spese  della  Fabbriceria,  e  con  un  sussidio  di 
fio.  500  graziosissimamente  elargito  dalle  LL.  MM.  Ferdi- 
nando I  0  Marianna,  e  con  altro  di  fio.  800  dal  fondo 
ecclesiastico.  Furono  rinnovati  gì' intonachi  interni  ed  esterni  ; 
costruiti  i  portoni  e  le  bussole,  selciale  le  navale  laterali, 
riparali  i  cornicioni,  1  capitelli  delle  colonne.  La  spesa  com- 
plessiva ascese  a  circa  fio.  3500. 

La  Collegiata  di  Pago  ha  un  buon  corredo  di  utensili 
e  di  vasi  sacri  d' argento,  ed  e  ben  fornita  pure  di  sacri 
paramenti,  e  di  tutto  ciò  che  concerne  il  divin  culto.  Fra 
questi  non  ve  n'ha  alcuno,  che  meriti  particolare  menzione 
dal  lato  artistico. 

Aveva  essa  nei  tempi  passati  una  rendita  conveniente 
e  proporzionata  ai  suoi  bisogni.  Consisteva  questa  in  80 
saline  e  in  18  moggia  di  sale  per  grazia  della  Repubblica, 
che  in  complesso  davano  300  ducati  all'anno.  Due  procu- 
ratori ecclesiastici  ne  amministravano  le  rendite,  i  quali  per 
le  spese  straordinarie  erano  obbligali  di  ricercare  T  autoriz- 
zazione del  Conte,  del  Vicario,  e  dei  due  Procuratori  laici, 
da  tuli'  i  quali  venivano  revisti  i  resoconti.  Al  presente  la 
Fabbriceria  è  quella  che  amministra  sotto  la  presidenza  del- 
l'arciprete-paroco,  conforme  al  Regolamento,  emanato  per 
le  fabbricerie  dell' arcidiocesi  da  S.  E.  Rev.ma  l'arcivescovo 
Pietro  Maupas  con  suo  Decreto  2  febbraio  1867.  Ha  og- 
gidì una  rendila  annua  di  circa  fio.  1100,  i  quali  sono 
appena  sufficienti  a  coprire  le  spese.  Dal  fondo  di  religione 
la  Collegiata  non  percepisce  alcun  sovvegno. 

Assai  poche,  e  di  poca  entità  sono  le  reliquie  che  si 
conservano  in  questa  chiesa,  per  cui  non  si  ritiene  neces- 
sario di  farne  menzione. 

Prima  della  legge  gallica  del  1808  esistevano  a  Pago 
le  seguenti  confraternite: 


2. 

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3. 

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5. 

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—  19  ~~ 

1.  La  confraternita  dei  SS.  Giorgio  e  Marco, 

della  Purificazione  di  M.  V.. 

della  B.  V.  del  Rosario, 

del  Ss.  Sacramento, 

del  Suffragio, 

dei  SS.  Fabiano  e  Sebastiano. 
I  beni  di  queste  confraternite  furono  indemaniati,  quindi 
venduti  in  gran  parte  alla  pubblica  asta.,  e  finalmente  con 
risoluzione  Sovrana  del  1852,  quelli.,  cbe  trovavansi  in  es- 
sere, ed  i  rispettivi  capitali  furono  restituiti  al  Comune  col- 
r  obbligo  di  amministrarli  e  dividerne  semestralmente  la 
rendita  netta  in  tre  porzioni  eguali  fra  la  Fabbriceria  locale, 
r  Istituto  di  pubblica  Beneficenza,  ed  il  fondo  scolastico 
locale.  La  consegna  materiale  di  detti  beni  al  Comune  seguì 
nell'anno  1867. 

Attualmente  esistono  a  Pago  due  sole  Confraternite; 
una  della  B.  V.  di  Terravecchia,  l'altra  del  Suffragio.  Nulla 
esse  posseggono:  hanno  perciò  una  esistenza  precaria. 


Capitolo  collegiale  di  Pago. 

Da  principio  non  era  che  un  semplice  collegio  paro- 
chiale,  di  un  paroco  e  di  alquanti  presbiteri  e  diaconi  com- 
posto, e,  come  tale,  esisteva  nell'antica  Kissa,  che  dopo 
l' esterminio  di  Ciaska,  divenne  la  città  primaria  dell'isola,  a 
cui  ne  impose  anche  il  nome.  Distrutta  Kissa  verso  la  fine 
del  decimo  secolo  continuò  a  sussistere  questo  collegio  in 
Novagiia  (Terranuova)  fabbricata  colle  rovine  di  Kissa.  Di- 
strutta anche  Novagiia  (1190)  si  trasferì  nella  terra  di  Pago, 
ora  Terravecchia,  che  surse  a  città  principale  dell'isola.  Dopo 
questo  tempo  sembra  che  questo  collegio  parocliiale  siasi  a 
poco  a  poco  trasformalo  in  capitolo  collegiale. 

Di  fatti,  in  scrittura  del  1308  trovasi  menzione  di  J5o^- 
dano;  in  altra  del  1334  di  Gruhogna^  ed  in  altra  del  1350 
di  Stipano  Marcovich^  tutti  tre  col  titolo  di  arcipreti  della 
chiesa  di  Pago.  In  testamento  del  1348  v'è  memoria  di  un 
canonico  della  chiesa  stessa,  di  nome  Mauro^  il  quale  così 
si  firmò  :  Ego  Maitrus  Preshyter  et  Canonicus  Ecclesiae 
S.  Mariae  de  Pago  ,  Notarius^  his    omnibus   interfui^    ac 


—  20  — 

rogatus  scripsi.  In  scritture  poi  del  1353,  1367  e  1384  è 
menzionalo  l'arciprete  assieme  al  Capitolo.  Dai  quali  docu- 
menti apparisce,  che  nel  XIV  secolo,  e  forse  anche  prima, 
esisteva  a  Pago  vecchio  un  capitolo  composto  di  un  arci- 
prete, e  di  alquanti  canonici,  presbiteri  e  diaconi,  e  ch'esso 
si  radunava  capitolarmente  per  trattare  i  proprii  affari.  È 
però  dubbio  se  avesse  avuto,  o  meno  a  quel  tempo,  una 
formale  canonica  istituzione.  Dappoiché  il  benemerito  arci- 
vescovo di  Zara  Pietro  de  Matafari  dopo  di  aver  rinnovato 
e  riorganizzato  nel  1394  il  capitolo  metropolitano,  ha  fatto 
pure  la  stessa  cosa  con  quello  di  Pago  riducendolo  in  miglior 
forma  e  governo  e  dandogli  un  regolare  statuto.  Volle,  che 
fosse  composto  di  un  arciprete  e  di  dodici  canonici  preben- 
dati collegiali;  che  il  diritto  di  nomina  dei  canonici  e  del- 
l'arciprete fosse  devoluto  al  Capitolo,  e  che  la  loro  conferma 
fosse  all'arcivescovo  ^j^ro  tempore  riservata.  L'arcivescovo 
Biagio  Molin  vi  aggiunse  nel  1424  il  Primicerio,  il  quale 
avesse  a  dirigere  il  coro,  e  presiedere  il  capitolo  in  assenza 
dell'arciprete.  Esso  doveva  essere  il  primo  dopo  l'arciprete, 
cioè  la  seconda  dignità,  ed  il  primo  fra  i  dodici  canonici. 
All'  arciprete  era  in  principalità  affidata  la  cura  d' anime  oltre 
la  presidenza  del  Capitolo.  Le  costituzioni  del  Matafari  fu- 
rono puranco  confermate  dal  Sommo  Pontefice  Martino  V, 
con  sua  Bolla:  Ex  supernae^  dei  18  Maggio  1427. 

In  virtù  di  tali  costituzioni  il  Capitolo  collegiale  si 
mantenne  nel  diritto  di  elezione  dell'arciprete,  del  primicerio 
e  dei  canonici  per  lutto  il  secolo  XV.  Vi  furono  però  alcuni 
casi  in  cui  l'arcivescovo  nominò  e  dignità  e  canonici.  Ma 
al  principio  del  XVI  fu  il  Capitolo  impedito  di  esercitarlo  da 
Bolle  d'aspettativa  informa  pauperum  della  Santa  Sede, 
ed  anco  dalla  Collazione  dei  Nunzi  apostolici  di  Venezia,  ed 
in  seguito  pure  dalle  riserve  contenute  nelle  regole  della 
Cancelleria  Apostolica;  finché  l'anno  1581  venne  a  perdere 
totalmente  questo  privilegio  di  elezione  ;  né  vel  riacquistò 
se  non  che  in  forza  del  Decreto  23  Settembre  1769  del 
Veneto  Senato  negli  otto  mesi,  occupati  dalle  romane  riserve. 
L'arcivescovo  Giovanni  Carsana  con  suo  Decreto  12  Aprile 
1775  confermò  la  decisione  del  Senato,  restando  nelT  attuale 
stato  possessorio  rispetto  agli  altri  quattro  mesi,  e  nel  diritto 
di  conferma  degli  atti  dal  Capitolo.  Caduta  la  Repubblica,  e 
venuti  in  possesso  della  Dalmazia  gli  Austriaci,  continuò  il 
Capitolo  a  nominare  i  suoi    membri;    se    non    che    sotto    il 


„  21  — 

Gallico  governo  fu  nuovamente  spogliato  di  tale  prerogativa. 
Venne  poscia  di  nuovo  ristabilito  sotto  la  seconda  domina- 
zione austriaca,  e  tosto  nel  1813,  ma  per  poco  la  godette; 
poiché  andò  a  cessare  per  sempre  nel  1815,  in  cui  la  no- 
mina del  nuovo  arciprete  seguì  a  tenore  delle  leggi  generali 
dell'Impero  austriaco,  vale  a  dire  dietro  avviso  di  concorso 
e  dopo  regolare  esame  parochiale  fatto  nelle  forme  prescritte 
dal  Ss.  Concilio  di  Trento  presso  la  Curia  Arcivescovile. 

Oltre  il  diritto  di  elezione  dei  propri  membri,  il  Capitolo 
nominava  i  mansionari,  il  diacono,  il  suddiacono,  gli  acolili, 
i  sacristi,  i  procuratori,  ecc.  Si  radunava  regolarmente  una 
sol  volta  all'anno,  il  lunedì  dopo  Pasqua,  e  ciò  dietro  for- 
male invito,  al  suono  della  campana. 

Oltre  le  cariche  summenzionate  v'era  quella  del  vicario 
arcivescovile,  ch'era  sempre  uno  dei  canonici.  Veniva  eletto 
dall'arcivescovo,  ed  in  sede  vacante  dal  Capitolo  di  Zara, 
ovvero  dal  vicario  capitolare.  Aveva  T  incarico  di  tutelare 
i  diritti  dell'arcivescovo,  e  di  propugnarli  dinanzi  al  Capi- 
tolo, di  sorvegliare  gli  alti  ed  operati  capitolari,  d'invigilare 
sopra  il  contegno  dei  parochi  dell'isola,  e  di  tener  di  tutto 
informato  l'arcivescovo.  Era  insomma  l'occhio  dell'arcive- 
scovo, e  governava  spiritualmente  la  chiesa  e  l'isola.  Aveva 
pure  il  diritto  di  eleggere  ogni  anno  i  due  nuovi  puntatori. 
Aveva  il  suo  cancelliere  e  la  sua  cancelleria  a  parte  del 
Capitolo. 

Dopo  la  nomina  dell'  arciprete  Giovanni  Buxa,  seguita, 
come  si  disse,  nel  1815,  non  fu  eletto  piìi  alcun  canonico, 
ed  il  Capitolo  andò  di  mano  in  mano  a  scemarsi,  e  perfino 
quasi  ad  estinguersi  all'alto,  dappoiché  nel  1848  non  esisteva, 
che  il  solo  arciprete,  il  quale  in  sé  concentrava  tutte  le 
antiche  rendite  capitolari.  Fu  allora  che  V  arcivescovo  Giu- 
seppe Godeassi,  volendo  riparare  a  tanto  inconveniente,  e 
vedendo  d'altronde  l'impossibilità  di  poter  mantenere  e  con- 
servare il  Capitolo  di  Pago  nelT  antica  sua  forma  e  condi- 
zione, colla  ven.  sua  Patente  del  dì  11  Settembre  1853,  e 
colle  sue  ordinarie  facoltà  lo  ha  ridotto  in  altra  forma,  lo 
ha  rinnovato,  e  ristaurato,  sicché  dopo  questa  sua  riforma 
consta  di  un  arciprete,  eh'  é  la  prima  dignità  ed  unica  del 
Capitolo,  ed  insieme  paroco  della  città  e  vicario  foraneo 
dell'arcivescovo,  ed  inoltre  di  quattro  canonici  prebendati 
residenziali,  distìnti  fra  loro  collo  stallo  di  priorità.  Stabilì 
che  il  Capitolo    nuovo,  com'era  per  lo    passato,    così    pure 


—  22  — 

al  presente  fosse  collegiale,  ed  avesse  il  suo  lilolo  dall'  in- 
signe Collegiata  di  Pago,  coi  dirilli  e  le  prerogative  proprie 
delle  Collegiate,  giusta  le  costituzioni  canoniche,  e  le  proprie 
speciali  consuetudini.  Furono  allora  aggiunti  al  Capitolo  tre 
vicari  corali  e  cooperatori  nella  cura  d'anime.  La  carica  di 
vicario,  che  per  F  addietro  era  annessa  ad  un  canonico,  la 
volle  unita  all'arciprete  prò  temjDore^  ed  a  maggior  lustro 
e  decoro  della  dignità  arcipretale,  e  ad  onor  del  Capitolo  e 
della  città,  stahilì,  di  concerto  coir  Eccelso  Ministero  del 
Culto  ed  Istruzione,  che  in  avvenire  l'arciprete  di  Vixgo  prò 
tempore^  avesse  il  titolo  di  abbate  di  S.  Pietro  ap.  e  il  di- 
ritto della  mitra,  e  che  di  tali  prerogative  se  ne  potesse 
valere  giusta  le  consuetudini  canoniche. 

Rendite  del  Capitolo. 

La  decima  ecclesiastica,  alcune  saline,  parecchi  beni 
campestri,  alcuni  censi  di  capitali,  e  non  pochi  canoni  livel- 
lari, erano  i  redditi  principali  del  Capitolo,  e  formavano  la 
massa  comune. 

L'arciprete  godeva  due  porzioni  canonicali. 

Ogni  mansionario  aveva  tre  parti  d'  un  canonico. 

Il  diacono  la  metà  d'una  porzione  canonicale. 

Il  suddiacono  la  quarta  parte. 

I  quattro  accoliti  una  porzione  canonicale  assieme, 

I  due  sacristi  12  ducati  all'  anno. 
L'organista  18  ducati. 

II  vicario  godeva  una  porzione  canonicale  e  mezza. 
Oltre  a  ciò  fruiva  (a.  1824)  il  capitolo  di  Pago    delle 

rendite  dei  seguenti  beneficii  semplici  : 

Alla  massa  capitolare  erano  uniti  ed  incorporati: 
a.  Il  beneficio  di    S.    Catarina    della  rendita  annua  di  f.  54 
h.   „         „         di    S.    Lucia            „           ,,            „       „    „     8 
e.    „         j,         di    S.    Mauro  in  Dignisca  ')  della  rendita 
annua di  f.     6 

d.  Il  beneficio  di    S.    Croce  in  Vercich,  incolto,    ...  — 

e.  5^         „         dei  SS.    Cosmo  o  Damiano    della    rendita 
annua di  f.     8 


0  II  beneficio  di  S.   Mauro  di    Dignisca    fu    ceduto    al    Capitolo    di    Pago 
dall'arciprete  di  Zara  (iio.  de  Grisogono  intorno  al  1720,  Eradi  suo  juspatronto. 


della  rendita  com- 
plessiva   di  f.   36 


Ai  canonici  capitolari  compreso  il  primicerio  era  an- 
nessa la  Cappellania  di  S.  Giacomo  della  rendita  di  f.  82. — 

Al    cerimonista    era    annesso    il   benefìcio    di    S. 
Quirino  dell'annua  rendita di  f.  12. — 

Soppressa  la  decima  sotto  il  Governo  austriaco,  e  for- 
mato il  fondo  di  religione  anche  in  Dalmazia,  come  nelle 
altre  provincie,  il  Capitolo  fu  indennizzalo  con  effettivo 
danaro. 

Sotto  la  veneta  dominazione  né  i  canonici,  né  i  sacer- 
doti ordinali  ad  titulum  patrimonii^  e  neppure  quelli  che 
godevano  beneficii  semplici  di  qualsiasi  sorte,  non  pagavano 
allo  Slato  verun  canone  a  titolo  di  decima  sopra  i  respeltivi 
palrimonii,  come  neppure  sopra  i  fondi  costituenti  i  beneficii 
stessi,  ma  n'erano  affatto  esenti  da  qualunque  imposizione. 

Obblighi  del  Capitolo. 

Tanto  le  dignilà,  quanto  i  canonici,  ed  i  mansionarii 
avevan  l'obbligo  della  residenza,  dell'ufficiatura  quotidiana 
corale,  della  messa  conventuale  per  turno,  e  di  far  da  ebdo- 
madari in  coro,  dal  quale  ufficio  erano  escluse  le  dignilà. 

Colla  massa  comune,  testé  accennata,  non  era  slato 
abbastanza  provveduto  alla  frequentazione  del  coro.  Manca- 
vano lo  distribuzioni  corali,  ordinate  dalla  chiesa  per  l'as- 
siduo servizio  divino.  Riconosciutane  la  necessità,  l'arcive- 
scovo Garzadori  con  suo  Decreto  25  Settembre  1627  or- 
dinò, che  dalle  prebende  arcipretale  e  primiceriale,  nonché 
da  ciascuna  prebenda  canonicale  fosse  diffalcata  la  quarta 
parie,  e  convertita  nelle  distribuzioni  corali    quotidiane,    af- 


')  Con  Decreto  deU'Ortl.  Arciv.  dì  Zara  dell' a.  1779,  che  fu  confermato 
dal  Senato  veneto,  venne  incorporato  il  beneficio  semplice  di  S.  Pietro  all'arci- 
prete "prò  tempore  coli' obbligo  di  mantenere  un  sacerdote  cooperatore  nella  cura 
d*  anime  nella  città  di  Pago,  salvi  gli  obblighi  inerenti  al  beneficio. 


—  23  — 

All'arciprete  capitolare  erano  uniti: 
a.  V  abbazia  di  S.  Pietro  in  Istmo  ')  della  rendita  di  f,  368.15  -^ 
6.  11  beneficio  di  S.  Michele  di  Corizza  „  „        „  „  122.45 

e.   ,y       „         di  S.  Giovanni  in  Cangerich       „        „   ,,     10. — 

Al  vicario  arcivescovile  andavano  congiunti  : 
a.  Il  beneficio  di  S.  Giovannni  in  Vlassich 

h.  „        „         di  S.  Nicolò 

e.  ,j        „         di  S.  Gregorio       .... 


—  24  — 

finché  ogni  prebendato  dovesse  acquistarsi  il  proprio  sosten- 
tamento colle  proprie  fatiche  mediante  l'assidua  frequenta- 
zione del  coro,  ed  in  tal  modo  ottenere  un  diligente  servizio 
divino  nella  chiesa. 

L'arciprete  oltre  l'ufficiatura  aveva  l'obbligo  di  pre- 
siedere il  Capitolo,  e  la  cura  d'  anime  della  città,  pel 
quale  ultimo  ufficio  aveva  ottenuto  un  cooperatore,  che 
doveva  essere  da  lui  pagato,  come  si  è  veduto  di  sopra. 

Il  primicerio  aveva  la  direzione  del  coro. 

I  mansionari  l'ufficiatura  corale. 

II  diacono  e  suddiacono  avevano  il  dovere  dì  assistere 
il  celebrante  nelle  messe  cantate. 

Ai  sacristi  era  devoluta  la  custodia  di  tutte  le  suppel- 
lettili ecc. 

Oltre  a  ciò  tutti  i  corali  nelle  domeniche  avevano  l'ob- 
bligo d'intervenire  e  di  assistere  alla  messa,  che  si  canta 
in  aurora  all'aitar  di  SS.  Fabiano  e  Sebastiano  ex  voto 
Communitatis  nella  Collegiata. 

Ha  inoltre  il  Capitolo  parecchi  obblighi  fondazionali 
antichi  ed  anche  recenti  da  soddisfare  annualmente  non  solo 
nella  Collegiata,  ma  puranco  in  altre  chiese.  Così  pure  ha 
il  dovere  di  tener  in  concio  e  colmo  varie  chiese  benefi- 
ciali di  campagna. 

Archivio  capitolare  e  vicarile. 

Tanto  r  archivio  capitolare,  quanto  il  vicarile  sono 
custoditi  nella  sacristia  ;  il  primo  sotto  due  chiavi,  1'  una  tenuta 
dall'arciprete,  e  l'altra  da  un  canonico  eletto  dal  capitolo; 
il  secondo  sotto  una  chiave  tenuta  dall'arciprete,  dal  quale 
sono  custoditi  anche  i  due  sigilli. 

Serie  degli  arcipreti 
prima  dignità  del  Capitolo  di  Pago. 

a.  1318  Bogdano 

j,   1334  Grubogna 

„   1350  Supano  Marcovich 

„   1382  Rastigna 

55  1400  Giovanni 

yy  1406  Bartolomeo  Radossio 


—  25  -- 

a.  1430  Vucossio  Grubonich 

1452  Marghito  Marghilich 

1476  Giovanni  Palcich 

1485  Giovanni  D.r  Carlella 

1488  Zaccaria  Trivisan 

1489  Giovanni  Carletta,  iterum 

1508  Protico  Givcich 

1509  Giovanni  Celio  da  Traù 
1513  Luca  di  Bogdano  Giursich 
1515  Francesco  Brixio 
1541  Vitale  Brixio 
1552  Giacomo  Bisanich 

1555  Giovanni  Givcich 

1556  Giorgio  Caravanich 

1590  Luca  Deodato 

1597  Vido  Bonlurelich 

1605  Giovanni  Cassio 

1610  Francesco  Palladini 

1641  Pietro  Palladini 

1673  Agostino  Raccamarich 

1684  Gio.  Francesco  Mircovich 

1735  Antonio  Mestrovich 

1774  Antonio  Fabianich 

1776  Gio.  Nicolò  Giadruleo 

1815  Giorgio  Buxa,  eletto  dall'  arcivescovo  di  Zara 

1856  D.r  Simeone  Mestrovich,  nominato  dall'arci- 
vescovo, fu  professore  di  Storia  e  di  Diritto 
canonico  nel  Seminario  Teologico  di  Zara 

„    1867  Vincenzo  Segarich,  attuale  arciprete. 

Serie  dei  primiceri 
seconda  dignità  del  Capitolo. 

a.  1427  Marghito  Marghitich,  primo  primicerio 

„  1452  Zoran  de  Mirco 

„  1477  Nicolò  Bratcovich 

59  1487  Ratico  Grubonich 

,j  1510  Giorgio  Sprechnich  Zorovich 

„   1523  Mirco  Mircovich 

„   1531  Nicolò  Ruich 

„  1536  Pietro  Palladini 

„  1540  Martin  Cassio 

^   1581  Giovanni  Moro,  eletto  dall'arcivescovo 


—  26  — 

a.  1581  Pietro  Mirovich,  eletto  dal  Capitolo 

^  1612  Martin  Slovigna 

„   1625  Martino  Verbassio 

„   1634  Nicolò  Burini 

^   1658  Giacinto  Tosellì 

„   1671   Vitale  Berziza 

„   1689  Gio.  Nicolò  Zorovich 

„   1697  Girolamo  Mersio 

1708  Antonio  Mircovicli 

1741   Giorgio  Mirco vich 
„   1745  Antonio  D.r  Fabianich 
„   1774  Gio.  Nicolò  Giadruleo 
„  1776  Simeone  Mestrovich 
„   1791   Luca  D.r  Sabalich 
^^   1806  Gio    D.r  Radulich,  ultimo  primicerio. 


5? 


Uomini  illustri  che  appartennero  al  clero 

di  Pago. 

1.  a.  1449.  Antonio  Palcich,  nativo  d'una  delle  primarie 
famiglie  di  Pago.  Fu  dapprima  canonico  del  Capitolo  cat- 
tedrale di  Sebenico  e  priore  di  S.  Martino  di  Zara.  Recatosi 
a  Roma,  diede  splendide  prove  delle  egregie  sue  virtù.,  e 
della  sua  dottrina,  onde  fu  creato  dal  Sommo  Pontefice 
Nicolò  V  suo  segretario  delle  Lettere  Latine,  e  verso  la 
fine  del  1449  innalzato  alla  dignità  di  Vescovo  di  Ossero. 
Durante  il  suo  episcopato  eresse  a  proprie  spese  il  pa- 
lazzo vescovile  dirimpetto  la  cattedrale,  ora  collegiata  di 
Ossero,  ma  non  lo  abitò  per  la  malaria  di  quella  città. 
Dimorava  a  Pago,  ed  amministrava  la  diocesi  mediante 
un  suo  vicario,  cb'era  il  primicerio  capitolare  Giacomo 
Piceno;  anzi  edificò  per  suo  uso  in  Pago  un'abitazione 
magnifica,  cbe  lasciò  dopo  morte  ai  parenti  con  condizione 
che  quello  dovesse  essere  il  palazzo  del  vescovo,  qualora 
fossero  per  ottenerlo.  Sollo  di  lui  vennero  introdotti  in 
Ossero  i  padri  del  terz' Ordine  di  S.  Francesco,  ed  asse- 
gnata per  loro  uso  la  chiesa  subnrbana  di  S.  Maria  di 
Viaro,  colle  abitazioni  e  terreni  annessi,  loro  concessi  in 
dono  da  Stefano  Sbarra,  cittadino  nobile  e  ricco.  Il  Pai- 


—  27  — 

cich  ne  approvò  la  fatta  donazione,  ed  incaricò  il  primi- 
cerio del  Capìtolo  affine  di  mettere  in  possesso  il  padre 
Matteo  da  Zara,  destinato  preside  del  nuovo  cenobio.  Quale 
donazione  fu  per  maggior  cautela  e  garanzia  confermata 
a  quei  religiosi  dal  Pontefice  Paolo  II  col  Breve  del  10 
Aprile  1469,  e  per  parte  civile  venne  pria  sancita  dal  conte 
di  Ossero  Nicolò  Arcimondo  il  dì  8  Gennaro  1468.  Si  prestò 
inoltre  moltissimo  alla  costruzione  della  bella  cattedrale 
di  Ossero,  e  col  consiglio  e  col  proprio  peculio  sotto  il 
suo  reggime  giunse  a  compimento  la  fabbrica  della  mag- 
gior cappella,  come  il  dimostra  il  suo  stemma  gentilizio, 
infisso  sulla  stessa,  avente  un  giglio  nello  scudo.  Rapito 
dalla  morte  pria  di  condurre  a  termine  l' edifizio,  lasciò 
una  buona  somma  di  danaro  pel  completamento  del  me- 
desimo. Nel  1453  il  Palcich  si  trova  nominato  nelle  scrit- 
ture di  Pago  qiial  vicario  dell'arcivescovo  di  Zara.  Morì 
a  Roma  il  dì  5  Marzo  1471,  e  fu  sepolto  nella  Basilica 
di  S.  Maria  Maggiore,  abbenchè  nella  collegiata  di  sua 
patria  veggasi  dinanzi  l'ingresso  della  sagrestia  il  sepolcro, 
che  si  era  fatto  costruire,  mentre  viveva,  chiuso  da  una 
lapide  marmorea,  su  cui  è  scolpita  la  sua  effigie,  ornata 
delle  insegne  vescovili. 

2.  a.  1450.  Missoli  Benedetto^  di  famiglia  nobile  di  Pago, 
ora  estinta.  Visse  nello  scorcio  del  secolo  decimoquinlo. 
Appartenne  all'ordine  religioso  di  S.  Francesco,  e  menò 
gran  rumore  tra  i  canonisti  di  Roma. 

3.  a.  1533.  Antonio  de  Cappo^  nativo  di  Pago,  crealo  da 
Clemente  VII  pria  suo  prelato  domestico,  indi  nel  1533 
vescovo  di  t)ssero.  Preso  possesso  dell' episcopato,  stabilì 
la  sua  dimora  in  Ossero,  malgrado  T insalubrità  dell'aria, 
disprezzando  ogni  pericolo  per  dar  buon  esempio  al  clero 
ed  al  popolo.  Due  volte  visitò  canonicamente  la  città  e 
la  diocesi,  dopo  di  che  convocò  un  Sinodo,  al  quale  in- 
tervennero non  solo  i  canonici  di  Ossero  e  di  Cherso, 
ma  benanco  i  parochi  e  curati  di  tutta  la  diocesi.  Emanò 
in  seguito  sapienti  costituzioni  per  la  riforma  dei  costumi, 
e  per  la  disciplina  ecclesiastica;  ed  altre  ancora  più  tardi 
ne  pubblicò  allo  scopo  di  assicurare  l'amministrazione  dei 
beni  della  chiesa.  Ebbe  a  vicario  generale  il  canonico  Ste- 
fano Petricio  per  Ossero,  e  Giovanni  Moscardino  per  Cherso. 
Col  suo  consenso,  e  con  approvazione  della  S.  Sede,  le 
monache   benedettine    commutarono    l'antico    loro    istituto 


—  28  — 

con  quello  di  S.  Francesco.  Arrivato  ad  un'età  avanzat?i, 
sentendosi  impotente  a  governare  la  sua  ciiiesa,  domandò 
ed  ottenne  da  Giulio  III  un  vescovo  coadiutore  con  di- 
ritto di  successione  e  questo  perchè  facesse  le  funzioni 
vescovili.  Fu  questi  Marco  Fedele  Gonzaga,  sacerdote  man- 
tovano, dell'età  d'anni  28.  Visse  ancora  tre  anni,  e  per 
quanto  ritiensi,  in  patria,  dove  morì  nel  1553,  e  fu  se- 
polto nella  collegiata.  Ampliò  l'atrio  del  palazzo  vescovile 
di  Ossero,  lo  circondò  di  muro,  e  nel  mezzo  v'  edificò 
una  ricca  cisterna.  Provvide  la  cattedrale  di  un  nuovo 
bellissimo  battistero  di  marmo,  ornandolo  del  suo  stemma 
gentilizio. 

4.  a.  1650.  Bartolomeo  Cassio.  Nato  nel  1567  da  famiglia  illu- 
stre e  nobile  di  Pago,  si  acquistò  alta  riputazione  scrivendo 
in  illirico,  e  si  rese  assai  benemerito  della  lingua.  Entrato 
ventenne  nella  Compagnia  di  Gesù,  andò  missionario  in 
Turchia,  la  quale  scorse  per  tre  volte  tutta,  e  quindi  si 
fece  amico  a'  Ragusei,  che  recnvansi  nelf  Ottomano  per 
esercitare  traffichi  d'ogni  specie.  Essi  fecero  slampare  il 
più  delle  sue  opere,  scritte  con  eleganza  in  slavo,  e  per- 
ciò citate  dal  Dolabella.  Alcune  di  esse  furono  ristampate, 
come  p.  e.  la  versione  del  Kempis^  nel  1854  dai  Battara 

Ti  -ij  ^  t  Hn  Zara.  La    sua    versione    della    Bibbia    rimase    inedita, 

^       I  poni' è  tuttavia  inedita  la  sua  propria  vita  scritta  in  latino. 

Morì  nel  1650,  dopo  essere  stato   rettore    de'    Gesuiti    in 

Ragusa,  e  poscia  penitenziere    in  Loreto,    e    a    S.    Pietro 

in  Roma. 

5.  a.  1796.  Francesco  Pietro  Baccamarich^  nato  a  Pago. 
Fatti  i  suoi  studii  primari  in  patria,  ed  educato  anche  nelle 
ecclesiastiche  discipline,  si  recò  a  Padova,  ove  assolti  gli 
studii  filosofici  e  teologici  fu  laureato  in  ambi  i  diritti. 
Ritornato  in  patria  fu  eletto  canonico  nel  1776.  Da  Pio 
VI  nel  1796  fu  preposto  alla  chiesa  vescovile  di  Catlaro: 
indi  da  Pio  VII  all'episcopato  d'Ossero  trasferito,  di  cui 
prese  possesso  il  dì  9  Ottobre  1801. 


—  29    - 

Altre  chiese  urbane. 

Chiesa  di  S.  Giorgio  m.  patrono  dell'Isola  di  Pago. 

La  cliieSii  di  S.  Giorgio  m.  situala  presso  le  porte  di 
Terraferma,  si  ritiene  fondata  contemporaneamente  alla  città, 
cioè  intorno  al  1443;  non  esiste  però  alcun  documento  che 
ne  certifichi  T  epoca  di  sua  fondazione.  E  dessa  costrutta  ad 
una  navata;  è  un  quadrilatero,  lungo  m.  19.10,  largo  m 
5.36,  alto  5.80.  Era  un  tempo  mantenuta  dalla  illustre  Con- 
fraternita dei  SS.  Giorgio  e  Marco,  che  si  calcolava  la  più 
ricca  in  Provincia,  ed  era  tenuta  in  molta  considerazione 
per  essere  intitolata  al  patrono  di  Pago  S.  Giorgio,  ed  a 
S.  Marco,  gonfalone  della  Repubblica.  Aveva  tre  altari,  di 
legno,  il  maggiore  de'  quali  dedicato  al  patrono,  il  'secondo 
a  S.  Orsola,  il  terzo  a  S.  Carlo.  Negli  atti  di  visita  cano- 
nica del  1626,  se  ne  trova  indicato  un  quarto,  sotto  l'in- 
vocazione della  Vergine,  il  quale  però  di  presente  non  esiste. 
Il  campanile  è  fornito  di  due  campane.  Soppressa  la  Confra- 
ternita sull'alba  del  secolo,  in  cui  viviamo,  fu  abbandonata 
anche  la  chiesa,  e  finalmente  venne  chiusa  al  culto  nel  1857, 
ed  interdetta,  perchè  crollante.  Nell'anno  1876  un  comitato 
di  cittadini,  animato  dall'attuale  arciprete-paroco,  rev.mo  don 
Vincenzo  Segarich,  ed  assecondato  dai  voti  di  tutti  i  Pa- 
ghesi,  attivò  una  colletta  per  la  sua  ricostruzione.  Colla  spesa 
di  circa  fiorini  2000,  dei  quali  furono  erogati  fio.  1500  dalla 
pietà  de'  fedeli,  e  fio.  500  dalla  munificenza  dell'Augustis- 
simo Imperatore  Francesco  Giuseppe  I,  essa  fu  del  tutto  rin- 
novata, e  nella  solennità  di  S.Giorgio  dell'anno  1877  rido- 
nala al  pubblico  divin  culto.  Ha  adesso  un  solo  altare,  di 
legno,  ed  uno  svelto  campanile  con  due  campane.  In  questa 
chiesa  concorreva  il  popolo  con  gran  divozione  a  pregnre 
per  essere  preservato  dalle  tempeste,  e  dal  vento  boreale 
colla  intercessione  del  santo  patrono. 

Chiesa  di  S.  Francesco. 

Consta  dalle  storie  minoritiche,  che  i  PP.  Francescani 
verso  la  fine  del  secolo  decimolerzo  avevano  la  propria  chiesa 
ed  il  proprio  convento  presso  l'antico  castello  di  Pago  {Ter- 
raveccldà)^  fondato  da  uno  dei  compagni    di    S.  Francesco. 


—  30  — 

Cinque  di  loro  vi  yi  stanziarono  sino  da  bel  principio.  Di- 
strutto che  fu  il  castello,  trasportatisi  gli  abitanti  nella  nuova 
città  di  Pago,  essi  vi  edificarono  una  bella  chiesa  in  onor 
del  Serafino  d'Assisi,  e  la  consegnarono  in  custodia  ai  padri 
conventuali,  pei  quali  fabbricarono  pure  uno  spazioso  con- 
vento. Ha  la  chiesa  una  sola  navata,  lunga  m.  24.64,  larga 
m.  8.45,  alta  m.  7.  Ha  oggidì  un  solo  altare,  e  questo  di 
legno,  ed  un  campanile  con  due  campane.  Nel  1810  ne  aveva 
altri  tre  laterali,  dedicati  il  primo  a  S.  Antonio,  ed  era  della 
famiglia  Mersio,  il  secondo  a  S.  Catarina,  il  terzo  alla  B. 
V.  del  Carmine.  Vi  si  scorgevano  in  essa  parecchie  sepol- 
ture assai  antiche.^  Nel  1795,  non  si  sa  per  qual  ragione, 
fu  soppresso  il  convento  con  Decreto  del  Senato  Veneto,  e 
le  rendite  devolute  ai  padri  conventuali  di  Sebenico.  La 
chiesa  venne  data  in  custodia  ai  preti.  Ma  caduta  col  tempo 
in  rovina  per  mancanza  di  risorse,  fu  essa  affidata  alle  ze- 
lanti cure  deir  or  defunto  arciprete-paroco  Giorgio  Buxa,  il 
quale  nel  1844  la  ristaurò  col  denaro  riscosso  dal  e.  r. 
Demanio  a  titolo  d'indennizzo  per  l'atterrata  chiesa  abba- 
/3  ziale  di  S.  Pietro  in  Istmo,  della  quale  era  egli  il  benefi- 
ciato. Fu  allora  che  questa  chiesa  perdette  affatto  il  suo 
titolo  originario;  dappoiché  volle  quell'arciprete  intitolarla  a 
À  S.  Pietro  ap.  in  memoria  della  preesislita  chiesa  abbaziale 
^''  di  tal  nome,  che  fu,  come  si  disse,  demolita  dal  e.  r.  De- 
manio. Non  consta,  se  ciò  sia  stato  fatto  nelle  debite  forme 
canoniche,  e  cogli  assensi  della  superiore  ecclesiastica  au- 
torità, la  quale,  nel  caso  positivo,  avrà  certamente  onerato 
il  beneficialo  arciprete  ^9?'o  tempore  dell'  obbligo  della  sua 
manutenzione. 

Chiesa  di  S.  Antonio  Abbate. 

Un'edicola,  intitolata  a  S.  Antonio  Abbate,  detto  il 
Magno,  esisteva  anticamente  presso  il  castello  di  Terravec- 
chia,  e  vicino  ad  essa  un  piccolo  cenobio  di  eremiti.  Intro- 
dottisi i  religiosi  di  S.  Domenico  in  Zara  verso  la  metà  del 
secolo  decimoterzo,  alcuni  di  loro  si  trasferirono  a  Terra- 
vecchia,  e  presero  dimora  in  quel  sacro  asilo,  che  per  le 
vicende  guerresche  era  ormai  rimasto  affatto  deserto.  Lì 
stettero  per  alcun  tempo,  finché,  devastato  i!  paese,  anda- 
rono con  esso  in  mina  e  chiesa  e  convento.  Frattanto  diedesi 
principio  alla  costruzione  della  nuova  città    di  Pago,  e  quei 


—  31  — 

religiosi  coi  sussidii,  avuti  dagli  altri  conventi  della  Provin- 
cia, e  specialmente  da  quello  di  Zara,  e  colle  prestazioni 
degli  abitanti  si  fabbricarono  nel  1446  una  nuova  chiesa 
in  onor  dello  stesso  santo  titolare,  ed  in  memoria  della  pri- 
mitiva; ed  inoltre  presso  della  medesima  vi  eressero  il  re- 
lativo convento  per  loro  abitazione.  Dogli  alti  di  visita  ca- 
nonica del  1810  rilevasi,  che  la  chiesa  a  quel  tempo  aveva 
tre  altari,  uno  di  marmo  e  due  di  legno.  Nel  maggiore  vi 
era  il  crocifisso  prodigioso,  tenuto  in  grande  venerazione 
dal  popolo,  trasferito  dalla  chiesa  di  S.  Antonio  di  Terra- 
vecchia,  ove  nel  1413  il  dì  23  Luglio  aveva  sparso  sangue 
dal  costalo.  Soppressi  e  convento  e  chiesa  nel  1807,  questa 
passò  ad  essere  officiata  dai  preti. 

I  Domenicani  di  Pago  erano  addetti  alla  Congregazione 
religiosa  di  Zara.  Il  padre  inquisitore  dì  Zara  eleggeva  pel 
convento  di  Pago  un  vicario  e  quattro  consultori  pei  casi 
occorrenti.  11  convento  di  Pago  godeva  ottima  fama,  per  cui 
vediamo  parecchi  illustri  soggetti,  che  al  medesimo  appar- 
tennero, fra  i  quali  meritano  special  menzione  i  seguenti  : 

1.  a.  1406.  Pietro  Discovich^  nato  a  Pago  da  famiglia  pri- 
maria dell'isola.  Da  giovinetto  vestì  l'abito  dei  PP.  Do- 
menicani. Tanto  crebbe  nella  pietà  e  dottrina,  che  Gre- 
gorio XJI  lo  stimò  degno  della  dignità  vescovile  di  Fa- 
enza nel  1406.  Fu  presente  al  Concilio  Pisano  del  1409. 
Nel  1412  Giovanni  XXIII  deslinavalo  arcivescovo  di  Spa- 
lato in  luogo  di  Doimo,  eletto  dagli  Spalatini  ;  ma  abbenchè 
avesse  rinunziato  alla  sua  sede  di  Faenza,  non  ebbe  il 
possesso  dell'arcivescovato  di  Spalato,  che  nel  1420  ap- 
pena, sondo  stalo  in  questo  frattempo  confermalo  Doimo 
dallo  stesso  Pontefice  su  quella  sede.  Pietro  menò  vita 
privata  nel  corso  di  questi  otto  anni.  Nel  1420  Doimo, 
deposto  avendo  il  carico  arcivescovile.  Martino  V  gli  die 
a  successore  Pietro,  già  da  prima  eletto.  Nei  sei  anni  di 
suo  pontificato  fé  fabbricare  l' altare  di  S.  Doimo,  e  fornì 
la  chiesa  di  molta  suppellettile.  Gli  Spalatini,  caduti  alcu- 
ni anni  addietro  in  scomunica  pei  maltrattamenti,  e  le 
violenze,  usale  ai  due  arcivescovi,  ottennero  dalla  Santa 
Sede  Romana  mediante  legati  il  perdono,  e  fu  data  la 
podestà  a  Pietro  di  sciogliere  la  città  dall' interdetto.  Pietro 
morì  nel  1426. 

2.  a.  1529.  P.^  Gasparo^  nativo  di  Pago.  Abbracciò  l'istituto 
religioso  dei  PP.  Domenicani,  e  tanto  crebbe  in  dottrina  e 


—  32  — 

sapienza,  che  meritò  per  le  sue  egregie  doti  ed  esimie 
virtù,  e  parlicolarmente  per  la  sua  eloquenza,  di  essere 
innalzato  da  Clemente  VII  alla  cattedra  vescovile  di  Ca- 
novia  {candaviensis)  in  Albania. 

3.  a.  1660.  P/  Giacinto  Palladini^  nato  nel  1604  da  fa- 
miglia nobile  di  Pago.  Sortito  avendo  dalla  natura  un  talento 
non  ordinario,  fu  istituito  nei  primi  rudimenti  dai  PP.  Do- 
menicani, dai  quali  ricevette  pure  T  abito  religioso.  Spedito 
a  studiare  in  Italia  fece  progressi  grandiosi  nelle  scienze. 
Queste  gli  apersero  la  via  alle  cariche  della  Religione,  per 
cui  creato  dapprima  maestro  in  Teologia,  fu  poscia  eletto 
inquisitore  di  Zara,  nel  cui  grave  e  delicato  ufficio  si 
distinse  per  ben  7  anni,  meritandosi  Li  stima  universale. 
Valente  banditore  del  Vangelo,  fu  fiero  martello  dei  mal- 
vagi e  dei  libertini.  Fu  di  vita  integerrima,  pieno  di  zelo 
ardentissimo  per  la  religione,  onde  avvenne  che  i  reli- 
giosi della  Provincia  Lombarda  lo  elessero  a  voci  una- 
nime suo  provinciale,  dopo  di  aver  ammirata  la  sua  dot- 
trina, sapienza  e  prudenza  in  più  d'  uno  di  que'  conventi, 
dove  funse  l'ufficio  di  priore;  per  cui  fu  giudicato  e  pro- 
clamalo unico  nell'educazione  della  gioventù.  Il  Sommo 
Pontefice  Innocenzo  VI  lo  ebbe  in  grande  estimazione  ed 
in  un  colloquio,  ch'ebbe  col  medesimo,  non  mancò  di 
esternargli  il  proprio  aggradimento.  Mori  a  Casale  nel 
1678  nel  75  anno  dell'età  sua,  lasciando  nome  glorioso 
tanto  in  patria,  quanto  al  di  fuori. 

4.  a.  1679.  P.^  Antonio  Radovisio^  nativo  di  Pago.  Fu  edu- 
cato dai  PP.  Domenicani  negli  sludii  primarii,  dopo  di  che 
fu  vestilo  dell'abito  religioso.  Si  distinse  nell'ecclesiasti- 
che discipline.  Fu  reggente  dello  studio  nel  cenobio  di 
Zara,  ed  assistente  alle  tesi  e  alle  conferenze  teologiche. 
Si  rese  infine  benemerito  alla  religione  e  alla  patria  colla 
sua  dottrina,  e  coi  suoi  meriti  cospicui. 

Chiesa  e  convento  di  S.  Margarita  delle  monache 

Benedettine. 

Una  chiesa  dedicata  alla  B.  V.  Annunziala  esiste  in 
Pago  al  nord  della  città.  Venne  fondata  nel  1483  da  Giorgio 
Slovigna,  canonico  della  Collegiata,  il  quale  poco  dopo,  ap- 
presso la  medesima,  vi  eresse  pure  un  convento  per  le 
monache  Benedettine,  che  dopo    la    devastazione    di    Terra- 


—  33  — 

vecchia,  dove  avevano  e  chiesa  e  convento  intitolalo  a  S. 
Margarita,  vi  si  trasrerirono,  con  tutto  il  loro  corredo,  con- 
servando pure  il  diritto  di  proprietà  su  di  tutti  i  loro  beni, 
per  cui  vollero  che  alla  nuova  chiesa  e  convento  fosse  man- 
tenuto il  titolo  antico  di  S.  Margarita,  benché  alla  B.  V. 
Annunziata  sieno  dedicati,  come  da  principio  si  è  detto.  La 
chiesa  ha  la  forma  d'una  croce  latina.  E  lunga  m.  15.90, 
alta  m.  6.65,  larga  m,  6.25.  Delle  due  cappelle  laterali  quella 
della  B.  V.  Addolorata  è  lunga  m.  7.20,  larga  in.  3.85; 
quella  di  S.  Benedetto  lunga  m.  3.70,  larga  m.  3.50.  I  tre 
soli  altari,  che  di  presente  adornano  questa  chiesa  sono  di 
marmo,  e  furono  eretti  verso  la  fine  del  secolo  passalo. 
Nel  1626,  oltre  il  maggiore,  consecralo  alla  Ss.  Annunr- 
ziata  ve  n'erano  altri  sei,  cioè  quello  della  S.  Spina^  quello 
di  S.  Benedetto,  della  B.  V.  della  Misericordia,  eretto  dalla 
famiglia  de  i\]issolis;  della  Ss.  Trinità,  coli' onere  al  Capitolo 
collegiale  di  tre  messe  settimanali;  più  l'aitar  di  S,  Fran- 
cesco, di  pietra,  e  quello  del  S.  Rosario,  pure  di  pietra, 
coir  obbligo  d'una  messa  capitolare  settimanale.  Nel  1674 
trovavasi  anche  l'aitar  della  S.  Croce  della  famiglia  Palla- 
dini.  in  un  armadio  presso  l' aitar  della  S.  Spina  sono  cu- 
stoditi tre  reliquieri,  vale  a  dire,  un'  ostensorio  di  cristallo, 
ornato  d'argento  dorato,  con  la  S.  Spina;  un  braccio  d'ar- 
gento con  reliquia  di  S.  Margarita  ;  ed  un  ostensorio  cri- 
stallino fregialo  d'argento  con  entro  parecchie  reliquie  di 
Santi.  Il  campanile  ha  tre  campane  ed  è  situato  nella  fac- 
ciata. L'organo  è  collocalo  nel  sacello  della  Ss.  Trinità.  La 
chiesa  dicesi  consacrata,  mancano  però  gl'indizii  necessari. 
Il  convento  e  in  istato  assai  cattivo.  Le  monache  in  origine 
erano  Terziarie;  dovevano  essere  nobili;  oggidì  non  si  ri- 
chiede questa  condizioue.  L'arcivescovo  Francesco  Pesaro 
v'  introdusse  la  vita  comune  nella  visita  canonica  che  fece 
nell'isola  di  Pago  l'anno  1514.  Nel  1625  le  monache  pro- 
fesse erano  in  numero  di  20,  come  ce  lo  attesta  Io  storico 
Simon  Begna.  Erano  15  nel  1754.  Di  presente  sono  7,  ed 
una  conversa.  Si  prestano  con  molto  zelo  per  l'educazione 
della  gioventù.  La  scuola  popolare  femminile  è  a  loro  intie- 
ramente affidata,  u» 

Chiesa  di  tutti  Santi.  '^'^ 

La  chiesa  di  tuli' i    Santi  in    città    trovasi    menzionala 
negli  alti  di  visita  canonica  del    1626  e  del    1810.   Aveva 

3 


—  34  — 

un  altare  solo  e  questo  di  pietra.  Aveva  un'annua  rendita 
di  25  ducati  da  sei  saline.  Uno  dei  commissarii  testamenlarii 
della  nobil  famiglia  Palcich  la  governava,  ed  aveva  T  ob- 
bligo di  tener  in  concio  l'edificio  e  di  farvi  celebrare  ogni 
domenica.  Nel  1810  trovavasi  in  istato  buono. 

Oltre  le  preacennate  chiese,  altre  ve  n'erano  ancora 
entro  le  mura  della  città,  delle  quali  oggidì  non  esiste  che 
il  nome.  Tali  furono  quelle  di  S.  Ambrogio,  della  Ss.  Trinità, 
di  S.  Lucia,  di  S.  Giacomo,  S.  Domenica,  S.  Andrea,  S. 
Martino,  SS.  Cosmo  e  Damiano,  e  S.  Croce;  quest'ultima 
esisteva  nel  1333  II  che  dimostra  lo  spirito  religioso  degli 
antichi  Paghesi,  i  quali  facevano  ogni  sorta  di  sacrificii  per 
erigere,  fornire  e  mantenere  templi  e  sacerdoti. 


Chiese  suburbane  di  Pago. 

Chiesa  della  B.  V.  Assunta  in  Terravecchia. 

Alla  distanza  di  mille  passi  dalla  città  di  Pago,  su  di 
un  colle  ameno  e  solitario,  nel  recinto  delF  antico  distrutto 
castello,  ora  appellato  Terravecchia,  s'innalza  la  vetusta 
chiesa  parochiale  della  B.  V.  Assunta,  la  cui  erezione  si  fa 
ascendere  al  decimoquarto  secolo,  e  la  cui  consacrazione  si 
celebra  dal  clero  paghese  ai  18  d'Ottobre.  E  un  quadrilatero 
della  lunghezza  di  m.  27,  e  della  larghezza  di  m.  14.60. 
Ha  tre  navate,  e  tre  altari,  tutti  di  legno.  Sul  maggiore  v' è 
l'immagine  miracolosa  della  Titolare,  che  ogni  anno,  dopo  il 
cholera  morbus  del  1855,  viene  con  gran  pompa  e  solen- 
nità trasportata  in  città  nella  festa  dell'  Assunzione,  ed  espo- 
sta nel  mezzo  della  Collegiata  alla  pubblica  venerazione,  dove 
rimane  sino  alla  festa  della  Natività  di  M.  V.  in  cui  viene 
con  egual  rito  restituita  a  Terravecchia.  La  facciata  della 
chiesa  è  di  pietra  bianca^  battuta  a  martellina,  ed  ha  scol- 
pita sopra  la  porta  principale  un"  iscrizione,  che  non  può  leg- 
gersi se  non  in  parte  perchè  corrosa  dal  tempo.  Sembra 
che  si  riferisca  alf  epoca  della  fondazione,  poiché  la  prima 
linea  si  potrebbe  rilevare  così: 

ANO  .  A  .  NAT  .  DNI  .  M  .  Ili  .  L  .  XXXX  .  II  . 
cioè  al  1392.  È  tradizione,  che  dell'antica  Pago  questo  sia 


—  35    - 

il  solo  edifizio  rimasto  illeso.  L'arcivescovo  Caraman  nella 
sua  relazione  al  Pontefice  del  1754  così  si  esprime:  Ja- 
drenses  irati,  anno  1398^  Terram  veterem  solo  aequaveve^ 
solius  parochialis  Ecclesiae  miserti^  quam paulo  ante  Petrus 
Archiepiscopus  in  Collegiatam  erexerat.  In  scrittura  del 
1697  è  menzionato  l'aitar  di  S.  Anna  di  questa  chiesa.  Alla 
chiesa  è  annessa  una  Confraternita,  che  fu  preservata  dalla 
soppressione. 

A  s.  0.  della  chiesa  v'è  il  convento  dei  Minori  Os- 
servanti di  S.  Francesco,  fondato  Tanno  1589  dal  nobile 
cittadino  Giorgio  Discovich,  e  dotato  di  terre  e  saline.  Sopra 
la  porta  che  mette  al  chiostro  leggesi  la  seguente  iscrizione 
lapidaria,  che  ricorda  il  fatto: 

ANNO    .    DOMINI   .    MDLXXXIX 

MONASTERIVM     .     HOC    .    NOBILIS    .    VIR     .     DOMINVS 

GEORGIVS  .  DISCOVICH  .  A  .  PAGO  .  SVMPTIBVS 

SVIS    .    ERIGI    .    PROCVRAVIT    .    AD    .    VSVM    .    FRATRVM 

MINORVM   .   DE   .   OBSERVANTIA   .   A.   QVIBVS   .   DEO 

OPTIMO     .     MAXIMO     .     AC     .     BEATISSIMAE     .     VIRGINI 

MARIAE    .    IVGITER     .     GRATIAE     .     AGANTVR     .     ET     .     PRECES 

OFFERANTVR     .     PRO     .     REMISSIONE     .     SVORVM 

PECCATORVM  .  SVORVMQVE  .  DEFVNCTORVM 

Per  cento  e  più  anni,  dacché  fu  abbandonata  dagli  abitanti 
la  città  antica  (Terra vecchia),  e  condotta  a  termine  la  nuova, 
la  primitiva  chiesa  coirimagine  della  Vergine  Assunta  rimase 
in  custodia  di  un  sacerdote,  addetto  al  clero  collegiale.  Se 
non  che,  rendendosi  sempre  più  penosa  la  dimora  di  un  solo 
peli'  accesso  continuo  de'  divoti,  alle  cui  esigenze  spirituali 
ei  da  sé  non  poteva  bastare,  ad  istanza  del  prefato  Giorgio 
Discovich,  si  deliberò  nel  1585  tra  la  Comune  e  il  Capitolo 
d'invitare  i  Minori  Osservanti  di  S.  Francesco  ad  officiare 
e  servire  la  chiesa,  ed  affinché  vi  fosse  duratura  e  perma- 
nente la  presenza  dei  religiosi,  per  primo  fu  il  lodato  signore 
ad  erigere  dalle  fondamenta  il  relativo  convento  e  dotarlo 
con  alcuni  beni  dei  mezzi  convenienti  pella  sostentazione  dei 
medesimi  lasciando  di  sé  imperitura  memoria,  scolpita  nella 
lapide  summentovata  per  cura  dei  religiosi  da  lui  con  tanta 
generosità  beneficali,  Il  convento  è  ora  abitato  da  un  frate 
e  da  un  laico. 


—  36  — 
Chiesa  abbaziale  di  S.  Pietro  Ap.  in  Istmo. 

Appiè  d'un  colle,  alla  riva  del  mare,  vicino  all'antico 
castello  di  Pago  (Terravecchia)  esisteva  una  chiesa  dedicata 
al  Principe  degli  Apostoli  S.  Pietro,  e  alla  medesima  era 
congiunto  un  antichissimo  cenobio  dei  monaci  Benedettini. 
Dell'una  e  dell'altro  havvi  memoria  in  testamento,  conser- 
vato nel  preesistito  archivio  di  S.  Grisogono  di  Zara.  Eccone 
le  parole  :  Anno  MCII  .  die  IX  Augusti  :  Libera  Daniela 
Deschich  qm  Pauli^  ad  honorem  S.  Fetidi  legavit  unam 
integram  vineam  in  insula  Viri  (Pontadura)  Monachis  S. 
Benedicti  Castri  Kessae, 

Passato  il  monastero  in  commenda  de'  chierici  secolari, 
fu  intieramente  abbandonato  dai  monaci  nel  principio  del 
secolo  decimoquinto,  e  venne  poscia  affatto  distrutto  assieme 
alla  chiesa  nelle  guerresche  vicende.  Sulle  sue  rovine  fu 
edificata  nel  1514  dall'abbate  commendatore  Antonio  Venier 
un'edicola,  la  quale  sdruscita  dal  tempo,  fu  ristaurata  nel 
1682  dal  cardinal  Pietro  Ottobonì,  abate  eletto  dalla  S.  Sede, 
che  fu  poscia  Papa  Alessandro  Vili.  L'ultimo  degli  abbati 
commendatori  fu  il  canonico  di  Pago  Antonio  Vidulin,  dopo 
la  cui  morte  l'abbazia  di  S.  Pietro  fu  nel  1773  incorporata 
alla  prebenda  arcipretale,  coli' obbligo  di  mantener  un  coo- 
peratore per  la  cura  d'anime  della  città.  Questo  beneficio 
nel  1810  rendeva  all'arciprete  50  zecchini.  Quando  nel  1814 
furono  eretti  a  spese  dell'erario  i  nuovi  magazzini  di  de- 
posito dei  sali,  fu  demolita  la  chiesa  di  S.  Pietro,  dopoché 
gliene  fu  ceduta  la  proprietà  del  fondo  verso  conveniente 
indennizzo  all'arciprete  di  allora,  abbate  beneficiato  Giorgio 
Buxa,  il  quale  impiegò  il  danaro,  ricavato  dalla  vendita,  nei 
ristauri  della  chiesa  di-  S.  Francesco  in  città,  come  abbiamo 
veduto  discorrendo  di  quest'ultima.  Della  chiesa  dunque  di  S. 
Pietro  e  dell'  annesso  cenobio  non  rimangono  al  presente  che 
forse  qualche  vestigio. 

Serie  degli  abbati  di  S.  Pietro  in  Istmo. 

a.  1408  Andrea  da  S.   Severino 
„   1443  Gli  Arcivescovi  di  Zara 
„   1459  Giovanni  Vutnich 
„  1478  Cresciolo  di  Mirco 
„   1488  Giorgio  de  Baronelli 


—  37  — 

a.  1499  Pietro  Morosini,  veneto 

„       „       Odorlco  Robobello 

„   1514  Antonio  Venier 

„   1548  Sallustio  de  Braccali 

,,   1584  Francesco  Mircovich,  canonico  di  Pago 

„      „       Pietro  Troscomich 

„   1612  Giovanni  Cape  lo,   venelo 

„       „       Cornelio   Podacattoro 

„   1650  Sperone  Conii,  canonico  di   Pagu    ' 

5,  1680  Pietro  cardinale  Ottoboni,  poi  Papa  Alessandro  III 

„   1732  Marco  Agazzi 

„   1739  Andrea  Bacci 

„    1776  Antonio  Vidolin,  canonico  di  Pago 

,y  1779  In  quest'anno  l'abbazia  di  S.  Pietro  fu  unita 
alla  mensa  arcipretale,  ed  è  ancbe  tuttora  con- 
giunta, come  si  è  veduto  a  suo  luogo. 

Chiesa  della  Ss.  Trinità. 

Una  chiesa,  consacrata  alla  Ss.  Trinità,  bene  costrutta 
e  bene  conservata,  esisteva  fuori  di  Pago  nel  1626,  come 
consta  dagli  atti  della  visita  pastorale  dell'arcivescovo  Otta- 
viano Garzadori.  Aveva  due  altari,  uno  dedicato  al  Titolare, 
r  altro  alla  Vergine.  Una  confraternita  sotto  T  invocazione 
della  Ss.  Trinità  manteneva  il  proprio  altare,  provvedendolo 
di  tutto  il  bisognevole  corredo.  Soppressa  questa  nel  1808, 
la  chiesa  a  poco  a  poco  andò  deperendo,  finché  nel  1810 
fu  interdetta. 

Chiesa  di  S.  Giacomo  Ap. 

A  Terravecchia  eravi  un  tempo  una  chiesa,  dedicata  a 
S.  Giacomo  Ap.  Annesso  alla  medesima  eravi  un  beneficio 
istituito  da  un  nobile  cittadino,  consistente  in  dieci  saline. 
Lo  godevano  cinque  canonici  della  collegiata  coli' onere  di 
cantar  messa  e  vesperi  nella  festa  del  santo  titolare  ed  un'  al- 
tra nel  giorno  anniversario  della  morte  del  fondatore.  Inter- 
delta  la  chiesa  nel  decimosettimo  secolo,  perchè  abbandonata 
e  sdruscita,  T  aitar  di  S.  Giacomo  fu  trasportato  nel  santua- 
rio della  Madonna  Assunta  di  Terravecchia,  e  gli  obblighi 
suppliti  nella  collegiata  dal  Capitolo.  11  beneficio  nel  1824 
rendeva  fio.    82   all'anno.   L'arcivescovo    di   Spalato   Pietro 


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Discovich,  di  cui  più  sopra  si  fé  parola,  lasciò  dopo  la  sua 
morie  (1426)  a  questa  chiesa  di  S.  Giacomo  di  Terravec- 
chia  tulle  le  sue  suppelleltiii  pontificali  di  lino,  di  seta,  e  di 
argento,  la  Sua  biblioteca,  le  sue  saline,  ed  anche  il  suo 
palazzo,  che  si  era  fabbricalo  vicino  di  essa  chiesa,  e  ciò 
perchè  di  tulio  se  ne  potesse  servire  il  vescovo  di  Pago, 
qualora  vi  fosse  stalo  istituito,  coni'  era  desiderio  dei  Pa- 
ghesi,  desiderio  che  in  loro  si  accrebbe  maggiormente  dopo 
tale  generoso  legato.  Fecero  allora  infatli  molle  pratiche  per 
conseguire  il  loro  intento,  e  fra  le  altre  quella  di  traspor- 
tarsi in  altro  sito  più  adatto,  e  di  fabbricare  una  nuova  e 
più  bella  città,  ed  un  nuovo  e  magnifico  tempio,  che  servir 
potesse  di  cattedrale. 

Chiesa  di  S-  Nicolò. 

Poco  lungi  dalla  città,  verso  maislro,  esistevano,  po- 
c'anni  fanno,  i  muri  d'una  chiesa  intitolata  a  S.  Nicolò  v. 
Furono  anche  questi  atterrati  per  erigere  sopra  le  loro  fon- 
damenta una  casa  di  privata  abitazione.  S'appellava  S.  Ni- 
colò in  Galliola. 

Chiesa  e  convento  di  S.  Margarita 

preesistiti  a  Pago  vecchio. 

L'anno  1318,  da  Giovanni  Pocanich,  e  da  Miliza  sua 
moglie  vennero  fondali  in  Pagovecchio,  ora  Terravecchia, 
una  chiesa  ed  un  convenlo  per  uso  delle  monache  dell'Or- 
dine di  S.  Benedetto,  che  a  que'  tempi  si  era  propagato  in 
tutta  la  Dalmazia.  La  chiesa  fu  in  quell'anno  islesso  consa- 
crata dall'  arcivescovo  di  Zara  Fra  Nicolò  da  Sezze  in  onor 
di  S.  Margarita  v.  e  m.  Le  prime  religiose,  che  vi  stabili- 
rono la  propria  dimora,  elessero  per  propria  abbadessa  certa 
Maria,  monaca  del  convenlo  delle  Benedettine  di  S.  Maria 
di  Zara,  e  dall'arcivescovo  fu  incaricato  ad  accompagnarla 
a  Pago,  e  presentarla  alle  nuove  religiose,  l'arcidiacono  ca- 
pitolare Niceforo,  il  quale  scrisse  un  apposilo  regolamento 
per  la  direzione  ed  amministrazione  del  monastero,  e  per  la 
celebrazione  di  alcune  sacre  funzioni  da  farsi  annualmente 
nella  loro  chiesa  per  parte  del  clero. 

1  benemeriti  fondatori,  non  contenti  di  aver  lasciata  im- 
peritura memoria  di  sé  colf  erigere  i    prefati    monumenti    di 


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pietà  e  di  religione,  vollero  puranco  assicurare  in  perpetuo 
la  loro  esistenza,  ed  il  loro  sostentamento.  Infatti,  tre  anni 
dopo,  fecero  atto  solenne  di  donazione  di  non  pochi  beni, 
con  cui  costituirono  la  dotazione  perpetua  della  chiesa  e  dei 
monastero,  e  il  documento  relativo,  redatto  il  giorno  18 
Agosto  dell'anno  1321  fu  anche  approvato  e  sancito  dal- 
l'arcivescovo di  Zara  Giovanni  de  Butuane. 

E  l'uno  e  l'altro  di  tale  monumenti,  che  dimostrano 
la  pietà  e  la  religione  degli  antichi  Paghesi,  sussistettero  e 
si  mantennero  in  fiore  per  160  e  piìi  anui,  dopo  i  quali 
furono  per  forza  di  guerra  distrutti,  sicché  non  rimaseso  che 
leggiere  traccie  di  lor  passata  esistenza.  Surse  frattanto  la 
nuova  città  di  Pago,  ed  un  canonico  di  quel  Capitolo,  per 
nome  Giorgio  Slovigna,  prese  a  cuore  lo  slato  infelice  delle 
monache  derelitte,  e  con  generosità  pari  a  quella  dei  primi 
benemeriti  fondatori  fabbricò  nel  1483  a  proprie  spese  nella 
nascente  città  una  nuova  chiesa,  ed  un  nuovo  convento  per 
queste  religiose  Benedettine,  le  quali  vi  si  collocarono  in 
quell'anno  stesso,  benedicendo  il  Signore.  Ed  abbenchè  la 
chiesa  fosse  stata  dedicata  alla  B.  V.  Annunziata,  vollero 
che  tanto  Tuno  che  l'altra  fossero  intitolali  a  S.  Margarita, 
in  memoria  dei  preesistiti,  come  altrove  si  è  narrato,  con- 
servando jl  possesso  dei  beni  antichi. 


Parochie  e  cappellanie  dell'isola  di  Pago. 

Vlasic. 

Ad  una  delle  estremità  meridionali  dell'isola  di  Pago, 
presso  il  mare,  è  situalo  il  paese  di  Vlasic^  distante  15 
miglia  dalla  città  di  Pago.  Anticamente  diceasi  Varsich^  ed 
era  parochia.  Ora  è  cappellania  esposta,  dipendente  da  Pago. 
La  sua  chiesa  cappellaniale  è  formala  da  due  chiese,  l'una 
air  altra  contigue;  la  prima  intitolata  al  Dottor  S.  Girolamo, 
che  serve  alle  funzioni,  e  l'altra  a  S.  Gio.  Battista,  dov'è 
collocato  il  battistero.  La  prima,  oltre  l'aitar  maggiore,  eh' è 
dedicato  al  titolare,  e  sulla  cui  mensa  poggia  il  tabernacolo, 
ve  ne  hanno  altri  tre,  in  onor  di  tutt'i  Santi,  di  S.  Caterina 
con    confraternita  di  simil  titolo,  ed  un  un  altro    sotto  l'in- 


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vocazione  della  Ss.  Verdine.  Ha  il  campanile  con  una  cam- 
pana, ed  il  cimitero  relativo.  Annessa  alla  chiesa  è  la  casa 
parochiale.  La  seconda,  eh' è  la  chiesuola  di  S.  Gio.  Battista, 
esisteva  in  epoca  assai  antica,  dappoiché  in  scrittura  del  1292 
è  nominato  un  certo  Cresta  cappellano  della  chiesa  di  S. 
Giovanni  di  Vlassich,  ed  in  altra  del  14  Ottobre  1401  tro- 
vasi, che  l'arcivescovo  di  Zara  Luca  Turriano  ha  dato  l'istal- 
lazione canonica  a  prete  Mirco  q.m  Pietro  Rochlich  da  Pago 
in  rettor  e  governator  della  chiesa  di  S.  Gio.  Battista  di 
Vlassich.  Era  dessa  un  beneficio  semplice  di  juspatronato 
della  famiglia  Cassio,  il  qual  beneficio  fu  incorporato  al- 
l'arcipretura  di  Pago. 

''^'  Suoi  parochi  furono  nel  1626  Antonio  Bobovich,  nel 
1658  Giovanni  Giuslonich,  nel  1760  Agostino  Telesmanich 
da  Ulbo,  nel  1771  Bartolomeo  Stupicich,  nel  1777  Giovanni 
Fisul  da  Dragove,  nel  1810  Simeone  Pessussich,  nel  1824 
Simeone  Spanich  da  Melada,  nel  1840  Simeone  Mnletich, 
nel  1863  Paolo  de  Zanchi,  nel  1867  Nicolò  Bozanich  ;  l'at- 
tuale cappellano  Biagio  Caravanich. 

Nel  1760  eranvi  76  anime,  ora  ne  ha   148. 

Il  paese  di  Vlasic  è  rinomato  per  l'abbondanza  del- 
l' erba  aromatica  ortense,  denominata  Salvia. 

Povljana. 

Presso  una  valle,  lontana  10  miglia  da  Pago,  sorge  il 
villaggio  di  Povljana^  sulla  strada  che  da  Prutna  conduce 
a  Pago.  iVnlicamente  detta  Pezzana^  una  volta  parochia,  ora 
non  è  che  cappellania  esposta.  La  sua  chiesa  parochiale  pri- 
mitiva era  S.  Martino,  edificata  nel  1334  per  cura  ed  a 
spese  di  Disislavo  Rodogossich  Vuco.  La  presente  è  l'antica 
chiesa  di  S.  Nicolò  de'  Benedettini,  ora  intitolata  a  S.  Gior- 
gio. Oltre  l'aitar  del  titolare  ne  aveva  ancora  un'altro  de- 
dicalo allo  Spirito  S.  Ha  il  battistero,  il  campanile  con  una 
campana,  ed  il  relativo  cimitero,  nonché  la  casa  parochiale. 

Fra  i  suoi  parochi  si  rinvennere  i  seguenti  :  pré  Bulico 
q.m  Radoslavo  nel  1432,  pré  Goslizza  qm  Radossio  nel 
1482,  pré  Stefano  detto  Stoislavo  nel  1532,  Giorgio  Sus- 
sinovich  nel  1533,  Antonio  Volarich  nel  1626,  Matteo  IVJicich 
nel  1658,  Giovanni  Lovrovich  da  Ulbo  nel  1742,  Giovanni 
Benzia  nel  1760,  Agostino  Telesmanich  nel  1771,  Vincenzo 
Segarich  nel  1810,  Antonio  Paulovich    nel    1815,    Giacomo 


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Rumora  nel  1820,  Pietro  Gojdanich  nel  1824,  Nicolò  Va- 
lentich  nel  1840,  Simeone  Spanich  nel  1842,  Simeone  Ma- 
letich  nel  1843,  Gio.  Giuslin  nel  1851,  Paolo  Buxa  nel 
1852,  F'rancesco  Cosule  nel  1853,  Paolo  de  Zanchi  nel 
1863,  Nicolò  Bozanich  dal  1867  in  poi. 

Questa  villa  chiamasi  oggidì  Povljana  nuova  per  distin- 
guerla da  Povljana  vecchia,  che  nel  1658    fu    abbandonata. 

Gli  abitanti  si  trapiantarono  nella  valle  opposta,  che 
allora  prese  il  nome  di  Povljana  nuova.  Aveva  90  anime 
nel  1750,  ed  ora  ne  ha  181. 

Non  molto  discosto  da  Povljana  scorgonsi  ancora  le 
rovine  dell'  antica  villa  di  Murovlana,  la  quale  fu  distrutta 
nel  1327  dall'armata  dei  conti  di  Bribir,  la  cui  chiesa  era 
dedicata  a  S.  Michele  Are. 

Al  disotto  della  presente  villa  trovasi  un'edicola  di  S. 
Nicolò,  provveduta  dalla  parochiale  di  tutto  il  necessario. 

Il  suo  porto  serve  al  piccolo  ancoraggio. 

In  documento  del  1411  sono  menzionate  18  saline  con 
terreni  a  Povljana. 

Digniska. 

La  villa  di  Digniska  è  posta  in  una  delle  valli  meri- 
dionali dell'isola,  lungi  12  miglia  da  Pago.  Era  prima  pa- 
rochia,  adesso  cappellania  esposta,  soggetta  a  Pago.  La  sua 
chiesa  primitiva  parochiale  era  S.  Croce;  in  seguito  lo  fu 
S.  Mauro  ab.  come  lo  è  anche  al  presente;  la  quale  oltre 
l'aitar  principale  del  titolare  ne  aveva  altri  due,  di  legno, 
di  cui  uno  dedicato  alla  B.  V.  del  Rosario  con  confraternita 
dello  stesso  titolo.  All'aitar  di  S.  Mauro  è  annesso  un  be- 
neficio semplice  coli' obbligo  di  15  messe  annue,  il  cui  rettore 
nel  1674  era  il  canonico  di  Pago  Giovanni  Cassio.  Era  di 
juspatronato  antico  di  casn  Grisogono  di  Zara,  ma  fu  ceduto 
dall'arciprete  Grisogono,  ultimo  superstite,  ed  incorporato 
regolarmente  al  Capitolo  di  Pago. 

Fuori  di  Digniska  trovasi  la  piccola  chiesa  di  S.  Croce, 
beneficio  semplice  coli' onere  di  una  messa  annuale.  Era  dessa, 
come  sopra  si  è  detto,  l'antica  parochiale  di  Digniska.  In 
documento  del  14  ottobre  1401  trovasi  l'istallazione  cano- 
nica del  sacerdote  Domenico  q.m  Stefano  da  Pago,  in  rettore 
e  governatore  della  chiesa  di  S.  Croce  di  Dignisca,  celebrata 
dall'arcivescovo  di  Zara  Luca  Turriano  il  dì  9  ottobre  di 
queir  anno. 


—  42  — 

Un'altro  beneficio  semplice  esisteva  in  Digniska,  ed  era 
intitolato  a  S  Bartolomeo  ap.  Il  collatore  n'era  T arcivescovo; 
gli  obblighi  annessi,  tener  in  concio  e  colmo  la  chiesa,  prov- 
vederne r  aitar  del  bisognevole,  e  celebrare  la  messa  nella 
festa  titolare.  La  chiesa  fu  creila  l'anno  1426  dalla  famiglia 
Ruich. 

Parochi  di  Dignisca  furono  Giovanni  Protcovich  nel 
1509,  Giacinto  Tomassevich  nel  1651,  Matteo  Koduiich  da 
Ulbo  nel  1742,  Domenico  Giadrossich  da  Premuda  nel  1760, 
Simeone  Simich  nel  1771.  Bartolomeo  Slupicich  nel  1777, 
iMichele  Dunatov  nel  1810,  Simon  Simarina  nel  1815,  Fi- 
lippo Pessussich  nel  1824,  Paolo  Buxa  nel  1840,  e  Fran- 
cesco Vidolin  dal   1863  in  poi. 

Aveva  questa  parochia  103  anime  nel  1671,  77  nel 
1754.  al  presente  ne  ha   128. 

Diffnisca  era  aulicamente  castello  de'  Croati,  le  cui  mine 
si  ravvisano  ancora  oggidì. 

Corizza  (Gorica). 

Tra  Digniska  e  Pago,  alla  distanza  di  5  miglia  da  gue- 
st'ultima  è  situata  la  villa  di  Gorizza.  Una  volta  parochia, 
anzi  delle  più  antiche  delf  isola,  trovandolasi  menzionata  in 
documento  del  1389:  ora  non  è  che  una  stazione  il  cui 
curato  è  il  cappellano  di  Digniska.  La  sua  chiesa  curaziale 
è  intitolata  a  S.  Antonio  di  Padova.  Ha  un  unico  altare  del 
patrono,  il  battistero,  il  campanile  con  due  campane,  ed  inol- 
tre il  cimitero  regolare.  Ve  n' è  un'altra  dedicala  a  S.  Mi- 
chele are.  alla  quale  è  congiunto  un  beneficio  semplice, 
incorporato  air  arcipretura.  Nel  1674  era  rettore  il  canonico 
Agostino  Raccamarich.  Aveva  allora  altri  due  altari,  del 
del  S.  Rosario  e  di  S.  Giovanni. 

Suoi  parochi  furono  Giorgio  Bolecich  nel  1626,  Ste- 
fano Ghiricich  nel  1742.  Giovanni  3Iestrovich  nel  1771, 
Giorgio  Vidolin  nel  1777.  Marlino  RfiCcamarich  nel  1810, 
Giorgio  Cosule  nel  1824.  Giacomo  3Iarcich  nel  1840,  Matteo 
Ghercovich  nel  1842,  Stefano  Buglietla  nel  1851.  Francesco 
Vidolin.  curato  dal  1863  in  poi. 

Quattro  pezzi  di  terreno  vignalo  della  estensione  com- 
plessiva di  13  gognali,  formavano  parie  della  parochiale 
prebenda  d"una  volta,  oltre  il  beneficio  semplice  di  S.  Vito 
in  Monte,  delT  annua  rendila   di  fio.   6. 

Aveva  questa  locatila  44  anime  nel  1754,  ora  ne  ha  52. 


—  43  — 
Collane  (Kolane). 

Al  nord  di  Pago,  e  lontano  da  esso  7  miglia  trovasi 
il  paese  di  Collane.  È  forse  così  appellato,  com'è  la  tradi- 
zione, per  la  buona  qualità  delle  lane  che  somministrano  i 
suoi  lanuti,  molto  ricercate  ed  apprezzate  in  commercio.  Era 
anticamente  parodila.  Ora  essa  è  Tunica  parochia  nella  cam- 
pagna di  Pago.  La  sua  chiesa  parochiale  è  dedicata  all'evan- 
gelista S.  Luca.  Ha  tre  altari,  il  maggiore  col  tabernacolo 
del  Ss.rao  è  consecrato  in  onor  del  titolare,  gli  altri  due  in 
onor  della  B.  V.  del  Carmine,  e  della  Ss.  Annunziata.  Al- 
l'aitar maggiore  era  unita  la  confraternita  del  Ss.mo,  la 
quale  lo  manteneva  di  lutto  il  necessario.  Ha  il  suo  campa- 
nile con  due  campane,  ed  il  cimitero  regolare. 

Tra  i  suoi  parochi  trovammo  Giorgio  Bobovich  nel  1626, 
Matteo  Stipicevich  nel  1658,  Nicolò  Denossich  da  Pago  nel 
1742,  Andrea  Marcevich  nel  1737,  Antonio  Zar  nel  1777, 
Antonio  Vidussin  nel  1815,  Matteo  Milutin  nel  1820,  Giorgio 
Paulovlch  da  Melada  nel  1824,  Tommaso  Scorlich  nel  1840, 
Giacomo  Marcich  nel  1842,  Matteo  Ghercovich  nel  1851, 
Giorgio  Jelicich  nel  1863,  Antonio  Magnarin  nel  1864, 
Antonio  Ostarich,  attuale  amministratore. 

Oltre  la  parochiale  sonvi  in  questo  villaggio  le  cappelle 
di  S.  Antonio  abbate  nel  porto  di  Simonie,  e  di  S.  Girolamo 
in  Slatine^  paese  un  dì  molto  frequentato,  con  un  porlo  di 
piccolo  ancoraggio. 

Con  Breve  pontificio,  datalo  a  Roma  il  dì  4  dicembre 
1789,  e  riconosciuto  dalla  Curia  arcivescovile  di  Zara  li  5 
agosto  1790,  venne  concessa  Indulgenza  Plenaria  in  perpetuo 
nella  festa  di  S.  Girolamo  dai  primi  Vesperi  al  tramonto  a 
tult'i  fedeli  che  in  quel  giorno  confessati  e  communicali, 
avessero  visitato  la  chiesa  parochiale  di  Collane  di  Pago,  ed 
avessero  pregato  nei  modi  soliti  e  prescritti. 

Poco  lontano  dalla  parochia  esiste  la  chiesa  di  S.  Vito 
a  cui  è  annesso  un  beneficio  di  simil  titolo. 

Un'altro  beneficio  intitolato  a  S.  Maria  trovasi  nella 
località  Slntine,  il  quale  è  di  juspatronato  di  casa  Palladino 

La  chiesa  parochiale  nel  1824  possedeva  4  gognali  di 
terreno  arativo  e  5 '/.^  ^^  vignato,  ed  inoltre  una  mandra  di 
animali  lanuti. 

Aveva  questa  parochia  206  abitanti  nel  1754,  al  pre- 
sente ne  conta  224. 


~  44  ^ 
Barbato. 

Nel  vallone  dì  Pago,  dirimpetto  a  Collane,  sulle  opposte 
rive,  alla  distanza  di  12  miglia,  giace  il  paese  dì  Barbato 
nei  fondo  d'una  valle,  che  serve  di  porto  sicuro  al  grande 
ancoraggio.  È  cappellania  esposta,  eretta  appena  nel  1853, 
e  soggetta  a  Collane.  Ha  239  anime  divise  in  due  località, 
cioè  in  Barbato  propriamente  detto,  ed  in  S.  Maria  in  Me- 
tajna.  La  chiesa  cappellaniale  di  Melajna  è  intitolata  alla 
B.  V.  Immacolata.  Venne  fondata  nel  1487  per  disposizione 
testamentaria  di  certo  Giovanni  Slovigna,  detto  Mocrich,  in 
onor  di  S.  Maria  delle  Grazie,  del  che  ne  fa  testimonianza 
la  seguente  iscrizione  lapidaria,  scolpita  sotto  la  nicchia  della 
campana  dalla  parte  esterna: 

MCCCCLXXXVII 

ME    .    FECIT    .   MR    .    NICOLAVS 

SIBENICI    .    EPISC    . 

la  quale  dev'essere  erroneamente  riportata  dal  Ruìch,  poiché 
nel  decimoquinto  secolo  non  trovasi  il  nome  di  Nicolò  nella 
serie  dei  vescovi  di  Sebenico.  Sono  d^  avviso  che  dovreb- 
besi  leggere  così  :  1481 .  Me  fecit  magister  Nicolaus,  Sibe- 
nici  lapicida^  0  vùQgWo  ancora  Sihenicensis ,  S'appella  questa 
chiesa  S.  Maria  in  Metajna,  perchè  nella  valle  di  Barbato, 
detta  di  Metajna,  venne  eretta  in  esecuzione  del  precitato 
testamento.  Alla  medesima  va  unito  un  beneficio  semplice  dì 
juspatronato  della  suddetta  famiglia  Slovigna,  consistente  in 
alcuni  terreni  e  saline,  che  rendevano  una  volta  25  ducati, 
coir  obbligo  di  pregare  per  l' anima  del  fondatore. 

La  chiesa  propriamente  detta  di  Barbato  era  dedicala 
a  S.  Mauro  abbate.  Suo  cappellano  fu  Angelo  Barbetta  nel 
1863,  Paolo  Rumora  nel  1866,  il  P.  Quirino  Dvornìcic  nel 
1878,   ed  attualmente  Giovanni  Usmiani. 

In  scrittura  del  1383  è  fatta  menzione  di  Guglielmo 
abbate  del  monastero  de'  Benedettini  di  S.  Giorgio  in  Barbato. 

Oltre  le  mentovate  chiese,  parecchie  altre  ve  n'erano 
nei  tempi  andati  nella  campagna  dì  Pago,  d'alcune  delle  quali 
non  n'è  rimasto  che  il  nome,  e  d'altre  non  si  ravvisano  che 
le  ruine,  o  le  sole  vestigia.  Tali  sono: 

S.  Maria  Stomoriza  in  Slatina 

S.  Maurizia  ai  confini 


—  45  — 

S.  Giorgio  in  Zaska 

S.  Cristoforo  in  Punta 

S.  Spirilo  in  Pusle 

S.  Maria  in  Cernika 

S.  Maria  Maddalena  in  Bosco 

S.  Vilo  in  Monte 

S.  Nicola  in  Scalniza 

S.  Giorgio  in  Monte,  cui  è  annesso  un  beneficio,  unito 

all'  arcipretura 
S.  Quirino  in  Povejak 

S.  Catarina  in  Cotliza,  cui  è  annesso  un  beneficio 
S.  Elena 
S.  Gregorio 
S.  Eufemia 

S.  Andrea  in  Roschie 
S.  Bartolomeo  in  Zamet 

S.  Gio.  Evang.  in  Cangerich,  a  cui  è  unito  un  beneficio 
S.  Croce  in  Pechiane 
S.  Giorgio  in  Smokuizza 
S.  Tommaso  in  Coslion 
S.  Minialo  m.  nel  suburbio 
S.  Antonio  Patav.  in  Zaska 
S.  Ambrogio 
Ss.  Trinità 
S.  Matteo 
S-  Andrea 
S.  Lucia 
S.  Martino 
Ss.  Cosmo  e  Damiano. 

maoni. 

Ad  occidente  dell'isola  dì  Pago,  lungi  da  Zara  30 
miglia,  sorge  l'isola  di  Maoni,  ferace  di  buoni  pascoli.  Nel 
1069  il  re  Cresimiro  ne  fece  dono  al  monastero  dei  PP. 
Benedettini  di  S.  Grisogono  di  Zara.  Verso  la  metà  del  secolo 
dodicesimo  venne  loro  tolto  dalla  Communità  di  Zara  per 
far  fronte  alle  spese  della  ricostruzione  della  città  e  delle 
mura,  rovinate  dalle  guerre.  Nel  1190  venne  loro  restituita 
cura  omnibus  pascuis  come  leggesi  in  documento  di  simil 
data.  E  menzionata  quest'isola  nella  Bolla  di  Celestino  JII 
dell'anno  1195,  colla  quale  furono  dal  Pontefice   confermati 


—  46  — 

ai  monaci  di  S.  Grisogono  lult'i  loro  possedimenti,  che  ave- 
vano neli*  arcidiocesi  di  Zara.  Colla  Bolla  30  dicembre  1729 
di  Benedetto  XIII  passò  assieme  ai  due  vicini  scoglielti  pa- 
scolivi, denominati  Brasnjaci,  in  proprietà  del  seminario  illi- 
rico diocesano,  il  quale  n'è  tuttavia  in  possesso.  Alcuni 
pastori  di  Ulbo  tengono  adesso  in  affittanza  quelle  campagne, 
che  servono  di  pascolo  ai  loro  animali.  Sonosi  fabbricate 
alcune  case  per  loro  abitazione,  e  coltivano  qualche  porzione 
di  terreno  vignato  per  loro  uso. 

In  scrittura  del  1768  v' è  memoria  di  un'edicola  di 
Maoni  dedicata  a  S.  Grisogono,  fondata  senz'altro  da  que' 
monaci;  forse  quella  che  al  dì  d'oggi  porta  il  titolo  di  S. 
Antonio. 

In  documento  del  1377  è  fatta  menzione  di  certo  Ivan 
Marinich  da  Maoni. 

I  pastori  di  Maoni  sono  soggetti  alla  giurisdizione  pa- 
rochiale  di  Ulbo. 

Ulbo 

A  settentrione  di  Zara,  40  miglia  distante,  sorge  l'isola 
d'  Ulho^  dagli  antichi  Aloepium^  da  Porfirogenito  Aloep  ed 
anche  Luibus^  in  seguito  Ljuho  ed  Alliiibo^  e  dagli  slavi 
Oliò  appellata.  E  la  prima  delle  isole  liburniche.  denominale 
da  Plinio  Crateae^  Lihurnicae,  Celodussae.  Ha  una  circon- 
ferenza di  25  miglia  ;  è  quasi  tutta  piana,  pietrosa.,  ma  ben 
coltivata  con  pascoli  e  boschi  eccellenti.  La  sua  popolazione 
è  divisa  in  due  stazioni.  Si  ha  per  tradizione,  che  i  primi 
suoi  abitatori  abbiano  preso  stanza  in  una  valle,  denominata 
Banjve^  sita  a  libeccio  della  presente  villa  e  lontana  mezzo 
miglio  ver  scilocco  dalla  punta  di  Tale.  Questa  valle,  in  cui 
si  vedono  oggidì  alcune  muraglie  antiche,  per  essere  atta  al 
ricovero  dei  navigli  più  che  il  porto  di  S.  Nicolò,  venne 
prescelta  dai  primi  abitatori  delT  isola,  i  quali,  essendo  pochi 
di  numero,  non  fecero  coni  munita  da  sé,  ma  si  posero  sotto 
la  dipendenza  della  parochia  di  Bozava,  dove  anche  seppel- 
livano i  loro  defunti.  Crebbero  in  seguito,  e  cominciarono  a 
formare  a  poco  a  poco  comune  separata.  Nel  1340  princi- 
piarono a  contribuire  la  porzione  dominicale  agli  affittuali 
delle  terre.  Divenula  la  Repubblica  veneta  nel  1409  padrona 
della  Dalmazia,  F  isola  d'  Ulbo  fu  una  di  quelle  che  tenne 
per  sé;  ed  una  prova  ne  sia,  che  nel  1430  ne  dispose  af- 
fittandola per  annue  lire  1311    dì  buona  valuta,  pari  a  fior. 


—  47  — 

251.  Da  annotazioni  esistenti  nei  libri  di  quell'archivio  pa- 
rochiale  apparisce,  che  nel  1476  una  colonia  di  morlacchì, 
fugg-endo  dai  contorni  del  fiume  Cettina,  e  per  quanto  dicesi 
da  Verlika,  alla  testa  del  proprio  paroco,  di  nome  Giorgio, 
siansi  ricoverali  in  quest'isola,  affine  di  sottrarsi  dal  furore 
ottomano,  ed  ivi  fermata  loro  dimora,  siensi  uniti  coi  primi 
abitatori,  costituendosi  in  regolare  communità.  Da  quegli  scritti 
rilevasi  puranco.  che  quei  coloni  abbiano  seco  portato  un 
grande  crocifisso,  fornito  di  sacre  reliquie,  e  sul  maggior 
altare  della  chiesa  di  S.  Anastasia  Io  abbiano  collocato.  La 
tradizione,  che  sussiste  tuttora,  di  questo  avvenimento^  vi  si 
uniforma  pienamente,  e  la  lingua  e  il  vestito  eh'  essi  ado- 
prano  anche  oggidì,  servono  a  confermarlo.  La  chiesa  di  S. 
Anastasia,  che  ritiensi  eretta  dai  primi  abitatori  dell'  isola, 
divenne  allora  parochiale,  e  Giorgio  ne  fu  il  primo  paroco, 
it  quale  dopo  aver  governato  il  suo  popolo  per  ben  43  anni, 
passò  a  miglior  vita  carico  di  meriti  nel  1619.  Tal' è  l'ori- 
gine di  questa  parochia,  che  ora  conta  quattro  secoli  di  e- 
sislenza. 

La  chiesa  parochiale  è  di  pianta  quadrilatera,  ed  ha  la 
dimensione  di  m.  18.6  per  7.66.  E  dedicata  alla  inclita  mar- 
tire e  patrona  dell'  arcidiocesi  S.  Anastasia,  e  da  una  tavola 
di  pietra,  su  cui  è  scolpila  una  croce  coli' anno  1632,  sem- 
bra sia  stata  consacrata.  È  situata  fuori  dell'  abitato,  è  cir- 
condata da  cimitero,  ed  ha  il  suo  campanile  alla  foggia  ro- 
mana con  due  campane.  Fu  visitata  questa  chiesa  nel  1625 
dall'arcivescovo  Garzadori.  Sino  al  1865  v'erano  in  essa 
sei  altari  di  legno  dorato  colle  rispettive  lor  pale,  dipinte 
parte  su  tela,  e  parte  su  tavola  alla  maniera  bizantina,  cioc- 
che dimostra  la  loro  antichità.  Uno  era  dedicato  a  S.  Maria 
Maddalena;  il  secondo  alla  Risurrezione  del  Salvatore;  il 
terzo  alla  B.  V.  del  Rosario;  il  quarto  alla  B.  Y.  del  Car- 
mine, che  fu  qui  portato  da  quelli  del  castello  di  Novegradi, 
che  fuggirono  in  occasione  della  guerra  coli'  Ottomano  :  il 
quinto  senza  titolo;  il  sesto,  ch'era  il  maggiore,  dedicato 
alla  S  Martire  titolare,  aveva  una  dotazione  di  16  gognali 
di  terra.  Nel  1866  \enne  distrutto  il  maggiore,  e  sostituitone 
uno  di  pietra  con  quattro  colonne.  Nel  1868  la  chiesa  fu 
intieramente  ristaurata  ed  abbellita.  Furono  allora  demoliti  gli 
altri  cinque  altari  di  legno,  perchè  logori  e  sdruscili,  ed  or- 
nato il  maggiore  d'  un  nuovo  quadro  di  S.  Anastasia,  dipinto 
da  Antonio  Paoletti  di  Venezia. 


—  48  — 

Oltre  la  parochiale  e  matrice,  un'altra  chiesa  esiste  nel 
mezzo  del  villaggio,  intitolata  alla  Beata  Vergine  Assunta. 
Era  in  origine  una  cappella,  che  poi  nel  1586  fu  ampliata, 
e  resa  piìi  comoda  della  s^tessa  parochiale,  poiché  è  lunga 
m.  19.60,  larga  m.  8.22  È  fornita  di  quattro  altari  di  pie- 
tra, il  maggiore  de'  quali  dedicato  alla  Vergine  titolare,  il  se- 
condo alle  anime  purganti,  il  terzo  a  S.  Antonio  dì  Padova, 
fondato  dalla  famiglia  Stipichievich,  ed  il  quarto  a  S.  Giu- 
seppe; questi  due  ultimi  provvisti  di  quadri,  dipinti  nel  1865 
e  1868  dal  suddetto  Antonio  Paoletti.  Oltre  a  questi  v'  è  in 
essa  un  altare  di  legno,  intitolato  alla  Ss.  Trinità,  con  pala 
relativa,  ma  di  nessun  valore.  Nel  1626  aveva  un  altare 
consacrato  all'  apostolo  S.  Andrea,  titolo  eh'  or  più  non  vi 
esiste.  Nel  1874  colle  obblazioni  de'  parochiani  fu  innalzato 
dietro  la  sacristia  un  campanile  a  foggia  di  torre  con  tre 
campane.  Questa  chiesa  viene  preferita  alla  parochiale  per 
alcune  funzioni  durante  l' inverno. 

Vi  sono  ancor  due  chiesuole  entro  la  parochia,  una  cioè 
sotto  il  titolo  di  S.  Rocco^  eretta  circa  l'anno  1626,  con  un 
solo  altare;  ed  una  nel  porto  di  S.  Nicolò^  \\  quale  da  essa 
prende  il  nome.  Non  consta  quando  sia   slata  fondata. 

La  parochiale  è  ben  fornita  di  utensìli  e  vasi  sacri  tra 
i  quali  sono  rimarchevoli  un  ostensorio  ed  una  pìsside  d'ar- 
gento doralo,  di  stile  bizantino. 

Il  paroco  ha  la  sua  casa  canonica  nel  centro  del  paese 
presso  la  chiesa  filiale  delP  Assunta.  Nel  1670  aveva  pure 
la  sua  casa  con  orto  attiguo,  che  trovammo  registrata  negli 
atti  di  visita  pastorale  dell'  arcivescovo  Parzago. 

Quattro  sono  le  confraternite  laiche  eh'  esistono  nella 
parochia  di  Ulbo,  cioè  : 

1.  La  confraternita  dei  SS.  Apostoli  Pietro  e  Paolo, 
composta  di  sacerdoti  e  di  laici.  Fu  approvata  dall'  arcive- 
scovo Zmajevich  nel  1719  assieme  ai  suoi  statuti,  che  però 
vennero  modificati  nel  1773  dall'  arcivescovo  Triali  dietro 
istanza  dei  confrati.  Questi  erano  25  neir  anno  1808,  ed  og- 
gidì non  sono  che  soli  sei.  Non  hanno  né  rendite,  né  pro- 
prio altare.  Avevano  1'  obbligo  di  far  celebrare  alcune  messe 
in  morte  dei  soci. 

2.  La  confraternita  del  Pur^n  orlo,  della  cui  fondazione 
non  bassi  alcuna  notizia.  Sussìsteva  nel  1808,  ed  allora  era 
aggregato  tutto  il  comune.  Ora  non  ha  che  soli  13  confrati. 


—  49  — 

/>> 

Non  ha  statuto^    ha  però  le    sue   rendite    in   natura,    con    le 
quali  fa  fronle  alle  spese  inerenti. 

3.  La  confraternita  di  S.  Giuseppe,  la  quale  dev'  essere 
di  recente  istituzione,  non  constando  eh'  esistesse  nel  1807. 
E  composta  di  13  confrati. 

4.  La  confraternita  del  Ss.  Sacramento,  alla  quale  era 
un  tempo  agi^regato  tutto  il  Comune.  E  di  antica  istituzione , 
ma  fu  riorganizzata  ed  approvata  nel  1864  dall'  arcivescovo 
Pietro  Maupas  in  data  3  ottobre.  Conta  oggidì  112  confra- 
telli, ed  ha  alcuno  rendite  in  natura. 

Oltre  a  questo  vo  n'era  nel  1681  una  intitolata  alia 
B.  V.  Assunta;  e  nel  1807  sussistevano  ancor  quelle  in  onor 
della  S.  Croce,  della  B.  V.  del  Rosario,  di  S.  Antonio  e  di 
S.  Rocco,  alle  quali  erano  aggregati  tutt'  i  parochiani,  i  quali 
le  sostenevano  assiemo  ai  rispettivi  loro  altari  con  elemosine 
in  natura. 

V  era  in  antico  a  Ulbo  un  convento  di  Eremiti  di  S. 
Antonio  Abbate  con  chiesa  dedicata  a  S.  Paolo.  E  convento 
e  chiesa  rimasero  estinti  nel  l*<iOO.  S.  Girolamo  nella  lettera 
23. a  parla  di  monasteri  fondati  nelle  isole  della  Dalmazia  da 
Giuliano  suo  connazionale,  ed  accenna  al  gran  numero  dei 
fedeli,  che  da  esso  erano  sostentati:  Extruis  monasteria!^ 
son  sue  parole,  et  midtus  niimerus  sanciorum  a  te^  etiam 
per  insalas  Dahnatiae  sustentatur,  E  perchè  dunque  anche 
questo  convento  di  Eremiti  non  potrà  appartenere  a  quel- 
r  epoca  ?  Ciò  pure  si  può  dire  degli  altri  antichissimi  con- 
venti di  monaci  del  nostro  isolarlo. 

Ulbo  è  parochia  anche  al  presente.  Appartiene  al  Deca- 
nato di  Selve.  Il  paroco  aveva  anticamente  due  cappellani, 
che  Io  assistevano  nelT  esercizio  del  suo  ministero.  Ora  ha 
diritto  a  un  cooperatore. 

Gli  abitanti  di  Ulbo  nel  1750  erano  807,  di  presente 
sono   1486. 

Quest' isola  era  ili  proprietà  delle  famiglie  Califfi  e  Soppe 
sino  alla  metà  del  secolo  decimosettimo.  Nel  1656  venne 
acquistata  da  Giov.  Battista  Bonafiglia,  che  T  anno  stesso  la 
rivendette  ai  Califfi.  Possiede  una  cava  di  buona  pietra  bian- 
castra-scilicea. 

Serie  dei  parochi  di  Ulbo. 

Giovanni  Vladetich 
Lorenzo  Lovrovich 


paroco 

nel 

1536 

?? 

9? 

1583 

4 

50 


Paolo  Sikirich 
Antonio  Scompanich 
Giovanni  Pizzulich 
Paolo  Marassovich 
Giovanni  Stipichievich 
Giovanni  Scoropanich 
Antonio  Petrichievich 
Stefano  Pullissich 
Antonio  Rado 
Matteo  Silvestrich 


paroco   nel 


n 


9) 


n 


?9 


95 


» 


1660 
1670 
1737 
1742 
1760 
1771 
1815 
1821 
1840 
1863 


Serie  dei  cappellani. 


cappellano  nel     1626 


?5 


» 


39 
59 
ìì 
55 


y^ 


J5 


n 


V 


55 


1668 
1669 
1670 

1737 

1742 
1760 
1771 
1815 

1821 


Antonio  Poljanich 

Lorenzo  Rasolich 

Matteo  Stipichievich 

Matteo  Lovretich 

Filippo  Boldunich 

Matteo  Poljanich 

Andrea  Canavellarich 

Giovanni  Stipichievich 

Matteo  Dianich 

Simeone  Rado 

Giovanni  Petrichievich 

Lorenzo  Petrichievich 

Antonio  Boldunich 

Antonio  Budessa 
Nel  1626  oltre    il  paroco    e  i    due  cappellani    v'erano 
nella  parochia  altri  dieci  sacerdoti,  fra  i  quali  Simeone  Zo- 
rich,  Antonio  Grande,  Giovanni  Psincovich,  Matteo  Pesinich 
e  Marco  Rancich. 

In  scritture  del  1613  è  menzionato  Giorgio  Pullissich; 
del  1661  Simon  Lovrovich;  del  1686  Matteo  Pagliarich;  del 
1*715  Lorenzo  Uglessich;  del  1726  Rocco  Petrichievich  ;  del 
1744  Andrea  Canavellarich;  del  1772  Stefano  Telesmanich; 
del  1773  Giovanni  Dianich  e  Matteo  Lovreta;  e  del  1774 
Antonio  Lovrovich,  tutti  da  Ulbo. 

Selve. 

A  ponente  di  Ulbo,  e  a  poca  distanza  sorge  T  isola  di 
Selve^  dagli  antichi  denominata  Salbon^  ('agli  slavi  Silba^ 
appartenente  al  gruppo  delle  Liburniche.  Ha  una  circonfe- 
renza di  12  miglia,  e  i  suoi  abitanti,  sono  per    la  maggior 


—  51  — 

parie  dediti  alla  navigazione.  L'anno  827  cadde  quest'isola 
in  poter  de'  Zaratini,  i  quali  nel  1073  la  donarono  al  Mo- 
nastero di  S.  Maria  delle  Monache  benedettine  di  Zara  nel 
dì  della  solenne  consacrazione  della  lor  chiesa.  Non  consta 
però  se  T  abbiano  esse  in  realtà  posseduta,  non  essendovi 
documenti,  che  ne  facciano  prova.  È  certo  che  al  presente 
non  hanno  alcun  possedimento  in  quest'  isola. 

Nulla  poi  si  sa  delf  origine  della  parochia  di  Selve.  Da 
alcuni  indizi  si  arguisce,  che  le  prime  abitazioni  sieno  slato 
erette  nelf  estremità  delT  isola  dal  lato  di  maistro^  esisten- 
dovi colà  frammezzo  a  ruderi  di  case  antiche  una  chiesetta, 
dedicata  a  s.  Gio.  Ballista,  la  quale  rimonta  ad  epoca  assai 
rimota,  e  che  dalle  croci  tuttavia  esistenti  pare  sia  stata  an- 
che consacrala  Ha  dessa  una  dimensione  di  m.  9.85  per  5.20, 
un  solo  altare,  e  questo  di  legno,  ed  il  campanile,  foggiato 
alla  romana  con  una  sola  campana.  Ciò  pure  farebbe  rite- 
nere che  qui  abbia  avuto  principio  la  parochia  Sembra  che 
in  seguilo  la  popolazione,  molestata  da  corsari,  abbandonasse 
quel  silo  troppo  esposto,  abbenchè  fosse  ben  munito,  veden- 
dosi tultoggi  i  resti  dei  fortilizzi,  e  delle  torri  che  lo  pro- 
teggevano, e  si  ritirasse  nel  centro  dell'  isola,  come  luogo 
più  adulto  e  sicuro.  Qui  si  fabbricò  una  chiesa  più  ampia  in 
onore  della  B,  V.  del  Rosario,  che  lo  servì  di  parochiale 
sino  all'anno  1637,  in  cui  fu  abbandonata  per  esserne  stala 
innalzala  una  nuova  assai  più  comoda  nel  luogo,  ove  ora 
trovasi  il  cimitero.  A  spese  e  per  cura  di  certo  Antonio 
Ventura  fu  questa  edificata,  come  rilevasi  dalla  seguente  i- 
scrizione,  scolpita  su  d'una  lapide,  posta  nella  facciata: 

Signor  mio^  ho  dimostrato  il  dono  a   Voi, 

Et  ho  adempiuto  il  desiderio  mio^ 

Io  Antonio    Ventura^  della  presente  fabbrica, 

ANNO    DOMINI    MDCXXXVII    DIE    XXIII    MENSIS    JUNII. 

Comprese  egli  nella  fabbrica  una  chiesetta  antica  dì 
stile  bizantino,  sulle  cui  fondamenta  innalzò  la  sacristia  ed 
il  campanile  in  forma  di  torre,  che  tuttavia  sussiste  con  due 
campane.  La  intitolò  a  S.  Marco  ev.  E  siccome  era  più  am- 
pia e  quindi  più  comoda,  così  in  essa  cominciossi  a  cele- 
brare le  funzioni  parochiali  ed  amministrare  i  santi  sacra- 
menti a  pi)cfeTenza7^iir~mi^  dei  ]^osariò|  che  in  seguito  fu 


—  52  — 

anche  demolita.  Gli  altari  di  questa  son  tutti  di  legno  al- 
l' infuori  della  mensa  eh'  è  di  pietra  in  cemento.  11  maggio- 
re, eh'  era  intitolato  dapprima  a  s.  Marco  ev.  ora  è  dedicato 
alla  deposizione  della  Croce,  la  cui  tavola  si  conserva  bene, 
ed  è  di  buon  autore,  cioè  di  Carlo  Rodolfino,  come  risulta 
dall'  epigrafe  seguente  : 

Qaroliis  Rodulphinus  pinxerat  MDCXLL 

Gli  altri  sono  intitolati  all'  Assunzione  di  M.  V.,  alla 
Ss.  Trinità,  ed  alla  Crocifissione.  L' edifizio  è  rivolto  colla 
faccia  a  mezzodì,  ed  ha  una  lunghezza  di  m.  18  ed  una 
larghezza  di  m.   10. 

Ma  neppur  questa  chiesa  coli'  andar  del  tempo  corri- 
spose ai  bisogni  ;  imperocché,  cresciuta  la  popolazione,  si 
dovette  pensare  ad  un  tempio  più  grande  e  più  spazioso.  A 
spese  del  fondo  ecclesiastico,  e  colla  concorrenza  dei  villici 
ne  fu  innalzato  un  nuovo  dalle  fondamenta  nel  1844  in  più 
ampie  dimensioni,  il  quale  venne  anche  solennemente  consa- 
crato nel  1850  in  onor  della  Natività  di  M.  V.  dall'  arcive- 
scovo Giuseppe  Godeassi.  E  desso  rivolto  colla  fronte  ad 
occidente  ed  ha  una  dimensione  di  m.  25.23  per  12.8.  Il 
presbiterio  è  lungo  m*  5  largo  6.15.  L'aitar  maggiore  è 
isolato  con  tabernacolo  in  centro,  il  tutto  di  pietra,  tassellata 
in  marmo,  e  dietro  del  medesimo  un  quadro,  rappresentante 
la  nascita  del  Salvatore.  Altri  cinque  altari  1'  adornano  nelle 
pareti  laterali,  fregiati  di  marmi  di  vario  colore,  e  questi 
dedicati  a  S.  Giovanni  Battista,  a  S.  Nicolò  v,,  alla  B.  V. 
del  Rosario,  al  Crocefisso  e  a  S.  Domenico.  Quantunque  que- 
sto nuovo  tempio  consacrato  in  onor  della  Natività  di  M.  V. 
sia  divenuto  parochialc,  con  tutto  ciò  la  parochia  ritenne  il 
titolo  antico  di  S.  Marco  ev.  ed  anche  oggidì  il  conserva. 

Oltre  le  preaccennale  chiese  ve  ne  sono  delle  altre,  cioè 

La  chiesetta  della  B.  V.  Addolorata^  situala  a  poca 
distanza  dalla  parochiale.  È  lunga  m.  4.25,  larga  m.  2.58. 
Ha  un  altare  colla  statua  della  Vergine  in  una  nicchia.  Nulla 
consta  della  sua  fondazione. 

La  cappella  di  S.  Antonio  di  Padova  nel  porto  dalla 
parte  australe,  di  proprietà  della  famiglia  Bujacich. 

La  chiesetta  di  S.  Gio.  Battista  con  unico  altare  del 
medesimo  titolo,  situata  all'  estremità  dell'  isola,  e  della  quale 
abbiamo  di  sopra  parlato,  e  la  cui  fondazione  da  alcuni  viene 
attribuita  a  Giovanni  Matcovich,   da  altri  alla  famiglia  Moro. 


—  53  — 

La  chiesa  della  B.  V.  del  Carmine  coli'  annesso  con- 
vento. L'anno  1660  l'arcivescovo  Teodoro  Balbi  eresse  e 
chiesa  e  convento  pei  religiosi  del  Terz'  Ordine  di  S.  Fran- 
cesco, alla  cui  fondazione  contribuirono  con  generose  obbla- 
zioni  Matteo  e  Simeone  fratelli  Paolina  di  Selve.  L'  arcive- 
scovo Caraman  nel  1752  la  consacrò,  come  rilevasi  dall'i- 
scrizione scolpita  su  d'  una  lapide  posta  in  una  parte  interna 
della  chiesa  : 

HANC    .    ECCLESIAM    .    B    .    M    ,    V    .    DE    .    MONTE    .    CARMELO 

CONSECRAVIT    .    R    .    D    .    D    .    MATTHAEVS    .    CARAMAN 
ARCHIEP   .   JADREN    .   D   .   XXVIII   .   MAJt   .   MDCCLII   .  E   .   G  .  L. 

È  rivolta  a  maistro,  ed  è  lunga  m.  14. 25^  larga  m.  7. 
Ha  r  aitar  principale  di  legno,  dedicato  alla  B.  V.  del  Car- 
mine, e  quattro  laterali,  due  dei  quali  di  pietra,  e  due  di 
legno  ;  su  di  uno  v'  è  un  crocifìsso  di  molto  pregio.  Il 
campanile  di  forma  romana  ha  tre  campane.  Il  convento,  che 
poco  tenìipo  dopo  la  sua  fondazione  fu  abbandonato  e  rimase 
deserto,  con  Breve  pontifìcio  del  21  Novembre  1665,  e  con 
Ducale  veneta  20  Marzo  1666  fu  aggregato  alla  provincia 
religiosa  di  S.  Girolamo  dei  Minori.  Venne  ristaurato  nel  1736. 
Soppresso  al  principio  di  questo  secolo,  ne  seguì  la  stessa 
sorte  anche  la  chiesa,  che  fu  in  seguito  acquistata  all'  asta 
dal  vivente  Antonio  Paolina,  discendente  dei  fondatori,  il 
quale  la  restituì  al  pubblico  culto;  ma  perché  in  istato  crol- 
lante, e  indecentemente  tenuta,  ne  fu  interdetto  V  uso  dalla 
autorità  ecclesiastica. 

Leggiamo  nelle  nostre  cronache  antiche  che  nei  prischi 
tempi  esisteva  a  Selve  un  convento  di  Eremiti  di  S.  Antonio 
Abbate  con  chiesa  intitolata  a  S.  Maria^  e  che  nel  1412 
rimase  estinto.  Non  è  improbabile,  che  sulle  sue  rovine  sia 
stato  innalzato  il  premesso  convento  coli'  annessa  sua  chiesa. 
Non  è  questa  che  una  nostra  conghiettura,  la  quale  non  è 
comprovata  da  alcun  documento. 

Da  tempo  antico  esisteva  in  questa  parochia  una  con- 
fraternita del  Ss,  Sacramento^  che  è  stata  civilmente  appro- 
vata col  relativo  statuto  il  17  giugno  1683  dal  Co.  Boldù. 
Avea  allora  290  associati.  Rimase  estinta  per  la  legge  gal- 
lica del  1808,  ma  fu  ripristinata  e  riorganizzata  dall'  arcive- 
scovo Pietro  Maupas  con  decreto  1  maggio  1865,  ed  ora 
conta  868  confratelli. 


—  54  — 

Sino  al  principio  del  secolo  presente  esisteva  pure  la 
confraternita  della  B.  V.  del  Rosario  presso  In  or  dislrulta 
chiesa  di  tal  titolo.  La  sua  origine  rimonta  alf  anno  1642. 
Aveva  200  socii,  i  quali  colle  proprie  rendile  di  beni  di 
campagna,  di  elemosine,  di  laminarie  provvedevano  al  de- 
coroso mantenimento  del  proprio  altare. 

La  parodila  di  Selve  è  decanale,  ed  il  paroco  è  capo 
del  Decanato,  che  abbraccia  sotto  la  sua  giurisdizione  le 
parochie  di  Ulbo,  Premuda  e  Melada,  ed  inoltre  le  cappel- 
lanie  d' Isto,  Berg-ulje  e  Zapuntello  con  anime  5119  in  com- 
plesso. Il  paroco  ha  diritto  ad  un  cooperatore.  Ha  la  sua 
canonica,  che  fu  di  recente  acquistata,  ristaurata  e  ridotta  a 
comoda  abitazione. 

La  parochia  di  Selve  contava  1057  anime  nella  metà 
del  secolo  passato,  ed  ora  ne  ha   1723. 

Serie  dei  parochi  di  Selve. 

Matteo  Lucevich              paroco  nel  1583 

Antonio  Lovrovich              „  „  1626 

Nicolò  Moro                        „  „  1670 

Donalo  Ventura  „  „  1718 
Luca  Vecchiardo  paroco  e  vicario  foraneo  1778 
Paolo  Mavar             „           „            ,,        1777 

Domenico  Supicich         paroco  nel  1815 

Martino  Moro                       „  „  1826 

Giovanni  Bogdanich            ,y  „  1843 

Giovanni  Scarpa                  „  „  1848 

Girolamo  Caranton  da  Zara  „  „  1851 

Vincenzo  Segarich              „  „  1863 

Simeone  Rado                      „  „  1866 

Giovanni  Valentich  da  Pago  „  „  1872 

Serie  dei  cappellani. 

Giorgio  Barbich  cappellano  nel  1670 

Bartolomeo  Ivanussevich       „  „  1674 

Giovanni  Chioch  „  „  1742 

Giorgio  Lorenzin  „  „  1815 

Giovanni  Bogdanich  „  „           „ 

Martino  Moro  ^  ,^           ,, 

Giovanni  Marinich  ^  „  1840 


—  55  — 

Nel  1670  oltre  il  paroco  ed  il  cappellano  v'erano  in 
parochia  altri  8  sacerdoti;  nel  1681  v'erano  12  sacerdoti 
e  3  chierici;  nel    1760,  8  sacerdoti. 

In  scritture  del  1651  è  menzionalo  Giovanni  Ventura; 
del  1660  Rocco  Baccota  ;  del  1668  Gregorio  Paolina;  del 
1713  Andrea  Bogdanovicli;  del  1726  Antonio  Vodopia  ;  del 
1744  Simeone  Marin;  del  1753  Matteo  Garoffolo  ;  del  1765 
Domenico  Gaspicli;  del  1772  Giovanni  Bogdanich^  tutti  sa- 
cerdoti di  Selve. 

La  campagna  di  questMsola,  eh' è  quasi  tutta  piana,  è 
infeconda,  poiché  il  terreno  è  arìdo  e  pietroso.  Poco  alligna 
r  olivo,  molto  la  vite,  ma  dà  poco  frutto,  benché  mollo  pre- 
coce ;  scarso  assai  n'  è  il  grano.  Per  essere  gli  uomini  tutti, 
air  infuori  dei  vecchi  e  dei  fanciulli,  occupati  nella  naviga- 
zione, le  donne  sono  costrette  a  lavorar  la  terra.  Le  loro 
abitazioni  sono  mollo  polite  e  ben  regolate.  Con  terminazione 
5  agosto  1660  venne  concesso  dal  Governo  Veneto  alla 
Comune  dì  Selve  dì  poter  tenere  animali  bovini.  L' isola  è 
fornita  d'  un  bosco  della  circonferenza  di  quattro  miglia.  Era 
feudo  della  nobile  famiglia  veneta  Morosini,  la  quale  dall' af- 
fitto ritraeva  annualmente  2000  lire  venete  di  buona  valuta, 
pari  a  fior.  383. 

Premuda. 

Air  ovest  dì  Selve  è  T  isola  di  Premuda^  una  delie 
antiche  liburniche,  denominala  Pirotima  da  Porfirogenito,  e 
Palmodon^  ed  anche  Pamodon  nelle  tavole  Peutingerìane, 
col  cui  nome  è  menzionata  in  pergamena  delF  anno  838.  È 
lunga  9  miglia,  larga  non  più  di  due.  Come  si  ha  negli  atti 
della  visita  canonica  dell'  arcivescovo  Parzago,  era  Premuda 
nel  1670  una  villa  di  poca  importanza,  poiché  non  contava 
che  sole  70  anime.  Era  semplice  cappellania,  e  la  sua  chiesa, 
fabbricata  dai  villici  in  onor  di  s.  Cipriano,  dipendeva  dalla 
parochia  dì  Selve.  Colla  coltura  dei  campi,  e  colla  naviga- 
zione andò  di  mano  in  mano  crescendo  in  forze  e  in  numero, 
per  cui  nel  1750  aveva  284  anime  ed  ora  ne  conta  628. 
In  scrittura  del  1700  la  troviamo  col  titolo  di  parochia^  e 
d'  allora  fu  sempre  tale.  L'  attuale  chiesa  parochìale  é  inti- 
tolata a  s.  Giacomo  ap.  ed  ha  un'  altare  in  onore  di  lui. 
Negli  atti  di  visita  canonica  del  1678  la  troviamo  dedicata 
a  s.  Ciriaco;  così  pure  in  quelli  del  1774.  Fu  edificata  dai 


~  56  — 

parochiani,  non  consta  però,  in  qual'  epoca.  Ne  ha  ancor  due 
altre,  una  in  onor  di  s.  Anna  nella  campagna,  ed  un'  altra 
sotto  il  titolo   della  Natività  di  Maria   Vergine. 

V'erano  due  confraternite  in  questa  parocliia  al  principio 
del  secolo  presente,  V  una  del  ss.  Sacramento,  composta  di 
24  sacerdoti,  e  di  342  secolari  d'  ambo  i  sessi,  i  quali  si 
prestavano  al  decoro  dell'  altar'e,  e  delle  sacre  funzioni,  e 
provedevano  a  tutte  le  occorrenze  colle  rendite  di  beni  cam- 
pestri, e  di  elemosine;  l'altra  delle  anime  del  Purgatorio 
con  25  confrati,  e  con  rendite  di  vino,  olio  ed  elemosine 
in  danaro. 

Serie  dei  cappellani  e  dei  parocbi  di  Premuda. 

Nicolò  Sljaka, 

Domenico  Bnjacich 

Nicolò  Giadrossicb, 

Nicolò  Bnjacich 

Luca  Bogdanovich  da  Selve 

Gio.  Maria  Giadrossicb 

Giacomo  Smircich 

Antonio  Ostarich 

Lodovico  Battìg 

Domenico  Giadrossicb 
Nel  1760    oltre  il  paroco    v*  erano    altri  3  sacerdoti  e 
4  chierici.  In  scrittura  del  1760  ò  menzionato    Natale  Gia- 
drossicb, ed  in  altra  del  1772  Nicolò  Giadrossicb,  ambi  da 
Premuda. 

Neil'  isola  si  trova  una  cava  di  pietra  bianca  di  buona 
qualità  per  far  pile  da  olio. 

Gruizza. 

Poco  lungi  da  Promuda  al  nord  evvi  uno  scoglio  detto 
Gruizza  su  cui  s'  innalza  una  torre  con  lanterna  a  fuoco 
rosso  alla  portata  di  9  miglia  marine,  che  serve  di  guida  ai 
naviganti.  La  famiglia  del  custode  dipende  dalla  parochia  di 
Premuda. 

Skarda. 

A  breve  distanza  di  Premuda,  al  sud,  sì  trova  l' isola 
di  Skarda,  detta  da  Porfirogenito  Scirdacissa,  della  circon- 
ferenza di  3  miglia,  celebre  pei  suoi  porti,  atti  a  sciogliere 


cappellano 

nel 

1670 

paroco 

?5 

1724 

?? 

?? 

1737 

51 

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1742 

dve  ^ 

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1760 

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1821 

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11 

1851 

?7 

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1866 

55 

?? 

1869 

?^ 

55 

1870 

—  57  — 

le  vele  di  sotto  e  di  sopra  vento,  e  per  essere  stata  un 
tempo  stazione  dei  pirati.  Non  ha  ciie  sole  1 1  case,  e  circa 
20  abitanti.  Nella  sua  punta  detta  Glavica  eravi  un  tempo 
una  cappella  dedicata  a  s.  Andrea  ap.  In  atti  del  1754  la 
troviamo  col  titolo  di  san  Nicolò.  E  qiiest'  isola  abbondante 
di  pascoli;  i  Premudini  vi  tengono  i  loro  animali,  e  lavorano 
le  terre.  Il  suo  mare  è  fecondo  di  pesci,  per  cui  havvi  una 
buona  pescagione. 

Isto. 

Al  sud-est  di  Skarda  sta  V  isola  d' Isto^  detta  dagli 
antichi  Gistum^  e  dagli  Slavi  Gist  ed  anche  Ist^  ed  è  se- 
parata da  Melada  mediante  un  brevissimo  stretto  di  mare. 
Ha  una  circonferenza  di  9  miglia,  ed  appartiene  al  gruppo 
delle  liburniche.  Il  villaggio  è  collocato  fra  due  valli,  su  di 
un  istmo,  dal  quale  forse  T  isola  prese  il  nome.  Era  anti- 
camente cappellania,  dipendente  da  Zapuntello;  in  seguito 
cioè  al  principio  del  secolo  decimottavo  fu  eretta  in  paro- 
chia  separata,  e  nel  1851  ritornò  ad  essere  cappellania  e- 
sposta,  soggetta  alla  parochia  di  Premuda  nel  decanato  dì 
Selve.  La  sua  chiesa  cappellaniale  è  dedicata  a  s.  Nicolò  v. 
ed  ha  l'aitar  maggiore  in  onor  del  medesimo,  ed  un'altro 
ancora  sotto  il  titolo  della  Concezione  Immacolata  Ha  il  suo 
campanile  con  una  campana.  Di  questa  chiesa  è  memoria 
nella  visita  canonica  dell'arcivescovo  Capello  del  1640.  Ve 
inoltre  un'altra  chiesuola  intitolala  alla  B.  V.  della  Salute, 
eretta  dai  villici  nel  1865  sul  monte  Straza,  Una  confrater- 
nita laica  v'esisteva  al  principio  del  secolo  presente  sotto 
il  patrocinio  di  s.  Nicolò  con  fratelli  e  sorelle  130,  e  con 
rendite  di  terreni  vignati.  Un'altra  n'esisteva  nel  1724  sotto 
il  nome  del  s.  Rosario.  Il  villaggio  ha  di  presente  457  a- 
nìme,  mentre  nel   1754  non  ne  contava  che  205. 

Serie  dei  parochi  e  dei  cappellani  d' Isto. 


Giovanni  Simunich 

paroco 

nel 

1729 

Giovanni  Snioljan 

?5 

>? 

1742 

Marco  Babajcova 

J? 

95 

1771 

Matteo  Gojdanich 

7} 

?5 

1815 

Pietro  Smoljan 

57 

r 

1821-1874 

Pietro  Vecchiardo, 

cappellano 

5? 

1875. 

In    parochia    nel    1760    oltre  il  paroco,    v'erano  6  sa- 
cerdoti e  2  chierici. 


—  58  — 

Melada. 

Una  delle  principali  isole  liburniche  è  Melada^  delta 
dagli  antichi  Meìta,  Meleta^  dalT  anonimo  di  Ravenna  Ma- 
lata^ da  Porfirogenito  Melita.  e  dagli  Slavi  Mulat.  D'essa 
è  memoria  in  documento  del  1073  col  nome  di  Mellata. 
Non  è  difficile  che  tal  nome  le  sia  derivato  dal  molto  miele 
(da  Melle  Mellata)  ch'ivi  soleva  farsi  nei  tempi  andati,  dei 
quale  tenevasi  a  Zara  grande  commercio^  ricordato  in  scrit- 
tura del  1381;  del  che  sarebbe  un  indizio  il  suo  vicino  sco- 
glietto  Jbn,  tutto  coperto  di  piante  di  rosmarino,  i  cui  fiori 
sono  avidamente  ricercati  dalla  api.  E  posta  quest'isola  al 
sud-est  di  Jslo,  ed  ha  8  miglia  di  lunghezza. 

Con  scrittura  del  1151  Dessa,  bano  della  Croazia,  fece 
donazione  di  quest'  isola  al  Convento  dei  Benedettini  di  s. 
Grisogono  di  Zara:  ed  in  altra  scrittura  del  1195  è  fatta 
menzione  del  diritto  dì  pesca,  che  avevano  in  quest'isola  i 
monaci  suddetti. 

La  parochia  di  Melada  e  assai  antica,  trovandosi  me- 
moria della  chiesa  del  suo  cimitero,  e  de'  suoi  ministri  sacri 
in  testamento  scritto  nel  790  da  Valdizza,  Rettore  di  Zara. 
Non  crediamo  dunque  di  andar  errati  se  poniamo  la  sua  fon- 
dazione al  principio  del  secolo  ottavo.  La  sua  chiesa  paro- 
chiale  è  da  tempo  antico  intitolata  alla  Visitazione  di  M.  V. 
coir  aitar  maggiore  in  suo  onore.  Ha  ancor  due  altari  late- 
rali l'uno  sotto  r  invocazione  dell'Arcangelo  s.  Michele,  e  l'al- 
tro dello  Spirito  Santo.  Fu  eretta  dai  parochiani. 

Oltre  a  questa  chiesa  ve  n'  è  un'  altra  piccola  sotto  il 
titolo  della  B.  V.  del  Carmine  con  altare  d'  egual  nome,  e- 
retto  per  cura  ed  a  spese  del  sacerdote  Matteo  Marcovich 
il  quale  lo  ha  anche  dotato  di  tro  gognali  di  terra.  Bravi 
un  tempo  ancora  una  chiesetta  col  titolo  di  s.  Andrea  ap. 
di  cui  è  fatta  menzione  negli  alti  della  sacra  visita  dell'ar- 
civescovo Capello  del  1640.  Riferisce  il  Begna  nelle  sue 
memorie  ch'esisteva  ab  antico  in  quest'isola  una  chiesa  de- 
dicata a  s.  Paolo  ap.  e  vicino  ad  essa  un  convento  pria  di 
Eremiti  di  s.  Antonio  Abbate  e  poscia  di  Monaci  Benedettini, 
il  cui  abbate  l'anno  1247  vendette  alcuni  manoscritti  al  sud- 
diacono Gervasio  e  a  Dessa,  ambidue  procuratori  della  chiesa 
di  s.  Lorenzo  di  Traù.  Un'altra  se  ne  trova  egualmente  de- 
dicata a  s.  Paolo  ap,  sopra  uno  scoglio  denominato  Osljak, 
situato  ad  occidente  di  Melada. 


-  58^1- 

Più  confraternite  esistevano  una  volta  in  questa  paro- 
chia.  La  piìi  antica  si  è  quella  del  Ss.  Sacramento.^  a  cui 
era  aggregato  tutto  il  Comune,  e  mantenevasi  coi  redditi  di 
terreni  vignati^  e  con  elemosine.  L'altare  di  s.  Michele  a- 
veva  pure  lo  sua  confraternita  nel  1670,  e  quello  dello  Spi- 
rito Santo  aveva  anche  la  sua  sino  dal  1626.  Ambedue  si 
sostenevano  colle  questue  e  colle  elemosine  e  provedevano 
al  corredo  rispettivo.  La  cappella  della  B,  V.  del  Carmine 
era  anch'essa  sostentata  dalla  confraternita  d' egual  nome. 
Quest'  ultima  aveva  250  associali. 

Serie  dei  parochì  di  Melada. 

Giovanni  Mandevich  paroco     nel     1626 

Nicolò  Draghichievich  „         „       1651 

Matteo  Abelich,  cappellano     ,,        1670 

Simon  Jurichievich  paroco      „  „ 

Simeone  Sibuda  „  „       1678 

Pietro  Mandich  „  „       1737 

Giorgio  Sibuda  da  Zman        „  „       1742 

Nicolò  Zentilicich  paroco  e  vie.  for.  „        1771 
Simeone  Abelich  paroco       „       1815 

Giovanni  Spanich  „  „       1821 

Simeone  Mavar  „  „       1830 

Fausto  Smoljan  „  „       1867 

Biagio  Zvittanovich  „  „       1870 

Beniamino  Vecchiardo  „  „       1874 

In  scritture  del  1688  è  nominato  Simeone  Spanich;  del 
1715  Nicolò  Abelich;  del  1758  Giovanni  Mandich,  e  del 
1773  Nicolò  Spanich,  tutti  sacerdoti  di  Melada. 

Nel  1681  v'erano  in  parochia  5  sacerdoti  e  7  chierici. 
Deir  antica  famiglia  Abelich  di  Melada,  a  cui  apparten- 
nero i  tre  sacerdoti  suaccennati,  è  fatta  menzione  in  parec- 
chie antiche  scritture.  In  documento  del  1652  è  nominato 
Matteo,  che  possedeva  una  casa  a  Melada  e  molti  altri  beni 
di  campagna.  In  istrumento  del  1700  sono  menzionati  Nicolò, 
che  forse  è  quel  medesimo  sacerdote  di  sopra  nominato,  ed 
inoltre  Paolo  della  stessa  ditta.  Questa  famiglia  è  da  qualche 
tempo  domiciliata  in  Zara,  e  rappresentata  dall'onorevole 
sig.  Pietro,  cavaliere  dell'  ordine  Imp.  Francesco  Giuseppe, 
Assessore  municipale,  Presidente  della  Camera  di  Commercio, 
e  dell'Istituto  di  mutuo  soccorso,  e  vice-presidente  del  Co- 
mizio Agrario. 


—  60  — 

Vi  erano  in  parochia  nel  1681  due  case  parochiali,  la 
prima  coli*  onere  di  due  messe  al  mese,  la  seconda  con  una 
messa  settimanale. 

Il  villaggio  di  Melada  nel  1754  avea  443  anime,  ne 
conta  di  presente  190.  Oltre  a  questo  villaggio  ve  ne  sono 
neir  isola  altri  due  Bergìdje  e  Zapuntello.  dei  quali  parle- 
remo quanto  prima. 

S.  Paolo  ap.  a  Melada. 

Il    celebre    vescovo  di    Modrussa    Simeone    Begna  e    il 

dotto  religioso  domenicano  Fra  Domenico    Cristianopolo,  dei 

^  quali    abbiamo    tessuto  T  elogio  nel  1  volume  della    presente 

^^^'''^^' opera,  con  buone  ragioni  sostengono  essere  Melada  quelF  i- 

sola.  dove  ["Apostolo  san   Paolo  nel    suo  viaggio   per  Roma 

fu  costretto  a  fermarsi  in  causa   dei  venti  contrari. 

Se  infatti,  si  riflette  un  po'  alia  favorevole  situazione  di 
quest'  isola,  ed  agli  eccellenti  suoi  porti,  i  quali  servono  di 
comodo  e  sicuro  asilo  alle  navi,  cbe  dall'oriente  fanno  viaggio 
per  r  occidente  : 

Se  si  riguarda  alla  pratica  costante,  invalsa  dai  secoli 
i  più  rimoti,  che  le  navi  dirette  per  le  coste  d'Italia,  ve- 
nendo dall'oriente,  fissano  la  loro  prova  verso  quest'isola, 
e  vi  si  rifuggiano  nei  tempi  burrascosi,  per  cui  i  sui  porli 
riboccano  spesso  di  navigli  d*ogni  nazione; 

Se  si  pon  mente,  che  la  spiaggia  di  quest'isola  è  a- 
renosa.  sassosa,  ed  esposta  ai  venti  ; 

Se  si  considera  alla  circostanza,  che  in  delta  isola  si 
trovano  vipere  affatto  innocue,  come  ce  lo  attesta  1'  Abbate 
Forlis  nel  suo  „Viaggio  in  Dalmazia*'  il  quale  aggiunge  che 
né  a  Melada,  né  a  Malta  ve  n'esistono: 

Se  inoltre  si  riflette  che  in  onor  dell"  apostolo  furono 
innalzate  da  tempi  rimotissimi  in  quest'isola  non  una  chiesa, 
ma  due.  come  cel  riferisce  il  prefato  storico  Begna  nelle 
sue  memorie  della  chiesa  di  Zara; 

Per  tutte  queste  considerazioni  non  sarà  temerità  T  as- 
serire e  il  sostenere  coi  sullodati  gravissimi  scrittori,  che  l'A- 
postolo s.  Paolo  quando  veniva  condotto  a  Roma,  approdasse 
a  quest'isola  di  Melada.  ed  ivi  si  fermasse  qualche  giorno, 
e  colla  predicazione  convertisse  alla  vera  fede  quella  gente 
ancor  idolatra. 


—  61  — 

Brgulje. 

Sull'isola  di  Melada,  al  nord  della  or  descrilla  parodila 
omonima,  giace  Bergulje^  situata  sopra  un  colle,  e  menzionata 
in  documento  del  1560.  È  cappellania  esposta  con  195  a- 
nime.  Ne  aveva  146  nel  1754.  È  soggetta  al  paroco  di  Melada, 
come  lo  fu  sempre  per  T  innanzi.  La  sua  chiesa  è  dedicala 
a  s.  Andrea  ap.  in  cui  onore  è  consacralo  il  suo  unico  al- 
iare e  sotto  la  cui  invocazione  esisteva  una  confraternita 
laica,  composta  di  34  confrati,  che  mantenevano  fallar  e  la 
chiesa  coli' entrale  di  alcuni  terreni,  e  con  elemosine. 

Serie  dei  cappellani  di  Brgulje. 

Giorgio  Maltessich  nel  1760 

Simeone  Bartulich  „  1771 

Giovanni  Spanich                             .     „  1815 

Giovanni  Sabljich  „  1821 

Simeone  Lovrelich  „  1826 

Antonio  Uglessich  „  18^9 

Marco  Bozaich  ,,  1872 

Biagio  Zvittanovich  „  1873 

Beniamino  Vecchiardo  „  1874 

Lodovico  Battig  „  1879 

Zapuntello. 

Neir  isola  stessa  di  Melada,  verso  il  nord  di  Bergulje, 
è    situala    V  altra    cappellania    esposta    di     Zapuntello^    dagli 

**  antichi  denominala  Spuntello^  dagli  Slavi  Zapuntel.  Fu  così 
appellala  questa  località  perchè  posta  dietro  la  punta  del- 
l'isola. Ha  un  porto  molto  sicuro,  ed  un'ottima  cava  di  pietra 
bianchissima,  d'  una  durezza  quasi  marmorea.  Molte  macerie 
d'antichi  edifizii,  si  scorgono  sparse  qua  eia,  donde  si  de- 
duce, che  questo  sito  fosse  un  tempo  assai  popolato,  mentre 
adesso  non  conta  più  di  154  anime. 

La  sua  chiesa,  edificala  dai  villici,  e  che  fu  anche  con- 
sacrata, porta  ah  antico  il  titolo  della  Natività  di  M.  V.  Ha 
l'aitar  maggiore  di  pietra,  tassellalo  in  marmo  di  vario  co- 

^'lore,  con  due  colonne  di  marmo;  ed  un'altro  aitar  in  onor 
di  s.  Antonio  Abbate.  Sulla  fronte  ha  il  campanile  élla  ro^ 
mana  con  una  campana. 


ellano 

nel 

1730 

>^ 

?5 

1771 

« 

?^ 

1815 

n 

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1821 

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1840 

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1852 

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99 

1864 

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1869 

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57 

1875 

J? 

99 

1878 

—  62      - 

Due  confraternite  sussistevano  in  essa,  l' una  del  Ss. 
Sacramento  con  51  fratelli,  e  con  entrate  di  terre  e  livelli 
per  la  sua  manutenzione;  f  altra  di  s.  Antonio  Ab.  con  42 
fratelli,  e  con  rendite  di  beni  campestri  e  di  elemosine. 

Serie  dei  cappellani  di  Zapuatello. 

Giovanni  Mircovich,      ca 
Simeone  Petrovich 
Simeone  Marcovich 
Giovanni  Tomicich 
Giovanni  Radulich 
Antonio  Maletich 
Pietro  Smoljan 
Antonio  Uglessich 
Marco  Bozaich 
Pietro  Silvestrich 

Isola  grossa. 

Dopo  le  premesse  isole,  al  sud  di  quella  di  Melada,  si 
presenta  V  Isola  grossa  detta  anticamente  Insula  magna  ed 
anche  longa^  perchè  infatti  è  la  più  grande  delle  altre  del- 
r  isolarlo  zaratìno,  avendo  una  circonferenza  di  circa  70 
miglia.  È  pure  denominata  Sale^  e  dagli  Slavi  Salì^  perchè 
il  sale  era  una  volta  uno  dei  più  considerevoli  suoi  pro- 
dotti. Dallo  storico  Lucio  è  appellata  Plsuch.  Dalle  nostre 
cronache  si  rileva,  che  nel  1715  fu  danneggiata  dai  soldati 
turchi,  che  vi  si  sbarcarono.  Così  vengono  spiegate  quelle 
rovine  di  chiese,  case  e  castelli,  che  si  trovano  sparse  qua 
e  là  alle  rive  del  mare,  che  la  circonda. 

Undici  villaggi  sonvi  di  presente  nelf  isola:  cioè  Pun- 
tebianche,  Verona,  Soline,  Bozava,  Dragove,  Birbigno,  Sauro, 
Luka,  Zman,  Zaglava,  e  Sale. 

Puntebianche. 

Nell'ultima  estremità  dell'Isola  grossa  dal  Iato  di  po- 
nente è  posto  il  villaggio  di  Puntebianche^  così  denominato 
da  una  punta  di  bianco  macigno  sopra  cui  è  situato.  Dagli 
Slavi  Veli  rat^  ed  anche  Otok  è  appellato.  Se  ne  ha  me- 
moria   in  documento    del  1480.    Era  cappellania  di   Bozava. 


—  63  — 

Ora  non  è  che  semplice  cooperatiira  esposta,  dipendente  da 
Bozava  con  anime  392.  Si  sa  per  tradizione  essere  non  più 
di  due  secoli,  da  che  ha  il  proprio  curato,  imperocché  era 
fino  al  1685  affigliata  alla  chiesa  matrice  di  Bozava.  La  pri- 
mitiva sua  chiesa  era  intitolata  a  s.  Giacomo  ap.  con  T  altare 
consacrato  in  suo  onore,  e  con  campaaile  in  fronte  alla  me- 
desima. Venne  edificata  dai  villici.  Nel  1678,  essendo  questa 
logora  e  malconcia,  ne  fu  eretta  una  nuova  che  fu  anche 
consacrata  in  onor  della  B.  V.  del  Carmine  coli' unico  suo 
altare.  Ma  divenuta  anche  questa  inservibile,  perchè  sdruscita 
dal  tempo,  ne  fu  edificata  una  nuova  nel  1866,  e  dedicata 
a  s.  Antonio  di  Padova  in  cui  onore  esisteva  un'aulica  cap- 
pella. È  lunga  m.  20,  larga  13.  Ha  la  fronte  rivolta  a  maistro, 
sovra  di  cui  s'innalza  un  campanile  alla  romana,  fornito  di 
due  campane.  L' aitar  maggiore  è  di  pietra  lavorata,  ed  è 
intitolato  a  s.  Antonio;  il  laterale  a  destra  è  fabbricato  con 
pietre  in  cemento,  e  con  quadro  antico  della  B.  V.  Addo- 
lorata. Una  laica  confraternita  vi  esisteva  al  principio  del 
presente  secolo  sotto  il  patrocinio  di  s.  Antonio  la  quale  a- 
veva  15  confratelli,  che  mantenevano  I' altare  con  elemosine. 
La  canonica  venne  di  pianta  edificata  in  quest'anno  a  spese 
del  fondo  ecclesiastico,  colla  concorrenza  dei  parochiani,  i 
quali  sono  dediti  specialmente  alla  pesca,  donde  ritraggono 
il  proprio  sostentamento. 

La  costante  tradizione  ed  alcuni  ruderi  di  antichj^em- 
pietti  fanno  supporre  che  in  questo  villaggio  siensi  rifug- 
giati  alcuni  popoli  della  Grecia. 

Serie  dei  Cappellani  e  dei  cooperatori  di  Puntebianche. 

Nicolò  Uglessich           cappellano  nel  1718 

Antonio  Mircovich                „  „  1810 

Antonio  Zorich                     ,^  ,,  1840 

Marco  Mircovich                  „  „  1842 

Pietro  Viducich                    „  „  1853 

Marco  Mircovich  cooper.     „  „  1863 

La  Lanterna. 

A  poca  distanza  dal  villaggio  di  Pun'ehianche  esiste  un 
casale,  detto  la  Lanterna^  con  cappella  dedicata  a  s.  Nicolò, 
eretta    dall'i,  r.  Governo    marittimo    di  Trieste,  e   benedetta 


—  64  — 

nel  1875.  È  appellalo  Lanterna,  dappoiché  una  torre  s'  in- 
nalza in  quel  silo,  la  cui  sommila  è  illuminata  da  un  fuoco 
bianco,  che  serve  di  segnale  ai  naviganti  alla  distanza  di 
17  miglia  marine.  Venne  edificala  nel  1848  assieme  alle 
contigue  abitazioni  del  suo  custode  a  spese  del  suddetto  Go- 
verno. Questo    casale  è  soggetto  al  curato  di    Puntebianche. 

Verona. 

Sulla  stessa  Isola  grossa,  un  miglio  e  mezzo  dislante 
da  Puntebianche  per  mare,  è  situato  il  piccolo  villaggio  di 
Verona,  dove  l'arcivescovo  di  Zara  ha  una  porzione  delia 
sua  mensa.  Pochi  sono  i  suoi  abitanti,  per  la  maggior  parte 
agricoltori.  VMia  una  cbiesuola  intitolata  alla  B.  V.  del  Car- 
mine, di  cui  s'ignora  l'origine.  Ha  un^altarc  ed  il  campanile 
alla  romana,  con  due  campano.  Il  curato  è  il  cooperatore  di 
Puntebianche.  Nel  1718  Marco  Mircovich  n'era  il  cappellano. 

Soline. 

Altro  villaggio  delT Isola  grossa  è  Soline  posto  alla  fine 
del  Porto  lungo.  Ha  il  nome  dalle  molle  saline,  che  v'e- 
rano una  volta,  e  che  sono  in  parecchie  scritture  antiche 
ricordate.  Di  questa  villa  havvi  memoria  in  documento  del 
1114.  Era  per  F addietro  cappellania,  ora  è  cooperatura  e- 
sposta,  soggetta  alla  parochia  di  Bozava,  con  una  chiesa, 
fabbricata  a  volto  reale  nel  1547,  e  dedicata  all'apostolo  s. 
Giacomo,  Dicesi  sia  stata  in  origine  una  cappella  privata 
della  famiglia  dei  Co.  Begna,  ci  in  seguito  ingrandita,  sia 
stata  rilasciata  ad  uso  del  villaggio.  E  lunga  m.  10,  larga 
4,  ed  è  rivolta  colla  fronte  a  maistro.  Ha  tre  altari;  il  mag- 
giore dedicato  in  onor  del  titolare  e  patrono  s.  Giacomo,  e 
dei  due  laterali  l'uno  è  intitolato  alla  Croce,  e  T altro  alla  B. 
V.  del  Rosario,  E  stata  consacrata;  T  epoca  non  consta.  Fu 
ristaurata  nel  1845  a  spese  del  fondo  ecclesiastico.  Il  cam- 
panile è  foggiato  alla  romana,  ed  ha  due  campane,  acqui- 
state dalla  fabbriceria  con  sovvegno  dal  fondo  suddetto,  a 
spese  del  quale  fu  parimenti  eretta  di  pianta  nel  1856  la 
canonica.  Il  villaggio  ha  263  anime;  ha  pure  una  confrater- 
nita laica  sotto  il  patrocinio  dì  s.  Giacomo,  con  19  aggregati, 
i  quali  mantengono  l'altare  colle  proprie  rendite  di  vino,  e 
con  elemosine.  Fino  al  1685  questa  chiesa  era  affigliata  a 
quella  di  Bozava,  che  n'era  la  matrice. 


—  65  — 

Le  rovine^dj  antichLedifizii  e  la  tradizione  sussistente 
presso  questi  villici  fanno  credere  che  alcuni  emigrati  dalla 
Grecia  abbiano  una  volta  popolato  queste  terre. 

Serie  dei  cappellani  e  dei  cooperatori  di  Soline. 


Domenico  Bujacich, 

cappellano 

nel 

1678 

Francesco  BeJlich 

» 

^? 

1760 

Antonio  Abelich 

n 

?? 

1-772 

Giovanni  Pessussich 

?» 

?? 

1814 

Giovanni  Skìftìch 

9) 

V 

1821 

Pietro  Viducich 

?5 

V 

1842 

Antonio  Zoricli 

» 

y 

1848 

Marco  Mircovich 

?^ 

fy 

1864 

Marco  Bozaich 

9} 

?5 

1875 

Francesco  Ziz  dei  MM. 

,  00.  „ 

?^ 

1876 

Antonio  Viducich 

cooperatore 

nel 

1878 

Boiava. 

La  villa  di  Boèava  è  situala  dalla  parte  orientale  della 
suddetta  Isola  grossa  in  una  valle^  che  porta  il  nome  del- 
l'istessa  villa.  E  parochia  d'istituzione  assai  antica.  Si  hanno 
memorie,  che  le  vicine  cooperature  di  Soline  e  Puntebianche 
le  erano  affigliale  da  tempi  assai  antichi,  e  che  i  sacerdoti 
e  tult' i  fedeli  di  esse  dovevano  intervenire  alle  parochiali 
funzioni  di  Bozava,  alT infuori  d'un  sacerdote  dei  più  an- 
ziani, che  era  in  ohbligo  di  celebrare  od  a  Soline  od  a 
Puntebianche  per  riguardo  ai  fanciulli,  ai  vecchi  ed  ai  pa- 
stori. Nel  16S5  weiìne  dismembrata  sotto  il  suo  paroco  Do- 
nalo Sarunich. 

La  chiesa  parochiale  di  Bozava  è  intitolata  a  s.  Nicolò 
v,  ed  è  assai  antica.  S'ignora  l'epoca  di  sua  fondazione, 
ma  giusta  la  tradizione  dovrebbe  risalire  .aLnono  secolo.  E 
menzionata  in  scrittura  del  1393.  Fu  ristaurata  dai  villici 
nel  1496.  Dagli  atti  di  sacra  visita  del  1670  consta  essere 
stala  consacrata,  abbenchè  non  si  celebri  la  commemorazione 
della  sua  dedicazione.  La  sua  dimensione  è  di  m.  16  per  6 
E  fornita  allnalmentc  di  tre  altari,  duo  di  marmo  ed  uno  di 
legno.  Il  maggiore  è  dedicato  al  titolare  s.  Nicolò  uno  dei 
laterali  ai  Dottori  ss.  Agostino  ed  Ambrogio,  T  altro  alla  B. 
V.  del  Bosario.  Il  suo  campanile  s'innalza  con  due  campane 

5 


—  66  — 

sul  suo  frontispizio,  eh' è  rivolto  ad  occidente.  Aveva  questa 
chiesa  due  confraternite,  Tuna  del  Ss.  Sacramento^  col  suo 
regolare  statuto,  con  60  confrati,  e  con  rendite  di  vino  e 
di  elemosine;  l'altra  di  s.  Nicolò  con  30  aggregati  e  ren- 
dite di  simil  genere  della  prima.  Nel  1670  era  fornita  di 
quattro  altari  oltre  il  maggiore,  cioè  l'aitar  di  s.  Carlo  di 
pietra,  fondato  intorno  al  1620  dal  suo  paroco  Giovanni  Ar- 
banassovich;  l'aitar  delia  ss.  Annunziata,  anche  di  pietra; 
l'aitar  della  B.  V.  del  Rosario,  e  quello  di  s.  Antonio  Ab- 
bate. Non  furono  conservati  di  tutti  questi  che  il  maggiore 
e  quello  del  Rosario. 

Ha  questa  chiesa  il  suo  regolare  cimitero  ed  il  suo 
campanile  alla  romana  con  due  campane. 

Oltre  la  prefata  chiesa  ve  n'era  un'altra  sotto  il  tìtolo 
dello  Spirito  Santo^  con  altare  di  pietra,  e  confraternità 
d'egual  titolo,  la  quale  coi  suoi  redditi  provvedeva  al  man- 
tenimento della  chiesa  e  dell'altare. 

Nel  1674  ve  n'esisteva  un'altra  ancora  in  onor  della 
Ss.  Tinnita.^  delta  volgarmente  s.  Domenica^  la  quale,  oltre 
r  aitar  maggiore  titolare,  ne  aveva  due  altri,  uno  dei  quali 
intitolato  alla  s.  Croce,  e  l'altro  a  s.  Bartolomeo,  quest'ul- 
timo eretto  intorno  al  1681.  Questa  chiesa  sussiste  anche 
di  presente. 

Un'altra  piccola  chiesa  è  menzionata  in  scrittura  del 
1674,  che  dai  villici  fu  eretta  sull'apice  di  un  monte,  detto 
Dumbovizza,  in  onor  della  Natività  di  M.  V.  con  unico 
altare.  Quest'elegante  edicola,  fabbricata  ab  antico,  è  ar- 
ricchita d'Indulgenza  plenaria,  concessa  da  Pio  VJI  nelle  tre 
principali  feste  della  Vergine. 

Il  paroco  aveva  la  sua  canonica  ancor  nel  1640  fab- 
bricala a  spese  del  paroco  Arbanassovich,  e  dotata  anche 
d'un  terreno,  con  obbligo  d'una  messa  settimanale  in  suf- 
fragio del  fondatore.  Fu  questa  riedificata  da  circa  40  anni 
a  carico  del  fondo  ecclesiastico. 

In  antico  il  paroco  di  Bozava,  era  anche  vicario  fo- 
raneo, ora  dipende  dal  Decano  di  Sale.  Ha  sotto  di  sé  le 
cooperature  esposte  di  Puntebianche,  e  di  Soline,  e  la  cap- 
pellania  esposta  di  Dragove. 

Ha  questa  parochia  al  presente  297  anime. 


—  67  -> 

Serie  dei  parochi  di  Botava- 

Jursa  Seracenicli  paroco     nel     1393 

Lorenzo  Crizich  „  „       1583 

Giovanni  Arbanassovich  „  „      1606 

Girolamo  Pessussich  paroco  e  vie.  for.    1651 

Matteo  Galussich  paroco     nel     1674 

Donato  Sarunich  „  „      Ì681 

Donalo  Bacioka  „  „      1706 

Giorj^io  Viducich  da  Dragove  ,,  ,^      1718 

3Iarco  Marcevich  ,,  ,,      1720 

Giovanni  Stocco  „  „      1737 

Giovanni  Uglessich  ,,  „      1742 

Antonio  Boljetich  da  Selve    „  „      1760 

Simeone  Balcovich  „  „       1771 

Gio.  Maria  Giadrossich  „  „       1815 

Simeone  Uglessich  „  ,,      1821 

Simeone  Paretich  „  ,,      1863 

Biagio  Zvitlanovich  ,,  „       1869 

Stefano  Banov  „  „      1870 

Antonio  Callinich  „  „      1874 

Marco  Bozajich  „  „       1875 

In    scrittura    del    1393    è    nominato    certo    Cusma    da 

Bozava,  che  ricevette  da  Nicolò  drappario  di  Zara  due  buoi 

per  lire  45.  ed  un  giumento  per  l.   14,  da  pagarsi  dopo  tre 

anni.  In  altra  scrittura  del  1381    è  menzione  di  un  lai  Ra- 

dovano  Mihoviiich  ;  in  altra  del    1401   di  Stojano  Bratinich; 

del   1438  di  Gregorio^flexvatini  ;  del   1440  di  Vitolo^amia- 

nich;  e  del   1477  di  Charichievich,  tutti  da  Bozava, 

Evvi  tradizione  fra  i  villici,  che  durante  le  incursioni 
degli  ottomani  gli  abitanti  di  Tjni  si  fossero  trasportali  a 
Bozava.  La  famiglia  Jurjevic  che  tuttavia  esiste  sarebbe  da  Tinj. 

Zvirinac 

In  faccia  a  Bozava,  dalla  parte  occidentale,  a  poca  di- 
stanza è  r  isola  di  Zvirinac^  della  circonferenza  di  7  mi- 
glia. Dai  ruderi  di  due  chiese  antiche  una  delle  quali  era 
dedicata  a  s.  Domenico,  e  dagli  avanzi  di  alcune  case 
distrutte  ritiensi  sia  stata  quest'isola  nei  tempi  andati  abitata. 
Si  trova  di  essa  memoria  in  scrittura  del  1690,  Rimase  pò- 


—  68  — 

scia  affatto  deserta,  Gnché  dal  governo  veneto  fu  nel  passato 
secolo  concessa  in  dono  alla  famiglia  zaratina  dei  Conli 
Fanfogna,  per  cura  della  quale  venne  da  principio  popolala 
con  sette  famiglie  forastiere,  le  quali  vi  piantarono  le  proprie 
abitazioni,  ne  svegrarono  il  terreno,  e  lo  ridusero  a  coltura. 
I  Fanfogna  vi  edificarono  un  bel  palazzino  ed  una  chiesa, 
che  dedicarono  a  s.  Ignazio  di  Lojola.  L'arciprete  del  nostro 
capitolo  Simeone  Fanfogna  ottenne  dal  Sommo  Pontefice  Pio 
VI  un  Breve  di  data  22  agosto  1794,  col  quale  fu  accor- 
data Indulgenza  plenaria  perpetua  all'aliar  privilegialo  in  tre 
giorni  d'ogni  setlimana,  ed  altre  indulgenze  parziali  peglì 
altari  di  s.  Ignazio  e  di  s.  Francesco  Saverio.  Gli  abitanti 
crebbero  in  seguito  ed  ora  sono  più  che  cento,  e  dipendono 
dal  paroco  di  Bozava. 

Dragove. 

Al  sud  di  Bozava  nella  medesima  hola  grossa  trovasi 
la  villa  di  Dragove  che  in  antiche  scritture  viene  denominata 
Tersane.  Di  essa  è  menzione  in  documento  del  1432.  Anche 
questa  era  una  volta  parochia  ed  ora  è  cappellania  esposta 
dipendente  da  Bozava,  con  236  anime.  La  sua  chiesa  é  de- 
dicata a  s.  Leonardo  C.  con  unico  altare  d'egual  titolo,  e 
simile  confraternita.  Fu  edificata  sulla  sommità  d' un  monte, 
e  fu  anche  consacrata,  come  risulla  dagli  alti  delle  sacre  vi- 
site pastorali.  Ha  il  campanile  sulla  cima  del  frontispizio  con 
una  campana.  Ha  inoltre  questo  villaggio  una  cappella  alla 
quale  è  annessa  una  confraternita  sotto  l'invocazione  del  Ss. 
Rosario  con  28  confrati,  e  rendile  di  elemosine.  Possiede 
un  bel  bosco  della  circonferenza  di  5  miglia.  Verso  le  sponde 
del  mare  veggonsì  gli  avanzi  di  fabbriche  antiche.  Si  hanno 
memorie  che  Giovanni  Salomoni,  cittadino  di  Zara  acqui- 
stasse nel  1480  tulle  le  terre  di  Dragove  per  100  ducati 
d'oro,  e  che  Domenico  dell' istesso  casato  concedesse  nel 
1688  ai  villici  una  muracca  con  orto,  affinchè  vi  fabbricassero 
la  canonica  parocbiale. 

Aveva  Dragove  184  anime  nella  metà  del  secolo  passato 

Serie  dei  parochi  e  dei  cappellani  di  Dragove. 

Antonio  Milissich  paroco     nel     1715 

Antonio  Chuz  „  „      1717 


—  69  — 

Marco  Marcevicli  paroco  nel  1718 

Antonio  Viducich  „  „  1742 

Martino  Vucoevich  cappellano  nel  1760 

Nicolò  Bozaich  da  Dragove    „  „  1772 

Antonio  Viducich  paroco  nel  1815 

Giovanni  Fisulich  „  „  1830 

Stefano  Banov  cappellano  nei  1872 

Antonio  Uglessich  „  „  1873 

Birbigno. 

Anche  la  villa  di  Birbigno  è  situata  nelf  Isola  grossa, 
al  sud  di  Dragove.  In  documenti  del  1195  e  1196  è  ap- 
pellala Birhinium  e  Berhinia\  dagli  Slavi  Berhinj.  Appar- 
teneva in  antico  alPahazia  di  s.  Grisogono  di  Zara^  4el  che 
se  ne  ha  memoria  in  scritture  del  1195,1196  e  1391.  Passò 
indi  nel  1729  a  formar  parte  della  dotazione  del  Seminario 
Illirico  Diocesano  Zmajevich,  e  dal  1821  è  uno  degli  enti 
che  costituiscono  la  Fondazione  Diocesana. 

*  Della  sua  antichissima  chiesa  parochiale,  dedicata  ai  Ss. 
Mm.  Cosmo  e  Damiano  si  ha  notizia  nella  Bolla  del  Sommo 
Pontefice  Celestino  III  dell'anno  1195,  con  cui  venne  con- 
fermata ai  Monaci  henedettini  di  s.  Grisogono  di  Zara  la 
proprietà  dei  heni  e  della  chiesa  suddetta  in  Birbigno .  Et 
ecclesiam  s.  Damiani  Berhiniae  cum  periinentiis  suis,  E 
questa  chiesa  situata  nella  parte  boreale  del  villaggio  ;  è 
lunga  m.  19,  larga  7.  E  fornita  di  cinque  altari,  tutti  di 
marmo  rosso  di  Verona;  il  maggiore  de' quali  è  dedicato 
ai  santi  titolari,  gli  altri  alla  B.  V.  Maria,  a  s.  Rocco,  allo 
Spirito  Santo  ed  a  s.  Simeone  Profeta,  le  cui  pale  non  hanno 
pregio  artistico.  La  chiesa  fu  consacrala,  come  consta  dagli 
atti  delle  sacre  visite.  L'aitar  maggiore  è  stato  consacrato 
il  dì  6  giugno  1674  dall'  arcivescovo  Parzago.  II  campanile 
di  forma  romana  è  posto  sulla  sommità  del  frontone,  a  guisa 
delle  altre  chiese  della  diocesi,  ed  ha  2  campane. 

Tre  erano  in  antico  le  confraternite  di  questa  chiesa. 
La  prima,  intitolata  al  Ss,  Sacramento^  era  addetta  all'aitar 
maggiore,  ove  era  il  tabernacolo.  La  seconda  dedicata  allo 
Spirito  Santo  aveva  l'incarico  di  mantener  in  ordine  l'aitar 
litolare;  e  così  pure  la  terza  ch'era  sotto  il  patrocinio  della 
B.   F.  Assunta, 


•     _   70  — 

Al  principio  di  questo  secolo  ve  n'  esistevano  soltanto 
due,  quella  del  Ss.  Sacramento  che  fu  bene  conservala,  ed 
un'allra  col  titolo  della  B.  V.  Immacolata.  La  prima  era 
composta  di  30  confratelli,  i  quali  facevano  fronte  alle  spese 
inerenti  con  rendite  di  campagna  e  con  elemosine  in  natura 
e  in  danaro:  la  seconda  aveva  pure  30  confratelli,  i  quali 
la  sostenevano  coi  redditi  dei  terreni  propri,  con  questue, 
ed  elemosine. 

La  casa  canonica,  eh'  è  distante  dalla  chiesa,  fu  eretta 
nel  1839  a  spese  del  fondo  ecclesiastico,  sopra  le  rovine  di 
un  edifizio,  che  apparteneva  all'antichissimo  sodalizio  della 
s.  Croce^  il  quale  più  non  sussiste. 

Fra  i  sacri  arredi  la  chiesa  di  Birbigno  possiede  un 
calice  antico  d'argento  con  piedestallo  di  lavoro  bizantino. 

Oltre  la  menzionata  chiesa  esiste  in  questo  villaggio 
una  cappella  con  altare  intitolato  a  s.  Biagio,  e  con  cam- 
panile al  di  sopra  della  fronte.  Dicesi  appartenesse  in  antico 
tempo  alla  famiglia  de  Soppe. 

È  antica  tradizione  presso  i  vìllici  di  Birbigno,  che  il 
villaggio  fosse  stato  un  tempo  abitato  da  gente  di  origine 
ellenica.  Si  racconta  dai  Birbignesi,  che  al  tempo  delf  inva- 
sione de'  Turchi  i  villici  di  Polaca  si  fossero  ricoverati  in 
questo  villaggio. 

Sovra  un  luogo  eminente  esistono  gli  avanzi  di  un  ca- 
stello circondato  da  edifizii  diroccati.  Da  esso  prese  il  nome 
la  famiglia  Castellanich,  che  n'  era  proprietaria,  e  che  fino 
a  quest'ultimi  anni  sussisteva  ancora  in  Zara. 

Una  scrittura  del  1196  ricorda  le  saline  di  Birbigno  e 
la  bella  sua  valle  olivata,  posta,  fra  i  due  porti,  denominati 
Lucina  e  Jasine,  che  sì  prestano  assai  bene  all'  ancoraggio. 

Serie  dei  parochi  di  Birbigno. 

Simeone  Abelich 
Giorgio  Pomaglich 
Giorgio  Spagnol 
Simeone  Rancich 
Antonio  Galcinich 
Matteo  Brunaz 
Antonio  Rancich 
Antonio  Brunaz 
Pietro  Viducich 


•oco 

nel 

1583 

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1606 

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1655 

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1670 

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1737 

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1771 

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1815 

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1830 

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n 

1864 

—  71  — 

Simeone  Sullovich  paroco     nel     1865 

Simeone  Barani  „  ,,      1869 

Birbigno  è  stala  sempre  parochia  ;  come  Io  è  anche  at- 
tualmente con  241  anime.  Nel  1754  ne  aveva  234.  È  sog- 
getta al  Decanato  di  Sale. 

Sauro  (Savar). 

A  sud  di  Birbigno  trovasi  alla  distanza  di  '^j^  dì  mrglro 
la  parochia  di  Sauro,  dagl' illirici /?a?;ar,  con  186  anime,  con 
la  chiesa  parochiale  della  B.  V.  del  Carmelo.  La  sua  chiesa 
parochiale  nei  prischi  tempi  era  s.  Pellegrino  in  una  isoletta, 
prossima  alla  villa,  con  aliar  del  patrono  e  tabernacolo  del 
Ss.  Sacramento;  la  qual  chiesa  menzionata  in  scrittura  del 
1393,  ancora  sussiste,  ed  ha  altri  due  altari,  funo  dedicato 
alla  Ss.  Annunziala,  e  T  altro  dapprima  intitolato  alla  Trasfi- 
gurazione del  Signore  poscia  al  Padre  eterno,  e  finalmente 
nel  1681  allo  Spirito  Santo.  Nella  visita  canonica  dell'ar- 
civescovo Parzago  del  1670,  a  causa  della  distanza  della 
chiesa  dagli  abitati  venne  ordinato  di  celebrare  gli  uffici 
divini  nella  chiesa  della  B.  V.  del  Carmine^  come  quella 
che  trovasi  in  centro  del  villaggio,  e  così  questa  diventò 
la  parochiale,  riservato  il  cimitero  di  s.  Pellegrino.  Questa 
ha  41-  stria'  altare  ddla  patrona.  Fu  dessa  edificata  dalla  fa- 
miglia zaratina  Franceschi.  Sauro  fu  sempre  ed  è  anche  ora 
parochia  dipendenle  dal  decanaio  di  Sale,  ed  ha  192  anime. 
Ne  aveva  186  nel  1754. 

Tre  confraternite  esistevano  nella  parochia,  cioè  una  sotto 
il  titolo  del  Ss.  Sacramento  con  poche  rendite,  un'altra 
dello  Spirito  Santo  con  30  confratelli  e  rendite  di  vigne 
ed  olivari,  una  terza  della  Ss,  Annunziata^  addetta  al  suo 
altare,  ed  un'  altra  per  ultimo  intitolata  alla  B.  V.  del  Carmine. 

(Una  casa  per  abitazione  del  paroco  venne  lasciata  senza 
obblighi  di  sorta  dal  paroco  Simeone  Vladich. 

Un  monastero  di  Eremiti  di  s.  Antonio  Abbate  coli' an- 
nessa chiesa  di  s.  Andrea  ap.  trovavasi  in  questo  villaggio  fino 
all'anno  1504,  in  cui  fu  abbandonato. 

L'ulivo  vi  prospera  assai  bene  in  questa  località,  ed 
anche  la  vite.  Una  cava  di  pietra  v'esiste  la  quale  era  una 
volta  molto  ricercala,  ed  ora  è  lasciata  in  abbandono. 


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—  72  — 


Serie  dei  parochi  di  Sauro. 


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Luca  Bissici! 
Simeone  Yladich 
Giovanni  Fallovich 
Matteo  Vladich 
Luca  Gelinicli 
Simeone  Odvitovich 
Antonio  Skifficli 
Giovanni  Sarunich 
Martino  Skifficli 
Marco  Rode  del  III  ord. 
Simeone  Barant-  ^  \ 
Marco  Bozaic  ^/ 


paroco 

nel 

1583 

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1878 

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1879 

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Luka. 


Luka^  denominata  Valle  di  s.  Stefano  in  antiche  scrit- 
ture, è  posta  in  una  valle  dell'Isola  grossa  con  un  magnifico 
porlo,  atto  al  grande  ancoraggio.  Fu  parocliia  nei  tempi 
andati,  ora  è  cappellania  esposla,  dipendente  dalla  parocliia 
decanale  di  Sale,  con  195  abitanti,  soli  23  di  più  di  quelli 
che  aveva  nel  1750.  La  sua  chiesa  fabbricala  dai  parochiani, 
è  intitolata  ali'  Invenziome  di  s.  Stefano  Protomartire.,  da  cui 
prese  il  nome  la  villa  e  la  valle.  Ha  cinque  altari,  tutti  di 
pietra  ;  il  maggiore,  dedicato  al  santo  patrono,  ha  il  taberna- 
colo del  Ss.  Sacramento;  T  aitar  laterale  di  s.  Matteo  ev. 
uno  sotto  il  titolo  dello  Spirito  Santo,  un' altro  delia  Conce- 
zione Immacolata  di  M.  V.  e  1'  ultimo  di  s.  Rocco.  Ciascuno 
dei  detti  altari  aveva  annessa  una  confraternita  col  nome 
del  titolare;  il  maggiore  aveva  la  confraternita  del  Ss  Sa- 
cramentò con  65  confratelli,  e  con  rendite  di  vino,  olio  ed 
elemosine.  Quello  della  B.  V.  aveva  un  legato  di  messe, 
lasciale  da  Pietro  Nigrichievich. 

Fu  questa  villa,  visitala  dai  Turchi  verso  la  metà  del 
secolo  decimosettimo,  che  la  desolarono,  e  ne  spogliarono 
la  chiesa  de'  suoi  sacri  arredi. 

Nel  1642  venne  popolala  da  alcune  famiglie  del  no- 
socomio di  Zara. 

Luka  fu  patria  dell'  arciprete  di  Zara  Simeone  Perco- 
vich,  menzionato  in  documento  del  1459. 


paroco 

nel 

1583 

5? 

9? 

1587 

« 

?.i 

1626 

0         » 

95 

1681 

» 

57 

1702 

5^; 

?7 

i718 

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77 

1737 

?7 

95 

1771 

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:?7 

1815 

V 

95 

1821 

?5 

57 

1830 

cappellano 

nel 

^1 

1875 

1878 

73 


Serie  dei  parochi  e  dei  cappellani  di  Luka. 

Paolo  Cibich 

Paolo  Radinich 

Nicolò  Fallovich 

Gregorio  Zolman  da  Eso 

Michele  Raspovich 

Nicolò  Kuncich 

Giovanni  Civella 

Antonio  Bachiza 

Marco  Marcina 

Michele  Buhicin 

Simeone  Zelcov 

Giovanni  Nimcevic 

Giuseppe  Lovrovich 
Parecchi  sacerdoti  sortirono  i  natali  In  questo  villaggio^ 
tra  i    quali  sono    Luca    Zvitcovich,    di  cui    trovasi    memoria 
nel  1739,  Lorenzo  Zuvich,  nel  1745,  Matteo  Garhin  nel  1748; 
Matteo  Barbich,  Lorenzo  Marìn,  e  Luca  Zuvin  nel  1772. 

Bava. 

A  maislro  del  porlo  di  Luka  trovasi  in  poca  distanza 
risola  di  Eava^  appellala  nelle  antiche  scrillure  sempre  con 
tal  nome.  Ha  una  circonferenza  di  8  miglia.  11  villaggio  o- 
monino  è  diviso  in  due  sezioni,  T  una  puasJLajJbi»ape  nel  mezzo 
delFisdla,  e  denominata  Rava  grande,  T  altra  verso  la  punla 
di  maislro,  e  dicesi  Rava  piccola.  Era  parochia,  ed  una  delle 
più  antiche  della  diocesi,  trovandosi  memòria  di  lei,  come 
tale,  \w  scrittura  del  1391.  È  menzionala  col  titolo  di  cap~ 
pellania  dipendente  da  LuL  ^  in  documento  del  1626.  Fu 
anche  parochia  decanale  nel  1840,  ma  per  poco  tempo  cioè 
fino  al  1851,  nel  qual  anno  fu  dichiarala  cappellania  esposta, 
soggetta  alla  parochia  decanale  di  Sale,  e  taf  è  pure  al  pre- 
sente con  anime  245,  mentre  nel  1754  ne  contava  132.  La 
sua  chiesa  cappellaniale,  è  posta  in  luogo  eminente,  ed  è 
dedicata  alia  B.  V.  Assunta.  E  ricordata  in  scriltura  del  1391. 
Fu  visitata  nel  1625  dall'arcivescovo  Garzadori.  Sdruscita 
dal  tempo,  fu  da  poco  rislaurata,  innalzata,  selciata,  e  sof- 
fittala, ed  inollre  provveduta  di  cantoria  soprala  porla  mag- 
giore. Ha  una  dimensione  di  m.  10.  QQ  per  5.  Ha  tre  altari 


Cu 


—  74   —  ^^AJ^:^ 

dì  pietra  con  due  colonne  e  mensa  di  marmo.  Il  maggiore 
e  dedicalo  alla  titolare,  la  cui  tavola  è  assai  antica.  Uno 
dei  laterali  ha  la  Vergine  col  divin  figliolo,  s.  Giacomo  e 
s.  Anna;  l'altro  ha  S.Anastasia,  s.  Simeone  P.  s.  Rocco  e 
s.  Sebastiano.  Aveva  nel  1626  l'aitar  della  Ss.  Annunziata 
"^i  patronato  della  famiglia  de  Dominis. 
^  Oltre  alla  prefata  chiesa  ha  questa  villa  una  cappella 
intitolata  a  s.  Pietro  ap.  con  altare  del  medesimo  nome; 
fabbricata  a  volto  reale,  viene  ufficiala  nella  festività  del  li- 
tolare. 

Due  confraternite  eranvi  nel  1808,  la  prima  sotto  il 
patrocinio  della  B.  V.  Assunla  con  12  confrali,  la  seconda 
sotto  r  invocazione  di  s.  Rocco  con  25  aggregali.  Al  pre- 
sente invece  v'è  quella  del  Ss.  Sacramento  con  pochi  con- 
fratelli. 

La  casa  canonica  venne  eretta  nel  1866  a  spese  del 
fondo  ecclesiastico,  ed  è  una  delle  più  comode  delle  diocesi. 

Serie  dei  parochi,  dei  decani  e  dei  cappellani  di  Rava. 


paroco  di  Rava 
cappellano 


paroco 


nel 
nel 

?? 
n 

nel 

99 


Pre  Cvilko 
Nicolò  Mezzin 
Pietro  Marellich 
Matteo  Strika 
Giovanni  Satalich 
Luca  Gelinich 
Luca  Lelinich 
Nicolò  Fisulich 
Giovanni  Satalich 

Simeone  Mihovillov  paroco  decano  „ 
Giovanni  Marinovich     cappellano     nel 
Fausto  Smoljanji} 
Girolamo  Maroévic 
Marco  Rode 
Antonio  Grasso 
Simeone  Sorich 
Gregorio  Locika 
Natale  Pelessic 
Pietro  Silvestric 
Antonio  Paulovich 
In    scritture    del    1692  e  1766    sono    menzionati  i  sa- 
cerdoti Giorgio  e  Girolamo  Dominis  da  Rava,  dei  quali  havvi 


n 

99 

99 


1) 

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» 

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1391 
1587 
1626 
1662 
1718 
1742 
1760 
1771 
1815 
1830 
1864 
1865 
1866 
1867 
1872 
1873 
1875 
1876 
1877 
1878 


^fi^^ 


—  75  — 

nella  parochiale  il  sepolcro  con  relativa  iscrizione.  Trovasi 
pur  memoria  del  sacerdote  Giovanni  Bobich  da  Rava  in  scrit- 
tura del  1772. 

2man. 

Anche  Zman  è  un  villaggio  dell'Isola  grossa,  non  molto 
lontano  da  Luka,  con  313  abitanti,  lutti  dediti  alia  coltura 
delle  viti  e  degli  ulivi.  Dal  Ponte  è  appellata  Azmanum.  Se 
ne  fa  menzione  in  documento  del  1340.  Era  parochia  fino 
al  1851,  nel  qual  anno  venne  annoverata  tra  le  cappellanie 
esposte,  apparlenenli  alla  parochia  di  Sale.  La  sua  chiesa  è 
dedicata  alla  Decollazione  di  s.  Giovanni  Battista.  È  fabbricala 
8f^  volU)^4^(»k,  ti  a  tre  navate,  delle  quali  la  principale  è  se- 
parata delle  laterali  mediante  pilaslri/di  pietra.  Nel  1626x^  ^^^^ 
contava  sette  altari,  la  maggior  parte  di  pietra.  Il  maggiore  ^^Sg 
dedicato  al  santo  patrono  aveva  il  tabernacolo  col  Ss.  Sa- 
cramenlo.  I  laterali  erano  dello  Spirilo  Santo,  della  Immacolata 
Concezione  dì  M.  V.  della  B.  V.  del  Carmine,  della  s.  Croce, 
di  s.  Domenica,  e  di  s.  Rocco  coi  ssmm.  Fabiano  e  Sebastiano. 
Sull'apice  della  fronte  v'è  il  campanile  alla  romana  con  tre 
campane.  In  quell'epoca  stessa  aveva  cinque  confraternite; 
la  prima  delle  quali  sotto  il  titolo  del  Ss.  Sacramento^  ar- 
richita d'Indulgenze,  e  che  faceva  la  processione  ogni  prima 
domenica  del  mese;  la  seconda  dello  Spirito  Santo.^  arricchita 
pure  d'Indulgenze  perpetue;  la  terza  àé[\?(  Santa  Croce  \  tutte 
con  rendile  di  beni,  e  di  elemosine,  che  servivano  alla  ma- 
nutenzione dei  rispettivi  altari.  Ne  aveva  ancor  un'altra  negli 
ultimi  tempi,  sotto  il  titolo  di  s.  Domenica  con  50  confra- 
telli, mentre  quella  del  Ss.  Sacramento  ne  aveva  95.  La 
chiesa  fu  consacrata,  come  lo  confermano  gli  atti  di  sacra 
visita  deir arcivescovo  Parzigo  del  1674.  V'era  allora  anche 
la  casa  parochiale. 

Questa  parochia  aveva  295  anime,  ora  ne  conta    313. 

Serie  dei  parochi  e  dei  cappellani  di  2man. 

Matteo  Cugnacovich  paroco  nel  1622 

Gregorio  Raccar  „  ,y  1656 

Stefano  Fattovich  „  „  1658 

Nicolò  Fattovich  ,,  „  1681 

Francesco  Calcinich  „  ,;  1715 


))                        ?5 

1760 

)'                          Ì7 

1771 

5»                          ?? 

1815 

??                         ?? 

1840 

iminislra- 

1852-1879 

-^  76  — 

Grisogono  3IalluI  da  Sale  paroco     nel     1742 
Tommaso  Pausich 
Anlonio  Antonina 
Pietro  Zahrulich 
Matteo  Di  (lo  vidi 

Mnrlino  Millìn  col  titolo  di  amministra- 
tore   parocbiale,    decorato    delia     croce    d'oro    del 
merito  con  corona. 
Fra  i    sacerdoti    ch'ebbero  i    natali    in    questa    villa    si 
noverano  i  seguenti  Antonio  Segota  nei  1695,  Giovanni  Se- 
gota  nel  1717,  e  Donato  Vidov  nel  1737. 

Si  conserva  viva  presso  il  popolo  di  Zman  la  tradizione 
che  quando  i  Turchi  invasero  il  territorio  zaratino,  gli  abi- 
tanti di  Malpaga-Cerno  fuggili  dalie  mani  dei  barbari  si  l'ossero 
in  questo  villaggio  ricoverali  come  luogo  il  più  sicuro. 

Zaglava. 

V 

A  mezzogiorno  di  Zman  è  situata  nella  stessa  Isola 
grossa  la  villa  di  Zaglava^  località  aggregata  da'  tempi  ri- 
moti alla  pnrochia  di  Sale,  con  anime  120.  Questa  villa  è 
menzionata  in  scrilture  del  1429,  1458  e  1611.  Gli  alti 
delle  sacre  visite  pastorali  non  si  occupano  di  essa,  perchè 
la  chiesa    appartiene    alla  religiosa  famiglia  di  s.  Francesco. 

Esiste  infatti,  in  questa  villa  sino  dalla  prima  metà  del 
secolo  decimoquinlo  una  chiesa  dedicata  al  principe  della  mi- 
lizia celeste  .9.  M'^chele  Arcangelo^  ed  \\\\  Ospizio  di  Fran- 
cescani del  Terz' Ordine.  D'essi  ne  parla  T egregio  storico 
zaratino  Giuseppe  Cupilli-Ferrari  nel  I  volume  della  Storia 
dei  Frati  Minori  del  dotto  Francescano  P.  Denoto  Fabianich 
a  pag.  309.  Così  egli  si  esprime:  „ll  Nobile  Lombardino 
„de  Seppe  lasciato  aveva  dei  terreni  e  denaro  perchè  alcuni 
.^Eremiti  francescani  si  stabilissero  sull'isola  di  Sant'Eufemia, 
,. verso  l'adempimento  di  certi  pii  obblighi;  ma  col  tempo 
^trovarono  essi  di  non  poter  ai  medesimi  sottostare,  né  campar 
„convenientemente  la  vita.  Vennero  perciò  dalT  arcivescovo 
^Matteo  Valaresso  trasportati  a  Zaglavj,  dove  furono  prov- 
^, veduti  di  chiesa,  d'asilo,  e  di  più  comodi  mezzi  di  sus- 
5,sistenza  da  Gregorio  Merganich,  il  quale  poi  con  suo  te- 
„stamenlo  del  1460  fece  di  tutto  ad  essi  dono  definitivo; 
5,restando  in  possesso  dei  beni  Seppe  i  Frati  di  Galevaz,  che 
;9r  incarico  si  prendevano  di  soddisfare  agli  obblighi  annes- 


—  77  — 

„sivi...  Il  cliioslro  di  Zaglnva  fu  decorato  dtìlla  pietà  d'un 
,,?.  Marino  d'Arbe,  che  nel  1498  vi  inori  in  odore  di  san - 
,5lità,  e  dai  ineriti  del  P.  Giovanni  Sesseglia,  che  fatti  gli 
„studi  nei  conventi  di  Vellelri  e  di  Roma,  esercitò  frnttuo- 
„samenle  l' evanofelica  predicazione,  coprì  nel  1688  il  Fro- 
„vinciaIato  della  Dalmaza,  e  da  ultimo  si  ritirò  e  decesse  in 
„quella  solitudine^  cui  rimase  il  suo  quaresimale  illirico,  e 
^qualche  altro  scritto". 

L'  ospizio  di  Zaglava  è  ora  chiuso,  ed  i  beni  anuiiini- 
slrati  ne  sono  provvisoriamente  da  quello  di  Galevaz. 

In  antiche  scritture  troviamo  memoria  d'  un  P.  Matteo 
Sesseglia,  che  nel  1713  era  guardiano  dell' ospiz'O  suddetto 
di  Zaglava. 

Esiste  memoria  fra  i  villici  di  Zaglava,  che  durante  le 
turchesche    scorrerie  nel    territorio    di    Zara    gli    abitanti    di 
Gruhe  siensi  rifuggiati  in  questo  villaggio  per  porsi  al  sicu-    t— 
ro  e  liberarsi  dai    barbari,  che    dovunque    facevano    ?lragg^     Vy 
dei  cristiani. 

Baie  (Salì). 

Sale,  dagli  slavi  denominato  Salì^  è  quel  paese  che 
trovasi  nell'Isola  grossa  dopo  Zaglava.  Lontana  da  Zara  18 
miglia,  questa  borgata  è  posta  alle  sponde  del  mare,  quasi 
air  estremità  meridionale  dell'  isola,  a  cui  ne  prestò  anche  il 
nome  per  essere  stata  nei  tempi  andati  il  luogo  primario  ; 
onde  non  solo  la  si  trova  denominala  nelle  antiche  scritture 
col  titolo  d'  Isola  grande,  d' Isola  hmfja,^  ed  Isola  rjrossa 
ma  benanco  con  quello  di  Sale.  E  Sale  venne  assai  propria- 
mente appellata,  dappoiché  iì  sale  n'  era  una  volta  il  princi- 
pale prodotto,  per  cui  si  trovavano  saline  in  tutta  la  sua 
estensione  principiando  da  Punlebinnche,  e  terminando  con 
questa  borgata. 

Di  questa  borgata  è  cenno  in  diploma  del  Rè  Colomano  f 
del  1105,  con  cui  egli  la  donò  al  Monastero  di  s.  Maria  di  \ 
Zara  in  suffragio  dell'  anima  sua. 

La  sua  popolazione  la  quale  nel  1754  ascendeva  a  565 
anime,  e  che  ora  ne  conta  710,  è  divisa  in  due  sezioni,  la 
prima  delle  quali  formata  dagli  antichi  suoi  abitatori,  che 
hanno  dimora  nelT  interno  del  paese;  la  seconda  costituita 
da  più  famiglie  d'  origine  italiana,  che  hanno  le  loro  case  al 
porto,  donde    detti  Portoloti^  quali  sono  i    Petricioli,  i    Ria- 


—  78  — 

sioli,  i  Piasevoli,  i  Lorini.  gli  Armaninì  ecc,  lutti  cittadini 
di  Zara.  I  villici  coltivano  le  terre,  che  in  alcuni  luoghi  sono 
fertili  di  vino  e  d'olio;  hanno  molla  greggia  con  eccellenti 
pascoli,  per  cui  le  loro  cacinole  sono  rinomale  pello  squisito 
sapore.  Sono  anche  dediti  alla  pesca,  particolarmente  delle 
sardine,  la  quale  fu  regolata  nel  1524  da  Simeone  de  Ce- 
dolini,  patrizio  zaratino,  che  vi  ebbe  dal  Governo  veneto  la 
privativa  per  10  anni  coli' obbligo  di  contribuirne  alla  Comune 
di  Zara  200  bariglioni  all'anno.  Nel  1628  v'erano  nel  vil- 
laggio fino  a  60  reti  peschereccie. 

Sale  è  una  delle  più  antiche  parochie  della  diocesi  di 
Zara,  trovandosi  memoria  del  suo  paroco  in  scrillura  del 
1462.  Della  sua  chiesa  parochiale  è  fatta  menzione  in  do- 
cumento del  1635,  dal  quale  si  eruisce  essere  stala  allora 
intitolata  a  s.  Maria.  Quella  infatti,  che  oggidì  esiste,  porta 
il  nome  delf  Assunta,  ma  nel  suo  edifizio  si  riscontrano  due 
epoche  diverse;  quella  cioè  della  fabbrica  della  più  antica 
porzione,  eh'  è  l'  anteriore,  e  eh'  è  edificala  a  volto,  e  quella 
delia  più  recente,  eh'  è  la  posteriore,  con  cui  si  andò  a  for- 
mare una  croce.  Una  iscrizione  glagolitica  esistente  sopra  uno 
degl'  ingressi  laterali  ne  ricorda  l' ingrandimenlo,  efrellualo  nel 
1584,  in  causa  dell'  aumento  della  popolazione.  La  fondazione 
quindi  della  chiesa  primitiva  puossi,  senza  tema  di  errare, 
attribuire  almeno  al  decimoquinto  secolo.  Che  sia  stata  con- 
sacrala lo  dicono  gli  alti  di  sacra  visita  pastorale  del  1670. 
Di  belli  e  preziosi  marmi  è  fabbricato  1'  aitar  principale  col- 
l'elegante  suo  tabernacolo;  ma  ciò  che  attira  l'ammirazione 
è  la  parte  superiore,  antico  e  forbito  lavoro  di  legno  dorato 
d'  egregio  artista,  molto  però  sdruscito  dal  tempo.  Anche  la 
sua  pala  è  un  dipinto  antico  di  squisito  lavoro,  la  quale  rap- 
presenta la  Vergine  assunta  dagli  angeli  e  venerata  dai  santi 
Apostoli  Pietro  e  Paolo  e  Giovanni  e  dal  Dottor  Massimo 
s  Girolamo  in  grandezza  naUirale.  Nel  1670  v'  era  pure 
suir  altare  un'  effigie  della  Madonna,  tutta  coperta  d'  argento 
cesellato.  Cinque  altari  laterali  di  pietra  ne  adornano  presen- 
temente le  pareti,  tre  dei  quali  in  onor  della  beatissima  Ver- 
gine Maria,  il  che  dimostra  la  particolar  divozione  di  quei 
villici  alla  Madre  di  Dio,  sotto  il  titolo  dell'  Immacolato  suo 
concepimento,  del  Ss.  Rosario  e  del  Carmine;  il  quarto  de- 
dicato allo  Spirito  Santo,  ed  il  q  ùnto  a  s.  Carlo  Borromeo  ; 
le  cui  pale  non  hanno  pregio  artistico.  Altri  due  altari  esi- 
stevano nel  1626,  ed    erano  dedicati  a    tutt' i  santi,  e  a    s. 


—  79  — 

Antonio  Abbate,  ambidue  di  pietra.    V  è    il    campanile    alla 
romana  con  due  campane,  ed  il  regolare  cimitero. 

Otto  confraternite  laiche  sostenevano  le  spese  inerenti 
ai  premessi  altari:  e  queste  sono 

1.  La  confraternita  del  Ss,  Sacraìnenfo^  annessei  all'ai- 
tar maggiore,  istituita  prima  del  1620,  la  quale  aveva  al 
principio  di  questo  secolo  60  aggregati  ; 

2.  La  confraternita  dello  Spirito  Santo,  addetta  pure  al 
proprio  altare,  ed  anche  questa  anteriore  al   1636; 

3.  Quella  della  B.  V.  del  Rosario,^  la  cui  origine  risale 
al  1600,  e  che  nel  1808  aveva  90  confrati;  era  da  prima 
destinata  solamente  pel  sesso  femminile  ; 

4.  Quella  di  tuti  i  Santi,,  annessa  al  suo  aitar  titolare, 
e   di  antica  origine  ; 

5.  Quella  di  s,  Antonio  Abbate^  fondala  prima  del  1626, 
la  quale  aveva  il  suo  altare  omonimo  5 

6.  Quella  dell'  Immacolata  Concezione  di  M.  V.  con  40 
contrali,  e  con  redditi  di  beni  e  di  elemosine; 

7.  Quella  di  s.  Antonio  Abbate,,  di  cui  trovasi  memoria 
in  scrittura  del   1698; 

8.  Quella  della  B.  V.  del  Carmine,,  di  non  antica  istitu- 
zione. 

Di  queste  otto  confraternite,  oggidì  ne  sussistono  quat- 
tro, cioè  quelle  del  Ss.  Rosario,  dello  Spirito  Santo,  delf  Im- 
macolata e  del  Carmine. 

Di  più  risulta  dagli  scritti  della  parochia  che  nel  1640 
venne  fondato  un  sodalizio  sotto  il  patrocinio  di  s.  Carlo  e 
ch'ebbe  il  proprio  statuto,  di  16  capitoli  composto,  ed  ap- 
provato dagli  arcivescovi  Vittorio  Friuli  e  Vincenzo  Zmaje- 
vich.  Lo  scopo  del  medesimo  era  il  soccorso  reciproco 
spirituale  e  temporale  degli  aggregali.  Il  secondo  capitolo 
recava  una  pena  di  1.  5  a  chi  dei  confrati  avesse  in  qua- 
lunque modo  ingiuriato  con  parole  improprie  i  suoi  confra- 
telli. Fu  questa  pia  confraternita  nel  1808,  come  tutte  le 
altre,  soppressa. 

Oltre  la  parochiale,  due  cappelle  esistono  in  parochia 
vale  a  dire  la  cappella  di  s.  Nicolò  v.  e  quella  di  s.  Rocco. 

La  cappella  di  s.  Nicolò  venne  fondata  da  Quirino  de 
Quirini,  con  unico  aliare,  e  relativo  campanile.  La  si  trova 
ricordala  in  documento  del  1626,  ed  aveva  il  suo  proprio 
cappellano,  eh'  era  allora  certo  Simeone  Marincich,  mante- 
nuto dal  jus  patrono  di  casa  Quirini. 


—  80  — 

La  cappella  di  s  Rocco  è  menzionala  in  scrittura  del 
1644.  È  questa  forse  quella  piccola  chiesuola  che  nel  1855 
fu  ingrandita  dai  villici  sotto  il  titulo  della  B.  V.  della  neve, 
di  s.  Hocco  e  di  s.  Sebastiano.  Una  grazia  speciale  ottenuta 
coir  intercessione  di  codesti  santi  diede  occasione  al  suo  in- 
grandimento. Un  villico,  venuto  da  luogo  infetto  di  ClioUra 
morbus^  appena  arrivato,  vi  morì  dal  rio  malore.  I  suoi  con- 
villici., intimiditi,  esorlati  dal  paroco,  che  allora  era  il  rev. 
sacerdote  Giovanni  Cervarich,  cominciarono  a  far  pubbliche 
preghiere  nella  delta  cappella,  ed  anche  digiuni^  ond' esserne 
preservali.  Così  lo  fu  per  vero.  La  borgala  restò  illesa.  So- 
lenni grazie  resero  a  Dio,  alla  Vergine,  ed  ai  santi  litolari, 
per  la  grazia  ottenuta,  e  fecero  volo  di  festeggiare  in  per- 
petuo solennemente  ogni  anno  nella  medesima  chiesuola  s. 
Rocco,  s.  Sebastiano  e  la  3Iadonna  della  Neve,  e  d'ingran- 
dirne la  cappella.  Colle  elemosine,  tosto  raccolte,  giunsero 
in  breve  a  soddisfare  e  adempire  la  falla  promessa;  ingran- 
dirono, ristaurarono  ed  abbellirono  quel  tempietto  con  sup- 
pellettili nuove,  e  con  rinnovazione  de]  dipinto,  ch'era  lo- 
gorato dal  tempo.  A  questa  edicola  era  annessa  una  volta 
una  pia  confraternita  sotto  il  nome  del   litolare  s.  Rocco. 

In  documento  del  1481  è  falla  njcnzione  d' altra  chiesetta 
nella  borgalla  di  Sale,  e  questa  dedicata  a  s.  Marco. 

In  scrittura  del  1657  n' è  ricordala  u!i' altra  in  onore 
della  B.  V.  del  Carmine. 

Negli  ulti  di  visila  del  J670  dell'arcivescovo  Parzago 
v'ò  memoria  d'una  terza  cappella  in  onor  di  s.  Antonio  ab- 
bate. Nulla  si  sa  al  presente  di  queste  Ire  cappelle. 

Soggette  alla  parochia  di  Sale  sono  altre  due  chiesuole 
luna  della  Natività  di  M.  V.  neirisoletla  delta  Jadra,  l'altra 
della  Visitazione  di  s.  Elisabetta  nelf  Isola  Incoronala. 

Quest'ultima  isola,  che  gira  18  miglia,  prese  il  nome 
(ì'  Incoronata  da  una  serie  di  più  che  60  scoglielti,  che  le 
fanno  dinlorno  deliziosa  corona,  e  che  sono  abbondanti  di 
pascoli  eccellenti,  di  agnelli.,  capretti,  e  formaggi  squisiti,  anco 
nel  più  crudo  inverno. 

La  parochia  di  Sale  ha  la  prerogativa  di  essere  decanale. 
Comprende  le  parochie  di  Bozava.  Birbigno,  Sauro  ed  Eso 
maggiore.,  nonché  le  cappellanie  e.  ^)0sle  di  Zman.  Luka^  Bava, 
Eso  minore  e  Dragove,  oltre  le  cooperalure  esposte  di  Pon- 
lebianche  e  Soline.  Il  decanato  di  Sale  ha  in  complesso  4627 


-  81  ^ 

anime.  Il  paroco  fu  talvolta  anche   vicario  foraneo  nei  tempi 
andati,  ed  ebbe  un  cappellano. 

Serie  dei  parochi  di  Sale. 

Giorgio  Tochich  o  Tarchanich  paroco  nel  1463 

Simeone  Zoranìa  ,,  „  1481 

Martino  Murgassich  5^  ,,  1506 

Matteo  Battaglieli  „  „  1583 

Marino  Marassevich  „  „  1626 

Simeone  Milliii  „  „  1680 

Antonio  Juranich  ,,  ,,  1681 

Filippo  Ghersola  ,,  „  1693 

Antonio  Vodopia  ,^  „  1706 

Giovanni  Uglessich  „  5^  1737 

Giovanni  Stoco,    paroco  e  vicario  for.  1742 

Grisogono  Mattugl  paroco  nel  1760 

Pietro  Vodopia  ,,  5^  1771 

Giovanni  Bobich  „  „  1815 

Giovanni  Micliich  „  „  1821 

Matteo  Milutin  „  „  1830 

Matteo  Lonich  „  ,,  1840 

Giovanni  Cervarich  „  „  1863 

Angelo  Piasevoli  „  „  1873-1879 

Serie  dei  cappellani  di  Sale. 

Filippo  Garscovich        cappellano    -uel     1674 
Antonio  Sforzo  „  „      1711 

Grisogono  Mattugl  ,,  „      1737 

Gregorio  Sforzo  „  „      1742 

Pietro  Vodopia  „  „      1760 

Antonio  Ussalj  „  ^      1815 

Antonio  Rancich  „  ,,       1861 

Questa  località  è  rinomata  pei  suoi  porti,  i  quali  sono 
notissimi.,  assai  comodi  e  frequentati  dai  naviganti.  Il  princi- 
pale è  denominato  Tagliero ,  dagli  antichi  Tilagus^  molto 
acconcio  al  grande  e  piccolo  ancoraggio.  Di  esso  è  menzione 
in  scritture  del  1059,  1067,  1073  e  1075,  in  cui  è  parola 
di  un' isola  dello  stesso  nome  (Tilagi  insula^oggX^i  Telascizza) 
nella  quale  esisteva  a  quei  tempi  una  chiesa  dedicata  a  s. 
Giovanni  ed  un  convento  di  Monaci    benedettini,  soggetto  a 

6 


--  82  — 

questo  dì  s.  Grisogono  di  Zara  :  Cella  in  honorem  s.  Jo- 
hanis  fundata^  ac  j^osita  in  insula^  quae  dicitur  Tilagus^ 
quam  Grohina  ohtulit  Ecclesiae  s.  Chrysofjoni  Jadrae.  Le 
stesse  scritture  ricordano  una  valle,  denominala  Valle  di  s. 
Vittore  in  Telago  della  anche  Malora^  della  cui  pescagione 
era  proprietario  il  convento  di  s.  Grisogono. 

Nelle  tenute  di  Sale  il  Seminario  Diocesano  ha  alcuni 
terreni,  pascoli  e  boschi,  ed  una  mandra  di  animali  lanuti, 
il  tutto  proveniente  dalla  soppressa  Abbazia  di  s,  Grisogono. 

In  documenlo  del  1505  sono  menzionali  gli  scogli,  de- 
nominali Lahdara  e  Ahdara  grande  e  piccola,  appartenenti 
a  Sale.  Sonvi  nei  medesimi  ricchissime  cave  di  buona  pietra 
scilicea  da  costruzione.  Tutte  le  vie  di  Zara,  e  tulle  le  sue 
case  sono  fabbricale  con  pietre  di  queste  cave,  ciocché  reca 
grandi   vantaggi  ai  contadini. 

Eso.  (12). 

L'isola  qV EsG^  da  Plinio  Esv.m  appellala,  e  dagli  Slavi 
Izj  giace  nel  canale  di  mezzo,  tra  l'Isola  grossa  e  quella 
di  Pasman,  ed  è  lunga  7  miglia.  Ha  due  villaggi,  l'uno  grande, 
posto  a  ponente,  e  perciò  dello  Eso  ponentale^  l'altro,  pic- 
colo, situalo  a  scilocco,  per  cui  Eso  sciloccale  fu  denominato. 
La  qual  distinzione  deve  aver  avuto  principio  sull'alba  def 
secolo  decimosesto,  trovandolasi  appena  in  documento  del  1507 
e  non  prima. 

Eso  ponentale^  detto  dagli  slavi  Iz  veliki^  conta  1096 
abitanti,  dediti  alla  coltura  dei  campi,  alla  pesca.,  ed  alla  fab- 
bricazione di  stoviglie.  Nel  1754  non  aveva  che  397  anime. 
È  parochia  assai  antica  trovandosene  notizia  sin  dal  principio 
del  secolo  decimoquinlo.  Assai  antica  è  parimenti  la  sua  chiesa 
intitolala  a  s.  Pietro  ap.  essendo  menzionata  in  scritture  del 
1391  e  WOb  (^o\\\{o\o  ^\  Ecclesia  s.  Petri  de  Eso.  In  docu- 
mento del  1400  è  parola  d'un  cerio  Nicolò,  canonico  di 
Zara,  rettore  e  pievano  della  chiesa  di  s.  Pietro  d'Eso.  Oltre 
l'altare  maggiore,  col  tabernacolo  del  Ss.  Sacramento  ha  questa 
chiesa  altri  quattro  altari  laterali,  cioè  del  Ss  Rosario,  dello 
Spirito  Santo,  della  Concezione  di  M.  V.  e  di  s.  Michele  are. 

Quattro  confraternite  laiche  esistevano  nella  parochia  nel 
1808;  la  prima  delle  quali  sotto  il  titolo  della  B.  V.  del 
Rosario  aveva  82  confratelli  che  supplivano  alle  occorrenze 
del  cullo  con  rendite  di  campagna,  la  seconda  sotto  l'invo- 


—  83  — 

cazione  della  B,  V.  della  Salute  con  109  confratelli  men- 
zionala in  scrillura  del  1705^  con  pingue  rendila  di  vignali; 
la  lerza  sotto  il  patrocinio  dello  Spirito  Santo  menzionata 
in  scritture  del  1644  e  1691,  con  24  confrati  e  con  rendita 
di  olio  per  le  occorrenze  dell'  altare  padronale  ;  la  quarta 
sotto  la  protezione  di  s.  ,Rocco  con  70  confratelli  senza  pos- 
sessioni, ma  ben  provveduta  di  elemosine  per  far  fronte  alle 
spese  di  manutenzione  del  suo  altare.  Oltre  a  queste  ve  n'e- 
rano nei  tempi  andati  altre  tre,  una  delle  quali  sotto  il  titolo 
della  Concezione^  ricordala  in  scrittura  del  1626;  un'altra  di  s. 
Pietro  ap.  di  cui  è  memoria  in  documento  del  1644;  eduna 
terza  del  Ss.  Sacramento,  menzionata  in  istrumento  del  1724. 

Il  paroco  aveva  la  casa  canonica  nel  1674.  Ha  questa 
chiesa  il  campanile  con  due  campane  ed  il  regolare  suo  ci- 
mitero. 

V  è  ancor  nella  parodila  una  piccola  chiesa,  eretta  nel 
1789  dai  villici  in  onor  di  s.  Rocco. 


Serie  dei  parochi  di  Eso  poneutale. 


paroco     nel 


Paolo  Voivodich 
Pietro  Radi  ni  eh 
Giacomo  Bartulovich 
Nicolò  Bonigonich 
Matteo  Pribich 
Pietro  Marelich 
31atteo  Barbich 
Matteo  Sforinich 
Matteo  Voivodich 
Giovanni  Stocco 
Francesco  Relich  „ 

Tommaso  Scorlich  „ 

Antonio  Sullo  vi  eh  „ 

Simeone  Paretich  „ 

Fausto  Smoljan  „ 

Marco  Zvittanovich,  decano  di  Sa 
insignito  della  croce  del  merito 
corona  paroco 

Lodovico  Battig,  „ 

Rocco  Pocina  „ 

Eso   sciloccale,  dello  dagli  Slavi  Iz 
posta  nella  parte  meridionale  dell' Isola  di 


5? 
» 

99 
95 
99 


59 


59 
59 
55 

le 

con 

nel 

55 


1455 
1546 
1583 
1587 
1657 
1662 
1669 
1706 
1737 
1762 
1771 
1815 
1821 
1840 
1863 


1864 

1872 
1879 


mali;  questa  villa 
tal  nome,  era,  sino 


—  84  — 

al  principio  del  secolo  decimottavo,  cappellania  esposta  unita 
ad  Eso  ponentale.  Nel  1737  fu  da  quest'ultima  separala,  ed 
elevata  al  grado  di  parochia  indipendente.  Negli  alti,  infalli, 
delle  sacre  visite  pastorali  trovansi  menzionati  i  suoi  parochi 
soltanto  sull'alba  del  secolo  suaccennato.  Nel  1851,  colla 
nuova  sistemazione  della  Diocesi  tornò  ad  essere  cappellania 
esposta  dipendente  da  Eso  ponentale.  La  sua  chiesa  principale 
è  assai  antica.  E  intitolata  alla  B.  V.  Assunta,  e  col  nome 
di  chiesa  di  s.  3Iaria  d'Eso  è  ricordata  in  scrillure  del  1355 
e  1391.  Nel  1626  oltre  l'aliar  maggiore  della  Titolare,  ne 
aveva  altri  due,  consacrali  all'apostolo  s.  Andrea,  e  a  s.  Rocco. 
Due  confraternite  v'erano  nel  1808,  T  una  sotto  il  patrocinio 
di  5.  Rocco  con  76  aggregati,  e  con  rendite  di  vino  e  di 
olio  per  la  manutenzione  del  suo  altare;  l'altra  sotto  l'in- 
vocazione di  s.  Andrea  con  50  fratelli,  e  rendite  in  natura. 
Una  terza  ve  n'era  nel  1626  intitolala  ?i\\^  Assunzione  di  M, 
F.,  la  quale  colle  sue  entrale  provvedeva  al  mantenimento 
dell'aitar  maggiore.  Ha  questa  chiesa  il  suo  campanile  ed  il 
suo  regolare  cimitero.  Vi  ha  inoltre  in  questa  villa  un'edi- 
cola dedicata  alla  Natività  di  M.  V.  la  quale  è  di  jus  pa- 
tronato della  famiglia  nobile  de  Begna.  Nella  parochia  so- 
novi  596  anime,  mentre  nel   1754  non  ne    aveva  che  189. 

Serie  dei  parochi  e  dei  cappellani  di  Eso  piccolo. 

Giorgio  Misicich 
Michele  Gacina 
Tommaso  Sutrin 
Giacomo  Missul 
Fausto  Smoljan 
Girolamo  Maroevich 
Antonio  Oslarich 
Matteo  Drazich 
Antonio  Viducich 
Rocco  Pocina 
Beniamino  Vecchiardo 

Sestrunj. 

Tra  Eso  e  Melada,  nel  canale  di  mezzo,  sorge  l'isola 
di  Sestrunj,  dai  latini  appellala  Estrum,.  e  da  Lucio  Estilt- 
navaz^  ed  anche  Estiunez.  È  lunga  9  miglia,  e  quasi  nel 
centro  le  sta  il    villaggio    delio  stesso    nome.  Ha   241    abi- 


paroco 

nel 

1737 

5? 

^^ 

1815 

cappellano 

nel 

1851 

5? 

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1852 

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1863 

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1869 

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1873 

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1874 

J7 

1877 
1879 

—  85  ^ 

tanti;  ma  dalle  rovine  che  si  veggono  sparse  qua  e  là  sembra 
sia  siala  un  tempo  assai  popolata.  Era  parochia  quando  fu 
visitala  dall'arcivescovo  Capello  nel  1640,  e  lo  fu  fino  al- 
l'anno 185Kin  cui  colla  sistemazione  dell' arcidiocese  venne 
slabilita  Cappellania  esposta  dipendente  dalla  parodila  diUljan 
nel  Decanato  di  s.  Eufemia.  La  sua  chiesa  cnppellaniale  e- 
relta  dai  villici  intorno  al  1600,  resa  malconcia  e  sdruscita 
dal  tempo  fu  riedificata  a  carico  del  fondo  ecclesiastico,  e 
consacrata  nel  1843  in  onor  di  s.  Pietro  ap.  Ha  l'aitar 
maggiore  del  titolare,  ed  un'altro  intitolato  pria  all'Immaco- 
lata, poscia  all' Annunziazione  della  B.  V.  Aveva  gino  al 
1808  due  confraternite,  l'una  sotto  il  titolo  dì  s.  Pietro  ap. 
con  30  fratelli,  e  rendite  in  natura  ed  elemosine;  l'altra 
sotlo  il  titolo  della  B.  V.  deU  ApiDarizione  con  60  fratelli, 
e  con  rendite  di  campagna  ed  elemosine. 

V'è  in  questa  villa  una  chiesetta  dedicata  alla  Presen- 
tazione dì  M.  V,  coir  aitar  titolare,  e  campanile  con  due 
campane. 

Alla  Cappellania  di  Sestrunj  è  abbinata  l' isoletta  di  Rivanj. 

Rivanj. 

Ad  oriente  di  Sestrunj  sorge  l' isoletta  di  Rivanj^  di 
cui  è  menzione  in  documento  del  1355.  Ha  nel  suo  mezzo 
una  chiesuola,  denominala  s.  Elena.  Un'altra  ve  n'esisteva 
anticamente  in  onor  di  s.  Barbara.  É  unila  questa  piccola 
villa  alla  cappellania  di  Sestrunj. 

Parochi  e  cappellani  di  Sestrunj  e  Rivanj. 

Simeone  Bozichievich 
Matteo  Faltovich 
Nicolò  Fisulich 
Pietro  Sforinich 
Giovanni  Bozichievich 
Domenico  Lovrinich 
Pietro  Sforinich 
Giovanni  Radulich 
Marco  Bozichievich 
Francesco  Ziz  minore  osser. 
Simeone  Sokota 
Pietro  Jadrossich 
Matteo  Zoric 


paroco 

nel 

1671 

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1879 

—  86  — 

Isola  di  Uljan. 

Lasciando  il  canale  di  mezzo,  e  volgendo  al  sud  di 
Rivanj  nel  canale  di  Zara,  giugnesi  tosto  all'isola  di  Uljan^ 
che  dalla  sua  punta  settentrionale,  denominala  s.  Pietro  sino 
allo  stretto  di  Kukljica  si  estende  per  30  miglia  incirca.  Questa 
è  la  Lissa  o  Lisa  di  Plinio,  e  la  Cantatreheno  di  Porfi- 
rogenito.  Sta  dirimpetto  a  Zara,  per  cui  lo  storico  Lucio 
scrisse:  Cont.ra  Jaderam  est  Lissa,  L'olio,  che  in  molta 
quantità  produce  in  tulta  la  sua  estensione,  le  impose  il  nome 
slavo  di  Uijnn  (da  nlija,,  olio}  come  puro  lo  attcsta  il 
Begna,  Oltre  che  di  olio,  l'abbate  Forlis  la  dice  molto  fertile 
di  vino,  di  fichi,  e  di  marmo  oslreifero,  intrattabile  allo  scal- 
pello. 1  suoi  abitatori,  che  giungono  di  presente  al  numero 
di  5845,  sono  assai  laboriosi,  ed  instancahili  nel  dissodare 
i  terreni  non  solo  dell' isola  ma  benanco  del  contado  di  Zara. 

Comprende  quest'isola  cinque  parochie.  quali  sono:  U- 
Ijan^  Lukoran^  s.  Eufemìa^  Oltre,  Kale  e  Kukljica. 

Parochia  di  Uljan. 

Lungi  5  miglia  da  Zara  verso  ponente  al  nord  delT  isola 
di  Uljan,  è  posto  il  villaggio  omonimo.  Lo  troviamo  men- 
zionato sempre  con  questo  nome  in  parecchie  scrii  ture  dal 
1349  in  poi. 

Antica  è  F  origine  di  questa  parochia.  In  documento  del 
1401  trovasi  registrato,  che  Gregorio  Juressich  da  Uljan 
lasciò  al  cappellano  (sic)  della  chiesa  di  s.  Maria  d' Uljan 
l'usufrutto  d'alcuni  terreni  siti  in  questo  villaggio;  ed  in  i- 
strumento  del  1423  è  falla  menzione  di  Prè  Rusco  paroco 
di  s.  Maria  d' Uljan.  Dalle  quali  memorie  si  apprende,  che 
a  quell'epoca,  al  principio  cioè  del  secolo  decimoquinto,  e- 
sisteva  la  chiesa  parochiale  di  Uljan,  ch'era  intitolata  alla 
Vergine,  che  vi  era  il  paroco  assistito  da  un  cappellano,  e 
che  per  conseguenza  la  parochia  d' Uljan  doveva  essere  stata 
qualche  tempo  prima  istituita.  E  opinione  d'alcuni  che  la 
primiliva  chiesa  parochiale  fosse  quella  di  s.  Pietro  m.  at- 
tigua all'antico  ospizio  dei  Frati  minori,  e  che  quando  nel 
1430  fu  dessa  ampliala  da  Simon  Begna  assieme  al  suddetto 
ospizio  perchè  servisse  esclusivamente  per  la  religiosa  Co- 
munilà,  fosse  slata  già  eretta  qualche  anno  prima  dai  villici 
in  altro  sito  piìi  adotto  la  chiesa  parochiale  in  onore  della 
B.    V.  Assunla.    La  fondazione  quindi    della  pnrochiale  di  s. 


—  87  — 

Maria  d'Uljan  sarebbe  avvenuta  nell'entrare  del  secolo  de- 
cimoquinto, e  perciò  sarebbe  contemporanea  alla  istituzione 
della  parochia,  ovvero  di  poco  posteriore.  Fu  questa  chiesa 
consacrata  nel  1684  dalF  arcivescovo  Parzago.  Resa  mal- 
concia dijl  tempo,  fu  ristaurata  dai  villici  ed  ingrandita  al 
principio  del  secolo  decimottavo.  È  situata  in  luogo  eminente 
colla  faccia  rivolta  a  ponente- maislro.  Ha  la  dimensione  dì 
metri  22  per  7,  ed  una  sola  nave  ;  è  costrutta  di  muro  ce- 
mentato, e  coperta  di  tegole;  ha  due  ingressi.,  quattro  fi- 
nestre a  mezzaluna  nelle  pareti  principali,  ed  una  nella  fac- 
ciata con  occhio  sopra  la  porta  maggiore.  E  tutta  lastricata 
con  quadrelli  di  pietra.  Cinque  sono  i  suoi  altari;  di  cui  il 
primario  è  di  pietra  tesselalo  di  marmo,  con  quattro  colonne 
di  rosso  veronese,  edificato  nel  1714,  ed  è  dedicalo  alla  B. 
V.  Assunta,  antica  titolare  e  patrona,  la  cui  pala  è  di  buon 
pennello  A  quest'altare  è  congiunto  un  benefizio  semplice, 
appellato  di  s.  Maria  di  Uljan,  consistente  in  tre  pezzi  di 
terra,  e  170  olivari,  fondato  nel  1439,  il  cui  collatore  è 
l'arcivescovo,  che  dal  1702  lo  conferiva  al  vicario  generale. 
Gli  altri  quattro,  simili  al  primo,  ma  con  due  soie  colonne 
sono  dedicati  allo  Spirito  Santo,  il  cui  dipinto  è  buono,  alla 
B.  V.  del  Carmine,  a  s.  Antonio  di  Padova,  e  a  s.  Giorgio 
m.  ;  i  primi  due  a  destra,  gli  altri  a  sinistra  del  maggiore. 
Due  di  essi  furono  eretti  per  cura  delT  attuale  zelante  paroco 
Giuseppe  Millin,  pertinente  ad  antica  famiglia  uljanese.  I  ti- 
toli degli  altari  sono  quegli  stessi  ch'esistevano  nel  1670. 
Questa,  al  pari  delle  altre  chiese  campestri,  ha  sopra  l' in- 
gresso una  cantoria  con  ringhiera.  La  sacrestia  è  posta  dietro 
l'aitar  maggiore,  ed  il  campanile,  fornito  di  due  campane, 
s' innalza  sopra  la  fronte  della  chiesa.  E  ben  fornita  di  sacri 
arredi,  fra  i  quali  distinguesi  una  pianeta  assai  antica,  di 
stoffa  di  seta  rossa,  Irapuntanta  in  oro. 

La  casa  canonica  è  una  comoda  abitazione,  fabbricata 
nel  secolo  presente  a  spese  del  fondo  ecclesiastico. 

Quattro  pie  confraternite  esistono  attualmente  nella  pa- 
rochia  e  sono  : 

a.  La  confraternita  della  B,  V,  del  Carmine^  regolar- 
mente eretta  nella  metà  del  secolo  decimosetlimo,  con  36  socii  ; 

ò.  La    confraternita    di  s.  Antonio    di  Padova^    fonàixla 

intorno  al   1680,  con  41   confratelli; 

e.  La  confraternita  dei  Ss.  mm.  Cosmo  e  Damiano  con 
36  confrati  ;  non  meno  antica  delle  altre  ; 


_  88  — 

d.  Quella  dì   Tutti  Santi  con  51   confratelli. 

Lo  scopo  dì  questi  sodalizii  è  specialmente  di  suffragare  le 
anime  dei  defunti  confratelli  con  30  messe  per  ciascuno  e 
per  una  volta  tanto,  nonché  di  provvedere  le  rispettive 
cappelle  e  gli  altari  del  necessario  corredo.  Si  sostengono 
con  annui  contributi  in  natura  e  in  danaro.  Oltre  alle  suac- 
cennate ve  n'erano  altre  quattro,  e  queste  sotto  il  titolo  del 
Ss.  Sacramento,  dello  Spirito  Santo,  dell'Assunta,  e  di  s. 
Ippolito,  delle  quali  è  cenno  negli  atti  delle  sacre  visite. 

Oltre  la  chiesa  parochiale  testé  descritta,  n'  esistevano 
delle  altre,  cioè: 

1.  ;S'.  Pietro  m.  volgarmente  dagli  slavi  denominata  Su- 
petar.  posta  al  lido  del  mare,  alT  estremità  del  villaggio  dalla 
parte  di  maistro,  nel  bosco  di  Zdrelaz.  I^]sisteva  prima  del 
1430.  Non  vi  sono  ora  che  i  soli  muri  periuielrali.  Già 
nel  1714  era  ridotta  a  muracca.  Era  chiesa  beneficiale  con 
obbligo  di  12  messe  annue  piane,  ed  una  cantata  ad  un  al- 
tare di  s.  Pietro  in  qualunque  chiesa. 

2.  S.  Giovanni  Battista,  in  slavo  Stivan  cioè  Sveti 
Ivan,  situata  vicino  al  mare  verso  ponente.  Di  essa  è  cenno 
negli  atti  di  sacra  visita  del  1681.  Era  di  juspatronato  della 
famiglia  zaralina  de  Bortolazzi.  Della  medesima  e  di  parec- 
chi altri  edifizii  si  riscontrano  tuttavia  le  traccio.  E  tradizione, 
che  una  colonia  elennica  vi  avesse  avuto  sede.  Le  anfore, 
i  vasi  lagrimali,  e  cinerarii,  e  i  ruderi  di  suntuoso  fabbri- 
cato, rinvenuti  in  questo  sito,  fanno  ritenere  che  dai  Romani 

fosse  slato  abitato. 

3.  /  Ss,  mm.  Ippolito  e  Cassiano.  che  dicesi  fondata 
prima  del  1374  in  onor  della  Ss.  Trinità.  Di  questa  trovasi 
memoria  in  scritture  del  1401,  del  1411  e  del  1474.  Sussiste 
tuttora,  ed  ha  un  solo  altare,  eh*  è  di  marmo,  eretto  nel  1813, 
come  rilevasi  dall'  inscrizione,  esistente  nel  suo  davanzale. 
Questa  chiesa  possedeva  alcuni  terreni  che  furono  affittati 
in  data  6  Marzo  1621  dal  Capitolo  di  Zara,  nella  cui  massa 
sono  stati  incorporali  dal  Vicario  Britannico  con  Decreto  21 
Ottobre  1604.  Consta  poi  da  antiche  scritture,  che  un  bene- 
fìzio col  titolo  di  s.  Ippolito  d'Uljan  esisteva  alla  fine  del 
secolo  prossimo  decorso. 

4.  La  chiesa  di  Tati  i  Santi.,  di  cui  è  cenno  in  docu- 
mento del  1454,  la  quale  si  conserva  tuttoggi  con  un'  aitar 
dei  titolari,  e  con  un'altro  di  s.  Rocco,  e  con  campanile  for- 
nito d'una  campana. 


—  S9  — 

5.  La  chiesa  dei  Ss.  mm.  Cosmo  e  Damiano.^  fabbricata 
a  vollo  reale  in  prossimità  al  mare,  a  mezzogiorno  del  vil- 
laggio. Ha  un  ailare  di  legno  dedicato  ai  titolari.  Dicesi 
fosse  slata  eretta  per  voto  da  un  marinajo,  soprafalto  da 
impetuosa  tempesta.  A  quest'altare  è  annesso  un  benefizio 
semplice  di  16  gognali  di  terra  siti  nel  villaggio,  con  ob- 
bligo di  messa  cantata  nella  festa  padronale;  il  quale  be- 
nefìzio venne  istituito  il  6  agosto  1512  da  Francesco  Tor- 
ricella  da  Bergamo  con  testamento  di  tal  data. 

6.  La  cappella  della  B,   V.  del  Carmine, 

7.  La  cappella  di  s.  Antonio  di  Padova' 

8.  La  chiesa  del  Dottor  s.  Girolamo 

La  chiesa  matrice  ha  il  suo  cimitero  regolare.  La  pa- 
rochia  conta  di  presente  973  anime.  Ne  aveva  665  nelf  anno 
1754.  Il  loro  paroco  era  assistito  da  un  cooperatore.  Al- 
cuni religiosi  francescani  vi  esercitarono  in  origine  la  cura 
d'anime,  fino  a  tanto  che  nel  1684  l'arcivescovo  Parzago 
spogliò  i  Regolari  delle  parochie  che  avevano  nella  zaratina 
arcidiocesi.  Uno  dei  prefati  religiosi  fu  Frate  Andrea  d'Arbe, 
destinatovi  paroco  dall'arcivescovo  Cornelio  Pesaro  nel  1540. 

Serie  dei  parochi  e  cappellani  di  Uljan. 

N.  N. 
Prè  Rusco 
„    Nicolò  Risach 
„    Giacomo  Tomassevìch 
Frate  Andrea  d'Arbe 
Prè  Giovanni  Mattulich 

Matteo  Faltovich 

Simeone  Sussich 

Francesco  Sljacca 

Francesco  Bellich 

Francesco  Siraarina 

Giorgio  Sebenzanich 

Simeone  Mestrovich 

Matteo  Brisich 

Giorgio  Sforzina 

Giorgio  Sforzina 

Giorgio  Sibeniza 

Michele  Vucoevich 

Giorgio  Ciobàn 

Simeone  Millin 


;? 


^ 


cappellano  nel 

1401 

paroco 

nel 

1423 

>? 

J9 

1438 

eh     „ 

j) 

1452 

?9 

77 

1540 

>> 

99 

1556 

W 

79 

1635 

9? 

79 

1652 

9? 

VI 

1681 

cappellano 

99 

1681 

paroco 

nei 

1695 

cappellano 

n 

1695 

paroco 

7» 

1718 

n 

79 

1742 

cappellano 

J> 

1742 

paroco 

79 

1762 

cappellano 

9) 

1771 

n 

ì^ 

1812 

paroco 

» 

1815 

J7 

7^ 

1821 

—  90  — 

Prè  Giuseppe  Millin  cappellano  nel    1842 

„    Giuseppe  Millin  juniore    „  „       1863 

,,    Giuseppe  Millin  paroco     „       1867 

Una  chiesa  ed  un  convento  di  religiosi  Francescani  e- 
sislono,  come  sopra  si  è  detto,  in  questo  villaggio  di  Uljan. 
Dei  medesimi  ne  scrisse  l'egregio  P.  Fabianich  nel  volume 
II  della  Storia  dei  Minori,  dalla  quale  togliamo  quanto  segue  : 
^A  cinque  miglia  da  Zara,  in  fondo  di  un  seno  della  ri- 
viera, che  prospetta  questa  capitale,  venn' eretto  nel  1430 
il  tuttora  esistente  convento  con  chiesa  dal  nobile  cittadino 
Simeone  de  Begna.  eccitato  alT  opera  pia  da  singolare  alTello 
verso  l'Ordine  francescano.  Martino  V  concedeva  ai  Frati 
Minori  di  accettare  il  possesso  di  que'  luoghi  con  sua  lettera 
air  abate  zaratino  di  s.  Grisogono.  Molto  prima  però  di  questi 
anni  abitavano  su  quest'  isola  i  Frati  Minori  un  ospizio  at- 
tiguo ad  una  cappella,  dedicata  a  s.  Pietro  m.,  e  tanto  fune, 
come  r  altro  dei  delti  sacri  edifizii  furono  allora  ampliati  dalle 
fondamenta,  e  condotti  a  compimento  con  bell'architettura, 
che  ricorda  il  buon  gusto  dei  tempi  andati.  La  chiesa  a  una 
nave,  fu  tosto  decorata  di  aitar  maggiore,  collocato  a  pie 
del  coro,  e  poco  stante,  come  si  legoe  sopra  una  lapide 
interna,  fu  consacrata  al  Patrono  della  Provincia: 

ANNO    .    SALVTIS 

MCCCCXLVII    .    DIE    .   XXI    .    MAH 

CONSECRATIO    .    HYIVS    .    ECCLESIAE 

DIVI    .    HIERONYMI    .    UCLEANI 

„L' esempio  dell'illustre  fondatore  eccitò  la  generosità  di 
Caterina  Cedolini,  la  quale  e  in  vita  e  in  morte  volle  essere 
benefattrice  del  luogo  pio,  lasciando  questo  ricordo  dì  suo 
affetto:  ^L'anno  1453,  la  nobil  donna  Canarina  moglie  del 
nobile  uomo  Doimo  de  Cedolini  nobile  di  Zara,  ha  ordinato 
che  il  suo  corpo  sia  sepolto  nella  chiesa  di  san  Girolamo 
dì  Uljano.  Ilem  ha  voluto  et  ordinato,  che  dopo  Ja  sua  morte, 
l'affitto  della  casa  nella  quale  al  presente  abita  Gregoriza 
da  Segna,  di  quel  primo  debba  dispensarsi  per  li  suoi  com- 
missarj  nella  riparatione  del  monastero  di  san  Girolamo  di 
Uljan  come  lor  parerà,  e  T  affitto  del  secondo  anno  di  delta 
casa  dopo  la  sua  morte  debba  dispensarsi  per  millà  in  re- 
paratione  di  santa  Caltarina  sotto  Castro  Novo  (\ovegradi) 
e  r  altra  miltà  in  riparatione  del  monastero  di  s.  Doimo  di 
Pasmano  per  l'anima  sua  e  de  suoi". 


—  91  — 

Nel  secolo  appresso  un'altro  Begria,  egualmente  Simeone 
denominato,  si  rese  benemerito  dì  questo  pio  luogo,  col  ri- 
slaurare  ed  accrescere  il  monastero,  e  provvedere  di  suppel- 
lettili sacre  la  chiesa  (1531).  Fu  esso  queir  illustre  vescovo 
di  Modrussa,  della  cui  saggezza  e  dottrina  rendono  testi- 
mone le  storie  del  quinto  Concilio  Lateranense,  in  cui  figurò 
molto  onorevolmente,  come  lo  rendono  pure  le  erudite  ed 
eloquenti  sue  parole  fino  a  noi  pervenute,  e  ricordate  nella 
copiosa  biografia  che  il  Ferrari-Cupilli  ne  scrisse.  Tanta 
fu  anzi  la  predilezione  dei  Begna  per  tale  monastico  asilo 
che  come  avea  voluto  il  primo  Simeone,  suo  fondatore.,  cosi 
nuche  il  vescovo  Simeone,  ed  altri  distinti  soggetti  della  fa- 
miglia stessa,  vollero  che  ivi  riposassero  dopo  morie  le  ce- 
neri loro.  ')  Sopra  il  sepolcro  del  prelato,  il  fratello  Donato, 
canonico  della  metropolitana  di  Zara  fece  foggiare  una  bel- 
lissima lapide  di  freggi  allusivi  al  nobile  casato  colla  seguente 
epigrafe: 

SIMONI    .    BEGNIO    .    EPISCOPO    .    MODRVSSIEN    . 
DIVINAR  .  HVMANARVMQVE  .  LITTERAR  .  SCIENTIA  .    CLARISS   . 

FRATRI    .    BENEMERITO 

ALVISIOQVE    .    AC    .    OREAE    .    PARENTIBVS     .     PIENTISS    . 

NEC    .    NON    .    PETRO    .    EQVITI    .    FRATRI    .    DVLCISS   . 

JOANNES    .    DONATVS    .    BEGNIVS    .    CAN    .    JADRENSIS 

FIERI    .    CVRAVIT 

A    .    D    .    MDXXXVII    .    X    .    KAL    .    JVNII 

H    .    M    .    H    .    S    .    '^) 

Sin  qui  il  Padre  Fabianich  circa  il  convento  e  la  chiesa 
di  s.  Girolamo  dei  Frati  minori  d'Uljano. 

Ora  ripigliando  la  descrizione  del  villaggio  diremo  che 
nulla  consta  della  su.i  origine.  Si  sa  solamente  per  tradizione, 
che  nelle  guerre  colf  ottomana  potenza  parecchie  famiglie  cat- 
toliche emigrarono  dal  contado  zaralino,  che  n'era  grave- 
mente molestato,    e  da  Krusevo  e  da    Karin  si    trasferirono 


')  Fra  I  qiali  soni  da  annoverarsi  Francesco  colonneUo  di  cavaUerla  morto 
li  15  novembre  1713,  e  Co,  Antonio  avvocato  fiscale  dcUa  curia  arcivescovile 
morto  nel  1772.  Le  ceneri  del  vescovo  di  Modrussa  furono  nel  1536  trasportate  con 
solennissima  pompa  ecclesiastica  da  Zara  nel  gentilizio  sepolcro  di  Uglian. 

')  Queste  iniziali  significano  —  Hoc  monumenttim  haeredes  sequitur 


"i^ 


—  92  — 

a  tlljan.    Tra  queste  sono    da    annoverarsi    gli    Allavanìa,    i 

Vukoevich^  ora  Martinov,  e  Millin,    ed  i  Simarina,  dalla  cui 

ullima  famiglia   nacque  il  P.  Francesco  dei  Minori  Osservanti, 

che  mori  nel  1836.  dopo  aver  per  olire  mezzo  secolo  edificati 
gli  abitanti  di  sua  patria  con  vila  intemerata. 

Alcune  famiglie  anticlie  d'Uljan, 

Dragoslavich  Pribaz  anno     1381 

Cimelich  Matolo  „        1382 

Ghercavaz  Jvan  ^        1887 

Mladinich  Martino  „        1390 

Lipoglavich  Jursa  „        1391 

Crivossich  Radoy  „        1392 

Drusinich  N.  „        1393 

Banich  Bogdano  ^,        1394 

Jursich  Radovano  „        1400 

Pomeranich  Giovanni  „        1414 

Utcovich  Moysa  „        1432 

Bellacich  Juraicli  „        1433 

Nepravdich  Marin  „        1434 

Vellich  Civitano  „        1439 

Vidulich  Matteo  „       1450 

Vissich  N.  ^       1451 

Pilussich  Giacomo  „       1458 

Zubina  Pietro  „        1478 

Maltulich  Michele  „       1480 


Rusanich  3Iatteo  „       1489 

Jurinovich  Antonio  ,,       1490 

Bellich  Giovanni  -        1630 


Sacerdoti  nativi  d' Uljan. 

Prè  Tommaso  Mattessich  anno  1477 

„    Marco  Bellich  „  1637 

„    Marco  Ivancevich  „  1749 

„    Girolamo  Vissich  „  1750 

,,    Gregorio  Sforzina  „  1751 

„    Matteo  Stohera  „  1752 

;,    Marco  Rogomentich  „  1761 

„    Giorgio  Sforzina  „  1772 

„    Simeone  Millin  „  1821 

„    Giuseppe  Millin  ,,  1840 


—  93  — 

Questo  villaggio  servì  a  parecchie  famiglie  zaratine  di 
asilo  in  tempo  di  guerra  e  di  pestilenza.  I  Califfi,  i  Ponte, 
i  Delrico-Vergada,  e  gli  Stocco  vi  avevano  i  loro  casini 
campestri.  Quello  della  or' estinta  famiglia  Califfi  è  passato 
nella  famiglia  Bercich. 

Congregazione  religiosa  degli  scogli  di  Zara, 
intitolata  „Coena  Dominio 

Esisteva  nei  tempi  passati  negli  Scogli  di  Zara  una  Con- 
gregazione di  sacerdoti  illirici,  sotto  il  titolo  di  Coena  Domini, 
Fu  istituita  nella  villa  di  Uljan,  nella  chiesa  di  s.  Maria,  il  dì  27 
nov.  1617.  Era  composta  di  12  sacerdoli  in  memoria  del  collegio 
apostolico,  che  in  seguito  furono  portati  al  numero  di  33  in 
memoria  degli  anni  di  vita  mortale  del  Salvatore  Gesìi  Cristo. 
11  suo  scopo  principale  si  era  di  onorare  in  partìcolar  modo 
il  Ss.  Sacramento  dell'Eucarestia,  di  suffragare  con  sacrifizii 
e  preghiere  i  confrati  defunti,  e  di  fare  altre  opere  pie  per 
acquistare  le  indulgenze  concesse  da  Urbano  Vili  a  siffatti 
sodalizii.  Aveva  il  suo  Statuto,  che  sin  da  principio  fu  san- 
cito dair arcivescovo  Garzadori,  e  poscia  dall'arcivescovo 
Zmajevich  nel  1743,  nonché  dal  Provveditore  generale  Fran- 
cesco Falier  nel  1784.  Tra  i  capitoli  del  medesimo  ve  n'ha 
uno,  che  ingiunge  l'obbligo  ai  confratelli  di  recarsi  ogni  anno 
a  Zara  nella  chiesa  metropolitana,  e  di  cantar  messa  solenne 
fra  l'ottava  del  Corpus  Domini  SiW aliar  del  Ss.  Sacramento, 
per  la  prosperità  della  Serenissima  Repubblica,  e  per  la  sa- 
lute del  Principe.  Ve  n'  ha  un'  altro,  che  ordina  ai  confrati 
di  celebrare  ogni  anno  una  messa  per  la  conversione  dei 
peccatori,  per  l' esaltazione  della  chiesa  ecc.  Questa  pia  con- 
gregazione faceva  una  volta  all'anno  le  sue  radunanze  in 
quel  villaggio,  ov'era  paroco  il  suo  capo,  che  portava  il  ti- 
tolo di  Vicario.  Sì  radunava  nel  terzo  mercoledì  dopo  Pa- 
squa, e  per  ben  due  giorni  si  esercitava  in  opere  pie,  e 
particolarmente  nel  suffragare  i  fratelli  defunti.  Sussistette 
questa  divola  confraternita  sino  al  1817,  dopo  il  qual  tempo 
andò  poco  a  poco  a  disciogliersi. 

Lukoran. 

Al  sud  di  Uljan,  e  lungi  da  esso  due  miglia,  è  posto 
il  villaggio  di  Lukoran,,  meglio  Lukaran  da  Liika,,  valle, 
perchè    situato   in   una    valle  amena  e   ricca  di    pescagione. 


—  94  — 

In  scrillura  del  1106  è  appellalo  Lako.  In  istrumento  del- 
l'anno stesso  troviamo  scritto:  Vinea^  quae  est  in  loco^qui 
dicitur  Litkarano. 

Questo  antichissimo  villaggio  era  mollo  esteso^  e  com- 
prendeva in  origine  le  locnlila  di  s.  Eufemia  e  di  Oltre  con 
un  solo  capo  comunale.  Accresciuta  sotto  il  governo  ve- 
neto la  popolazione,  ne  seguì  la  separazione  dei  comuni,  e 
reiezione  dei  rispettivi  capi  comunali.  Tale  separazione  è 
avvenuta  verso  la  metà  del  secolo  dccìmoquinlo.  ed  allora 
il  villaggio  di  Lucoran  rimase  circoscritto  da  que'conflni  che 
oggidì  lo  determinano. 

Antichissima  pure  è  la  sua  chiesa  parochiale,  trovan- 
dosene memoria  col  titolo  di  s.  Lorenzo  m.  in  scrittura  del 
1068.  È  parimente  menzionata  nella  Bolla  di  Celestino  III 
del  1195,  più  volte  citata,  nella  quale  si  legge  così:  Ec- 
clesiam  santi  Laurentii  Lucarani  cum  omnibus  pertinentiis 
suis,  ov'  è  da  notare  che  allora  la  chiesa  di  s.  Lorenzo  con 
lutto  il  comune  di  Lucaran.  s.  Eufemia,  Oltre  e  Poljana  ap- 
partenevano air  abate  dei  monaci  benedettini  di  san  Grisogono 
di  Zara.  Consta  dagli  alti  delle  sacre  visite  che  questa  chiesa 
è  stala  consacrata.  L'aitar  principale  era  intitolato  a  s.  Lo- 
renzo, ed  aveva  il  tabernacolo  e  confraternita  del  Ss.  Sa- 
cramento, che  provvedeva  al  manlenimenlo  dell'  altare,  e  della 
chiesa.  Tre  poi  erano  gli  altari  laterali,  dell'Immacolata,  del 
Corpus  Domini  e  del  s.  Rosario.  Resa  malconcia  e  sdruscila 
dal  tempo,  fu  nel  1860  interdetta^  ed  abbandonata.  Molte 
pratiche  furano  fatte  per  la  sua  riedificazione  ;  la  quale  ebbe 
anche  il  suo  effetto.  Una  nuova  più  bella  e  più  ampia  ne  fu 
innalzata  nel  1877  ed  in  un  sito  più  opportuno,  non  lungi 
j^^b  dall' antica,  e  poco  distante  dalla  casa  canonica.  La  spesa  fu 
nella  maggior  parte  sostenuta  dal  fondo  ecclesiuslico^  nel- 
l'importo cioè  dì  fior.  10200,  ed  in  parte  dai  villici  colle 
loro  prestazioni  per  la  somma  di  fior.  4000.  La  prima  pietra, 
benedetta  solennemente  dal  Decano  di  s.  Eufemia,  canonico 
onorario  della  Metropolitana  Don  Simeone  Pulissich,  venne  po- 
sta il  dì  26  ap.  1877  nel  luogo,  ove  dovea  sorgere  fallar  mag- 
giore. Fu  poi  solennemente  consacrata  il  dì  8  seti.  1878  dairarcì- 
vescovo  nostro  Pietro  Maupas.  E  questa  chiesa  una  delle  più 
eleganti  che  abbia  l'arcidiocesi.  S'innalza  maestosamente  sopra 
un  piano  quasi  orizzontale  ed  ha  la  forma  d'una  croce  Ialina. 
E  tutta  fabbricala  con  sasso  scavalo  nell'orlo  parochiale.  E 
lunga  m.  32  sull'asse  maggiore,  larga  m.  9.  sull' asse  minore, 


■^  95  - 

e  m.  15.  57  sull'asse  maggiore,  alta  m.  tO.  Il  suo  frontale, 
egualmente  che  lo  zoccolo,  è  tulio  lavoralo,  in  pietra  battuta, 
adorno  di  pilastri,  cornici  e  piramidi,  ed  è  rivolto  a  ponente; 
porta  suir apice  un  campanile  per  due  campane,  alto  8  metri; 
ha  una  magnifica  porla  d' ingresso  a  cui  si  ascende  con  quattro 
gradini.  L'abside,  che  fa  termine  all'edifizio,  è  di  forma 
pentagona,  sul  cui  diametro  sorge  T  aitar  maggiore  di  marmo, 
ch'esisteva  nell' antica  chiesa.  Gli  altri  due  altari  laterali,  pure 
dì  marmo,  trovarono  posto  nelle  cappelle,  che  formano  il 
braccio  traversale.  La  sagrestia  è  un  corpo  separalo  contiguo 
alla  chiesa,  con  due  uscii,  uno  dal  lato  della  via,  l'altro 
diilla  parte  del  prebisterio.  Sei  finestre  laterali,  una  nel  pro- 
spetto, ed  una  binata  nella  fronte  di  ciascheduno  dei  due 
bracci  somministrano  la  luce  a  tutto  l' edifizio.  Una  iscrizione 
lapidaria,    collocata  nelf  interno,    ricorda  la  sua    fondazione: 

TEMPLVM    .    HOC 

REGNANTE    .    FRANCISCO    .    JOSEPHO    .    I    . 

AERE    .    ECCLESIASTICO 

COOP    .    INCOLIS 

ANNO    .    MDCCCLXXVII 

ERECTVM 

A  completamento  dell' edifizio,  e  pel  necessario  suo  cor- 
redo provvide  1'  attuale  zelantissimo  paroco  Luca  Krassic 
con  alcune  somme  ottenute  graziosissimamente  da  S.  M.  L 
R.  A.  il  nostro  augustissimo  Imperatore  Francesco  Giuseppe 
1,  e  da  alcune  famiglie  zaratine,  che  hanno  in  questo  vil- 
laggio le  loro  terre  e  casini.  Vi  concorse  anche  l' immor- 
tale Pontefice  Pio  IX  di  s.  m.  col  dono  di  un  bellissimo  ca- 
lice d'argento  cesellalo. 

Oltre  la  parochiale  un'edicola  esiste  a  Lukoran,  dedicata 
alla  Natività  di  M.  V.  ed  alla  Ss.  Trinità.  È  lunga  m.  7. 
larga  6.  Ha  congiunta  una  cappelletta,  nella  quale  v'è  l'al- 
tare della  Ss.  Trinità.  Appartiene  al  capitolo  Metropolitano 
di  Zara,  il  quale  gode  anche  una  possessione  in  questo  vil- 
laggio, menzionala  in  scrittura  del  1404,  con  l'onere  di  1.12 
e  libbre  3  di  cera  all'anno  per  le  sacre  funzioni.  È  attual- 
mente in  cattivo  stalo  ed  indecenle  all'esercizio  del  culto. 
Sul  muro  esterno  della  cappelletta  leggesi  la  seguente  i- 
scrizione: 


—  96  — 

AD    .    LAVDEM    .    DEI 
ET    .    B    .    MAR    .    VIRO    .    PBR 
JOSEPH    .    BARBE    .    CIVIS    .    JADRAE    .    INCIPIT 

MDLXI    . 

L'aitar  maggiore  non  ha  che  la  mensa,  sopra  la  quale 
è  collocalo  un  quadro  di  s.  Giuseppe.  Appiedi  di  quesf  altare 
scorgesi  un  sepolcro  su  cui  è  scolpito  quanto  seguir 

D  .  o  .  M  . 

GEORGIVS    .   CORTINOVl 

JADRAE    .   CIVIS    .    ATQVE    .    CANCVS 

CVJVS  .  OSSA  .  HIC  .  CONDVNT  . 

QVIQ    .    DOCVIT 

DEVM    .    NON    .    MORTEM    .    TIMENDAM 

OBIIT 

ANO    .    AETATIS    .    SUAE    .    LXXXI    . 

DIE    .    XXV    .    MARTII    .    MDCCXXXIV    . 

Negli  atti  della  sacra  visita  quest'  edicola  trovasi  de- 
dicata air  Annunziazione  di  M.  V. 

Un'altra  chiesuola  trovasi  a  borra  nel  porto  del  vil- 
laggio. E  intitolata  a  s.  Antonio  Patavino.  Era  un  tempo 
beneficio  del  canonico  Corradini.  con  un'altare  e  tenui  pro- 
venti. Ora  è  proprietà  della  famiglia  zaratina  Salghetti-Drioli. 
Ha  questa  una  dimensione  di  m.  6  per  4.,  ed  un  solo  altare 
con  pala,  nel  cui  centro  è  dipinta  la  Vergine  col  putto,  ed 
ai  lati  s.  Antonio  e  s.  Giov.  Battista.  Sopra  la  porta  d'in- 
gresso che  mette  alla  via  pubblica,  è  scolpita  la  seguente 
epigrafe  : 

D    .    O    .    M 

VIRG    .    DEIP    . 

D    .    D    . 

SER     .     P     .     ANT     .     PATAV    . 

AB    .    FRANC    .    MAZARACHI 

CAN    .    J.^D    . 

D     .     D     .      D      . 

MDCCXVI    . 


—  97  — 

Donde  rilevasi,  che  il  fondatore  di  questo  beneficio  è  slato 
quello  stesso  al}ale  e  canonico  della  Metropolitana  di  Zara 
Francesco  Mazarachi  che  donò  alla  cattedrale  una  lampada 
d'argento.  Vedi  voi.  I  a  pag.  251 

Esistono  inoltre  in  questo  villaggio  gli  avanzi  d'un^  an- 
tichissima cappella,  e  dappresso  alla  medesima  quelli  pure 
d'un  edifizio,  altrettanto  antico  con  una  finestra  di  forma  go- 
tica. E  tradizione,  che  Tuna  e  l'altro  appartenessero  ai  mo- 
naci egiziani. 

In  documento  del  1677  evvi  memoria  della  Madonna 
della  cappella  di  Lukoran. 

Sei  erano  nei  tempi  andati  le  pie  confraternite  eh'  esi- 
stevano in  questo  luogo,  cioè  : 

a.  La  confraternita  del  Ss.  Sacramento  nella  parochiale, 
la  quale  colle  sue  rendite  ed  elemosine  manteneva  la  chiesa  ; 

h.  La  confraternita  del  titolare  s,  Lorenzo  m.  con  95 
confratelli,  e  rendite  in  natura,  che  servivano  alla  manuten- 
zione del  suo  altare,  menzionala  in  scrittura  del   1645; 

e.  Quella  del  Corpus  Domini  con  30  fratelli,  e  rendile 
in  natura  per  la  manutenzione  del  suo  altare,  mentovata  in 
docuuìento  del   1705; 

d.  Quella  delia  Ss.  Trinità  con  67  fratelli,  e  rendile  in 
natura,  ricordata  in  scrittura  del  1739: 

e.  Quella  della  B.  V.  della  Cappelizza^  di  cui  è  cenno 
in  istrumento  del  1692;  e  finalmente 

/.  Quella  delia  B.  V.  del  Rosario^  senza  statuto,  con 
24  fratelli  e  rendite  in  natura,  la  quale  sola  attualmente  esiste. 

La  parochia  conta  oggidì  690  abitanti,  divisi  in  due 
sezioni,  denominate  Lukoran  grande  e  Lukoran  piccolo.  Nel 
1754  ne  contava  426.  Il  paese  è  montuoso,  grebanoso,  e 
poco  produttivo.  L'aria  però  vi  è  salubre. 

La  casa  canonica  esisteva  nel  1671,  ma  resa  inservibile 
per  deperimento,  fu  riedificata  nel  1840  a  carico  del  fondo 
ecclesiastico.  E  una  delle  più  comode  canoniche  della  Diocesi. 

Serie  dei  parochi  e  cappellani  di  Lukoran. 


Giovanni  Matlessich 

paroco 

nel 

1532 

Giovanni  Sforinich 

55 

;? 

1670 

Filippo  Demicich 

JJ 

55 

1684 

Simeone  Squarlich 

55 

55 

1718 

Simeone  Fisulich 

5? 

ìy 

1738 

7 

—  98  — 

Martino  Dunicich  pa 

Michele  Dunicich 

Antonio  Longin 

Pietro  Bologna 

Giuseppe  Millin 

Lorenzo  Pestich 

Simeone  Massar 

Simeone  Sikirich 

Simeone  Marceliich 

Paolo  Rumora 

Giuseppe  Millin 

Pietro  Spanich 

Antonio  Maracich  Minor.  Os. 

Luca  Krassich 


•oco 

nel 

1739 

9) 

?^ 

1762 

« 

?5 

1762 

» 

?9 

1771 

JJ 

lì 

1815 

» 

n 

1821 

V 

?> 

1840 

?9 

99 

1851 

59 

99 

1863 

ìì 

5) 

1864 

J3 

y? 

1866 

J} 

99 

1867 

?? 

n 

1869 

9? 

57 

1872 

Sacerdoti  nativi  di  Lukoran. 


Giovanni  Hancich 
Michele  Fustich 
Stefano  Melada 
Francesco  Ghirich 
Simeone  Vuscovich 
Michele  Slachich 


nel 


99 


1570 
1708 
1717 
1726 
1746 
1759 


In  scrittura  del  1665  v'è  notizia  d'alcuni  terreni  ap- 
partenenti al  collegio  di  s.  Simeone,  posti  nella  località  Be- 
dricischine  di  questo  villaggio. 

Sant'Eufemia  (Sutomiscica). 

Sani' Eufemia^ hr  pfifi^tpftli»  delle  Vtlte  nell'isola  d*  Uljan., 
dagli  Slavi  appellata  Sutomiscica^  e  più  comunemente  Su- 
misnica^  è  situata  nel  mezzo  dell'  isola,  a  sud  di  Lukoran, 
dirimpetto  a  Zara,  nel  fondo  d'una  valle  amena,  che  serve 
di  porto  ai  naviganti.  Fin  dalla  sua  origine  apparteneva  a 
Lukoran  nel  temporale  e  nello  spirituale;  era  cioè  una  lo- 
calità ed  una  frazione  di  esso.  Cresciuto  in  seguito  il  nu- 
mero de'  suoi  ahitanti,  fu  eretta  in  Comune  separata,  di  modo 
che  mentre  in  scrittura  del  1349  la  si  trova  menzionala  quale 
località  soltanto,  in  scrittura  invece  del  1405  è  appellata  col 
titolo  di  villa  di  s.  Eufemia,  ed  in  altra  di  sìmil  data  è  me- 
moria dì  Prè  Pietro  suo  cappellano.  Dal  che  sembra  che 
allora  fosse  stata  dichiarata  cappellania.  Quando  sia  stala  e- 


—  99  — 

levata  a  parochia  non  consta;  trovasi  però  cenno  del  suo 
paroco  in  documento  del  1662,  il  quale  nel  1700  era  di- 
stinto col  grado  di  Vicario  foraneo. 

La  chiesa  di  s.  Eufemia  è  assai  antica.  E  infalli  no- 
minala in  più  scritture  del  1349,  1355,  1356  e  del  1402. 
È  questa  che  diede  il  nome,  dapprima  alla  valle,  poi  anche 
alla  villa.  Diroccata  dal  tempo  fu  riedificata  dai  villici  nel 
1679,  come  lo  farebbe  conoscere  l'iscrizione,  scolpita  sul- 
r architrave  della  porta  maggiore: 

MDCLXXIX 
FV  FATTA  QVESTA  CHIESA  SOTTO  IL  PAROCO  DON  TOME  (Micich) 

Fu  consacrata  dalT  arcivescovo  Friuli  nel  1710;  il  che 
si  rileva  dalla  lapide  infìssa  sul  muro  laterale  interno  dal 
lato  deir  epistola  dell'aitar  maggiore,  la  quale  suona  così: 

BI    KARSTENA    CRIKVA    SVETE    EVFEMIE    POD    PRISVITLIM 
ARKIBISKVPOM    VIKTORIO    PRIVLI    NA    26    NOVEMBRA    1710 

E  situata  fuori  del  villaggio  col  frontispizio  rivolto  a 
occidente;  è  costrutta  di  pietra  lavorata;  ha  la  dimensione 
di  18:50  m.  per  9:50,  una  nave  sola,  due  uscii,  e  sei  fi- 
nestre ad  arco.  La  sacrestia,  posta  dietro  l'aitar  maggiore  è 
lunga  metri  6,  larga  8 :  50,  e  ha  due  ingressi  ai  lati  elei 
medesimo.  Cinque  altari  di  marmo  a  quattro  colonne  ador- 
nano questa  chiesa,  «h ■  ò  u itfr"-'tlt41^-ptè--4#ll^^4l^^ 
Il  principale,  sulla  cui  mensa  poggia  un  bel  Ipbern acolo  di 
marmo,  è  intitolato  Siìì' Assunzione  di  M.  V.  il  cui  dipìnto  è 
di  buon  autore.  Quello  a  destra  del  maggiore  è  dedicato  al 
Dottore  s,  Girolamo^  la  cui  pala,  rappresentante  il  santo  pe- 
nitente, rivolto  in  atto  supplichevole  alla  V^ergine,  ritiensi 
condotta  da  pennello  maestro.  Segue  a  questo  l'aitar  delle 
anime  purganti.  Il  primo  poi  dal  lato  dell'epistola  è  il  t^ 
tolare  di  s,  Eufemia,  la  cui  statua,  scolpita  in  legno,  ornata 
d'argentea  corona,  di  manto  trapuntato  in  oro,  e  di  molti 
preziosi  voti,  è  racchiusa  in  una  nicchia  di  marmo  con  cristallo. 

Negli  alti  di  sacra  visita  del  1681  se  ne  trovano  in- 
dicati altri  due,  cioè  della  Ss.  Trinità  e  della  B.  V.  del 
Carmine,  Negli  alti  del  1671  trovasi  l'aitar  maggiore  de- 
dicato alla  B,    V,  del  Rosario. 


—  100  ~~ 

Un'elegante  torre  quadrata,  con  castelletto  in  cima,  fu 
dalle  fondamenta  innalzata  nel  1836  colle  obblazìoni  dei  vil- 
lici di  s.  Eufemia  e  di  Poljana.  E  distante  10  m.  dalia  chiesa, 
porta  due  sonore  campane  nel  piano  superiore,  una  alla  pa- 
trona, e  r  altra  a  s.  Girolamo  intitolate,  ed  anche  queste  fab- 
bricate a  spese  dei  villici  nel  1861.  In  quest'anno  poi  visi 
aggiunse  un  orologio. 

La  chiesa  non  ha  beni  di  sorla,  ma  si  mantiene  dSce^ 
rosamente  colle  generose  elemosine  dei  fedeli,  i  qììStSwio 
contenti  di  vedere  impiegati  gitidiziosamenle  i  frutti  di  lor 
fatiche  a  maggior  lustro  della  medesima. 

Fra  i  sacri  arredi,  di  cui  è  ben  fornita  sono  rimarchevoli 
due  paramenti  per  la  loro    antichità  e  singolarità  di    lavoro. 

La  parochia  di  s.  Eufemia,  alla  quale  ò  aggregata  T  at- 
tigua località  di  Poljana^  conta  di  presente  1189  anime. 
Nel  1754  s.  Eufemia  assieme  con  Oltre  faceva  1036  anime. 
/  11  paroco,  che  una  volta  era  vicario  foraneo,  è  oggidì 
Decano  di  tutta  l'isola  d'Uljaiiii 

La  casa  parochiale  antica  e  malconcia  fu  riedificata  nel 
1837  a  spese  del  fondo  ecclesiastico  colia  concorrenza  dei 
villici  e  da  poco  tempo  ampliata. 

Quattro  pie  confratcrne  esistevano  in  questa  parochia 
nel  1808,  cioè  (a  di  s.  Eufemia  con  100  fratelli,  e  rendite 
in  denaro  della  quale  è  menzione  in  scrittura  del  1614  e 
negli  atti  della  visita  canonica  del  1671  ;  (h  del  Corpus  Do- 
mini con  50  fratelli  e  rendite  di  beni  campestri,  la  quale 
fu  eretta  formalmente  verso  la  metà  del  secolo  decimoset- 
timo, e  di  cui  è  cenno  negli  atti  della  visita  pastorale  del 
1671,  e  che  fu  approvata  dall'arcivescovo  Balbi  intorno  al 
1660;  (e  delle  anime  del  Purgatorio  con  40  fratelli,  ed  e- 
limosine  ;  e  ("^  di  s.  Giuseppe  con  36  fratelli  ed  elemosine. 
Oltre  alle  suddette  ve  n'erano  anticamente  altre  due  intitolate 
alla  B.   V.  Assunta^  e  alla  B.    V.  del  Rosario, 

Oltre  alla  prefata  chiesa  parochiale  vi  sono: 

1.  La  cappella  di  san  Gregorio  Magno^  situata  alle 
sponde  del  mare  sopra  la  punta  ponenlale  della  valle  di  s. 
Eufemia  per  cui  anche  adesso  porta  il  nome  di  Punta  dis. 
Gregorio.  Per  essere  malconcia  ed  abbandonata,  venne  in- 
terdetta, ma  fu  non  ha  guari  restituita  al  culto,  dopo  che  è 
stata  anche  ristaurata  a  spese  dei  fedeli.  Vicino  ad  essa  scor- 
gonsi  sdruscite  muraglie,  avanzo  d'antico  asilo  di  Eremiti 
Francescani,   ivi   stabilitisi   al  principio  del   secolo   decimo- 


\ 


—  101    - 

quinto,  e  poscia  trasportatisi  nello  scoglietto  dì  s.  Paolo. 
Leggesi,  infatti,  in  documento  del  20  dicembre  1460,  che 
bombardino  de  Soppe  lasciò  100  ducati  d'  oro  per  la  ripa- 
razione della  chiesa  di  san  Gregorio,  posta  sulla  punta  della 
valle  di  s.  Eufemia,  e  pei  ristauri  della  casa  attigua,  ad  uso 
di  quattro  Eremiti  Francescani,  verso  V  adempimento  di  certi 
obblighi;  ma  che  col  tempo  trovando  essi  di  non  poter  ai 
medesimi  di  sottostare,  né  campar  ivi  convenientemente  la 
vita  vennero  dall'  arcivescovo  Matteo  Valiaresso  trasferiti  a 
Zaglava,  mentre  i  Frati  di  Galevaz  restarono  in  possesso  dei 
beni  Soppe,  prendendosi  l'incarico  di  soddisfare  agli  obblighi 
annessivi.  E  così  restarono  abbandonati  e  il  chiostro  e  la 
chiesa  di  s.  Gregorio,  la   quale  aveva  il  suo   altare. 

2.  La  chiesa  di  s.  Michele  in  monte.  Sulla  sommità  di 
un  monte,  che  alto  s'  erge  neir  isola  d' Uljan  dirimpetto  a  Zara, 
sorge  nel  centro  d'un  castello  una  chiesa  antichissima,  acuì,, 


I 


era  congiunto  un  chiostro  di  religiosi,  col  titolo  di  badia. 
Narrano  le  nostre  cronache  che  e  chiesa  e  convento  sien(^ 
slati  eretti  Tanno  988  dal  vescovo  di  Zara  Prestanzio  as--"^ 
sieme  a  suo  fratello  Madie,  rettore  della  città:  che  la  chiesi^ '"^ 
sia  stata  dedicata  ali  arcangelo  s.  Michele,  da  cui  prese  nomo  .  |®  w 
il  castello  non  meno  che  il  monte;  e  che  ambidue  questi^  ^®* 
sacri  edifizii  furono  da  loro  donati  ai  monaci  benedettini,  ì^"^^ m 
quali  già  in  allora  avevano  qui  in  Zara  un  cenobio  ed  ui*^  u^^ 
tempio  a  s.  Grisogono  consacralo,  ed  oltre  a  ciò  una  easi^^-j*^ 
ed  una  edicola^  la  quale  servì  dippoi  di  sagrestia  alla  chies  i^  «^^ 
di  s.  Silvestro.  Dalle  stesse  cronache  rilevasi,  che  allorquand 
i  Veneti  nel  1202  smantellarono  Zara,  edificarono  in  que^ 
sito  una  rocca  ben  munita  accerchiandone  di  forti  muraglie 
e  d'alte  torri  il  convento  e  la  chiesa,  e  munendola  di  pre- 
sidio onde  tener  in  freno  i  vinti,  e  poter  scoprire  da  lon- 
tano i  navigli  nemici,  che  a  loro  danno  scorrevano  il  mare. 
Tale  si  è  l'origine  del  castello,  del  chiostro,  e  della  chiesa 
di  s.  Michele  in  monte  d' Uljan.  Da  una  carta  del  1203  si 
ha  che  il  castello  aveva  un  circuito  di  280  metri,  e  che  la 
chiesa,  lunga  20  e  larga  8  metri,  era  fabbricata  a  volto 
reale,  e  con  buon  stile  di  architettura.  Questa  chiesa,  cosi 
antica,  tuttavia  si  conserva;  non  così  il  chiostro  che  andò 
in  rovina,  non  iscorgendosi  di  esso  che  le  fondamenta  ed  i 
suoi  frantummi.  Dai  ruderi  si  scorge  che  ciascun  monaco  a- 
veva  la  sua  abitazione  separata  con  orticello  dappresso.  Sus- 
siste oggidì  anche  il  castello,  ma  sdruscito,  ed  una  puranco  delle 


—  102  — 

Ire  torri  eh'  I  fiancheggia vono,  heiichè  dimezzala  da  un  ful- 
mine, che  la  colpi  nel  1162.  Questo  sacro  asilo,  che  da  prin- 
cipio era  ahilalo  da  monaci  j3iù  giovani,  venne  in  seguilo 
nel  1166  eroUo  in  abbazia.  Fra  i  suoi  abbali  si  noverano 
i   seguenti  : 

Abbati  benedettini  di  s.  Michele  in  monte  d'Uljan. 

Giovanni  nel  1166  Matteo  nel  1316 

Madio  „  1190  Pietro  „  1340 

Giovanni  „  1194  Gregorio  ,,  1387 

Donato  „  1198  Nicola  „  1395 

Pietro  „  1200  Luca  „  1400 

Nicola  „  1282  Nicola  „  1421 

Gregorio  „  1292  Pietro  „  1432 

Jacopo  j,  1307  Luca  „  1450 

Paolo  „  1309 

Nel  secolo  decimoquinto  l'abbazia  di  s.  Michele  fu  con- 
vertita in  Commenda,  e  consegnata  a  persone  del  clero  se- 
colare. D'allora  il  chiostro  non  fu  più  custodito  dai  monaci 
Benedettini,  ma  da  due  Eremili,  come  ci  fanno  teslimonianza 
le  antiche  memorie  dì  Zara:  Anno  1681  morabantur  duo 
Jierernitae  in  monte  apud  Ecclesiamet  Castrum  s.Michaeìis: 
e  perchè  all'abbaio  Commendatario  riusciva  disagevole  la 
celebrazione  dello  messe  fondazionali  su  quel  monte  allo  e 
scosceso,  venne  eretta  nel  piano  al  lido  del  mare  nella  punta 
di  Poljana  una  casa  con  una  chiesuola  in  onor  di  s.  Pietro 
ap.  la  quale  ancora  sussiste,  come  tra  poco  vedremo. 

Abbati  Commendatori  di  §>  Michele  in  Monte. 

Giovanni  de  Barbo                            nel  1483 

Stefano  de  Cortese  areno  di  Zara.  .,  1502 

Giovanni  Celio,  Prolon.  apost.           „  1521 

Francesco  Superanzio  „  1540 
Matteo  de  Marchetti  canonico  del 

capitolo  di  Zara  „  1555 
Muzio  Gallino  arcivescovo  di  Zara, 

ullimo  abbate                                    ^  1565 

L'  abbate  Commendatario  di  s.  Michele  in  Monte  aveva 
il  terzo  posto  nei  Sinodi  Diocesani. 


—  loa  — 

Succeduti  i  Padri  Domenicani  dì  Zara  nel  possesso  di 
questa  abbazia  in  forza  d'una  Bolla  di  Pio  V  del  1571,  si 
fabbricarono  essi  presso  il  mare  un'ospizio,  cbe  tuttora  sus- 
siste, ed  in  esso  una  chiesuolelta,  che  fu  nel  1794  benedetta 
in  onore  di  Tuli'  i  Santi  dell'  ordine,  sotto  il  patrocinio  di  s.  Pio  V. 

L'abbazia  di  s.  Michele  avea  nei  suoi  dintorni  pingue 
possedimento,  che  quei  religiosi  di  s.  Domenico  godettero 
fino  alla  sopressione  del  loro  convento  di  Zara,  cioè  fino  al 
1807,  nella  qual  epoca  passò  a  far  parte  dei  fondi  per  la 
pubblica  istruzione,  y  augustissimo  nostro  Imperatore  Fran- 
cesco Giuseppe  L  secondando  il  desiderio  esternalo  alla  Maestà 
Sua  dall'  arcivescovo  Giuseppe  Godeassi  di  buona  memoria, 
la  devolse  nel  1858  a  benefizio  del  Seminario  Diocesano 
Zmajevich,  ed  a  tal  fine  venne  anche  canonicamente  incor- 
porala alla  fondazione  Diocesana. 

La  elevata  posizione  del  Castello  di  s.  Michele  lo  rese 
nei  tempi  di  guerra  assai  importante.  Era  punto  adattatissimo 
a  sorvegliare  i  movimenti  marittimi  del  canale  di  Zara,  e 
del  golfo  Adriatico;  e  quindi  anche  ai  nostri  giorni  ebbe  a 
servire  perbene  ad  uso  di  telegrafo,  che  corrispondeva  con 
quello  della  torre  di  Zara.  L'anno  1344  era  presidiato  da 
60  militi,  e  nel  1395  da  13  con  un  contestabile. 

La  chiesa  di  s.  Michele  in  monte,  come  abbiam  detto 
di  sopra  si  conserva  ancora  in  piedi,  abbenchè  sia  abbando- 
nata, e  priva  di  altare.  Ha  due  stemmi  abbaziali  scolpiti  sul- 
r  architrave  delia  sua  porta  d' ingresso,  i  quali  appalesano  le 
passate  sue  glorie. 

3.  La  chiesa  di  s,  Pietro  apostolo.  Questa,  di  cui  si 
è  parlato  più  sopra,  è  situala  sulla  punta  orientale  della 
località  di  Poljana,  e  si  mantiene  tuttora  in  buono  stato.  Ha 
un'altare,  su  cui  si  celebra  nella  festività  del  titolare.  La 
Fondazione  Diocesana  n'è  in  possesso,  e  provvede  alla  sua 
conservazione,  facendo  parte  la  medesima  dell'Abbazia  sop- 
pressa di  s.  Michele  in  Monte. 

4.  La  chiesetta  di  s.  Pio  F,  annessa  all'  ospizio  di  cam- 
pagna, posto  alle  rive  del  mare  di  Poljana,  ora  di  proprietà 
della  fondazione  Diocesana.  È  fuor  d'  uso,  ed  in  essa  come 
nella  precedente  i  Padri  domenicani  adempivano  gli  obblighi 
fondazionali  di  messe,  pertinenti  all'abbazia  di  s.  Michele, 
come  sopra  si  disse. 

5.  La  cappella  privala  della  B.  V,  Annunziata^  eretta 
Tanno  1686  entro  una  palazzina    della  nobil  famiglia   zara- 


—  104  — 

lina  de  Lantana.  Questa  pure  sussiste^  ed  è  tenuta  in  ordine. 
La  seguente  epigrafe  scolpita  sul  fronlale  fa  conoscere  ctie 
fu  eretta  da  Marcantonio  de  Lantana,  e  consacrata  dall'ar- 
civescovo Bernardo  Florio: 

SACRARIVM 

AB    .    ANTISTITE    .    FLORIO    .    B    .    M    .    V    .    CONSECRATUM 

QVOD    .   PIETAS    .    M    .    ANT  .  LANTANAE    .    EXTRVXIT 

QVICVMQVE    .    ES    .    VENERARE 

HIC    .    SERAPHICI    .    REFORMATOR    .    ORDINIS    .    EJVS    .   FRATER 

PRIMVS     .     LITAVIT     .     ALTISSIMO 

CVJVS    .    NOMINIS    .    ET    .    PATERNAE    .    PIETATIS    .    HAERES 

HORATIVS 

AVCTIS    .    CIRCVMQVAQVE    .    DELITIIS 

VT  .  TANTI  .  PATRIS  .  AC  .  OPERIS  .  DVRARET  .  MEMORIA 

MARMORI .   COMENDAVIT 

ANNO    .    DOMINI    .    MDCLXXXVII 

Si  hanno  memorie  scritte,  che  Marcantonio  de  Lantana,  di 
cui  è  parola  nell'epigrafe.,  conducesse  nel  1(3(J3  una  colonia 
d'italiani  agricoltori,  per  ridurre  a  buona  coltura  la  sua  pos- 
sessione di  s.  Eufemia. 

Era  costume  dei  Provveditori  Generali,  lorquando  ter- 
minavano la  loro  carica  in  Zara,  di  portarsi  con  solennità., 
e  con  molti  navigli  pubblici  in  cotesto  villaggio,  ed  ivi  nella 
suddetta  palazzina  atlendere  e  ricevere  il  loro  successore 
per  consegnargli  l'ufficio.  Questo  costume,  ch'era  accom^ 
pagnato  da  lieti  festeggiamenti  e  da  pubbliche  dimostrazioni 
di  riverenza  ossequiosa  e  di  affetto,  perdurò  sino  al  1759, 
in  cui  partì  da  Zara  il  Provveditore  Carlo  Contarini. 

6.  Cappella  del  Dottor  s.  Girolamo,  Negli  atti  di  sacra 
visita  del  1674  si  trova  accennata  questa  chiesa  nella  pa- 
rochia  di  s.  Eufemia.  Non  si  conosce  di  essa  ne  la  posi- 
zione né  il  suo  fine.  Era  dessa  di  juspatronato  dell'antica 
famiglia  zaratina  Desiderati,  la  quale  provvedeva  al  suo  man- 
lenimento.  Aveva  un  solo  altare,  ed  un  campanile  sulla 
sommità  della  facciata  con  una  campana. 

7.  La  chiesa  antica  di  s.  Andrea  ap.  In  scrittura  del 
1387  è  cenno  di  questa  chiesa,  di  cui  oggidì  non  se  ne 
conoscono  neppur  le  traccie. 


—  105  — 

8.  La  chiesa  di  s.  Martino  v.  E  ricordala  in  carta  del 
1479,  ma  neppur  di  questa  si  sa  il  destino. 

Serie  dei  parochi  e  dei  cappellani  di  s.  Eufemia. 


Prò  Pietro  cappellano  nel 

Luca  Spai*  paroco 

Gre^.  Salalich  detto  Profazza 
Tommaso  Mici  eh 

Giorgio  Drazevich  cappellano 

Girolamo  Spar        paroco  56  anni 


Antonio  Cusmicli 

Antonio  Dorchicli 

Tommaso  Micich 

Girolamo  Caslellanich 

Simeone  Simich 

Paolo  Gherdovich 

Matteo  Brisich 

Giovanni  VI  a  hi  eh 

Giovanni  Levacich 

Giorgio  Cioban 

Sim.  Perioh  can.  titol.  di  Nona 

Giovanni  Levacich 

Marco  Pellizzarich 

Giorgio  Livich 

Marco  Zvittanovich  paroco  e  decano, 
insignito  della  croce  d'oro  del  merito 
con  corona  nel 

Simeone  Pullissich  paroco  e  decano, 
canonico  onor.  del  Capit.  Melrop.  nel 


cappelhino 

n 

?? 

paroco 
cappellano 

paroco 
cappellano 

paroco 

?5 
?? 
5? 
?? 
?? 


1405 
1662 
1664 
1670 
1681 
1714 

1737 
1738 
1742 
1762 
1763 
1771 

1815 
1821 
1825 
1826 
1840 
1843 


1844 
1864 


Antiche  famiglie  di  s.  Eufemia. 


Bacchich 

in 

documento 

del 

1395 

Crisanich 

?? 

?? 

1400 

Filippovich 

?? 

99 

1405 

Budacovich 

)t 

» 

1406 

Milossevicli 

V 

?? 

1432 

Barbich 

?; 

?? 

1694 

Sikirich 

?> 

n 

1703 

Cazzar) 

?9 

}'> 

1720 

Pavin 

9) 

» 

^y 

1740 

—  106  — 

L'amena  valle  di  s.  Eufemia,  tanto  lodata  dall' or  de- 
funto illustre  letterato  Nicolò  Giaxich^  è  ricordata  nelle  auliche 
nostre  scritture.  Fassi  d'essa  menzione  in  documento  del 
1349;  d'un  certo  Giovanni  q.m  Juray  suo  abitatore  in  caria 
del  1355;  e  d'una  sua  casa  campestre  in  istrumento  del 
1383.  In  scrittura  poi  del  1423  è  memoria  di  14  ^saline  di  / 
proprietà  della  chiesa  di  s.  Grisogono  di  Zara,  esistite  sulla 
punta  della  valle.^'^^^^  ,_,.^^«,^«^-^^ 

Oltre  (Preko). 

Di  fronte  alla  città  di  Zara,  alla  distanza  di  circa  3 
miglia.,  giace  sull'isola  di  Uljan,  vicino  a  s.  Eufemia  il  bel 
villaggio  di  Oltre.  Nelle  auliche  scritture  è  denominato  sejii- 
jpre  col  titolo  di  Otocli^  e  di  Ultra  harcaneum,  cioè  Oltre 
il  barcagno  di  s.  Michele;  più' tardi  e  per  brevità  col  solo 
nome  di  Oltre  in  italiano,  e  di  Preko  in  slavo.  Fu  appel- 
lato Oltre  it.  barcagno  pel  continuo  tragitto  marittimo,  che 
facevasi  ne'  tempi  andati,  e  fassi  pur  oggidì  dai  cittadini 
di  Zara  e  dai  villici  di  Oltre,  gli  uni  per  aver  ivi  i  lor 
casini  dì  delizie,  gli  altri  per  esser  in  continua  relazione 
colla  città.  In  documento  del  1392  è  menzionalo  il  Tra- 
ghetto di  s.  Michele.      ^ 

Una  iscrizione  lapidaria,  esìstente  sopra  la  porla  d'in- 
gresso al  casino  campestre  ora  di  proprietà  dei  signori 
Salghetti-Drioli.,  e  pria  dei  signori  Cernizza,  farebbe  sup- 
porre che  a  Olire  sussistesse  nel  secolo  decimosesto  una 
popolazione,  abbenchè  per  nazione  d'oltremare  debbasi  in- 
tendere la  popolazione  di  tutti  gli  scogli  posti  dirimpetto 
a  Zara. 

L'iscrizione  è  la  seguente: 

Vvco  Cernizza  p.(er)   la  ser.  rep.  di  ven.  coLL.(onello) 

DELLA   NATIONE   OLTRAMARE   P.(er)   LVI   E   SVCESSORI 

CON     DISPENDIO     ET     INCOMODO     d' INCVLTO    E    DESERTO 

FABRICÒ    QVESTO    EVOCO    DELICIOSO 

M    .    D    .    L    .    X    .    V    .    I    . 

E  questo  villaggio  molto  benestante.,  poiché  tanto  gli 
uomini  che  le  donne  sono  amanti  della  fatica,  e  del  lavoro, 
da  cui  ritraggono  grandi  vantaggi.  Assieme  con  s.  Eufemia 
dipendeva  per  lo  innanzi  dal  paroco  di  Luk^ran.  Quando  sia 


—  107  — 

stato  eretto  in  parochia,  non  consta,  non  trovandosi  anno- 
verata, come  tale,  negli  alti  delle  visite  pastorali,  neppur 
del  1700.  Il  primo  paroco,  che  abbiamo  trovato  negli  atti 
antichi,  è  nominalo  in  documento  del  1756;  dal  che  puossi 
dedurre  con  molla  probabiliU\  che  questa  villa  sia  slata  di- 
chiarata parochia,  indipendente  da  Lukoran,  nella  seconda 
metà  del  secolo  decimottavo. 

L'antica  sua  chiesa,  dedicata  alla  B.  V.  del  Rosario,  fu 
nel  1765  riedificata  dai  villici  per  cura  del  paroco  Matteo 
Brisich,  ingrandita  e  lastricata  nel  1773  dalf  arcivescovo 
Michele  Triali.  Ha  la  forma  di  un  quadrilatero,  lungo  m.  17, 
largo  m.  8,  alto  m.  6.  È  incapace  a  contenere  T  odierna 
popolazione  di  Olire,  che  supera  il  numero  di  1300  anime. 
Air  esterno  offre  un  aspollo  poco  elegante,  nelF  interno  non 
ha  nulla  di  rimarchevole.  Ha  tre  altari  di  marmo  de'  quali 
il  maggiore,  dedicalo  alla  Vergine  del  s.  Rosario,  è  di  un 
ben  condotto  lavoro.  Uno  dei  laterali  è  intitolato  al  Suffra- 
gio, la  cui  pala  fu  dipìnla  da  Francesco  Salghetli,  egregio 
pilturf^  zaratino.  L'allro  è  dedicalo  al  Ss.  Crocifisso.  Ve  ne 
ha  un  quarto,  di  legno  invernicialo,  nel  cui  nicchio  è  col- 
locala una  statua  della  B.  V.   della  Salute. 

Il  campanile  è  a  torre  quadrata,  e  dev'  essere  poste- 
riore air  ingrandimento  della  chiesa.  Non  consta  però  del- 
l'epoca di  sua  erezione.  E  alto  32  metri.  Ha  quattro  cam- 
pane, la  quarta  delle  quali,  eh' è  la  minore,  dee  aver  ap- 
partenuto all'antica  chiesa,  di  cui  femmo  menzione  di  sopra, 
dappoiché  porta  impresso  l'anno  1633,  come  si  vede  nella 
epigrafe  : 

OPVS    ANTONII    depoli    .    FECIT    VENETIIS    ANNO    DOMINI 

MDCXXXIII 

Le  due  mezzane  vennero  fuse  in  Zara  nel  1836  nella  officina 
di  Giovanni  Colbacchini  dì  Bassano  a  spese  dei  villici  e  per 
cura  del  paroco  Vito  Dunatov;  il  che  risulta  dalla  iscrizione  : 

JOANNES    COLBACCHINI    BASSANEN    .    JADERAE    FECIT    ANNO 

MDCCCXXXVI    . 

La  maggiore,  eh' è  del  peso  di  mille  funtì,  è  opera  dì  Pietro 
Colbacchini  del  1860,  come  leggesi  sopra  la  medesima: 

OPyS    PETRI    COLBACCHINI    BASSANEN    .   MDCCCLX    . 


—   108  — 

Canonica  non  esiste  aUiialmente  in  questa  parochia.  Una 
casella  comunale  serve  dì  abitazione  al  paroco.  E  in  per- 
traltazione  F erezione  di  un  nuovo  corrispondente  edifizio. 

Tre  erano  una  volta  le  confraternite  in  Oltre:  una  del 
Purgatorio  con  70  confratelli  e  rendite  di  beni  campestri 
ed  elemosine;  era  dedicata  alla  B.  V.  del  Carmine,  e  munita 
di  statuto  relativo:  T  altra  del  Rosario  con  75  confratelli  e 
rendile  di  beni  ed  elemosine:  la  terza  di  s.  Croce  con  44 
fratelli  e  rendite  simili  alle  precedenti.  Tulle  tre  furono 
soppresse  nel  1808. 

Serie  dei  parochi  di  Oltre. 


Michele  Dunicih 

Matteo  Brisicli 

Michele  Nisich 

Sime  Barbarossa 

Jure  Nisich 

Sime  Massina 

Francesco  Franich 

Giovanni  Kosta  da   Oltre 

Giuseppe  Marcellich 

Vito  Dunatov 

P.  Bonaventura  Depiera 

P.  Romano  Gherscovich  del 

3  0  Ordine 
P.  Celestino  Buich 
Simeone  Sorich 
Michele  Ciurkovic 
Simeone  Slanìc 


paroco 

nel 

1756 

» 

95 

1765 

» 

59 

1771 

n 

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1786 

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1788 

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1856 

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59 

1863 

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55 

1867 

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n 

1875 

n 

55 

1876 

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59 

1878 

Bcoglietto  Galevaz,  ovvero  s.  Paolo. 

Presso  la  villa  di  Oltre,  rimpelto  a  Zara,  sorge  uno 
scoglio,  dello  Galevaz^  che  anche  scoglietlo  di  s.  Paolo 
viene  appellalo,  per  essere  sialo  abitalo  una  volta  dai  seguaci 
di  quel  primo  santo  Eremila,  dal  nome  del  quale  fu  pure 
intitolala  F  antichissima  sua  chiesa.  Essi  poi,  a  quanto  nar- 
rasi, l'abbandonarono  passando  in  Ungheria,  ed  in  luogo  loro 
vi  si  stabilirono  i  Terziarii  Francescani,  a  merito  del  nobile 
zaralino  Borlolomeo  de  Milano,  dai  cui  commissarii  si  trova 
memoria  che  nel  1443  fossero  corrisposti  a  que'    padri   ol- 


^  109  — 

tantacinque  ducali  d' oro  per  la  fabbrica  del  chiostro,  come 
pure  da  posteriori  memorie,  T  ultima  delle  quali  del  1448, 
rassegnamento  ad  essi  rilevasi,  e  la  consegna  dello  scoglio,- 
chiesa  ed  altri  beni  assegnali  per  la  loro  sussistenza;  lo 
che  veniva  indi  sancito  nel  1454  dall'arcivescovo  Maffeo 
Valaresso,  a  ciò  dal  Pontefice  delegato.  Nel  1516  ristaurati 
furono  dalla  pietà  dei  fedeli  e  chiesa  ed  ospizio,  e  fu  lo 
scoglio  ridotto  a  buona  coltura  dalla  diligenza  dei  Padri, 
presso  i  quali  esistevano  anche  parecchi  manoscritti  illirici 
di  cose  dalmate.  Così  il  P.  Fabianich  nel  I  volume  della 
sua  Istoria  dei  Frati  minori. 

La  chiesa,  da  prima  a  s.  Paolo  I  Eremita,  venne  poscia 
dedicata  in  onore  del  Precursor  di  Cristo  s.  Gio.  Battista. 
Vi  sono  in  essa  sepolture  del  dodicesimo  secolo,  e  d'intorno 
alla  medesima  scorgonsi  ruderi  di  fabbriche  antiche.  Havvi 
in  essa  un  bel  dipinto  di  Francesco  Salghelti,  rappresentante 
s.  Rocco.  Sul  pilastro  superiore  della  porla  principale  leg- 
gasi la  seguente  iscrizione: 

HORATIVS    BELLOTVS   VENET    .    EPS    NONEN    .     TEMPLVM     HOC 

IN    HONOREM    DIVI    PAVLI    PRIMI    EREMITAE 

ET    ALTARIA    CONSECRAVIT    V    .    KAL    .    JAN    .    MDXCVI 

SVB    GVARD    .    F    .    MICH    .   NISICH 

Donde  si  eruisce,  che  la  consacrazione  della  chiesa  dello 
Scoglietto  venne  fatta  nel  1596  dal  vescovo  di  Nona  Orazio 
Belloti  sotto  il  guardianato  di  frate  Michele  Nisich. 

Un'antica  confraterna  esisteva  in  questa  chiesa  nel  1695 
sotto   il  titolo  di  Scuola  di  s.  Paolo.  Fu  soppressa  nel  1808. 

Questo  scoglietto,  destinalo  sino  da'  tempi  lontani  al- 
l' espurgo  dei  bastimenti  infetti  di  mal  contaggioso,  fu  nel 
1791   reso  deserto,  e  perfino  privato  dei  suoi  olivari  e  vigneti. 

Scoglietto  Osliak. 

Un  altro  scoglietto,  a  scilocco  del  precedente,  sorge 
presso  il  villaggio  di  Oltre.  Il  suo  nome  antico  è  Osliak, 
Venne  poscia  denominalo  Kalugerà^  ed  anche  Lazzaretto. 
Apparteneva  un  tempo  alla  mensa  arcivescovile  di  Zara, 
come  leggesi  in  scritture  del  1320,  e  poscia  da  essa  affiliato 


~  110  — 

per  pastura,  indi  nel  1555  livellalo  in  pcrpeluo  ai  nobili  di 
Zara  Cedolini,  dai  quali  Io  ebbero  in  seguilo  i  Cortese,  i 
Pozza  ed  i  Soppe,  da  cui  lo  acquistò  il  Calogerà.  donde 
passò  in  Licini  per  compravendita,  dal  quale  fu  livellato  ai 
Carrara.  Ultima  posseditrice  ne  fu  la  famiglia  Giurich.  Nel 
1641,  minacciando  il  morbo  pestilenziale  d'invadere  queste 
contrade,  venne  stabilito  in  questo  scoglielto  un'ospitale,  col 
titolo  di  Lazzaretto^  con  tutto  il  necessario  corredo,  per 
accogliere  tutti  quelli  che  si  fossero  dimostrati  sospetti  di 
questo  rio  malore.  Un'  altro  simile  ne  fu  istituito  nel  preac- 
cennato scoglietlo  di  Galevaz  per  la  cura  degli  appestali. 
D'ambidue  questi  asili  ne  fan  menzione  i  nostri  cronachisti 
nel  modo  che  segue  :  Huic  insulae  s.  Michaelis  adjacent  in 
freto  Jadertino  duo  scopidi^  ubi  7iaves  ex  Oriente^  ac  prae- 
sertim  ex  regionibus  pestilentia  afflìctis  dispersae.  certo 
dierum  spatio  jubentnr  subsistere.  et  vectores  ac  merces 
purgarla  ne  si  quid  contaglonis  secum  afferant^  incolis  adhae- 
reat^  lateque  p)ropagetur^  et  ibidem  ad  curandos  lue  affé- 
ctos  duo  erant  Nosocomia,  Questa  misura  però  non  valse 
a  rimuovere  il  fiero  morbo,  che  anzi  spopolò  Zara  di  nobili, 
ecclesiastici,  cittadini  e  borghigiani,  le  cui  ossa  riposano 
tuttora  raccolte  in  una  profonda  voraggine. 

Andato  col  tempo  in  mina  il  Lazzaretto  di  Osliak.  coi 
ruderi  del  medesimo  fu  edificala  intorno  al  1723  dal  cav. 
Giacomo  Calogerà  una  comoda  abitazione,  fu  messo  a  coltura 
il  terreno,  e  collocalo  nel  1725  un  molino  a  vento  per  la 
macinatura  dei  cereali,  il  quale  or  più  non  esiste.  Ivi  tro- 
vasi una  cappella,  dapprima  intitolata  al  dottor  s.  Girolamo, 
ed  ora  alla  B.  V.  Assunta,  la  quale  venne  di  recente  ristau- 
rata  e  provveduta  di  tutte  le  necessarie  suppellettili  dalla 
zaratina  famiglia  Nachich,  che  n'è  oggidì  proprietaria,  e  che 
ridusse  tutto  lo  scoglio  a  luogo  di  delizie.  Nella  suddetta 
cappella  esiste  una  iscrizione  lapidaria  del  seguente   tenore  : 

HAC    .    SACRA    .    IN    .   AEDICVLA 

DIE    •    XXIV    .    SEPTEMBRIS    ,    MDCCCLXII  . 

PRIMVM    .    SVVM    .    SACRVM 

SACERD^S 

^ILLIPVS    .    NACHICH 

FECIT    . 


Ili 


Cale  (Kalì). 

A  scilocco  di  Oltre  e  da  essa  disiatile  non  più  d'un 
miglio,  sulla  stessa  isola  d' Uljan,  presso  il  mare  è  situata 
la  villa  di  Cale^  dagli  slavi  delta  Kal\  col  qual  nome  la 
si  trova  menzionata  in  scritture  del   1349. 

Al  levita  ed  inclito  martire  san  Lorenzo  è  dedicata  la 
sua  chiesa,  che,  come  si  rileva  da  antichi  documenti,  di  già 
esisteva  nel  1404,  ma  in  hrevi  dimensioni,  per  cui  piuttosto 
cappella  anziché  chiesa  doveasi  appellare.  Fu  dalle  fonda- 
menta ricostruita  nel  1698  a  spese  del  Comune,  per  cura 
del  paroco  Matteo  Longin,  in  più  ampie  dimensioni,  e  più 
tardi,  cioè  nel  1777  consacrata  il  13  luglio  dall'arcivescovo 
Carsana,  come  leggesi  nella  seguente  lapide  esistente  sopra 
il  suo  principale  ingresso: 

NA  .  13  .  LVGIA  .  1777  ,  BI  .  KRSCHIENl  .  OVA  .  ZRIQVA  . 

S  .  LOVRINCA  .  OD  .  PRGA  .  GOSPNA  .  JOANNA  .  CARSANA 

.  ARCIBISKVPA  .  ZADARSKOGA 

Si  riscontrano  ancor  oggidì  sulle  pareti  le  croci  della  con- 
sacrazione, la  cui  commemorazione  si  celebra  ogni  anno  con 
festa  solenne.  Giace  la  medesima  all'  ingresso  del  villaggio 
su  di  una  collina  dal  lato  di  maislro.  È  lunga  24  metri, 
larga  12;  ha  una  sola  nave  con  sei  altari,  quattro  dei  quali 
di  marmo,  due  di  legno.  11  maggiore  che  appartenne  alla 
soppressa  chiesa  di  s.  Catarina  di  Zara,  è  dedicato  al  titolare 
s.  Lorenzo  m.,  il  secondo  alla  B.  V.  del  Rosario,  il  terzo 
e  il  quinto  alla  Santa  Croce,  il  quarto  alla  B.  V.  Addolo- 
rata, ed  il  sesto  alla  Ss.  Trinità.  L'umile  suo  campanile  con 
due  sonore  campane  è  posto  sopra  la  sacristia. 

In  s.  Laurentio  de  Cale^  dice  l'arcivescovo  Caraman, 
pretioso  ex  marmore  aitarla^  decori  Calices^  Candelahra 
argentea^  argenteae  Cruces^  et  Lampades^  cera  copiosa^ 
nova  amplioris  Ecclesiae  constructio^  omnisque  sacra  su- 
pellex  ad  usum^  et  ornatmn. 

Air  aitar  di  s.  Lorenzo  è  unito  un  beneficio  semplice, 
fondato  nel  1530  dalla  preesistita  famiglia  zaratina  de  Delrico, 
consistente  in  beni  campestri,  colf  obbligo  di  Messa  e  Ve- 
spero  al  suddetto  altare  nella  festività  del  santo  patrono.  Il 
suo    beneficiato    avea    il   titolo    di    rettore    della    chiesa    di 


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s.  Lorenzo  di  Cale.  Tali  furono  un  Simeone  Begna  nel  1582, 
Girolamo  Caslelnuovo  nel  1678.  un  Antonio  Andriani  nel 
1686,  Antonio  Bolognese  nel  1710,  Giovanni  Grisogono 
nel   1728,  ecc. 

La  canonica  venne  eretta  dalle  fondamenta  per  cura  del 
suo  paroco  benemerito  Natale  Drazich  nel  1860. 

Cinque  pie  confraternite  sussistono  al  presente  in  questa 
parochia.  e  sono  : 

1.  La  confraternita  del  Ss,  Sacramento^  aìh  ([naie  erano 
associati  nel  1808  duecento  confratelli:  e  dal  9  dicembre 
1821   vi  partecipa  tutto  il  comune. 

2.  Quella  della  B  V,  del  Rosario  legalmente  istituita 
ed  approvata,  la  quale,  soppressa  nel  1808,  venne  ripristi- 
nala e  riorganizzata  l'anno  1875  con  apposito  statuto.  Questa 
sì  compone  oggidì  di  53  consorelle. 

3.  Quella  della  Ss,  Trinità,  fondata  il  6  luglio  1863 
con  proprio  statuto,  non  però  ancora  approvalo.  Ha  questa 
34  associali. 

4.  Quella  della  s.  Ciucce,  che  sussiste  dal  dì  8  maggio 
1714  con  regolamento  non  approvato,  e  con  44  confrati. 

5.  Quella  finalmente  della  B.  V.  Addolorata^  eh'  ebbe 
principio  il  giorno  21  gennaro  1729.  Ha  il  proprio  statuto, 
non  ancor  approvato,  e  33  aggregati. 

Tutte  queste  confraterne  avevano  una  volta  le  proprie 
rendite  in  natura,  od  in  elemosine,  colle  quali  facevano  fronte 
alle  spese  del  culto  pegli  altari  rispettivi. 

Beneficio  di  s.  Pellegrino  di  Cale. 

Sul  pendio  d' un  monte,  e  distante  dal  paese  un  miglio 
incirca,  è  situata  un'  edicola  intitolala  a  s.  Pellegrino  m.^  da 
cui  prese  nome  lo  stesso  monte.  A  questa  chieselta,  eh' è 
consacrala,  e  sul  cui  altare  v'è  la  pala  colla  B.  V.  del 
Carmelo,  ed  il  santo  titolare  con  illeggibile  scritto,  è  an- 
nesso un  beneficio  semplice.,  che  cappellania  di  s  Pellegrino 
di  Cale  s'appella.  Fu  istituito  dal  nobile  zaratino  Simeone 
q.m  Bartolomeo  de  Ciprianis  con  suo  testamento  12  marzo 
1407.  La  sostanza  da  lui  lasciata  consiste  in  200  gognali 
di  terra,  situati  nel  villaggio,  ed  in  livelli  delle  antiche  case 
di  Zara.  Pozza  e  Zappich,  la  cui  rendila  era  una  volta  in 
complesso  di  circa  200  ducati  veneti.  L' obbligo  del  bene- 
ficiato è  di  tener  in  concio    la    chiesa    beneficiale,    provve- 


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derla  di  olio,  cera,  e  delle  sacre  suppellcUili,,  ed  Inollro  di 
celebrarvi  due  messe  al  mese  pregando  per  T anima  del 
fondatore.  Gli  elettori  sono  due  commissarii,  i  più  propinqui 
del  Ciprianis^  e  questi  i  Bortolazzi  ed  i  Franceschi^  quali 
discendenti  della  l'amiglia  Grisogono,  imparentata  coli' estinta 
de  Ciprianìs.  Tra  i  suoi  beneficiati  annovcransi  i  seguenti  : 
Prò  Simeone  Utcovich  nel  1580;  Prè  Simeone  de  Cedolini 
nel  1638,  che  fu  canonico  di  Zara  nel  1044;  mons.  Anto- 
nio Belglava  che  nel  1778  ristaurò  la  chiesa;  Prò  Tommaso 
Franceschi  nel  1830;  il  paroco  di  Cale  Natale  Drazich  ;  ed 
attualmente  il  suo  nipote  Matteo  Drazich,  curato  di  Medvìdje. 
Entro  la  chiesa  esiste  la  seguente  epigrafe  : 

SISTE  .  ADVENA  .  HABETVR  .  PER  .  SENIORES  .  QVOD  . 
MARTYR  .  PELLEGRINVS  .  OLIM  .  EX  .  PRINCIPIBVS  ,  GRANGE  . 
EPISCOPVS  .  ATTERN  .  NVNC  .  EX  .  CIVIBVS  .  PARADISI  . 
CVJVS  .  CORPVS  .  IN  .  FINITIMO  .  VENERATVR  .  DELVBRO  . 
FORTVITA  .  MARIS  .  SORTE  .  AD  .  HAEC  .  LITORA  :  TRANSLATVM  . 
PETRVS  .  OSLICH  .  ANNO  .  MDCV  .  EX  .  VOTO  .  FIERI  .  FECIT  . 
PER    .    BERDVLIVM    .    DE    .    VENETIIS     .    DIE    .    Ili    .    AVGVSTI   . 

P    .    A    .    S    . 

Anche  in  Zara  si  onorava  una  volla  col  debito  culto 
s.  Pellegrino  e  in  di  lui  nome  dedicato  nella  chiesa  di  s. 
Maria  Maggiore  (s.  Simeone)  era  nel  decimoquinlo  secolo 
un'  altare,  a  cui  andavano  congiunti  due  beneficii,  l' uno  fon- 
dato il  6  giugno  1429  da  Damiano  de  Ciprianis,  consistente 
in  un  terreno  a  Boccagnazzo  con  obbligo  di  sei  annue  messe 
al  prefato  altare,  i  cui  elettori  erano  i  co.  Fanfogna;  l'altro 
istituito  da  N.  Budinich  il  5  maggio  1434,  consistente  in 
cinque  gognali  di  terra,  e  120  ulivi  coli' onere  d'una  messa 
ogni  mercordì  al  suddetto  altare,  il  cui  beneficiato  veniva 
eletto  dalla  famiglia  Bortolazzi. 

La  parochia  di  Cale  conta  di  presente  759  abitanti,  i 
quali  sono  dediti  alla  pesca  e  alla  coltura  dei  campi.  Nel 
1754  non  ne  contava  che  334. 

Serie  dei  parochi  di  Cale. 

Andrea  Vitulich  paroco     nel     1674 

Stefano  Vitulich  ,^  ,,      1681 


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Matteo  Longin  paroco     nel     1698 

Michele  Gotich  „  „       1703 

Matteo  Blasiil  „  „       1757 

Matteo  Blasulovich  „  „      1770 

Giovanni  Sulich  „  „      1771 

Giovanni  Drazich  „  „      1815 

Natale  Drazich  „  ,5       1840 

Giovanni  Vidov  ora  can.  cap.  „  „       1872 

Vincenzo  Seleni  ^  „       1874 

Fra  i  sacerdoti  nativi  di  Cale  trovasi  Giovanni  Drazich 
in  scrittura  del  1670,  Pietro  Brisich  del  1711,  altro  Gio- 
vanni Drazich  del  1727,  Matteo  Franich  del  1740,  Giorgio 
Zelenzich  dell  742.  Lorenzo  31issul  del  1772  e  Natale  Blasul 
del  1777. 

Fra  U  antiche  famiglie  di  questo  villaggio  sì  annoverano 
i  Chrestolich  ed  i  Salala  nel  1386,  gli  Sconcich  e  Sutlovich 
nel  1405,  i  Miroslavich  nel  1433,  ed  i  Franulich  nel  1477. 

Kukljica. 

Contermine  al  villaggio  di  Cale  è  quello  di  Kukljica^ 
l'ultimo  della  Isola  di  Uljan  dalia  parte  meridionale.  Da 
tempi  rimoti  fu  abitato,  trovandosene  notizia  in  scrittura  del 
1349  e  del  1380,  nella  qual  epoca  la  nobil  famiglia  zaratina 
de  Cedolini  possedeva  alcune  terre  in  questa  località.  Anche 
l'istituzione  della  parochia  dee  essere  assai  antica,  dappoiché 
in  documento  del  1405  è  menzionato  Prè  Novacho  q.m  Gru- 
biza  dalla  Lika,  paroco  di  F{ukljica.  La  sua  chiesa  parochiale 
è  situata  nel  centro  del  villaggio.  La  si  trova  nominata  negli 
alti  di  sacra  visita  dell' arcivescovo  Capello  del  1640.  Diroc- 
cata dal  tempo  fu  riedificata  dai  villici  dalle  fondamenta  nel 
1666,  costruita  di  pietra  liscia  ;  fu  consacrala  dall'arcivescovo 
Evangelista  Parzago  nel  1673  il  dì  11  gennaro,  come  lo 
prova  la  seguente  iscrizione  scolpila  su  d'una  tavola  di  marmo 
affissa  alla  parete  interna  dal  lato  del   vangelo: 

1673    .    AHSEZA    .    JENARA    .    NA    .    11    .    KARSCENA  .   ZARKVA  . 
NA  .  POSCTENJE  .  SVETOGA  .  PAVLA  .  KERSTIJV  .   EVANGELISTA  . 

ARCIBISKVP    . 

Ha  questa  chiesa  la  dimensione  di  m.  16  per  9.  E  in- 
titolata alla    Conversione  di  s.   Paolo  ap.,  ed  ha  cinque  al- 


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tari,  quattro  dei  quali  sono  di  marmo,  ed  uno  di  legno  colla 
mensa  di  pielra  :  il  maggiore  di  essi  è  consacralo  alla  B. 
V.  del  Carmine;  il  secondo  al  litolare  e  patrono  s.  Paolo; 
il  terzo  al  suffragio  ;  il  quarto  a  s.  Andrea  ap.  il  quinto  allo 
Spirito  Santo.  I  dipinti  sono  buoni.  Il  campanile  a  foggia  di 
torre,  costrutto  con  pietra  liscia,  sembra  contemporaneo  alla 
fabbrica  della  chiesa. 

Ha  questa  chiesa  tre  confraternite,  l' una  della  B,  V, 
del  Carmine^  l'altra  dello  Spirito  Scinto^  la  terza  del  Pur- 
gatorio] ed  ognuna  è  composta  di  60  confratelli  con  rendite 
di  beni  campestri  e  di  elemosine  ;  nessuna  però  ha  il  proprio 
regolamento.  Le  prime  due  esistevano  nel  1674  con  altre 
tre  ancora,  cioè  del  Ss.mo  superiormente  approvata,  di  s. 
Paolo  ap,    col  suo  statuto    approvato  ;    e  di  s.    Andrea  ap. 

Non  v'è  casa  parochiale,  abbenchè  esistesse  nel  1681 
dotala  di  6  gognali  di  terra. 

La  sua  popolazione  che  nel  1754  era  di  653  anime, 
ascende  ora  a  840. 

Serie  dei  parochi  di  Kukljica. 

Prè  Novacho  q.m  Grubiza  paroco  nel  1405 

Matteo  Chissanich  ,^  „  1587 

Bartolomeo  Stoysich  ,,  „  1632 

Giorgio  Rancich  „  „  1666 

Michele  Mericich  ,,  „  1714 

Simeone  Metrich  „  „  1737 

Simeone  Butlirich  ^,  „  1762 

Girolamo  Simich  ,,  „  1771 

Lorenzo  Pestich  „  „  1815 

Andrea  Karlich  ,,  ,,  1840 

Giovanni  Baicich  „  „  1863 

Simeone  Marceiich  „  „  1864 

Giovanni  Bevilacqua  5^  „  1866 

Martino  Skiffich  ,,  ,,  1870 

Ferdinando  Vicario  ,,  „  1872 

Simeone  Gulam  ,5  ,;  1873 

Giovanni  Pavissich  „  ,,  1876 

Fra  i  sacerdoti,  nativi  di  Kukljica,  noveransi  Simeone 
Blagdan  e  Luca  Kunich  in  documenti  del  1726,  Paolo  Be- 
nich,  Matteo  Millich,  Stefano  Coschìzza,  e  Michele  Russìn  in 
scritture  del  1740. 


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De' suoi  antichi  abitatori  trovasi  Dragoslavo  Banich  in 
scritto  dei  139L  Bogdolo  Bogdossich  del  1392,  e  Marino 
Vodich  del   1406. 

Oltre  alla  chiesa  parochiale  v'è  un  edicola  sulla  punta 
dell'isola  nello  stretto  di  Kuklica,  ed  è  dedicata  alla  È.  V. 
della  Nece^  la  cui  festività  che  cade  ai  5  d'  agosto,  si  ce- 
lebra fino  dal  1514  con  grande  concorso  di  villici,  anche 
d'altre  parochie.  Venne  fabbricata  da  alcuni  divoti.  Ha  1' aitar 
Maggiore  della  titolare,  e  quattro  laterali,  cioè  della  Natività 
di  M.  V.,  dell'Assunta,  di  s.  Andrea  e  di  s.  Nicolò.  Aveva 
pure  una  conlVaterna  sotto  il  patrocinio  della  titolare. 

Anche  ni  dottor  s.  Girolamo  oravi  consacrata  una  cap- 
pella, di  cui  non  esistono  adesso  che  i  soli  muri  ed  il  cam- 
panile. 

Consta  da  antiche  scritture  esservi  slate  per  Io  passato 
molte  saline  in  questa  località. 

Fra  Kale  e  Kukljica  si  vedono  gii  avanzi  di  due  chie- 
suole dedicate  a  s.  Simeone  P.  ed  a  s.  Giorgio  m. 

Isola  di  Pasman. 

L'isola  di  Pasman  è  situata  nel  canal  di  Zara,  al  sud 
dell'isola  di  Uljan,  da  cui  è  divisa  mediante  un  stretto  di 
mare,  che  comunemente  stretto  di  Kukljica  s'appella.  Sta  di- 
rimpetto a  Zaravecchia,  da  cui  ove  2  ed  ove  3  miglia  è 
distante.  Chiamavasi  anticamente  Flavica^  ed  anche  Flaveica^ 
poscia  Pistiìnanum^  e  finalmente  Pasmanum  e  Pasman,  Se 
dobbiamo  prestar  fede  alla  tradizione  che  vige  nel  popolo, 
questo  luogo  avrebbe  ricevuto  il  nome  da  una  famiglia  un- 
gherese detta  Pazmamj^  eh' erasi  ivi  domiciliata  nei  tempi 
della  dominazione  ungarica  in  Dalmazia,  cioè  nel  medio  evo. 
Noi  invece  abbiamo  buone  ragioni  per  ritenere  il  contrario; 
poiché  assai  prima  del  dominio  ungarico  in  questi  paesi,  e 
precisamente  in  documento  dell'anno  409  troviamo  quest'i- 
sola appellata  col  nome  di  Pasmano.  Qualche  cosa  di  vero 
però  si  troverebbe  nella  surriferita  tradizione,  se  invece  ri- 
tener si  volesse,  che  cotesta  famiglia,  stabilitasi  a  Pasman, 
ne  trasse  il  predicato  di  sua  nobiltà,  e  l'appellativo  di  Pa- 
smany^  forse  pei  meriti  acquistatisi  verso  il  governo  d' allora, 
per  le  sue  gesta,  e  pel  possesso  dell'isola.  Ch'esistesse  nei 
secoli  passati  in  Ungheria  una  famiglia  così  denominata, 
non  v'ha   dubbio,    anzi  consta  di  certo  che  un  suo   discen- 


—   117  — 

dente  ctie  fu  arcivescovo  di  Gran,  sui  principio  del  secolo 
scorso  abbia  fondalo  a  Vienna  un  Seminario  pei  chierici  del 
regno  ungherese,  e  che  quest'  istituto  abbia  perciò  ricevuto 
il  titolo  di  Seminario  Pazmaneo.  Fu  quesl'  isola  sempre 
popolata,  e  ferace  di  olio,  di  vino  e  di  conibusiibile.  Ha 
2597  abitanti,  dediti  alla  coltura  dei  campi,  e  alla  pe- 
scagione. Che  fosse  dagli  antichi  Romani  abitata  lo  dimostrano 
i  ruderi  di  vetustissimi  fabbricati,  anche  sottomarini,  che 
scorgonsi  qua  e  là  dispersi,  nonché  le  iscrizioni  lapidarie,  e 
le  molte  antiche  monete  che  si  rinvennero  fra  le  quali  parec- 
chie d'argento  in  un  gruppo,  non  ha  guari,  ritrovale  da  un 
villico  nello  smuover  la  terra,  e  queste  tutte  dell'  epoca  im- 
periale, e  benissimo  conservate.  Quest'isola  che  gira  in  cir- 
conferenza più  di  50  miglia,  ed  è  lunga  24,  ha  sei  villaggi 
cioè  Zdrelac^  Bagno^  Dohropoljana^  Nevidjane^  Pasman^ 
e  Tkorij  i  tre  primi  dei  quali  sono  cappellani^',  e  gli  altri 
parochie.  Apparteneva  in  aulico  alla  Diocesi  di  Zara  ma 
quando  fu  nel  1050  istituita  la  diocesi  di  Belgiiido  (Zara- 
vecchia)  fu  slaccata  da  quella  ed  abbinala  a  quest'  ultima. 
Estinta  Belgrado  nel  1126,  tornò  a  far  parte  della  zaralina 
arcidiocesi,  e  da  queir  anno  sino  aldi  d'oggi  vi  restò  sempre 
soggetta. 

Zdrelac 

Il  primo  villaggio  dal  lato  di  maistro  delf  ìsola  di  Pa- 
sman  è  Zdrelac.  Di  esso  non  trovasi  menzione  negli  atti 
antichi  prima  del  1416.  Era  dapprima  soltanto  una  località, 
aggregala  al  vicino  villaggio  di  Bagno;  per  cui  in  documento 
del  1555  è  scritto  Zdrelac,  ovi^ero  Baqiio^  ed  in  altro  del 
1668  Zdrelac  di  Bagno-,  e  da  istrumenti  del  1644  e  del 
1653  apparisce,  che  la  sola  chiesa  di  s.  Luca  ev.  serviva 
ad  uso  d'ambi  i  luoghi,  onde  è  promiscuamente  nominala 
chiesa  di  s.  Luca  di  Bagno  e  di  Zdrelac.  Ignorasi  quando 
questa  curazia  di  Zdrelac  sia  slata  segregala  da  quella  di 
Bagno,  non  trovandosene  memoria  neppure  negli  atti  delle 
sacre  visite  del  principio  del  secolo  decimollavo.  Sembra 
però  che  la  sua  separazione  sia  avvenuta  nel  1737  allorché 
la  suddetta  chiesa  fu  li  27  giugno  dall'arcivescovo  Zmaje- 
vich  consacrala.  Tanto  ì  fanciulli  di  Zdrelac  che  quelli  di 
Bagno  veniano  battezzali  nella  chiesa  di  s.  Luca  nel  1714. 
La  troviamo  col  titolo  di  parochia  nel  1815,  e  poscia  con 
quello  di  Cappellania  dal  1864  in  poi. 


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La  chiesa  di  s.  Luca,  fabbricata  dai  villici,  è  posta  al 
mare,  quasi  nel  centro  del  villaggio.  Ha  la  forma  dì  un  qua- 
drilatero. Tre  sono  i  suoi  altari,  il  maggiore  de'  quali  de- 
dicato al  titolare,  gli  altri  due  all'Immacolata  e  a  s.  Simeone. 
Sono  di  marmo  tutti  tre,  ma  le  pale  non  hanno  alcun  valore. 
Il  campanile  ha  Ire  campane.  Assai  antica  è  questa  chiesa, 
essendovi  memoria  di  essa  in  documenti  del  1395  e  del  1464. 

Oltre  questa  chiesa  v'è  pure  una  cappella  dedicata  a 
s.  Antonio  di  Padova.  Apparteneva  all'  or  defunto  raons.  An- 
tonio Pinelli  vescovo  di  Traù,  nella  quale   fu  anche  sepolto. 

Nella  punta,  denominata  Zdrelac  inferiore  eravi  peri' ad- 
dietro una  cappella  intitolata  alla  B,  V.  della  Neve.  Un  tìUra 
pure  si  trova  accennala  negli  atti  di  sacra  visita  del  1814, 
sotto  il  titolo  di  s.  Giovanni  nei  terreni  Civalelli,  con  bel- 
l'altare di  marmo;  ed  un' altra  ancora,  citata  negli  atti  di  vi- 
sita del  1762  sotlo  il  nome  della  Natività  di  M.    V. 

Tre  erano  sino  al  1808  le  pie  confraternite  pertinenti 
a  questa  curazia,  di  s.  Luca  cioè,  di  s.  Simeone  profeta^ 
e  della  s.  Croce.  Tulio  il  Comune  era  ad  esse  aggregalo. 
Soltanto  la  prima  nvea  rendite  proprie,  le  altre  due  soste- 
nevansi  di  elemosine.  V'era  un  tempo  anche  quella  del  Ss. 
Sacramento, 

Serie  dei  parochi  e  cappellani  di  Zdrelac. 

Antonio  Braicovich  paroco     nel     1815 

Luca  Soccota  „          „       1842 

Giuseppe  Thot  cappellano  nel     1864 

Simeone  Ziz  del  III  ordine  „  „      1870 

Giovanni  Piasevoli  „           „       1872 

Vincenzo  Seleni  „            „      1873 

Giovanni  Ferri  „            „      1874 

Vincenzo  Tantaz  „           „      1876 

Pietro  Maupas  j^           y,      1878 

Venceslao  Bercich  „            „       1879 

Fra  i  sacerdoti,    eh'  ebbero  i  natali    in  questa    parochia 

sono  da  annoverarsi  Girolamo  Braicovich  nel  1723,  Simeone 

Robbicin  nel  1732,  Girolamo  Rubizza  nel  1735,  e  Giovanni 

Scarra  nel  1772. 

Bagno  (Banj). 

A  sud  di  Zdrelac  sulla  stessa  isola  di  Pasman  alla  di- 
stanza d' un  miglio  è  collocata  la  villa  di  Bagno,  dagli  slavi 


—  119  — 

Banj^  cosi  denominata  in  scritlura  del  1290,  ed  in  altre 
successive  del  1349,  1397,1404  ecc.  Era  anticamente  luogo 
di  delizie  dei  zaralini  nella  stagione  autunnale.  Dai  prischi 
suoi  abitatori  appellavasi  Balneum  (Bagno)  poiché  in  questa 
località  gli  antichi  Romani  avevano  le  loro  torme. 

Non  si  sa  qujindo  questa  villa  sia  slritn  islituila  parochia. 
Si  eruisce  bensì  da  antiche  scritlnre,  che  la  località  di  Zdrelac 
era  nel  1555  a  Bagno  aggregatale  che  nel  1681  il  paroco 
di  Bagno  serviva  anche  Zdrelac,  onde  si  denomina  paroco 
di  Bagno  e  Zdrelac.  Sussistete  come  parochia  sino  al  1851, 
nel  qual  anno  inseguito  alla  sistemazione  dell' arcidiocesi  di- 
venne con  Zdpek^c  cappellania  esposta  dipeitdenlo  dalla  pa-Av^' 
j:achia  di  Nevidjane,  nel  Decanato  di  s    Eufemia.  -^^^ 

La  chiesa  di  Bagno  è  dedicata  a  Ss.  Mm.  Cosmo  e 
Damiano.  Si  ha  notizia  della  medesima  in  documenti  del  1381, 
1404  e  1426.  Fu  poscia  dai  villici  riedificala,  ed  intorno 
alla  metà  del  secolo  decimosettimo  fu  anche  consacrata.  Il 
suo  aliar  maggiore  di  marmo,  con  buonii  pala,  è  intitolato 
ai  santi  patroni,    e  T  aitar    laterale    alla    B.  V.   del    Carmine. 

Due  confraternite  sussistevano  ancor  nel  1808.  L'una 
era  sotto  il  titolo  del  Ss.  Sacramento.,  aveva  30  confratelli, 
che  mantenevano  l'altare  colle  elemosine.  L'altra  era  sotto 
l'invocazione  della  s.  Croce  con  34  fratelli,  che  con  elemo- 
sine faceano  fronte  alle  spese  inerenti. 

Negli  atti  di  visita  canonica  del  1681  è  fatto  cenno 
della  sua  casa  parochiale. 

Serie  dei  parochi  di  Bagno  e  Zdrelac. 

Giacomo  Chillafcich  paroco  di  Bagno  e  Zdrelac    nel  1587 

Pietro  Radinich  „  „  „  „  1681 

Giovanni  Sulich  „  ,,  ,,  „  1718 

Matteo  Brisich  ,,  ,,  „  „  1737 

Antonio  Dorchich  „  „  „  „  1742 

Paolo  Marassovic  „  „  ,,  „  1754 

Luca  Soccota  „  „  ??  n  1*771 

Matteo  Dunatov  paroco  di  Bagno  „  1815 

Giovanni  Pedissich  „  ,,  „  n  ^^^l 

Francesco  Franin  „  „  „  „  1840 

Simeone  Pullisich  „  „  ,,  „  1848 

Giuseppe  Thot      -^^^^^^^U-^s       55  '^  "     \SQ^ 

Sim.Ziz  del  III  ord.  Frano.,,  „  „  „     1870 


Giovanni  Piasevoli  parodO  di  Bagno  e  Zdrelac  nel  1872 
Vincenzo  Selem  „  „  „  „      1873 

Giovanni  Ferri  „  „  »  »     1874 

Vincenzo  Tantaz  „  „  ^  „     1876 

Simeone  Sokota         cappellano       „  „  „     1878 

Ve  in  questa  villa  una  cappella  intitolata  alla  B.  V. 
Addolorata. 

In  scrittura  del  1401  è  menzionato  Prè  Pietro  q.m 
Marco  arciprete  di  Zara,  rettore  e  pievano  della  chiesa  dei 
Ss.  Cosmo  e  Damiano  nell'isola  di  Pasman. 

Trovansi  registrati  in  documento  del  1732  i  sacerdoti 
di  Bagno,  Michele  Soccola^  Andrea  Pessussich  e  Gregorio 
Pucevich,  ed  in  documento  del  1777,  Luca  Sokota  e  Si- 
meone Mihoev. 

Questa  località  conta  264  ahitanti. 

Il  capitolo  di  Zara  possedeva  a  Bagno  alcune  terre,  af- 
filiale nel  1444  per  L.  6  all'anno. 

Dobropoljana. 

NelTislessa  isola  di  Pasman,  a  scilocco  di  Bagno,  presso 
il  mare,  giace  la  \  Illa  Dohropoljana^  cosi  nello  slavo  idioma 
appellata  per  la  sua  pinna  ed  ubertosa  campagna.  Con  tal 
nome  trovasi  menzionata  in  parecchi  scrini  dal  1297  in  poi. 
Fu  dapprima  cappellania  indi  parochia.,  istituita  intorno  al  1740, 
essendovi  di  essa  notizia,  come  tale  negli  atti  delle  sacre 
visite  di  quegli  anni.  Or  è  cappellania  esposta  con  178  a- 
bitanli.  Ne  aveva  160  nel  1754. 

La  sua  chiesa  dedicata  a  s.  Tommaso  ap.  fu  edificata 
intorno  al  1404  dietro  pia  disposizione  del  patrizio  zaralino 
Simon  Cucilla  Con  suo  testamento  del  10  Marzo  1403  or- 
dinò ai  suoi  commissarii  Simeone  de  Detrico  Nicolò  de'  Ma- 
tafari,  e  Giovanni  de  Ferra.,  che  sopra  i  fondi  di  sua  proprietà 
sili  in  Dohropoljana  fosse  eretta  una  chiesa  in  onor  di  s. 
Tommaso  ap.  simile  a  quella  dei  Ss.  Cosmo  e  Damiano  di 
Bagno,  ed  inslituito  un  beneficio  perpetuo  coi  suoi  terreni, 
perchè  sia  conferito  ad  un  sacerdote,  il  quale  pregar  dovesse 
per  r  anima  sua.  Sopra  que' beni  inseguito  venne  eretta  una 
casa,  la  quale  fa  ora  anche  parte  del  beneficio.  Uno  degli 
antichi  beneficiati  fu  nel  1693  Vito  Pleticossich.  La  chiesa 
in  seguito  venne  nel  1741  ampliata  per  comodo  dei  paro- 
chiani  col  consenso  dei  commissarii  testamentarii  Conti  Fan- 
fogna,  essendo  stata  poco  prima  elevata  al  grado  di  chiesa 


~  121  — 

parochiale.  Aveva  dapprima  un  unico  altare^  dedicato  ai  santa 
patrono,  il  quale  era  mantenuto  dalla  confraternita  come  ve- 
dremo. 

A  beneficio  della  chiesa  Prè  Tommaso  Marinovich  la- 
sciò una  casa  e  cinque  gognali  di  terreno  con  obbligo  di  due 
messe  settimanali. 

Oltre  la  suddetta  chiesa  ve  n'era  una  piccola,  attigua 
ad  un  castello,  della  quale  non  consta  T  origine.  Se  ne  trova 
memoria  in  documento  del  1677.  Forse  è  quella  cappella  di 
s.  Antonio  Abbate,  che  tuttora  sussiste,  con  un  solo  altare, 
e  che  doveva  essere  provveduta  di  lutto  il  necessario  cor- 
redo dalla  presistlla  confraterna  di  san  Antonio  Abbate  di 
Zara. 

Quattro  erano  le  pie  confraternite  di  questa  parochia  nel 
1808  cioè: 

a.  La  confraternita  di  s.  Tommaso  ap.  a  cui  tutto  il 
comune  era  aggregato,  ed  aveva  le  sue  rendite,  consistenti 
in  olio,  vino  ed  elemosine  colP  obbligo  della  manutenzione 
dell'altare; 

ò.  Quella  della  B,  V.  del  Rosario  con  30  fratelli  e  con 
rendite  di  elemosine; 

e.  Quella  della  s.  Croce  con  30  fratelli,  e  rendite  come 
sopra  ; 

d.  Quella  di  s.  Antonio  con  30  fratelli,  e  con  rendile 
di  elemosine  per  le  occorrenze  del  culto.  Quesl'  ultima  è  ri- 
cordata in  documento  del   1693. 

Serie  dei  parochi  e  cappellani  di  Dobropoljana. 

Vito  Plelicossich  paroco  nel     1730 

Elia  Planincich  detto  Chiossich  „  „       1 737-1771 

Giuseppe  Planincich  „  „       1815 

Antonio  Kulogna  ,,  „      1821 

Giovanni  Mihovillovich  „  „      1840 

Simeone  Pullissich  „  „      1842 

Giovanni  Baicich  »  ^      1864 

Simeone  Lovrich  ^  ^       1869 

Simeone  Soccola  cappellano    „      1878 

Tra  i  sacerdoti  che  ebbero  i  natali  in  questo  villaggio 
s'annoverano  Tommaso  Marinovich  in  documento  del   1658, 

Marco  Bassich  in    documento    del  1717,  Giorgio    Kulogna  e 
Giovanni  Rubizza  del  1732. 


122 


Nevidjane. 

A  Dobropoljana  viene  dieiro  dopo  un  miglio  di  strada, 
Nevidjane^  così  appellala  iielT  idioma  slavo,  perchè  non  es- 
sendo al  lido  del  mare,  ma  in  mezzo  alla  campagna,  rimane 
occulta  air  occhio  dei  naviganti.  È  parochia  ;  da  quando  non 
si  sa  di  cerio.  Sembra  sia  slata  istiluila  verso  la  fine  del 
secolo  decimosesto.  Aveva  nel  1729  anime  195,  ora  ne 
conta  459. 

La  primitiva  chiesa  curaziale  di  cui  non  si  riscontrano 
che  le  traccie,  era  intitolata  a  s.  ciarlino.  Distrutta  assieme 
al  villaggio  per  forza  di  guerra  e  di  peste  ').  Tanno  1649, 
que'  villici  superstiti  si  trasferirono  in  sito,  poco  distante, 
ove  trovansi  oggidì,  ed  ivi  a  poco  a  poco  fabbricaronsi  le 
proprie  abitazioni  ed  una  cappella  in  onor  della  B.  V.  della 
Salute,  ed  ottennero  di  poter  far  uso  della  chiesa  abbaziale 
di  s.  Michele  dei  Benedettini  presso  la  quale  vi  stabilirono 
anche  il  proprio  cimitero.  In  quel  tempo  la  chiesa  di  s.  Mi- 
chele diventò  la   parochiale  di  Nevidjane. 

La  chiesa  di  s.  Michele  are.  fu  edificala  l'anno  1018 
dal  vescovo  di  Zara  Prestanzio  assieme  col  suo  fratello  Majo 
Priore  della  città  e  Proconsole  della  Dalmazia,  e  poi  donala 
all'abbate  di  s.  Grisogono  di  Zara.  Di  essa  è  fatta  menzione 
in  documento  del  1067,  con  cui  il  vescovo  di  Zara  Stefano  1. 
confermò  all'abbate  suddetto  il  possesso  della  chiesa  mede- 
sima, e  dei  beni  di  Nevidjane.  Estinta  che  fu  l'abbazia  di  s. 
Grisogono,  tutto  questo  villaggio  colla  chiesa  passò  in  pro- 
prietà del  Seminario  Diocesano  in  virtù  della  Bolla  di  Be- 
nedetto XIII  del  30  dicembre  1729.  Fu  questa  chiesa  am- 
pliata, quando  servir  dovette  di  parochiale.  È  posta  fuori  dei 
presente  villaggio.  E  rivolta  colla  fronte  a  mezzodì  ed  ha  una 
dimensione  di  m.  13:50  per  5:50  senza  la  sagrestia.  Vi 
sono  in  essa  due  altari,  ambidue  di  legno,  sdrusciti;  il  mag- 
giore intitolato  al  patrono,  il  laterale  dedicato  alla  B.  V. 
Maria,  pria  a  s.  Antonio  di  Padova.  Il  campanile,  anche 
questo  sdruscito,  situato  sopra  il  frontale,  porta  due  cara- 
pane,  una  delie  quali  coli'  iscrizione  :  Opus  Josephi  de  Polis, 
Anno  Domini  MDCXCII:  colle  imagini  del  titolare,  di 
Maria  Ss.,  di  s.  Giuseppe  e  del  Crocifisso  ;  l' altra    colla  e- 


')  La  peste,  la  fame  e  la  guerra,  tutti  questi  flagelli  travagliarono  gran- 
demente queste  contrade  nel  1649-1650. 


—  123  — 

pigrafe:  Opus  Bar tholomaei  de  Polis.  Fecit  anno  MDCCV: 
e  colle  figure  del  litolare,  di  s.  Antonio  di  Padova,  di  s. 
Simeone  Profeta,  e  del  Crocifisso.  La  consacrazione  di  questa 
chiesa  avvenuta,  per  quanto  dicesi,  nel  1029,  si  celebrava 
agli  8  di  maggio,  abbenchò  non  vi  esistessero  le  solite  croci 
rituali. 

Resa  inservibile  per  la  sua  vetustà  e  decadenza,  la 
chiesa  di  s.  Michele  fu  interdetta  ed  abbandonala  ;  ed  in  sua 
vece  s'incominciò  a  celebrare  le  funzioni  parocliiali  in  quella 
della  B.  V.  della  Salute.  È  questa  situata  nel  centro  del  vil- 
laggio colla  faccia  rivolta  a  maistro,  sopra  la  quale  s' innalza 
un  campanile  di  stile  romano,  con  una  campana,  fusa  nel 
1818,  sulla  quale  sonvi  impresse  le  imagini  della  B.  V.  del 
Rosario  e  di  s.  Lorenzo.  È  lunga  m.  13:50  larga  5 :  50  É 
stata  consacrata  per  quanto  leggesi  negli  atti  di  sacra  visita 
del  1670.  Ha  due  altari,  il  maggiore  di  marmo,  il  minore 
di  legno,  ambidue  intitolati  alla  Presentazione  di  M.  V. 

Due  confraternite  vi  esistevano  nel  1808,  T  una  del  Ss, 
Sacramento^  e  l' altra  di  s.  Antonio  di  Padova^  ambedue  e- 
retle  formalmente.  In  scrittura  del  1670  è  cenno  d' una  terza 
in  onor  della  Beata  Vergine  regolarmente  fondata  nella  chiesa 
della  B.  V.  della  Salute. 

La  sua  casa  canonica  fu  eretta  dalle  fondamenta  nel 
1874  a  spese  del  fondo  ecclesiastico,  colla  concorrenza  dei 
parochiani. 

Nella  località  di  Merljane^  aggregata  a  Nevidjane,  lon- 
tana da  questa  un  miglio,  evvi  una  chiesuola  in  onor  di  s. 
Antonio  di  Padova  colla  faccia  rivolta  a  ponente,  sormon- 
tata da  un  campanile  alla  romana,  con  due  piccole  campane, 
l'una  colla  iscrizione;  Anno  MDCCLXII :  e  colle  figure  di 
Gesìi  Cristo,  di  Maria  Ss.,  di  s.  Giuseppe  e  di  Nicolò  v.  ; 
r  altra  collo  scritto  :  Opus  Haeredum  de  Polis  :  colle  ima- 
gini del  Crocifisso,  di  M.  V.;  di  s.  Nicolò  e  d'altro  santo 
vescovo.  Questa  chiesa  è  lunga  m.  12:50,  larga  7:50;  ha 
un  altare  di  legno  la  cui  pala  di  buon  pennello  rappresenta 
un  miracolo  del  santo  patrono. 

Altra  edicola  trovasi  menzionata  negli  atti  della  visita 
pastorale  del  1670,  e  questa  sotto  il  titolo  di  s.  Antonio 
abbate. 

Si  hanno  memorie  scritte,  che  nel  1116  esìstesse  in 
questo  villaggio  presso  la  prementovata  chiesa  di  s.  Michele 
un  castello,  e  che  tutt'i  beni  pertinenti  all'abbale  di  s.  Gri- 


—  124  — 

sogono  in  Nevidjane  fossero  affiltali  nel  1349  per  80  annui 
ducati  d'oro. 

Vige  ancora  presso  i  villici  di  Nevidjane  la  tradizione 
che  un  convento  di  monaci  vi  esistesse  nei  tempi  andati,  e 
che  del  medesimo  si  ravvisino  ancora  gli  avanzi. 

Serie  dei  parochi  di  Nevidjane. 

Filippo  Tersich  paroco  nel  1587 

Gregorio  Burmelich  „  „  1670 

Gregorio  Banovelich  „  „  1681 

Girolamo  Banovich  „  „  1695 

Antonio  Burmetich  „  „  1736 

Giovanni  Cucin  „  „  1771 

Natale  Kucina  „  „  1815 

Antonio  Blagdan  „  „  1843 

Giovanni  Baicich  „  „  1864 

Simeone  Lovrovich  „  „  1869 

Paini  an. 

Il  villaggio  di  Pasman  è  il  principale  dell'  isola,  a  cui 
perciò  diede  anche  il  nome.  E  antichissimo  non  meno  della 
sua  chiesa  trovandosene  memoria  d'ambidue  nel  testamento 
di  Fosco  Rettore  di  Zara,  di  data  3  aprile  429,  con  cui  egli 
lasciò  in  Pasmano  una  possessione  alla  chiesa. 

La  primitiva  chiesa,  infatti,  di  questo  villaggio  è  d'epoca 
assai  rimota.  S'ignora  Tanno  di  sua  fondazione,  ma  dame- 
morie  scritte  si  rileva  essere  stala  consacrata  dal  santo  ve- 
scovo Donato  di  Zara  il  dì  7  agosto  dell' 806.  Sembra  che 
in  origine  non  abbia  esistito  che  la  sola  attuale  cappella  mag- 
gioro, la  quale  costituisce  il  presente  presbiterio  e  che  la  nave 
vi  sia  stata  posteriormente  aggiunta  dai  villici,  al  principio 
del  secolo  decimottavo.  La  lunghezza  di  tutto  l'edifizio,  com- 
preso il  prebisterio  è  di  m.  19,  la  larghezza  di  m.  6.  E  si- 
tuata a  qualche  distanza  dagli  abitati  colla  fronte  rivolta  a 
ponente,  ed  è  cinta  tutta  dintorno  dal  parochiale  cimitero.  Ha 
cinque  altari,  tutti  di  marmo,  di  cui  il  maggiore  ornato  di 
quattro  colonne,  è  dedicalo  alla  Natività  di  M.  V.  eh' è  la 
titolare  della  chiesa,  i  laterali  alla  B.  V.  del  Rosario,  a  s. 
Rocco,  a  s.  Antonio,  e  a  s.  Simeone  profeta,  mentre  nel  1670 
erano  intitolati  all'Assunzione  di  M.  V.  alla  B.  V,  del  Car- 
mine, ed  alla   Presentazione   di  M.   V.  Il  campanile  a   torre, 


—  125  — 

tutto  di  pietra  levigala,  è  di  epoca  posteriore,  essendo  stalo 
compiuto  nei  1750  a  spese  dei  villici.  Ha  questo  due  cam- 
pane fuse  a  Venezia  nel  1802  in  onore  dei  Ss.  Apostoli 
Pietro  e  Paolo,  le  quali  sono  molto  sonore  per  esservi  stati 
impiegali  nella  fusione  molli  voti  d'argento,  portali  colà  dal 
sacerdote  Bartolomeo  Collanovich,  e  dal  villico  Ghergo  Magic, 
che  assistettero  all'opera. 

La  casa  canonica,  ch'esisteva  nel  1760,  sdruscila  e  ca- 
dente, fu  riedificala  sui  fondamenti  della  vecchia  nell'anno  184?. 

Oltre  la  prefala  chiesa  parochiale  esistono  nel  villaggio 
le  seguenti  cappelle: 

a.  La  cappella  di  s.  Eocco,  eretta  forse,  per  volo  dai 
villici  durante  la  peste  l'el  1631,  che  dal  30  aprile  al  12 
settembre  distrusse  quasi  tulio  il  villaggio,  essendo  morte  in 
questo  periodo  di  tempo  466  persone,  e  rimaste  superstiti 
4  sole  famiglie.  Vi  è  un    solo  aliare,    dedicalo  a  s.    Rocco. 

b.  La  cappella  di  s.  Marco  e?;,  di  cui  ignorasi  la  fon- 
dazione. Ha  un  altare  intitolato  al  patrone». 

e.  La  cappella  di  s.  Antonio  abbate  in  deserto,  in  luogo 
detto  Otus  al  lido  del  mare;  con  tre  altari,  uno  de'  quali 
al  litolare  consacrato,  ed  un  altro  a  Maria  Vergine. 

Narrano  le  nostre  cronache  che  nei  prischi  tempi  esi- 
stesse in  questo  villaggio  un  convento  di  Eremiti  di  s.  Paolo, 
e  che  nel  1270  fosse  stalo  distrutto. 

D'  altra  chiesa  di  Pasman  trovasi  memoria  in  scrittura 
del  1403,  e  questa  dedicala  a  s  Pietro  ap.  Di  essa  non 
esistono,  per  quanto  sappiasi,  neppur  le  traccio. 

Un'altra  cappella  dovrebbe  avervi  esistito  in  epoca  lon- 
tana facendosene  menzione  in  testamento  del  1392,  con  cui 
Michelina  de  Matafaris  ne  ordinava  l'erezione  in  onor  di.  s, 
Nicolò,  colla  spesa  di  100  ducali  d'oro. 

Una  terza  ancora  dovrebbe  esistere  nella  punta  di  Pas- 
man intitolata  a  s,  Maria^  perchè  così  ricordala  in  scritti  del 
1448,  a  meno  che  questa  non  siala  suaccennata  parochiale 
della  Natività  di  M.  V. 

Otto  pie  Confraternite  eranvi  nella  parochia  di  Pasman 
alla  fine  del  1808;  cioè: 

1.  La  confralerna  del  Ss.  Sacramento  con  72  fratelli, 
e  rendile  di  vino,  olio  ed  elemosine; 

2.  Quella  di  s.  Marco,  addetta  alla  cappella  omonima, 
ricordata  in  documento  del  1739,  con  28  fratelli,  e  rendite, 
come  sopra. 


—  126  — 

3.  Quella  di  s.  Rocco^  annessa  alla  sua  cappella,  con 
35  aggregati,  isliUiila  forse  nel  tempo  della  peste  del  1631, 
con  rendite  corae  sopra,  accennata  in  scrittura  del  1670. 

4.  Quella  di  5.  Antonio  abbate^  unita  alla  cappella  del 
suo  patrono,  ricordata  in  documento  del  1714,  con  86  con- 
frati, e  rendite  in  danaro. 

5.  Quella  della  B,  V,  della  Misericordia  con  128  as- 
sociati e  rendite  in  natura. 

6.  Quella  di  s.  Maina,  cioè  dell'  Assunta  con  fratelli  45 
e  rendite  d'olio  e  di  biade. 

7.  Quella  della  B.  V.  del  Carmine^  con  58  confrati  e 
rendite  in  natura;  ricordata  in  atti  del   1670. 

8.  Quella  di  s.  Simeone  profeta^  con  34  socii  e  ren- 
dite di  vino  e  di  olio,  accennata  in  documento  del  1670. 

La  parodila  di  Pasman  che  nel  1754  aveva  485  ahi-, 
tanti,  adesso  ne  conta  776. 

Serie  dei  parochi  di  Pasman. 

Prè  Andrea  paroco  nel  1400 

Prè  Giorgio  „  „  1478 

Marco  Miloevich  „  „  1587 

Giovanni  Gliubanovich  „  ^  1678 

Pietro  Pedissich  „  „  1688 

Giorgio  Gliubanovich  „  ,,  1737 

Marco  Gliubanovich  „  „  1740 

Gregorio  Burich  „  „  1815 

Giorgio  Bacchinich  „  „  1821 

Giovanni  Bevilacqua  „  ^  1869 

Colla  scorta  dei  registri  parochiali,  che  hanno  principio 
dal  1613,  e  dalla  serie  suddetta  si  viene  a  conoscere,  cosa 
non  troppo  comune,  che  pel  periodo  di  204  anni,  dal  1664 
cioè  sino  al  1868,  ebbero  a  succedersi  nella  parochia  di  Pa- 
sman soltanto  sei  parochi,  T  ultimo  de' quali,  che  1' ha  ammini^ 
strata  per  48  anni  fu  il  canonico  onorario  della  Basilica  me- 
tropolitana di  Zara  Giorgio  Bacchinich,  testé  defunto,  cui  nel 
1868  succedette  T  attuale  Giovanni  Bevilaqua,  zaratino. 

Fra  i  sacerdoti,  eh' ebbero  i  natali  a  Pasman  sono  men- 
zionati, Prè  Andrea  q.m  Ribisin  in  documento  del  1404, 
Natale  Stalicich  del  1663,  Simeoao  Didov  del  1713,  Pietro 
Pedissich  del  1724,  Michele  Majerich  del  1772.  Giacomo 
Pedissich  del  1745. 


—  127  — 

Fra  le  antiche  famiglie  di  Pasman  sono  da  noverarsi 
Slojano  del  1356,  Marsich  e  Marlenich  del  1393,  Bachia, 
Quarlich,  Rancovich,  Vilchanicli,  Simonich,  Gmazich,  Rad- 
manich,  Gosdigna,  Spingarolicli,  e  Franich,  tulli  del  1400, 
Zernotich,  Siiradich,  Pribinicli,  Vidulich,  e  Boxichievich  del 
1433,  e  finalmente  Bacchinich  del  1748. 

Convento  di  Pasman;  e  chiesa  di  s.  Boimo. 

11  villaggio  di  Pasman  è  celebre  pel  convento  e  chiesa 
di  s.  Doìmo  dei  minori  osservanti  ;  intorno  a  che  riporteremo 
fedelmente  quanto  scrisse  lo  storico  minorila  P.  Donalo  Fa~ 
bianich  nel  suo  li  volume  a  pa^    53. 

„Mentre  il  Serafino  d'Assisi  inaugurava  un'abitazione  a 
Zara,  chiesto  di  là  (Pasman)  a  recarvisi  in  persona,  spedì 
il  Frale  Florio,  compagno  di  suo  viaggio,  il  quale  accolto 
con  grande  giubilo,  e  donato  di  casa  e  di  chiesa  dalla  pietà 
dell' illustre  famiglia  Clococea,  vi  fissa  la  dimora,  forma  la 
prima  famiglia,  e  vi  muore  in  concetto  di  santa  vita,  la- 
sciando ai  successori  e  posteri  l'eredità  di  sue  virtù  mo- 
nacali. Circa  un  secolo  più  lardi,  quando  le  vessazioni  dei 
nemici  della  cattolica  fede  costringevano  gli  evangelizzatori 
della  Vicaria  bossinese  a  cercare  rifugio  su  queste  sponde, 
la  pia  donna  Pelegrina  figlia  di  casa  Saladìni,  mossa  dalle 
loro  indigenze,  e  dalla  stima  che  possedeva  ai  minoriti  di 
Pasmano,  vi  sostituì  (nel  1392)  all'antica  abitazione  un  nuovo 
cenobio,  che  giunse  sino  a  noi  conservato  nella  primitiva  sua 
forma. 

jjQueslo  cenobio  e  per  la  sua  antichità  e  per  la  felice 
sua  postura  ottenne  rinomanza  nella  storia  delle  famiglie  fran- 
cescane. Ivi  perenne  memoria  delle  virtù  di  Florio,  il  cui 
nome  n'è  perpetuato  nelle  famiglie  del  villaggio,  e  de' suoi 
contorni  ;  ivi  i  padri  delle  provincie  continentali  convennero, 
sotto  la  presidenza  di  Marco  da  Bologna  vicario  generale,  e 
di  s.  Bernardino  da  Fossa,  a  dare  nuova  forma  di  vita  alle 
famiglie  esistenti  nelle  terre  oltre  l'Adriatico;  ivi  ebbe  breve 
dimora  san  Giacomo  dalle  Marche;  ivi  per  ordinario  da  quel- 
l'età in  poi  si  tennero  i  comizìi  provinciali;  le  leggi  quivi 
dettate  dai  rammentati  soggetti  ebbero  tanto  valore,  che  Pio 
II  volle  fossero  appuntino  eseguite,  e  Paolo  II,  suo  suces- 
sore,  rispose  risolutamente  alle  deliberazioni  del  Capitolo 
generale  di  Mantova,  che  ne  lo  informava:  ,^Quod  (Pasmani) 


T 


^  128  — 

mature  et  laudabiliter  factum  est^  apostolica  quoque  aneto- 
ritate  firmatum^  rescindi  uut  immutari  eadem  auctoritate 
expressa  non  accedente^  et  evidenti  necessitate  non  impel- 
lente^ non  convenit^^ 

^Le  seguenti  parole  furono  poste  nell'anno  decorso  (1863) 
sopra  una  lapide  entro  il  chiostro,  inlesa  a  perpetuare  il  nome 
dei  pii  benefattori. 

D  .  O  .  M  . 

AVSTRIADVM 

FERDINANDI    .    I    .    IMPERATORIS    .    ET 

MARIAE    .    ANNAE    .    IMPERATRICIS 

PIA    .    MUNIFICENTIA 

RESTAVRATUM    . 

MDCCCLXI    . 

La  chiesa  dì  elegante  e  religiosa  struttura  deve  insieme 
al  convento  il  suo  splendore  alle  cure  del  p.  Lodovico  Ben- 
cich,  morto  del  1848,  la  cui  memoria  vive  benedetta  fra  i 
circonvicini  abitanti.  Dei  cinque  suoi  altari,  tre  di  bella  forma 
e  di  fini  marmi  :  vari  buoni  quadri,  de'  quali  s.  Sebastiano, 
san  Girolamo,  s.  Francesco,  la  Vergine  col  bambino  della 
cappella  interna,  appaiono  con  finitezza  lavorali.  Di  nessun 
valore  i  vecchi  sepolcrali  :  uno  di  marmo  squisito,  incavato 
nel  lastrico  a  perenne  ricordo  di  uomo,  che  a  Zara,  sua  pa- 
tria, lasciò  monumento  nobilissimo  delTarte  sua: 

JOSEPHO  .  SALGHETTO  .  DRIOLIO 

DOMO  . JADERA 

INDVSTRIO    .    FRVGI    .    RELIGIOSO 

GB    .    POLITIOREM    .    MORVM    .    ELEGANTIAM 

OMNIBVS    .   CARO 

QVl 

DIVTVRNI     .     MORBI     .     ACERBITATE 

PATIENTISSIME    .    TOLLERATA 

IMMATVRVS    .    OBIIT 

AN    .    MDCCCXXII    .    AET    .    XLVIII    .    M    .    II    .    D    .    V    . 

JOSEPHINA    .    BASSANIA 

CONJVGI    .    BENEVOLENTISSIMO 

DE    .    SE    .    DE    .    DVOBVS    .    FILIOLIS 

OPTIME    .    MERITO 

AETERNVM    .    AMORIS    .    GRATIQVi:    .    ANIMI    .    MONVMENTVM 

INSOLABILITER    .    DOLENS 
PONI    .    CVRAVIT 


—  129  — 

,^11  cenobio  di  Pasman  ebbe  a  vantare  in  questi  ultimi 
anni  un  valente  suo  figlio,  a  cui  i  presenti  alunni  della  pro- 
vincia di  san  Girolamo  devono  la  loro  educazione,  e  quella 
coltura,  che  qua  e  là  non  isterilita  si  vede.  Era  questi  il 
p.  Costantino  Boxich^  nato  di  Pasmano".  Studiò  egli  a  Zara, 
a  Perugia,  a  Roma;  insegnò  nel  convento  di  Zara;  fu  Ire 
volle  Provinciale;  scrisse  opere  di  svariata  erudizione;  fu 
banditore  della  divina  parola  negli  idioma  italiano  e  slavo; 
quest'  uomo  chiaro  per  sapere  e  per  meriti  morì  qui  in  Zara 
al  9  d'aprile  1861,  assistilo  da  bella  corona  de' suoi  con- 
fratelli, da  lui  educali,  ed  ammessi  all'abito." 


Tkon. 

Verso  l'estremità  orientale  dell'isola  dì  Pasman,  nel 
pittoresco  e  delizioso  canale  di  Zara,  dirimpetto  a  Zaravec- 
chia,  l'antica  Belgrado,  si  trova  il  villaggio  di  Tkon^  chea 
guisa  di  anfiteatro  distendasi  su  di  un  colle  ameno  dalla  parte 
del  mare.  In  scrittura  del  1391  è  denominalo  Tconitm^  ed 
in  altra  del  1433  Ticonum.  E  parochia,  da  quando,  non 
consta;  uaajii^le  più  popolate  delle  diocesi,  avendo  607  a- 
bitanti.  Negli  atti  della  sacra  visita  del  1517  trovasi  cenno 
de'  suoi  parochi. 

La  sua  chiesa  parochiale,  della  cui  fondazione  non  havvi 
memoria,  ma  che  per  la  struttura  e  pel  suo  stile  deesi  at- 
tribuire alla  prima  metà  del  secolo  decimottavo,  è  stata  con- 
sacrata dall'arcivescovo  Zmajevich  il  di  8  luglio  1742,  come 
si  legge  nella  lapide  marmorea,  esistente  nella  parete  della 
cappella  maggiore  dal  lato  dell'epistola: 

PRISLl    .    I    .    PRIPOSNI    ,    GN 

VISKO     .     ZMAJEVICH 

ARKIB    .    ZADARSKI 

POSVETI    .    OVU    .    CRIKVU 

NA    .    Vili    .    LVJA 

MDCCXLII    . 

BI    .    PAROCHIAN 

D    .    PETAR    .    PLETICOSSICH 


—  130  ~ 

Questa  chiesa  èia  più  bella  di  tutte  le  altre  chiese  cam- 
pestri dell' arcidiocesi  di  Zara.  E  lunga  m.  26,  larga  11.  È 
costrutta  a  tre  navate,  divise  da  dieci  colonne  di  pietra. 
Cinque  altari  l'adornano.  Il  maggiore  dedicalo  alla  B.  V.  vi- 
sitata, si  distingue  per  finitezza  di  marmi,  e  di  lavoro,  ed  ha 
quattro  statue  di  marmo  carrarese,  rappresentanti  il  patrono 
s.  Tommaso  ap.,  s.  Simeone  profeta,  la  Fede  e  la  Speranza. 
Bellissimo  pure  è  l'aitar  laterale  del  dottor  s.  Girolamo  ;  belli 
gli  altri  tre,  dedicati  all'ap.  s.  Tommaso,  alla  Vergine  del 
s.  Rosario,  ed  alla  Santa  Croce,  ossia  al  Suffragio.  Presso  la 
chiesa  torreggia  un  alto  campanile  con  sei  armoniose  campane. 

Dell'  antica  preesislita  chiesa  di  s.  Tommaso,  edificata 
dai  villici  in  epoca  rimota,  leggesi  negli  atti  di  sacra  visita 
del  1714  dell'arcivescovo  Zmajevich  ch'era  crollante  in 
quell'anno,  che  la  sua  consacrazione  celebravasi  ai  19  di 
novembre,  e  che  aveva  tre  soli  altari,  intitolati  a  s.  Tom- 
maso, alla  Natività  di  M.  V.  e  a  s.  Girolamo,  ed  oltre  a 
ciò  che  aveva  il  suo  campanile  alla  romana  con  due  campane. 

Oltre  la  chiesa  parochiale  sopra  descritta  vi  sono  nella 
parochia  : 

a.  La  cappella  di  s.  Antonio  abbate  fatta  erigere  dietro 
disposizione  testamentaria  da  don  Antonio  Plaskovich  nel 
1672,  il  cui  primo  rettore  don  Girolamo  Pleticossich  fu  e- 
letto  il  di  22  novembre  dell'anno  stesso  dal  paroco  locale, 
e  dal  vicario  del  convento  dei  Ss.  Cosmo  e  Damiano.  Ha 
questa  chiesa  un  solo  altare,  di  marmo,  che  fu  acquistato 
dalla  fabbriceria  della  chiesa  collegiata  di  s.  Simeone  di 
Zara  per  fior.  150.  Era  T  antico  altare  della  B.  V.  del  Ro- 
sario, portato  in  s.  Simeone  nel  1808  colla  statua  della  Ver- 
gine dalla  chiesa  di  s.  Domenico. 

6.  La  cappella  del  Calvario^  situala  su  d'  una  collina,  e 
dedicata  alla  B.  V.  Addolorata,  con  un  altare  di  marmo.  Fu 
eretta  alla  fine  del  secolo  passato. 

Quattro  erano  le  pie  confraternite  di  questa  parochia 
nel  1808,  cioè: 

1.  La  confraternita  di  s,  Tommaso  ap.  con  120  fra- 
telli e  rendile  di  campagna,  colle  quali  facevano  fronte  alle 
occorrenze  della  chiesa.  Della  medesima  è  cenno  in  atti  del 
1670. 

2.  La  confraternita  del  Ss,  Sacramento^  con  151  con- 
fratelli senza  rendite,  ma  sostenuta  dalle  elemosine.  E  ricor- 
data in  documenti  del  1670. 


—  131   — 

3.  La  confralenia  della  B.  V.  Addolorata  con  40  con- 
frali e  rendile  in  danaro. 

4.  La  confralernila  dì  s.  Antonio  abbate  con  24  con- 
frati e  con  rendite  di  terreni,  da  essi  coltivali. 

Di  queste  no  sussistono  tre,  ma  senza  approvazione. 

Esistevano  inoltre  in  questa  parochia  una  rispettabile 
Congregazione  religiosa  intitolata  dello  Spìrito  Santo^  alla 
quale  erano  aggregali  tult'  i  Presbiteri  delT  isolarlo  zaratino. 
Di  essa  è  cenno  in  scrittura  del  1738.  Aveva  per  iscopo 
speciale  di  suffragare  le  anime  dei  confratelli  sacerdoti  de- 
funti con  preghiere  speciali  e  sacrifizii.  Si  riuniva  una  volta 
all'anno  in  quella  parochia.  dove  aveva  domicilio  il  Decano, 
il  quale  a  proprie  spese  dava  loro  una  frugale  refezione,  e 
celebrava  le  prescrìtte  determinate  sacre  funzioni.  Questa  u- 
tile  pia  e  commendevole  associazione  finì  di  esistere  nel  1808. 

La  parochia  di  Tkon,  che  aveva  375  anime  nel  1754, 
al  presente  ne  ha  607. 

Serie  dei  parochi  di  Tkon. 

Giorgio  Pribilich  paroco     nel     1517 

Giorgio  Bogdanovich  ,5  ,^      1587 

Martin  Budacovich  „  ,,      1655 

Girolamo  Pleticossich  „  „      1681 

Pietro  Pleticossich  „  „       1714 

Nicolò  Collanovich  „  „      1760 

Bartolomeo  Majerich  ,,  „      1815 

Simeone  Czalovich  ,,  „       1821 

Marco  Zvillanovich  „  „       1840 

Matteo  Ostoich  „  „      1844 

Luigi  Klobuczar  „  „       1848 

Domenico  Smirich  ,,  ,j      1863 

Felice  Bakija  y,  „      1869 

Stefano  Banov  ,9  „      1873 

Fra  i  sacerdoti^  nativi  di  Tkon,  si  annoverano  Antonio 

Plaskovich  del  1670,  Bartolomeo  Poropatich  del  1715,  Giorgio 

Pedercich  del  1717,  Simeone  Czalovic  del  1738,    Tommaso 

Lucacich  del  1748,  Antonio  Pribilovich,  e  Michele  Falasco- 

vich  del  1764. 

Delle  antiche  famiglie  Irovansi  i  Ligalich  in  scrittura 
del  1390,  gli  Ussanich  del  1405,  i  Juranich,  Prodanich,  e 
Postolorovich  del  1445. 


—  132  — 

Il  villaggio  di  Tkon  ebbe  rinomanza  ne'  tempi  andati  pel 
suo  chiostro  illustre  ed  antico  e  per  la  sua  chiesa  dei  Padri 
Benedettini,  edifizii,  che  tuttora  sussistono  benché  vuolf  di 
abitatori.  Gioverà  pertanto  il  tesserne  la  storia. 

Convento  e  chiesa  dei    Ss.  Cosma  e  Damiano 
dei  P.P.  Benedettini  di  Tkon. 

Su  di  un  alto  colle,  che  sovrasta  alla  villa  di  Tkon, 
sorge  un  antico  convento,  vuoto  d'abitatori.  Questo  monu- 
mento claustrale,  che  trae  la  sua  origine  dai  primi  anni  del 
monachismo  occidentale,  e  che  dicesi  fondato  Tanno  918, 
apparteneva  all' illustre  ordine  benedettino.  De' suoi  fasti  an- 
tichi nulla  si  sa,  non  avendoci  lasciata  memoria  gli  avi  no- 
stri sino  al  principio  del  secolo  dodecimo.  Allorché  dalla 
flotta  veneta,  capitanata  dal  Doge  Domenico  Micheli  fu  1' anno 
1126  distrutta  Belgrado  (Zaravecchia).  l'abbate  ed  i  monaci 
benedettini  del  celebre  chiostro  di  s.  Giovanni  ev.,  il  quale 
aveva  subita  f  istessa  sorte  di  quella  città,  si  rifuggìarono 
nelle  rive  opposte,  in  quest'isola  cioè  di  Pasman,  in  un  castello, 
presso  cui  eravi  una  chiesa,  dedicata  ai  Ss.  mm.  Cosmo  e 
Damiano,  loro  donata  nel  1076  con  tutte  le  sue  pertinenze 
dal  vescovo  di  Belgrado  Prestanzio,  che  allora  aveva  su 
quelF  isola  giurisdizione.  Collocatisi  colà  come  meglio  potettero, 
incominciarono  anche  ad  officiar  quella  chiesa,  e  perchè  ne 
veniva  contrastato  il  possesso,  implorarono  ed  ottennero  nel 
1129  la  conferma  di  Micha  vescovo  di  Zara,  alla  cui  spi- 
rituale giurisdizione  era  stata  assoggettata  la  estinta  diocesi 
belgradense.  Entrati  così  i  Monaci  benedettini  di  s.  Giovanni 
di  Belgrado  nel  reale  possesso  della  detta  chiesa  di  Ss.  Co- 
smo e  Damiano  di  Tkon,  e  delle  sue  pertinenze  e  adjacenze, 
si  fabbricarono  ivi  il  proprio  convento,  e  vi  posero  domi- 
cilio, conservando  nel  tempo  stesso  la  proprietà  e  il  pos- 
sesso di  tutli  i  beni,  diritti  e  privilegi  eh'  erano  inerenti  al  pre- 
fatto cenobio  di  s.  Giovanni.  Allora  fu  che,  abbandonata  an- 
che l'antica  denominazione,  assunsero  quella  di  Padri  Bene- 
dettini del  monastero  di  Ss.  Cosma  e  Damiano  di  Tkon.  Fu 
in  quel  tempo  che  questo  cenobio  e  dai  Romani  Pontefici  e 
dai  Re  d'Ungheria  di  amplissimi  privilegi,  e  d'immunità  venne 
arricchito,  tra  i  quali  tiene  il  primo  posto  il  privilegio  di  Stefano 
111  re  d'Ungheria  del  1160,  col  quale  non  solo  vennero  confer- 
mati i  precedenti,  ma  fu  loro  benanco  concessa  facoltà  di  prò- 


—  133  - 

nuncìar  sentenza  contro  quelli  che  avessero  in  seguilo  preso 
domicilio  nei  villaggi  a  loro  soggetti.  In  secondo  luogo  sono 
d'annoverarsi  i  diplomi  di  Bela  III  del  1188,  d'Emerico 
del  1200,  e  di  Andrea  duca  di  Dalmazia;  e  finalmente  le 
bolle  d'Innocenzo  III  e  d'Innocenzo  VI,  colle  quali  furono 
meglio  confermati  i  premessi  privilegi  regali,  ed  assicurata 
la  proprietà  dei  loro  beni.  Per  tutto  ciò  divenne  in  breve 
questo  convento  celeberrimo  ed  opulento,  talché  il  nostro 
arcidiacono  Ponte  nei  suoi  fasti  della  chiesa  jadertina  non 
dubitò  di  asserire,  che  a'  quei  tempi  36  villaggi  erano  sog- 
getti alla  giurisdizione  dell'abbate  benedettino  di  Tkon,  il 
quale  n'era  pure  il  giudice  civile  ordinario. 

Nella  prima  metà  del  secolo  decimoquarto  tanto  la  chiesa, 
che  il  convento  ed  il  castello  furono  intieramente  distrutti, 
non  si  sa  per  quale  disastro.  Sembra  ciò  sia  avvenuto  nel 
1346  per  forza  di  guerra.  Il  tempio  ed  il  chiostro  furono 
però  riedificati  nel  1369  dai  monaci  per  cura  di  Fra  Pietro 
da  Zara,  cappellano  del  pontefice  Urbano  V,  e  poscia  abbate 
di  questo  convento.  Ne  fa  testimonianza  l'iscrizione  scolpila 
in  caratteri  regolari  semigotici  su  d'una  lapide  di  marmo 
orientale.,  infissa  nel  muro,  tuttavia  esistente  sopra  la  porta 
laterale  della  chiesa  ;  la  quale  è  del  seguente  tenore  : 

>I<  HOC  .  OPUS  .  NOVE  .  CONSTRVCTIONIS  .  AD  ,  FVTVRORVM  . 
REI  .  MEMORIAM  .  POST  .  DESTRVCTIONEM  .  INFRASCRIPTORVM  . 
LOCI  .  ET  .  ECCLESIAE  .  SANCTORVM  .  COSME  .  ET  .  DAMIANI  . 
ARTEMII  .  ET  .  EVPREPII  .  MAKTIRVM  .  ET  .  FRATRVM  . 
REHEDIFICATVR  .  ET  .  A  .  FVNDAMENTO  .  CONSTRVITVR  . 
AD  .  LAVDEM  .  DEI  .  ET  .  BEATISSIME  .  VIRGINIS  .  EJVS  . 
MATRIS  .  MARTE  .  DICTORVMQVE  .  SANCTORVM  .  PER  • 
FRATREM  .  PETRVM  .  DE  .  JADRA  .  DEI  .  ET  .  APOSTOLICA  . 
GRATIA  .  HVMILEM  .  ABBATEM  .  DICTI  .  LOCI  .  CAPELLANVM- 
QVE  .  DOMINI  .   PAPE  .    INFRASCRIPTI   .    INSTANTI  .  ANNO  .  A  • 

0 

NATIVITATE  .  SALVATORIS  .  MILLESIMO  ,  CCC  .  SEXAGESIMO  . 
NONO  .  INDICTIONE  .  SEPTIMA  .  DIE  .  QVARTO  .  JVNII  . 
PRESIDENTE  .  PAPATVI  .  DOMINO  .  URBANO  .  DIVINA  . 
PROVIDENTIA     .     PAPA     .     QVINTO     .     ANNO     .      PontificatUS 

0 

EJVSDEM    .    VII    . 


—  134  — 

Nel  1418  fu  intieramente  compiuto  T  edifizio  della  chiesa 
come  apparisce  dalla  seguente  iscrizione  esistente  nella  sua 
fronte  : 

^  HAEC  .  ECCLESIA  .  FVIT  .  COMPLETA  .  MCCCCXVIII  .  TEMPORE  . 
REVEREND  .  PRIORIS  .  D  .  FRANCISCI  .  MARIPETRO  .  IN  . 
HONOREM  .  BEATISSIMORVM  .  COSMAE  .  ET  .  DAMIANI  . 
D    .    M    . 

Così  pure  nell'anno  stesso  1418  fu  compiuto  il  chiostro, 
il  quale  a  que'  tempi  era  abitato  da  dodici  monaci.  Ma  com- 
mendata che  fu  quest'abbazia  ai  Vescovi,  ai  prelati,  o  a 
chierici  secolari  secondo  l'uso  di  quell'epoca,  gli  abitatori 
si  ridussero  a  sei.  e  negli  ultimi  anni  a  soli  Ire,  i  quali  of- 
ficiavano la  chiesa  in  lingua  letterale  illirica,  appartenendo 
essi  alla  Congregazione  illirica,  ch'era  alTatlo  indipendente.  Ed 
una  prova  ne  sia.  che  sopra  l'uscio  del  refettorio  è  scritto  in 
carattere  glagolitico,  quanto  segue  : 

MDXVII    .    APRILA    .    NA    .    DAN  .    XXVIII    .  PRIVR    .  D    .    ANTON  . 
BOGDANIC    .    SKOLVDRI    .    VCINI    .    TO    . 

Ecco  la  descrizione  che  l'arcivescovo  Caraman  ne  fece 
di  questa  chiesa  e  convento  al  Pontefice  nella  sua  relazione 
del  1754:  Agris  inter  tot  tantaque  bella  ammissis^  Mona- 
chorum  mensa  pauper\  Commendatarius  nequidem  in  triente. 
Divina  officia  rite  peragunt^  Choro  intersunt^  Missam  Con- 
ventualem  prò  henefactoribus  applicant.  Sacra  supellex  non 
deest.  Refectorium  commune  et  friigi;  saluhris  aer  :  sex  in- 
ter duo  tantum  juvenes. 

Negli  ultimi  tempi  il  convento  era  quasi  intieramente 
distrutto,  la  sola  chiesa  in  piedi.  Mancava  l'aitar  maggiore; 
mentre  esistevano  i  due  laterali.  Il  bel  campanile  a  torre 
quadrala  era  scoperto,  ed  atterrato  il  piano  superiore  perchè 
minacciava  crollo.  Questi  ed  altri  simili  guasti  manifestaronsi 
dopoché  i  beni  e  gli  stabili  passarono  nel  e.  r.  Demanio,  il 
che  fu  dopo  la  morte  dell'ultimo  abate  commendatario  An- 
tonio Caraman,  avvenuta  nel  1808.  E  il  convento  e  la  chiesa 
sarebbero  totalmente  crollati,  se  non  vi  fosse  stata  la  tenera 
pietà  del  vecchio  sacerdote  don  Pietro  Plelicossich,  unico 
3uperstile  monaco  benedettino,  pensionato,   morto  nel  1849, 


—   135  — 

il  quale  acquistò  dai  e.  r.  Demanio  e  l'uno  e  l'altra,  li 
rislaurò  per  quanto  le  sue  forze  glielo  permettevano,  li  te- 
neva in  concio  e  colmo,  e  vi  andava  a  celebrare  la  messa 
ogni  festa.  Ma  dopo  la  di  lui  morte  ritornò  il  convento  nel 
massimo  disordine,  l'appartamento  abbaziale  rimase  scoperto, 
il  restante  malconcio,  e  guasta  la  cisterna.  Per  le  solerti 
cure  deir  attuale  paroco  Stefano  Banov  furono  di  nuovo  ri- 
staurati  ambidue  questi  sacri  edifìzii  l'anno  1877.  Supplicò  egli 
ed  ottenne  graziosamente  dalla  munificenza  dell'  augustissimo 
Imperatore  Francesco  Giuseppe  I,  e  della  Imperatrice  Maria 
Anna  l'importo  necessario,  e  dalla  carità  dell'immortale  Pio 
IX  gli  arredi  sacri  corrispondenti,  dimodoché  il  chiostro  po- 
trebbe adesso  essere  abitato  ed  officiata  la  chiesa.  Una  i- 
scrizione  latina  ricorda  il  fatto. 

Tutti  due  questi  edifizii  sono  circondati  dal  muro  del- 
l'antico castello,  edificato  in  origine  per  tutela  e  difesa.  Vi 
si  entra  dalla  parte  di  ostro  per  una  porta,  fornita  d'alcuni 
gradini,  sopra  la  quale  v' è  scolpito  uno  stemma,  il  quale  ha 
nello  scudo  tre  fascio  verticali  con  una  croce  frammezzo,  e 
cappello  vescovile  di  sopra.  Dal  lato  destro  se  ne  scorge 
un'altro,  egualmente  guarnito,  avente  nello  scudo  un  leone 
in  piedi,  attraversato  da  una  fascia  obliqua  ;  e  a  dritta  di 
questo  v'e  n'è  un  terzo  con  un  leone  in  piedi  nello  scudo, 
colle  iniziali  i  .  n  .  a  .  m  .  e  con  un  infula  al  di  sopra. 
Frammezzo  alle  due  finestre  arcuate  a  sesto  acuto,  le  quali 
prospettano  una  terrazza  a  levante,  è  scolpito  un  pastorale, 
contornato  da  un  serpe.  Fuori  della  porta  minore  della  chiesa, 
da  ostro,  v'è  una  corticella,  fabbricata  a  modo  di  chiostro, 
sopra  l'uscio  della  quale  si  legge  scolpito  sul  marmo  quanto 
segue: 

MONASTERIVM  .  HOC  .  REPARATVM  .  FVIT  .  MATHEO  .  CARAMAN  . 
ABBATE  .  DICTI  .  MONASTERII  .  NVNC    .  ETIAM  .  ARCHIEPISCOPO  . 
JAD    .    ANNO   .    SALVTIS    .    MDCCXVI    . 

Sul  timpano  della  porta  sotto  codesta  iscrizione  è  inciso 
lo  stemma  dell'arcivescovo  Caramon,  avente  nello  scudo  una 
mano  che  impugna  un  ramo  di  fiori,  sormontato  da  una  stella. 

Sopra  la  porta  maggiore  della  chiesa  è  scolpito  un  pa- 
storale, insegna  dell'abbazia. 

Tra  gli  arredi  sacri  conservavasi  sino  alla  fine  del  se- 
colo   passato  un    pastorale    d'avorio,  di   lavoro    ammirevole. 


—  136  — 

Aveva  inoltre  questo  convento  un  celebre  archivio,  con 
molte  pergamene  di  ulta  antichità  ed  importanza,  dalle  quali 
gli  storici  nostrani  e  forestieri  raccolsero  copiose  notizie. 
Non  mancava  di  biblioteca,  ed  il  defunto  paroco  Bacchinich 
possedeva  un  bel  messale  glagolitico  in  pergamena,  mano- 
scritto, ornato  di  variopinte  figure,  ed  altri  documenti  antichi, 
scritti  in  gotico,  i  quali  appartenevano  al    convento. 

Riporteremo  ora  per  notizia  gli  abbati  che  presiedettero 
questo  Cenobio  dall' epoca,  che  fecero  passaggio  da  quello  di 
s.  Giovanni  di  Belgrado. 

Serie  degli  abbati  di  Ss.  Cosma  e  Damiano 
detti  anche  di  Rogovo. 


Giovanni 

abbate 

di  Ss. 

Cosma   e 

Damiano 

nel 

1129 

Niceforo 

TI 

>5 

7? 

77 

99 

77 

1146 

Ottone 

V) 

57 

79 

77 

73 

75 

1175 

Domenico 

')•:> 

?? 

7? 

77 

59 

99 

1187 

Milza 

71 

77 

77 

75 

99 

59 

1217 

Roberto 

V) 

n 

ff 

75 

77 

77 

1222 

Jacopo  Conajo 

77 

V 

77 

77 

77 

1282 

Giovanni 

II 

51 

?? 

77 

99 

?? 

75 

1290 

Paolo 

J? 

77 

7? 

99 

77 

55 

1292 

Giovanni 

lU 

J» 

n 

77 

77 

77 

55 

1308 

Luca 

>» 

V 

77 

7? 

J7 

77 

1323 

Martino 

v^ 

77 

7? 

77 

77 

77 

1343 

Gregorio 

r 

77 

77 

77 

59 

59 

1358 

Pietro  II 

?? 

77 

77 

75 

55 

55 

1369 

Luverso 

j^ 

77 

7? 

99 

77 

7? 

1374 

Federico 

de 

Zorz 

i,  nobil 

e  zai 

•atino 

59 

77 

1392 

Michele 

w 

77 

77 

59 

77 

77 

1397 

Vito  Subich 

» 

75 

77 

77 

75 

?7 

1398 

Intorno  alla  qual  epoca  l'abbazia  di  Ss.  Cosmo  e  Da- 
miano fu  convertila  in  Commenda,  e  consegnala  a  chierici 
secolari,  a  cui  i  monaci  si  assoggettarono. 

Serie  degli  abbati  commendatari  di  TkoU; 
detti  anche  di  Rogovo. 

Prè  Federico  de  Georgiis,  nobile  di  Zara, 

abbate  di  Rogovo  nel     1400 

Francesco  Malipiero,  eletto  abbate  dalla  s. 
Sede,  il  quale  fu  poscia  nel  1431  arci- 
vescovo di  Spalalo  a.     1418 


—  137  — 

Pietro  Foscari  primicerio  di  s.  Marco  di  Ven.       a.     1467 
Antonio  Diedo  ,^      1502 

Jacopo  Vordio  ^^      1525 

Montemerlo  de  Monteriaco  ,,      1558 

Secondo  Montemerlo  ,5      1586 

Nicolò  Brenlì  di  Parma  ,^      1601 

Brancio,  vescovo  di  Sarsina  „      1625 

Stefano  Gral^di  „      1653 

Girolamo  Sorini  „       1696 

Giorgio  Gìorgiceo  di  Spalato  „      1730 

Matteo  Caraman,  arcivescovo  di  Zara  ,,      1740 

Antonio  Caraman,  nipote  dei  precedente  „      1766 

Morto  il  quale  nel  dì  26  dicembre  1808,  passò  questa 
pìngue  abbazia  in  seno  del  e.  r.  Demanio,  che  ne  prese  pos- 
sesso l'anno  successivo  1809.  La  chiesa  e  il  chiostro  fu- 
rono in  seguito  venduti  al  sacerdote  don  Pietro  Pleticossich, 
fu  monaco  benedettino,  che,  come  sopra  si  disse,  li  ristaurò 
in  parte. 

L'anno  1657  i  beni  dell'abbazìa  furono  affittati  dal- 
l'abbate commendatario  per  300  ducati  annui. 

Tanto  il  Lucio  che  il  Ponte  ci  lasciarono  scritto,  che 
nel  castello  di  Tkon  si  rifuggiarono  cinque  canonici  della 
metropolitana,  ed  altri  cospicui  personaggi  di  Zara,  allorché 
nel  1202  fu  questa  dai  fondamenti  atterrata. 

Vergada. 

L'ultima  isola  dell' arcidiocesi  dalla  parte  di  scìlocco  è 
Vergada^  distante  da  Zara  miglia  25.  Appellavasi  antica- 
mente Lumhricata^  da  un  verme  {lumhricus\  che  in  copiosa 
quantità  si  trova  nelle  sue  campagne.  In  seguito  ebbe  il  nome 
di  Vergada^  e  tale  trovasi  denominata  in  scrittura  del  1430. 
Ha  in  circonferenza  circa  dieci  miglia,  e  i  suoi  prodotti  sono 
vino,  olio  e  poco  grano.  Nell'acquisto  che  fece  della  Dal-^ 
mazia  nel  1409  la  Repubblica  Veneta,  questa  fu  una  di  quelle 
isole  su  cui  estese  assoluto  dominio  la  Serenissima,  che  poi 
nel  1430  la  diede  in  affittanza  al  patrizio  zaralino  Nicolò  de 
Sloradis.  Più  tardi,  cioè  nel  1479  l'accordò  in  feudo  a  Gia- 
como Farina,  e  poscia  alla  nobile  e  benemerita  famiglia  Clo- 
cocea  di  Zara,  che  la  tenne  sino  al  26  Maggio  1673;  dopo 
di  che  fu  dalla  stessa  Repubblica  donata  in  feudo  ereditario 
ai   nobiluomini   Nicolò  e   Francesco    Damiani  nel    1682   per 


—  138  — 

ricompensa  degli  utili  servigi  prestati  al  Governo.  Questa 
famiglia,  che  sussiste  tuttavia  in  Zara,  assunse  col  tempo  il 
titolo  del  feudo,  e  cominciò  appellarsi  Damiani  de  Vergada. 

La  villa  di  Vergada  trovasi  menzionata  col  titolo  di 
parodila  in  atti  delle  sacre  visite  dal  1587  in  poi.  Ora  è 
cappellania  esposta,  dipendente  da  Pakoscane  sotto  il  Deca- 
nato di  Zaravecchia. 

La  sua  chiesa  principale  è  posta  sopra  un  colle,  che 
domina  tutto  il  villaggio.  Per  quanto  dicesi,  dovrebbe  es- 
sere stata  eretta  nel  decimosesto  secolo.  Ha  la  forma  d'un 
quadrilatero,  lungo  m  21.  largo  m.  7:50.  La  cappella  mag- 
giore è  rotonda,  ed  accenna  ad  un'età,  a  noi  più  vicina. 
La  sua  fronte  è  rivolta  a  maistro;  è  intitolata  alla  Ss.  Tri- 
nità, a  cui  è  consacrato  l'aitar  principale,  la  cui  mensa  e 
tabernacolo  sono  di  fini  marmi  e  di  squisito  lavoro.  Le  co- 
lonne di  cotesto  altare,  che  poc'anzi  erano  di  legno  dorato, 
e  sdruscite.  ora  sono  anche  di  marmo,  a  merito  dell' attuale 
suo  cappellano,  ed  a  spese,  in  parte  dei  villici,  ed  in  parte 
del  fondo  ecclesiastico.  Vi  sono  altri  due  altari,  il  primo  de- 
dicato alla  B.  V.  del  Rosario,  il  secondo  al  Suffragio  :  ambi 
di  marmo  con  pale  di  non  comune  pennello.  11  campanile  ha 
la  solita  forma  con  due  campane. 

Oltre  la  chiesa  prefata  ve  ne  sono  altre  due.  Una  sotto 
il  titolo  di  s.  Andrea  ap.  eh' è  assai  antica,  avendo  servito 
di  chiesa  parochiale  prima  che  fosse  stata  eretta  quella  della 
Ss.  Trinità:  ha  questa  l'aliar  maggiore  di  s.  Andrea,  ed  altro 
intitolato  alla  B.  V.  Immacolata  ;  il  campanile  in  fronte  con 
due  campane,  ed  il  cimitero  antico  comunale  che  serve  og- 
gidì come  per  l' addietro.  L'altra  è  una  cappella  delia  Pre- 
sentazione di  M.    F.  di  privata  ragione. 

La  presente  casa  canonica  ch'esisteva  ancor  nel  1670, 
è  oggidì  inservibile;  ò  imminente  la  costruzione  d'una  nuova 
a  spese  del  fondo  ecclesiastico. 

Quattro  erano,  al  principio  di  questo  secolo,  le  con- 
fraternite di  Vergada,  cioè: 

1.  Quella  della  Ss.  Irinità  con  31  confratelli  e  poche 
rendite. 

2.  Quella  della  B.  V,  del  Rosario  con  24  fratelli  e  con 
rendite  in  elemosine. 

3.  Quella  del  Suffragio  con  48  aggregati,  che  con  e- 
lemosine  contribuivano  al  suo  mantenimento. 


—  139  — 

4.  Quella  di  s,  Andrea  ap,  con  23  aggregali,  senza 
rendite  di  sorla. 

Tutte  quattro  sono  state  soppresse  nel  1808.  Quella 
però  del  Ss.  Rosario  venne  ristabilita  nel  1872  dall' attuale 
cappellano.  Nella  chiesa  di  s.  Andrea  esisteva  nel  1670  la 
confraternita  del  Ss.rno  Sacramento,  formalmente  eretta. 

Questa  villa  conta  al  presente  390  anime,  menlre  nel 
1754  ne  aveva  228. 

Serie  dei  parochi  e  dei  cappellani  di  Vergada. 

Giovanni  Bogdanich  paroco  nel  1587 
Filippo  Dunicich  „  „  1670 
Giacomo  Torich  „  „  1674 
Michele  Billich  „  ,,  1714 
Michele  Torich  „  „  1727 
Nicolò  CoUanovich  „  „  1737 
Giovanni  Torich  ,^  „  1762 
Martino  Michich  „  „  1815 
Giuseppe  Torich  „  ,y  1821 
Martino  Michich  „  „  1822 
Antonio  Torich  „  „  1830 
Martino  Michich  „  „  1840 
Giovanni  Sablich  „  „  1844 
Simeone  Maletich  „  5,  1848 
Giovanni  Kerpelich  „  ,^  1851 
Matteo  Ostoich  cappellano  „  1852 
Simeone  Barani  ,,  ,5  1863 
Antonio  Grasso  ,,  ,,  1864 
Simeone  Torich  „  „  1872 
Fra  i  sacerdoti  ch'ebbero  origine  a  Vergada  sono  an- 
noverati i  seguenti:  Nicolò  Carpetich  in  scrittura  del  1678, 
Giacomo,  Simeone  ed  altro  Simeone  Torich  in  scritture  del 
1768,   1740  e  1773,  Matteo  Draskovich  del  1756. 

Esisteva  in  questa  parochia  nei  prischi  tempi  un  con- 
vento di  Eremiti  di  s.  Paolo  con  chiesa  dedicata  a  s.  Giorgio 
m.  i  quali  furono  soppressi  nel  1411. 


PAROCEIE  LITORALI. 


Pakoàcane 


11  villaggio  di  Pahoscane  è  posto  ira  il  lago  di  Vrflna 
ed  il  mare  nel  canal  di  Zara,  al  confine  della  Diocesi  di 
Sebenico.  Sotto  la  dominazione  ungarica  Fakosene  s'ap- 
pellava. Sotto  i  Veneti  era  feudo  della  nobile  famiglia  za- 
ratina  Carnaruti,  che  da  essi  T  ottenne  pei  meriti  acquistatisi 
verso  la  Repubblica.  Era  parochia  nel  1579,  trovandosi  il 
suo  paroco  annoveralo  tra  i  presenti  nel  sinodo  diocesano 
celebralo  dall'  arcivescovo  Natale  Venier.  E  pure  oggidì  pa- 
rochia sotto  il  Decano  di  Zaravecchìa  con  641  abitanti.  Ne 
aveva  400  nel  1754. 

La  chiesa  parochiale  di  Pakoscane,  resa  inservibile  per 
la  sua  vetustà,  fu  riedificata  nel  1654  dal  paroco  Giovanni 
Scilich,  e  consacrata  li  12  Maggio  1715  dall'arcivescovo 
Zmajevich.  È  intitolata  all'  arcangelo  s.  Michele.  L'  aitar  mag- 
giore dedicato  al  patrono  ha  il  tabernacolo  del  Ss.  Sacra- 
mento. Gli  altri  tre  altari  laterali  portano  il  titolo  di  s.  Rocco, 
della  B.  V.  del  Rosario  e  di  s.  Maria  Maddalena. 

Ha  oltracciò  una  cappella  in  onor  di  s.  Rocco  con  l'al- 
iar del  titolare,  eretta  nel  secolo  decimollavo  dai  villici,  forse 
per  voto  in  tempo  di  pestilenza. 

Dirimpetto  alla  villa  a  piccola  distanza  sorge  un'  isoletla, 
appellata  5.  Giustina  da  una  edicola  intitolata  alla  santa  con 
rottami  di  case,  ove  si  rifuggiarono  i  vìllici  di  Pakoscane 
durante  le  turchesche  escursioni.  L^  edicola  fu  eretta  nel  1670. 
Ha  un  solo  altare  intitolalo  all'inclita  martire  e  patrona,  il 
quale  era  di  juspatronato  della  famiglia  Punossevich.  Ha  din- 


—  141   -- 

torno  il  cimitero  comunale,  che  fu  benedetto  nel  1671  dal- 
l'arcivescovo Parzago.  II  campanile  al  solilo  con  una  campana. 
Sei  confraternite  aveva  questa  parochia  al  principio  del 
secolo,  ed  erano: 

1.  La  confraternita  del  litolare  s.  Michele  are.  con  40 
confratelli,  i  quali  coli' elemosine  facevano  fronle  alle  spese 
del  cullo. 

2.  La  confraternita  del  Ss.  Rosario  con  36  associati, 
che  sostenevano  con  questue  le  spese  per  T  esequie  dei  con- 
fratelli defunti. 

3.  Quella  di  s.  Antonio  con  28  socii,  e  con  elemosine 
come  sopra. 

4.  Quella  della  B.  V.  del  Carmine  con  24  confrati  ed 
elemosine  pei  bisogni  della  pia  compagnia. 

5.  Quella  di  s.  Rocco  con  32  confratelli  ecc.  come  sopra. 

6.  Quella  di  s.  Giustina  nella  sua  cappella  in  isola  con 
22  fratelli  senza  rendite. 

Serie  dei  paro  chi  di  Pakosóane. 

N.  N.  paroco     nel     1579 

Simeone  Draganich  „  „      1640 

Matteo  Stojanovich  „  ,^       1670 

Nicolò  Kerpetich  ,^  „       1681 

Giovanni  Scilich  „  „       1694 

Nicolò  Gljubanovich  par.  evie.  for.   „       1727 
Pietro  Cazija  „  „       1762 

Giovanni  Vulin  „  „       1815 

Simeone  Rado  „  „       1840 

Grisogono  Sokota,  insignito 
della  croce  d'oro  con  co- 
rona, canonico  onorario, 
ora  Pievano  paroco  di  s. 
Simeone. 
Alessandro  Servadei 
Felice  Bakija 

Zaravecchia. 

Lungi  diciotto  miglia  da  Zara  a  levante,  sulle  rive 
del  mare  è  situata  Zaravecchia .^  l' antica  Blandona  de'  Ro- 
mani. Era  in  anlico  tempo  città  non  piccola,  d'ogni  intorno 
ricinta  di  mura,  e  da  alte  e  ben  guernite  torri  proletta  e  di- 


5^ 

?? 

1851 

?5 

?^ 

1874 

5^ 

V 

1875 

—   142  — 

fesa.  Venne  distrutta  dai  barbari  nel  VII  secolo.  Successo 
nel  641  l'eccidio  di  Salona,  molli  de'  suoi  profughi  scelsero 
per  loro  sede  le  rovine  di  Blandona,  e  ristauratala  alla  meglio 
vi  si  stanziarono  imponendole  il  nome  di  Jadria  (volg.  Zara) 
in  memoria  del  fiumicello  Jadro,  che  scorreva  intorno  alla 
distrutta  lor  patria.  Occupata  nelTVIII  secolo  dagli  Slavi- 
Croati  perdette  il  nome  latino  di  Blandona.  ed  anche  quello 
di  Jadra,  ed  assunse  quello  di  Bielograd,  Biograd,  latino  Bel- 
gradum.  Tolta  poi  agli  Slavi  dai  Veneti  (1115),  Ordelaffo 
Falier  la  spogliò  di  sue  mura  dalla  parte  di  mare.  Presa 
dagli  Ungari  assunse  il  nomed'^/òa.  e  poscia  i'Alhamaris 
ed  anche  Alba  maritima^  per  distinguersi  da  altre  città  un- 
gheresi di  tale  denominazione.  Fu  dessa  la  residenza  reale 
di  Colomanno  e  di  Stefano  suo  figlio,  i  quali  la  ristaurarono 
e  rabbellirono,  ed  in  essa  s' incoronarono  ambidue  col  titolo 
di  re  d'Ungheria  e  di  Dalmazia.  Debellata  infine  e  smantel- 
lata dal  Doge  Veneto  Michieli,  cessò  d'essere  città,  non  ri- 
sorse pili,  e  divenne  un  villaggio  di  pochi  abitanti,  e  di  poca 
importanza.  Ripigliò  allora  il  nome  primiero  di  Jadra  (Zara) 
impostole  dai  Salonitani,  ed  aggiuntovi  l'epiteto  di  vecchia 
per  dimostrare  lo  stato  rovinoso  in  cui  era  ridotta  questa 
una  volta  florida  città  incominciò  a  denominarsi  Zaravecchia, 
ed  in  slavo  Starigrad^  eh' è  quanto  dire  città  vecchia,  ed 
anche  Biograd^  che  vuol   dire  città  d  una  volta.  /  * 

Quando  avesse  dato  il  nome  a  Cristo  non  consta.  Non 
è  dubbio  però  ch'essendo  slata  una  città  ragguardevole  al 
tempo  dell'impero,  né  troppo  distante  da  Zara,  quegli  stessi 
apostoli,  che  predicarono  la  fede  ai  Zaratini  T  abbiano  fatto 
pure  a  quei  di  Blandona.  Fu  nei  primi  tempi  soggetta  alla 
giurisdizione  ecclesiastica  di  Zara  sino  all'ottavo  secolo,  in 
cui  venuta  in  potere  dei  Croati  fu  sottoposta  al  vescovo 
croatino  di  Nona.  Inseguito  divenne  sede  vescovile,  e  si  ri- 
tiene che  il  fondatore  del  suo  vescovato  sia  stato  Cresimiro 
IV,  re  di  Dalmazia  e  Croazia,  il  quale  ivi  erasi  ritiralo  per 
fuggire  i  rigori  dell' inverno.  Volendo  egli  dar  lustro  e  splen- 
dore alla  nuova  sua  residenza  pensò  che  non  potea  farlo 
meglio  che  coli' innalzarla  a  sede  vescovile.  E  se  gliene  of- 
ferse anche  propizia  l'occasione  per  mandare  ad  effetto  il 
suo  divisamenlo.  Prese  motivo,  infatti,  dalla  soverchia  esten- 
sione delia  diocesi  croatina  di  Nuna,  che  comprendeva  tulli 
gli  slavi  della  Dalmazia,  per  islaccarne  una  porzione,  colla 
quale  e  colf  isola  di  Pasman,  che  tolse  al  vescovato  di  Zara, 


—  143  ~ 

formò  il  nuovo  vescovato  di  Belgrado;,  donde  ne  venne  che 
il  vescovato  jadrense  fin  d'allora  venne  diminuito  nel  suo  ter- 
ritorio, come  ce  lo  conferma  l'arcidiacono  Tommaso,  ove 
dice  :  Episcopatiis  Jadreìisis  non  magnani  habuit parocldam 
propter  vicinitatem  Nonensis  et  Belgradensis  Episcopatus. 
In  tal  guisa  il  Vescovato  di  Belgrado  \g\\\\q  fondato  intorno 
ull'anno  1050,  e  costituito  dall'isola  di  Pasman  posta  di- 
rimpetto alla  città,  di  varii  scogli  a  lei  vicini,  e  di  parecchi 
altri  villaggi  posti  a  borea  della  medesima.  Che  la  santa  Sede 
avesse  colla  sua  autorità  confermato  e  corroborato  l' atto 
della  istituzione  del  nuovo  vescovato  non  consta  da  docu- 
menti, ma  ben  lo  si  deduce  dall'atto  di  presenza  diMainardo 
Legalo  Pontificio,  speditovi  dal  Papa  Nicolò  II  nel  1059,  e 
dal  contemporaneo  intervento  del  metropolita  di  Spalato  e  di 
tutt'i  vescovi  provinciali  Fondato  sotto  così  splendidi  auspici 
il  Vescovato  di  Belgrado  pareva  avesse  a  perdurare  a  lungo, 
ma  invece  neppur  un  secolo  stette  in  piedi,  che  per  le  vi- 
cende politiche  s' eslinse  ben  presto,  come  vedremo.  In  questo 
periodo  di  sua  esistenza  ebbe  otto  vescovi,  dei  quali  nar- 
reremo ora  le  virtù  e  le  gesta. 

Vescovi  di  Belgrado. 

1.  a.  1059.  Teodosio  /,  primo  vescovo  di  Belgrado.  Nulla 
si  sa  di  sua  origine,  e  degl'inizii  del  suo  vescovato.  Lo 
si  trova  menzionalo,  ed  anche  sottoscritto  qual  testimonio 
col  tilolo  di  vescovo  belgradense  in  parecchi  monumenti 
di  quest'epoca.  Coli' ardente  suo  zelo,  colle  egregie  sue 
virtù,  e  colle  preclare  sue  gesta  iniziò  la  nuova  sede.  Fu 
egli  che  per  accrescere  lustro  e  splendore  alla  sua  chiesa, 
persuase  il  re  Cresimiro  a  fondare  il  famoso  monastero  e 
la  magnifica  chiesa  di  s.  Giovanni  ev.  pei  monaci  bene- 
dettini  slavi.  Cresimiro  infatti,  a  cui  stava  grandemente  a 
cuore  l'esaltamento  della  nuova  diocesi  belgradense,  da 
lui  fondata,  si  prestò  di  buon  animo  per  soddisfare  ai  de- 
sideri di  Teodosio.  Prima  però  di  accingersi  all'opra,  chiamò 
dal  convento  dei  benedettini  di  Zuri  frate  Andrea^  uomo 
fornito  di  singolare  virtù  e  prudenza,  e  destinato  il  sito 
e  r  area  del  convento  e  della  chiesa  da  erigersi,  gli  com- 
mise l'incarico  di  edificarli  a  tutte  sue  vSpose,  non  senza 
raccomandargli  di  fare  in  modo  che  gli  edifizii  riuscire 
dovessero  pienamente    adatti  allo  scopo,  a  cui  erano    de- 


—  144  — 

slinali.  Verso  la  fine  deJl'  opera  fece  a  sé  venire  non  solo 
i  vescovi  provinciali  con  alla  lesta  il  nielropolila  di  Spa- 
lalo Lorenzo,  ma  ancora  alcuni  magnali,  e  Mainardo  ab- 
bate benedettino,  che  in  quell'anno  1059  fungeva  in  Dal- 
mazia per  ordine  di  Nicolò  II  l'incarico  di  legato  apo- 
stolico. Dinanzi  a  codesta  augusta  assemblea  fece  dono 
solenne  ai  monaci  del  monastero  e  del  tempio,  cui  volle 
fossero  dedicati  all'apostolo  ed  evangelista  s.  Giovanni,  e 
presieduti  e  governati  dal  prenominato  frate  Andrea,  che 
fu  istituito  primo  abbate.  Assegnò  inoltre  alla  chiesa  e  al 
convento  suddetto  T  intera  isola  di  Zuri,  nonché  la  villa 
di  Rogovo,  situata  dietro  le  colline  di  Belgrado  a  borea, 
con  tutte  le  località  ad  essa  pertinenti  quali  erano  Dolani, 
Blatta,  Servizza,  Barcagno,  Sydraga,  Sefova,  Nebrete, 
Murazulum,  ed  Elzani.  Stabilì  inoltre  che  il  convento  fosse 
immune  da  qualunque  regia  imposizione.  L^atto  solenne, 
eretto  in  tale  occasione,  portala  data  del  1059,  ed  è  cor- 
roboralo dalle  firme  di  tulli  i  prefali  magistrati  ecclesia- 
stici e  civili.  Con  altro  diploma  di  quelT  anno  stesso, 
dopo  di  aver  confermato  solennemente  quanto  aveva  or- 
dinato e  disposto  nel  primo,  impose  Cresimiro  ai  monaci 
un  annuo  tributo  da  darsi  al  vescovo,  cui  però  tolse  ogni 
diritto  sopra  il  monastero,  costituendolo  così  immune  da 
alcuna  soggezione  al  vescovo,  e  sottoposto  invece  im- 
mediatamente al  Papa.  In  ambidue  i  suddetti  diplomi  tro- 
viamo sottoscritto  Teodosio  vescovo  belgradense.  Gover- 
nalo con  sapienza  dall'  abbate  Andrea,  salì  in  fama  ed  o- 
nore  questo  convento,  che  fu  beneficato  con  parecchi  doni 
e  lasciti,  fra  i  quali  merita  d'esser  annoveralo  quello  di 
certo  Kerniz,  che  con  scrittura  del  1077  lasciò  al  mede- 
simo alcuni  terreni  e  la  chiesa  di  s.  Michele  in  Mirane. 
Nell'eccidio  di  Belgrado  del  1126,  anche  la  chiesa  ed  il 
convento  di  s.  Giovanni  furono  distrutti,  come  vedremo. 
Di  Teodosio  nulla  altro  sappiamo.  Troviamo  la  sua  sede 
occupata  nel  1066  dal  suo  successore  Dabro. 
2.  a.  1066.  Dahro^  del  quale  nessun' altra  memoria  ci  ven- 
ne lasciata,  tranne  la  sua  sottoscrizione  nel  diploma 
di  Cresimiro  del  25  dicembre  dell'anno  1066,  con  cui  il 
re  assieme  all'  arcivescovo  di  Spalalo  Lorenzo,  e  agli  altri 
vescovi  della  Dalmazia,  riuniU  in  amplissima  assemblea 
nella  città  di  Sebenico  approvò  e  sancì  il  regio  decreto 
col  quale  veniva  esonerato  da  qualsiasi  contributo,  ed    i- 


—  145  — 

noltre  dichiarato  immune  da  ogni  e  qualunque  soggezione 
l' illustre  cenobio  benedettino  jadrense  di  s.  Maria,  fondato 
da  Cicca  sorella  di  lui.  Dopo  tre  anni  Dabro  non  era  più 
in  vita. 

3.  a.  1069.  Teodosio  11^  sotto  il  cui  regime  venne  fondata 
a  Belgrado  una  chiesa  in  onor  di  s.  Tommaso  ap.  ed  i- 
iioltre  presso  la  medesima  un  convento  di  monache,  cbo 
sotto  la  direzione  di  Dohinza  abbadessa  osservavano  la  re- 
gola di  s.  Benedetto.  Leggesi  nel  Parlato  T.  IV  pag.  4  il 
diploma  di  ottobre  del  1069,  con  cui  Cresimiro  accordò 
al  convento  il  diritto  della  regia  libertà,  e  l' immunità 
da  qualsiasi  contribuzione  e  dipendenza,  ed  inoltre  gli 
donò,  alcune  terre  in  Sydraga,  ed  una  pingue  possessione 
nella  località  denominata,  Rasochatiza^  incipiente  ab  ipsa 
Rasochatiza  uhi  sunt  duae  fontanae^  et  usqiie  ad  pu- 
teum^  qui  manet  usque  ad  terrara  Mogorovici^  longitu- 
dine^ et  in  latitudine  a  monte  Tini  usque  ad  rivum^  et 
ibidem  Smurdulani  incipiente  a  termino  vallis  usqite  ad 
pedem  montis  Tini,  Il  diploma  venne  sottoscritto  dal  ve- 
scovo Teodosio  qual  testimonio.  Nuli' altro  ci  consta  di  lui. 

4.  a.  1072.  B Questo  vescovo  trovasi  segnalo  nei  docu- 

cumenti  colla  sola  iniziale  B.^  che  dal  Parlato  è  ritenuta 
per  abbreviazione  di  Basilio^  Bertrando^  o  Bono.  Inter- 
venne cogli  altri  vescovi  della  Dalmazia  al  concilio  pro- 
vinciale, convocato  in  Zara  nel  1072,  dall'arcivescovo  é\ 
Spalato  Lorenzo,  nonché  alla  solenne  consacrazione  della 
chiesa  di  s.  Maria  delle  Monache  benedettine  di  Zara,  ed 
inoltre  all'atto  di  donazione  dell'isola  di  Selve  fatto  alle 
medesime  dal  vescovo  di  Zara  Andrea,  e  da  Dragone 
priore  (pretore)  della  città  stessa  ;  il  quale  atto  solenne  fu 
da  lui  colla  sua  iìrma  B,  Belgraden.  Episcopus  ratifi- 
cato. Questo  è  ciò  che  ci  è  nolo  del  vescovo  B , , ,,  nò 
altro  ci  consta  di  lui. 

5.  a.  1073.  Prestanzio,  Durante  il  regno  di  Cresimiro  IV 
prese  egli  possesso  di  questa  sede  di  Belgrado,  ciocché 
si  deduce  da  quanto  ora  diremo.  Aveva  Prestanzio  di  sua 
propria  autorità  donato  al  monastero  di  s.  Giovanni  ev. 
la  chiesa  dei  Ss.  Cosmo  e  Damiano  nell'isola  di  Pasman, 
assieme  ai  beni  a  quella  spettanti.  Volendo  T  abbate  i*^eZ^C(3 
prenderne  possesso,  questo  gli  venne  contestato,  col  pre- 
lesto che  il  vescovo  non  avesse  avuto  diritto  di  alienare 
la  chiesa  ed  i  suoi  beni,    che  per   juspatronalo  alla    città 

IO 


—  146  — 

di  Belg^rado  pertenevaiTO.  Chiamati  in  giudizio  gli  avver- 
sarii  dall'abbate  dinanzi  al  re  Cresimiro.  questi  atììdò  la 
trattazione  dell' aifare  a  Vito  Dragone,  uomo  prudente,  e 
nelle  cose  l'orensi  versatissimo.  il  quale  pronunziò  sentenza 
favorevole  alT  abbate,  come  rilevasi  dal  documento  di  quel 
monastero,  che  trovasi  per  esleso  nel  P.  Parlato  T.  IV 
p.  4.  Il  vescovo  Prestanzio,  non  contento  del  giudizio 
emmesso  in  suo  favore,  affine  di  meglio  guarantire  la 
donazione,  stimò  necessario  di  farla  rinnovare,  e  confer- 
mare nelle  forme  più  solenni.  Non  mancò  pertanto  di  of- 
frirsegli  opportuna  occasione.  Essendo  morto  nel  1076 
Cresimiro,  Gregorio  VII  aveva  spedili  in  Dalmazia  i  suoi 
legati  Gebizone  e  Folconio,  perchè  in  nome  suo  approvar 
dovessero  la  elezione  dì  Svonìmiro  (Demetrio)  in  re  di 
Dalmazia  e  Croazia,  e  imporgli  solennemente  il  reale  dia- 
dema. Adempiuto  eh'  ebbero  il  proprio  incarico,  pregati 
da  Preslanzio  i  legati  assieme  col  metropolita  di  Spalato 
si  recarono  a  Belgrado,  ed  alla  presenza  del  clero,  del 
pubblico  magistrato,  della  nobiltà  e  del  popolo,  convocalo 
in  generale  assemblea,  fu  letto  1'  atto  della  prefata  dona- 
zione e  solennemente  confermato.  Colse  Prestanzio  questa 
bella  circostanza  per  far  celebrare  dal  metropolita  la  con- 
sacrazione della  chiesa  di  s.  Giovanni  ev.  a  cui  la  com- 
munità  si  obbligo  di  contribuire  annualmente  la  decima 
dell'  olio,  di  cui  era  molto  ferace  il  belgradense  territorio. 
Di  Prestanzio  si  trova  benanco  memoria  in  parecchi  do- 
cumenti di  quest'  epoca,  come  pure  dopo  la  sua  morte  in 
scrittura  del  1116,  ')  colla  quale  il  doge  Ordelalfo  Falier 
riconfermò  i  privilegi  del  summentovalo  convento  di  s. 
Giovanni,  i  quali  privilegi  assieme  alla  suddetta  donazione 
vennero  riconosciuti  e  sanciti  da  Papa  Gregorio.  E  ancor 
ricordato  il  vescovo  Preslanzio  nei  diplomi  di  Stefano  II 
del  1166,  e  di  Bela  III  del  1188,  coi  quali  furono  ancor 
una  volta  ratificati  i  privilegi  di  quell'illustre  cenobio. 
Cessò  di  vivere  Preslanzio  nell'anno  1076,  in  cui  gli  suc- 
cesse nella  cattedra  vescovile  Teodosio. 
6.  a.  1076.  Teodosio  III.  Succedette  a  Prestanzio;  ma  di 
lui  nulla  si  trova  nelle  antiche  memorie  all' infuori  della 
sua  testimonianza  scritta  in  un  diploma  di  Svonimiro  (De- 
metrio)   del   1076.    È  pure    menzionato  in  un    documento 


^)  Vedi  U  documento  dell' a.  1116  in  fine  dell'opera. 


—  147  — 

del  1077.    Non  consta    quanto    tempo  tenesse  la    cattedra 
di  Belgrado. 

7.  a.  1097.  Bono.  Sedeva  su  questa  cattedra  sullo  scorcio 
del  secolo  undecimo.  Fu  egli  che  accolse  Tanno  1097  la 
figlia  di  Ruggero  conio  dì  Sicilia,  la  quale  approdò  a 
Belgrado,  diretta  in  Ungheria  per  farsi  sposa  a  Colomanno, 
che  dopo  l'estinzione  dei  principi  slavi,  era  divenuto  pa- 
drone di  tutta  la  Croazia,  ed  anche  della  città  di  Belgrado. 
Fece  pure  solenne  accoglienza  a  Colomanno,  che  si  è  recato 
nel  1102  a  Belgrado,  per  farsi  incoronare  re  di  Dalmazia  e 
Croazia;  nella  qual  circostanza  diede  alla  città  il  titolo  di  re- 
^afe,  come  rilevasi  da  un  diploma  rilasciato  in  quell'  anno 
al  convento  Benedettino  di  s.  Maria  di  Zara,  che  così  comin- 
cia: Ugo  Colomannus  etc  postquam  coronatus  fui  Bel- 
gradi sujpra  mare  in  urbe  regia.  Con  molta  pietà  e  pru- 
denza il  vescovo  Bono  governò  \a  sua  chiesa.  Se  non 
che  semhra  aver  egli  mancato  ai  doveri  di  giustizia  col- 
r  aver  tolto  ai  monaci  benedettini  di  s.  Giovanni  la  chiesa 
dei  santi  martiri  Cosmo  e  Damiano  coi  terreni  rispettivi, 
esistenti  nell'isola  di  Pasman,  sotto  il  pretesto  essere  stali 
staccati  dalla  sua  mensa  arcivescovile  con  grave  suo  pre- 
giudizio, mentre  invece  l'antecessore  di  Prestanzio  ave- 
vali,  come  abbiam  narrato,  con  atto  solenne  e  pubblico  e 
col  consenso  del  clero  e  del  popolo  concessi  ai  monaci 
in  proprietà  perpetua  ed  assoluta.  Fu  perciò  anche  obbli- 
gato a  restituirli  ai  monaci  dietro  sentenza  del  legato 
Pontificio,  Cardinale  Agostino,  mandato  da  Pasquale  II  in 
Dalmazia  ed  Ungheria  per  oggetti  di  ecclesiastica  disci- 
plina. Dopo  di  questo  fatto  si  ritiene  che  Bono  passasse 
agli  eterni  riposi,  poiché  niente  più  trovasi  di  lui  nelle 
memorie  di  quei  tempi. 

8.  a.  1116.  N.  N,  E  il  nome  di  questo  vescovo  e  le  sue 
gesta  andarono  perdute  per  le  vicende  dei  tempi.  Sotto 
di  lui,  oppure  del  suo  successore  avvenne  l'eccidio  della 
città  di  Belgrado.  I  Veneti,  a  cui  Colomanno  aveva  rapito  i 
la  Dalmazia,  condotti  dal  doge  Ordelafo  Falier  nel  1116^ 
ridussero  colla  forza  alla  loro  ubbidienza  e  soggezione  le 
città  croate  della  provincia,  compresa  Belgrado  ;  nella  qual 
occasione  Fosco,  abbate  del  monastero  di  s.  Giovanni  ev. 
si  fece  confermare  dal  doge  con  pubblico  e  solenne  do- 
cumento il  possesso  della  chiesa;  dei  Ss.  Cosmo  e  Damiano 
e  dei  beni  ad  essa  inerenti,    di   cui   sopra  abbiamo    par- 


—  148  — 

Iato.  ')  Stefano  re  d'Ungheria,  approffittando  dell'assenza  della 
flotta  veneta,  che  s'era  coi  crociati  recata  in  Soria,  nel 
1124  assoggettò  a  se  tulle  le  città  della  Dalmazia.  Ma 
Domenico  Michielì.  ritornato  dalla  spedizione  di  Soria.  le 
riprese  agli  Ungheria  parie  colla  forza,  parte  colla  resa. 
Belgrado  però  colKajato  degli  ungheri  osò  opporsegli,  ma 
finalmente  dopo  una  lunga  ed  accanita  resistenza  dovette 
cedere.  Espugnala  ch'ebbe  il  doge  la  città,  T atterrò  e  la 
distrusse  tutta  quanta  in  pena  della  sua  defezione  e  della 
pirateria  con  cui  infestava  l'adriatico,  né  mai  più  potè  ri- 
sorgere a  vita.  Il  territorio  di  Belgrado  e  le  isole  an- 
nesse furono  assegnate  dal  doge  ai  zaratini.  ed  una  porzione 
della  diocesi  al  vescovo  di  Zara.  Una  buona  parte  degli 
abitanti  si  ricovrarono  nella  città  di  Scnrdona.  ove  fu  anche 
trasferita  la  sede  vescovile.  Le  monache  benedettine  di  s. 
Tommaso  si  rifuggiarono  in  Zara,  che  diede  loro  ad  abi- 
tare il  convento  di  s.  Demetrio.  1  padri  benedettini  di  s. 
Giovanni,  la  cui  chiesa  e  convento  furono  pure  distrutti, 
si  trasferirono  nell'  isola  di  Pasman  e  presso  la  chiesa  dei 
Ss.  Cosmo  e  Damiano  si  collocarono  in  un  convento,  che 
fu  da  loro  appositamente  edificato,  e  dimesso  il  tìtolo  di 
s.  Giovanni,  presero  quello  dei  santi  martiri,  conservando 
il  possesso  dei  beni,  dei  diritti  e  dei  privilegi  che  gode- 
vano in  quello  di  Belgrado.  Così  cessò  per  sempre  la  sede 
vescovile  di  Belgrado. 

Cattedrale  di  Belgrado,  (Zaravecchia). 

Non  havvi  veruna  memoria  della  cattedrale  di  Belgrado 
(Zaravecchia).  E  indubitato  che  debba  aver  esistilo,  poiché 
dove  vi  ha  il  vescovo  dee  necessariamente  esservi  puranco 
la  chiesa  colla  cattedra  vescovile.  È  da  ritenersi  che  Teo- 
dosio, primo  nella  serie  dei  vescovi  belgradensi,  l'abbia  fon- 
data contemporaneamente  alla  istituzione  di  questo  vescovato  ; 
e  tanto  più  lo  si  dee  credere,  giacché  troviamo  scritto  eh'  egli 
persuadesse  il  re  Cresimiro  a  fondare  il  monastero  e  la  chiesa 
di  s.  Giovanni  ev.  pei  monaci  benedettini.  Se  allora  non  vi 
fosse  stata  la  cattedrale,  noi  sianìo  d' opinione,  che  quel  ve- 
scovo non  si  sarebbe  con  tanto  zelo  prestato  presso  il  re 
affine  di  ottenere  da    esso  l' erezione    di  un  tempio  e  di  un 


')  Vedi  il  documento  in  fine  dell'opera  dell' a,    1116. 


—  149  — 

cenobio,  ambidue  esentì  dalla  ordinaria  sua  giurisdizione,  ma 
si  sarebbe  invece  adoperalo  con  preferente  impegno  per  la 
fondazione  della  cattedrale,  indispensabile  all'  esercizio  del 
suo  ministero.  Oltre  di  ciò,  il  vescovo,  come  tosto  dimo- 
streremo, aveva  presso  di  sé  un  capitolo,  composto  di  di- 
gnitari e  di  canonici;  ma  capitolo  non  si  dà  senza  cattedrale; 
questa  perciò  esistere  doveva.  Non  consta  qual  titolo  por- 
tasse, né  qual  forma  o  struttura  avesse.  Nella  distruzione  della 
città,  avvenuta  nel  1126,  dee  aver  subita  la  sorte  delle  altre 
chiese. 

Capitolo  cattedrale. 

Che  il  vescovo  di  Belgrado  abbia  avuto  il  suo  capitolo, 
composto  di  dignitari  e  di  canonici  non  v'ha  dubbio.  Un  in- 
dizio lo  abbiamo  nelle  auliche  pergamene.  In  una  di  esse 
dell'anno  1066  troviamo  memoria  di  Giovanni  arcidiacono 
belgradense.  In  altra  del  1072  havvi  menzione  dell'arcidiacono 
Nicolò'^  ed  in  una  terza  del  1076  è  nominato  un'altro  (t20- 
vanni  arcidiacono  di  Belgrado.  Similmente  in  scritture  del 
1066  e  del  1076  trovasi  menzionato  Dragone  arciprete  di 
Belgrado.  Se  esistevano  l' arcidiacono  e  l' arciprete  dovevano 
esservi  pure  i  canonici  ;  ma  di  essi  tacciono  le  storie  nostre. 

Conventi  di  Belgrado. 

1,  Il  primo,  il  più  illustre  ed  il  più  ricco  convento  della 
diocesi  belgradense  era  quello  dei  monaci  benedettini  slavi, 
situato  vicino  la  città  di  Belgrado,  in  luogo  eminente  presso 
una  torre  per  cui  fu  anche  appellato  convento  del  Castello. 
Venne  fondato  dal  re  Cresimiro  assieme  alla  chiesa  di  s, 
Giovanni  ev,  come  abbiamo  di  sopra  narrato,  e  da  lui  ricca- 
mente dotati  entrambi  di  beni  e  di  privilegi.  Giusta  quanto 
ci  lasciò  scritto  l' arcidiacono  Ponte,  la  loro  facoltà  era  assai 
pingue,  imperciocché  i  loro  beni,  avuti  parte  per  via  di  do- 
nazione di  principi  e  d'altri  pii  benefattori,  e  parte  in  forza 
di  acquisti,  si  estendevano  in  36  villaggi,  tra  i  quali  é  da 
annoverarsi  quello  di  Rogavo^  situato  dietro  le  colline  di  Bel- 
grado, a  ponente  del  lago  di  Vrana  in  una  bellissima  cam- 
pagna, detta  Opatia^  onde  quest'  abbazia  venne  appellata  aò- 
hazia  di  Rogavo,  Quei  monaci  si  mantennero  quindi  sempre 
in  floridissimo  stato  sino  a  tanto  che   ed  il   convento   e  la 


~  150  — 

chiesa  nel  1126  furono  distrutti.  I  religiosi  si  trasferirono 
allora  colle  loro  robe  nell'opposta  isola  di  Pasraan,  dove  €- 
dificaiosi  un  modesto  cenobio  sopra  un  colle,  presso  la  chiesa 
de'  Ss.  Cosma  e  Damiano.  la  quale  era  stata  loro  donata  dal 
vescovo  Prestanzio,  ivi  si  collocarono,  e  dimesso  il  titolo  di 
s.  Giovanni  ev.  assunsero  quello  dei  Ss.  maicirì,  consewrndo 
però  il  possesso  dei  beni,  e  dei  privileggi.  che  godevano  in 
quello  di  s.  Giovanni  di  Belgrado.  L' abbate  e  l'abbazia  con- 
tinuarono a  nominarsi  col  titolo  di  Rogavo.  Riportiamo  qu^. 
sotto  i  nomi  degli  abbati  che  governarono  il  convento  di  s. 
Giovanni  ev.  da'!a  fondazione  sino  alla  sua  distruzione. 

1.  Andrea  abbate  di  s.  Giovanni, 

ovvero    di  Rogovo      ....  a.  1059 

2.  Lupo „  1064 

3.  M.  Lupo      ...,...„  1066 

4.  Felice „  1072 

5.  Pietro „  1075 

6.  Dabro „  1103 

7.  Fosco „  1116 

2.  Un'  altro  convento  di  padri  Benedettini  esisteva  nelle 
vicinanze  di  Belgrado,  ed  era  intitolato  a  s.  Bartolomeo  ap. 
Si  trova  memoria  di  esso  in  documento  del  1069,  nel  qual 
tempo  era  abbate  certo  Adaono.  In  scritture  del  1075,  1078, 
e  1087  è  sottoscritto  Giovanni  abbate  di  s.  Bartolomeo  di 
Belgrado  :  Joannes  ahhas  coenobii  s.  Bartholomaei.  Anche 
questo  convento  colf  annessavi  chiesa  fu  smantellato  nel  1126. 

S.  Ai  tempi  di  Cresimiro  oravi  in  Belgrado  un  convento 
di  monache  benedettine,  cui  era  annessa  una  chiesa  in  onore 
di  s.  Tommaso  ap.  Sembra,  che  l'uno  e  l'altra  sieno  stati 
fondati  da  luì  medesimo,  ma  non  esiste  scrittura,  che  ne 
faccia  prova.  Trovasi  di  essi  memoria  in  due  documenti  del 
1069,  con  cui  quel  re  li  arricchì  di  privilegi  speciali,  li  re- 
galò di  molti  beni  in  Sydraga.  e  li  pose  sotto  la  sua  tutela  e 
particolare  protezione.  Era  allora  Dohrizza  abbadessa,  e  molte 
monache  vi  avevano  stanza  sotto  la  regola  di  s.  Benedetto. 
Anche  in  scrittura  del  1073  viene  di  essa  fatta  menzione. 
In  nessun  altro  documento  si  parla  di  questo  chiostro  e  di 
questa  chiesa,  per  cui  non  è  dubbio,  che  tutti  e  due  abbiano 
subito  la  sorte  funesta  ch'ebbe  la  città  nel   1126. 

4,  Nella  località  Buhgnayie^  non  lungi  da  Belgrado,  e- 
sìsteva  un  convento  di  monache  benedettine,  a  cui  era  an- 
nessa una  chiesa  in  onor  di  s.  Pietro  ap,  Ambidue  vennero 


—  151  ■— 

fondati  per  cura  ed  a  spese  di  Siovinio  e  Grubissa  figli  di 
Boricio,  di  Radoslavo  e  Drugoslavo  figli  di  Stefano,  di  Yrace 
e  Biniboll  di  Talisso,  di  Giorgio  figlio  di  Radosto,  e  di  Nicolò 
e  Prodanizo  di  Domenico,  come  rilevasi  da  antica  scrittura 
del  21  marzo  1207.  li  re  Cresimiru  li  dotò  di  molti  beni  e 
privilegi.  In  documento  del  1072  trovasi  nominata  Dabragna 
abbadessa  di  questo  convento.  Nella  desolazione  di  Zara  del 
1202  si  ricoverarono  in  esso  le  monache  di  s.  Demetrio, 
Dragosa,  Csirda,  Premilia  e  Dabrosa  con  alcune  altre,  e  si 
posero  sotto  la  tutela  e  la  protezione  del  monastero  dei  santi 
Cosma  e  Damiano  di  Tkon,  al  cui  abbate  fecero  donazione 
della  chiesa  di  s.  Pietro  di  Bubgnane,  e  dei  beni  annessi, 
mentre  V  abbate  dal  canto  suo  obbligossi  di  provvederle  di 
tutto  il  necessario  sostentamento.  Dopo  tal'  epoca  non  trovasi 
menzione  nelle  antiche  scritture  del  convento  ;  bensì  evvi 
memoria  dei  parochi,  e  della  chiesa  di  s.  Pietro,  come  vedremo. 

L'antica  Belgrado  (Zaravecchia);  ora  Parochia. 

Devastata  Belgrado  nel  1126,  come  vedemmo,  quel- 
l'antica ed  illustre  città  rimase  affatto  deserta,  e  desolata,  e 
cosi  pure  buona  parte  del  suo  territorio  nonché  dell' isola 
di  Pasman,  che  le  apparteneva.  Appena  alcuni  anni  dopo  co- 
minciò a  risorgere  sulle  proprie  mine  e  a  popolarsi,  ma  non 
si  ristabilì  nella  primiera  floridezza,  a  cui  elevata  Tavea  il 
re  Cresimiro  durante  la  sua  dimora.  Alcuni  dei  primi  suoi 
abitatori  vi  fecero  ritorno,  e  coi  ruderi  della  desolata  lor 
patria  vi  fabbricarono  le  proprie  abitazioni  ed  una  chiesa, 
che  dedicarono  a  s.  Anastasia,  patrona  della  diocesi  jadertina, 
alla  cui  spirituale  giurisdizione  si  trovarono  subordinati  ;  con 
con  che  si  venne  a  formare  una  parochia  di  circa  100  case. 
Continuò  a  nominarsi  nelle  scritture  col  titolo  di  Belgrado 
0  Bielograd.  Prevalse  in  seguilo  quello  di  Biograd,  Starigrad 
e  Zaravecchia,  che  tuttavia  conserva,  specialmente  dopo  che 
i  Veneti  presero  assoluto  possesso  della  Dalmazia.  Nel  1571 
furono  ristaurate  le  antiche  sue  mura  dal  Provveditor  generale 
Luigi  Grimani  onde  proteggerla  dagli  Ottomani,  i  quali  però 
alla  testa  di  Ibrahim  Pascià  la  danneggiarono  non  poco  nel 
1646.  Alla  ristaurazione  delle  mura  fattavi  dal  Grimani 
riferir  si  potrebbe  il  frammento  di  lapide,  immurata  sopra  la 
porta  del  paese,  eh'  è  del  seguente  tenore  : 


m 
**-  m^  ■ 

I 


•        • 


—  152 

ALOYSIVS    .    .    . 
DALMAT    .     ET 

ANTIQVA 

RESTA      

Negli  atti  della  sacra  visita  canonica  fatta  nel  1595 
dall'arcivescovo  Molin  si  trova  memoria  della  chiesa  paro- 
chiale  di  Zaravecchia.  e  del  paroco  di  allora  don  Simeone 
Bercich  da  Sale,  a  cui  quel  Prelato  fa  molti  encomi  per  T  e- 
semplare  sua  condotta  e  per  la  savia  sua  direzione  negli  af- 
fari del  sacro  suo  ministero.  Anche  T  arcivescovo  Capello  fa 
menzione  di  cotesta  chiesa  nella  visita  canonica  del  1639. 
Nel  1671  aveva  la  medesima  quattro  altari,  il  maggiore  in 
onor  di  s.  Michele  are.  gli  altri  in  onor  di  s.  Rocco,  del  Carmine 
e  dello  Spirito  Santo.  Nel  1681  eranvi  quelli  di  s.  Pietro  ap.  e  di 
s.  Giov.  Battista.  Questa  chiesa  era  però  umile  ed  angusta,  e 
per  essere  slata  ben  due  volte  dai  Turchi  incendiata,  divenne 
inservibile,  per  cui  ne  fu  eretta  una  più  bella  e  più  ampia 
nel  1761  a  spese  dei  parochiani,  per  cura  del  paroco  An- 
tonio Jurassovich,  come  lo  dimostra  la  seguente  lapidaria 
iscrizione^  scolpita  sulla  fronte  della  medesima. 

D  .  o  .  M  . 

TEMPLVM    .    HOC 

BEATAE    .    ANASTASIAE    .    MARTYRl    .    DICATVM 

OLIM     .     ANGVSTIVS 

INCOLARVM    .    JADRAETERIS    .    ALIAS 

ALBAEMARIS 

PIETAS 

SVB    .    PAROCHO    .    RDO    .    PRAE    .    ANTO    .    JVRASSOVICH 

ARCHIEPISCOPATVS    .    MATHEI 

CARAMAN    .    DECIMOQVINTO 

REGIMINIS    .    PROCOSOLATVS    .    FRANCISCI    .    DIEDO 

ANNO  .  INCARNATIONIS  .  DOMINICAE  .  MDCCLXI  . 

Questa  chiesa,  situata  nel  centro  della  borgata  poggia 
su  di  un  piano  retto  ed  elevato,  ed  è  circondata  in  ogni 
parte  dalia  via  pubblica.  La  sua  struttura  è  abbastanza  ele- 
gante. È  un  quadrilatero  lungo  m.  33,  largo  m.  12:50,  alto 


—  153  — 

m.  10.  Ha  la  fronte  rivolta  a  ponente,  tutta  costruita  in  pietra 
lavorata,  come  pur  lo  sono  gli  angoli  esteriori  delle  sue  can- 
tonate, i  cornicioni,  eia  bella  torre  alta  ni.  30  larga  m.  10, 
che  serve  ad  uso  di  campanile,  Due  occhi,  V  un  sopra  T  altro, 
l'uno  d'un  metro,  e  l'altro  di  cent.  45  di  diametro,  spandono 
neir  interno  la  luce,  accresciuta  da  sei  finestre  ovali  e  da 
due  mezzalune  distribuite  nelle  pareti  laterali.  La  porta  prin- 
cipale nella  facciata,  sormontata  dalla  lapide  suaccennata,  e 
due  altre  più  piccole  nei  lati  servono  d'ingresso.  Un  arco  alto 
m.  9  largo  m.  6,  con  balaustrata  di  pietra  lavorata  divide  il 
prebisterio  dalla  nave.  Dietro  il  maggior  altare  eh' è  di  marmo, 
è  posta  la  sagrestia,  alla  quale  si  accede  mediante  due  porte 
situate  ai  fianchi.  Quattro  altri  altari  adornano  le  pareti  la- 
terali, due  dei  quali  sono  dì  marmo,  uno  di  legno  dorato, 
ed  uno  di  legno  inverniciato,  le  cui  pale  non  sono  d' alcun 
pregio.  Abbenchè  la  preesistiia  chiesa  parochiale,  del  pari 
che  la  presente,  come  appare  dalla  lapidaria  iscrizione  sopra 
mentovata,  e  dagli  atti  di  visita  canonica  degli  arcivescovi 
iìlolin  (1595)  e  Capello  (1639,)  sia  stata  sempre  dedicata 
alla  patrona  dell'  arcidiocesi  s.  martire  Anastasia,  con  tuttociò 
la  troviamo  nel  1853  intitolata  alF  assunzione  di  M.  V.  ed 
ora  alla  Ss.  Immacolata,  la  cui  effigie  serve  di  pala  all'aitar 
maggiore.  Il  battistero  non  ha  nulla  di  rimarchevole,  non  e- 
sendo  altro  che  una  vasca  di  pietra  coperta  da  una  cupola 
di  legno  inverniciato.  La  chiesa  è  una  delle  poche  di  cam- 
pagna che  abbia  l'organo,  il  quale  fu  di  recente  acquistato, 
ed  è  posto  nella  cantoria  dirimpetto  all'  aitar  maggiore  sopra 
la  porta  principale. 

Risulta  dagli  atti  della  visita  canonica  dell'arcivescovo 
Capello  del  1639  chea  quel  tempo  due  confraternite  vi  sus- 
sistevano, fondate  non  si  sa  sotto  qual  titolo  prima  del  1400. 
Sette  poi  ve  n'erano  nel  1^07,  la  prima  delle  quali  intito- 
lata a  s.  Anastasia^  avea  70  confrati,  ed  era  provveduta  di 
beni  e  di  elemosine,  con  cui  facevano  fronte  alle  spese  i- 
nerenti  all'  altare.  La  seconda  sotto  T  invocazione  di  s,  Rocco^ 
i  cui  28  confrati  con  questue  in  natura  e  con  obblazioni 
sostenevano  le  spese  del  culto.  La  terza  era  sotto  il  patro- 
cinio della  B.  V.  Assunta^  ed  aveva  40  fratelli,  senza  ren- 
dite e  senza  carichi.  La  quarta  dedicata  a  san  Giovanili,  ev, 
con  fratelli  29,  si  sosteneva  di  questue  nel  tempo  dei  rac- 
colti, ed  aveva  un  annuo  reddito  di  fior.  64  con  cui  sì  prov- 
vedeva la  cera  occorrente  alle  funzioni.  La  quinta  aveva  iì 


—  154  — 

titolo  di  S.Pietro  ap.\  era  formata  da  18  confrati,  che  colle 

questue  pagavano  le  cere  e  le  altre  occorrenze.  La  sesta  in 

onor  di  s.  Michele    are.  con  16  fratelli,  che    provvedevano 

a  tutti  i  bisogni  inerenti  al    sodalizio.  La  settima    finalmente 

sotto  la  protezione  di  s.  Aiitonio  di    Padova^    componevasi 

di  62  confratelli,  i  quali  ricavavano  dalle  questue  annui  fior. 

150  circa,  e  la  mantenevano  con  decoro.  Tutti  questi  soda- 

lizii  furono  sonoressi    nell'anno    1808.    Sembra    che    alcuno 
i.  ^ 

di  essi  siasi  ristabilito,  e  che  sussista  senza  superiore  ap- 
provazione. Nel  1678  ve  n'era  ancor  uno  sotto  il  titolo  del 
Ss.  Sacì^amento:  non  consta    come  e  quando  andò    a  finire. 

Oltre  la  chiesa  parochiale  di  s.  Anastasia  ve  ne  sono 
altre  due  situate.  Funapoco  discosta  dalfaUra,  lunghesso  la 
strada,  all'uscire  della  borgata.  La  prima  denominata  s  Rocco 
è  lunga  m.  7:85.  larga  m.  4:24:  ha  la  forma  d'un  qua- 
drilatero con  campanile  alla  romana  sopra  la  facciata.  È  tutta 
circondata  da  muro.  Ha  un  solo  altare,  e  questo  di  legno 
dorato.  La  seconda  intitolala  a  s.  Antonio  di  Padova  venne 
eretta  nel  1850,  ed  è  lunga  m.  5,  larga  m.  4.  Ha  il  cam- 
panile sopra  il  frontale,  ed  un  solo  altare  di  pietra,  colla 
statua  del  santo  patrono.  Negli  atti  dì  sacra  visita  del  1714 
ne  troviamo  una  terza  dedicata  a  s.  Pietro  ap.  extra  muros. 

La  canonica  è  un  edifizio,  eretto  dalle  fondamenta  nei 
1869  per  cura  dell'attuale  zelantissimo  paroco  a  spese  del 
fondo  ecclesiastico  e  dei  villici.  Ha  la  dimensione  di  m.  1 1 :  50 
per  9:50. 

Non  consta  quando  Zaravecchia  sia  stata  eretta  in  pa- 
rochia  mancando  scritti  che  ce  lo  rivelino  prima  del  1587, 
nel  qual  anno  aveva  il  suo  paroco,  come  vedremo.  Dopo  il 
1823  fu  innalzata  a  parochia  decanale,  titolo  e  grado,  che 
tuttavia  conserva.  Come  tale  ha  sotto  di  sé  le  parochie  di 
Ss.  Filip2:)o  e  Giacomo.^  di  Torrette^  di  Pakoscane^  Vrana^ 
e  Polazza^  ed  inoltre  le  cappellanie  esposte  di  Vergada,  Pri- 
steg^  Badossinovaz^  e   Tinj    con  anime    4196    in  complesso. 

Il  numero  degli  abitanti  di  Zaravecchia  ammonta  oggidì 
a  736,  dei  quali  sono  709  cattolici  romani,  e  27  greci  n. 
u.  Nel  1754  ne  aveva  .572.  Erano  una  volta  famosi  per  la  loro 
fierezza.  Si  hanno  memorie  che  nel  1648  avessero  barba- 
ramente trucidato  Grisogono  Bortolazzi,  colonnello  del  con- 
tado, e  che  in  pena  del  loro  delitto  fossero  stati  decimati, 
e  tramandato  ai  posteri  il  fatto  col  mezzo  d'una  lapide  di 
scorno.  Colui  che  contribuì   moltissimo  a  render    migliori    i 


—  155  — 

costumi  di  questo  popolo  si  fu  il  paroco  Antonio  Jeschina, 
zaratino,  il  quale  colla  predicazione  e  colla  contìnua  istruzione 
giunse  a  togliere  affatto  i  delilli  di  sangue,  e  purgare  la  bor- 
gata di  Zaravecchia  ed  i  suoi  contorni  dai  ladri  e  dai  be- 
stemmiatori, per  i  cui  meriti  venne  anche  molto  encomialo 
negli  atti  di  sacra  visi'^a  del  1762. 

Dagli  alti  di  visita  pastorale  dell' arcivescovo  Minuccio 
de' Minucci  dell'anno  1597  si  venne  a  conoscere  che  a  que- 
st'epoca Zaravecchia  era  padroneggiala  dai  cavalieri  Tem- 
plari, abbenchè  il  loro  ordine  fosse  stato  molto  tempo  prima 
soppresso. 

Serie  dei  parochi  di  Zaravecchia. 


Andrea  Cepich 

paroco 

nel 

1587 

Simeone  Bercich 

yy 

jj 

1595 

Gregorio  Ruzinovich 

ìj 

57 

1656 

Simeone  Smoljanovich 

?? 

}} 

1694 

Pietro  Billich 

;? 

77 

1721 

Pietro  Toìlich 

?9 

77 

1737 

Antonio  Jurassovich 

J; 

}} 

1761 

Antonio  Jeschina 

7? 

77 

1762 

Giovanni  Sulich  par.  e  vie. 

for. 

9y 

1771 

Grisogono  Lucacich 

A' 

77 

1815 

Simeone  Buljevaz 

55 

» 

1820 

Giov.  Battista  Pellizzarich      ,, 

}y 

1848 

Nicolò  Kerpelich 

n 

?7 

1863 

Ss.  Filippo  e  Giacomo. 

Il  villaggio  dei  Ss,  ap.  Filippo  e  Giacomo  è  posto  alle 
rive  del  mare,  nel  canal  di  Zara,  al  nord  di  Zaravecchia, 
nella  distanza  di  3  miglia,  dirimpetto  all'  isoletta  Babaz,  dietro 
la  cui  sponda  opposta  è  Pasman.  La  sua  postura  è  assai 
amena,  e  perciò  questa  era  la  villa  prediletta  dai  zaratini, 
che  vi  avevano  i  loro  casini  di  ricreazione.  I  suoi  terreni 
sono  assai  produttivi,  e  l'olivo  vi  alligna  a  meraviglia. 

La  primitiva  sua  chiesa  fondata  dall'abbate  di  s.  Gio- 
vanni ev.  di  Belgrado,  era  intitolata  ai  Ss.  apostoli  Filippo 
e  Giacomo,  i  quali  diedero  sino  ab  antico  il  nome  al  villaggio, 


—  156  — 

essendo  sino  dai  prischi  tempi  così  nominato.  Tal  chiesa  deve 
essere  stata  distrutta  in  occasione  della  rovina  di  Belgrado  ed 
in  seguito  sostituita  dalla  presente,  dedicata  a  s.  Michele  ar- 
cangelo, eh' è  pure  antica,  e  che  per  quanto  consta,  è  stala 
anche  consacrata.  Ha  essa  l'aitar  maggiore,  intitolato  al  santo 
patrono,  ed  un'altro  altare  dedicato  a  s.  Rocco.  Sulla  porta 
minore,  che  guarda  a  libeccio,  v'è  scolpito  uno  stemma  ab- 
baziale,  il  quale  comprova  maggiormente,  che  appartenesse 
all'abbazia  di  Rogovo.  dappoiché  trovasi  tuttora  T  istesso 
stemma  in  più  siti  di  quella  località,  e  perchè  la  casa  del- 
l' antica  famiglia  Pellizzarich,  attigua  a  detta  chiesa,  apparte- 
neva alla  prefata  medesima  abbazia,  e  tuttora  quel  sito  viene 
appellato  Opatia,  vocabolo  slavo,  che  in  italiano  vale  ab- 
bazia. Oltraciò  in  documento  del  1491  trovasi  questo  villaggio 
accennato  così  :  Ss,  Filippo  e  Giacomo  di  Rogovo^  il  che 
vuol  dire,  che  il  villaggio,  di  cui  si  parla,  apparteneva  come 
tant' altri,  alla  giurisdizione  dell'abbate  di  Rogovo.  Ha  questa 
chiesa  un  bello  e  solido  campanile. 

La  villa  dei  Ss.  Filippo  e  Giacomo  era  parochia  nel 
1661  trovandosi  cenno  del  suo  paroco  in  documento  di  tal' e- 
poca.  Come  parochia  trovasi  indicata  pure  negli  atti  di  vi- 
sita canonica  degli  arcivescovi.  Anche  oggidì  è  parochia  di- 
pendente dal  Decanato  di  Zaravecchia,  con  453  abitanti, 
mentre  nel  1754  ne  aveva  soltanto  105. 

Aveva  questa  villa  nel  1808  tre  pie  confraternite,  vale 
a  dire: 

a.  La  confraternita  del  Ss.  Sacramento^  con  molti  con- 
fratelli e  rendite  in  elemosine. 

6.  La  confraternita  di  s.  Rocco^  con  50  confratelli  ed 
elemosine  in  danaro  pei  bisogni  delf  altare. 

e  Quella  di  s.  Michele  con  40  confratelli,  e  con  ren- 
dile di  beni  campestri,  colle  quali  si  provvedeva  al  manteni- 
mento della  chiesa.  Questa  confraternita  esisteva  da  tempi 
rimoti. 

Questa  villa  fu  più  volte  devastata  ed  incendiata  dai 
Turchi. 

Molti  nobili  avanzi  di  antiche  fabbriche  Irovansi  sparsi 
in  questo  villaggio.  Furono  trasportati  a  Zara  ed  altrove  ed 
impiegali  nell'erezione  di  nuovi  fabbricati. 


•oco 

nel 

1661 

93 

99 

1670 

n 

ÌJ 

1673 

v 

>9 

1771 

V 

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1815 

59 

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1820 

?> 

5? 

1840 

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?7 

1843 

—  157  — 

Serie  dei  parochi  di  Ss.  Filippo  e  Giacomo. 

Giorgio  Mìrcovich 
Giacomo  Torich 
Nicolò  Cucinovich 
Simeone  Jurissich 
Giacomo  Saricli 
Simeone  Barbarossa 
Matteo  Rad  idi 
Marco  Pellizzarich 

decano  e  canonico  onorario 
Qui    cade    in    acconcio    di    parlare    un    po'  distesamente 
della  estìnta  abbazia  dei  P.P.  Benedettini  di  Roìtovo. 


Abbazia  di  Rogovo. 

Dietro  le  colline  dell'antica  Belgrado,  lungi  tre  miglia 
da  Ss.  Filippo  e  Giacomo,  oltre  il  monte,  sta  la  vetusta, 
famosa,  ora  estinta  abbazìa  di  Rogovo. 

Ebbe  essa  la  sua  origine  colla  fondazione  della  chiesa 
abbaziale  e  del  monastero  dei  PP.  Benedettini  di  s.  Giovanni 
evangelista  di  Belgrado,  nell'anno  cioè  1059.  Il  re  Cresi- 
miro  ne  fu  il  loro  fondatore,  istitutore,  e  benefattore.  Distrutta 
nel  1126  colla  città  di  Belgrado  anche  la  detta  chiesa  ed  il 
monastero  di  s.  Giovanni,  assunse  quello  di  abbazia  di  Rogovo 
da  una  delle  principali  e  pingui  sue  possessioni  donategli 
nell'atto  di  sua  fondazione  dal  re  Cresimiro.  Tale  titolo  con- 
servò essa  sempre  sino  ai  nostri  tempi  ed  anche  dopo  che 
restò  soppressa  per  morte  del  suo  ultimo  abbate  commen- 
datario Antonio  Caraman,  e  sua  concentrazione  nel  fondo 
ecclesiastico.  Di  quest'abbazia  è  menzione  in  scritture  dal- 
l'anno  1350  sino  al  1808, 

Frammezzo  alla  suddetta  possessione  estesa  e  fruttifera, 
tutta  lavorata  a  vigna^  a  oliveto  ed  a  semina,  posta  tra  i  vil- 
laggi di  Ss.  Filippo  e  Giacomo  e  Torrette,  sorge  sulla  sommità 
d'un  colle  un  tempio  che  apparteneva  all'abbate  benedettino 
di  s.  Giovanni  di  Belgrado.  Non  consta  della  sua  fondazione, 
ma  si  presume  sia  stato  eretto  dopo  la  rovina  di  Belgrado, 
trovandosi  nella  seguente  iscrizione  lapidaria  notizia  della  sua 
riedificazione,  avvenuta  nel  1374  : 


—  158  — 

^  NARAT  HEC  SCRIPTVRA  QVALITER  FRATER  PETRVS  DE 
JADRA  DEI  ET  APOSTOLICA  GRATIA  HVMIUS  ABBAS 
SANCTORVM  COSME  ET  DAMIANI  JADRENSIS  DIOECESIS 
CAPELLANVS  DOMINI  PAPE  HANC  CVRIAM  A  FVND AMENTO 
EREXIT  ET  ECCLESIAM  RENOVAVIT  AD  LAVDEM  ET  GLORIAM 
DEI  OMNIPOTENTIS  ET  DVLCISSIME  AC  BEATISSIME  MATRIS 
ET     VIRGIN IS    MARIE    ET    IN    HONOREM    SANCTI    MICHAELIS 

0 

ARCH ANGELI  IN  ANNIS  DOMINI  MCCCLXXQVARTO  DIE  XVII II 
MENSIS  AVGVSTI  PONTIFICATVS  SANCTISSLMI  IN  CHRISTO 
PATRIS    ET    DOMINI    GREGORII    PAPE    VNDECIMI. 

Prima  di  arrivare  al  tempio,  alla  distanza  di  circa  mezzo 
miglio  da  esso^  veggonsi  a  sinistra  i  rimasugli  d'un  fabbri- 
cato quadrilatero,  con  una  cisterna  nel  mezzo,  e  con  torri- 
cella  air  angolo  di  levante.  Il  muro  di  cinta  ba  un'  altezza 
di  circa  quattro  piedi.  Vuoisi  da  alcuni  che  quello  sia  stato 
un  locale  per  l' accesso  delle  carovane  turche;  altri  Io  dicono 
l'antico  monastero  de' Benedettini. 

Questo  tempio,  che  ancora  porta  il  nome  di  Rogavo^ 
era  pria  dedicato  a  s.  Michele  are.  come  leggesi  nella  pre- 
fata epigrafe,  e  che  fu  in  seguilo,  forse  dopo  la  peste,  sostituito 
da  s.  Rocco,  è  di  buon  disegno  ed  è  tutto  fabbricato  in  pietra 
lavorata  a  martellina.  La  cappella  principale,  eh*  è  divisa  dal 
restante  delF  edifizio,  mediante  un  arco,  ha  nel  mezzo  un'  al- 
tare isolato  di  pietra,  dedicato  a  s.  Rocco.  Sulle  pareli  la- 
terali interne  a  destra  e  a  sinistra  vedesi  lo  stemma  abbà- 
zìale  che  ha  uno  scudo,  diviso  orizzontalmente  da  due  fa- 
scie,  e  verticalmente  da  un  pastorale.  Ve  n'è  un  simile  nella 
parete  sinistra  della  cappella,  e  sotto  del  medesimo  havvi 
una  nicchia  della  forma  d' un  lavandino  con  un  foro  pel  pas- 
saggio dell'  acqua.  Sulla  parete  a  destra  di  detta  cappella 
scorgesi  la  iscrizione  lapidaria  surriferita,  dalla  quale  chiaro 
risulta,  che  quel  medesimo  illustre  e  benemerito  abbate  dei 
Ss.  Cosmo  e  Damiano  di  Tkon,  il  quale  nel  1369  rinnovò 
dalle  fondamenta  il  convento  e  la  chiesa  abbaziale  di  Tkon. 
che  poco  tempo  prima  erano  slati  barbaramente  distrutti, 
quello  stesso  abbate  poco  tempo  dopo,  cioè  nel  1372.  rie- 
dificò la  diroccata  chiesa  di  s.  3;ichele  are.  nella  villa  di 
Rogovo.  e  vicino  ad  essa  vi  eresse  di  pianta  un'  abitazione 
pei  monaci.  Nel  tempo  della  guerra    di  Cipro  furono  ambe- 


—  159  — 

due  dai  Turchi  incendiale.  La  chiesa  venne  hensì  ristaurata 
verso  il  1750  dai  villici  di  Ss.  Filippo  e  Giacomo,  dei  che 
ne  fa  leslimoninnza  1'  arcivescovo  Cararnan  nella  sua  relazione 
al  Pontefice  :  P/eòs-  Ss.  Philippi  et  Jacobi  sodalitatem  orsa 
sub  invocatione  B.  M.  V.  nuper  restaaravit^  veneratitr  et 
ornai.  Sarebbe  desiderabile  che  quei  villici  si  prestassero 
anche  attualmente  collo  zelo  di  prima  alla  conservazione  di 
questo  monumento,  e  che  il  loro  zelante  paroco  li  eccitasse 
a  seguire   f  esempio  dei  loro  avi. 

Fino  tanto  che  questa  abbazia  fu  dai  monaci  benedettini 
governala,  andò  sempre  più  prosperando,  come  chiaramente 
risulla  dai  miglioramenti  che  essi  vi  praticarono,  ma  quando 
fu  convertita  in  Commendagli  che  avvenne  sull'alba  del  se- 
colo decimoquinìo,  essa  andò  sempre  di  male  in  peggio.  Da 
quel  tempo  la  cura  spiriuiale  di  Rogovo  venne  affidata  ad 
un  sacerdote  secolare,  che  ora  col  titolo  di  cappellano  ora 
col  tilolo  di  curato  e  talvolta  con  quello  di  rettore  T  am- 
ministrava; ciocché  fa  vedere  che  la  sua  chiesa  di  s.  Michele 
era  allora  considerata  qual  succursuale  delia  parochia  dei 
Ss.  Filippo  e  Già  co  0)0. 

l'I  documento  del  1394  è  menzione  di  una  confraternita, 
esistente  in  Rogovo  soUo  il  titolo  dello  Spirito  Santo. 

In  documento  del  1562  è  scritto,  che  questa  abbazia 
aveva  a  quel  tempo  i  propri  beni  nei  villaggi  di  Ss.  Filippo 
e  Giacomo,  di  Bubgnane,  e  di  Gorizza,  e  godeva  il  quarto 
di  luti"  i  prodotti.  Godeva  pure  il  quarto  dei  prodotti  delle 
terre  tutte  di  Tkon,  e  di  alcuni  terreni  alla  punta  di  Pasman. 

Serie  dei  cappellani  di  Rogovo. 

N.  N.  curato  di  Rogovo 

Bartolomeo  Slaglich  cappellano  curato 

Prè  Radmillich  rettore  della  villa  di  Rogovo 

Prè  Pietro  Radilich  cappellano   di  Rogovo 

Prè  Marco  da  Pasman  rettore   della  parochia  di 

s.  Michele  di  Rogovo  „    1587 

Al  presente  Rogovo  non  è  più  villaggio,  ma  località 
appartenente  alla  parochia  di  Ss.  Filippo  e  Giacomo. 


nel 

1438 

V 

1462 

?; 

1504 

« 

1518 

//,  ^y^  Torrette  (Turanj). 

Lontano  defejiiiiglia  da  Ss.  Filippo  e  Giacomo,  al  lido 
del  mare,  nel  canal  di  Zara,  è  situata  la  villa  di  Torrette, 
Questa  iu  una  di  quelle    ville,  che  tenne  per  sé   la  Repub- 


—  160     - 

blica  veneta  dopo  l^  acquisto  della  Dalmazia.  La  diede  in  af- 
fìtto nel  1430  per  annue  lire  mille  a  Nicolò  Vudussich  ed 
a  Pietro  Venturini.  Fu  nel  \  631  iì^^eìhin  Torretta  di  Mcuxo^ 
il  che  dinota.,  che  una  sola  torre  a  quell'  epoca  vi  esisteva, 
e  forse  eretta  da  Marco.  Più  tardi  fu  questa  villa  denominala 
Torretta  de  Marchi  della  famiglia  patrizia  zaralina  di  tal 
casato,  che  la  possedeva,  avutala  forse  in  feudo  per  meriti 
acquistatisi  verso  la  Serenissima.  In  documenti  di  data  più 
recente  si  trova  indicata  col  nome  di  Torrette^  ciocche  fa 
ritenere  che  più  tardi  vi  fossero  stale  ag^t»iunte  delle  altre 
torri.  Questa  villa.,  infatti,  cinta  di  muro.,  alto  quattro  piedi., 
presenta  un  quadrilatero,  da  tre  torri  proletto.  la  prima  delle 
quali,  ancora  ben  alta  nel  lato  meridionale,  la  seconda  dì 
minor  altezza  nell'angolo  di  settentrione,  la  terza  nelF an- 
golo d'oriente,  eretta  nel  1645.  Dagli  slavi  è  appellata  Tu- 
ranj.  Era  villaggio  regolare  nel  1686,  in  cui  suo  capitano 
era  Simeone  Russich. 

Ibrahim  pascià  dopo  1'  espugnazione  di  Novegradi  nel- 
r  anno  1646.  si  portò  con  tutto  V  esercito  sopra  Tor- 
rette, e  la  travagliò  noti  poco  colla  sua  artiglieria  Venne 
però  valorosamente  difesa  dal  Provveditor  generale  che  da 
Zara  accorse  con  truppa  ed  apparati  guerreschi,  ma  non  po- 
tendosi più  a  lungo  sostenere,  le  diede  fuoco,  e  la  arse  to- 
talmente affinchè  il  nemico  non  vi  rimanesse  in  possesso.  Nel 
1648  quando  i  Turchi  occupavano  il  territorio  zaratino,  e  i 
morlacchi  coi  loro  animali  s'  erano  rifuggiati  alle  marine,  av- 
visati di  ciò.  corsero  in  numero  di  700  con  alla  testa  il 
Pascià  di  Bosnia,  vi  fecero  un  ricco  bottino  di  400  buoi,  e 
2000  pecore,  e  seco  condussero  60  schiavi. 

Come  parochia  si  trova  Torrette  ricordata  negli  atti 
delle  visite  diocesane  prima  del  1700.  La  sua  chiesa,  m» 
-tuata  alle  sponde  del  iftare  è  menzionata  in  scrittura  del  1430 
col  titolo  di  s.  Maria  delle  Torrette.  Era  dedicala  alla  Na- 
tività di  M.  V..  ora  alla  B.  V.  del  Carmine.  Oltre  il  maggior 
altare,  ve  ne  sono  due  altri  nelle  pareti  laterali.  Il  cimitero, 
eh'  è  separato  dalla  parochiale.  ha  la  propria  cappella  dell'  as- 
sunzione di  M.  V.  Ha  questa  parochia  471  anime,  ed  appar- 
tiene al  Decanato  di  Zaravecchia.  Ne  aveva  288  nelf  an- 
no 1754. 

Tre  erano  le  confraternite  in  ^.i^esta  parochia  nel  1808,  cioè: 

1.  La  confraternita  di  s.  Bocco.,  con  22  fratelli,  che  me- 
diante elemosine  sopperivano  alle  spese  occorrenti  all'altare. 


—  itrt  — 

2.  La  confraternita  di  s.  Antonio  con  20  fratelli  ed  e- 
lemosine. 

3.  La  confraternita  della  B.  V.  Assunta  con  23  fra- 
telli e  con  elemosine  per  T altare. 

Aggregata  a  questa  parochia  è  la  località  Kremcina 
con  poche  case,  ricordata  in  scrittura  del  1607.  Vi  esiste 
una  cappella  dedicata  all'apostolo  s.  Pietro,  con  unico  aitar 
del  titolare,  e  battistero.  Cadente,  fu  rislaurala  nei  1681, 
nella  qual'  epoca  questa  località  era  parochia,  e  suo  paroco 
era  Pietro  Pedissich. 

È  pure  unita  alla  parochia  di  Torrette  T  isoletta,  che 
le  sta  dirimpetto,  denominata  Babaz.  In  essa  veggonsi  i  ri- 
masugli d' antiche  case,  fabbricale  dai  terrieri  di  Torrette  nelle 
quali  si  rifuggiarono  nelle  incursioni  dei  barbari.  Vi  esiste 
tuttora  in  mezzo  a  poche  case  una  chiesetta,  dedicata  pria, 
alla  Natività  di  M^j.,  poscia-^a  R.  V — assunta,  ed  ora  a, 
s.  Andrea  ap. 


Selle  dui  yarochltLi  Torrette. 


Gregorio  Simiunizza  paroco     nel     1587 

Marco  Milinovich  „  „       1681 


^) 


Giovanni  Milinovich  ^,  ,,  1714      = 

Nicolò  Cucinovich  „  ,^  1721 

Simeone  Cuglierich  „  „  1737 

Pietro  Pleticossìch  „  „  1760 

Simeone  Bollich  „  „  1815 

Grisogono  Turba rina  „  „  1843 

Simeone  Sullo vich  „  „  1848 

Giovanni  Bevilaqua  5^  „  1851 

Viiìcenza  Ti^massìc^h  „  „  1867 

Antonio  Solilro  „  „  1876 

Negli  scavi  fadi  a  Torrette  dai  villici  per  ridurre  a  coltura., 
i  terreni,  e  per  fabbricare  le  proprie  abitazioni,  si  rinvenneroi;^ 
molle  monete  antiche. 

Fra  i  sacerdoti    ch'ebbero  i  natali    in  questo    villaggio 
4^    trovasi  Simeone  Draganich  in  documento  del  1662,  Giovanni 
Millinovich  del   1720,  Vincenzo  Manzini  del  1724,  e  Marco 
Cadìa  del  1770.  .in. 

11 


162 


Sancassiano  (Sukoian). 

Sette  miglia  distante  da  Torrette  a  raaistro  trovasi  nel 
piudetto  canal  di  Zara  il  villaggio  di  Sancassiano^  appellato 
dagli  slavi  Sukosan.  È  posto  entro  una  valle,  formata  da 
due  punte,  e  che  serve  di  porto  ai  naviganti,  da  cui  per 
la  sicurezza  è  appellato  porto  doro.  Sussiste  questa  parochia 
ab  antico,  trovandosi  cenno  de' suoi  paroci  fino  dal  1523. 
Prese  il  nome  dal  suo  patrono  e  titolare  s.  Cassiano  m.  come 
apparisce  dagli  atti  della  visita  diocesana  dell'arcivescovo 
Garzadori  del  1625. 

La  preesistita  sua  chiesa  era  anche  intitolata  a  s.  Cas- 
siano. Era  assai  antica,  trovandosene  menzione  di  lei,  as- 
sieme con  l'aitar  maggiore  del  litolare  e  con  due  altri  di 
s.  Antonio  e  della  B.  V.  del  Carmine,  in  documento  del 
1399.  La  chiesa  parochiale  ch'esiste  attualmente,  è  stata 
fabbricata  l'anno  1640,  come  leggesi  nella  lapide,  infissa 
sopra  la  porta  laterale  della  medesima; 

QVESTA  .  CESIA    .    FV    .    FABBRICATA    .    NEL    .    TEMPO  .  SOTTO   . 
REVDO    .    SIMON    .    BANOVICH    .    MDCXXXX    . 

Fu  essa  consacrata  dall*  arcivescovo  Parzago  il  dì  15 
maggio  1673  come  rilevasi  dall' iscrizione  glagolitica  esistente 
sopra  la  porla  della  sagrestia.  È  situata  in  mezzo  al  villaggio 
colla  facciata  rivolta  a  ponente.  E  coslrutla  a  quadrilatero 
in  rozzo  muro  cementato  senza  intonaco  esteriore.  Ha  una 
dimensione  di  metri  24  per  9 :  50  Tre  uscii  servono  d' in- 
gresso e  sei  finestre  le  somministrano  l' aria  e  la  luce.  È 
lastricata  a  quadrelli  di  pietra  ordinaria.  11  prebisterio  e  la 
sagrestia  sono  stati  rinnovati  nel  1870.  Sonvi  in  essa  cinque 
altari.  Il  maggiore  è  tutto  di  marmo,  i  gradini  e  la  mensa 
d'antica  costruzione,  le  colonne  eie  due  statue  che  l'ador- 
nano, e  che  rappresentano  s.  Cassiano  e  s.  Girolamo,  furono 
scolpite  nel  1870  dallo  scultore  triestino  Leone  Bottinelli; 
gli  altri  quattro  altari  hanno  gradini  e  mensa  di  marmo,  le 
colonne  di  legno,  e  sono  dedicati  a  s.  Michele  are.  a  s.  An- 
tonio Patavino,  a  s.  Croce  ed  al  Suffragio.  La  pala  del 
maggiore  rappresentante  il  martirio  di  s.  Cassiano,  e  così 
pure  quelle  degli  altri  altari,  non  sono  di  buon  pennello.  Ha 


—  163  — 

questa  chiesa  il  consueto  campanile  di  stile  romano  per  due 
campane.  Le  campane  furono  gettate  a  Venezia  nel  1872. 
Canonica  non  esiste. 

Oltre  alla  prefata  chiesa  parochiale  havvi  nel  villaggio 
una  chiesetta  dedicata  alla  B,  V.  delle  Grazie^  ovvero  alla 
Immacolata.,  detta  anche  della  Misericordia,  i  cui  contorni 
servono  presentemente  di  cimitero.  È  dessa  un  quadrilatero, 
rivolto  a  ponente,  con  un  ingresso,  e  due  finestre,  ma  senza 
intonaco  esteriore.  E  lunga  m.  10:50,  larga  6:  Internamente 
è  lastricata  con  quadrelli  di  pietra  ordinaria  ;  intonacate  sono  le 
pareli.  Ha  tre  altari  ;  uno  di  marmo,  con  pala,  che  rappresenta 
la  visitazione  di  s.  Elisabetta;  un'altro,  di  pietra,  e  rappresenta 
una  grazia  ottenuta  per  voto  ;  il  terzo  ha  mensa  di  pietra 
ordinaria  e  colonne  di  legno,  ed  è  intitolato  alla  B.  V.  di 
Caravazza.  È  ancor  viva  la  tradizione  che  siffatta  edicola 
sia  stata  eretta  dai  villici  per  voto  fatto  in  tempo  di  grave 
pestilenza  ;  il  che  è  confermato  dalla  iscrizione  scolpita  sopra 
la  porta,  eh' è  del  seguente  tenore: 

ADÌ    .    V    .     APRILE    .    PRINCIPIATO     .   QVESTO     .    COMVN    .    DI   . 

S     .    CASSIAN     .    LA    .     FABBRICA    ....    A    .    NOME    .     DELLE    . 

GRAZIE  .  CHE  .  NE  .  GVARDI   .  DA  .  QVESTO  .  MALE  .  CAPELLAN   . 

DON    .    ZVANE    .    SGVILIN    .    DE    .    1650    . 

La  quale  iscrizione  fa  conoscere  che  questa  chiesetta  è 
stala  fabbricata  dai  villici  nel  1650  per  voto  fatto  in  tempo 
di  contagio  alla  B.  V.  delle  Grazie  per  cura  del  cappellano 
Giovanni  Sguilin. 

Alla  distanza  di  circa  due  miglia  dal  villaggio,  in  di- 
rezione Nord-est,  sopranna  collina  denomìmì^  Kasteline  v'è 
una  cappella,  dedicata  a  5  Martino,  dintorno  alla  quale  gira 
un  antico  cimitero.  Non  consta  quando  sia  stata  edificata.  E 
costrutta  in  forma  di  quadrilatero,  rivolto  a  maistro.  Ha  un 
uscio,  due  finestre,  un  campanile  della  solita  forma,  con  una 
campana,  ed  un  altarino  di  legno,  consacrato  al  titolare. 

Otto  erano  le  pie  confraternite  di  questa  parochia  al 
principio  del  secolo,  cioè: 

1.  La    confraternita    dì  s.  Cassiano^  con    25    fratelli,   e 

con  rendite  di  olio,  e  dì  grano. 

2.  La  confraternita  della  B.  V,  della  Misericordia  con 
75  fratelli  e  rendite  di  granaglie. 


—  104  — 

3.  La  confraternita  di  s.  Croce^  con  19  fratelli  e  ren- 
dite in  granaglie. 

4.  La  confraternita  della  B.  V.  del  Carmine^  con  25 
fratelli  ed  elemosine  in  danaro. 

5.  La  confraternita  di  5.  Antonio,  con  34  fratelli  e  ren- 
dile di  elemosine. 

6.  La  confraternita  dei  Purgatorio^  con  30  fratelli  e 
rendite  in  denaro. 

7.  La  confraternita  di  s.  Martino.^  con  30  fratelli  ed 
elemosine  in  granaglie. 

8.  Finalmente  quella  del  Ss.  Sacramento, 

Serie  dei  parochi  di  Sancassiano. 

Matteo  Tholich  paroco  nel  1523 

Simeone  Banovich  „  „  1638 

Giovanni  Sguilin  ,^  „  1650 

Simeone  Velislavich  ,,  „  1685 

Paolo  Gherdovich  „  „  1758 

Simeone  Spar  „  „  1771 

Natale  Striicich  „  ,,  1815 

Bartolomeo  Drazich  „  ,,  1820 

Simeone  Zaiovich  „  „  1840 

Grisogono  Tiirbarina  „  „  1848 

Marco  Turbarina  „  „  1876 

Negli  atti  della  visita  diocesana  dal  1700  in  poi  i  parochi 
di  Sancassiano  sono  menzionati  col  titolo  di    vicari  foranei. 

Tra  i  sacerdoti  che  sortirono  i  natoli  in  questo  villaggio 
troviamo  i  seguenti:  Nicolò  Bonaurich  in  scrittura  del  1668, 
Simeone  Velislavich  del  1600.  Mile  Baspovich  del  1721, 
Michele  Smolich  del  1726,  Marco  Perich  del  1727,  Matteo 
Merletich  del  1740.  Michele  iMarinovich  del  1768,  Antonio 
Labus  del  1772,  Giorgio  Sichich  del  1774. 

Fra  le  antiche  famiglie  di  Sancassiano  noveransi  Giorgio 
e  Matteo  Krekich  in  documento  del   1670. 

La  parochia  è  una  delle  più  popolate  della  diocesi,  con- 
tando di  presente   1267  anime. 

Anche  questa  villa  servì  più  volte  di  rifugio  ai  cristiani 
cattolici  delle  parochle  continentali  delia  diocesi  durante  la 
persecuzione  turchesca,  abbenchè  fosse  stata  talvolta  anche 
essa  travagliata  dai  barbari. 


—  165  — 

La  mensa  arcivescovile  di  Zara  ha  una  porzione  delle 
sue  rendite  nella  villa  di  vSancassìano,  e  con  quelle  anche 
un'antica  casa  di  campagna  per  riporre  e  custodire  le  der- 
rate. Ma  perchè  questa  non  era  abbastanza  comoda  per  vil- 
leggiare, r  arcivescovo  Maffeo  Vallaresso,  vedendosi  avversata 
dai  suoi  congiunti  la  continuazione  del  campanile  della  Me- 
tropolitana, cui  voleva  emulo  di  quel  di  s.  Marco  di  Venezia, 
pensò  di  fabbricare  in  mezzo  al  porto  di  s.  Cassiano  un 
palazzo  che  servir  dovesse  di  ricreazione  agli  arcivescovi. 
Fece  perciò  fondare  alcune  navi  sdruscite  per  formare  i  fon- 
damenti, e  lo  innalzò  infatti  nel  1470,  spendendovi  sopra 
quanto  divisato  aveva  per  la  torre  suddetta.  Dagli  stemmi, 
che  dentro  ancora  vi  si  trovano,  apparisce  che  nei  secoli 
successivi  è  stato  ristauralo  dagli  arcivescovi  Friuli,  Zmaje- 
vich  e  Caraman.  Nel  1646  servì  questo  edifìcio  di  ricovero 
e  di  rifugio  agli  abitanti  contro  i  Turchi.  Da  50  e  più  anni 
si  trova  abbandonato,  e  perciò  nella  massima  rovina. 

Aveva  questa  villa,  come  la  maggior  parie  delle  località 
della  diocesi,  le  sue  saline,  le  quali  sono  ricordale  in  scrit- 
ture del  1396  e  del  1410. 

Un  miglio  circa  distante  da  Sancassinno  si  protende  nel 
mare  una  punta,  da'  paesani  Brihiricina  appellata,  eh'  ebbe 
il  nome  dal  castello,  ivi  una  volta  esistito,  fabbricato  dai 
famosi  e  polenti  conti  di  Rribir.  Non  veggonsi  ora  che  i  rot- 
tami delle  antiche  sue  muraglie. 

Bibigne  (Bìbinje). 

A  due  miglia  di  distanza  da  Sancassiano,  e  cinque  da 
Zara,  giace  presso  11  mare,  sopra  una  punta  di  sasso  vivoZ 
la  villa  di  Bibigne  aiiticamente  denominala  Bihanum^  d»^H^ 
«ktvi  Bibinje^  e  menzionala  con  le  sue  saline  e  casini  di 
ricreazione  in  documenti  del  1349.  Vogliono  alcuni  che  nel 
nono  secolo  si  appellasse  col  nome  di  Soria^  e  che  s.  Do- 
nato III,  vescovo  di  Zara,  con  la  sua  benedizione  avesse 
convertito  in  aqna  salutare  l'aqua  velenosa  di  una  fonte  di 
questo  villaggio. 

Intorno  all'  origine  di  questo  villaggio  nulla  si  sa  di 
preciso  e  di  certo,  mancando  affatto  documenli  in  proposito. 
Però  dai  ruderi,  dai  sepolcrali,  e  dalle  ruine  della  chiesa  di 
5.  Pietro  si  può  con  probabilità  asserire,  stando  anche  alla  tra- 
dizione popolare,  che  in  origine  il  villaggio  sia  slato  nell'at- 


—  166  — 

tuale  polje  di  Bibigne,  e  precisaraenle  a  cavallo  del  colle  su 
cui  giacciono  i  terreni  della  soppressa  abbazia  di  s.  Grisogono, 
ora  di  proprietà  della  Fondazione  Diocesana,  presso  il  bosco. 
In  questo  sito  scorgonsi  anche  oggidì  gli  avanzi  della  chie- 
setta di  s.  Pietro  coir  ingresso  a  volto,  sostenente  il  campa- 
nile alla  foggia  romana,  e  con  una  piccola  abside  per  l'al- 
tare del  patrono.  La  circonda  tutta  d'intorno  un  cimitero  con 
lapidi  sepolcrali  senza  veruna  iscrizione.  Dal  lato  di  levante 
e  di  borea  sonovi  terreni  vignati,  messi  di  recente  a  coltura, 
nei  cui  svegri  trovaronsi  iscrizioni  lapidarie,  delle  quali  i- 
gnorasi  il  destino,  ed  inoltre  parecchie  colonne,  che  vuoisi 
appartenessero  ad  una  chiesa,  intitolata  a  s.  Giorgio,  o  piut- 
tosto a  s.  Stefano,  la  quale,  come  consta  di  certo,  esisteva 
in  quei  siti  nel  1476. 

Quando  il  villaggio  sia  sorto  nell'odierna  sua  posizione 
al  lido  del  mare  sulla  punta  occidentale  di  Bibigne,  non  ci 
fu  dato  di  rinvenire;  però  è  costante  tradizione  popolare  che 
quella  gente  sia  stata  mietuta  dalla  peste,  e  che  i  super- 
stiti parochiani  col  loro  pastore  siensi  trasportati  sulla 
detta  punta  occidentale,  ed  abbiano  poste  le  fondamenta  d'una 
nuova  chiesa  sotto  la  protezione  di  s.  Rocco.  Troviamo  questa 
pratica  usata  dalla  maggior  parte  dei  villici  degli  scogli  e 
della  terraferma  nei  tempi  di  contagio.  Li  trovammo  abban- 
donar le  lor  sedi,  dopo  la  cessazione  del  malore,  e  collocarsi, 
per  maggior  precauzione  in  siti  piìi  aprici  e  salubri.  Sembra 
però  che  in  quel  luogo  vi  dovessero  ancor  prima  esistere 
delle  case  ed  una  cappella  dedicata  a  s  Gio.  Battista,  la  quale 
anche  oggidì  sussiste  con  un  altare  adornato  di  tre  statue, 
Tuna  della  B.  V.  col  bambino,  l'altra  di  s.  Gio.  Battista,  e 
la  terza  di  s.  Pietro.  Tal  gruppo  di  case  sino  alla  suddetta 
cappella    denominasi    tuttavia    Staro-selo    (villaggio    antico). 

Quello  eh' è  certo  si  è  che  la  prefata  chiesa  parochiale 
di  s.  Rocco  fu  eretta  nel  sestodecimo  secolo,  quando  la  peste 
faceva  strage  in  queste  parti.  Sdruscita  dal  tempo  fu  riedi- 
ficata nel  1673,  e  consacrala  nel  1674  dall'arcivescovo 
Parzago.  Il  suo  anniversario  si  celebra  l'il  ottobre,  le  cui 
croci,  e  lapide  commemorativa  sparirono  allora  probabilmente 
quando  nel  1854  fu  prolungata  la  chiesa  di  circa  3  metri, 
^2,  e  decorata  d'una  facciata  in  pietra  battuta.  L' attuale  sua  lun- 
ghezza è  di  m.  21  compresa  la  sagrestia,  e  la  sua  larghezza 
\*)M  di  m.  8.  Ha  tre  altari;  il  maggiore  dedicato  al  titolare  e  pa- 
trono s.  Rocco,  tutto- di -laarrao  i con  doppie  colonne:  gli  al- 


^.  167  — 

tri  due    dedicali    all' Immacolata    e  a  s.  Pietro   ap.,  il    primo 
dei  quali  ha  la    mensa  e  i  gradini  di  marmo,  il  restante    di 
legno  dipinto  e  indorato;  il  secondo^ che  porta  l'anno  1680, 
ha  la   mensa  e  la  pradella  di  pietra^  Il  campanile  alla  romana  , 
con  due  campane  sovrasta  la  facciata. 

Trovasi  Bibigne  accennata  qual  parochia  in  scritture  del 
decimosellimo  secolo,  ed  anche  negli  alti  delle  visite  cano- 
niche dal    1700    in  poi.  Dopo  la    sistemazione  della    diocesi   ^ 
è  divenuta  cappellanìa    esposta  seHtr-ht-p^FodHa  di  Saneas-  ^^-^^ 
%itmo  nel   Decanaio    di  Zara.    Aveva    351   anime  nel    1754, 
ora  ne  conta  563. 

Prima  della  soppressione  v'  erano  quattro  pie  confrater- 
nite cioè: 

1.  La  confraternila  di  s.  Rocco^  eretta  l'anno  1630,  e 
superiormente    approvala,  con  50    fratelli  e    rendite    in  olio. 

2.  La  confraternila  della  B.  V.  Immacolata^  con  16 
confratelli  e  rendite  in  vino  ed  olio. 

3.  La  confraternita  di  s,  Giovanni  Battista^  fondata 
l'anno  1442,  come  rilevasi  dagli  atti  della  visita  Capello  del 
1640.  Aveva  allora  nel  1808,  dodici  fratelli,  e  rendite  di 
beni  campestri. 

4.  La  confraternita  di  5.  Pietro  ap,  con  17  confratelli, 
e  rendite  di  beni  di  campagna. 

Oltre  la  surriferita  chiesa  primaria  di  s.  Rocco  eravene 
in  questa  villa  un'  altra  intitolata  al  Precursore  s.  Giovanni 
con  un  solo  altare  del  sajilo,  con  battistero,  e  campanile.  Servi 
dessa  di  parochiale  nel  1718  durante  i  ristauri  fatti  in  que- 
st'epoca a  quella  di  s.  Rocco.  ^ 

Veggonsi  inoltre  gli  avanzi  d' altra  chiesetta  di  s,  Gio- 
vanni fuori  del  villaggio  nella  punta  orientale  che  forma  il 
braccio  occidentale  del  porto  d'  oro  di  s.  Cassiano,  coi  ru- 
deri di  qualche  edifizio. 

Poco  lungi  dalla  chiesa  distrutla  di  s.  Elena  in  Ga- 
senizze^  della  quale  abbiamo  parlato  nel  I  volume  a  p.  479, 
esìste  un  piccolo  porto  detto  Jelenica^  dalla  suddetta  chiesa 
di  s.  Elena  che  gli  è  vicina,  nella  cui  uscita  vedesi  una 
sporgenza,  che  appellasi  la  punta  del  palazzo  dei  Bani,  ove 
scorgonsi  muraglie  di  edifizii  protraenlisi  fino  in  mare. 


—  168  — 

Serie  dei  parochi  e  cappellani  di  Bibigne. 

Simeone  Berlo  vidi  paroco     nel     1674 

Lorenzo  Barzovich  „  „       1681 

Simeone  Mestrich  „  „       1714 

Jacopo  Smoljanovich  „  „      1760 

Giuseppe  Vuizza  „  „       1771 

L^W-  Marco  Lovrich  da  Ulbo  „  „       18lk^  L^ 

^        "  Antonio  Fuzul  „  „      182(Ju-  t^f 

__Criorgio  Bosulich  paroco  decano       „       1830  ,  - /l|^ 

Michele  Levacich  cappellano      esp.   „       1863         it^e^ 
w^-         Francesco  ZI^Mrrr.  „  „      1878'::,^;'*^ 

^/  Fra  le  antiche  famiglie  di  Bibigne    Irovansi  i  Pribcicti,  '•l|ifc 

indicati  in  scritture  del    1381,  e  gli  Stipanovich  del    1406.       itf 

I  principali  proprietari  di  questa  villa  sono  il  Convento  ff 
delle  Rll.  MM.  di  s.  Maria,  ed  il  Seminario  Diocesano,  pria 
abbazia  di  s.  Grisogono. 

II  villaggio  di  Bibigne  era  circondato  da  mura  in  ce- 
mento con  tre  porte,  in  guisa  da  potersi  affatto  chiudere 
dalla  parte  di  terra;  e  all'ingresso  del  villaggio  a  borea- 
levante  v'era  un  castello,  che  fu  demolito  40  anni  sono. 
Deggionsi  esser  così  premuniti  quegli  abitanti  al  tempo  delle 
turchesche  incursioni. 

In  questo  villaggio  secondo  alcuni  sortì  i  suoi  natali  Don 
Stefano  Sorich^  altrimenti  Suriclu  di  cui  tuttora  sussiste  la  fami- 
glia, la  quale  fino  a  20  anni  addietro  possedeva  il  braccio  destro 
del  valoroso  sacerdote,  ed  inoltre  le  Ducali  di  Venezia,  che 
in  ricognizione  dei  segnalati  servigi  avevagli  accordata  una 
possessione  nel  villaggio  ùxPerkos.  Questa  sì  preziosa  memoria^ 
che  tenacemente  conservava  la  famiglia,  rimase  preda  delle 
fiamme  in  occasione  d' un  incendio  sviluppatosi  nella  casa  di 
abitazione.  Di  lui  faremo  parlicolar  menzione  quando  parle- 
remo del  villaggio  di  Gorizza,  ove  secondo  altri  avrebbe 
avuto  i  natali  questo  eroe. 

Borgo  Erizzo. 

Di  Borgo  Erizzo  abbiamo  scritto  nel  I  volume  a  pag. 
468.  Qui  aggiungeremo  alcune  notizie,  che  potranno  inte- 
ressare i  nostri  lettori. 

Aderente  all'  antica,  ed  ora  estinta  villa  di  Gasenizze, 
succede  Borgo  Erizzo^  detto  anche  Albanesi^  perchè  è  for- 


—  169  — 

malo  da  una  colonia,  venula  nel  1726  dall'Albania  ad  abi- 
tarlo, chiamatavi  dall'antico  suo  pastore  Vincenzo  Zmajevich 
poscia  arcivescovo  di  Zara.  11  territorio  da  essi  abitato,  è 
prossimo  alla  città  di  Zara  dal  lato  di  scilocco,  anzi  ne  forma 
parte,  ora  che  non  è  più  fortezza.  Questo  territorio  venne 
loro  ceduto  dall'arciprete  del  nostro  capitolo  Giovanni  de 
Grisogono,  appartenente  ad  antica  e  nobile  famiglia  zaratina, 
così  indotto  dalle  istanze  e  dalle  promesse  del  veneto  go- 
verno, cui  stava  grandemente  a  cuore  la  colonia,  che  in 
caso  di  bisogno  avrebbe  potuto  assicurare  la  città  da  qua- 
lunque assalto  nemico  specialmente  nelle  turchesche  incursioni. 
Constava  questo  territorio  di  169  campi  padovani^  che  e- 
quivalgono  a  315  %  gognali  della  misura  zaratina.  Tutta 
la  parte  meridionale  di  questa  borgata  è  formata  da  un  al- 
tipiano, il  cui  fianco  s'innalza  molto  sopra  il  livello  del  mare 
e  mostra  al  nudo  gli  strati  di  terra,  di  cui  si  compone.  Questa 
porzione  che  distendesi  in  tutta  la  lunghezza  da  maistro  a 
scilocco  appellasi  Kolovare^  così  denominata  in  documenti 
del  1391  e  del  1400.  Sopra  quest'altipiano,  e  precisamente 
nella  località,  intitolata  V  arco  antico  romano^  ov**  esisteva 
sino  al  cadere  della  Veneta  Repubblica  un  Lazzaretto  per 
l'espurgo  delle  carovane  turche,  e  presso  del  medesimo  una 
cappella  dedicata  a  s.  Marco,  sorge  Tedifizio  dell'i,  r.  Scuola 
magistrale  maschile  per  tutta  la  Dalmazia,  instituita  nel  1866. 

Poco  distante  dalla  località,  detta  Racanzon^  vicino  al 
mare  trovasi  la  così  detta  Fontana  dell'  Imperatore,  ricordata 
in  scritture  del   1411   e  del  1487. 

Due  confraternite  v' erano  nel  1808  in  questa  parochia, 
la  prima  del  Ss,  Sacramento,^  con  24  fratelli,  che  contri- 
buivano elemosine  in  danaro  annualmente  per  sutfragi  in 
morte;  l'altra  della  B.  V.  di  Loreto,,  eh' è  la  litolare  della 
chiesa,  con  27  fratelli  e  contributi,  come  sopra. 

Serie  dei  parochi  di  Borgo  Erìzzo. 


Michele  Tonsi  da 

Sapa 

paroco 

nel 

1743 

Giorgio  Jovich 

?5 

?7 

1771 

Francesco  Franich 

?; 

ÌJ 

1815 

Simeone  Rakar 

}•> 

?5 

1820 

Spiridione  Duka 

yy 

5; 

1821 

Giovanni  Sarin 

» 

77 

1830 

Spiridione  Duka  iterum 

«  . 

J7 

1840 

—  170  -- 

Giorgio  Verixsalz  paroco     nel     1860 

Giov.  Ballista  Pellizzarich      ,,  „      1863 

Giuseppe  Kerslich  „  „      1872 

Biagio  Blasul  „  „       1874 

Giov.  Battista  Pellizzarich      „  „       1878 

Nella  parochia  si  coniano  oggidì  anime  1603.  Nel   1754 

ve  n'  erano  soltanto  320. 

Non  sarà  disutile  il  riportare  qui  appresso  l'elenco  delle 

prime  famiglie  albanesi  cattoliche  che  si  trasferirono  a  Borgo 

Erizzo  nel  1726. 

1.  Nicolò  di  Andrea  Gasparovich 

2.  Nicolò  di  Luca  Marghicevicli 

3.  Pere  di  Marco  „ 

4.  Nicolò  di  Luca  ^ 

5.  Jovo  di  Andrea  Gesgenovich 

6.  Luca  di  Andrea  „ 

7.  Prem  Vucca  Marghicevich 

8.  Paolo  Gliiech         „ 

9.  Ghiech  Prend         ^ 

10.  Marco  Discialo 

11.  Pelar  Vucca  Janova 

12.  Nicolò  di  Andrea  Marghicevich 

13.  Ghieh  Pepa  ,, 

14.  Luca  Prend  ,, 

15.  Prena  Pema  „ 

16.  Micho  Mattessich 

Somma  delle  anime  125. 

Puntamica. 

Ad  un  miglio  di  distanza  da  Zara  verso  maistro,  s'in- 
contra una  punta  che  apre  il  seno  al  porlo  di  questa  città, 
e  che  appellavasi  anticamente  coi  nomi  di  Piintamichahona^ 
Pontamica^  Versenovaz^  Ostrirat  ed  anche  Promontorium 
Micltuli.  Questo  promontorio  è  rammentato  in  documenti  del- 
l'887  del  1355,  del   1381,  ed  in  parecchi  altri. 

In  questo  luogo,  non  lungi  dal  mare,  trovansi  i  ruderi 
di  una  chiesa,  intitolata  s.  Anastasia.  Qual  ne  sia  l'origine 
ce  lo  riferisce  il  Tanzlinger  nelle  sue  memorie  di  Zara,  il 
quale  narra,  che  s.  Donalo  III  di  questo  nome,  vescovo  no- 
stro,  trasportando    da    Costantinopoli   le  ceneri    della  inclita 


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—  171  — 

martire  Anastasia,  siasi  fermato  colla  nave  in  questa  punta 
ed  abbia  riposto  il  sacro  deposito  in  una  cappella  denomi- 
nata s.  Clemente,  la  quale  poscia  fu  ristaurata  nel  931,  e 
dall'  avvenimento  prese  il  nome  della  santa  martire.  Divenne 
in  seguito  cappellania,  e  si  hanno  memorie  scritte,  che  nel 
dì  24  dicembre  1349  il  conte  veneto  Michele  Faliei\  ed  i 
consiglieri  Pietro  Caramuelli  e  Nicolò  Alberti  elessero  il^ 
sacerdote  Agostino  Malipiero^  nobil  veneto^  a  cappellano 
della  chiesa  di  s.  Anastasia  di  Punta^  e  lo  presentarono 
ali  arcivescovo  per  essere  confermato  nel  beneficio  semplice. 
Questa  chiesa,  di  cui  si  conservano  i  muri  laterali,  ed  una 
porzione  del  tetto,  fabbricato  a  volto,  è  lunga  m.  12:50 
larga  4 :  75,  alla  5  :  68.  È  rivolta  a  maistro,  ed  ha  il  pavimento 
coperto  d'antichi  rottami,  fra  i  quali  un  tocco  di  colonna 
scanellata. 

Questa  località  di  Puntamica  ch'era  di  ragione  dei  Religiosi 
di  s.  Paolo  dello  scoglietlo  Galevaz,  fu  da  essi  livellata 
alla  famiglia  Giusti,  che  la  pose  quasi  tutta  in  coltura,  e  vi 
fece  costruire  nel  1725  verso  il  mare  un  molino  a  vento^ 
del  quale  ora  veggonsi  le  ruine.  Vi  fu  anche  fabbricato  un 
Lazzaretto  (Bazzana)  ossia  luogo  d'espurgo  per  le  mercanzie 
provenienti  dall'ottomano,  ma  fu  distrutto  l'anno  1666  in 
vista  di  guerra. 

Un'altra  punta  vicina  alla  preaccennata  esiste  oltre  il 
porto  di  Zara,  la  quale  fu  detta  Punta  s.  Giorgio  da  una 
cappella,  colà  esistita  in  onore  di  questo  martire,  e  della 
quale  si  fa  menzione  in  antiche  scritture  del  1355,  1381  e 
1661.  In  documento  del  1534  si  parla  di  un  molino  da  ma- 
cinare a  vento  con  la  sua  torre  posto  in  questa  località  di 
s.  Giorgio  presso  il  mare  oltre  la  valle  di  Maistro  sopra 
fondi  dei  frati  dello  Scoglietto. 

Antichi  abitatori  di  questa  villetta  furono  Radoslavo 
Sepurich.  rammentato  in  documento  del  1405,  e  Ivan  Tver- 
kovich  del  1438. 

E  famoso  questo  promontorio  di  Puntamica  nell  istoria 
zaratina  per  una  battaglia  navale  ivi  succeduta  nell'  887,  tra 
Veneziani  e  Narentani,  ove  vi  lasciò  la  vita  nel  conflitto  il 
Doge  veneto  Pietro  Candiano. 

Fra  Puntamica  e  Punta  s.  Giorgio  trovasi  una  valle, 
detta  oggidì  volgarmente  di  Maistro^  perchè  posta  a  maistro 
di  Zara,  ma  che  anticamente  nomavasi  Val  dei  maestri^ 
Vallis  magistrorum^  a  causa,  per  quanto  sembra,  di  qualche 


—  172  — 

classe  di  arlieri,  che  faceva  colà  dimora,  occupandosi  pro- 
babilmente in  lavori  marinereschi.  Questa  valle  serve  di  ottimo 
porto  ai  naviganti,  anzi  forma  un  tutto  col  porto  di  Zara. 
Lì  si  veggono  vestigia  d'antiche  case  fra  le  quali  pure  scor- 
gonsi  le  traccio  di  chiesa  dedicata  a  s.  Pietro  ap.  presso  la 
quale  v'era  in  antico  un  chiostro  di  Eremiti,  il  quale  fu  di- 
strutto nel  1315.  Tanto  questa  che  le  case  furono  atterrate 
nel  1645,  affinchè  i  Turchi,  che  minacciavano  queste  con- 
trade, non  se  ne  impadronissero. 

Diklo. 


Dietro  Pontamìca  il  primo  villaggio  che  si  affaccia  dalla 
parte  di  maistro  è  Diklo.  E  posto  dentro  di  una  valle  che  dal 
paese  prende  il  nome.  Anticamente  Yc?dus  ed  anche  Mi- 
clmlns  era  appellato.  In  pergauìena  del  968  è  menzionato 
col  nome  dì  Munto ^  ed  in  scritture  del  1067,  1195  e  1243 
trovasi  memoria  del  medesimo  col  nome  di  Diculum^  donde 
Dihlo. 

Questo  villaggio  cogli  annessivi  terreni  fu  donalo  nel 
1067  dal  re  Cresimiro  ai  Monaci  Benedettini  del  convento 
di  s.  Grisogono.,  e  tal  donazione  venne  confermata  nel  1240 
dal  re  Bela  IV.  Essi  vi  fabbricarono  allora  un  ospizio,  ed 
una  chiesa  in  onor  di  s.  Martino^  la  quale  nel  1636  fu  ce- 
duta prò  tempore  ai  villici,  affinchè  se  ne  servissero  per  le 
loro  sacre  funzioni.  L'aitar  maggiore  era  dedicato  al  santo 
titolare;  ed  essi  vi  eressero  inoltre  l'aitar  di  s.  Hocco,  il 
battistero  ed  il  relativo  cimitero.  Urbano  Vili  vi  concesse 
nel  1643  una  indulgenza  plenaria  nella  festa  di  s.  Martino. 
In  seguito,  sia  che  non  avessero  piena  libertà  d' uso  della 
prefata  chiesa,  ovverosia  che  fosse  questa  insufficiente,  con 
licenza  del  beneficiato  don  Gregorio  Zappich  ristaurarono  ed 
ingrandirono  nel  1645  la  chiesa  beneficiale  di  s,  Pietro  ap. 
eh'  esisteva  sin  dal  1496,  addossandosi  il  canone  livellario 
di  lire  sei  annue  a  favore  del  convento  di  s.  Grisogono. 
Questa  chiesa    cominciò  allora  servire  ad  uso  di  parochiale. 

Ambedue  queste  chiese  di  s.  Martino,  e  di  s.  Pietro  sus- 
stono  anche  al  presente,  ma  un'altra  ne  fu  in  seguito  dai 
villici  edificata  di  pianta  nel  1710  per  cura  dello  zelante 
lor  paroco  Marco  Zabrulich,  che  le  diede  il  titolo  della  B. 
V,  dei  Rosario. 


—  173  — 

L'istituzione  di  questa  parochia.  per  quanto  sembra,  si 
riferisce  «iranno  1645.  in  cui  quei  villici  ingrandirono  Ih 
suddetta  chiesa  di  s.  Pietro.  Rimase  da  quel  tempo  sempre 
parochia.  anche  dopo  la  sistemazione  deirarcidiocesi.  ed  ap- 
partiene al  Decanato  di  Zara. 

Un  beneficio  semplice,  col  titolo  di  s.  Pietro,  esisteva 
sin  dall'anno  1496  a  Diclo,  fondalo  da  Giulia  Franceschi, 
cortSisteiiie  in  alcuni  terreni,  che  rendevano  30  ducali  al- 
l'anno.  Nel  passalo  secolo  fu  dall'arcivescovo  incorporalo 
alla  massa  capitolare. 

Serie  dei  parochi  di  Diklo 

Matteo  Bacchizza  ] 

Giovanni  Mattessich 

Marco  Zabrulich 

Nicolò  Smolich 

Simeone  Barich 

Antonio  Pestich 

Antonio  Gherdovich 

Martino  Millin 

Antonio  Garcovich 

Simeone  Paulovich 

Marco  Mircovich 

Giuseppe  Kerstich 

Simeone  Stanich 

Michele  Ciurkovic 
Fra  i  suoi  antichi  abitatori  trovansi  Marco  Bugarin  nel 
1390.    Nicola    Dasbudich    nel    1405.  Crisano    Suptinich    nel 
1392,    Balco    Pnllich    nel    1446.    e  Prò  Giorgio    Granzarich 
nel  1557. 

Il  comune  di  Diklo  conta  adesso  600  anime,  mentre, 
nel   1754  non  ne  aveva  che  solo  129. 

E  questa  località  ferace  di  vino,  ed  ha  una  buona  sor- 
gente d' aqua  potabile,  che  ad  un  tempo  serviva  per  la  ma- 
rineresca  sotto  il  veneto  governo.  Dalle  aixgiacenti  colline 
ne  scaturisce  un'altra,  che  ha  il  nome  di  Fokrovnich. 

Koàino. 

li 

A  maistro  di  Diklo  sopra  una  collina  non  lontana  dal 
mare  trovasi  il  villaggio  di  Kosino^  denominalo  Kosiìwsello^ 
ed  anche  Casion  e  Cosinìw  scritture  del   1387.  Eassaifer-» 


oco 

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1662 

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1877 
1878 

—  174  — 

file  ;  ha  buoni  pascoli  e  buone  raandre  di  pecore  e  capre  (si. 
kose\  le  quali  diedero  il  nome  al  villaggio.  Verso  set- 
tentrione ha  un  bosco  di  tre  miglia  di  lunghezza,  ripieno  di 
sabina  frulticosa,  appellata  in  slavo  Gluchi  SmricK  cioè 
ginepro  sordo,  e  di  lentischi,  abeti  ed  elici  e  di  paliuri  detti 
in  slavo  Draca. 

Era  parochia  fin  dal  1575,  ed  ora  è  cappellania  esposta 
con  230  anime  nel  Decanato  di  Zara.  Nel  1574  aveva  103 
abitanti.  La  sua  chiesa  è  intitolala  all'arcangelo  s.  Michele. 
Fu  edificala  dai  villici  l'anno  1522,  e  consacrata  dall' arci- 
vescovo Parzago  nel  1683  adì  14  febbraro.  È  lunga  m. 
10:60  larga  5:70  senza  la  sagrestia,  eh' è  proporzionala. 
Il  suo  aitar  maggiore,  di  marmo  a  quattro  colonne  ha  la  pala 
della  B.  V.  Immacolata  di  s.  Michele  e  di  s.  Girolamo,  Fu 
eretto  nel  1793  per  cura  del  paroco  Tommaso  Medich,  della 
cui  famiglia  esistono  i  discendenti,  ed  un  sepolcro  con  re- 
lativa iscrizione.  Gli  allri  altari  sono  di  legno  dorato,  uno 
con  la  Madonna,  s.  Michele  e  s.  Girolamo  e  l'altro  colla 
Purificazione  di  Maria  Vergine. 

Sussisteva  in  questa  parochia  nel  1674  una  confrater- 
nita sotto  l'invocazione  del  titolare. 

La  canonica,  che  nel  1674  era  coperta  di  paglia,  ora  è 
una  di  quelle  fabbricate  nel  secolo  presente  a  spese  del 
fondo  ecclesiastico. 

Questo  villaggio  fu  incendiato  dai  Turchi  nel  1636, 
ma  dopo  due  anni  venne  ristaurato,  e  riedificate  le  case  di- 
roccate, quando  i  suoi  abitatori  vi  ritornarono.  Nel  1640 
vi  fece  la  sacra  visita  T  arcivescovo  Capello. 

Quando  i  Turchi  s'impossessarono  del  contado  zaralìno 
i  nostri  cristiani  discesero  nei  villaggi  del  litorale.  Molti  si 
erano  domiciliati  a  Diclo,  dintorno  a  s.  Giovanni  e  a  s. 
Marco  fuori  di  Zara,  come  pure  in  Sancassiano,  ed  anche 
in  altre  località;  e  quando  fu  fatta  la  pace  col  Turco,  ri- 
tornarono ai  propri  focolari. 

Nel  1706  la  parochia  di  Kosino  aveva  soggette  le  cap- 
pellanie  di  Diklo  e  Peterzane. 

Si  trovano  annotazioni  in  documento  del  1698  che  i 
villici  di  Diklo  e  di  Kosino  erano  obbligati  di  corrispon- 
dere alla  diocesi  di  Nona  la  decima  ecclesiastica  dei  ter- 
reni situati  oltre  la  Croce  ed  olirò  la  chiesa  di  s.  Tommaso, 
i  quali  punti  segnavano  il  confine  delle  diocesi  di  Zara  e 
di  Nona. 


175  ^ 


Serie  dei  parochi  di  Kodino. 


paroco     nel 


Michele  Dunecich 

Donato  Matulich 

Giovanni  Decincich 

Pietro  Sichirìch 

Michele  Jurissich 

Giovanni  Sfoiinich 

Giovanni  Bellich 

Matteo  Millosevich 

Giuseppe  Ghersovich 

Matteo  Simuncin 

Antonio  Simuncin 

Natale  Ghergurev 

Antonio  Segota 

Tommaso  Medich 

Matteo  Pavich 

Marco  Marinovich 

Simeone  Rado  cappellano  esposto 

Simeone  Marcellich  paroco 


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1574 

1591 

1624 

1626 

1658 

1670 

1681 

1730 

1737 

1753 

1760 

1771 

1777 

1793 

1810 

1840 

1863 

1866 


Petercane. 


Tre  miglia  distante  da  Kosino  trovasi  al  mare  la  villa 
di  Petercane  di  cui  è  cenno  in  scritture  dal  1349  in  poi. 
In  alcuni  documenti  del  1387  è  ricordata  col  nome  di  Pe- 
tricanum  quasi  Petrifanum^  perchè  forse  in  antico  oravi  un 
tempio  dedicato  a  s.  Pietro.  In  scrittura  del  1395  è  appel- 
lata Starva.  Ha  questa  villa  un  buon  porto,  ove  soglionsi 
ricoverare  le  navi  in  tempo  di  burrasca.  Ha  questo  il  nome 
di  Porto  Schiavina  in  memorie  del  1651,  e  così  pure 
oggidì  si  appella  comunemente  per  corruzione  invece  di  Porto 
s,  Slavina^  così  detto  come  narra  lo  storico  nostro  Dr.  Si- 
meone Gliubavaz  dalF  antichissima  chiesa,  esistita  in  questo 
luogo  in  onor  di  questa  santa,  e  ricordata  in  scrittura  del 
1404  con  simil  titolo. 

Questa  villa  era  nei  prischi  tempi  cappellania,  indi  pa- 
rochia  dal  1700  in  poi,  e  finì  col  ritornare  ad  essere  cappel- 
lania esposta  nel  1851,  dopo  la  sistemazione  della  Diocesi. 
Ha  al  presente  366  anime,  ed  è  dipendente  dal  decanato  di 
Zara.  Nel  1754  non  aveva  che  128  abitanti. 


—  1^  — 

La  sua  chiesa  cappellaniale,  fabbricata  dai  villici,  è  de- 
dicata ai  Ss.  mm.  Giovanni  e  Paolo.  L'aitar  maggiore  inti- 
tolato ai  patroni,  e  T  aliar  laterale  a  s.  Rocco.  Il  campanile 
alla  foggia  romana  ha  una  sola  campana.  Aveva  un  tempo 
due  cappelle  Tuna  sotto  il  titolo  di  5.  Andrea  ap,  rammen- 
tata in  scritto  del  1443,  Tallra  col  nome  di  s.  Martino^ 
della  quale  è  cenno  in  documento  del   1405. 

A  nord  dì  Petercane  in  distanza  d'  un  miglio  è  posta 
sopra  una  collina  una  villetta,  denominata  Petercane  piccole 
ed  anche  Glupovaz  o  Glupauci^  di  poche  case,  in  mezzo 
ai  ruderi  della  premenzionata  chiesa  di  s.  Slavina. 

Tre  confraternite  laiche  v'erano  in  Petercane  nel  1714, 
r  una  dedicata  a  s.  Rocco,  T  altra  al  Ss.  Sacramento,  e  la 
terza  allo  Spirito  Santo.  Furono  soppresse  nel  1807  colle 
altre  della  diocesi. 

Buoni  pascoli  sonvi  in  questa  villa,  un  ameno  boschetto, 
e  non  infecondo  terreno  di  olivari  verso  il  mare. 

Serie  dei  parocbi  e  dei  cappellani  di  Petercane. 

Filippo  Dunicich 

Giovanni  Mattessich 

Simeone  Stanich 

Giovanni  Viducich 

Giorgio  Masich 

Antonio  Dorbin 

Simeone  Antissich 

Simeone  Cioban 

Simeone  Skiffich 

Biagio  Martinovich 

Martino     Millin 

Marco  Marinovìch 

Simeone  Rado  cappi 

Simeone  Marcellich 
Fra  gli    antichi    abitanti    di  questo    villaggio    noveransi 
Bogdano  e  Mladino  del  1391,  Giorgio  Pomenich  del  1405,  e 
Micha  Ylasich  del  1477. 

Zaton. 

Dietro  Porto-Schiavina  a  non  mollo  distanza  è  il  vil- 
laggio di  Zaton. 

L'antico  Zaton  era  situalo  verso  la  punta  settentrionale 
del  territorio    di    Nona    dalla  pailc  di    mare  verso    il    golfo. 


cappellano 

nel 

1675 

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1863 

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1866 

—  177  — 

Dopo  r incendio  di  Nonn  dei  1646,  fu  dato  alle  fiamme  an- 
che questo  villaggio,  indi  dislrutlo  per  intero,  affinchè  non  a- 
vessero  a  trovarvi  ricovero  i  Turchi,  che  travagliavano  queste 
contrade.  Di  esso  perciò  non  si  ravvisano  oggidì  che  avanzi 
di  vetuste  abitazioni,  in  mezzo  alle  quali  furono  rinvenute 
nel  1740  due  pile  da  olio.  Un  solo  edifizio  rimase  in  piedi, 
ed  è  una  torre  fabbricata  nel  dodicesimo  secolo  dalla  famiglia 
Crissava,  patrizia  di  Zara,  collo  scopo  di  riunire  un  giorno 
intorno  alla  sua  abitazione,  in  quel  sito  delizioso,  tutte  le 
case  dei  conladini,  ma  prevenuto  dalla  morte,  non  la  con- 
dusse a  termine.  Fu  acquistala  da  Simon  Bortolazzi  con  i- 
strumento  15  novembre  1627.  Era  appellata  torre  di  s.  Ste- 
fano, non  so  perchè  :  forse  aveva  egli  Y  idea  di  erìgervi 
dappresso  una  cappella  in  onor  di  questo  santo.  Da  questa 
torre  il  Cassio,  con  altri  ^'onesi  recitando  carmi  lugubri  guar- 
dava l'incendio  di  sua  patria  da  lui  a  malincuore,  ma 
con  ottimo  line  procurato,  come  vedremo  in  appresso.  Do- 
po la  pace  del  1670,  ritornarono  i  villici  di  Zaton  ai 
loro  focolari,  e  fabbricarono  le  loro  case  in  altro  sito, 
poco  lontano  dal  primo,  discosto  un  po'  dal  mare,  per  essere 
immuni  dalle  aggressioni  dei  corsari,  dai  quali  furono  di 
spesso  per  T  addietro  molestati,  ed  inoltre  per  esser  più  a 
portata  della  coltivazione  delle  campagne.  Lì  vi  eressero  dalle 
fondamenta  una  nuova  chiesa,  che  dedicarono  alla  Natività 
di  M,  V.  al  cui  aitar  maggiore  in  seguito  ve  ne  aggiunsero 
degli  altri,  di  marmo. 

Questa  villa  era  parochia  della  preesistita  diocesi  di 
Nona;  ora,  dopo  cioè  la  sistemazione  dell' arcidiocesi  di  Zara, 
divenne  cooperatura  della  parochia  decanale  di  Nona  con  299 
anime. 

Serie  dei  parochi  e  dei  cooperatori  di  Zaton. 

Nicolò  Peros 

Simeone  Barissich 

Simeone  Sebenzanich 

Domenico  Radovich 

Giovanni  Cervarich 

Antonio  Zorich 
/j^<AÌe^\  Giovanni  Giustin 

^^  '    N^ntonio  Paulovich 
^'Ur^^    fl^uigi  Bujas 

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1876 

—  178 


Brevilaqua  (Privlaka). 


Ouindici  miglia  a  setlenlrìone  di  Zara,  e  tre  allVvest 
di  Nono,  giace  il  villaggio  di  Brevilaqua^  lat.  Brevisav  " 
così  denominalo  da  un  guado  ovvero  slrello.  che  gli 
davvicino.  e  che  separa  il  lerrilorio  di  Zara  dall'isola 
Ponladura.  Dagli  slavi  è  appellalo  questo  villaggio  Privlaka 
e  più  correllamenle  Frevlaka^  che  significa  istmo,  forse 
perchè  quello  che  ora  è  guado,  fu  anticamente  una  lingua 
di  terra,  che  congiungeva  la  terraferma  colf  isola  premen- 
zionata. Poggia  su  di  un"  alta  ripa,  tagliala  a  piombo,  donde 
si  lasciano  osservare  i  diversi  strali  di  terra,  da  cui  è  for- 
mata. Non  è  dubbio,  che  sia  antico  e  per  la  vicinanza  della 
città  di  Nona,  e  pei  diversi  oggetti  d'antichità,  ritrovati  in 
quei  contorni,  come  p.  e.  lumi  eterne,  monete  romane,  cor- 
niole e  vasi  di  vetustissima  forma,  <*  finalmente  perchè  a 
piccola  distanza  veggonsi  traccio  di  antichi  edifici,  ove 
giusta  la  vigente  tradizione  ritiensi  esistesse  una  volta 
quel  villaggio.  Distrutto  nelle  invasioni  dei  popoli  bar- 
bari, ne  sorse  un  nuovo  ne'  tempi  degli  Slavi,  lì  dove  ora 
poggia  la  chiesa  di  s.  Vito  ;  e  perchè  i  suoi  abitanti  pro- 
fessavano l'arte  di  fabbricatori  di  coppi  e  tegole,  la  località 
acquistò  il  nome  slavo  di  Kupari^  che  oggidì  pure  lo  ritiene. 
Distrutto  quasi  per  intero  anche  questo  dal  ferro  ottomano 
nel  1570,  gli  abitanti,  rilornalivi  dopo  la  pace,  rialzarono 
le  sdruscite  lor  case.  Ma  una  terribile  pestilenza,  che  infierì 
grandemente,  e  che  li  distrusse  in  gran  parte,  costrinse  i 
pochi  superstiti  ad  abbandonare  affatto  quelle  posizioni,  ed  a 
piantarsi  nel  sito,  ov'è  di  presente  il  villaggio,  che  più  tardi 
senwQ  puranco  da  forestieri  abitato.  In  documento,  infatti, 
del  1605  troviamo  Brevilaqua  annoverala  fra  le  ville  abitate 
della  diocesi  di  Nona,  mentre  in  scrittura  del  1600  fra  le 
ville  disabitale  noverasi  pur  quella  di  Kupari,  di  cui  ancora 
oggidì  se  ne  ravvisano  gli  avanzi,  fra  i  quali  una  cisterna 
d'aqua  potabile  e  T  antico  cimitero  con  la  chiesetta  di  s. 
Vito,  la  quale  però  nel  1860  mediante  spontanee  obblazioni 
dei  villici  venne  rifabbricata,  e    al  pubblico    culto    restituita. 

Quando  questo  villaggio  di  Brevilaqua  sia  stato  eretto 
in  parochia,  non  ci  fu  dato  di  rilevare.  Troviamo  pertanto, 
che  ai  tempi  del  vescovo  di  Nona,  Demetrio  de'  Matafari, 
cioè  nel  1357,  sussisteva  la  chiesetta  di  s.  Vito,  che  fu  ri- 


-->  179  — 

laurata  nel  1588^  e  colle  sue  rendite  formalo  un  beneficio 
oomplice,  il  quale  poscia  nel  1778  fu  incorporalo  alla  mensa 
capitolare  nonese.  L'erezione  dunque  della  parochia  di  Bre- 
vijaqua  attribuir  si  dovrebbe  almeno  al  secolo  decimoquarto. 

apparteneva  alla  giurisdizione  spirituale  del  vescovo  di  Nona, 
'che  in  essa  possedeva  un  casino  di  campagna,  donalogli  da 
Giulio  Quirini,  zaratino.  con  istrumento  1  gennaro  1604, 
coir  onere  perpetuo  di  20  messe  annue.  Dai  villici  era  de- 
nominato col  titolo  di  Biskupija.  Ivi  i  vescovi  di  Nona  fa- 
cevano dimora  specialmente  in  tempo  d' estate,  quando  le 
febbri  maremmane  infierivano  in  quella  città.  Da  poco  tempo 
fu  dal  e.  r.  Demanio  venduto  alla  pubblica  asta.  Da  quanto 
abbiamo  detto  si  deduce  che  la  parochia  di  Brevilaqua  era 
senza  dubbio  in  origine  quella  di  s.  Vito,  dintorno  alla  quale 
trovasi  anche  al  presento  il  cimitero.  Trasferitisi  gli  abitanti 
nel  sito,  ove  ora  esiste  il  villaggio,  come  sopra  si  è  detto, 
v'eressero  la  propria  chiesa  parochiale,  e  la  dedicarono  alla 
B.  V.  Assunta,  come  no  fan  fede  il  suggello  parochiale,  e 
l'odierna  tradizione.  Bifabbricata  nel  1715,  come  si  rileva 
da  annotazioni  parochiali  esistenti  in  quell'archivio,  fu  inti- 
tolata alla  Natività  di  Maria.  Non  prestandosi  questa  alle 
esigenze  della  popolazione,  ne  venne  costrutta  una  nuova 
nel  1836  a  spese  del  fondo  ecclesiastico  col  concorso  della 
popolazione.  Fu  dessa  consacrata  a  dì  28  giugno  1841  da 
mons.  Giovanni  Bercich.  vescovo  di  Cassia  i.  p.  i.  ausiliare 
in  Pontificalibus  e  vicario  generale  in  spiritical'ìbus  dell'  ar- 
civescovo Novak.  La  sua  forma  è  ottangolare  con  sporgenza 
dal  lato  dell'aitar  maggiore,  e  della  porta  d'ingresso.  È  co- 
strutta a  volto  reale,  ed  il  suo  diametro  maggiore  è  di  m. 
30:25,  il  minore  di  m.  15.  Tre  altari  l'adornano:  il  mag- 
giore intitolato  alla  patrona,  costrutto  di  pietra  tassellata  in 
marmo,  con  un'  elegante  tabernacolo  di  eguale  materia  ;  il 
laterale  a  dritta,  di  legno,  dedicato  al  Crocifisso,  eh'  è  pu- 
ranco  di  legno  ;  ed  il  laterale  a  manca,  di  pietra  tassellata 
in  marmo,  sotto  l'invocazione  del  patrocinio  di  s.  Giuseppe 
con  tabernacolo  lavorato  in  pietra  e  marmo.  Un  campanile 
con  due  campane  s*  innalza  sopra  il  muro  a  cui  è  appog- 
giato l'aitar  maggiore. 

Altre  chiese  abbandonate  e  distrutte  esistono  in  questa 
parochia.  Tali  sono: 

1.  La  chiesa  di  5.  Pietro^  Sitpetar, 


—  180  — 

2.  La  chiesa  di  s.  Barbara^  i  cui  beni  furono  incor- 
porali alla  prebenda  arcidiaconale  di  Nona. 

3.  La  chiesa  di  s,  Catarina^  menzionata  in  documento 

del   1658. 

La  canonica  parochiale  fu  eretta  da  nuovo  nel  1854  a 
spese  del  fondo  ecclesiastico.  I  parochiani  vi  cedettero  un 
pezzo  di  terra  di  kl.  q.  777  ad  uso  di  orlo  a  beneficio  del 
paroco. 

La  parochia  conta  oggidì  726  anime. 

Serie  dei  parochi  di  Brevilaqua. 

Fra  i  suoi  parochi  merita  special  menzione  don  Natale 
Malak,  che  amministrò  la  parochia  per  oltre  40  anni^  dal 
1758  cioè  sino  al  1801.  Egli  per  la  sua  condotta  esempla- 
rissima,  per  le  sue  virtù,  e  per  l' ardente  suo  zelo  per  le 
anime  si  meritò  l'amore  di  luti' i  suoi  parochiani,  e  la  sua 
memoria  è  ancora  in  benedizione  fra  quegli  abitanti.  Pei  suoi 
meriti  fu  insignito  dai  vescovi  di  Nona  del  titolo  di  vicario 
foraneo.  Morì  ai  22  d'aprile  del  1801,  compianto  da  tutti. 
Marco  Kersclovich  paroco     nel     1819 

Antonio  Sucich  „  „       1844 

ora  canonico  di  Pago 
Paolo  Zanchi  „  „      1870 

Allettati  dall'amena  posizione  di  questo  villaggio  i  za- 
ratinì,  fra  i  quali  i  Coltelli,  i  Collanovich,  i  Quirini,  i  Ferra, 
vi  stabilirono  i  propri  casini  di  ricreazione.  Anche  la  fami- 
glia de  Zanchi,  nobile  di  Nona,  vi  fabbricò  nel  1746  un 
palazzo  campestre  per  villeggiare. 

Questa  località  aveva  una  volta  le  sue  saline,  trovan- 
dolesi  accennale  in  documento  del   1652. 

Poutadura. 

A  maistro  di  Zara,  e  distante  18  miglia  giace  Pisola 
di  Puntadura^  cosi  detta  per  la  sassosa  sua  punta  che  si 
estende  in  mare  verso  ponente.  Fu  detta  da  Plinio  Portu- 
nata^  perchè  molto  atta  a  porleggiare.  A'  suoi  tempi  era 
molto  frequentata,  ed  aveva  una  torre,  cui  egli  dà  il  nome 
di  Ura,  In  documento  del  1069  è  appellata  Veru.  Dagli 
antichi  slavi  e  dai  moderni  dicesi  Vir  ^  nome  impostole 
dallo   stretto   canale  che    dalla  terraferma  la    separa.  Insula 


—  181  — 

Viri  è  detta  in  scrittura  del  1102.  In  documenti  del  1347 
è  menzionata  col  nome  di  Pwncta  Urae.  Ha  una  circonfe- 
renza di  circa  10  miglia,  e  possiede  nel  mezzo  una  bella  e 
ferace  campagna,  se  non  fosse  molestata  di  spesso  dal  vento 
borea.  Ha  molti  e  buoni  pascoli,  e  un  bosco  detto  Viridi  a 
ponente,  distante  dal  villaggio  tre  miglia,  ove  eranvi  una  volta 
molte  vipere  velenosissime,  di  cui  i  villici  facevano  oggetto  di 
commercio  coi  farmacisti.  Apparteneva  nelT  ecclesiastico  alla 
giurisdizione  vescovile  di  Nona  sino  a  tanto  che  questo  ve- 
scovato fu  nel  1828  alTarcidiocesi  di  Zara  incorporato.  Nel 
civile  apparteneva  al  conte  vèneto  di  Nona  dopo  l'anno  1409, 
in  cui  questo  solo  comune  della  nonese  giurisdizione  tenne 
per  sé  il  veneto  erario,  lasciato  avendo  tutti  gli  altri  ter- 
renni  del  continente  di  Nona  a  disposizione  di  quel  magni- 
fico consiglio  in  premio  della  costante  sua  fedeltà  alla  Re- 
pubblica. 

Il  villaggio,  che  porta  lo  stesso  nome  dell'isola,  è  si- 
tuato nel  mezzo,  ed  ha  42  case,  14  delle  quali  sono  alzale 
ad  un  piano.  A  qualche  distanza  sonvi  tre  altre  località  con 
40  case.  La  complessiva  popolazione  del  villaggio  ascende 
a  497  anime.  Gli  abitanti  sono  intenti  alla  pastorizia,  e 
alla  agricoltura,  onde  le  loro  greggio  sono  ben  governate,  ed 
i  prodotti  eccellenti.  Ciò  si  deve  attribuire  alle  premure  e 
allo  zelo  dei  loro  padroni,  che  molto  si  occuparono  sopra 
luogo  pel  benessere  dei  loro  coloni.  Tali  furono  i  signori 
Cernizza,  ai  quali  la  repubblica  veneta  con  ducale  del  14 
ottobre  1634  aveva  concessa  T  isola  di  Pontadura  per  loro 
abitazione  coli' obbligo  di  pagare  annualmente  200  ducati. 
La  comprò  definitivamente  dopo  qualche  anno  Vuco  Cernizza 
a  cui  la  Serenissima  conferi  il  titolo  di  conte  ed  anche  di 
Governatore,  pei  meriti  aquistatisi  dalla  famiglia  nel  liberare 
questi  paraggi  dalle  escursioni  dei  pirati. 

Questo  villaggio  lo  troviamo  indicato  col  titolo  di  pa- 
rochia  negli  atti  delle  visite  pastorali  dal  1700  in  poi.  Don 
Simon  Paretich  vi  era  paroco  nel  1827,  don  Doimo  Rado- 
vich  nel  1835,  don  Antonio  Paulovich  nel  1840,  don  Giu- 
seppe Millin  nel  1851.  Ora  è  cappellania,  ed  il  suo  cappel- 
lano è  don  Francesco  Marin. 

La  chiesa  cappellaniale  è  dedicata  a  s.  Giorgio  m., 
benché  la  pala  del  maggior  altare  abbia  la  B.  V.  del  Car- 
mine, s.  Andrea  ap.  s.  Giorgio  ra.  e  s.  Rocco.  È  slata  e- 
dificata  da  nuovo  a  spese  del  fondo  ecclesiastico  nel  1845. 


—  182     - 

È  lunga  m.  15:4,  larga  m.  7:55,  ristringendosi  nella  cap- 
pella maggiore  sino  a  m.  4:66.  L'aitar  principale  ed  il 
tabernacolo  sono  di  marmo,  i  duo  laterali  di  legno  con 
nicchie,  ove  sono  collocate  le  statue  della  B.  V.  Addolorala, 
e  di  s.  Antonio  dì  Padova.  Sopra  il  frontone  esterno  liavvi 
il  campanile  alla  romana  con   due  campane. 

Una  chiesa  succursale  esiste  in  questo  villaggio,  ed  è 
quella  di  s.  Giovanni  Decollato  nel  cimitero.  Ha  ww  solo  al- 
tare colla  mensa  di  pietra  cementala,  ed  è  dedicato  alla 
Beata  Vergine,  mentre  del  titolare  non  ha  che  un  piccolo 
quadro.  Ha  questa  chiesetta  la  dimensione  di  8  m.  per  5. 
Suir  architrave  della  porta  d'ingresso  vi  sono  scolpile  le  i- 
niziali  V.  C.  cioè  Vuco  Cernizza,  dal  che  apparisce  che  sia 
stata  edificata  da  esso,  essendovi  puranco  lì  presso  il  suo 
slemma  gentilizio. 

Vicino  alia  palazzina  Cernizza  hnvvi  un' altra  chiesetta, 
e  questa  dedicata  alla  B.  V.  Assunta^  che  il  prefalo  Conte 
Vuco,  con  suo  testamento  del  17  novembre  1670  volle  fosse 
assiduamente  officiata  :  ma  questa  è  oggi  distrutta,  non  esì- 
stendo di  essa  che  i  soli  muri  con  i  ruderi  dell'altare  e 
nuir  altro. 

Una  sola  confraternita  dedicala  a  s.  Giorgio  m.  esisteva 
in  questa  villa,  ed  aveva  36  confratelli,  i  quali  provedevano 
al  mantenimento  della  chiesa  con  elemosine  in  natura.  Or 
più  non  esiste,  perchè  rimase  estinta  nel  1808  assieme  alle 
altre  della  diocesi  di  Nona. 

Sulla  punta  australe  dell'  ìsola,  detta  Casiac.  entro  il 
vallone  scorgonsi  i  fondamenti  d'un  castello  con  due  torri, 
che  servir  dovevano  di  ricovero  agli  abitanti  in  caso  d'ag- 
gressione. Dev'essere  stato  eretto  da' Veneziani  al  principio 
del  XVH  secolo  contro  le  incursioni  degli  Uscocchì,  ed  anche 
dei  Turchi,  avendo  su  d'una  delle  due  torri  un  leone  alalo, 
e  sopra  le  porte  d'ingresso  tre  slemmi,  uno  dei  quali  della 
famiglia  Molin,  di  cui  nel  1623  era  Francesco  Provveditor 
generale  della  Dalmazia,  ed  un'  altro  stemma  con  un  leone 
rampante  coronato  nello  scudo,  della  famiglia  Pisani,  di  cui 
Antonio  era  Provveditore  generale  nel  1626. 

L'anno  1242  Bela  IV  re  d'Ungheria,  fuggendo  il  fu- 
rore dei  Tartari,  si  ricoverò  prima  a  Traù  e  poi  a  Zara, 
ove  vedendosi  mal  sicuro,  fuggì  alla  volta  di  V^eglìa,  ma 
durante  il  viaggio  venne  sorpreso  da  una  mano  di  quei  bar- 
bari feroci  presso  quest'  isola  di  Pontadura.  Era  li  per  esser 


—  183  — 

preso,  (filando  la  gente  de' luoghi  vicini  e  specialmente  di 
Pago,  corse  in  suo  ajuto,  e  dopo  una  terribile  zulTa,  Io  li- 
berarono, e  a  Pago  il  condussero,  donde  poi  recossi  a  Veglia, 
ove  nella  casa  dei  Frangipani  si  ricoverò. 

Nona  (Nin). 

A  settentrione  di  Zara,  lungi  da  essa  dodici  miglia  in- 
circa, sul  canale  Japidico,  entro  una  vaile  spaziosa  giace 
Nona  sovra  un'  isoletta,  che  mediante  due  ponti  di  pietra, 
l'uno  da  libeccio  l'altro  da  levante,  congiungesi  col  conti- 
nente. Da  Plinio  e  da  Tolomeo  Aenona  ed  Aenonium  e  da 
Porfirogenito  Ninia  appellata,  esisteva  molti  secoli  prima. 
I  più  antichi  suoi  abilalori,  di  cui  bassi  notizia,  furono  i 
Liburni,  e  tra  le  liburnichc  città  occupò  un  posto  distinto. 
Fu  soggetta  lungo  tempo  ai  Re  e  Principi  della  nazione  sub- 
ordinata alla  città  di  Zara,  capitale  della  Liburnia.  Caduta 
poi  con  quest'  ultima  in  poter  dei  Romani  divenne  opulenta 
e  magnifica,  come  dimostrano  i  ruderi  delle  fabbriche  ed  i 
monumenli,  che  nei  tempi  a  noi  vicini  furono  discoperti. 
Venne  nel  settimo  secolo  devastata  dai  barbari,  indi  occu- 
pata,  e  ristaurata  in  parte  dagli  slavi,  diventò  la  residenza 
di  alcuni  principi  e  re  slavo-croati,  che  la  fecero  capoluogo 
di  una  delle  lor  zupanìe.  Estinto  il  dominio  di  questi,  con 
vicendevole  successione  appartenne  ai  re  d' Ungheria,  edalla 
Repubblica  di  Venezia,  che  la  signoreggiò  dal  1409  sino 
alla  sua  caduta.  Nelle  guerre  tra  gli  Ungheri  ed  i  Veneziani 
sostenne  un  formidabile  assedio  (1357)  in  cui  per  mantenersi 
fedele  ai  secondi,  si  ridusse  a  cibarsi  perfin  di  cavalli.  Provò 
più  fiale  l'ira  ed  il  furore  del  barbaro  Scita.  Impotente 
a  resistere,  evacuata,  fu  due  volte  da'  suoi  incenerita,  nel 
1571  e  nel  1646,  perchè  non  servisse  di  rifugio  al  fiero 
nemico.  Tentò  di  risorgere,  ma  non  tornò  mai  più  nel  pri- 
miero suo  stalo.  Questa  città,  celebre  un  tempo  pelle  sue 
ricchezze  e  pei  suoi  monumenti,  fu  ridotta  una  miserabile 
borgata,  ed  appena  ritiene  qualche  indizio  di  sua  primiera 
grandezza.  Amena  però  sempre  ed  interessante  n'è  la  sua 
posizione  per  l'ampiezza  delle  campagne,  che  le  si  stendono 
d'intorno.  Ma  tutte  le  buone  disposizioni  del  suo  suolo  sono 
avversate  dall'aria  delle  paludi,  che  la  circondano,  e  che 
rendono  il  suo  porto,  già  di  grossi  navigli  capace,  una  sen- 
tina di  micidiali  effluvii,  i    quali  furono   la  causa   principale 


—   184  — 

della  sua  spopolnzione.  e  dello  slato  miserissinio,  in  cui  ora 
si  trova.  Nuir altro,  di  fatto,  ella  oggidì  presenta,  che  un'am- 
masso di  rovine,  fra  cui  sorgono  poche  case,  con  circa  cin- 
quecento abitanti. 

Le  Antichità  di  Nona. 

Da  una  antichissima  pergamena,  ritrovata  nell'archivio 
dello  storico  e  nobile  di  Nona  dottor  Giovanni  Cassio,  si 
desume  che  V  anno  726  avanti  Cristo  la  città  di  Nona  tro- 
vavasi  in  uno  stato  lloridissimo.  ed  era  tenuta  in  grande 
considerazione,  per  cui  ì  re  vi  avevano  in  essa  la  propria 
sede,  e  gl'imperatori  la  tenevano  qnnl  luogo  di  loro  delizie. 
Civitas  Nonensù.  così  in  quel  prezioso  monumento,  ante 
Chrishnn  natum  DCCXXVI  ita  flondt^  ut  in  ea  reges  re- 
sidehant.)  et  aliquando  Imperatores  divitiahantitr. 

Se  a  quel  tempo  trovavasi  Nona  in  tanta  floridezza,  forza 
è  conchiudere,  che  molti  anni  prima  abbia  esistito,  e  che  la 
sua  fondazione  debba  salire  ad  un  alta  antichità.  Di  questo 
fioritissimo  suo  slato  ne  discorre  Plinio  in  appendice  della 
sua  storia  naturale,  dove  così  si  esprime:  In  lllijrico  Ae- 
nona  florida  civitas  P.  Asinii.  donde  si  deduce  che  ai  tempi 
dello  storico  citato,  e  quindi  d'  Augusto,  continuava  questa 
città  a  mantenersi  in  uno  slato  di  opulenza  e  di  grandezza, 
e  ad  essere  celeberrima  per  la  sua  felice  posizione,  per  le 
sue  ricchezze,  e  pegli  agi  che  le  somministravano  i  suoi  de- 
liziosi contorni.  E  detta  poi  dal  prefato  storico  romano  :  Ci- 
vitas Asinii  PoUionìs,  perché  questo  illustre  personaggio  ro- 
mano, inviato  d'Augusto  in  Dalmazia  in  qualità  di  Console, 
dopo  aver  assoggettata  buona  parte  di  questa  provincia,  venne 
probabilmente  destinalo  a  governarla,  e  a  tenervi  la  sua  re- 
sidenza in  Nona.  Non  è  poi  difficile  che  in  seguito  fosse 
stata  stabilita  Colonia  Romana  dallo  stesso  Imperatore  :  il  che 
non  siamo  in  grado  di  comprovare  per  difetto  di  monumenti. 

Questa  illustre  città,  posta  in  un  seno  di  mare,  che  co- 
stituisce il  suo  i^orto^  formato  a  semicerchio,  alle  cui  rive 
v'  erano  i  suoi  ricchi  e  deliziosi  sobborghi,  disposti  a  foggia 
d'anfiteatro,  aveva  una  circonferenza  d'incirca  tre  miglia,  ed 
era  circondata  in  tutte  le  sue  parti  da  forti  mura  di  cui 
scorgonsi  al  presente  le  rovine  e  le  traccie,  le  quali  mura 
erano  intersecate  da  sette  torri^  di  cui  tre.  benché  cadenti, 
vedeansi  ancora  nel  secolo  passato.  Quattro  j^orte  servivano 


—  185  ~ 

d'ingresso  alla  città,  due  delle  quali  dalla  parte  di  mare  e 
due  dalla  parte  dì  terraferma,  con  cui  era  posta  in  commu- 
nicazione  mediante  due  ponli  egregiamente  costrutti  Gli  a- 
vanzi  di  quest'ultime  e  d'una  delle  altre  due,  rivolte  al  mare, 
veggonsi  ancora  al  presente.  Due  vie  principali  la  rende- 
vano accessibile  da  Zara,  capitale  della  Liburnia,  l'una  ma- 
gnifica e  bene  lastricata,  dalla  parte  dì  maistro,  le  cui  vestigia 
erano  visibili  fino  al  principio  del  secolo  presente,  l' altra 
dal  lato  opposto,  meno  comoda,  e  frequentata  soltanto  dai 
pedoni;  ambedue  sparse  qua  e  là  da  rimasugli  d'antichi  aqui- 
dotti,  e  da  rovine  di  vetusti  edifìzii.  Quest'  ultima  venne  resa 
carrozzabile  nel  1743  dal  Pro  veditor  generale  Querini,  enei 
1776  ornata  di  roveri  e  dì  ippocastani  dal  generale  Grade- 
nigo.  Le  vie  interne  ed  i  vicini  sobborghi,  erano  lastricate 
dapprima  con  mattoni  romani^  e  poscia  con  piccole  pie- 
tre di  marmo^  materiale  questo,  che  calcolavasi  di  lunga  du- 
rata. Ce  ne  fa  testimonianza  la  succitata  pergamena,  ov'  è 
detto  :  Tota  civitas^  non  exclusis  vicinis  suhurhiis^  lastricata 
fuit  primitm  de  coctis  romanis^  deindeque  de  lapidiculis 
marmoreis  quae  materia  nuncupàbatur  aeterna.  Tra  i  suoi 
templi  antichi  pagani  ve  n'  era  uno  dedicato  alla  Dea  Diana^ 
il  quale  s'innalzava  maestoso  nel  silo,  dove  giacciono  i  ruderi 
della  chiesa  di  s.  Ambrogio.  Qui  furono  fatti  dagli  archeo- 
logi in  varie  epoche  degli  scavi,  ma  non  si  rinvennero  che 
murature  profonde  e  grandiose,  le  quali  però  accennano  alla 
passata  esistenza  di  tale  sontuoso  edifizio.  Non  lungi  da  questo 
sito  aprivasi  una  delle  suaccennate  magnifiche  porte  della 
città.  A  poca  distanza  nella  vicina  campagna  si  trovarono 
sepolti  alcuni  avanzi  d' antichi  fabbricati  romani,  rollami  dì 
robuste  marmoree  colonne,  ed  altre  lapidi  fitte  nel  suolo, 
che  estratto,  furono  adoperate  nella  costruzione  dì  case,  e 
dì  casalinghi  arnesi.  Molte  poi  furono  anche  le  lapidarie  an- 
tiche iscrizioni  ritrovate  sotterra,  le  quali  avrebbero  servito 
dì  lume  all'antica  storia  di  Nona,  se  non  fossero  siale  tutte 
altrove  asportate  dai  Provveditori  Generali  per  adornare  ed 
arricchire  le  Gallerie  di  Venezia,  dì  Verona  ecc.  Contiguo 
alla  surriferita  porla,  dalla  parte  boreale,  sorgeva  la  Fortezza 
della  città,  i  cui  resti  veggonsi  tuttavia  esistenti,  Ira  i  quali 
si  mostra  oggidì  la  soglia  del  portone  d' ingresso,  su  dì  cui 
è  scolpito  il  segno  della  croce,  ed  una  iscrizione  illeggìbile, 
perchè  logorata  dal  tempo.  In  questa  fortezza  esisteva  in 
sito  eminente  una  cappella,  che  servire  dovea  ai  soldati    di 


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presidio  per  l'esercizio  delle  sacre  funzioni.  Nel  centro  v'era 
la  Zecca  pel  conio  delie  monete;  perciò  questo  sito  al  dì 
d'oggi  con  tallitolo  puranco  s'opppella.  Presso  la  Zecca  v'era 
l' Arsenale^  che  aveva  communicazìone  col  mare.  Indizio 
n'era  un'uscio,  che  scorgeasi  ancora  tempo  fa.  ma  che  ora 
è  interralo.  Nel  mezzo  delia  città  eravi  il  Foro  pubblico,  di 
cui  era  fornita  ogni  città  dell' Impero,  e  su  di  esso  sorgeva 
il  gran  palazzo  della  communità.  In  questo  sito  furono  dis- 
sotterrate quelle  statue  colossali  d'imperatorie  d' illustri  per- 
sonaggi romani,  che  assieme  ad  altre  preziose  antichità  ivi 
ritrovale  vennero  a  formare  la  famosa,  ora  fatalmente  scom- 
parsa, galleria  dei  conti  Pellegrini  di  Zara.  In  questo  medesimo 
sito  venne  scavato  un  pregevolissimo  monumento^  su  di  cui 
era  scolpito  un  re  con  una  regina  accanto.  Ignorasi  di  questo 
marmo  il  destino.  Questo  luogo  della  città  si  appella  oggidì 
col  nome  di  Knegldna^  che  in  slavo  significa  htogo  dei  conti. 
Lì  v'era  pure  la  gran  sala,  ove  radunavansi  i  notabili  di  No- 
na, e  portava  il  titolo  di  Cenacolo^  come  troviamo  scritto  in 
parecchi  pubblici  istrumenli.  Serviva  pure  di  aula  regia  per 
le  adunanze  pubbliche  reali,  onde  troviamo  in  diploma  del 
re  Cresimiro  dell'anno  1059:  In  nostro  Nonensi  Coena- 
culo  residens  cura  nostris  Zupanis^  Comitibiis  atque  Banis^ 
Capellanis  etiam  nostrae  Eegalis  Aulae.  Al  medesimo  era 
sottoposta  una  piazza  maestosa,  lastricala  a  mosaico,  rap- 
presentante avvenimenti  istorici,  vasi  antichi,  serpi,  uccelli 
etc.  Vuoisi  che  tale  prezioso  lastricato  sussista  pure  al  dì 
d'oggi,  per  cui  sarebbe  assai  opportuno  di  praticar  un  di- 
ligente scavo  in  quel  sito.  In  un  angolo  del  Foro  pubblico 
era  situata  l'antica  Loggia  comunale^  innalzata  per  cinque 
gradini  sopra  il  piano  della  città.  Di  queste  pietre  servironsi 
i  Nonesi  per  costruire  le  nuove  case  dopo  la  desolazione. 
Tra  i  pubblici  edifizii,  che  adornavano  anticamente  la  città 
di  Nona,  uno  dei  più  rimarchevoli  era  V  Anfiteatro.  Era 
questo  situato,  dove  attualmente  s'innalzano  i  muri  della  di- 
roccata chiesa  di  s.  Michele  are.  Negli  scavi  fatti  più  d'una 
volta  in  questo  sito  trovaronsi  i  fondamenti  dei  muri  del- 
l'antico  manufatto,  nonché  tredici  ordini  di  gradini  circolari 
di  pietra,  che,  come  in  simili  edifizii,  servivano  ad  uso  di  se- 
dili agli  spettatori.  Furono  ivi  trovati  parecchi  frammenti  di 
colonne  scanellate,  capitelli  con  iscrizioni  e  stemmi,  rottami 
d'archi  grandiosi,  e  qualche  moneta  romana  dell'epoca  im- 
periale, e    specialmente  d'Augusto.    Molti  di   cotesti    gradini 


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furono  estratti,  e  adoperati  per  la  costruzione  di  nuovi  e- 
difizii.  In  questo  medesimo  sito  fu  discoperto  un  piedestallo 
di  marmo  traguriense,  con  stemmi  scancellali,  e  con  un  in- 
cavo nel  mezzo,  ove  sembra  fosse  piantato  uno  stendardo. 
La  passata  esistenza  dell'  anfiteatro  di  Nona  non  solo  è  con- 
fermata dalla  tradizione  volgare,  e  dagli  avanzi  surricordati, 
ma  è  puranco  constatata  da  un  istrumento  pubblico,  stipulato 
il  dì  6  d'ottobre  dell'anno  880  d.  C.  ai  tempi  del  re  Bra- 
nìmiro,  con  cui  vennero  appianate  le  differènze  insorte  tra 
nobili  e  plebei  nonesi:  Datum  Romae  prope  Rhenam.  Ro- 
gatum  ibidem  tempore  domini  Branimiri  die  VIoctoh.  an. 
DCCCLXXX  etc:  dove  questo  monumento  è  appellato  Rhena 
dal  vocabolo  latino-italiano  arena^  con  cui  denominavansi  in 
antico,  come  anche  oggidì,  tali  edifizii,  perchè  negli  antichi 
spettacoli  il  circo  era  coperto  d'arena,  onde  arenari  erano 
delti  i  combattenti.  Attigui  alla  torre  boreale,  che  è  una  delle 
sette  suaccennate,  eranvi  i  Quartieri  militari.  Questa  torre 
appellavasi  torre  di  Candia^  dal  generale  dell'armala  un- 
gherese Baussetto  Candiano  che  discacciò  da  essa  l'anno 
1324  le  soldatesche  Bribiriane.  Aveva  la  medesima  una  cir- 
conferenza di  42  braccia;  sussistette  sino  al  1747,  in  cui 
cadde  per  vetustà,  e  le  sue  rovine  servirono  alla  fabbrica 
ed  alla  ristaurazione  delle  case  nonesi. 

Da  tale  succinta  descrizione  dell'  antica  Nona  ognuno 
può  farsi  un'  idea  della  passata  sua  magnificenza  e  grandezza. 
Quante  altre  cose  potremmo  narrare  di  questa  antica  ed  un 
tempo  illustre  città,  dei  suoi  sfasciati  monumenti,  de'  suoi  pub- 
blici magistrati,  e  della  sua  costituzione  civile  e  militare,  se 
avessimo  dinanzi  agli  occhi  tutte  quelle  lapidarie  iscrizioni, 
ed  altri  moltissimi  documenti,  che  perirono  nelle  sue  ben 
undici  JleaQlazionij  eh'  ebbe  a  provare  nel  corso  dei  secoli. 
Cà~ pi-ima  sua  distruzione  nccadde  l'anno  509  dopo  Cristo. 
Fu  allora  rovinata  dai  barbari;  ma  i  suoi  abitanti,  dopo 
d'averli  scacciali,  e  sbaragliati  s'accinsero  alla  sua  riedifi- 
cazione, per  cui  in  breve  tempo  risorse  a  nuova  vita,  taU 
mente  che  dopo  pochi  anni,  cioè  nel  535  la  si  vide  abitata 
da  26917  persone  esclusi  i  fanciulli;  del  quale  avvenimento 
ne  fa  testimonianza  quella  stessa  antica  pergamena,  di  sopra 
accennata,  in  cui  sta  scritto  quanto  segue  ;  Anno  Domini 
DV IV  ferme  destructa  et  desolata  fitit  haec  civitas  Aenona 
a  harharis^  sicut  olim  fuit  Hierusalem  sancta^  sed  sicut 
illam  homines  recedificare  non  potueruntj  sic  ista  recedifica^ 


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hitur  a  Duce  nostro  dilecto  Miresio  et  a  suis  civihus^  PrcBside 
Ravonasio  cum  Curialihus  ac  Judicibus  suis.  ad  hoc  de- 
putatis.  Anno  Christi  Salvatoris  DXXXV  in  civitate  nostra 
Aenonensi  ex  secutis  actihus  dicitur^  quod  reperiehatur  me- 
merus  animarim  utriusque  sexus^  parvulis  exceptis,  vigin- 
ti  sex  millia  nongentarura  septemdecim^  computatis  locis 
externorum  suhurhium.  Tutto  ciò  dimostra  lo  stato  di  ricchezza 
in  cui  si  trovava  questa  illustre  città  a  quei  tempi.  Ma  tanti 
poi  furono  i  disastrosi  avvenimenti,  cui  andò  soggetta  nei 
corso  dei  secoli  posteriori,  clie  si  ridusse  mano  a  mano 
ad  un  ammasso  di  rovine,  in  mezzo  alle  quali  sorgono  og- 
gidì poche  case. 

Nona  incendiata  nel  1646. 

Da  memorie  scritte  si  rileva,  essere  stala  T  illustre  ed 
antica  città  di  Nona  a  molle  e  funestissime  vicende  sog- 
getta, che  la  ridussero  finalmente  ad  una  povera  e  meschina 
horgata,  malsana  e  triste.  Fu  dessa  bersagliata  dai  Greci  at- 
terrata dai  Goti,  saccheggiala  dagli  Slavi,  arsa  dai  Bulgari, 
maltrattata  dai  Narentani.  spogliata  dagli  Almissani,  sovvertita 
dai  Bribirensi.  assediata  dagli  Ungheri.  spopolata  dalla  peste, 
occupala  e  rovinata  pressoché  totalmente  dai  Turchi  nel  1570. 

Ma  l'ultima  e  fatale  sua  desolazione  nel  1646  avvenne. 
Quando  nel  1643  aveva  principio  la  sanguinosa  guerra  di 
Candia,  la  Dalmazia  veniva  inondata  da  una  forte  armata 
Musulmana,  la  quale  per  ogni  dove  spargendosi,  aveva  spe- 
cialmente invaso  il  territorio  di  Nona,  che  con  la  sua  città 
fino  dall'anno  1525  era  stato  sempre  da  quelle  barbare  genti 
orribilmente  maltrattato.  Il  Provvedilor  generale  della  provincia 
Leonardo  Foscolo,  visto  T  imminente  pericolo,  radunato  in 
Spalato  il  consiglio  militare  di  guerra,  decretava,  che  non 
essendovi  tempo  sufficiente  per  fortificare  la  già  abbattuta 
città  di  Nona,  né  gente  pronta  per  presidiarla,  si  dovesse 
totalmente  distruggerla,  acciò  almeno  non  dovesse  servire 
di  alloggio  e  di  difesa  all'  inimico  ]  il  che  venne  anche  ap- 
provato dair  autorità  del  Senato  nel  1645.  Nobili,  cittadini 
e  plebei,  onde  dare  chiara  e  leale  prova  della  loro  fedeltà 
alla  Repubblica,  e  del  loro  odio  verso  l' oppressore,  che 
tante  sciagure  per  sì  lungo  tempo  aveva  apportato  alla  de- 
relitta patria,  spontanei  s'off'ersero  al  sacrificio,  che  da  per 
loro  stessi  volevano  compiuto  col  fuoco. 


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Slabiiito  il  tempo  delf  incendio,  lidi  16  aprile  del  1646 
poste  furono  sopra  un  carro  le  reliquie  della  Cattedrale  con 
le  argenterie  della  medesima,  e  delle  chiese  della  città,  e  dei 
villaggi  circonvicini,  e  sopra  altri  cinque  carri  vennero  collo- 
cate le  suppellettili  sacre,  i  libri  ecclesiastici  e  curiali,  e  tutti 
gli  altri  atti  spettanti  alla  chiesa,  e  al  comune;  il  tutto  per  essere 
trasportato  a  Zara.  Giunti  che  furono  in  Zara,  le  reliquie  e 
le  altre  cose  più  preziose  del  primo  carro  furono  messe 
privatamente  in  deposito  nella  sagrestia  della  metropolitana, 
e  le  altre  suppellettili  degli  altri  carri  furono  trasferite  nella 
casa  dei  vescovi  di  Nona  situata  vicino  al  castello,  ed  in 
altre  case  dei  nobili  nonesi,  accasatisi  da  alcuni  anni  in  Zara. 
Tutte  le  famiglie  nobili  e  popolari  trasportarono.,  chi  per 
mare  chi  per  terra,  quanto  di  lor  sostanze  potettero  riunire, 
riponendole  in  salvo  a  Zara  o  Pago  od  in  Arbe  ed  anche 
nei  villaggi  dell'isolarlo  zaralino.  Quelli  poi,  cui  mancarono 
agio  e  tempo  di  farne  trasporlo,  le  interrarono  o  dentro  o 
fuori  delle  mura,  colla  speranza  di  poterle  un  dì  ricuperare, 
tutti  disposti  e  pronti  di  dare  alle  fiamme  la  propria  patria 
anziché  lasciarla  in  preda  ai  barbari. 

Allontanatisi  dalla  ciltà  il  vescovo  Simeone  Difnico, 
ed  il  conte  Matteo  Dona,  disperso  il  capitolo,  col  clero,  colla 
maggior  parte  delle  donne  e  dei  vecchi,  la  mattina  del  28  aprile, 
celebrata  la  messa  dall'arciprete  nella  cappella  della  cat- 
tedrale per  essere  la  chiesa  ingombra  di  legname,  come  lo 
furono  pure  li  altri  principali  edifizii,  il  cittadino  dott,  Gio- 
vanni Cassio  accese  per  il  primo  il  fuoco  nella  propria 
casa,  e  dal  suo  esempio  animati  e  cittadini  e  popolani  in- 
trepidamente per  ogni  dove  diffusero  le  fiamme  distruggitrici, 
assistiti  da  una  compagnia  di  cavalleria,  destinata  ad  appic- 
care  l'incendio  anche  alle  chiese. 

L'intrepido  dott.  Cassio  unitamente  ad  alcuni  amici  e 
patrioti,  portatosi  sulla  cima  della  torre  detta  di  s.  Stefano, 
posta  verso  il  mare  nella  vicina  Zaton,  contemplava  con  la 
pili  profonda  amarezza  del  cuore  e  con  gli  occhi  velati  dal 
pianto  la  distruzione  della  sua  terra  natale,  e  sul  fatto  com- 
pose una  illirica  canzone,  nella  quale  paragonava  all'allegrezza 
di  Nerone  nelf  osservare  da  una  torre  l'incendio  di  Roma.^ 
il  dolore  eh'  egli  ed  i  suoi  compagni  esperimentavano  ve- 
dendo ardere  la  propria  patria. 

Continuarono  le  fiamme  divoratrici  tutto  quel  giorno  a 
distruggere  ogni  cosa,  e  a  rendere  luminosa  quella  notte.  Due 


—  190  — 

galere  e  quattro  galeole.  spedite  dal  veneto  senato  giunsero 
al  primo  di  maggio  nel  porto  di  Nona,  le  quali  fulminando  coi 
loro  canoni  e  colle  palle  infuocale  per  tre  giorni  continui 
le  superstiti  muraglie,  e  le  torri  e  le  mura  della  città,  com- 
pirono f  opera  di  distruzione,  siche  allo  sguardo  dello  spet- 
tatore più  non  si  presentava,  che  un  campo  di  macerie.  A 
ciò  s'aggiunse  una  compagnia  di  guastatori  che  percorrendo 
la  distrutta  città,  la  resero  affatto  inabitabile,  e  il  dì  16  dello 
stesso  mese  appiccarono  il  fuoco  al  bosco  vicino  ed  ai  campi 
vignati,  e  seminati  del  nonese  territorio,  affinchè  i  barbari 
non  trovassero  modo  di  muitenersi,  e  neppur  di  difendersi, 
essendo  stati  alcun  tempo  prima  tradotti  tutti  i  bellici  stro- 
menti  in  Zara  ed  in  altre  fortezze  della  provincia. 

Quante  memorie,  quante  glorie  scomparvero  in  un  sol 
dì!  E  chi  mai  "l  crederebbe?  L'amor  di  patria  giunse  ad  e- 
stinguere.  ad  incenerire  questa  illustre  e  memoranda  città. 
Non  v'ha  esempio  di  sì  caldo  affetto  patriotico.  Ma  se  l'a- 
mor di  patria  la  distrusse,  desso  fu  quello  pure  che  la  fece 
comunque  risorgere  sopra  le  sue   stesse  rovine. 

Scacciati  nel  1667  dalle  venete  armi  i  Turchi  dalle  vi- 
cinanze di  Nona,  e  stabilita  la  pace  fra  le  due  potenze  bel- 
ligeranti, i  cittadini  dispersi,  che  sempre  nutrivano  la  spe- 
ranza di  vedere  un  giorno  rinascere  e  rifiorire  la  miseranda 
città,  e  che  avevano  sempre  continuato  nei  loro  gradi  ed  im- 
pieghi ecclesiastici  e  civili,  diedero  ben  presto  mano  all'opera. 

E  come  il  cittadino  Cassio  fu  il  primo  ad  accendere  la 
fiamma  che  il  tutto  aveva  arso  e  consunto,  così  France- 
sco Grassi,  allora  vescovo  di  Nona,  unito  a  molti  nobili 
della  dispersa  comunità  e  a  molti  popolani  ramminghi. 
fu  il  primo  che  tutte  le  sue  forze  impiegò  per  veder  sor- 
gere a  nuova  vita  la  spenta  città.  Chiese  l'ottimo  Prelato  ed 
ottenne  grande  assistenza  dalla  veneta  repubblica,  e  potè 
così  riedificare  la  cattedrale,  per  la  quale,  onde  animare  gli 
artisti,  egli  stesso  trasportava  le  pietre  sopra  le  proprie 
spalle.  Raccoltosi  buon  numero  del  disperso  popolo,  animati 
anche  dal  veneto  governo,  che  confermava  tutti  i  privilegi 
anteriormente  goduti  dalla  magnifica  Comunità,  ed  ogni  ajuto 
materiale  gli  prestava,  cominciarono  a  fabbricarsi  case  ad 
erigersi  chiesette,  a  risorgere  in  fine  sulle  ceneri  del  passato. 
Furono  rifatti  i  ponti  e  le  porle  della  città,  e  fabbricale  a 
poco  a  poco  circa  50  abitazioni  di  pietra,  le  quali  benché 
non  fossero  bene  ordinale,  e  disposte,  pure    formavano  una 


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via  abbastanza  grande.  Riordinate  così  alla  meglio  le  cose, 
il  vescovo  richiamò  i  dispersi  canonici,  e  gli  altri  sacerdoti 
beneficiati,  che  in  buon  numero  Irovavansi  oziosi  a  Venezia, 
ne  impose  loro  V  iilTicialiira  della  cattedrale,  e  destinò  in  pa- 
roco  il  canonico  Antonio  Morovich,  che  con  lui  assieme 
avea  presa  dimora  in  Zara.  Fu  iti  seguilo  provveduto  al 
riordinamento  del  territorio  nonese  rimasto  confuso  e  scon- 
volto pei  paliti  disastri.  Perduti  i  disegni  e  le  mappe  catastali, 
e  spostato  lo  meli  delle  possessioni,  per  ordine  del  prov- 
vedilor  generale  Pietro  Civran  si  procedette  nel  1675  ad 
una  nuova  misurazione  dei  terreni,  la  quale  diede  un  risul- 
talo complessivo  di  89474  gognali,  la  metà  dei  quali  atti 
alla  coltivazione  I  terreni  di  pubblica  ragione  senza  posses- 
sore furono  distribuiti  a  quelli,  che  avevano  stabilito  il  pro- 
prio domicilio  in  città,  colf  obbligo  di  pagare  due  annue  lire 
alla  camera  fiscale  di  Zara  per  ogni  sorte  di  terreno.  Collo 
scopo  di  accrescere  la  popolazione,  e  migliorare  lo  stato  eco- 
nomico della  città,  vi  s' introdussero  alcune  arti  e  mestieri,  ma 
con  poco  buona  riuscita.  Fu  eretta  infatti  una  fabbrica  di  mattoni 
e  di  coppi,  che  non  corrispose  alT  aspettazione.  Se  ne  inviò 
un'altra  di  pelli  di  varie  sorta,  la  quale  andò  ben  presto  a 
cessare.  Si  diede  mano  ad  una  fabbrica  di  teleria,  ch'ebbe 
fine  colla  morte  di  un  centinaio  d'operai,  fotti  venire  dal 
Friuli.  Sì  è  pensato  ad  una  regolare  pescagione  nel  porlo, 
senza  risultato.  Si  cercò  con  ogni  diligenza  e  premura  di 
migliorare  l' agricoltura  con  introdurre  i  melodi  usali  in  Italia, 
ma  ebbe  poca  sorte,  poiché  i  morlacchi,  amanti  come  sono 
dell'ozio  e  della  miseria,  e  tenaci  delle  paterne  loro  tradi- 
zioni, hanno  in  odio  qualunque  innovazione,  e  godono  di 
tener  lontano  ogni  miglioramento  coli'  inquietarne  gli  autori 
ed  i  promotori  con  ogni  sorta  di  danneggiamenti  e  di  ruberìe. 
Dopo  tutto  ciò,  ad  onta  della  più  ferma  e  buona  vo- 
lontà de'  cittadini,  ad  onta  d'  ogni  più  gagliardo  loro  sforzo, 
non  giunse  giammai  Nona  ad  essere  nemmeno  l'ombra  della 
cillà  che  fu  regia  di  Monarchi,  e  capitale  del  regno  croalino. 

Origine  della  chiesa  di  Nona. 

L'origine  della  chiesa  di  Nona  risale  ai  tempi  degli 
apostoli,  ed  abbenchè  non  ci  sia  dato  di  ciò  dimostrare  con 
isteriche  testimonianze,  ciò  non  pertanto  tali  e  tanti  sono 
gl'indizii,  gli  argomenti  e   le  prove  che  n'abbiamo  da    non 


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lasciar  alcun  dubbio  della  sua  apostolicilà.  Esiste  un'antichis- 
sima tradizione,  che  Aselo  od  altrimenti  Anselmo,  uno  dei 
seltantadue  discepoli  del  Salvatore,  per  ordine  di  s.  Paolo, 
od  almeno  lui  consenziente,  siasi  recato  in  Dalmazia,  e  pre- 
cisamente a  Nona  per  propagar  la  fede  di  Cristo,  e  eh'  esso 
abbia  colla  sua  predicazione  convertiti  alla  fede  quei  popoli, 
abbattuto  il  culto  degli  idoli  e  piantato  il  vessillo  di  Cristo, 
e  che  abbia  tenuto  sino  alla  morte  il  governo  di  questa 
chiesa,  colle  sue  fatiche  apostoliche  fondata.  Dicesi  pure  che 
ad  Anselmo  siasi  associato  il  diacono  Ambrogio,  il  quale 
cooperò  efficacemente  alla  conversione  dei  Nonesì,  unitamente 
a  Marcella,  fantesca  di  Marta,  che  da  3Iarsiglia  recatasi  in 
Nona,  sua  patria,  colle  sue  esortazioni  e  colla  verginale  e 
santa  sua  vita  contribuì  grandemente  al  loro  ravvedimento. 
Questa  isterica  tradizione  la  vediamo  passare  tutt'i  secoli, 
e  discendere  di  eia  in  età  sino  a  noi,  senza  che  alcuno 
osato  avesse  disconoscerla,  contraddirla,  o  contestarla,  ma 
anzi  la  vediamo  conservata  viva,  inalterata  e  costante  sino 
a' nostri  tempi.  Infatti  in  una  pergamena  dell'anno  1230, 
esistita  nel  celebre  archivio  cenobito  di  s.  Grisogono  di  Zara, 
leggesi  quanto  segue:  Primus  Episcopus  Nonensis  fuit  s. 
Aselus^  confessor,  unus  ex  septuagintaduohus  discipulis  Do- 
mini, qui  Dalmatiam  veniens^  Nonensem  Ecclesìam  rexit 
cum  s.  Ambrosio  suo  diacono,  quo  tempore  tandem  pervenit 
pedissequa  s.  Marthae,  dieta  Marcella,  quae  inter  turbam 
dixisse  perhibetur  :  Beatus  venter  qui  te  portavit,  et  ubera 
quae  suxistì  .•  uti  consanguinea  Aselli  in  lllyricum  veniens 
post  ipsum  et  diaconum  suum  Ambrosium.  Donde  si  deduce 
che  la  tradizione  surriferita  del  nonese  apostolato  di  questi 
tre  santi  conservossi  costantemente  dai  primi  tempi  sino  al 
principio  del  decimoterzo  secolo,  in  cui  fu  registrata.  Omnes^ 
continua  la  stessa  pergamena,  pieni  meritis  ac  diebus  in 
pace  quieverunt^  ac  sancti  et  Patroni  Provinciarum  dietim 
vocati  ac  venerati  fuerunt.  Gesta  eorumdem  confìrmant^ 
testanturque  cultum  ipsorum  miracida  quamplurima]  ac 
eorum  lipsana  in  sanctuariis  Ecclesiarum  venerata  a  fi- 
delibus  popidis^  et  ad  eorum-  honorem  Ecclesiae  constructae. 
Qui  si  parla  della  loro  beata  morte,  del  culto  che  veniva 
fino  allora  prestato,  e  come  quali  santi  Titolari,  Patroni,  e 
Protettori  di  Nona  erano  sugli  altari  venerati;  si  discorre 
delle  loro  gesta  ammirabili,  dei  miracoli  innumerevoli  che 
operarono,  degli    altari  e  dei    templi  in  loro  onore  innalzati, 


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e  delle  sacre  loro  reliquie  in  essi  custodite.  Tulle  le  quali 
cose  concorrono  a  raffermare  ed  avvalorare  la  surriferita 
tradizione,  e  a  renderla  maggiormente  degna  di  fede. 

Non  solo  fino  al  principio  del  secolo  XIII  si  è  sempre 
conservala  viva,  ferma  ed   incontaminata  f  antica    tradizione 
deir  apostolato    nonese   di    questi    tre   santi,    ma  tale    rimase 
eziandio  nei  secoli  successivi    fino  a  noi.  Vediamo    infatti  i 
vescovi  di  Nona  nelle  loro  periodiche  relazioni  alla  s.  Sede 
sullo    stato     della    loro    chiesa    asserire    francamente    essere 
stato  Anselmo,  uno  dei  settantadue  discepoli  del  Redentore, 
il  fondatore    della    chiesa    di    Nona.    Quante    volte  venne   la 
sua  cattedrale  dal  tempo  o  da  altre  vicende  distrutta,  altret- 
tante volte  la  troviamo  ristaurata  o  riedificata,  e  sempre  in 
onore  di  s.  Anselmo,  e  perfino  nei  tempi  a  noi  vicinissimi  ; 
per  cui  sopra    la  sua    porta  principale    si  legge  :  Divi  An- 
selmi   e   septuaginta    duohus    Christi  Domini  discipidis    ac 
primi  Aenon.  Episcopi  nomine  dicati.  Troviamo  pure  negli 
antichi  e  ne'  più  recenti  calendari  della    diocesi  nonese    an- 
noveralo Anselmo,  quale  apostolo  e  primo  vescovo  di  Nona, 
e  la  sua  festa    celebrala    ai  26  di  maggio    con  rito    doppio 
di  prima  classe  con  ottava;  lo  stesso  dicasi  di  Ambrogio  e 
Marcella,  e  lutti  tre  venerati  sempre  quali  patroni  di  Nona. 
Troviamo    inoltre    le    benedette    reliquie  di    questi  tre    santi 
anche  dopo  il  secolo  decimoterzo  gelosamente,  e  religiosa- 
mente   custodite  e    venerate    nel    santuario    sino  a'  di    nostri 
come  ce  ne  fan  fede  le  relazioni  delle  visite  canoniche  fatte 
dai  vescovi  alla  Sede  apostolica,  in  una  delle  quali  è  scritto: 
S,  Anselmi  discipuli  Salvatoris  ossa  reperta  fuerunt  in  arca 
lapidea  prope  altare  majus^  insimul  ci(,m  ossibus  s,  Ambrosii 
Diaconi^  quae  modo  sunt  laminis  argenteis  membratim  re- 
condita^ et  in  ipsa  arca    custodita.  Da  tutto  ciò  si    scorge 
che  anche  dopo  il  secolo    decimoterzo  la   riferita    tradizione 
si  mantenne  inlatta  e  fedele  sino  a  noi.    Ma  una   tradizione 
che,  come  sopra  si  è  detto,  passa  luti'  i  secoli,  e  di  età  in 
età  discende    fino    a'  nostri  tempi    senza  che    giammai    fosse 
contestata,  non  può  essere    assolutamente  che  vera,   storica, 
e  degna  di  fede.  E  non  solo  non  fu  giammai  messa  in  dubbio 
ovvero    conlradetta,    ma    invece  accordasi    pienamente    colle 
testimonianze  di  gravissimi  autori;  fra  i  quali  il  chiarissimo 
Gio.   Antonio    Bomman    nel  T.  I  1.  2  p.  81  così    ne   parla: 
S,  Anselmo  uno  dei  settantadue  discepoli  del  Signore  diede 
principio  alla  chiesa  di  Nona.  Questi  fu  assistito  nella  sua 

13 


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missione  da  s.  Ambrogio  diacono^  e  da  s.  Marcella  fantesca 
di  s.  Marta  sino  alla  morte;  ella  scrisse  la  di  lei  vita^  e 
si  trasferì  neW  lllirio  sua  patria^  e  coadjuvò  molti  al  ri- 
cevimento della  grazia  battesimale.  Lo  storico  di  Nona 
dottor  Giovanni  Cassio  dice;  Prima  Christianorum  Nonen- 
sium  Ecclesia^  constructa  a  suo  primo  pastore  s.  Aselo 
(Anselmo),  dieta  fuit  Ss.  Trinitatis.  Di  Marcella  poi  Pietro 
Equilino  ne  fa  il  seguente  elogio  al  lib.  6  cap.  155:  Mar- 
cella  Martkae  pedissequa  fuit  :,  haec  mulier  illa  fuisse  per- 
hibetur  quae^  Lucae  cap.  XI^  extollens  vocem  de  turba^ 
ventrem  qui  Christum  portavit^  et  ubera.^  quae  illum  lacta- 
verunt^  beatificare  meruit,  Haec  cum  ipsa  domina  sua  a 
Judaeorum  finibus  expulsa^  et  cum  aliis  discipulis^  ut  su- 
perius  actum  est^  Massiliam  pervenit;  ipsam  usque  ad 
ejus  obitum  non  dimisit;  ipsiusque  vitam  et  gesta  conscrip- 
sit.  Quae  post  ejus  vitae  finem  in  Sclavoniam  pergens^  et 
ibidem  Christi  Evangelium  praedicans^  post  decimum  annum 
a  dormitione  Marthae  in  pace  quievit.  Nella  stessa  guisa 
discorre  Jacopo  da  Voragine,  arcivescovo  di  Genova,  nelle 
sue  leggende.  Coi  quali  scrittori  s' accordano  s.  Antonino 
lib.  Chron.  cap.  20:  Beata  Marcella  vere  Marthae  pedis- 
sequa^ dicitur  conscripsisse  vitam  ejus^  quae  posiea  in  Scla- 
voniam (Dalmatiam)  pergens^  et  ibi  praedicans^  plurimos 
ad  fidem  convertii:  Primo,  vescovo  Cahelionense  nella  sua 
opera  Topogr,  Martyr  :  Marcella  Marthae  pedissequa^  quae 
dixit  domino  :  Beatus  venler  etc.  perhibetur  in  Illyrico  prae- 
dicasse,  et  decem  annos  Marthae  supervixisse  :  e  Francesco 
Maurolyco  nel  suo  martirologio:  Marcella  vero  Marthae 
pedissequa  decem  annos  supervixit^  et  in  Illyria  praedicavit. 
Altrettanto  dicono  il  Baronio,  il  Barandio,  il  Bellovacense, 
ed  Alfonso  Villegas  nella  sua  Vita  Sanctor.  Lo  stesso  af- 
ferma il  vescovo  di  Modrussa  Simeone  Begna  nella  sua 
Miscellanea^  ed  aggiunge  essere  Nona  la  città  dell' Illirico 
ove  Marcella  predicò  e  morì.  Le  cose  medesime  vengono 
riferite  dall'arcidiacono  Ponte  nel  suo  commentario  della 
chiesa  Jadrense;  Lorenzo  Fondra  nella  storia  della  reliquia 
di  s.  Simeone,  e  il  vicario  Tanzlinger  nella  sua  Dama  chro- 
nologica  jadertina.  Abbiamo  quindi  una  serie  di  scrittori 
gravissimi  dei  tempi  posteriori  al  decimoterzo  secolo,  i  quali 
tutti  convengono  nell' asserire,  che  Anselmo  uno  dei  settan- 
tadue discepoli  di  Cristo  portò  la  luce  del  Vangelo  ai  Nonesi, 
e  che  fu  assistito  nella  sua  missione  dal  diacono  s.  Ambrogio 


—  195  — 

e  dalla  vergine  Marcella.  L^enunzìata  tradizione  adunque  si 
eleva  al  dissopra  della  congettura  ed  ha  T impronta  d'un 
autorevole  slorica  antichità  ed  autenticità  ;  onde  si  può  con 
certezza  affermare  che  s.  Anselmo  uno,  dei  settantadue  di- 
scepoli del  Salvatore,  abbia  convertito  alla  vera  fede  i  Nonesi 
colla  sua  predicazione  e  coi  miracoli  da  lui  operali,  e  che 
quindi  la  chiesa  di  Nona  sia  di  origine  apostolica. 

A  vieppiù  convalidare  la  verità  di  quanto  abbiamo  di- 
mostralo gioverà  aggiungere,  che  il  capitolo  cattedrale  di 
Nona  constava  di  settantaduo  canonici,  i  quali  rappresenta- 
vano i  setlanladue  discepoli  del  Salvatore.  Né  è  da  credere, 
che  tale  pratica  vetustissima  di  codesta  chiesa  sia  stata  ar- 
bitrariamente introdolla,  poiché  in  tal  caso  essa  non  avrebbe 
sussistito  per  una  così  lunga  serie  di  secoli,  senza  che  la 
s.  Sede,  o  il  metropolita,  ovvero  il  vescovo  l'avessero  con- 
testata. Il  che  anzi  proverebbe  che  dessa  non  sia  una  mera 
pratica  consuetudine  oppure  un  abuso,  ma  bensì  una  pre- 
rogativa ed  uno  speciale  privilegio,  dalla  s.  Sede  a  quel  ca- 
pitolo benignamente  accordato,  affine  di  dare  un'attestato  so- 
lenne ed  autorevole  della  sua  credenza  nel  nonese  'aposto- 
lato di  s.  Anselmo,  e  conservarne  in  tal  modo  perpetua  me- 
moria. Che  se  vi  fu  un  tempo  in  cui  il  capitolo  non  fece 
uso  di  questo  suo  diritto,  si  tu  allora  soltanto  quando  le 
turchesche  incursioni  desolarono  e  la  città  ed  il  territorio  di 
Nona,  dopo  le  quali  ritornò  in  vigore  e  perdurò  sino  ai 
tempi  a  noi  più  vicini,  onde  il  vescovo  Giurileo  nel  suo  de- 
creto 11  marzo  1780  nel  ripristinarlo  così  si  esprime:  In- 
novamus  et  confirmamus  illorum  privilegium^  quod  con- 
stai  antiquitus  habuisse. 

A  toglier  poi  ogni  dubbio  circa  la  prefata  isterica  tra- 
dizione è  necessario  d'avvertire  che  Aselo  è  il  vero  nome 
antico  ed  originario  dell' apostolo  nonese,  e  che  appena  nel 
secolo  decimoquinto  a  poco  a  poco  venne  alterato  e  modi- 
ficalo colla  parola  Anselmo.  Infatti  nella  mentovata  perga- 
mena è  detto  :  Primus  Episcopus  Nonensis  fuit  s,  Aselus  : 
e  Jacopo  da  Voragine  nella  sua  leggenda  de'  Santi  dopo  di 
aver  nominati  gli  apostoli,  fa  menzione  di  alcuni  discepoli, 
e  fra  questi  novera  s.  Aselo:  Item  discipidi  septuagintaduo 
praedicabant  Christum  et  hunc  Crucifixum^  inter  quos  Cleo- 
phas^  Matthas^  Martialis^  Lazarus^  Marcus^  Aselus  etc,  Tom- 
maso arcidiacono  lo  denomina  anch' egli  Aselo,  In  un'antica 
croce  d' argento,  esìstente  nella  chiesa  nonese  si  trova  in  un 


—  196  — 

lalo  r  effigie  d'un  vescovo  pontificalmente  vestilo,  il  quale 
ha  la  seguente  epigrafe  sopra  il  capo  :  s.  Aselus.  In  un  ca- 
lice antico  v'  era  pure  scritto:  s.  Aselus.  Così  sopra  una 
cassetta  di  reliquie  del  santo:  D.  D.  Asello  E,  P.  M.  e  sulla 
maggior  campana  della  chiesa  :  s.  Aselus  Ep.  MCCC.  Appena 
nel  decimoquinto  secolo  fu  modificato,  come  di  sopra  si  è 
detto,  e  non  è  da  farne  meraviglia,  dappoiché  tali  modifi- 
cazioni   erano    allora  in  uso,  e  lo  sono  ancora    di  presente. 

Dopo  di  tutto  l'arcidiocesi  di  Zara  può  andar  lieta  e 
superba  di  aver  nel  suo  seno  due  chiese  apostoliche,  vale 
a  dire  la  chiesa  arcivescovile  di  Zara,  fondata,  come  abbiam 
dimostralo  nel  primo  volume,  dagli  stessi  apostoli,  e  questa 
venerabile  di  Nona,  fondata  dai  discepoli  del  Salvatore.  Non 
essendovi  in  Dalmazia  alcun  altra  chiesa  all' infuori  di  quella 
di  Zara  che  vantar  possa  una  tale  eminente  prerogativa,  a 
buon  diritto  venne  dalla  santa  Sede  alla  chiesa  medesima  at- 
tribuita la  preminenza  sopra  tutte  le  altre  chiese  del  Regno. 
E  Nona  infatti  e  Zara  erano  la  sede  di  vescovi  illustri  al- 
cuni secoli  prima  che  Spalato  ne  avesse  uno,  mentre  è  fuor 
d'ogni  dubbio,  che  certo  Giovanni  Ravennate,  spedito  da 
Papa  Martino  in  qualità  di  Legato  apostolico  in  Dalmazia, 
soltanto  nell'anno  650  creò  l'Episcopato  in  quella  città,  ed 
approffittando  delle  circostanze,  in  cui  Irovavasi  per  la  po- 
c'anzi distrutta  vicina  Metropoli  di  Salona,  e  dell'influenza 
del  potere,  di  cui  era  investito,  ne  occupò  egli  stesso  primo 
la  sede,  e  si  fé  donar  da  Roma  il  titolo  di  vescovo  Salo- 
nitano,  titolo  aggiuntivo  e  non  originario. 

Se,  come  abbiamo  narralo,  illustre  é  la  chiesa  di  Nona 
per  la  prerogativa  della  sua  apostolicità.  non  meno  celebre 
ella  é  per  le  subite  persecuzioni,  onde  fu  innaffiata  del  sangue 
dei  martiri  nei  primi  secoli  dell'era  cristiana.  Non  è  certo, 
se  nei  tempi  apostolici  alcuni  fedeli  di  questa  chiesa  abbiano 
dato  il  sangue  per  la  fede  di  Cristo,  mentre  invece  non  é 
dubbio  che  nel  sesto  secolo  molli  ve  ne  furono  i  quali  ven- 
nero perseguitati,  e  a  barbara  morie  condannali.  Impadroni- 
tosi l'anno  535  l'idolatra  Ostroilo  della  parte  mediterranea 
del  regno  di  Dalmazia,  mentre  Tolila  suo  fratello  dirigevasi 
verso  r Italia  in  ajuto  dei  Goti,  postegli  per  breve  tempo  in 
Nona  la  sua  residenza,  città  allora  considerevole  e  floridis- 
sima, e  lì  si  mise  a  perseguitare  gli  adoratori  del  vero  Dio,  e 
parecchi  ne  condannò  a  crudeli  tormenti  ;  e  siccome  per  la 
maggior  parte  stavano  fermi  e    costanti  nella  fede  dei   loro 


—  197  — 

avi,  e  ricusavano  di  sacrificare  agi'  idoli,  così  andarono  in- 
contro alla  morte  la  più  dolorosa,  od  almeno  ad  una  igno- 
miniosa schiavitù.  Come  rilevasi  dalle  memorie  lasciateci  dal 
dr.  Giovanni  Cassio,  unico  scrittore  delle  cose  nonesi,  fra 
quelli  che  diedero  la  vita  per  la  fede  sono  da  annoverarsi: 
Alessino,  Bruscandolichio,  Niniano,  Cassianico,  Miocyo,  To- 
nino, Petrlcevio,  Florio,  P^renzio,  Vanio,  Torio,  Varissio, 
Radulio,  Bortulino,  Zunichio,  Tommaso  arcidiacono,  Didio 
diacono,  Tommaso  diacono,  Asello  chierico,  Marcelliano  chie- 
rico, Flavia  Marcellina,  Onoria,  Rasanzia,  tutte  tre  nobili 
fanciulle.  Tutti  questi  cristiani  nonesi  furono  martorizzati  nel- 
r  anfiteatro  ed  i  loro  nomi,  assieme  a  quelli  d'altri  santi 
confessori,  riportati  dai  notari  nel  martirologio  (iella  chiesa 
di  Nona  scritto  in  carta  pergamena,  eh'  era  con  diligenza 
custodito  nell'archivio,  ma  che  poi  andò  a  perdersi  nelle 
molle  vicende,  cui  ondò  incontro  la  città  durante  le  turchesche 
incursioni.  Molti  altri  ancora  ne  avrebbe  fatto  morire  [quel 
re  crudele,  se  non  vi  si  fosse  interposto  il  vescovo  Gio- 
vanni, che  colla  sua  autorità  lo  indusse  a  ritirare  il  ferale 
decreto,  e  promulgarne  un'altro  con  cui  ordinava  di  lasciar 
in  pace  i  cristiani. 

Le  reliquie  di  questi  santi  si  conservarono  religiosa- 
mente nella  chiesa  di  Nona  fino  all'  irruzione  degli  Slavi 
in  Dalmazia,  cioè  fino  al  640,  nella  qual  circostanza  il 
Papa  Giovanni  IV,  zaralino,  mandò  legato  apostolico  a  queste 
parti  con  molto  oro  l'abbate  Martino,  allo  scopo  di  sottrarle, 
assieme  agli  schiavi  cristiani  dal  furore  degli  idolatri.  Egli 
infatti  trasportò  via  da  Nona  tre  casse,  ripiene  di  sante  re- 
liquie. Leggevasi  in  quel  prezioso  martirologio  di  cui  sopra 
abbiamo  fatto  cenno,  quanto  segue:  „Li  25  aprile  dell'anno 
„641  dall'abbate  Martino  legato  di  Giovanni  IV,  zaralino, 
„in  tre  casse  da  Nona  .trasportate  furono  le  reliquie  dei 
„sanli  per  sottrarle  dal  furore  dei  barbari,  dopoché  i  giudici 
„della  città  sotterrarono  preventivamente  le  urne  con  li  sacri 
^depositi  dei  tre  santi  protettori  Anselmo,  Ambrogio  e  Mar- 
„cella,  che  fidar  non  vollero  al  legato  apostolico,  il  quale 
„con  molte  pergamene  antiche,  e  quantità  di  schiavi,  le  tra- 
nsfer! a  Roma  a  spese  dell'erario  apostolico". 

Serie  dei  Vescovi  di  Nona. 

S,  Aselo,  detto  poscia  Anselmo^  che  essendo  uno  dei 
sellantadue  discepoli   del  Salvatore,   assieme   con  Ambrogio 


—  198  -- 

diacono  recatosi  a  Nona,  convertì  colla  sua  predicazione 
magistrali  e  popolo,  e  dopo  di  aver  fondala  e  bene  istituita 
questa  ciiiesa,  l'uno  e  l'altro,  carichi  d'anni  e  di  meriti 
passarono  alla  beata  patria,    meritandosi  l' onor   degli    altari. 

Non  si  ha  notizia  dei  vescovi,  che  ad  Anselmo  suc- 
cedettero nella  cattedra  di  Nona,  avendone  l'antichità  e  l'ob- 
blivione  cancellata  la  memoria.  Appena  sullo  scorcio  del 
quarto  secolo  troviamo  il  seguente: 

a.  380.  Massimo^  che  con  Felice,  vescovo  di  Zara, 
fu  presente  ai  concilii  d'Aquileja  e  di  Milano,  e  condannò 
gli  eretici  Palladio  e  Gioviniano.  11  Parlato  lo  vorrebbe  ve- 
scovo di  Cittanova  (Aemoniensis)^  ma  tanto  il  Baronie,  che 
il  Fleury  e  l'abbate  Orsi  lo  appellano  vescovo  di  Nona. 
La  somiglianza  dei  vocaboli  Aemoniensis  et  Aenoniensis 
deve  aver  indotto  in  errore  lo  storico  dell' Jllirio.  Di  esso 
nuli'  altro  ci  fu  possibile  di  rilevare. 

Dopo  Massimo  havvi  un  interruzione  di  150  anni.  Ciò 
però  non  vuol  dire  che  i  Nonesi  non  abbiano  avuto  du- 
rante questo  periodo  di  tempo  il  suo  vescovo,  ma  piuttosto 
è  da  credere  che  sieno  periti  i  monumenti,  che  ne  indicavano 
il  nome  e  le  gesta,  e  che  ne  andasse  spenta  la  memoria 
pelle  vicende  dei  tempi. 

a.  530.  Giovaìini,  che  nel  sinodo  Salonitano,  adunato 
dal  vescovo  Onorio  Ili,  sedette  dopo  il  vescovo  di  Zara, 
di  nome  Andrea. 

a.  539.  Costantino^  il  quale  fu  presente  nel  sinodo  di 
Aquileja,  ove  si  sottoscrisse  così:  Constantinus  Episcopus 
elecius  Nonensis, 

È  qui  succede  un'  altra  interruzione  di  pressoché  150 
anni,  la  quale  devesi  attribuire  non  solo  alle  preaccennate 
circostanze,  poco  favorevoli  alla  religione,  ma  benanco  alla 
barbarica  irruzione  del  secolo  settimo. 

a.  686.  Teodorico^  consacrato  qual  vescovo  croatino 
da  Giovanni  di  Ravenna,  arcivescovo  di  Spalato.  11  Maroli 
nella  sua  storia  l' appella  Teodorico,  mentre  T  arcidiacono 
Tommaso  ne  tace  il  nome. 

a.  699.  Patrizio^  di  cui  è  memoria  in  documento,  re- 
lativo al  sinodo  di  Grado,  ove  fu  appianata  una  controver- 
sia insorta  tra  i  Patriarchi  di  Grado  e  di  Aquileja.  Vedi 
Hist,  Aqicilejen, 

a.  714.  Mauro^  che  intervenne  al  sinodo  d'Aquileja.  Vedi 
la  storia  della  chiesa  d^  Aquileja^  edita  a  Venezia  nel  1714, 


—  199  — 

^  a.  756.  Anastasio^   rammentato    negli  atti  della    chiesa 

#    Aquilejense.    Vedi  la  Storia  precitata. 

t^  a.  787.  Paolo^  slavo  di  nascita,  indicato  negli  atti  suddetti. 

^^  a.  812.  Marino^  di  cui  si  fa  menzione  negli  atti    me- 

desimi. 

a.  879.  Teodosio^  che  essendo  diacono  fu  elevato  alla 
dignità  di  vescovo  di  Nona  l'anno  879  dal  clero  e  dal  po- 
polo per  r  esimia  sua  santità  e  dottrina.  Appena  eletto,  fu 
primo  suo  pensiero  di  ricondurre  i  Croati  della  Dalmazia 
air  unità  della  chiesa  cattolica,  da  cui  per  istigazione  del- 
l'imperatore Basilio,  e  di  Fozio,  Patriarca  constantinopolitano, 
s'erano  separati.  Assistito  Teodosio  da  Branimiro,  loro  duce, 
riuscì  nell'impresa,  onde  scrisse  tosto  una  ossequiosa  lettera 
al  pontefice  Giovanni  Vili,  colla  quale,  dopo  di  aver  pro- 
fessata la  religiosa  sua  riverenza  ed  obbedienza  alla  chiesa 
di  Roma,  gli  annunziava  il  ritorno  dei  Croati  della  Dalmazia 
alla  fede  antica,  e  chiedeva  la  venerata  sua  benedizione. 
Questa  notizia,  recala  per  lettera,  ed  anche  a  viva  voce  per 
mezzo  del  venerabile  Giovanni  dotto  e  sapiente  prete  di 
Nona,  apportò  grande  consolazione  al  Papa,  che  non  mancò 
di  rispondere  e  all'eletto  vescovo  Teodosio,  e  a  Branimiro, 
che  aveva  tanto  cooperato  all'  effetto,  ed  inoltre  al  clero  e 
al  popolo  croato.  In  quella  diretta  all' eletto,  datata  4  giugno 
879,  dopo  di  averlo  encomiato  pel  fedele  suo  attaccamento 
alla  cattedra  di  Pietro,  lo  assicura  del  paterno  suo  affetto, 
e  lo  eccita  a  condursi  a  Roma  per  ricevere  dalle  sue  mani 
la  consacrazione  episcopale,  seguendo  l' esempio  de'  suoi 
antecessori,  affinchè  munito  dell'autorità  e  protezione  apo- 
stolica governar  potesse  con  tutta  sicurezza  il  gregge  a  lui 
affidato.  A  Branimiro  poi  con  lettera  del  7  giugno  rende 
grazie  dell'essersi  adoperato  pel  ritorno  di  sua  gente  al  cal- 
tolicismo,  fa  voti  per  la  prosperità  di  lui  e  del  suo  popolo, 
e  lo  accoglie  con  dilezione  paterna  nel  gremio  della  catto- 
lica chiesa  e  con  effusione  di  cuore  il  benedice.  In  quella 
poi  scritta  al  clero  ed  al  popolo  nella  stessa  data  della  pre- 
cedente l'egregio  pontefice  fa  loro  conoscere  il  suo  giubilo 
per  la  lor  conversione,  e  nel  mentre  li  munisce  dell'  aposto- 
lica benedizione,  raccomanda  loro  di  essere  costanti  e  fe- 
deli alle  fatte  promesse.  Appena  eh'  ebbe  Teodosio  nelle 
mani  la  lettera  del  Papa,  si  recò  a  Roma,  ove  da  lui  stesso 
ricevette  la  consecrazione  episcopale;  e  così  mentre  faceva 
allo  d' obbedienza  al  pontefice,  sottraevasi  al  pericolo  di  es- 


—  200  — 

sere  da  mani  scismatiche  consagralo.  Dopo  di  che  ritornò 
in  patria  portando  seco  un'altra  lettera  del  Papa,  diretta  al 
principe  Branimiro,  al  clero,  ed  al  popolo  tutto,  con  la  quale 
rinnovando  le  sue  congratulazioni  per  la  sincera  loro  con- 
versione, raccomanda  a  tutti  una  costante  perseveranza 
nella  cattolica  fede,  ordina  di  spedire  legali  a  Roma  per 
ricever  risposta  su  di  quanto  lo  aveano  consultato,  e  per 
riferire  le  decisioni  da  emanarsi  suli'  argomento,  promettendo 
infine  di  spedire  un  legato  apostolico  con  incarico  di  ac- 
cogliere il  solenne  giuramento  delia  loro  fede  promessa.  A 
Teodosio  quindi  in  principalità  è  d' allribuirsi  il  ritorno  dei 
Croati  in  Dalmazia  alla  vera  fede.  Questo  grande  avvenimento 
basta  solo  ad  illustrare  il  suo  pontificoto,  ed  a  perpetuarne 
la  di  lui  memoria,  consideralo  pure,  che  l'esempio  dei  Croati 
fu  imitato  dai  Dalmati  ed  anche  dai  Serhiani,  i  quali,  de- 
testato lo  scisma  Foziano.  si  ricondussero  in  seno  alla  chiesa 
cattolica.  Continuò  Teodosio  per  varii  anni  ancora  ad  am- 
ministrare la  chiesa  di  Nona  con  somma  sapienza,  finché  nel- 
.  r890  andò  a  ricevere  il  premio  delle  sue  molte  e  cospicue 
virtù. 
j^}  a.  890.  Jacopo^  di  cui  è  memoria  nella  storia  di  Ca- 

simiro Frescot. 

a.  890.  Alfreda^  di  cui  si  ha  memoria  in  una  contro- 
versia agitata  tra  lui  e  l'arcivescovo  di  Spalato  in  punto  di 
possesso  di  certa  chiesa  e  beni  annessi  di  s.  Giorgio  di  Pu- 
tallo,  situati  nell'agro  salonitano,  e  da  Turpimiro  a  Pietro 
III  arcivescovo  spalatense  donata.  Sosteneva  Alfreda,  che  la 
donazione  era  soltanto  temporanea,  e  dopo  la  morte  di  quel- 
r  arcivescovo  passar  dovesse  in  proprietà  della  chiesa  di 
Nona,  dappoiché  e  la  chiesa  ed  i  beni  di  san  Giorgio  erano 
posti  entro  i  confini  croati,  e  la  giurisdizione  della  diocesi 
nonense  comprendeva  tutti  i  luoghi  che  i  duci  croati  pos- 
sedevano nel  continente,  benché  sparsi  entro  i  confini  delle 
diocesi  dalmate,  uno  essendo  il  vescovo  dei  croati  della  Dal- 
mazia, e  questo  il  vescovo  di  Nona.  La  questione  fn  por- 
lata  dinanzi  al  principe  Murcimiro,  il  quale  dietro  accurato 
esame  delle  relative  scritture,  fatte  dal  suo  genitore,  decise 
in  favore  dell'arcivescovo  di  Spalato,  a  cui  rilasciò  un  di- 
ploma di  conferma  in  data  27  settembre  892. 

Ai  tempi  di  Alfreda  viveva  un  sanlo  uomo  di  nome 
Ivan^  nato  a  Nona  da  stirpe  reggia  croata,  come  il  suo 
nome  stesso  lo  dimostra.  Di  lui  parleremo  in  appresso. 


—  201   ~~ 

Il  vescovo  Alfreda  visse  sino  al  principio  del  secolo  X. 
/<7       a.  900.  Gregorio,  V'è  chi  lo  dice  della  nobile  famiglia 
zaralina  de  Dohre.    Egli,    rilenendo  estesa  la    sua    giurisdi- 
zione spirituale  dappertutto  ov' erano  croati,  con  lesione  dei 
diritti  degli  altri  vescovi,  si  fece  chiamare  metropolita  della 
Croazia,    negando    di    riconoscere    T  arcivescovo    di    Spalato 
col  quale  perciò  ebbe  gravi  questioni.  Dopo  la  calata  degli 
Slavi  in  Dalmazia,  il  governo  spirituale  dei  medesimi  sin  da 
principio    veniva  di    necessità  assunto  dal  vescovo    di  Nona, 
come  quegli  che  aveva  avuto  gran  parte  nella    lor  conver- 
sione al    cattolicismo,  e  ne  conosceva    T  indole,  i  costumi  e 
la  lingua.  Imposto  che  fu  dappoi  il  nome  di  Croazia  alla  parte 
occidentale  della    Dalmazia  da  essi    occupata,  il   vescovo    di 
Nona  prese  il  titolo  di  vescovo  Croatino.    Propagatisi  in  se- 
guito qiie'  popoli,  e  presa  stanza  in  quasi  tutta  la  parte  me- 
diterranea   della    provincia,  il    vescovo  di    Nona  non    dubitò 
dì  estendere    la  spirituale    giurisdizione    su  di    essi  in    tutt' i 
paesi  da  loro  occupati.  Dilatatasi,  in  siffatto  modo,  fuor  d'ogni 
misura    la  sua    autorità    fino  a    penetrare    in  seno  alle    altre 
diocesi    provinciali,    il    metropolita    coi    vescovi    suffraganei, 
che  per  necessità  lolerarono  da  principio  tale  intromissione, 
alzarono  la  voce  contro  il  vescovo    croatino    Gregorio,    la- 
gnandosi del  suo  illegittimo    ed  ingiusto  procedere,  ed  inti- 
mandogli   di    ritirarsi    ne'  suoi  confini    antichi,  e  di  non    in- 
frammettersi ned  immischiarsi    nelle   loro    diocesi.  Gregorio, 
per  tanta  autorità  insuperbito,  e  sostenuto  anche  dai  re  croati, 
non  diede  ascolto  ai  loro  reclami,  ma  allargando  sempre  più 
i  confini  della    sua  episcopale  giurisdizione;  tentava    di  farsi 
metropolita  degli  Slavi-Croati  in  Dalmazia,  e  così  dalla  sog- 
gezione del  legittimo  suo  metropolita  sottrarsi  del  tutto. 

Un  altro  male  s'era  pure  nelle  chiese  della  Dalmazia 
e  Croazia  introdotto  duraiìlo  il  governo  di  Gregorio,  l'uso 
cioè  della  lingua  slava  nella  liturgia  senza  permesso  della 
Sede  apostolica,  il  che  fu  pure  cagione  di  molte  controver- 
sie. Quello  che  il  Pontefice  Giovanni  Vili  aveva  concesso  ai 
Moravi  esclusivamente,  credevano  i  Croati  a  lor  pure  con- 
ceduto, e  facevano  uso  indebito  della  propria  lingua  nelle 
sacre  funzioni.  A  tale  abuso,  che  veniva  tenacissimamente 
sostenuto  e  difeso  da  Gregorio,  si  opposero  di  concerto 
tutti  i  vescovi  provinciali  con  a  capo  il  metropolita,  ed  a 
toglierlo  energicamente  s'adoprarono,  stimando  non  essere 
lecito  di  fare  ciocché  in  cose  di  disciplina  faceasi  di  proprio 


—  202  — 

arbitrio,  ed  inconsulta  la  s.  Sede,  e  tanto  meno  in  quanto 
che,  al  parer  di  taluno,  non  era  scevra  di  errori  la  nuova 
liturgia  in  materia  di  fede.  Facendosi  ognor  più  grave  e 
seria  tanto  questa  che  la  prima  questione,  il  metropolita 
Giovanni,  a  scanso  di  sua  responsabilità,  pensò  di  consultare 
la  santa  Sede  apostolica.  In  nome  pertanto  dei  vescovi  pro- 
vinciali, egli  assieme  con  Tamislao  principe  dei  Serviani  e 
Michele  de'  Croati,  inviarono  lettere  al  Pontefice  Giovanni  X, 
esponendogli  i  fatti,  e  pregandolo  a  spedire  legati  a  queste 
parti,  perchè  decidessero  sopra  luogo  le  suddette  questioni, 
ed  agli  Slavi  una  formola  di  fede  sincera  ed  ortodossa  im- 
ponessero. Il  Papa,  senza  frappor  indugio,  vi  spedì  i  vescovi 
Giovanni  di  Ancona,  e  Leone  di  Preneste  con  lettere,  dirette 
al  metropolita,  ai  vescovi  ed  ai  principi,  con  cui  proibiva 
assolutamente  la  lingua  slava  nella  sacra  liturgia  :  Ut  secitn- 
dum  mores  Ecclesiae  Romaiiae  (disse  loro)  Sclavinorum 
terrae  ministerium  Sacrifica  peragant  in  lingua  latina^  non 
autem  extranea^  quia  nullus  filius  aliquid  loqui  debet^  vel 
sapere^  nisi  ut  mater  ei  insinuaverit,  I  Legati  arrivati  in 
Dalmazia  Tanno  925  radunarono  tosto  a  Spalato  un  concilio 
generale,  cui  la  maggior  parie  dei  vescovi  intervennero, 
nonché  i  prìncipi  Tamislao  e  Michele,  ed  i  signori  d'en- 
trambi i  regni.  In  questa  solenne  assemblea  furono  dettali 
quindici  decreti,  cinque  de'  quali  alle  questioni  suddette  si  ri- 
ferivano. In  primo  luogo  fu  stabilito  che  l'arcivescovo  di 
Spalato  dovesse  essere  riconosciuto  qual  metropolita  della 
Provincia  tutta,  e  che  tutt'i  vescovi  provinciali,  e  segnata- 
mente quello  di  Nona,  avessero  a  riconoscerlo,  ed  a  lui  as- 
soggettarsi. In  secondo  luogo,  che  i  vescovi  della  provincia 
nelle  loro  rispettive  diocesi  avessero  da  esercitare  la  cu- 
ra pastorale  egualmente  ai  Croati,  come  agli  altri  fedeli, 
e  fungere  il  loro  ufficio  episcopale  con  tutta  libertà  e  si- 
curezza; che  quindi  la  diocesi  di  Nona  ristringer  si  dovesse 
entro  i  suoi  antichi  confini,  poiché  non  era  più  necessario, 
come  da  princìpio,  che  il  vescovo  di  Nona  avesse  la  cura 
spirituale  del  popolo  Croatico,  mentre  tutt'i  vescovi  erano 
già  in  possesso  delia  lingua  slava,  e  gli  stessi  Croati  ave- 
vano appresa  la  latina,  e  Dalmati  e  Croati  vivevano  in  lega 
tra  di  loro,  col  commercio  della  lingua  e  colle  istituzioni 
comuni.  Pretendevano  i  Croati,  che  tutta  la  gente  loro, 
ovunque  si  trovasse,  non  avesse  a  riconoscere  altro  ve- 
scovo,  air  infuori   del  vescovo    di   Nona,  a  lui   solo  prestar 


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dovesse  ubbidienza,  da  lui  solo  ricevere  gli  ordini,  le  leggi, 
i  sacramenti,  i  sacerdoti,  e  dipendere  unicamente  dalla  sua 
autorità  in  tutte  quelle  cose,  che  alla  religione  fossero  at- 
tenenti. Dal  che  ne  sarebbe  avvenuto  per  necessaria  conse- 
guenza, che  gli  altri  vescovi  provinciali  rimasti  sarebbero 
senza  cura  e  senza  amministrazione,  e  che  la  loro  giurisdi- 
zione sarebbesi  a  minimi  termini  ristretta,  se  fossero  stati 
obbligati  ad  esercitare  la  episcopale  giurisdizione  in  quelle 
località  soltanto,  che  non  erano  occupate  dai  Croati,  e  quindi 
ai  soli  Dalmati  latini,  che  erano  in  numero  ad  essi  inferiore. 

Col  canone  X  fu  interdetto  l'uso  della  lingua  slava 
nella  liturgia;  il  qual  canone  suona  così:  Ut  nullus  Epi- 
scopus  nostrae  provincme  audeat  in  quolihet  gradu  slavo- 
nica  lingua^  quemlihet  promovere  ;  tamen  is  in  clericatu  et 
monachatu  Deo  deservire  poterit;  nec  in  sua  ecclesia  mis- 
sas  facere  sinat  ;  praeter  si  necessitatem  sacerdotum  kaberet 
per  supplicationem  a  Romano  Pontifìce  licentiam  ei  sacer- 
dotalis  ministerii  slavonice  peragendi  tribuat.  Tutti  gli  Slavi 
infatti  tenacissimi  erano  della  loro  liturgia,  ned  intendevano 
di  essere  privati  dell'  uso  invalso  nei  loro  ufficii;  e  di  tutt'  i  ve- 
scovi il  solo  Gregorio  prese  a  difenderlo  e  propugnarlo  contro 
il  comune  e  concorde  loro  sentimento.  Ma  dopoché  furono 
lette  in  quella  sacra  e  rispettabile  adunanza  le  lettere  di  Papa 
Giovanni  che  proibiva  decisamente  la  slava  liturgia,  valse 
appo  lutti,  come  dovea,  l'autorità  e  la  sentenza  del  Romano 
Pontefice,  né  fuvvi  alcuno  che  al  formolato  decreto  osasse 
opporsi,  e  contraddire. 

Coi  canoni  poi  XI  e  XII  veniva  limitata  e  circoscritta 
nei  debiti  confini  la  giurisdizione  del  vescovo  nonense.  A 
ciò  fece  ostinatissima  opposizione  Gregorio  coi  signori  Croati  ; 
ma  vedendo  che  i  suoi  reclami  erano  inutili  appellò  alla 
santa  Sede.  Fu  quindi  deliboralo  di  rimettere  la  causa  per 
intero  al  sommo  Pontefice,  e  tanto  il  concilio,  quanto  Gre- 
gorio spedirono  messi  a  Roma  per  informare  adequafamente 
Papa  Giovanni  di  tutta  la  questione.  In  conseguenza  di  che 
il  Papa  ordinò  al  metropolita  di  recarsi  in  persona,  ovvero 
non  potendo  di  mandare  uno  dei  vescovi  suffraganei  a  Roma 
assieme  con  Gregorio,  affine  di  discutere  la  causa,  eh'  era 
per  la  chiesa  di  somma  importanza.  Né  l'uno  né  l'altro, 
non  si  sa  per  qual  motivo,  comparve,  e  frattanto  rimasta  in 
sospeso  per  ben  tre  anni  la  questione,  Gregorio  senz'  al- 
cun riguardo  andava  sempre  più  estendendo  dovunque  la  sua 


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autorità  e  giurisdizione  episcopale,  non  ostante  gli  sforzi 
che  faceva  a  tutta  possa  il  metropolita,  affine  d'impedi- 
re la  ingiusta  usurpazione.  Riclamarono  più  volte  e  Gio- 
vanni ed  i  vescovi  al  Pontefice,  onde  veder  finito  questo 
stato  di  cose,  e  ristabilito  l'ordine  e  la  tranquillità  nella  pro- 
vincia. Il  Papa  adunque  ordinò  a  Madalberto,  cui  spedito 
avea  nel  927,  in  qualità  di  legato  a  Simeone  re  dei  Bulgari, 
che,  terminata  quella  legazione,  recarsi  dovesse  in  Dalmazia 
per  decidere  sulla  prefata  controversia.  L' anno  infatti  928, 
Madalberto  si  portò  in  Dalmazia,  e  radunò  tosto  a  Spalato 
un  concilio,  a  cui  intervennero  i  vescovi  ed  il  principe  coi 
signori  della  Croazia,  ed  ivi  stabilì  e  fissò  i  confini  delle 
varie  diocesi,  giusta  l'antica  norma  della  chiesa:  proibì  no- 
minatamente al  vescovo  Gregorio  d'ingerirsi  nell' amministra- 
zione altrui,  e  di  estendere  oltre  gli  assegnati  confini  la  epi- 
scopale sua  giurisdizione,  e  ordinò  che  alle  chiese  di  Scar- 
dona,  di  Delminio  e  di  Scissia  (Sissek)  le  quali  da  alcun 
tempo  erano  sprovviste  di  pastore,  venissero  nuovi  vescovi 
preposti.  Dopo  di  che  ritornato  a  Roma,  ed  avendo  ritrovato 
già  morto  il  Pontefice,  si  prestò  con  ogni  premura,  affinchè 
dal  successore  Leone  VI  venissero  le  sue  disposizioni  con- 
fermate. Il  Papa  da  parte  sua  scrisse  ai  vescovi,  ed  intimò 
loro  di  prestar  obbedienza  al  loro  metropolita,  e  di  conte- 
nersi entro  i  limiti  prescritti  di  lor  giurisdizione  ;  permise 
poi  a  Gregorio  di  Nona  di  amministrare  la  vicina  diocesi 
di  Scardona  fino  a  tanto  che  venisse  provveduta  del  suo 
pastore  quella  chiesa,  con  proibizione  di  usurparne  in  seguito 
la  giurisdizione  ed  amministrazione  a  scanso  della  scomu- 
nica, da  cui  in  tal  caso  sarebbe  stato  colpito. 

Non  consta  se  Gregorio  abbia  ottemperato  o  meno  alle 
pontificie  ingiunzioni.  Si  sa  soltanto  che  un  interregno  suc- 
ceddette  di  più  che  ceni  anni  nella  chiesa  di  Nona,  il  che 
farebbe  supporre,  che  e  Gregorio  ed  i  suoi  successori,  il- 
legittimi forse  ed  intrusi,  sieno  stati  renitenti  dall' assogget- 
tarsi alle  decisioni  della  santa  Sede,  lllyr,  Sacr,   Tom»  IV. 

a.  956.  Pietro,  vescovo  croalino,  a  cui  succedettero 
altri  due,  di  nome  ignoto,  e  non  riconosciuti  dal  metropolita 
di  Spalato. 

a.  1008.  Marco^  vescovo  croatino,  che  sottoscrisse  la 
donazione  di  Stefano. 

a.  1050.  Andrea^  Sotto  di  lui  venne  diminuita  d'assai 
la  diocesi  di  Nona  in  seguito    all'erezione  dei   vescovati  di 


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Belgrado  (Zaravecchia)  e  di  Knin;  imperciocché  una  buona 
parte  di  essa  alla  nuova  di  Zaravecchia  fu  assegnala.  An- 
drea dovette  quindi  deporre  ogni  e  qualunque  idea  di  su- 
premazia metropolitica,  far  atto  di  ossequio  e  di  obbedienza 
al  suo  metropolita  Giovanni  da  cui  fu  anche  consacrato,  e 
contenersi  nei  limiti  di  sua  giurisdizione  episcopale.  Inter- 
venne al  concilio  provinciale,  convocato  nel  1058  in  Spalato 
da  Mainardo,  legalo  di  Nicola  IL  nel  quale  fu  per  la  se- 
conda volta,  con  voto  unanime  di  tutti  i  vescovi,  proscritto 
Tuso  della  lingua  slava,  che  di  nuovo  s'era  introdotto  nelle 
chiese  non  tanto  colla  permissione  dei  principi  e  dei  vescovi 
croati,  quanto  polla  inconsideratezza  dei  preti,  sollecili  di 
assecondare  le  voglie  del  popolo.  Andrea  fu  egualmente  som- 
messo, e  obbediente  al  metropolita  Lorenzo,  come  lo  fu  al 
di  lui  predecessore,  né  prese  parte  alcuna  in  queir  orribile 
scisma,  eccitato  dai  Croati  ed  in  principalità  dal  prete  Ul- 
fone  allo  scopo  di  ripigliare  e  ritenere  la  liturgia  slavonica. 
Se  coir  erezione  del  vescovato  di  Belgrado  fu  ristretta  la 
giurisdizione  dì  Andrea,  egli  però  venne  dallo  stesso  re  Cre- 
simiro  nel  1071  ricompensato  colla  restituzione  di  quella 
metà  dell'isola  di  Pago,  che  è  rivolta  alia  diocesi  nonense. 
Nel  1072  assistette  al  concilio  provinciale,  convocato  a  Zara 
dal  metropolita  Lorenzo,  come  pure  alla  consacrazione  della 
chiesa  delle  Monache  Benedettine  di  s.  Maria,  nei  quali  atti 
si  sottoscrisse  così:  Andreas  Nonensis.  Di  lui  nuli' altro  si 
venne  a  rilevare  dai    monumenti  patrii.  Illyr.    sacr,   T.  IV, 

a.  1073.  Stefaìio^  che  dicesi,  della  nobile  famiglia  za- 
ratina  de  Penazzo,  Si  trova  nelle  nostre  cronache  esser  egli 
stato  vescovo  di  Nona  nel  1073,  ed  essersi  adoperato  per 
sopire  le  vertenze  col  metropolita  di  Spalato.  Il  Parlati  noi 
nomina  punto,  e  se  pure  ha  esistito,  deve  per  breve  aver 
governato  questa  chiesa  di  Nona  ed  essere  collocato  tra  An- 
drea di  cui  non  trovasi  memoria  oltre  il  1072,  e  Formino 
di  cui  la  prima  notizia  che  trovasi  é  il  di  lui  intervento  al 
concilio  provinciale  dì  Spalato  nel   1075. 

a.  1074  Formino^  succedette  ad  Andrea.  Neil'  anno 
1075  intervenne  con  Lorenzo  metropolita,  e  cogli  altri  ve- 
scovi suffraganei  al  concilio  provinciale,  convocato  a  Spalata 
da  Gerardo  arcivescovo  dell'antica  Siponto,  legato  di  Papa 
Gregorio  VII,  nel  qual  concilio  fu  ristabilito  solennemente  il 
vescovato  di  Nona,  confermati  i  suoi  antichi  pr.vilegi,  e  rin- 
novati i  vincoli  di  fedeltà  e  di  obbedienza    al  legittimo  suo 


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metropolita.  Formino  fu  quegli,  che  nel  1076  confermò  la 
donazione  del  tempio  di  s.  Giorgio  in  Putalio  e  dei  beni 
annessivi,  fatta  da  Turpimiro  alla  mensa  arcivescovile  di  Spa- 
lalo, e  nel  solenne  istrumento  v'  appose  la  propria  firma  : 
Forminus  Episcopus  Nonensis  ;  donde  si  deduce,  che  il  ve- 
scovo di  Nona  avea  deposto  i!  titolo  di  vescovo  croatino. 
A  suoi  tempi  la  città  e  la  chiesa  di  Nona  salirono  in  fama 
ed  onore,  poiché  un  concilio  provinciale  venne  ivi  celebrato. 
Fu  convocato  da  Giovanni,  cardinale  di  santa  chiesa,  legato 
apostolico,  e  v'intervennero  T arcivescovo  Lorenzo,  il  re  Svo- 
nìmiro,  molti  vescovi  e  signori.  In  esso  fu  decretata  la  re- 
stituzione alla  chiesa  di  s.  Doimo  delle  chiese  di  s.  Stefano 
e  di  s.  Maria,  di  Salona,  le  quali  erano  state  dai  predeces- 
sori vescovi  croalini  usurpate. 

a.  1094.  A  , . .  di  cui  la  sola  iniziale  trovasi  nelle  pa- 
trie scritture. 

a.  1100.  Gregorio^  il  quale  ricevette  la  episcopale  con- 
sacrazione da  Crescenzio,  arcivescovo  di  Spalato,  come  lo 
dimostra  il  giuramento,  da  lui  in  tale  occasione  prestato, 
eh'  è  del  seguento  tenore  :  Ego  Gregorius  Episcopus  Nonen- 
sis ab  hac  hora  in  antea  proraitto  fidelitatem  atque  ohe^ 
dientiam^  secundum  ordinerà  meiim^  Ecclesiae  Spalatinae^ 
et  Ubi  Crescentio  archiepiscopo  nostro^  tuisque  successoribus 
canonie  e  intrantibus.  Sic  me  Deus  adjuvet,  et  liaec  sancta 
Dei  Evangelia,  Nulla  delle  sue  gesta  sappiamo,  nulla  del 
periodo  di  sua  amministrazione,  non  trovandosi  il  di  lui  nome 
negli  alti  conciliarli  provinciali  degli  unni  1107  e  1111. 
Non  havvi  negli  archivii  memoria  neppur  di  sua  morte,  né 
del  suo  successore  prima  del  1163,  ond'è  da  ritenersi,  che 
sieno  gli  antichi  alti  periti,  ovvero  che  vi  sia  stato  un  interregno 
di  alcuni  anni  da  lui  sino  al  suo  successore  Rodano. 

a.  1166.  Rodano^  di  cui  non  si  ha  memoria,  se  non 
che  in  un  diploma,  che  Stefano  re  d'Ungheria  rilasciò  a 
Pietro  arcivescovo  di  Spalato,  con  il  quale  confermò  i  di 
lui  diritti  e  privilegi. 

a.  1170.  Matteo^  sotto  di  cui  fu  ingrandita  la  diocesi 
di  Nona  coli'  annessione  della  parochia  di  Licca.  Intervenne 
Matteo  con  Rainerio  arcivescovo  di  Spalato  e  con  altri  due 
vescovi  provinciali  nel  1179  al  concilio  Lateranense  III,  indi 
nel  1185  al  concilio  provinciale  ui  Spalato,  nel  quale  furono 
alla  diocesi  di  Nona  assegnali  oltre  il  territorio  propriamente 
detto  di  Nona,  anche  tutto  quello  di  Luca,  che  non  lungi  a 


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sellenlrione  di  Garin  era  situalo,  ed  inollre  la  metà  del  ter- 
ritorio di  Licca,  ch'era  una  delle  tre  zupanìe,  site  nell'antica 
Japidia,  presso  Segna.  La  Licca,  come  si  è  detto  di  sopra 
era  stala  assegnata  tutta  per  intero  alla  diocesi  di  Nona 
dall'arcivescovo  Rainerio;nel  concilio  però  tale  disposizione 
fu  modificala  colla  divisione  del  suo  territorio  in  due  parli 
eguali,  dando  la  parte  orientale  a  Nona,  e  la  occidentale 
alla  diocesi  di  Corbavia,  ovvero  di  Segna.  Fu  egli  che  nel 
1184  assegnò  ai  padri  Crociferi  l'ospitale  di  s.  Pietro, 
eh'  esisteva  in  un  villaggio  della  diocesi  nonense,  cui  il  sommo 
pontefice  Urbano  III  con  sua  Bolla  del  1186  li  arricchì  di 
grazie  e  privilegii  non  pochi.  Quanto  foss'  egli  tenuto  in  slima 
e  considerazione  lo  dimostra  l'incarico  demandatogli  nel  1194 
dal  re  d' Ungheria  Bela  III  di  comporre  assieme  con  Pietro 
arcivescovo  di  Spalato,  e  con  Damiano  conte  di  Zara  e 
Grubessa  di  Spalato,  la  lite  insorta  fra  i  Templari  di  Vrana 
e  i  monaci  benedettini  dei  Ss.  Cosmo  e  Damiano  circa  i 
rispettivi  confini  ed  intorno  al  corso  delle  acque.  Matteo 
passò  a  miglior  vita  nell'anno  stesso  1194,  ovvero  un  anno 
dopo. 

a.  1196.  Frodano^  che  si  trova  menzionato  in  un  ve- 
tusto codice  spalalense,  nel  quale  è  riportato  il  giuramento 
da  lui  emesso  nelle  mani  dell'  arcivescovo  Pietro  VIII  dopo 
di  aver  ricevuto  la  episcopale  consacrazione.  Visse  fino  al 
principio  del  secolo  XIII 

a.  1205.  Sansone  /,  di  cui  si  trova  memoria  in  per- 
gamena di  s.  Maria  di  Zara:  Sanson  Episcopus  Nonae  sub- 
scripsit  die  4  aprilis  1205.  Si  hanno  memorie  che  a'  suoi 
tempi  i  Nonesi  cantavano  le  Laudi  ai  loro  re. 

a.  1206.  Giovanni^  zaralino  di  nascila,  che  da  diacono 
della  patria  chiesa  fu  elevalo  alla  sede  vescovile  di  Nona, 
e  consacrato  assieme  con  Bartolomeo,  altro  diacono  zaralino 
nominalo  vescovo  di  Scardona,  dall'arcivescovo  Bernardo  di 
Spalato.  Si  trova  memoria  di  lui  in  documento  del  1214  nel 
quale  si  sottoscrisse  qual  testimonio:  Ioannes  Episcopus 
Nonae.  Morì  in  Zara,  e  fu  sepolto  nella  chiesa  di  s.  Maria 
Maggiore. 

a.  1214.  Grubcio.  Mentre  era  arciprete  della  chiesa 
spalalense  fu  eletto  vescovo  di  Nona  dall'arcivescovo  Ber- 
nardo, contro  il  volere  del  capitolo  di  Nona,  che  a  voli 
unanimi  eletto  aveva  Nicolò,  canonico  del  capitolo  di  Spa- 
lato. Vedendo  Bernardo  avversala  dai  canonici  di  Nona  Te- 


—  208  -^ 

lezione  da  sé  fatta,  si  recò  Senz'  indugio  a  Vrana,  e  nella 
chiesa  dei  Templari  consacrò  il  neolello,  operando  così  in 
opposizione  al  costume  universale  e  alla  disciplina  antica 
della  chiesa.  Ciò  diede  motivo  ad  una  lite  lunga  ed  accanita, 
che  terminò  in  favore  di  Grubcio.  il  quale  assunse  iìnalmenle 
r  amministrazione  della  diocesi.  Nel  1220  si  trovava  ia 
Ungheria;  non  consta  però  per  qual  ragione  là  si  fosse  ri- 
dotto assieme  con  Guncello  arcivescovo  di  Spalato.  NulP  altro 
si  sa  di  lui  se  non  che  finì  di  vivere  innanzi  al  1229  nel 
qual  anno  trovasi  il  suo  successore. 

a.  1229.  jB  . .  .  Colla  sola  iniziale,  in  scrittura  del  1229 
del  cenobio  benedettino  dei  vSs.  Cosmo  e  Damiano,  è  indi- 
cato il  successore  di  Grubcio  :  Ego  B  . .  Episcopus  Nonae 
suhscriho:  ed  in  altra  del  1228,  che  contempla  una  dona- 
zione fatta  ai  padri  dominicani  di  s.  Giovanni  Battista  di 
Nona.  Insorta  una  controversia  tra  i  Templari  di  Vrana,  ed 
i  monaci  del  prefato  cenobi)  circa  alcune  possessioni,  esi- 
stenti nel  territorio  di  Rogovo,  furono  sciolti  dalle  parti  con- 
tendenti in  qualità  di  arbitri  T  arcivescovo  di  Spalato  Guncello, 
ed  il  vescovo  di  Nona  B.  i  quali  pronunziarono  in  favore 
dei  monaci.  Sotto  di  lui  furono  ricevuti  in  Nona  i  padri  do- 
menicani, e  data  loro  chiesa  e  convento.  Il  Boman  nella 
sua  storia  della  Dalmazia  1.  VI  p.  201  ha:  Blasen  Episcopus 
Nonae  a.  1229  suhscripsit  contra  Templarios  secitnda  vice. 
Perlustrò  tutta  la  diocesi  nel  1236,  ed  un  anno  dopo,  carico 
di  meriti,  affranto  dalle  fatiche  pastorali,  cessò  di  vivere,  e 
fu  sepolto  nella  chiesa  di  s.  Giovanni  Battista  dei  padri  do- 
menicani. 

a.  1241.  Sansone  //,  oppure  secondo  alcuni  Jansone^ 
il  quale  secondo  V  arcidiacono  Tommaso,  ed  il  catalogo  del- 
l'Acutheis  era  unghero  di  nazione,  e  fu  consacrato  vescovo  di 
Nona  dall'arcivescovo  Guncello.  Tra  le  opere  che  lo  resero 
illustre  s'annovera  quella  di  aver  sovvenuto  con  paterna  ca- 
rità i  profughi  zaratini,  che  dopo  la  distruzione  della  loro 
città,  operata  dai  veneti  nel  1241,  si  ricoverarono  a  Nona. 
Molto  si  prestò  presso  Bela  IV  re  d'Ungheria  per  ottenere 
da  lui  la  reale  conferma  delle  immunità  e  dei  privilegi,  dai 
passati  re  ai  Nonesi  concessi,  e  le  sue  prestazioni  sortirono  un 
buon  effetto.  Nel  giorno  infatti  26  agosto  1244,  sacro  al 
patrono  di  Nona  s.  Anselmo  il  i .;  confermò  cotesti  privilegi. 
Non  consta  quanto  tempo  sedesse  su  questa  cattedra  nò  quando 
finisse    di    vivere.  Da    antiche    scritture    si  ha    che    Rolando 


—  a09  — 

rettore  di  Bribir,  e  Bano  di  tutta  la  Schiavonia,  sulle  istanze 
di  Sansone,  per  ordine  del  re  Bela,  ha  dovuto  cedere  alla 
chiesa  di  Nona  il  castello  di  Chetiglavac  nel  contado  di  Lika. 

a.  1253.  Giovanni  IL  Una  questione  d'interesso  si  agitò 
tra  lui,  il  capitolo,  il  magistrato^  ed  il  Comune  di  Nona,  e 
di  comune  accordo  venne  risoluto,  che  i  proventi  ecclesia- 
stici, i  quali  delle  decime  componevansi,  fossero  in  quattro 
parti  divisi,  una  delle  quali  assegnar  si  dovesse  al  vescovo, 
una  al  capitolo  e  al  clero,  e  le  altre  due  alla  chiesa  e  ai 
poveri  s'avessero  a  distribuire.  Fu  inoltre  stabilito  che  del 
suo  il  vescovo  rista urare  dovesse  il  suo  palazzo,  e  tenerlo 
in  concio  e  colmo,  e  che  dei  luoghi  pii  e  dei  monasteri 
nulla  si  avesse  a  decidere,  senza  prima  consultare  il  capi- 
tolo, il  consiglio  comunale,  ed  il  popolo.  Siffatte  risoluzioni 
furono  in  pubblica  scrittura  del  1253  trascritte,  nella  quale 
oltre  ai  nomi  di  Giovanni  e  del  suo  precessore  Sansone,  sono 
menzionati  l'arcidiacono  l'arciprete  ed  il  primicerio  con  sette 
canonici,  il  conte  Frangipani  dì  Veglia,  ed  il  podestà  di 
Nona,  la  chiesa  cattedrale  intitolata  a  s.  Anselmo,  ed  un 
convento  di  monache  colla  sua  abbadessa.  Ai  tempi  di  Gio- 
vanni viveva  \i^\  capitolo  di  Nona  un  arcidiacono  molto 
dotto  e  sapiente,  cui  Innocenzo  IV  nel  1254  diede  l'incarico 
di  decidere  assieme  all'arcivescovo  di  Zara  Lorenzo  Pe- 
riandro,  ed  al  vescovo  di  Scardona,  su  di  una  controversia, 
insorta  fra  il  vescovo  di  Traù  e  il  clero  ed  il  popolo  di 
Sebenico.  Fu  egli  Giovanni  che  accrebbe  le  rendite  della 
chiesa  e  della  mensa  vescovile  col  persuadere  il  re  Bela  IV 
a  cedere  alcune  terre  incolte  nelle  regioni  della  Licca,  fra 
le  quali  il  castello  Chetilevacio  colla  chiesa  di  s.  Giorgio, 
e  con  alcune  possessioni  ad  essa  vicine. 

a.  1272.  Stefano^  del  quale  non  consta  l'origine.  Si 
sa  però  che  era  prima  Primicerio  del  capitolo  e  che  del 
1272  teneva  la  sede  di  Nona,  poiché  in  due  documenti  di 
simil  data  vi  è  nominato  qual  vescovo  di  questa  città.  Con 
uno  dei  quali  documenti,  esteso  in  data  13  giugno  1272 
dall'arcivescovo  Giovanni  in  concorso  del  suo  capitolo,  fu 
convalidato  e  confermato  al  vescovo  di  Nona  il  possesso 
del  territorio  dellii  Licca  e  del  Banatico,  la  qual  sentenza 
fu  munita  della  sua  approvazione  da  Stefano  re  d'Ungheria 
con  diploma  della  data  istessa.  Intorno  a  questo  tempo  il 
vescovo  Stefano  ottenne  pure  la  regia  conferma  del  castello 
Chetilevacio,  ceduto  dal  bano  di  Slavonia  Rolando  al  ve- 
li 


—  210  — 

scovo  Giovanni  II  dietro  ingiunzione  del  re  Bela  IV,  come 
si  è  detto  di  sopra.  L'anno  poi  1280  assistette  con  Martino 
vescovo  di  Segna  alla  consacrazione  della  chiesa  dei  Dome- 
nicani di  Zara,  celebrata  da  Guidone,  patriarca  di  Grado. 

a.  1281.  Agostino^  di  cui  non  si  ha  che  il  nome  in 
documenti  del  1281. 

a.  1284.  Marcello^  della  nobile  famiglia  zaralina  de 
Candis^  che  da  pievano  della  collegiata  di  s.  Maria  Mag- 
giore (san  Simeone)  di  Zara  fu  esaltato  alla  cattedra  ve- 
scovile di  Nona  nel  1284.  A  lui  Nicolò  IV  in  data  26  set- 
tembre 1288  scrisse  una  lettera,  con  la  quale  veniva  egli 
destinato  assieme  con  Giovanni,  abbate  di  s.  Grisogono  di 
Zara  e  con  Giacomo,  arcidiacono  di  Spalato,  ad  intimare  ai 
vescovi  di  Traù  e  di  Sebenico  di  recarsi  a  Roma  e  di  pre- 
sentarsi a  lui  onde  definire  una  questione  sollevatasi  tra  di 
loro.  È  ancor  menzionato  Marcello  in  altra  scrittura  del  1289, 
versante  sullo  stesso  argomento.  Di  lui  nuir  altro  si  sa,  se 
non  che  del  1290  fu  trasferito  alla  sede  di  Durazzo,  e  che 
fu  Legato  Pontificio  in  Dalmazia,  Croazia  e  Bosnia. 

a.  1291.  Marco^  di  cui  si  ha  certa  memoria  in  do- 
cumento del  convento  dei  domenicani  di  Zara  del  1291  del 
seguente  tenore:  Anno  1291^  Mens.  Octob.  Ind.  F.  Nonae 
temporibus  D,  Andreae  magnifici  Regis  Hungariae^  et  Marci 
Ven,  Episcopi  Nonensis.  Fu  egli  che  nel  1302  conferì  a 
Radoslavo  di  Scardona  il  titolo  e  la  prerogativa  di  Zupano 
di  Nona  in  ricognizione  degl'insigni  suoi  meriti  verso  la 
chiesa.  Era  questo  un  diritto  esercitato  ab-anlico  dai  ve- 
scovi di  Nona,  ed  oltreché  un  titolo  onorifico,  ed  una  ca- 
rica, era  questo  pure  un  vero  beneficio,  di  redditi  e  pro- 
venti fornito,  il  quale  veniva  da  essi  conferito  ai  laici  il- 
lustri, e  della  religione  e  della  chiesa  benemeriti.  Il  Zupano 
nominato  da  Marco,  è  quel  Radoslao  Utusano,  cancelliere 
del  Bano  Paolo,  che  nel  1309  fece  donazione  alla  cattedrale 
di  Nona  di  due  reliquieri  d'argento,  come  sì  dirà  in  ap- 
presso nella  descrizione  del  Santuario  della  Cattedrale. 

a.  1318.  Giovanni  III^  di  cui  trovasi  memoria  in  una 
sola  scrittura  del  18  novembre  1327,  con  la  quale  i  No- 
nesi  si  posero  sotto  la  tutela  e  protezione  dei  Veneti.  L' ar- 
cidiacono Valerio  de  Ponte  pone  nel  1318  gl'inizii  del  suo 
vescovato.  A'  suoi  tempi  Nona,  al  pari  delle  altre  città  della 
Dalmazia,  travagliata  dalla  tirannide  dei  potenti  conti  di  Bribir, 
s*era  messa  sotto  il  protettorato  dei  Veneti  e  degli  Ungari, 


—  211  — 

e  perciò  in  lull'i  pubblici  documenli  e  il  re  d'Ungheria  e 
la  Repubblica  Venela  dovevano  essere  nominati.  Intollerabile 
era  divenuta  a  que'  tempi  la  prepotenza  dei  conti  di  Bribir, 
e  specialmente  della  casa  Subìch.  Era  questa  composta  di 
cinque  fratelli  i  quali  colla  violenza  si  facevano  eleggere 
Rettori  dei  comuni,  onde  ingrandirsi  colle  estorsioni,  e  altrui 
sostanze. 

a.  1328.  Natale^  della  venela  famiglia  patrizia  Zorzi^ 
di  cui  si  ha  notizia  in  un  documento,  esistito  nell'archivio 
dei  padri  domenicani  di  Zara.  Era  egli  dottor  in  sacra  teo- 
logia, e  contemporaneo  al  Doge  Francesco  Dandolo  che  tenne 
il  Dogado  dai  1328  sino  al  1339. 

a.  1330.  Nicolò^  della  nobilissima  famiglia  zaratina  de 
Matafari,  Pare  non  abbia  assunto  il  governo  della  chiesa  di 
Nona,  ovvero  l'abbia  per  poco  governata,  essendo  stato  trasfe- 
rito del  1333  alla  sede  metropolitana  di  Zara.  L'arcidiacono 
Ponte  non  lo  annovera  fra  ì  vescovi  di  Nona.  Mentre  era 
arcivescovo  di  Zara  scrisse  un  opera  col  titolo:  Thesaurus 
pontificalis,  seu  manuale  personarum  ecclesiasticarum  :  la 
quale  fu  stampata  a  Parigi  verso  la  fine  del  secolo  decimo- 
quinto. Da  questo  suo  eruditissimo  lavoro  viensi  a  conoscere 
aver  lui  studiato  il  diritto  canonico  a  Bologna  nel  principio 
del  secolo  decimoquarto  •  e  di  aver  avuto  per  precettore 
Giovanni  d'Andrea,  il  più  celebre  jureconsulto  di  quel  tempo, 
il  quale  teneva  cattedra  in  quella  città,  ove  anche  morì  nel 
1348.  Il  Matafari  dedicò  questo  suo  opuscolo  a  Bertrando 
vescovo  di  Ostia  e  Velletri,  e  lo  assoggettò  alla  sua  revi- 
sione. Eccone  la  dedica:  Reverendissimo  in  Christo  Patri 
et  Domino  sito  prcecipuo  Domino  Bertrando  Dei  gratta 
Hostiensi  et  Velletrensi  Episcopo  Nicolaus  miseratione  di- 
vina Archiepiscopus  Jadrensis  in  Slavonia  cum  recommen- 
datione  sui  et  correctione  praesentis  opuscoli .  Vedi  la  serie 
degli  arcivescovi  di  Zara  nel  voi.  L 

a.  1336.  Ferdinando^  il  cui  nome  trovasi  replicata- 
mente  registrato  in  pergamena  dell'archivio  cenobitico  be- 
nedettino di  s.  Grisogono  ed  in  altra  dell'archivio  domini- 
cano  di  Zara  di  data  24  agosto  1339. 

a.  1342.  Giovanni  /F,  nominato  in  documento  del  12 
ottobre  1342.  Era  anch'esso  della  nobile  famiglia  zaratina 
de'  Matafari^  come  apparisce  da  tre  istrumenti  dell' archivio 
di  s.  Domenico  di  Zara.  Affine  di  assicurare  alla  chiesa  di 
Nona   la  proprietà   del  territorio   Liccano  fece  egli   tradurre 


—  212  — 

in  atti  notarili  i  relativi  documenti  di  possesso,  e  munirli 
della  firma  di  Marco  Memo,  conte  di  Nona.  Del  1344,  tro- 
vandosi assente  dalla  diocesi,  fu  rappresentato  dall'  arciprete 
Stanzio  nel  concilio  provinciale  di  Spalato,  convocato  dal- 
l'arcivescovo  Domenico  Luccari 

a.  1353  Demetrio^  della  summentovata  famiglia  de 
Matafari  di  Zara.  Fu  prima  pievano  di  s.  Matteo  in  patria, 
poscia  arcidiacono  capitolare^  indi  promosso  nel  1348  al  ve- 
scovato di  Pedena  nelf  Istria,  e  dippoi  nel  1353  trasferito 
alla  sede  di  Nona.  Sotto  di  lui  nel  1357  la  città  di  Nona 
stretta  d'assedio,  consunta  dalla  fame,  si  diede  al  re  d'Un- 
gheria Lodovico,  seguendo  V  esempio  delle  altre  città  ma- 
rittime della  Dalmazia.  Nel  1371  egli  accolse  il  re  Lodovico, 
che  per  alcuni  giorni  vi  dimorò,  conio  lo  dimostrano  due 
sue  lettere,  datate  da  Nona,  l'una  del  dì  16  aprile,  e  T  altra 
del  23  dello  stesso  mese.  Nel  1351  era  egli  Vicario  dell'  arci- 
vescovo di  Zara  Nicolò  Matafari,  come  rilevasi  dal  se- 
guente istrumento  menzionato  nell'  inventario  dei  beni  e  carte 
di  Grisogono  de  Civalelli  del  1384:  Item  unum  instrumentum 
scriptum  manu  Coradi  notarli  1851^  indictione  V  die  IO 
Marta,  qualiter  Dominus  Demetrius  Episcopus  Petensis^ 
tanquam  Vicarius  Domini  Archiepiscopi  Jadrensis^  fecit 
Jinem  D,  Grisogono  de  Civalellis  de  administratione  Fab- 
bricae  s.  Anastasiae,  Di  lui  si  trova  memoria  in  un  testa- 
mento del  1359,  e  nei  regii  diplomi  di  Lodovico  degli  anni 
1360,  1367,  e  1373 

a.  1373.  Lodovico^  dell' ìstessa  famiglia  Ae'  Matafari 
di  Zara,  e  nipote  del  predecessore  Demetrio.  Da  canonico 
della  patria  sua  chiesa  fu  eletto  vescovo  di  Nona,  e  come 
tale  fu  spedito  dal  re  Lodovico  ambasciatore  al  re  de'  Fran- 
chi. Morì  a  Buda  nel  1377. 

a.  1377.  Demetrio  de  Matafari^  pronipote  di  Lodovico. 
Da  arciprete  del  capitolo  di  Zara  fu  eletto  vescovo  di  Nona 
nel  1377.  In  un  diploma  dell'anno  1384  tra  gli  altri  ve- 
scovi dell'Ungheria  e  della  Dalmazia  evvi  Demetrius  No- 
nensis.  Accolse  egli  colle  dovute  onorificenze  nel  1387  la 
regina  Maria,  che  dal  castello  di  Novegradi,  ov'era  tenuta 
prigione  dai  ribelli  suoi  sudditi,  era  slata  per  opera  dei  ve- 
neti liberata.  Dieci  giorni  stette  essa  a  Nona,  durante  i  quali 
ricevette  ambascierie  da  quasi  tulle  le  città  della  Dalmazia 
spedite  a  congratularsi  della  sua  liberazione,  e  per  chiedere 
grazie    e  favori.    Poco  dopo  finì    di  vivere    Demetrio,    dap- 


poiché  troviamo  il  suo  successore  nell'anno  1388.  Tra  le 
molle  cose  degne  della  sua  dottrina  scrisse  un  libro  inlilo- 
làio:  Della  vera  Sapienza  dei  Cristiani^  che  fu  stampato  a 
Venezia  nel  1502.  Col  suo  testamento  19  Giugno  1387 
lasciò  eredi  i  suoi  nipoti  figli  di  Vulcino  de  Malafaris  suo 
fratello. 

a.  1388.  Giovanni  F,  zaratino  di  nascila.  Trovasi  me- 
moria di  lui  in  documento  del  1388  assieme  ad  altri  ve- 
scovi deir  Ungheria  e  della  Dalmazia.  Fu  egli  destinalo  da* 
zaratini  nel  1393  a  trattar  di  pace  tra  il  Bano  Giovanni 
conte  di  Segna,  e  la  communità  jadrense,  tocche  ci  attesta 
Paolo  de' Paoli  nella  sua  cronaca  di  Zara,  ove  lasciò  scritto: 
Eodem  anno  (1393)  die  mercurii  12  novembris  applicuerunt 
Jadram  DD,  Nicolaus  Episcopus  Corhaviensis^  et  Joan- 
nes  Episcopus  Nonensis  prò  tractanda  pace  et  concordia 
inter  D,  B,  Joannem  C.  Segniae  et  Communitatem  nostrani. 
Egli  è  puranco  nominato  in  un  diploma  del  re  Sigismondo 
dell'anno  1397:  Joannes  Episcopus  Nonensis. 

Sul  principio  del  secolo  quintodecìmo  Bonifacio  IX  con- 
cedette ai  padri  francescani  la  facoltà  di  fabbricarsi  un  con- 
vento nella  città  di  Nona,  e  di  stabilirvisi,  allo  scopo  di 
assistere  spiritualmente  le  monache  del  loro  ordine,  che  al- 
lora si  distinguevano  presso  i  Nonesi  per  santità  ed  auste- 
rità di  vita.  Il  Vadingo  così  ne  parla  nel  Tomo  V  de'  suoi 
annali  :  Invenio  anno  1402  mentionem  monasterii  Claris-- 
sarum  s,  Mariae  Nonen.  in  uno  atque  altero  Pontificis 
diplomate  concedentis  facidtatem  Minoritis,  a  quihus  Sa^ 
cramenta  percip)ere  possente  domum  conventualem  etc,  Sa- 
crae  Religionis  etc.  Ritiene  il  Parlato,  che  questo  asilo  di 
vergini  nonesi  Clarisse  sia  quel  desso  di  cui  è  fatta  men- 
zione in  scrittura  del  1253,  accennata  dissopra  in  Giovanni 
Il  vescovo  di  Nona.  Furono  in  origine  benedettine,  ma  in 
seguito  abbracciarono  T  istituto  di  s.  Chiara,  e  prova  ne  sia, 
che  trasferitesi  in  Zara  nel  1502,  seguirono  ivi  sempre  co- 
testa  regola  monastica. 

Dopo  la  morte  di  Giovanni,  la  chiesa  di  Nona  rimase 
per  ben  dieci  anni  senza  pastore,  e  frattanto  venne  concessa 
in  commenda  all'arcivescovo  di  Napoli.  Durante  questo  in- 
terregno^ e  precisamente  nel  1409,  Nona  con  Zara  e  con 
le  altre  città  della  Liburnia,  cadde  in  potere  della  Repubblica 
Veneta,  che  ne  fece  acquisto  da  Ladislao  re  di  Napoli  per 
un'ingente  somma.  L'anno   istesso  Alessandro  V  diede   per 


—  214  — 

abbate  al  convento  de'  Benedettini  di  s.  Ambrogio  certo  frate 
Alfonso  de  Vale,  e  l'anno  successivo  1410  agli  11  d'agosto 
Giovanni  XXIII  tolse  la  città  di  Nona  al  vescovo  commendatario, 
e  di  un  proprio  vescovo  la  provvide,  come  risulta  dagli  atti 
concistoriali  di  quell'epoca:  1410  11  augusti  revocavit  com- 
mendam  de  Ecclesia  Nonensi^  factam  D,  Joanni  Archie^ 
piscopo  Neapolitano, 

a.  1410.  Nicolò  della  famiglia  veneta  patrizia  Trevisan^ 
dottore  in  s.  Teologia,  ed  arcivescovo  di  Tebe,  creato  nel 
1410  vescovo  di  Nona  dal  sommo  pontefice  Giovanni  XXIII. 
Esiste  il  decreto  del  Conte  di  Nona,  col  quale  gli  venne 
confermato  il  diritto  di  percepire  la  decima  dalla  villa  di 
Kernizza.  Dopo  di  aver  governato  per  quattordici  anni  la 
sua  chiesa  con  molto  sapienza  e  prudenza,  ne  depose  le  re- 
dini, desiderando  di  darsi  tutto  agli  studi,  di  cui  era  molto 
amico.  Passò  il  resto  di  sua  vita  parte  a  Venezia,  e  parte 
a  Padova,  dove  morì  nel  1451.  Fu  sepolto  nella  chiesa  di 
s.  Antonio,  ove  sopra  marmorea  lapide  si  vede  scolpita  la 
sua  effigie  e  la  seguente  iscrizione: 

NICOLAVS     .     TRIVISANVS     . 

HIC    .    TVMVLATVR    .    VENERANDVM    .    CORPVS 

REVERENDISSIMI    .    DOMINI    .    NICOLAI    .    TRIVISANI 

OLIM  .  EPISCOPI  .  NONENSIS  .  ARTIVM  .  ET  .  SACRAE  .  THEOLOGIAE 

DOCTORIS    .    EXIMII    .    QVI    .    OBIIT 

ANNO  .  DOMINI  .  MCCCCLI 

MENSIS    .    SEPTEMBRIS    .    DIE    SEPTIMO 

a.  1424.  Lodovico,  di  cui  negli  alti  concistoriali  si  legge: 
Anno  1424  terfio  idus  octohris.  Provisum  est  Ecclesiae  No- 
nensi  in  provincia  Jadren.  (Spalatensi),  vacanti  per  libe- 
ram  renunciationem  per  D.  Nicolaum  in  manihus  Domini 
nostri  Papae  (Joannis  XXIII)  factam^  de  persona  Fr,  Lu- 
dovici Prioris  s.  Marice  de  Venetiis:  dove  quella  parola 
Fr.  sarebbe  un  indizio  ch'egli  a  qualche  religiosa  famiglia 
avesse  appartenuto,  e  probabilmente  alla  domenicana,  usan- 
dosi presso  di  quella  il  titolo  e  la  carica  di  priore.  Sedette 
sulla  cattedra  nonese  fino  al  1440,  ma  nulla  ci  consta  di 
sua  amministrazione. 

a.  1440.  Natale  IL  di  cui  la  patria  e  la  famiglia  sono 
ignote.    Era   dell'  ordine    dei    Carmelitani.    Appena   eh'  ebbe 


—  215  — 

preso  possesso  della  diocesi,  prima  sua  cura  fu  quella  di 
redigere  un'esatto  catalogo  delle  ville,  dei  castelli,  e  dei 
luoghi  tulli,  alla  sua  diocesi  appartenenti,  e  così  pure  un 
elenco  di  tuli'  i  beni  ecclesiastici  e  di  tutt'  i  proventi  della 
chiesa  e  della  mensa,  e  ciò  affinchè  ne  rimanesse  inalterato 
il  patrimonio.  Rivendicò  il  castello  ed  i  beni  di  Chetilevacio, 
che  la  chiesa  di  Nona  aveva  ricevuto  in  dono  dal  re  Bela 
IV;  e  si  adoperò  con  molta  premura  per  ricuperare  i  per- 
duti beni  del  monastero  dei  benedettini  di  s.  Ambrogio.  Sotto 
di  lui  Paolo  Schornich,  uomo  pio  ed  opulento  lasciò  in  te- 
stamento tutl'i  suoi  averi  ai  luoghi  pii,  una  parte,  cioè,  al 
convento  dei  padri  benedettini  di  s.  Ambrogio,  un'altra  al 
capitolo  cattedrale,  la  terza  alle  monache  di  s.  Maria,  la 
quarta  al  convento  dei  padri  dominicani,  e  volle  che  la  quinta 
fosse  devoluta  al  compimento  dell'  ospitale  di  s.  Lazzaro,  del 
quale  eransi  da  poco  tempo  gettate  le  fondamenta  vicino  le 
porte  della  citlà.  Dispose  inoltre  che  il  vescovo  Natale  ne 
fosse  l'esecutore  teslamenlario,  e  che  l'arciprete  del  capitolo 
fosse  preposto  alla  direzione  temporale  e  spirituale  di  quel 
pio  istituto.  Nel  1455  Natale  allogò  le  decime  ed  i  proventi 
tutti  della  mensa  a  certo  Antonio  Ostoich,  cittadino  di  Zara 
e  commerciante,  per  l'annuo  canone  di  lire  500,  e  pel  pe- 
riodo d'  anni  cinque.  Da  Callisto  111  fu  nel  1459  destinato 
giudice  delegato  «all' ammissibilità  della  scomunica  scagliata 
contro  Pasquale  Gradenigo,  rettore  di  Ragusa,  dal  vicario 
arcivescovile;  ma  con  superiore  licenza,  sostituì  in  luogo 
suo  altri  soggetti,  avendo  dovuto  recarsi  in  quel  tempo  a 
Roma  per  accompagnare,  dietro  il  desiderio  del  re  di  Bosnia 
Stefano,  alcuni  signori  Bosnesi,  infetti  dell'eresia  de'  Pala- 
reni,  e  presentarli  al  sommo  Pontefice  per  essere  o  conver- 
titi 0  puniti.  Ritornalo  da  Roma,  ebbe  assieme  agli  altri 
vescovi  provinciali  l'incarico  speciale  dall'  arcivescovo  di 
Spalato  Lorenzo  Zane  di  ammonire  severamente  in  nome 
del  Pontefice  frate  Alessandro  dell'ordine  francescano,  che 
aveva  invaso  la  sede  di  Scardona,  e  d'intimargli  di  tosto 
ritirarsi,  e  lasciarla  libera  all'  eletto  legittimo  vescovo  Jacopo 
Bragadino,  sotto  pena  di  scomunica  in  caso  di  disobbedienza. 
La  lettera  portava  la  data  28  Gennaio  1461.  Dopo  due  anni 
Natale  passò  a  miglior  vita. 

a.  1463.  Jacopo  /,  della  patrizia  famiglia  veneta  Bra- 
gadin.  Dottore  in  ambe  le  leggi,  e  consacrato  sacerdote, 
recossi  a  Roma,  ove  diede  saggi  non  comuni  del  suo  inge- 


—  216  — 

gno  e  della  sua  erudizione,  per  cui  il  Pontefice  Pio  II  lo 
volle  suo  Prelato  domestico,  indi  nel  1460  creollo  vescovo 
di  Scardona.  Tre  anni  soltanto  tenne  quella  sede,  poiché  del 
1463  dallo  stesso  Sommo  Pontefice  venne  a  questa  di  Nona 
trasferito.  Dispiacque  al  re  Mattia  la  nomina  del  Papa  ve- 
dendosi in  tal  modo  privato  di  un  diritto,  che  ai  re  d'Un- 
gheria credea  appartenere,  ahbenchè  a  quel  tempo  la  città 
di  Nona  ai  Veneti  fosse  soggetta.  Ma  per  non  alienarsi  l'a- 
nimo del  Papa,  del  cui  ajuto  avea  bisogno  per  sostenere  la 
guerra  coli' Ottomano,  approvò  la  nomina,  e  gli  rilasciò  an- 
che il  relativo  diploma.  D'allora  in  poi  la  s.  Sede  continuò 
a  nominare  i  vescovi  di  Nona,  col  consenso  della  repubblica, 
e  senz'ostacolo  da  parte  dei  re  ungheresi.  Ristaurò  egli  ed 
ingrandì  la  casa  sita  in  Zara  vicino  al  castello,  che  serviva 
ad  uso  dei  vescovi  di  Nona,  e  che  poi  fu  livellata  alla  fa- 
miglia Ruste.  Ebbe  Jacopo  gravi  e  lunghe  questioni  coi  no- 
bili di  Zara  circa  la  contribuzione  della  decima  dei  molli  e 
grandi  possessi,  che  godevano  nel  nonese  territorio,  que- 
stioni che  terminarono  in  di  lui  favore.  L"  anello  pontificale, 
esistente  nel  Santuario  di  Nona,  pare  fosse  un  dono  fattogli 
da  Pio  II,  mentre  egli  Irovavasi  in  Roma  in  qualità  di  suo 
Prelato  domestico.  (Vedi  il  Santuario  delle  Reliquie).  Dopo 
di  aver  governata  con  molta  sapienza  la  diocesi  per  quasi 
undici  anni,  finì  di  vivere  a  Nona  nel  1474,  e  fu  sepolto 
nella  cattedrale  dinanzi  l'aitar  maggiore.  Non  esiste  più  la 
lapide,  che  copriva  il  suo  sepolcro,  sopra  la  quale  oravi 
scolpita  la  sua  effigie,  di  abiti  sacri  rivestita,  e  la  seguente 
iscrizione: 

me    JACET    JACOBVS    BRAGADENVS    PATRICIVS    VENETVS 
EPISCOPVS    NONENSIS. 

a.  1475.  Giorgio^  dell'antichissima  e  nobilissima  fami- 
glia Difnico  di  Sebenico.  di  amplissimi  privilegi  decorata, 
dalia  quale  parecchi  uomini  sortirono,  civili,  militari  ed  ec- 
clesiastici per  virtù  e  gesta  preclarissimi.  Fu  Giorgio  fra- 
tello a  Simeone,  che  per  l'egregia  sua  opera,  prestata  nelle 
guerre  turchesche,  fu  da  Innocenzo  Vili  donato  del  titolo 
di  Cavaliere  aureato,  e  per  mani  dello  stesso  pontefice  delle 
insegne  dell'ordine  condecorato  Prese  Giorgio  possesso  del- 
la sua  diocesi  intorno  al  1475,  e  la  tenne  per  anni  55, 
governandola  con    somma    sapienza  ed    esemplarissima    vita. 


—  217  — 

Per  I* inclemenza  dell'aria,  che  da  mollo  tempo  rendeva  in- 
salubre la  dimora  di  Nona,  ottenne  da  Papa  Innocenzo  Vili 
la  facoltà  di  abitare  a  Zara  nel  palazzo,  che  i  suoi  prede- 
cessori air  uopo  si  fabbricarono  ;  ed  ebbe  inoltre  la  potestà 
di  pertrattare  gli  affari  della  diocesi,  di  consacrare  gli  olii, 
e  di  conferire  gii  ordini  sacri  solennemente  e  pontificalmente, 
senza  che  potesse  esserne  giammai  impedito  dall'  ordinario 
di  Zara.  Una  lettera  gli  scrisse  nel  1494  il  Papa  Alessan- 
dro VI,  con  cui  gì' ingiunse  di  reprimere  l'audacia  di  alcuni 
nobili,  ed  ecclesiastici  di  Nona,  ch'erano  infesti  ai  padri 
francescani  di  Zara. 

Non  aveva  egli  però  fissato  in  Zara  il  suo  domicilio 
in  modo  da  non  visitare  di  tratto  in  tratto  il  suo  gregge, 
specialmente  se  qualche  urgente  bisogno  reclamata  ne  avesse 
la  sua  presenza.  L'anno  1499,  avendo  Bajazete  intimala 
guerra  alla  Repubblico,  e  versando  la  città  di  Nona  in  gran 
pericolo,  dappoiché  gli  Ottomani  facevano  scorrerie  nell'agro 
jadrense  e  nonese,  e  metteano  tutto  a  ruba,  a  ferro  e  a 
sacco,  v'accorse  tosto  FoUimo  Pastore,  non  curando  il  pe- 
ricolo, a  cui  metteva  la  sua  vita  e  la  sua  salute^  per  as- 
sistere il  suo  popolo  coir  opera  e  col  consiglio.  Prima  e 
precipua  sua  cura  fu  quella  anzitutto  di  mettere  in  salvo 
dalle  ingiurie  e  dai  sacrilegii  le  vergini  monache.  Affidandole 
dunque  alla  custodia  di  nobili  uomini  e  di  scelta  milizia,  le 
spedì  a  Zara,  città  ben  difesa,  e  munita  di  mura  e  propu- 
gnacoli, e  le  fece  consegnare  alla  carità  del  suo  arcivescovo, 
il  quale  non  mancò  di  provvederle  di  conveniente  abitazione. 
Elleno  poi  nel  dipartirsi  da  Nona  raccomandarono  al  vescovo 
il  corpo  di  s.  Marcella,  che  perciò  fu  trasportato  nella  cat- 
tedrale, e  deposto  in  luogo  sicuro,  a  ciò  appositamente  ap- 
parecchiato. Due  anni  dopo  facendosi  maggiore  il  pericolo 
di  una  turchesca  irruzione,  ed  avendo  la  Repubblica  ordinato 
di  trasferire  a  Zara  quel  sanlo  corpo,  assieme  con  quelli  degli 
altri  protettori  s.  Anselmo  e  s.  Ambrogio,  tale  e  tanta  fu 
la  costernazione  da  che  furono  colpiti  i  Nonesi  da  cotesto 
annunzio,  che  fu  costretto  il  Pretore  a  sospenderne  la  tras- 
ferta. Né  vana,  infatti,  fu  la  loro  fiducia  nei  santi  patroni, 
giacché  avendo  i  Turchi  stretta  fortemente  d'assedio  la  città, 
il  corpo  di  s.  Marcella  portato  in  processione  per  le  vie, 
ed  ove  maggiore  n'era  il  pericolo,  presentalo  ai  barbari, 
che  già  ne  scalavano  le  mura,  un  tal  coraggio  infuse  nel- 
l'animo dei  difensori,    ed  un  tal  terrore  incusse  negli  asse- 


—  318  — 

dianti,  che  quelli  riuscirono  fortissimi  nella  pugna,  e  questi 
battuti  diedero  indietro  e  dall'empia  impresa  desìstettero. 
Liberata  così  la  città  da  tanto  formidabile  assedio,  rese  gra- 
zie a  Dio  e  ai  santi  per  la  vittoria  ottenuta,  e  la  tregua 
conchiusa  col  nemico  apportò  a  Nona  e  a  tutta  la  Dalmazia 
la  desiderata  tranquillità. 

Liberatosi  da  queste  cure  e  pericoli,  Giorgio  sostenne 
varie  questioni  molestissime  coi  nonesi  e  coi  Zaratini  per 
Taffar  delle  decime.  Vedendo  che  venivano  prolungate  ol- 
Iremodo,  ottenne  dal  Senato  che  fossero  decise  col  mezzo 
di  arbitri,  e  così  pacificamente  composte.  Impedito  dagli  af- 
fari della  sua  chiesa,  e  da  altre  gravi  occupazioni  non  potè 
esser  presente  al  Concilio  Lateranense.  Mentre  dimorava  in 
Zara,  aveva  per  suo  vicario  l'arciprete  di  Nona  Marcantonio 
Raimondo,  Prolonotario  apostolico,  zaralino  di  nascita,  uomo 
fornito  di  scienza  e  probità,  il  quale  con  somma  fedeltà  ed 
integrità  disimpegnava  il  delicato  incarico.  Pervenuto  ad  un 
estrema  vecchiaja,  avendo  chiesto  al  Papa  Adriano  VI  il 
permesso  di  rinunziare  al  vescovato,  il  Papa  per  addimostrargli 
la  sua  piena  soddisfazione  ed  anche  la  sua  benevolenza  gli 
concesse  più  assai  di  quanto  desiderava,  imperciocché  gli 
destinò  il  di  lui  nipote  Jacopo,  ecclesiastico  per  dottrina  e 
virtìi  cospicuo ,  in  coadjutore  con  diritto  di  successione, 
con  ciò  pure  che  ritenendo  il  titolo  di  vescovo  di  Nona,  egli 
fosse  da  qualsiasi  cura  ed  obbligo  pastorale  disciolto.  Con- 
fortato in  tal  modo  dal  Pontefice,  visse  ancora  sette  anni, 
durante  i  quali  ristaurò  col  proprio  la  cadente  cattedrale, 
come  lo  appalesa  lo  stemma  gentilizio  sovrapposto  alla  porta 
laterale,  scolpito  frammezzo  alle  iniziali  G  e  D  e  l'anno 
MDXXVUI.  Fece  pure  alcune  riparazioni  alla  sacristia,  e  la 
provvide  di  sacri  arredi  ed  utensili ,  del  che  ne  fanno 
prova  le  arme  sue,  dovunque  dipinte.  Morì  agli  8  d'agosto 
del  1530,  e  fu  tumulato  in  un  sepolcro,  che  essendo  ancor 
vivente,  s'era  preparalo  nella  cattedrale.  Nei  rammoderna- 
menti  in  essa  praticati,  fu  levata  la  lapide  sepolcrale  dal  sito 
ov' esisteva,  e  collocata  nel  muro  laterale  della  cappella  della 
B.  V.  di  Leporine,  a  sinistra  della  porta  d' ingresso.  In  co- 
desta lapide  è  scolpita  in  basso  rilievo  l'effigie  del  beneme- 
rito Prelato  d'abiti  pontificali  vestito  colla  seguente  iscri- 
zione : 


—  219  — 

HIC   JACET   AENONIVS    PRAESVL 

SED    DIPHNICA    PROLES 

SIT    SVA    SORS 

INTER  REGIA  CELSA  PRECOR 

OBIIT     Vili     AVGVSTI    ANNO    MDXXX 

a.  1530.  Jacopo  11^  nipote  del  predecessore  Giorgio 
Difnico.  Come  abbiamo  dissopra  accennalo,  fu  dato  per  coa- 
djulore  e  successore  allo  zio  nel  1523,  quantunque  non 
avesse  ancora  F  età  canonica  ;  e  perciò  fu  diferita  la  epi- 
scopale sua  consacrazione,  che  per  ponlificio  indulto  rice- 
vette l'anno  ventesimosettimo  della  sua  età;  e  frattanto  am- 
ministrò la  diocesi,  ed  adempì  a  tutt'i  doveri  di  un  vescovo, 
air  infuori  di  quelli,  che  il  carattere  vescovile  richiedono. 
Perdette  nel  1530  lo  zio,  da  cui  aveva  appreso  ogni  sorta 
di  virtìi,  e  cui  cercò  d'imitare,  e  seguirne  le  vestigia.  Era 
egli  d' indole  eccellente,  di  belF  ingegno,  affabile,  benigno 
con  tutti,  e  nelle  scienze  divine  ed  umane  istrutto,  e  già 
sotto  la  direzione  dello  zio  aveva  dato  saggi  non  esigui  di 
pastorale  prudenza,  di  industria  e  di  probità.  Prima  della 
morte  di  Giorgio  la  diocesi  aveva  perduto  il  paese  della 
Lica,  che  fu  nel  1501  soggiogato  dai  Turchi,  e  dal  quale 
una  vistosa  porzione  della  decima  percepiva.  Egli  tenne  per 
suo  vicario  il  prefato  Marcantonio  Raimondo  arciprete  del 
capitolo  cattedrale,  che  spesse  volte,  vivente  Giorgio,  visitò 
la  diocesi,  e  ne  fece  dettagliata  descrizione.  Benché  foss'egli 
acerrimo  difensore  dei  propri  diritti,  ciò  nulla  ostante,  cercò 
di  comporre  le  liti  con  modi  pacifici;  ed  una  prova  ne  sìa, 
che  avendogli  i  cittadini  di  Zara  promossa  una  questione 
circa  le  decime  del  villagj^io  di  Chernizza,  situato  nel  ja- 
drense  territorio,  voile  comporla  a  mezzo  di  arbitri,  anziché 
nelle  vie  forensi.  L'atto  relativo  fu  stipulato  in  Zara  nei 
suo  palazzo  di  abitazione,  sito  nella  via  s.  Demetrio,  il  quale 
istrumento  volle  fosse  approvato  dalla  s.  Sede.  Nella  guerra 
della  Repubblica  coli' Ottomano,  scoppiata  nel  1537,  perdette 
il  villaggio  di  Nadin,  che  fu  soggiogato  dai  Turchi.  Della 
ecclesiastica  disciplina  acerrimo  propugnatore,  pose  ogni 
studio  e  premura,  affinché  il  suo  clero  fosse  bene  istituito, 
e  d*ogni  virtù  ornato,  e  coi  vincoli  della  carità  alla  sua 
persona   congiunto.  Volle   pure   fosse   conformato   un'esatto 


—  220  - 

inventario  di  tutte  le  preziose  suppellettili,  utensili  e  vasi 
sacri  delia  cattedrale,  acciochè  nulhi  andasse  distrutto  o  per 
incuria  o  per  fraude.  Negli  ultimi  anni  di  sua  vita,  cioè  nel 
1555  e  1556,  affine  di  assicurare  le  rendile  della  chiesa, 
contro  coloro  che  si  abusavano  della  sua  bontà  e  pazienza, 
ottenne  alcune  ducali  che  ne  guaranlivano  la  corrisponsione. 
Questi  ed  altri  provvedimenti  salutari  avendo  egli  lasciati 
alla  sua  chiesa,  morì  Tanno  1556,  e  fu  sepolto  come  si  ri- 
tiene, nel  sepolcro  stesso  dello  zio. 

a.  1557.  Marco,  della  nobile  famiglia  veneta  Loredan^ 
il  quale  prima  di  dedicarsi  allo  stato  ecclesiastico,  dopo  di 
aver  sostenute  in  patria  varie  e  cospicue  cariche  ed  ufficii, 
resesi  degno  di  essere  ascritto  all' ordine  senatorio.  Versato 
nelle  umane  e  divine  discipline,  era  pur  fornito  di  esimia 
pietà  e  religione ,  per  cui  il  Ponte  lo  appella  uomo  di 
non  volgare  erudizione  e  pietà  :  virum  non  vulgaris  erudì- 
tionis  et  pietatis:  ciocché  viene  pure  raifermato  dal  suo  li- 
bro de  vera  felicitate  dato  alla  luce  in  Venezia,  il  quale 
di  rara  dottrina  e  di  gravissime  sentenze  è  ripieno.  Fu  egli 
Prelato  Domestico  del  Papa  ;  fu  Pievano  principale  della 
Collegiata  di  s.  Simeone  ed  arcidiacono  del  capitolo  di  Zara 
(eletto  il  3  settembre  1556).  Prese  possesso  di  sua  diocesi 
nel  1557,  e  tenendo  sua  dimora  dietro  indulto  pontificio  in 
Zara,  fu  dall'arcivescovo  nostro  Muzio  Gallino  prescelto  a 
Vicario  Generale  e  Luogotenente  dell' Arcidiocesi  finch'egli 
si  trovò  presente  al  Tridentino  Concilio,  carica  che  con- 
tinuò a  coprire  anche  sotto  l'arcivescovo  Andrea  Minucci, 
successore  del  Callino,  dopo  la  cui  morte  fu  da  Gregorio  XIII 
con  Bolla  del  19  Novembre  1573  creato  amministratore  del- 
l' arcidiocesi  di  Zara,  con  assegnamento  della  metà  degli 
annessivi  proventi,  ritenuto  però  sempre  il  vescovato  di  Nona. 
E  l'una  e  l'altra  diocesi  ìrovernò  con  somma  vigilanza,  ema- 
nando sapientissimi  decreti  tendenti  a  sostenere  l' ecclesia- 
stica disciplina,  ed  accrescere  lo  splendore  del  divin  culto. 
Nel  1570,  in  cui  arse  la  guerra  di  Cipro,  che  da  Solimano 
re  dei  Turchi  inlimata  venne  alla  Repubblica,  la  città  di 
Nona  andò  perduta.  Ruinate  nella  massima  parte  per  vetustà 
le  sue  mura,  e  mancando  degli  altri  mezzi  di  difesa,  ve- 
dendo di  non  poter  resistere.^  e  di  sostenere  un'assedio,  fu 
dai  cittadini  abbandonata,  indi  incendiata,  venne  occupata 
dall'oste  nemica.  Prima  però  di  allontanarsi,  trasportarono  i 
nonesi  a  Zara  le  reliquie  dei  santi   patroni,  e  tutto  ciò  che. 


—  221   — 

di  prezioso  Irovavasì  nelle  chiese.  Tale  fu  il  dolore  che 
questa  sciagura  arrecò  airollimo  Pastore^  che  la  repubblica 
dietro  le  ripelule  ed  urgentissime  sue  istanze,  raccolte  le  sue 
forze,  corse  a  cacciare  gT  infedeli  dalla  città  e  dal  territorio. 
Ciò  avvenne  nel  1573.  Dopo  di  che  ritornarono  i  cittadini 
a  poco  a  poco  alla  città,  ove  si  diedero  a  rialzare  le  sdru- 
scite  loro  abitazioni,  e  crebbero  in  breve  sino  al  numero 
di  800.  Fatta  la  pace,  fu  sua  cura  di  redimere  dalle  mani 
dei  Turchi  le  reliquie,  le  suppellettili  ed  i  sacri  arredi,  ch'essi 
avevano  asportato  dalle  chiese  d'ambe  le  diocesi;  cose  tutte 
che  tenne  presso  di  sé  in  custodia  finché  visse,  e  che  or- 
dinò fossero  dopo  sua  morte  consegnate  in  parte  al  ca- 
pitolo di  Zara,  e  in  parte  al  proprio  successore  nel  no- 
nense  episcopato.  Accrebb'  egli  le  rendite  del  suo  capitolo 
coir  incorporazione  del  beneficio  semplice,  non  ispregevole, 
della  B.  V.  di  Leporine,  di  patronato  vescovile.  Rislaurò  e 
adornò  il  battistero  della  cattedrale,  come  il  dimostra  lo 
stemma  di  famiglia  infissovi  dissopra.  Oltre  ad  altri  preziosi 
oggetti,  lasciò  alla  sua  chiesa  in  legato  una  pace  d'oro  pu- 
rissimo. Così  questo  prestantissimo  Presule  tanto  benemerito 
delle  chiese  di  Nona  e  di  Zara,  passò  all'altra  vita  nel  1577 
ai  25  di  Giugno. 

a,  1577.  Pietro^  della  nobile,  antica  famiglia  zaratina, 
già  estinta,  de  CedolinL  Chiarissimo  per  ingegno,  dottrina  e 
sapienza,  da  canonico  del  nostro  capitolo  venne  da  Gregorio 
XIII  addì  30  di  Luglio  1577  innalzato  alla  cattedra  vesco- 
vile di  Nona.  Dopo  due  anni  rinunziò  per  giusti  motivi  al 
canonicato  jadrense.  Tenne  la  sede  di  Nona  per  quattro  anni, 
dopo  i  quali  fu  dallo  stesso  Pontefice  trasferito  a  quella  di 
Lesina  ai  20  febbraio  1581,  ove  pervenuto  ad  un'estrema 
vecchiezza,  carico  di  meriti  morì  nel  1634  dopo  cinquantotto 
anni  di  operoso  e  memorabile  vescovato.  Si  mostra  ancora 
nel  palazzo  vescovile  di  quella  città  la  camera  da  lui  pre- 
diletta, e  che  ancor  oggi  stanza  Cedolini  s'appella.  Per  le 
sue  gesta  vedi  la  serie  degli  ecclesiastici  illustri  di  Zara, 
voi.  I  della  presente  opera,    pag.  208. 

a.  1581.  Girolamo  Mazzarello^  cittadino  di  Zara,  che 
da  diacono  e  canonico  del  capitolo  nostro  e  Protonotario 
Apostolico  fu  da  Gregorio  XIII  ai  10  luglio  del  1581  pro- 
mosso alla  chiesa  vescovile  di  Nona,  che  ixovernò  per  selle 
anni  con  grande  sapienza.  Morì  del  1588.  Vedi  la  serie  degli 
illustri  ecclesiastici  zaratini  al  voi.  I,  p.  207. 


—  222  — 

a.  1588.  Angelo  Gradii  dei  padri  conventuali  di  s. 
Francesco.,  veneto  d'origine,  maestro  in  s.  Teologia,  e  pub- 
blico concionatore,  da  Sisto  V  addì  18  ottobre  1588  fu 
olla  chiesa  di  Nona  preposto,  che  dopo  averla  governata  circa 
quattro  anni  con  saggezza  e  prudenza,  vi  rinunziò,  prefe- 
rendo di  servire  a  Dio  con  una  vita  più  sicura  e  tranquilla. 
Morì  in  Zara,  e  fu  sepolto  in  s.  Francesco. 

a.  1592.  Orazio  Bellotti^  dell'ordine  dei  minori  con- 
ventuali, veneto  d'origine,  dottore  in  s.  Teologia,  creato  da 
Clemente  Vili  vescovo  di  Nona  agli  8  d'aprile  del  1592. 
Tenea  dimora  in  Zara  nel  convento  dei  padri  francescani,  e 
lì  trattava  gli  affari  della  diocesi,  e  conferiva  gli  ordini  sa- 
cri. A  Nona  teneva  il  suo  vicario  generale,  e  questi  era  il 
P.  Vincenzo  Moroso  dominicano,  a  cui,  sendo  grave  l' inca- 
rico devoluto,  conferì  il  beneficio  urbano  di  s.  Spirito,  cogli 
annessivi  proventi.  Fu  primo  suo  pensiero  quello  dell'istru- 
zione dei  fanciulli  e  degli  adulti  nella  dottrina  cristiana  ed 
a  tal  fine  dispose  che  tanto  in  città  quanto  in  campagna 
fossero  istituite  e  ben  frequentate  scuole  di  tal  fatta.  Stabilì 
nella  cattedrale  la  predicazione  nella  quaresima,  e  nell'av- 
vento. Ingiunse  a  lutt'  i  beneficiati  di  rassegnare  un'  esatta 
descrizione  dei  beni,  costituenti  il  rispettivo  benefìcio,  e  ciò 
affinchè  o  per  incuria  o  per  frode  non  andassero  distratti. 
Ne  compose  dipoi  egli  stesso  un  catalogo,  nel  quale  die- 
ciolto  ne  sono  annoverati,  i  quali  in  seguito,  essendo  di  poca 
entità,  furono  incorporati  alla  mensa  capitolare.  Radunò  nel 
1598  un  Sinodo  diocesano,  in  cui  dettò  leggi  e  costituzioni 
sapientissime,  relativamente  al  divin  culto,  ai  buoni  costumi, 
e  alla  ecclesiastica  disciplina.  L'anno  successivo  visitò  la 
diocesi  in  quella  parte,  che  non  era  occupata  dai  Turchi, 
la  cura  della  quale  aveva  commessa  al  suo  vicario.  Cessò 
di  vivere  in  Zara  nel  1602.  Lasciò  alla  sua  chiesa  tulli  i 
suoi  arredi  sacri,  e  le  argenterie.  Fu  sepolto  nella  chiesa 
dei  padri  francescani,  in  un  sepolcro,  preparatosi  dinanzi 
l'aitar  dell'Immacolata,  su  di  cui  fu  incisa  la  seguente  iscri- 
zione : 


—  223  — 

HORATIVS    BELLOTVS    VENETVS 

ORDINIS    S.    FRANCISCI    CONVENTVALIVM 

ARTIVM     ET     SACRAE     THEOLOGIAE     DOCTOR 

EPISCOPVS    NONENSIS 

HOC   SEPVLCRVM    VIVENS 

SIBI    FIERI    FECIT 

ANNO      AETATIS      SVAE      LII 

MDXCVII 

a.  1602.  Biagio  Mandevio^  nato  a  Novegradi,  da  onesta 
e  ricca  famiglia,  cittadino  di  Zara,  dottore  in  ambe  le  leggi, 
e  peritissimo  nella  lingua  illirica.  Nell'età  dì  32  anni  da 
mansionario  della  cattedrale  di  Zara,  fu  promosso  al  vesco- 
vato di  Nona  da  Clemente  Vili  ai  26  d'agosto  del  1602, 
e  dopo  di  aver  governata  la  diocesi  per  ben  22  anni  finì 
di  vivere  in  Zara  nel  1624.  Fu  tumulato  nella  chiesa  dì  s. 
Grisogono  in  un  sepolcro,  che  si  era  apparecchiato  mentre 
viveva.  Vedi  la  serie  degli  ecclesiastici  illustri  di  Zara  nel 
voi.  I.  p.  211. 

a.  1624.  Ippolito  degV Ippoliti^  dalmata  d'origine,  da 
Urbano  Vili  il  dì  7  ottobre  1624  promosso  alla  cattedra  dì  Nona. 
Appartenne  all'  illustre  ordine  domenicano  della  provincia  dal- 
mata. Fu  maestro  in  s.  Teologia,  e  di  molte  ed  egregie 
virtù  fornito.  Governò  la  sua  chiesa  con  molta  laude  sino 
all'anno  1646. 

a.  1646.  Simeone  Difnico^  il  terzo  Prelato  della  chia- 
rissima famiglia  sibenicense  di  questo  nome,  che  illustrò  colle 
sue  virtù  e  colle  sue  gesta  la  chiesa  di  Nona.  Studiò  belle 
lettere  e  filosofìa  in  patria,  e  le  scienze  a  Padova,  ove  fu 
anche  proclamalo  dottore  in  ambe  le  leggi.  Neil'  età  d' anni 
33,  appena  consacrato  sacerdote,  fu  eletto  vescovo  di  Nona 
da  Innocenzo  X  il  dì  25  Giugno  1646,  nel  tempo  in  cui 
ferveva  in  Dalmazia  la  guerra  coli' Ottomano.  Preso  Nove- 
gradi  dai  Turchi,  e  ripreso  dai  Veneziani,  e  distrutto,  ve- 
dendo Leonardo  Foscolo,  Provveditore  Generale  di  non  po- 
ter colle  poche  forze  che  aveva,  difendere  la  città  di  Nona, 
da  ogni  banda  minacciala,  ned  essendo  in  tempo  di  fortifi- 
carla, pensò  di  abbandonarla  a  discrezione  del  nemico.  Ma 
prima  ordinò  di  distruggere  quanto  fino  allora  era  stato  rie- 
dificato dopo  la  guerra  di  Cipro,  per  cui  non  furono  rispar- 


—  224  — 

liliale  neppur  le  chiese,  affinchè  nulla  restasse  al  nemico, 
se  non  che  le  sole  rovine.  La  citta  perciò  rimase  gran  parie 
deserta,  poiché  quasi  tutti  gli  abitanti  sen  fuggirono  via.  Una 
tale  desolazione  arrecò  grande  dolore  ali'  egregio  ed  amoroso 
Pastore.  Coloro  che  in  Zara  si  rifugiarono,  trovarono  asilo, 
ed  affettuosa  accoglienza  ;  quelli  invece  che  rimasero  in  città, 
privi  essendo  d'ajuto  e  di  assistenza,  si  disperselo  andando 
in  cerca  di  ricovero.  Vedendosi  egli  in  tal  modo  senza 
chiesa,  senza  clero,  senza  gregge,  chiese  al  Pontefice  di 
essere  trasferito  ad  altra  diocesi.  11  Pontefice  annuì  alla 
sua  domanda  e  alla  chiesa  di  Feltro  Io  trasferì  il  10  Maggio 
1649,  ove  stette  23  anni,  e  cessò  di  vivere  nel  1662. 

a.  1649.  Giorgio  Glorgiceo^  nato  a  castel  Sucuraz  nella 
diocesi  di  Spalato,  promosso  alla  sede  di  Nona  da  Innocenzo 
X  ai  21  di  Giugno  del  1649.  Non  era  neppur  consegrato, 
che  fu  dallo  stesso  Pontefice  trasferito  alla  chiesa  di  Veglia 
il  22  settembre  1653,  ove  cessò  anche  di  vivere  dopo  un 
anno. 

a.  1653.  Francesco  Andronico^  dell' illustre  famiglia  cZe 
Andreis  di  Traiì,  da  arcidiacono  del  patrio  capitolo,  e  vi- 
cario generale  in  sede  vacante,  esaltato  da  Innocenzo  X  il 
24  novembre  1653  alla  cattedra  vescovile  di  Nona.  Quando 
assunse  le  redini  della  diocesi,  incominciava  la  Dalmazia  a 
respirare,  per  essersi  allontanata  l'  oste  ottomana  da  essa,  ri- 
volgendosi air  assedio  di  Candia.  Posto  suo  domicilio  in  Zara, 
cercò  di  sollevare  il  suo  gregge  dalle  patite  sofferenze  con 
ogni  maniera  di  sussidii  ed  ajuti.  Visto,  che  le  reliquie  dei 
santi  patroni  sen  giacevano  derelitte  e  neglette  nel  santuario 
della  metropolitana  sino  dal  1570,  come  abbiamo  di  sopra  ac- 
cennato, pensò  egli  di  trasferirle  nella  chiesa  di  s.  Maria 
nuova  delle  monache  nonesi,  dove  potessero  esser  esposte 
alla  pubblica  venerazione.  Destinato  l'anno  1656  a  celebrarne 
la  traslazione,  invitò  il  capitolo  ed  il  clero,  i  nobili  ed  i 
plebei  di  Zara  e  di  Nona,  dopo  di  aver  ottenuto  i  dovuti 
assensi  del  Provveditor  generale  e  delle  altre  pubbliche  ca- 
riche, nonché  quelli  del  Vicario  generale  e  capitolare  Nicolò 
Ventura,  sondo  vacante  la  chiesa  zaratina  per  morie  del- 
l'arcivescovo Florio.  Ai  3  d'agosto,  giorno  di  Domenica 
ebbe  luogo  la  solenne  funzione,  che  con  gran  pompa  fu  ce- 
lebrata. Aprivano  la  processioiu.  le  pie  confraternite  colle 
proprie  insegne  e  stendardi  d'oro  ed  argento  splendenti,  cui 
seguivano    le    corporazioni    religiose,    il    clero  e  il    capitolo 


-    225  -^ 

d'ambe  le  chiese,  indi  il  vescovo  in  abili  pontificali,  assistito 
da  due  canonici  in  loniceila  ;  veniva  in  fine  il  feretro  colle 
sacre  reliquie,  di  magnifico  e  prezioso  strato  coperto,  por- 
lato  sugli  omeri  da  quattro  canonici  di  Nona,  di  dalmatica 
vestiti.  Il  baldachino,  sovrastante  al  feretro,  tutto  d'oro  e 
d' argento,  era  sostenuto  dalle  quattro  cariche  provinciali, 
ornate  di  toga  e  di  porpora.  La  solennità  venne  resa  più 
lieta  dal  suono  delle  campane,  e  delle  trombe,  dai  cantici  e 
dagl'inni  di  gioja  e  di  esultanza  religiosa.  Le  reliquie  furono 
portate  in  giro  per  le  vie  principali  della  città,  e  deposte 
sul  maggior  altare  della  chiesa  delle  monache,  fu  celebrato 
solenne  pontificale  dal  vescovo  fra  l'armonioso  concerto  di 
musicali  slromenti.  Tutto  quel  dì  rimasero  le  sacre  reliquie 
esposte  alla  venerazione  de'  fedeli,  e  soltanto  dopo  i  vesperi 
cantati  in  musica,  furono  riposte  entro  la  mensa  dell'altare 
in  un  urna  marmorea,  che  fu  chiusa  a  tre  chiavi,  una  delle 
quali  fu  consegnata  in  custodia  al  Prelato,  una  al  conte  di 
Nona,  e  la  terza  ai  procuratori,  l'uno  de'  quali  doveva  es- 
sere canonico  capitolare,  e  laico  l'altro.  D'allora  la  chiesa, 
che  aveva  pria  il  titolo  di  s.  Pietro  vecchio,  e  poi  di  s. 
Maria  nuova,  e  anche  della  Ss.  Annunziata,  assunse  a  poco 
a  poco  quello  di  s.  Marcella,  che  tenne  anche  dopo  la  sop- 
pressione sino  al  giorno  d'oggi.  Rimase  però  sotto  la  giu- 
risdizione dell'arcivescovo  di  Zara,  all' infuori  dell'arca,  di 
cui  il  possesso,  la  cura  e  la  custodia  stettero  presso  il  ca- 
pitolo, il  comune  ed  il  vescovo  di  Nona,  il  quale  quando 
visitava  il  Santuario,  deposta  la  mantelletta,  usava  la  mez- 
zetta in  segno  di  giurisdizione.  L' ottimo  pastore,  costretto 
dalla  necessità  di  far  sua  dimora  in  Zara,  col  cuore  e  collo 
spirito  era  però  sempre  presente  alla  sua  chiesa,  e  quantun- 
que tutta  la  diocesi  andasse  alle  turchesche  incursioni  sog- 
getta, pure  non  lasciò  di  visitarne  ogni  mese  o  l'una  o  T  altra 
porzione,  spargendovi  il  seme  della  divina  parola,  e  versando 
in  seno  ai  poveri  infelici  le  sue  beneficenze  colla  diretta 
volontà  di  adempire  a'  suoi  sacri  doveri,  nulla  curando  la 
sua  salute,  né  i  pericoli.,  a  cui  si  esponeva  per  la  presenza 
degli  ottomani,  nemici  acerrimi  del  nome  cristiano.  La  sua 
mensa  era  ridotta  agli  ultimi  estrerai,  e  perciò  viveva  assai 
parcamente  in  Zara,  contento  d'un' abitazione  assai  modesta, 
avendo  affittato  il  proprio  palazzo,  onde  poter  coi  risparmi 
sollevare  i  poveri.  Due  volte  recossi  a  Venezia  per  affari 
della  diocesi,  e  due  altre  in  patria  per  rivedere  i  suoi;  aste- 

15 


~  226  — 

nendosi  {jerfino  di  portarsi  troppo  lontano  dalla  sua  diocesi. 
Durante  la  tregua  colf  Ottomano  essendosi  stanziali  nella 
diocesi  molti  greci  scismatici,  fu  sua  premura  d'istruirli  e  di 
convertirli  alla  verità  della  fede.  Affranto  dalle  fatiche,  e  sof- 
ferente di  salute,  recossi  a  Traù,  onde  respirare  l'aria  patria, 
e  coll'ajuto  dei  medici  ristabilirsi.  Ma  invece  un  mal  grave 
ivi  lo  colse,  eh'  il  condusse  in  pochi  dì  al  sepolcro.  Per 
cura  di  Girolamo,  vescovo  di  Curzoia,  e  di  Giovanni,  suoi 
fratelli,  furongli  fatti  solenni  funerali,  e  fu  sepolto  decorosa- 
mente nella  cattedrale  dinanzi  ai  gradini  del  presbiterio  colla 
seguente  inscrizione  : 

Francisco  Andronico  Episcopo  nonensi  Francisci 
Leonardi  archiepiscopi  Antibareìisis,  viri  pietate  ac  scientia 
clarissimi  consohrino  ;  qiiod  germanae  laudis  haeres^  omni^ 
bus  in  kac  cathedrali  dignitatihus  famae  suae  dotihits  et 
vita  eluxit^  ac  tandem  egregiae  virttitis  ac  probitatis  me- 
rito^ episcopali  dignitate  fiierit  insignitus^  Hieronymus  Epi- 
scopus  Curzolensis^  et  Joannes  Nicolaus  J.  U.  D,  Fratri  di- 
lectissimo  P.  P.  Anno  Domini  MDCLXVfL 

a.  1667.  Francesco  de  Grassi,  d'illustre  e  ricca  fami- 
glia di  Chioggia.  Dottor  in  ambe  le  leggi,  da  arciprete  della 
chiesa  patria  fu  creato  vescovo  di  Nona  da  Clemente  IX 
addì  3  ottobre  del  1667.  Appena  prese  possesso  della  dio- 
cesi, primo  suo  pensiero  fu  quello  di  visitarla,  abbenchò  in- 
festata ancora  dai  Turchi.  E  qui  fu  dove  spiccò  il  suo  zelo 
pastorale,  perchè,  oltre  all'aver  adempiuto  in  mezzo  a  gra- 
vissime fatiche  il  suo  dovere,  andò  incontro  a  continui  ri- 
schi e  pericoli.  Dopo  la  pace  colT  ottomano,  che  fu  del  1669 
conchiusa,  pensò  alla  sua  cattedrale,  eh'  era  andata  in  ultima 
ruina.  Con  fervide  ed  iterate  istanze  ottenne  dal  Senato,  che 
a  pubbliche  spese  fosse  rifatta.  La  seguente  iscrizione  lapi- 
daria, posta  allora  sulla  fronte,  ne  ricordava  l'avvenimento: 

TEMPLVM     HOC    LONGA     ACERBITATE     BELLORVM     CORRVPTVM 

DEO  REIPVBLICAE    CIVIBVS 

PETRVS    CIVRANO 

REGNORVM    DALMATIAE    ET    EPIRI    SVMMVS    TETRARCHA 

RESTAVRAVIT 

ANNO    A    PARTV    VIRGINIS    MDCLXXIII 

SEDENTE  FRANCISCO  DE  GRASSIS    . 

Né  celebrò  la  solenne  consacrazione  dopo  di  averla  di 


—  227  — 

altari  e  del  necessario    corredo  munila.    Riunì  poscia  il    di- 
sperso capitolo,  e  ristabilì  il  divin  cullo,  cui  ogni  giorno  as- 
sisteva   personalmente    per  T  altrui    esempio    ed    edificazione. 
Teneva  per  sua  abitazione  una  povera  casupola  fìnolantochè 
giunse  ad  edificare  col  proprio  il  palazzo  vescovile,  non  solo 
per  suo  uso,  ma  puranco  pei  sacerdoti  poveri,  che  non  ave- 
vano mezzi  di  fabbricarsi  una  casa,  ovvero  pagare   una  pi- 
gione.    Cominciò    intanto    questa    città,    una     volta     ricca    e 
popolala,  a    risorgere,  a  riedificarsi,  prendendo  nuova  forma 
e  costruzione,    assai    più  umile  però  della    prima.  Abbenchè 
tenui  fossero    le  sue  rendite,    contuttociò    una  parte  ne    de- 
stinò al  restauramento  di  due  chiese,  di  Novegradi  e  di  Ra- 
sanze,  dall'empietà    ottomana    minate.  Le   sacre  suppellettili, 
distrutte  qua  e  là  duranle    la  guerra,    furon  da  lui  raccolte, 
e  alle   rispettive    chiese   ed  altari   restituite.  Resa    malferma 
la  sua  salute  dall'aria  malsana  di  Nona,  fu  obbligato  a  re- 
carsi varie  volte  in  patria,  e   finalmente  a  fermare    sua  di- 
moro in    Zara,  ad    esempio    de'  suoi    predecessori,    e   perciò 
chiese  ed  ottenne  dalla  s.  Congregazione  del  concilio  in  data 
2  aprile  1672  le  necessarie  facoltà.  Trovandosi  in  Zara,  ove 
al  tempo    della    guerra  erano  stati    trasportati  gli  archivi,    é 
i  documenti    di  sua   chiesa,  egli  li  riunì  tutti  in  un    vòTtime, 
acciocché  non  andassero  dispersi  o  perduti,  ed  a  questa  rac-  i 
colta  diede  il    titolo    di  liher  rubeus^    il  quale  sembra    siasi  7 
poscia  smarrito.  Era  questo  corredalo  di  tavole  topografiche^! 
coi  confini  antichi  e  moderni  della  diocesi,  e  colla  ubicazione  ? 
della  città,  dei  castelli,  villaggi  e  chiese  rurali.  Lasciò  un'al- 
tro   opuscolo,    scritto    di  sua    mano  col  titolo:    Notizia    dei 
proventi  e  delle    decime  della  chiesa   di  Nona,    metodo    di 
divisione  delle  medesime  ecc.  ed    inoltre  un  esattissimo    in- 
ventario di  lutti  i  beni  e    delle    suppellettili  della  cattedrale. 
Per  le    sue    grandi    ed    egregie    virtù,    ond'era  adorno,    era 
egli  in  somma  venerazione  presso  tutti  i  vescovi,  magistrati, 
e  patrizii  del  veneto  dominio.  Visitava  spesso  la  sua  chiesa 
ed  il  suo    gregge,  e  lì  un  funesto    morbo    lo  colse,  che    al 
sepolcro  il  condusse,  l'anno  1676,  fra  l'universale  compianto. 
Fu  tumulato  nella  cattedrale  in  una  tomba  senza  titolo,  senza 
nome,  e  senz' alcun' insegna,    com'egli  per  somma    modestia 
avea    ordinato.    Rimase    però    scolpila    la    sua    memoria    nel 
cuore    di  tulli    i  Nonesi,    che    in    lui  un    secondo    fondatore 
della  chiesa  e  della  città,  od  almeno    il  suo  ristauratore  ri- 
guardarono' 


—  228  — 

1677.  Giovanni  VI  Borgoforte^  nato  da  onesta  fami- 
glia di  Traù;  studiò  belle  lettere,  filosofia,  e  teologia  nel 
collegio  illirico  Lauretano.  Fu  condiscepolo  del  Biancovich, 
e  nel  collegio  di  Macerata  fu  crealo  dottore  in  arabe  le 
leggi.  Ritornato  in  patria,  aperse  una  scuola  pei  chierici,  cui 
rivolse  tutte  le  sue  cure  ed  educò  nelle  scienze,  nella  pietà, 
e  nella  disciplina.  Conosciute  le  sue  virtù  ed  i  suoi  meriti, 
da  Innocenzo  VI  il  22  novembre  1677  fu  creato  vescovo 
dì  Nona.  Appena  prese  le  redini  della  chiesa,  che  si  diede 
tulio  a  provvedere  di  sacri  arredi  quelle  chiese  campestri 
che  dal  suo  antecessore  furono  ristaurate  o  riedificate,  e  ai 
cullo  ridonate.  Ogni  anno  faceva  la  sacra  visita  di  quella 
parie  di  sua  diocesi,  rimasta  in  possesso  dei  veneti^  e  do- 
vunque lasciava  documenti  della  sua  carità,  della  sua  libe- 
ralità e  delle  altre  sue  virtù.  L'altra  porzione,  air  ottomano 
soggetta,  facevala  visitare  dal  suo  vicario,  non  soffrendo 
que'  capitani,  che  un  vescovo  si  mostrasse  in  pubblico  in 
quelle  contrade.  Affine  di  avere  cooperatori  zelanti  nella  pre- 
dicazione e  neir  assistenza  alle  confessioni  si  prestò  con  pre- 
mura, ma  non  riuscì  d'introdurre  in  città  i  religiosi  agosti- 
niani, che  cacciati  dalla  Bosnia,  ricoverati  si  erano  per  la 
maggior  parte  in  Dalmazia.  Scoppiata  nel  1684  la  guerra 
nel  Peloponneso  nella  quale  i  Veneti,  congiunti  in  alleanza 
coir  imperatore  Leopoldo,  e  col  re  di  Polonia,  riuscirono  vit- 
toriosi, cacciati  i  Turcbi  dal  territorio  nonense  e  jaderlino, 
liberalo  Obbrovazzo,  e  ritornati  gli  altri  paesi  della  sua  dio- 
cesi in  poter  della  repubblica,  perlustrò  la  diocesi  apportando 
conforto  e  consolazione  a  que' popoli  coli' istruirli,  e  con  ri- 
stabilire le  cose  nel  pristino  suo  slato.  Nella  slessa  guerra 
dalie  armi  imperiali  venne  ricuperato  il  territorio  della  Licca, 
una  porzion  della  quale,  rivolta  ad  oriente,  era  sita  entro  i 
confini  della  diocesi  di  Nona.  Sopra  di  questa,  finché  fu  do- 
minata dai  Turchi,  il  vescovo  di  Nona  esercitò  sempre  il 
suo  diritto  e  potere,  vi  destinò  i  curatori  d'anime,  vi  spedì 
missionarii,  ed  abbenchè  gli  venisse  intercluso  il  passo  a 
quelle  parti,  pure,  quando  visitava  le  contermini  parochie,  faceva 
venire  a  se  i  parochi  per  informarsi  sullo  slato  di  quelle 
chiese,  e  per  dar  loro  ammonizioni  e  consigli.  Ma  tutta  quella 
regione,  dopoché  ritornò  in  potere  del  re  d'Ungheria,  fu 
lolla  ai  vescovo  di  Nona,  e  a  quella  di  Segna  abbinala.  Dopo 
di  aver  governala  con  sapienza  e  prudenza  la  sua  chiesa, 
cessò  di  vivere  nel  1687  nella  villa  di  Rasanze  neir  abita- 


—  229  — 

zìone  di  quel  paroco.  Portato  in  città,  e  fattegli  solenni  ese- 
quie nella  cattedrale  fu  ivi  sepolto  nella  tomba  comune  dei 
vescovi. 

a.  1688.  Giovanni  VII^  della  nobile  e  ricca  famiglia  Vusio^ 
di  Boi  nell'isola  Brazza.  Consacralo  sacerdote,  si  diede  tutto 
ad  una  vita  austera  e  penitente.  Il  digiuno,  il  cilicio,  Tora^ 
zione  e  la  meditazione  erano  i  suoi  giornalieri  esercizi.  Tanta 
fu  la  sua  carità  verso  i  poveri,  che  in  breve  distribuì  loro 
un'  ingente  somma  di  danaro,  dalla  paterna  eredità  deriva- 
togli. Fu  canonico  teologale  del  capitolo  di  Lesina,  e  con 
le  egregie  sue  virtù  preparavasi  nesciente  la  strada  al  su- 
premo apice  del  sacerdozio.  Venuto,  infatti,  Innocenzo  XI 
in  cognizione  delle  belle  doti  dell'ingegno  e  dell'animo  di 
Giovanni,  lo  innalzò  alla  cattedra  vescovile  di  Nona  il  dì 
14  giugno  1688.  Appena  n'ebbe  notizia,  si  recò  tosto  a  Roma 
ove  anche  fu  consacralo.  Arrivato  di  ritorno  a  Venezia,  ed 
oltenuto  il  placet  delle  bolle  pontificie,  senza  frappor  indu- 
gio si  trasferì  a  Nona,  e  ricevuto  nella  cattedrale  con  grande 
letizia,  prese  possesso  della  diocesi.  Ma  non  appena  si  fu 
mostrato  ai  nonesi  questo  santo  loro  pastore,  che  s'  involò 
quasi  in  un  tratto  e  dìsparve.  Poiché,  otto  giorni  dopo,  es- 
sendosi recato  a  Spalato  a  visitar  suo  fratello,  che  da  molto 
tempo  non  avea  veduto,  infermò  egli  ed  anche  il  carissimo 
suo  fratello,  colpiti  ambidue  da  morbo  violento.  Lasciò  ine- 
dito un  opuscolo  di  divote  e  fervide  orazioni. 

a.  1690.  Giorgio  III^  della  famiglia  Parcich  di  Sebe- 
nico,  fratello  a  Francesco,  uomo  per  dottrina  e  virtù  pre- 
stantissimo, che  fu  priore  del  convento  di  s.  Domenico  in 
Zara,  indi  inquisitore  generale,  e  finalmente  vescovo  di  Cat- 
taro.  Studiò  Giorgio  le  umane  lettere,  filosofia  e  teologia  nel 
collegio  illirico  laurelano,  e  poscia  fu  creato  dottore  in  s. 
teologìa.  Ritornato  in  palria,  fu  destinalo  paroco  di  Vodizze, 
ufficio  ch'egli  sostenne  per  alcuni  anni  con  vigilanza  e  pru- 
denza. Fu  poscia  eletto  canonico,  indi  arciprete  del  capitolo 
di  Sebenico.  Divulgatasi  la  fama  di  sua  virtù  e  dottrina,  il 
Papa  Alessandro  Vili  lo  promosse  alla  sede  vescovile  di 
Nona  il  giorno  8  maggio  1690.  Assunte  le  redini  della  dio- 
cesi, rivolse  le  sue  cure  all'istituzione  della  gioventù  nella 
cristiana  dottrina,  a  cui  dava  somma  importanza.  Ne  visitava 
spesso  le  scuole,  e  non  risparmiava  né  spese  né  sollecitu- 
dini, onde  avere  idonei  istitutori,  e  discepoli  molli.  Usava 
di  spargere  spesso  il  seme  della  divina  parola  e  nella  cat- 


—  230  — 

ledrale,  e  neJle  altre  chiese,  ora  in  slavo  ora  neir idioma 
italiano,  e  colla  mira  di  essere  a  tulli  proficuo.  Grand'  era 
la  sua  carità  verso  i  poveri,  onde  appellato  veniva  il  padre 
dei  poveri.  Era  sommamente  ospitale,  quale  dev'  essere  un 
vescovo,  e  la  sua  abitazione  era  sempre  ai  pellegrini,  ai  sa- 
cerdoti ed  ai  religiosi  dischiusa,  pei  quali  era  solito  appre- 
stare una  lauta  mensa,  benché  la  sua  fosse  molto  frugale. 
Amò  di  un  singolare  amore  il  suo  capitolo  ed  il  suo  clero, 
non  mancando  giammai  di  assisterlo  e  sussidiarlo  nelf  indi- 
genza. Quando  traltavasi  della  salute  delle  anime,  nessuna 
difficoltà  lo  tratteneva,  ma  prontissimo  accorreva  dove  vi 
fosse  stato  bisogno.  Nessun  motivo  lo  distolse  dall'  abitare  a 
Nona,  malgrado  l'aria  insalubre  e  maligna,  che  vi  domi- 
nava e  quando  veniva  stimolato  a  recarsi  a  Zara,  o  in  pa- 
tria rispondeva  :  Diligentibus  Deum  omnia  eooperantur  in 
honum.  Perlustrò  di  spesso  la  diocesi,  non  curando  la  sta- 
gione frigida  d'inverno,  onde  n'ebbe  a  soffrire  assai  pel 
vento  boreale,  che  lo  colpì  gravemente  dopo  di  aver  predi- 
cato, e  faticato  moltissimo,  sicché  fu  collo  da  pernicioso  ma- 
lore, che  al  sepolcro  il  condusse.  Morì  egli  in  tanta  povertà 
da  non  lasciar  neppure  con  che  tumularlo,  per  cui  i  citta- 
dini e  il  clero  ne  fecero  gratuitamente  le  esequie,  che  fu- 
rono solennissime,  e  delle  esimie  virtù  dell'ottimo  Prelato 
condegne.  Fu  sepolto  ai  piedi  della  cattedra,  ma  ogni  segno 
scomparve  del  suo  sepolcro  dopo  che  fu  rinnovato  il  lastrico 
della  chiesa.  Morì  del  1703,  dopo  di  aver  per  tredici  anni 
colle  rare  sue  virtù  illustrato  la  sede  di  Nona. 

a.  1703.  Martino  Dragolio^  da  Spalato.  Studiò  filoso- 
fia e  teologia  a  Roma  nel  collegio  dei  padri  gesuiti,  e  lì 
fu  crealo  dotlore  in  ambe  le  leggi.  Mentre  colà  dimorava., 
fu  aggregato  al  collegio  dei  canonici  di  s.  Girolamo  della 
nazione  illirica,  donde  fu  chiamato  in  patria,  ed  eletto  nel 
1686  arcidiacono  capitolare.  L'arcivescovo  Cosmi,  cono- 
sciuto in  Martino  un  sacerdote  fatto  secondo  il  cuor  suo.,  se 
ne  valse  di  lui  in  molti  affari.  Lo  destinò  a  dare  gli  eser- 
cizii  al  clero,  ed  in  ispecie  agli  ordinandi  ;  gli  affidò  il  du- 
plicato, grave,  e  laborioso  ufficio  di  vicario  generale,  e  di 
canonico  penitenziere;  lo  delegò  spesso  a  visitare  i  luoghi, 
occupati  dagli  ottomani,  affine  di  consolare,  istruire  e  sol- 
levare quelle  afflitte  ed  oppresse  popolazioni,  e  col  mezzo 
suo  ristaurò  ovvero  anche  riedificò  le  chiese,  dal  furore  ne- 
mico distrutte.  Ebbe  perciò  dalla  s.    Congregazione  di  Pro- 


—  231  — 

paganda  il  titolo  di  Missionario  apostolico^  con  ordine  di 
associarsi  il  sacerdote  Nicolò  Biancovich  nelle  sue  pere- 
grinazioni. Per  tanti  meriti,  acquistatisi  nel  sacro  ministero, 
fu  dichiarato  degno  da  Clemente  XI  di  essere  elevato  alla 
sede  vescovile  di  Nona  il  dì  17  Luglio  del  1703.  Sei  anni 
la  governò  in  modo  da  non  risparmiarsi  a  nulla  pel  suo  bene, 
né  a  disagi,  né  a  incomodi,  e  neppur  alla  sua  salute.  In 
città  e  in  diocesi  faceva  da  catechista,  da  predicatore,  da 
paroco,  da  vescovo  con  una  alacrità,  ed  assiduità  instancabile. 
Da  tante  fatiche  però,  e  da  tante  cure  logorata  estremamente 
la  sua  vita,  per  consiglio  dei  medici  dovette  recarsi  in  pa- 
tria, ove  il  malore  incrudelì  a  tale  da  condurlo  in  breve 
alla  fine.  Ciò  avvenne  Tanno  1709.  L'arcivescovo  ed  il  ca- 
pitolo, per  onorare  debitamente  un  uomo  tanto  beneme- 
rito della  sua  chiesa,  presero  cura  de'  suoi  funerali,  che 
riuscirono  splendidissimi.  Fu  sepolto  nella  cattedrale  spala- 
tense. 

a.  1709  Giovanni  Vili  Manola^  nato  a  Spalalo  da 
famiglia  onesta  e  ricca,  da  cui  sortirono  Francesco  vescovo  di 
Curzola,  e  Diego  di  Traù.  Fregiato  della  laurea  dottorale  in 
sacra  teologia,  prestò  opera  molto  utile  nella  religione  e  nella 
cura  d'anime  sotto  gli  arcivescovi  Cosmi  e  Cupilli.  Pei  suoi 
meriti  e  per  le  sue  virtù  venne  da  Clemente  XI  esaltalo  alla 
sede  vescovile  di  Nona  il  19  giugno  1709.  Fu  acerrimo 
difensore  della  ecclesiastica  disciplina,  L' inlemerata  sua  vita 
dissipò  tutte  le  calunnie,  che  i  malevoli  inventarono  e  sca- 
gliarono contro  di  lui.  Fu  appellalo  uomo  veramente  apo- 
stolico^ ed  emulo  delle  virtù  dei  vescovi  dei  primi  tempi. 
Resse  Ire  soli  anni  la  chiesa  di  Nona,  i  quali  impiegò  nel 
visitare  la  diocesi,  e  nell' ammaestrare  clero  e  popolo  con 
adattati  discorsi  e  lettere  pastorali.  Ebbe  cura  speciale  dei 
chierici,  cui  impartiva  istruzioni  nelle  belle  lettere,  e  nel- 
l'ecclesiastiche discipline.  Spese  non  poco  danaro  per  abbel- 
lire la  sua  c;)ltedrale,  e  per  accrescere  lo  splendore  del  di- 
vin  culto.  Fece  costruire  un  nuovo  battistero  di  marmo,  forni 
di  damaschi  di  seta  le  pareli,  e  l'arricchì  di  suppellettili,  di 
biancherie  e  di  sacri  arredi.  Mentre  altri  miglioramenti  pen- 
sava di  farvi,  la  morie  lo  colse  l'anno  1712  nel  villaggio 
di  Rasanze,  do v' erasi  recato  per  oggetti  del  suo  ministero. 
Il  25  settembre  dopo  di  aver  celebrato  il  divin  sacrifizio,  fu 
colpito  da  morbo  violento,  che  il  giorno  addietro,  lo  tolse 
al  suo  gregge,  assistito  spiritualmente  dal  paroco.  Fu  anche 


—    2S2    - 

sepolto  in  quella  chiesa,  ma  il  capitolo  ed  il  clero  gli  fe- 
cero solenni  funerali  nella  cattedrale. 

a.  1713.  Antonio  Rosignolù  nativo  dì  Traù.  Sendo  ca- 
nonico in  patria,  fu  promosso  da  Innocenzo  XII  alla  dignità 
di  vescovo  di  Arbe  il  dì  30  Marzo  1700.  Governò  quella 
diocesi  per  ben  tredici  anni  con  molta  sapienza.  Varie  volte 
la  visitò  non  risparmiando  fatica  di  sorla.  Zelantissimo  egli 
era,  e  prova  ne  sieno  i  dieci  sinodi  da  lui  celebrati.,  T  ot- 
tavo de' quali  nel  1709  ha  decreti  e  costituzioni  di  dottrina 
ripiene.  Ebbe  alcune  differenze  col  suo  capitolo,  alle  quali 
diedero  ansa  le  monache  benedettine  di  s.  Giustina.  Ma  egli 
amante,  com'era,  della  pace  e  nimico  dei  litigii,  e  non  vo- 
lendo d'altronde  cedere  de' suoi  diritti,  procurò  ed  ottenne 
un  trasloco.  Fu  trasferito  da  Clemente  XI  il  dì  27  novembre 
1713  alla  cattedra  di  Nona,  sulla  quale  sedette  per  tre  anni. 
Finì  di   vivere  in  palrin   nel   1716. 

a.  1716.  Nicolò  Drasich^  nativo  di  Spalato,  il  quale 
dopo  aver  governato  con  somma  prudenza  e  vigilanza  la 
diocesi  di  Nona,  alla  quale  fu  preposto  dal  Papa  Clemente 
XI,  venne  trasferito  dallo  stesso  Pontefice  a  quella  di  Ossero 
l'anno  1720,  ove  morì  nel  1726  e  fu  sepolto  nel  coro  in 
un  sepolcro,  che  si  fece  preparare  mentre  viveva.  Si  distinse 
per  la  sua   grande  carità   verso  i   poveri. 

a.  1722.  Bernardo  Domenico  Leonia  da  Cattaro.  Studiò 
a  Roma  filosofia  e  teologia  nel  collegio  di  Propaganda.  Ri- 
tornalo in  patria,  ebbe  f  incarico  di  Vicario  apostolico  di 
Budua.  Nel  1709  fu  dalla  santa  sede  nominato  abbate  com- 
mendatario di  s.  Ambrogio,  e  poscia  promosso  al  vescovato 
di  Nona.  Teneva  sua  dimora,  secondo  il  costume  de' suoi 
predecessori  in  Zara;  aveva  presso  di  sé  un  suo  nipote,  di 
nome  Stefano,  che  fu  da  lui  istruito  ed  educato,  indi  ascritto 
al  clero  zaratino.  e  poscia  pe*  suoi  meriti  elevato  al  seggio 
vescovile  di  Ciltanuova.  Bernardo  governò  saggiamente  la 
sua  diocesi  per  cinque  anni,  e  morì  a  Nona.  '*' 

a.  1727.  Andrea  11^  della  veneta  famiglia  patrizia  Balbi^ 
il  quale,  dopo  aver  amministralo  la  diocesi  di  Nona  con 
molta  prudenza,  fu  trasferito  nel  1732  al  vescovato  di  Pola. 
Lasciò  in  morte  alla  chiesa  di  Nona  il  suo  faldistorio,  e  varii 
sacri  paramenti. 

a.  1732.  Girolamo  Fonda^  d'illustre  e  ricca  famiglia 
di  Pirano.  Fu  vicario  generale  della  cattedrale  di  Pola,  e 
per  ben  tre   volte  vicario    capitolare,  nelle   cui  mansioni    si 


—  233  — 

distinse  per  probità  e  sapienza.  Eletto  vescovo  di  Nona  si 
adoperò  moltissimo  per  conservare  intatto  il  patrimonio  della 
chiesa.  Durante  la  visita  canonica  poco  mancò  ch'egli  as- 
sieme co'  suoi  convisitalori,  non  rimanessero  vittime  delle 
insidie,  tesegli  da  un  paroco  greco.  Poco  dopo  cioè  nel  1738 
fu  trasferito  alla  chiesa  di  Traù,  ove  si  segnalò  per  la  somma 
sua  abilità  nel  governare.  Morì  nel   1754. 

a.  1738.  Giovanni  Federico  Rosa^  d'origine  veneta. 
Nel  1730  fu  eletto  vescovo  di  Veglia,  dove  incontrò  molle 
difficoltà  nell'esercizio  del  suo  ministero,  per  cui  dovette 
recarsi  a  Venezia  presso  il  Senato,  e  lì  starsene  per  ben 
quattro  anni,  dopo  di  che  fu  trasferito  alla  chiesa  di  Nona 
nel  1738.  La  governò  fino  verso  la  fine  del  1742  con  sag- 
gezza e  prudenza.  Fu  prelato  domestico  ed  assistente  al  so- 
glio Pontificio.  Morì  in  Zara  nel  palazzo  prefettizio,  donde 
trasportato  a  Nonn,  fu  sepolto  nella  cappella  della  B.  V.  di 
Leporine,  alla  cui  venerabile  imagine  lasciò  la  sua  croce 
pettorale.  La  seguente  iscrizione,  che  ora  più  non  si  ravvisa, 
era  scolpita  sulla  lapide  sepolcrale: 

HIC    JACENT    OSSA    JOANNIS    FRIDERICI 

VRSINI     ROSA    VENETI    EPISCOPI    AENONENSIS 

OBIIT    SEPTIMO     IDVS     SEPTEMBRIS    ANNO    DOM.     MDCCXXXXII. 

a  1743.  Tommaso  Nechich^  nato  a  Jessenizze,  villaggio 
«Iella  or  soppressa  diocesi  di  Nona,  li  17  gennaro  1690. 
Studiò  a  Fermo  nel  Piceno,  belle  lettere,  filosofia  e  teologia, 
Fu  convisitatore.,  ed  anche  vicario  del  vescovo  Balbi.  Da 
arcidiacono  del  capitolo  e  vicario  capitolare  in  sede  vacante 
fu  creato  vescovo  di  Nona  da  Benedetto  XIV  ai  28  di  gen- 
naio del  1743.  Quasi  undici  anni  resse  la  diocesi  con  laude 
e  saggezza.  Nella  sua  vecchiaja,  perduta  avendo  la  vista, 
abitava  in  Zara  dirimpetto  la  chiesa  di  s.  Maria  delle  Mo- 
nache. Morì  del  1754,  e  fu  sepolto  nella  tomba  comune  dei 
vescovi  di  Nona  da  lui  ristaurata,  come  ce  lo  attesta  la  se- 
guente iscrizione  lapidaria,  che  or  più  non  esiste: 

THOMAS    NECHICH 

SIBI   ET    SVCCESSORIBVS    RESTAVRAVIT 

ANNO    DOMINI    MDCCXLVIII 

OBIIT    VERO    ANNO...    MENSE...    ET    DIE..» 

ET  HIC  EXPECTAT  AETERNITATEM. 


1 


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a.  1754.  Antonio  II  Tripcovich^  nativo  di  Dobrola  nella 
diocesi  di  Cattaro.  Falli  i  primi  sludii  in  palria  si  recò  a 
Roma,  e  nel  collegio  di  s.  Maria  sopra  Minerva  attese  alle 
filosofiche  e  teologiche  discipline.  Terminato  felicemente  il 
suo  corso,  si  portò  a  Spalalo,  nel  cui  seminario  insegnò  teo- 
logia, fungendo  in  pari  tempo  l'ufficio  di  rettore  di  queir  isti- 
tuto. Venne  poscia  spedilo  dalla  s.  Sede  in  qualità  di  visi- 
latore  nella  diocesi  di  Veglia,  ove  per  cinque  anni  si  trat- 
tenne; esercitando  tale  incarico  egregiamente.  Fu  egli  ac- 
cademico della  Sapienza  di  Roma,  canonico  di  s.  Girolamo 
degl' Illirici,  lettore  di  teologia,  e  professore  di  lingua  let- 
terale slava  nel  collegio  di  Propaganda,  prescielto  dall'arci- 
vescovo Zmajevich.  Per  questi  ed  altri  meriti,  per  la  sua 
dottrina  e  T  esimie  sue  doli  di  menle  e  di  cuore,  si  rese 
degno  di  essere  eletto  da  Benedetto  XIV  a  vescovo  di  Nona 
nei  1754.  Prese  le  redini  della  diocesi  l'anno  slesso  nella 
festa  di  s.  Luca,  e  fece  il  solenne  suo  ingresso  in  quella 
dei  Ss.  app.  Simon  e  Giuda.  Si  adoperò  con  mollo  zelo  e 
premura  pel  bene  della  sua  chiesa,  della  città,  e  del  popolo 
di  Nona.  Ravvivò  la  disciplina  nel  clero,  e  la  magni- 
ficenza e  lo  splendore  nel  divin  culto.  Ristaurò  il  palazzo 
vescovile,  e  lo  abbellì  di  modo,  che  non  solo  abbastanza 
comodo,  ma  sì  pure  degna  abitazione  episcopale  divenne. 
Dimorò  in  Nona,  quasi  sempre  finché  visse.  Risarcì  la  casa 
e  la  villa  vescovile  di  Brevilaqua  per  sé  e  successori,  nella 
quale  si  recava  per  villeggiare.  Coltivò  gli  sludii  sacri  con 
calore.  Lasciò  uu  corso  di  teologia  inedito  ;  tre  disertazioni 
in  favore  di  mons.  Bonacich,  due  altre^  una  delie  quali  sui 
misteri  j^f'i'^cipali  della  fede ^  e  l'altra  contro  l'opinione  di 
mons.  Drago  suW  immunità  di  peccato  nelle  giovani  del  ter- 
ritorio, che  non  ascoltavano  la  messa  nei  dì  festivi,  stante 
i  ralli,  che  per  parte  dei  Greci  succedevano. 

a.  1771.  Giov.  Battista  Ginrileo^  nato  a  Traù  nel  1711 
da  onesla  e  doviziosa  famiglia.  Da  giovinetto  indossò  Tabilo 
clericale.  Studiò  belle  lellere  e  le  teologiche  discipline  a 
Roma  nel  collegio  di  Propaganda,  ove  fu  anche  creato  dot- 
tore in  filosofia  e  teologia.  Appena  consacralo  sacerdote  di- 
venne canonico  del  patrio  capitolo,  dignità  cedutagli  dallo  zio, 
eh'  era  canonico  ed  arciprete.  Per  treni'  anni  sostenne  questa 
carica  con  somma  laude,  adoprandosi  con  assidua  diligenza 
nella  cura  d'anime  a  quella  inerente.  Pei  molti  suoi  meriti, 
pella  sua    dottrina,   prudenza  e  carità    fu  promosso  da    Cle- 


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mente  XIII  al  vescovato  di  Arbe  il  di  22  aprile  1765.  Go- 
vernò con  rara  sapienza  quella  diocesi  per  sei  anni,  cioè 
fino  al  1771,  in  cui  venne  trasferito  da  Benedetto  XIV  alla 
chiesa  di  Nona.  Appena  fu  su  questa  cattedra  insediato,  tosto 
pensò  a  trasportare  nella  cattedrale  le  sante  Reliquie,  che 
fino  dall'anno  1573  venivano  in  Zara  custodite  nella  chiesa 
metropolitana,  poscia  in  quella  di  s.  Marcella.  Ne  celebrò 
la  traslazione  nel  1782  con  solennissimo  apparato  e  magni- 
fica pompa  ;  ed  in  pari  tempo  ridonò  ai  suoi  canonici  capi- 
tolari r  uso  della  croce  pettorale,  del  rocchetto  e  cappama- 
gna, che  da  antichissimo  tempo  fu  loro  concesso  dalla  santa 
Sede.  Aumentò  le  rendile  del  capitolo  colla  incorporazione 
di  varii  beneficii  semplici.  Morì  in  Zara  li  18  novembre  1788,  e 
fu  sepolto  nella  cattedrale  nel  sepolcro  degli  arcivescovi  Venier. 
p  a.   1789.  Giuseppe- Gregorio  Scotti.,  nato  a  Caslelvec- 

chio  di  Traù  il  giorno  19  marzo  1732.  Percorsi  tutt' i  gradi 
deir  ecclesiastica  gerarchia,  da  arcidiacono  del  capitolo  cat- 
tedrale di  Scardona  venne  promosso  al  vescovato  di  Nona 
da  Pio  VI  il  dì  14  dicembre  1789;  e  ne  prese  possesso 
il  24  ottobre  1790.  Resse  con  vigilanza  la  sua  diocesi.  Te- 
neva suo  ordinario  domicilio  in  Zara,  servendosi  nelle  cause 
gravi,  e  negli  affari  d'importanza  dell'opera  e  del  consiglio 
dell'arcidiacono  di  Zara  mons.  Giovanni  Giurovich,  cui  si 
teneva  con  grande  stima  e  venerazione  obbligato.  Sondo  va- 
cante la  chiesa  di  Zara,  faceva  egli  le  sacre  ordinazioni  so- 
lenni non  solo  dei  suoi  chierici  ma  benanco  di  quelli  della 
diocesi  jaderlina.  Del  1807  fu  da  Napoleone  I  eletto  arci- 
vescovo nostro,  dopo  di  che  la  chiesa  di  Nona  rimase  va- 
cante fino  a  tanto  che  la  cattedrale,  il  capitolo,  e  la  diocesi 
vennero  soppresse,  e  rimasero  perpetuamente  estinte  colla 
Bolla  Locum  B,  Petri  di  Leone  XII  del  30  giugno  1828. 
Durante  la  vedovanza,  la  chiesa  di  Nona  era  governata  dal- 
l'arcidiacono D.r  Giuseppe  Giurinovich.^  vicario  generale 
capitolare,  uomo  di  molto  sapere  e  di  egregie  virtù  fornito, 
il  quale  dopo  alcuni  anni  cessò  di  vivere  qui  in  Zara. 

Elezione  e  consacrazione  dei  vescovi  di  Nona,  loro 
giurisdizione^  prerogative^  privilegi;  e  rendite- 

Giusta  la  pratica  comune  de'  primi  secoli,  i  vescovi  di 
Nona  venivano  eletti  dal  clero  e  dal  popolo.  In  seguito  que- 
sto  diritto  fu   devoluto    al   capitolo,  che  a   maggioranza    di 


—  236  — 

voli  li  nominava.  Venivano  consacrati  dal  metropolita  di 
Spalato,  nelle  cui  mani  deponevano  il  giuramento  di  fedeltà. 
Dopoché  la  Signoria  Veneta  prese  possesso  nel  1409  della 
Dalmazia,  i  vescovi  di  Nona  li  troviamo  eletti  dal  Papa,  dietro 
presentazione  del  Doge;  e  tal  pratica  fu  osservala  fino  agli 
ultimi  tempi. 

Dopo  la  calata  degli  Slavi  in  Dalmazia,  vale  a  dire  nel 
settimo  secolo,  al  vescovo  di  Nona  fu  attribuita  la  cura  spi- 
rituale di  tutti  coloro  che  della  lor  nazione  si  convertirono 
alla  fede.  Allorquando  poi  neir832  anche  gli  altri  slavi  ab- 
bracciarono il  caltolicismo,  tutta  la  Croazia  cisalpina  e  tran- 
salpina alla  giurisdizione  spirituale  del  vescovo  di  Nona  fu 
assoggettala.  Laonde  la  sua  amministrazione  ben  molto  esten- 
devasi,  e  non  solo  i  popoli  croati  e  i  serbi,  ma  benanco  gli 
slavi  tutti  della  Dalmazia  superiore  comprendeva.  Il  che  viene 
aifermato  dal  Lucio  I.  2.  e.  2,  ove  dice:  Episcopum  No- 
nensem  totius  Croatiae  tunc  fuisse  Episcopum  ex  privilegio 
Murcimiri  constahit.  Nel  secolo  XI  poi  vieppiìi  s' accrebbe, 
coir  assegnamento  della  metà  dell'isola  di  Pago,  fattogli  dal 
re  Cresimiro.  Perciò  a'  quei  tempi  il  vescovo  di  Nona  era 
tenuto  in  gran  considerazione;  era  egli  il  gran  cancelliere 
dei  conti,  duchi,  e  re  Croati;  aveva  molli  e  distinti  privilegi, 
fra  i  quali  quello  di  eleggere  i  c.^pi  delle  zupanìe,  ossia  delle 
prefetture  provinciali,  ed  in  assenza  del  re  di  presiedere 
temporariamente  ai  comizii,  e  alle  diete,  promulgjir  leggi  ed 
amministrar  giustizia  ai  sudditi  croati.  Vasta  dunque  e  di  molta 
importanza  era  allora  quella  giurisdizione  episcopale.  Ma  dopo 
r  istituzione  delle  sedi  vescovili  croate  di  Belgrado  (Zara- 
vecchia)  e  specialmente  di  Knin,  e  dopo  T  innalzamento  della 
chiesa  di  Zara  al  grado  di  metropolitana,  seguito  nel  1154, 
per  cui  tutta  T  isola  di  Pago  venne  ad  essa  assoggettata,  si 
ristrinsero  d' assai  i  confini  del  vescovato  nonese.  Aveva  nel 
1530  per  confine  ad  oriente  la  diocesi  di  Scardona,  a  set- 
tentrione  quella  di  Segna,  a  mezzogiorno  quella  di  Zara.  Ma 
anche  dopo  quest'epoca  perdette  in  estensione,  poiché  i  con- 
siderevoli territori  di  Lika,  e  Banadego,  ritolti  ai  Turchi 
dalle  armi  imperiali  austriache  furono  al  vescovato  di  Segna 
incorporati  ;  dimodoché  negli  ultimi  tempi  non  contava  che 
sole  trentasei  parochie  latine. 

Finché  la  diocesi  di  Nona  era  così  eslesa,  come  ab- 
biam  detto  dissopra,  anche  le  rendite  della  mensa  vescovile 
erano  vistose;  anzi  si  sa  di  positivo,  che  nel  1463  ascen- 


-    237  — 

devano  alla  rilevanle  somma  di  80  mila  ducali  d'oro.  Ri- 
slrelti  che  furono  i  confini,  povere  divennero  anche  le  ren- 
dile, ed  assai  più  dopo  le  Uirchesche  Invasioni  :  laonde  dopo 
la  mela  del  secolo  XVI  non  ascendevano  a  più  di  annui 
cento  zecchini,  e  sollanlo  dopo  la  rivendicazione  delle  de- 
cime di  Novegradi  e  Pridraga  giunsero  alla  somma  di  250 
zecchini. 

Episcopio^ 

Dirimpello  iilla  cattedrale  è  situato  T  antico  Episcopio, 
sovra  la  cui  porla  principale  vedesi  scolpito  uno  stemma  ve- 
scovile. Sarà  forse  cfuello  del  vescovo  Pietro  Cedolini,  che 
riedificò  il  palazzo  per  intiero  nel  1580,  ovvero  del  vescovo 
Antonio  Tripcovich,  che  lo  ristaurò  ed  abbellì. 

Un'altro  palazzino  avevano  i  vescovi  di  Nona.  Era  si- 
tuato a  Brevilaqua,  e  lo  abitavano  quando  andavano  colà  a 
villeggiare. 

Il  capitolo  cattedrale. 

Da  documenti  della  curia  vescovile  di  Nona  si  eruisce 
che  il  capitolo  cattedrale  nonense  componevasi  da  tempo  im- 
memorabile di  sellantadue  canonici,  fra  i  quali  erano  comprese 
le  Ire  dignità,  l'arcidiacono  cioè,  l'arciprete  ed  il  primicerio. 
Non  si  conosce  la  sua  origine,  ed  appena  in  scritture  del- 
l'undecime secolo  trovasi  memoria  di  alcuna  delle  sue  di- 
gnità; quindi  la  sua  istituzione  esser  dovrebbe  anteriore,  e 
risalire  almeno  sino  all'  ottavo  secolo,  dopoché  fu  riedificata 
la  cattedrale.  Significativo  è  il  numero  dei  settantadue  ca- 
nonici; perchè  con  ciò  si  volle  dare  alia  chiesa  di  Nona 
una  solenne  testimonianza  dell'apostolato  di  s.  Anselmo,  uno 
dei  72  discepoli  del  Salvatore,  e  conservarne  in  perpetuo  la 
gloriosa  memoria.  Si  volle  inoltre  confermare  con  ciò  so- 
lennemente la  origine  apostolica  di  questa  chiesa,  e  mantener 
sempre  viva  la  credenza  della  sua  apostolicità.  Non  parrà 
poi  soverchio  il  prefato  numero  di  canonici  se  si  rifletta 
alla  nobiltà,  alla  floridezza,  e  alle  vistose  rendite  che  godeva 
questa  chiesa,  specialmente  al  tempo  dei  re  Croati,  i  qualt 
estesero  il  loro  dominio  in  tutta  la  parlo  mediterranea  delhv 
Dalmazia.  Avevano  codesti  canonici  il  titolo  di  consiglieri 
aulici,  e  di  signori  croalini:  godevano    del  diritto  di   ppece- 


—  238     - 

denza  in  tulle  le  Zupanie,  ed  un  posto  distinto  d'onore  in 
tutte  le  pubbliche  adunanze  con  facoltà  di  dare  il  proprio 
voto.  Avevano  inoltre  il  diritto  di  elezione  de'  propri  ve- 
scovi, riservata  però  al  metropolita  la  conferma.  Avevano 
pure  la  potestà  di  eleggere  i  canonici,  salva  T  approvazione 
del  vescovo.  E  Tuno  e  l'altro  di  tali  diritti  lo  perdettero 
per  le  frequenti  discrepanze  nelle  elezioni,  ed  il  primo  lo 
avocò  a  sé  il  Pontefice,  il  secondo  dovette  seguire  le  regole 
dell'apostolica  cancelleria,  per  cui  otto  mesi  dell'anno  erano 
devoluti  al  Papa,  e  gli  altri  quattro  al  vescovo  pel  confe- 
rimento dei  canonicati.  Erano  essi  denominati  coi  titoli  delle 
chiese  urbane  e  suburbane,  delle  quali  erano  presidi  o  rettori. 
Si  distinguevano  dai  presbiteri  pel  loro  vestito  corale,  che 
consisteva  nel  rocchetto,  cappamagna,  e  croce  pettorale.  Ave- 
vano per  abitazione  una  magnifica  canonica  presso  la  cat- 
tedrale, ed  inoltre  l'aula  capitolare  per  le  loro  radunanze. 
Oltre  la  terza  porzione  delle  decime  fruivano  le  rendite  di 
molli  beni  di  proprietà  speciale  del  capitolo.  Ma  questo  slato 
di  floridezza  del  nonese  capitolo  non  durò  molto  tempo,  poiché, 
ristretti  i  confini  della  diocesi,  e  succedute  dipoi  le  incur- 
sioni degli  ottomani,  e  le  replicate  devastazioni  del  territorio, 
scomparvero  anche  i  beni  e  le  rendite  della  chiesa  e  dei 
canonici.  Questi  perciò  a  poco  a  poco  si  ridussero  a  soli 
dodici,  comprese  le  dignità,  che  in  seguito,  della  sola  quarta 
parte,  assai  meschina,  delle  decime  contentar  si  dovettero  per 
vivere  assai  miseramente  ;  per  cui  i  vescovi  Bellolli,  Trip- 
covich  e  Giurileo  furono  obbligati  ad  incorporare  alla  massa 
capitolare  varii  semplici  beneficii  affinchè  potessero  vivere 
onestamente.  Miglioratesi  alquanto,  dopo  la  pace  col  Turco, 
le  condizioni  del  territorio  nonese.  e  quindi  anche  quelle  del 
capitolo,  al  quale  fu  pure  nel  1779  unita  la  soppressa  ab- 
bazia commendatizia  di  s.  Ambrogio,  il  vescovo  Giurileo 
trovò  necessario  ed  opportuno  di  rialzare  l'antico  lustro  del 
capitolo,  ed  oltre  ad  altre  disposizioni  emesse  in  suo  favore, 
rinnovò  e  confermò  loro  l'antico,  e  già  smesso  privilegio  delle 
insegne  corali  col  seguente  decreto  :  Joannes  Baptista  Ju- 
rileus  Ep.  Nonen.  Cathedralis . . .  Dignitates  et  Canonicos 
praecipids  honoris  insignihiis  decoremits^  et  exteriori  etiam 
habitu  a  reliquo  clero  secerni  eorumdem  votis  annuentes^ 
atque  aliarum  cathedrallum  exempla  secuti^  innovamiis  et 
confirmamus  illorum  privilegiiim^  quod  constai  antiquilus 
habuisse  ut  tam  coram  Nobis^  qiiam  in  choro  et  capitido^ 


—  239  — 

caeterisque  functionibus  sacrls  intra  twl  extra  cathedralem 
cappa  ma<^na  el  rochelo,  etiam  fiUuris  temporibus  inditi 
possint^  ac  vòiciimque  coram  nohis  pariter  et  superìoribus 
omnibus  Pileum  gerant  violaceo  lordilo  insignitum^  atque 
Collare  et  calceamenla  simililer  violacea,  Crucemque  geslent 
in  pectore  funiculo  serico  violaceo  suspensam,  quae  Jesu 
Chrisli  ex  una  parie,  et  ab  alia  s.  Anselmi  Titularis  Ecclesiae 
refera t,  quod  pignus  dilectionis  nostrae  erga  capitulum . .  . 
Serenissimi  quoque  Principis  judicio  probatum.  Confidimus 
etc.  Datum  Nonae  11  martii  1780.  Joan.  Bapt  Ep.us 
Nonen.  Abbenchè  pei  motivi  suesposti  fossero  a  soli  dodici 
ridotti  i  prebendarii  canonici  nonesi,  pure  si  trovò  il  modo 
di  contemplare  il  numero  commemorativo  dei  discepoli  del 
Salvatore  col  nominare  tanti  canonici  onorari,  quanti  fossero 
necessarii  al  suo  completamento,  ond'è  che  ne  vedemmo  non 
pochi,  a'  nostri  tempi,  dispersi  in  varie  città  della  Dalmazia 
e  dell' Ilalia. 

Serie  degli  arcipreti  di  Nona. 

1.  Pietro  di  Prestanzio^  nativo  di  Zara,  arcidia- 
cono di  Nona,  indi  arcivescovo  di  Spalato 
menzionato  in  documento  del  1114. 

2.  Vladimiro^  di    cai  è  memoria    in  documento  „  1115. 

3.  N,  N,  arcidiacono  molto  dotto  „  1254. 

4.  Bogdano^                           nominato  in  scrittura  „  1325. 

5.  Quirino,                                  ,,         „          „  „  1333. 

6.  Giacomo  Scornich,                „          „          „  „  1430. 

7.  Pietro  Morosini^                    „          „          „  „  1488. 

8.  Leonico  de   Thomeis^             „          ^,          ,j  „  1508. 

9.  Giovanni  de  Dominis^          „          „          ,^  „  1517. 

10.  Giovanni  Parenzi^  ,,  „  „  „    1592. 

11.  Matteo  Uticense^  „         „         „  „    1619- 

12.  Michele  Pagianeo^  „  „  „  ,,1626. 

13.  Giorgio  Grubonich,  „  „  ,^  ,,1633. 

14.  Giorgio  Gricbissick,  „  „  „  ,,1641. 

15.  Giovanni  Fercassich^  „  „  „  „     1670. 

16.  Michele  Dabetich  detto  StanicK    ,,  ,,  „     1676. 

17.  Pietro-Paolo  Pacassino^  norn.  dnlln   s.  vSedo  „     1678. 

18.  Matteo  Boghetich^        nominato  in  documento  „     1701. 

19.  Marco  dr.  Mersio^  ,,  „  .,  ,,1710. 

20.  Tommaso  Nechich^  „  „  „  „    1734. 
poscia  vesc.  di  Nona.  Vedi  la  ser.  dei  vescovi 


in 

documenlo 

del 

1735. 

>? 

V 

J5 

1743. 

V 

>5 

55 

1758. 

?5 

5J 

« 

1770. 

—  240  — 

21.  Giovanni  Tripcovich^ 

22.  Giovanili   Vulatcovich^ 

23.  Giovanni  Tripcoviclu 

24.  Giuseppe  dr.  Giiiinnovich^ 
ultimo  arcidiacono,  ed  in  scrittura  del  1827 
vicario  capitolare  in  sede  vacante. 

Serie  degli  arcipreti  di  Nona. 

1.  Stanzio^  arciprete  menzionato  in  documento     dèi 

2.  Tolimerio   Tolimerich, 

3.  Martino  MladossicJu 

4.  Marcantonio  Rimondi.    ^  „  „ 

5.  Francesco  de  Glutonovich  detto  Oblosenovich 

6.  Girolamo  de  Albis^ 

7.  Giorgio  Mattassoviclu 
8e  Luca  Luchetich^ 
9.  Luca  Luchinovich^ 

10.  Simon  Utcovich^ 

1 1 .  Giovanni  Giacomei^ 

12.  Biagio  Mandemo^ 

13.  Francesco  Paladin^ 

14.  Giorgio  Stiich^ 

15.  Pietro  Gavalà. 

16.  Ca7'fo  c/e  Rossi^  Protonotario  apostolico,  e 
vicario  capitolare,  menzionato    in    scritture 

del  1689,  1690  e 

17.  Andrea  Millich.  arciprete  e  vicario  capitolare, 
menzionato  in  scritture  del   1702  e 

18.  Girolamo  Dundovich^    in  documenti  del  1736  e 

19.  N.  Marislavich.  „  „  „ 

20.  Giovanni  Capolin.         „  „  „     1755  e 

21.  Pietro  Colleoni^  arciprete  e  vicario,  menzionato 

in  documenti  del  1774,  1779  e 

22.  Simeone  Bacchi^      „  „  ,,  1793  e 

23.  Antonio  Festi^  ultimo  arciprete,    in    documenti 

del  1798.   1819  e 


» 

59 
59 


5? 
55 
55 
55 


1825. 
1335. 
1465. 
1516. 
1541. 
1569. 
1578. 
1590. 
1597. 
1600. 
1620. 
1623. 
1638. 
1656. 
1679. 


1692. 

1712. 
1744. 
1745. 
1767. 

1785. 
1794. 

1827. 


Serie  dei  primiceri  di  Nona. 

1.  Stefano^  primicerio  menzionalo  in  documento  del  1260. 

2.  Vulcano^         „  n  »  n  n    1^25. 


—  241   — 

3.  Francesco  Obblosenooiclu  menzion,  in  ducum.  del  1535 

4.  Doìuenico  Armano^  ,,  „  5^  „  15()3 

5.  Simon   Utcovich^  „  „  „  „  1580 

6.  Antonio  Cortese^  „  „  „  „  1600 

7.  N,  Rodeticlu  ,^  „  „  „  1602 

8.  N,  Chiossiclu  „  5^  „  5,  1613 

9.  Martino  Duhravio^  „  5^  ^  „  1620 

10.  Giovanni  Parenzi^  „  „         ,,        „    1623 

11.  Agostino    Mircovich.    primicerio    e    vicario 

in  documenti  del  1640  e  1646 

12.  Giovanni   Vrancovicli^  primicerio  „    1668  e  1679 

13.  Michele  Staniclu  in  documenti  „  1679 

14.  Alessandì'o  Zanini,  „  „  „    1690  e  1694 

15.  Vincenzo  Mersio,  „  „  „    1696  e  1710 
1^.  Pietro    Colleom\    eletto    dalia    s.  Sede,    in 

documenti  del  1746,  1759  e  1771 

17.  N,  Franich,  in  documenti  del  1776  e  1785 

18.  Giuseppe  Suvich.  ultimo  primicerio        „    1792  e  1807. 

Rendite  del  capitolo  di  Nona. 

Le  rendite  principali  del  capitolo  di  Nona  consistevano 
in  una  porzione  delle  decime,  la  quale  formava  la  sua  do- 
tazione. Anticamente  le  riscuoteva  da  molli  villaggi,  per  cui 
era  pingue  la  sua  dotazione,  ma  negli  ultimi  tempi  dal  solo 
distretto  di  Nona,  poiché  dopo  la  fuga  dei  Turchi  non  fruiva 
più  quelle  del  nuovo  acquisto,  le  quali  invece  dal  regio  Fisco 
venivano  riscosse.  Allora  fu  che,  divenuti  meschini  i  suoi 
proventi,  vi  si  aggiunsero  alcuni  terreni,  ed  alcuni  beneficii, 
ed  inoltre  un  annuo  sussidio  di  30  zecchini  dal  governo  ve- 
neto, concesso  con  Ducale  26  luglio  1757,  il  quale  gli  venne 
conservato  anche  dall'i,  r.  governo  austriaco.  Questa  rendita, 
che  ascendeva  in  complesso  ad  annui  fior.  600  circa,  for- 
mava una  sola  massa  comune,  e  veniva  considerata,  come 
un  solo  beneficio.  h\  tal  modo  conservossi  l'antica  economia 
nella  chiesa  di  Nona,  come  quella,  eh' è  di  origine  apostolica. 
Le  decime  riscuolevansi  dal  decimaro  e  dai  procuratori,  e 
si  dividevano  in  egual  porzione  fra  i  soli  canonici  abitanti 
a  Nona.  Quando  un  canonico  cessava  di  tenere  la  sua  resi- 
denza in  Nona,  ovvero  rendevasi  vacante  un  canonicato,  le 
sue  porzioni  non  venivano  piìi  computate.,  e  spariva  il  suo  nome, 
tanto  dal  libro  degli  obblighi  quanto  da  quello  delle  rendltie. 

16 


—  242  — 

A  tutto  ed  in  tutto  sottentravano  i  canonici  residenti.  Se  ri- 
tornava alla  sua  residenza,  oppure  se  n'  eleggeva  un  nuovo, 
questi  cominciava  a  portare  i  suoi  oneri  e  gli  utili  relativi 
dal  giorno  della  presa  di  possesso  e  residenza.  Abbenchè  le 
tre  dignità  avessero  avuto  rendite  separate,  ciò  non  ostante 
in  tempo  di  vacanza,  o  di  negativa  residenza,  si  dividevano 
anche  queste  tra  i  canonici  residenti.  Era  questa  una  consue- 
tudine inveterala,  ch'ebbe  origine  fino  dal  1470,  e  che  fu 
sancita  da  decisioni  capitolari  e  da  decreti  dei  vescovi,  per 
cui  i  canonici  non  residenziali,  e  che  effettiva  mente  non  ser- 
vivano la  chiesa,  non  percepivano  veruna  porzione  della  massa 
capitolare  ;  e  così  pure  quelli  che  non  cantavano  la  messa  con- 
ventuale non  fruivano  della  così  detta  Capitalschina^  la  quale 
consisteva  nelle  altre  rendite  fuori  della  decima  ;  per  cui  il 
tutto,  é  massa  cioè  e  capitalschina  era  diviso  fra  quelli  che 
risiedevano,  e  prestavano  servizio. 

L'arcidiacono  godeva  i  beneficii  dei  Ss.  Cosmo  e  Da- 
miano di  Novoselci,  di  s.  Michele  di  Verchè,  e  di  s.  Barbara 
di  Brevilaqua. 

L'arciprete  godeva  i  beneficii  di  s.  Giacomo  di  Verchè, 
di  s.  Lorenzo  di  Verchè,  e  la  metà  della  terza  parte  delle 
decime  di  Poljica,  Dracevac,  e  Miljasic. 

Il  Primicerio  godeva  il  beneficio  di  s.  Nicolò  di  Zaton, 
di  s.  Giovanni  ev.  di  Nona,  ed  inoltre  la  metà  delia  terza 
parte  delle  decime  di  Poljica,  Dracevac  e  Miljasic. 

Il  capitolo  godeva  quindici  beneficii  semplici,  i  quali  fu- 
rono ad  esso  incorporati  in  più  epoche,  ed  in  causa  dell'i- 
nopia in  cui  versava  dopo  la  fuga  dei  Turchi.  Questi  sono 
i  beneficii  di  s.  Ambrogio,  di  s.  Stefano,  di  s.  Marco,  di  s. 
Michele  di  Nona,  di  s.  Anselmo,  di  s.  Gregorio,  di  s.  Gio- 
vanni decollato,  di  s.  Margarita,  della  B.  V.  di  Leporine, 
dei  Ss.  Sergio  e  Bacco  ossia  di  s.  Giorgio,  di  s.  Maria,  di 
s.  Cristoforo,  di  s.  Tommaso,  di  s.  Catarina  di  Brevilaqua, 
e  di  s.  Vito. 

In  complesso  la  rendita  di  ciascun  canonico  veniva  cal- 
colata nel  1805  a  fiorini  100,  e  quella  di  ciascuna  dignità 
a  fior.   120  annui. 

Obblighi  del  capitolo  di  Nona. 

Il  capitolo  di  Nona  aveva  l'obbligo  di  applicare  la  messa 
ogni  domenica  e  festa  di  precetto  pei  benefattori  in  genere^ 


—  243  — 

ed  alcune  altre  messe  pei  benefaltori  in  specie.  L'obbligo  di 
applicare  la  messa  conventuale  pei  benefattori  in  genere 
nelle  domeniche  e  nelle  foste  apparteneva  all'arcidiacono,  il 
quale  aveva  ancor  F  obbligo  di  applicarne  tre  ogni  settimana 
pei  benefattori  particolari,  ed  inoltre  una  per  ciascun  beneficio 
che  godeva.  L'arciprete  doveva  applicarne  due  all' anno  pei 
beneficii  al  medesimo  annessi,  ed  il  primicerio  altre  due 
per  lo  slesso  titolo.  I  canonici  applicavano  sempre  da  tempo 
immemorabile  ad  libitum  le  messe  conventuali,  la  qual  con- 
suetudine fu  anche  riconosciuta  dal  vescovo  Martino  Dra- 
golio  con  decreto  18  aprile  1704. 

Un'altro  obbligo  aveva  il  capitolo  nonese,  ed  era  quello 
della  parochialilà  nella  città  e  nei  sobborghi.  Questa  veniva 
esercitata  da  uno  o  più  capitolari,  eletti  ad  hoc  dal  vescovo. 
Mansionari  non  esistevano  da  molto  tempo.  Esistevano  nei 
passati  tempi;  cessarono  probabilmente  colla  cessazione  dei 
proventi. 

Privilegi  del  capitolo. 

Aveva  il  capitolo  di  Nona  il  privilegio  della  liberazione 
di  un  bandito.,  e  di  un  detenuto  nelle  carceri,  e  ciò  nelle 
solennità  di  s.  Anselmo,  di  s.  Ambrogio  e  di  s.  Marcella.  Il 
capitolo  faceva  istanza  al  governo,  ed  il  conte  di  Nona  dava 
esaudimento  alla  domanda  del  capitolo.  Questo  privilegio  gli 
fu  concesso  dalla  Serenissima  di  Venezia  nel   1632. 

Un'altro  privilegio  ebbe  il  capitolo  dalla  Repubblica  con 
Ducale  24  ottobre  1635.  Venne  con  questa  esonerato  dal 
pagamento  delle  decime,  a  cui  era  obbligato  sino  allora. 

Ma  il  principale  privilegio,  che  godeva  in  antico  il  ca- 
pitolo di  Nona  era  quello  dell'elezione  del  proprio  vescovo, 
delle  dignità  e  dei  canonici.  Lo  perdette  sull'alba  del  secolo 
decimoquinto,  in  cui  il  Pontetìce  Giovanni  XXIll  riservò  alla 
santa  Sede  tale  diritto  di  elezione.  Negli  ultimi  tempi  però 
il  vescovo  nominava  le  dignità  ed  i  canonici. 

Avevano  inoltre  i  canonici  di  Nona  il  privilegio  della 
cappamagna,  della  croce  pettorale,  e  del  rocchettc»,  di  cui  ab- 
biamo parlato  poc'  anzi. 

Canonica. 

Pochi  passi  distante  dall'Episcopio  era  situata  l'antica 
canonica.  Colla  soppressione  della  diocesi  passò  in  seno  del 


-     244  — 

e.  r.  Demanio,  il  quale  la  cedelle  all'arciprete  Feslì.  dopo 
la  cui  morte  rimase  abitazione  dell'  arciprele-paroco  prò 
tempore. 

L'antica  chiesa  cattedrale  di  Nona  ora 
arcipretale  parochiale. 

Come  narra  T  egrecrjo  storico  di  Nona  dottor  Giovanni 
Cassio,  esisteva  fra  i  nonesi  un'  antichissima  tradizione,  che 
s.  Anselmo,  primo  loro  pastore,  dopo  T  apostolica  sua  pre- ■ 
dicazione,  avesse  eretto  nel  mezzo  della  città  una  chiesa  in 
onore  della  Ss.  Trinità  per  uso  dei  neo- convertiti  alla  re- 
ligione di  Cristo.  Eccone  le  sue  parole:  Prima  Christian 
norura  Ecclesia^  constructa  a  suo  primo  Pastore  s.  Asello ^ 
dieta  fuit  Ss.  Jrinitatis.  Sembra  a  primo  aspetto  incredi- 
bile che  s.  Anselmo  abbia  innalzato  un  pubblico  tempio  cri- 
stiano nel  centro  d'una  città  pagana,  e  in  un  epoca  di  per- 
secuzione, mentr' è  certo  che  né  in  Roma,  ned  in  alcun' al- 
tra città  del  Romano  impero  si  avrebbe  osato  di  erigere 
templi  al  vero  Dio  de'  Cristiani,  i  quali  invece,  per  timore 
dei  tiranni,  esercitavano  occultamente  le  loro  pratiche  reli- 
giose nei  primi  quattro  secoli,  sino  cioè  all'editto  di  Co- 
stantino. Ma  se  si  considera,  che  Anselmo  non  fu  martire, 
ma  solamente  confessore  della  fede,  ciò  vuol  dire,  che  la 
sua  predicazione  non  incontrò  opposizione  di  sorta,  e  che 
tanto  quel  popolo,  quanto  quel  pubblico  magistrato  si  con- 
verti alla  vera  religione  per  le  sue  esortazioni,  pelle  sue 
virtù,  e  pei  miracoli  da  lui  operati.  Posto  ciò  per  indubi- 
tato, ne  segue,  che  anche  un  pubblico  tempio  poteva  essere 
stato  eretto  da  s.  Anselmo  in  mezzo  ad  un  popolo  a  Dio 
convertito  ed  in  centro  d'una  città  che  smesso  avea  il  culto 
degli  idoli  per  la  efficace  predicazione  di  lui. 

Seguendo  la  surriferita  tradizione,  riportata  dal  Cassio, 
questa  primitiva  chiesa  di  Nona  sarebbe  sussistita  per  quasi 
cinque  secoli,  dopo  di  che  sarebbe  stala  distrutta  in  un  colla 
città  nelle  barbariche  invasioni  nel  declinare  del  Romano  im-,^ 
pero;  ed  appena  verso  la  fine  del  VII  secolo,  dopo  la  oc-^; 
cupazione  e  ristaurazione  di  Nona  per  parte  degli  Slavi, 
sarebbe  stato  edificato  nel  mezzo  della  città  un  altro  magnifico 
tempio  in  onor  di  s.  Anselmo,  nel  cui  precipuo  altare  sa- 
rebbero state  collocate  le  reliquie  dell'apostolo,  e  nella  mensa 
dei  due  altari  laterali  quelle  del  diacono  s.  Ambrogio,  e  della 


—  245  — 

santa  loro  compagna  Marcella.  Sussistette  questo  fino  all'  unde- 
cimo  secolo,  in  cui  minacciando  mina,  venne  nel  1079  riedifi- 
cato da  Demetrio  Svinimiro,  re  croatino.  Fu  allora  che  negli 
escavi  praticali  furono  ritrovate  le  ossa  di  Anselmo,  rin- 
chiuse in  un'urna  di  marmo,  nascosta  sotto  il  maggiore  al- 
tare ad  un'alta  profondità,  circondata  da  grosse  murature, 
occultata  così  per  timore  venisse  dai  barbari  profanata.  E« 
stratte  quelle  sante  reliquie  furono  collocate  in  reliquieri, 
ornati  di  lamine  argentee.  Dopo  quasi  cinque  secoli  di  sua 
esistenza  logorato  dal  tempo,  fu  rislaurato  nel  1528  dal  ve- 
scovo Giorgio  Difnico,  com'il  dimostra  lo  stemma  di  lui,  in- 
fisso nel  muro  esterno  laterale  sopra  la  porta  piccola  della 
medesima  dal  lato  di  borra.  Verso  poi  la  metà  del  secolo 
XVII  e  precisamente  nel  1646,  quando  la  città  fu  incen- 
diata dagli  stessi  proprii  abitanti  per  non  lasciar  né  alloggio 
uè  difesa  alla  forte  armata  .monsulmana,  che  inondava  la 
Dalmazia  tutta,  ed  invaso  aveva  già  tutlo  il  nonese  terri- 
torio, anche  la  chiesa  cattedrale  seguì  la  stessa  sorte  della 
città,  per  cui  non  rimasero  che  le  sole  mura  perimetrali 
deiredifizio.  Fu  in  seguilo  nel  1673  ristaurata  dalle  fonda- 
menta a  pubbliche  spese,  per  cura  del  Provveditor  gene- 
rale Pietro  Civrani  sotto  il  vescovo  de  Grassi,  che  col  pro- 
prio l'adornò  dì  altari,  e  la  consacrò  solennemente,  e  fecevi 
porre  sopra  la  porta  principale  le  imagìni  ed  emblemi  de' 
suoi  santi  Protettori  scolpiti  in  pietra,  e  sotto  le  rovine  ri- 
trovati. Di  ciò  ne  fa  testimonianza  l'iscrizione  lapidaria,  po- 
sta allora  sulla  fronte  del  tempio,  la  quale  or  più  non  esi- 
ste, e  eh'  era  del  seguente  tenore  : 

TEMPLVM  .  HOC  .  LONGA  .  ACERBITATE  .  BELLORVM 

CORRVPTVM 

DEO    ,    REIPVBLICAE    .    CIVIBVS 

PETRVS    .    CIVRANO    .     REGNORVM    .    DALMATIAE    .    ET    .    EPIRT 

SVMMVS    .    TETRARCHA 
RESTAVRAVIT 
ANNO    .    A    .    PARTY    .    VIRGINIS    .    MDCLXXIII 
SEDENTE    .    FRANCISCO    .    DE    GRASSIS 

Il  SUO    prospetto,    dopo    quasi    due  secoli,    minacciando 
crollo,  venne  a  spese  della    chiesa  rinnovato  in  pietra    bai- 


—  246  — 

tuta    nel    1795.    come  si    legge  nella    marmorea    iscrizione, 
scolpita  sopra  la  porta  maggiore  d'ingresso: 

D  .  o  .  M  . 

TEMPLI    .    HVJVSCE    .    CATHEDRALIS 
DIVI    .    ANSELMI 
E    .    SEPTVAG    .    CHRISTI    .    DOMINI    .    DISCIPVLIS 

AC    .    PRIMI    .    AENON    .    EPISCOPI 

NOMINE    .    DICATI 

VETERE    .    COLLABENTE    .    PROSPECTY 

NOVVS    .    HIC 

DEO    .    REIPVBLICAE    .    CIVIBVS 

TEMPLI    .    EJVSDEM    .    AERE 

A    .    FVNDAMENTIS    .    RESTITVITVR 

MDCCXC    V. 

Questa  chiesa  è  intitolata  a  s.  Anselmo,  primo  vescovo 
di  Nona.  È  dessa  un  quadrilatero,  lungo  m.  18,  largo  8:  80 
nella  nave,  e  lungo  m.  10,  largo  8:80  nel  presbiterio,  al 
quale  si  ascende  mediante  due  gradini.  Dietro  il  presbiterio 
v'  è  la  sagrestia  lunga   m.  7 :  50,  larga  6 :  45. 

Dal  lato  sinistro  dell'  aitar  maggiore  v'  è  un  uscio  che 
conduce  alla  contigua  cappella  della  B.  Vergine  di  Leporine, 
una  volta  antica  cappella  di  s.  Anselmo,  lunga  m.  15,  larga 
m.  5.  sul  cui  prospetto,  di  pietra  fina  lavorato,  trovasi  la 
seguente  marmorea  iscrizione: 

D  .  o  .  M  . 

EX  .  DEVOTA  .  CVRA  .  VIGILANTIS 

PROTECTORIS     .     ALEXANDRI     .     BONI 

ET    .    SVMMO    .    LABORE  .  JOSEPHI  .  JVROVICH    .    PROCVRATORIS 

AMPLIATA    .    ET  RESTAVRATA    .    FVIT 

A    .    D    .    MDCCLXXX 

Donde  rilevasi  essere  slata  la  suddetta  cappella  am- 
pliata e  rislaurata  nel  1780  a  spese  della  fabbriceria,  per 
cura  e  vjojlanza  di  Alessandro  Boni  e  di  Giuseppe  Jurovich. 

L'aliar  maggiore  venne  eretto  nel  1735  a  spese  del 
nostro  arcivescovo  Zmajevich.    È  tutto  di  marmo,  ed    è  in- 


—  247  — 

titolato  a  s.  Anselmo,  il  cui  dipinto  non  è  dei  migliori.  So- 
pra la  mensa  di  quest'altare  poggia  un'arca  di  marmo,  en- 
tro cui  sono  custodite  le  reliquie  dei  santi  Patroni.  A  dritta 
v'è  la  cattedra,  che  ricorda  l'antica  sede  vescovile,  indi  il 
coro  da  ambe  le  parti  con  dieci  seggi  per  le  dignità  e  ca- 
nonici, eh'  esistevano  negli  ultimi  tempi.  Dal  coro  mediante  una 
gradinata  si  ascende  dall'una  e  dall'altra  parte  agli  amboni, 
che  servono  per  la  predicazione,  e  pel  canto  dell'  epìstola  e 
del  vangelo. 

Il  laslricalo  sì  della  chiesa,  che  del  presbiterio  fu  costruito 
nel  1844  a  spese  della  fabbriceria  e  per  cura  dell'attuale  be- 
nemerito arciprete-paroco  Jacopo  Bellan.  Oltre  il  maggior 
aitar  ve  ne  sono  altri  quattro  laterali,  l'aitar  cioè  del  Ss. 
Sacramento,  ch'esisteva  una  volta  nella  chiesa  delle  Monache 
di  s.  Maria  in  Zara,  e  ch'era  a  s.  Pietro  ap.  dedicato,  il 
quale  è  tutto  di  pietra,  di  buono  stile,  cinto  da  una  balaustrata 
di  ferro;  indi  l'aitar  di  legno  dedicato  a  s.  Antonio  di  Pa- 
dova, la  cui  pala  è  un  dipinto  non  ispregevole  di  Pietro  di 
Biasio  del  1671;  gli  altri  due  pure  di  legno,  l'uno  dei 
quali  intitolato  ai  santi  Nicolò,  Giuseppe  e  Girolamo,  e  V  altro 
al  Crocifisso  Salvatore.  Nella  cappella  laterale  della  B.  V. 
di  Leporine,  esiste  un'altare  tutto  di  marmo  con  una  nic- 
chia, ov'è  collocata  la  statua  della  Vergine,  venerala  sotto 
il  titolo  della  Purità,  ed  appellata  di  Leporine  dal  luogo, 
ov^  esisteva  nei  secoli  passati.  Questa  cappella,  nella  parte 
che  sovrasta  T  altare,  è  fabbricata  a  volto  reale,  nel  restante 
è  coperta  da  un  tetto  di  tegole,  sul  cui  soffitto  esiste  un 
dipinto  ad  olio,  rappresentante  l'apparizione  della  B.  V.  di 
Leporine.  Un  altro  altare  esisteva  nel  1536,  intitolato  a  s. 
Stefano  situato  dinanzi  alla  porta  della  sacrestia.  Un'altro 
ancora  eravene  nel  1597,  dedicato  a  s.  Tommaso  ap.  al 
quale  stava  annesso  un  beneficio  semplice.  Una  confrater- 
nita laica  fu  istituita  nel  1694  in  onor  della  B.  V.  sotto  il 
titolo  di  Leporine,  la  quale  fu  soppressa  nel  1808.  Adja- 
cenle  alla  cattedrale  dal  lato  di  borra  esisteva  1*  antichissimo 
Battistero  di  forma  rotonda  il  quale  era  l'unico  in  tutta  la 
città.  Quattro  cappelletto  lo  adornavano  internamente;  nel  cen- 
tro aveva  una  vasca  marmorea  ornata  di  religiosi  emblemi 
in  bassorilievo,  nella  quale  discendevasi  mediante  cinque  gra- 
dini, indizio  questo  non  dubbio  della  sua  alta  antichità,  che 
risalir  doveva  alP  epoca  del  battesimo  per  immersione,  in- 
nanzi cioè  al  decimo  secolo.  Questo  prezioso  edifizio  fu  lo- 


—  248  — 

talmente  e  barbaramente  distrutto  nel  1746,  e  fu  sostituito 
da  una  vasca  di  pietra,  sorretta  da  un  piedestallo  pure  di 
pietra,  situata  nell'angolo  sinistro  interno  della  chiesa  Fu- 
rono egualmente  atterrati  i  due  monumenti  sepolcrali  di  Gio- 
vanni Corner,  conte  di  Nona,  e  di  Lucrezia  sua  figlia,  che 
si  riferiscono  all'anno  1472.  Nel  piazzale,  lastricato  nel  1778, 
s'innalza  dal  lato  sinistro  della  cattedrale,  per  32  metri  il 
bel  campanile  a  torre,  che  fu  eretto  nel  1681,  ed  in  cui  venne 
posta  l'antica  campana  ritrovata  fra  i  ruderi  nel  1771,  con 
l'iscrizione:  s.  Asellus  Ep, 

La  fabbriceria  si  componeva  da  tempi  rimoli  di  due 
procuratori^  ecclesiastico  l'uno,  e  laico  l'altro,  i  quali  am- 
ministravano i  beni  della  chiesa,  e  la  porzione  che  ai  po- 
veri spettava  dalle  decime.  L'ecclesiastico  veniva  eletto  dal 
vescovo,  il  laico,  che  per  Io  più  era  un  nobile,  dal  consiglio 
della  città.  Avevano  l'obbligo  di  render  conto  del  loro  ope- 
rato al  vescovo  ed  ai  procuratori  della  citta. 

L'  archivio  della  cattedrale  nonese  era  uno  dei  più  ricchi 
e  più  preziosi,  poiché  molti  antichi  documenti,  molti  libri 
corali  mauoscritli  di  epoca  assai  lontana  erano  gelosamente 
custoditi,  fra  i  quali  un  messale  dei  più  belli  e  più  vetusti, 
ch'esistessero  in  Provincia.  Nulla  consta  come  e  dove  anda- 
rono a  finire  tanti   pregevoli  effetti. 

Una  confraternita  laica  sotto  il  titolo  del  Ss.  Crocifisso 
esisteva  nella  cattedrale  di  Nona  con  30  confratelli  con  ren- 
dite di  beni  campestri,  luminarie  e  questue,  colle  quali  face- 
vano fronte  alle  spese  occorrenti  alla  chiesa.  Fu  soppressa 
colle  altre  nel   1808. 

Parecchie  Indulgenze  erano  annesse  alla  chiesa  di  s. 
Anselmo.  Martino  V  con  breve  del  12  agosto  1432  concesse 
Indulgenza  plenaria  nella  festività  di  s.  Anselmo  che  cade 
ai.  26  d'agosto.  Una  simile  ne  impartì  Pio  III  con  Breve 
del  12  ottobre  1503.  Benedetto  XIII  con  Breve  dei  26  marzo 
1726  concesse  Indulgenze  plenarie  per  l'aitar  del  Crocifisso 
in  lull'i  mercoledì  e  venerdì  dell'anno,  ed  inoltro  durante 
l'ottava  dei  morti,  e  nelle  festività  dell'Invenzione,  ed  Esal- 
tazione della  s.  Croce. 

Ln  cattedrale  di  s.  Anselmo  era  anche  peri' addietro  la 
parocbiale,  anzi  l'unica  e  sola  nella  città  di  Nona. 

Dopo  la  soppressione  della  diocesi  Nonese,  e  &Ma  in- 
corporazione nell'arcidiocesi  di  Zara,  avvenuta  colla  Bolla 
pontificia  30  giugno  1828,  la  chiesa  di  Nona  da  cattedrale 


—  249  — 

diventò  chiesa  semplicemente  parochiale,  senza  veruna  di- 
stinzione dalie  altre  parochie;  e  tale  fu  anche  considerala 
e  ritenuta  nella  sistemazione  dell' arcidiocosi,  decretata  nel 
1849,  ed  effettuata  nel  1851.  L'arcivescovo  Pietro  Maupas, 
desiderando  di  riparare  in  qualsiasi  modo  a  siffatto  degra- 
damento,  avuto  riguardo  alla  veneranda  sua  antichità,  al  pas- 
sato suo  lustro,  ed  al  posto  luminoso,  che  occupava  nella 
ecclesiastica  Gerarchia,  trovò  nella  sua  saggezza  di  ricercare 
per  grazia  a  Pio  IX,  che  questa  chiesa  venisse  decorata 
del  titolo  Arcipretale^  grazia,  che  in  vista  dei  motivi  esposti 
dal  nostro  venerato  Pastore,  venne  benignamente  concessa 
dall'immortale  Pontefice  col  suo  Breve  apostolico  del  16 
marzo   1869. 

Santuario  delle  Reliquie  nella  cattedrale  di  Nona. 

Un'arca  marmorea,  di  forma  quadrilunga,  della  lunghezza 
di  metri  due,  dell'altezza  di  81  cen.  e  della  fondezza  di  61 
cen.  appoggiata  sulla  mensa  dell'aitar  maggiore  racchiude 
le  sante  relìquie  della  chiesa  di  Nona.  La  parie  anteriore 
dell'  arca  è  protetta  da  una  invetriata,  ed  è  chiusa  da  una 
porla  di  metallo  dorato,  su  di  cui  sono  effigiati  nel  mezzo 
s.  Anselmo  in  paramenti  pontificali,  a  dritta  di  lui  s.  Am- 
brogio, vestito  in  dalmatica,  e  a  sinistra  s.  Marcella  v.  e  la 
città   di  Nona,  ritenuta  sua  patria. 

Entro  di  quest'  arca  sono  collocali  i  seguenti  reliquieri  : 

1.  Reliquiere  del  capo  di  n.  Anselmo. 

Una  cassetta,  tutta,  coperta  di  lamina  d*  argento,  lunga 
24  cent,  larga  19,  alta  23,  lavoro  del  XIII  secolo,  contiene 
i|  capo  di  s.  Anselmo.  Adornano  la  facciata  anteriore  le  figure 
del  Salvatore,  della  Vergine,  e  di  s.  Giovanni  ev.  lavorate 
a  cesello,  con  riporti,  fregi,  e  putti  dorati.  Nella  facciala 
posteriore  vi  è  la  figura  di  s.  Anselmo  in  centro,  a  dritta 
s.  Ambrogio,  a  manca  s.  Marcella,  tutte  in  cesello.  Dal  lato 
destro  i  Ss.  Pietro  e  Paolo  app.  e  nel  sinistro  un  re  ed  una 
regina.  Nella  parte  superiore  vi  sono  i  quattro  Vangelisti. 
Nella  sommità  v'è  un  foro  con  coperchio  d'argento. 

2.  e  3.  Due  altri  Reliquieri  di  s.  Anselmo. 

Due  quadri  dell'altezza  di  34  cent,  e  della  larghezza 
di  20  cent,   coperti   in   tult'i  lati   di  lamine   d'argento    con 


—  250  — 

fregi  e  simboli  dorali  racchiudono  le  scapule  di  s  Anselmo. 
Nella  facciata  anteriore  veggonsi  in  tutta  figura  cesellati  i 
tre  Protettori  di  Nona.  II  lavoro  dell'  uno  differisce  dall'altro; 
sono  perciò  d'  epoca  diversa,  ambidue  però  anteriori  al  se- 
colo XVI. 

4.  Reliquiere  del  braccio  dì  s.  Anselmo 

Un  reliquiere  tutto  d'  argento  dorato  in  forma  di  braccio 
contiene  le  ossa  del  braccio  destro  di  s.  Anselmo.  Figure 
mitologiche  cesellate  adornano  tutto  il  reliquiere,  eh'  è  alto 
55  cent,  e  16  pietre  di  vario  colore  ne  circondano  il  carpo 
della  mano.  Vicino  al  piedestallo  ha  la  seguente  inscrizione; 

HANC    MANVM    FECIT    FIERI    DOMINVS    PAVLVS    BANVS 

PRO    ANIMA    FRATRIS    SVI    GEORGII    COMITIS 

PER    MANVS    SIMEONIS    AVRIFICIS 

Dalla  quale  iscrizione  si  viene  a  conoscere,  che  il  bano  Paolo 
fu  il  donatore  del  reliquiere,  e  che  certo  Simeone  ne  fu 
l'artefice.  Paolo  qui  nominato,  era  bano  della  Croazia  e  della 
Dalmazia  e  signor  della  Bosnia  sullo  scorcio  del  decimo- 
terzo ed  al  principio  del  decimoquarlo  secolo.  Era  egli  della 
potente  famiglia  Subich,  fratello  di  Giorgio,  conte  di  Bribir, 
il  quale  diede  molto  da  fare  alla  repubblica  veneta  nel  1294. 
Il  reliquiere  dunque  attribuir  si  dee  in  circa  al  1300. 

5.  e  6.  Reliquieri  dei  piedi  di  s.  Anselmo. 

Due  reliquieri  d'argento,  piediformi  con  riporti  dorati, 
della  lunghezza  di  26  cent,  e  dell'altezza  di  13  cent,  con- 
tengon  le  ossa  dei  piedi  di  s.  Anselmo.  Sul  primo  leggesi 
la  seguente  iscrizione  a  bullino: 

RADOSLAVS  VTVSANVS  DE  SCARDONA  CANCELLARIVS  DOMINI 
PAVLI   BANI   ET   ZVPANVS    ECCLESIAE     NONENSIS    FECIT    FIERI 

la  quale  iscrizione  continua  nel  secondo  piede  così: 

HOS    PEDES    AD  HONOREM  DEI    ET  SANCTI  ASELLI  PRO  SALVTE 
SVA    ET    SVORVM.    ANNO   DOMINI   MCCCVIIII. 


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Il  reliquiere  è  adunque  del  1309.  Il  donatore  è  Radoslao 
Utusano,  cancelliere  del  bano  Paolo,  e  Zupano  della  chiesa 
di  Nona.  Le  reliquie  sono  di  s.  Anselmo,  essendo  il  voca- 
bolo Asello  una  contrazione  di  Anselmo. 

7.  Reliquie  di  s.  Marcella  v. 

In  una  cassetta  di  forma,  lavoro,  e  dimensione,  eguali 
a  quella  descritta  al  n.  1.  si  conserva  il  capo  di  s.  Marcella 
V.  È  dessa  della  stessa  epoca,  e  del  medesimo  artefice,  es- 
sendovi le  stesse  figure,  fregi,  ornati. 

8.  Altre  Reliquie  di  Marcella  v. 

Entro  un  tubo  di  cristallo  è  rinchiuso  un  articolo  d' un 
dito  di  s.  Marcella  v. 

9  e  10.  Due  reliquieri  anonimi. 

Due  scatole  d' argento,  di  figura  ovale,  della  lunghezza 
di  13  cent,  con  piedestallo  pure  d'argento  contengono  al- 
cune reliquie  di  santi  ignoti.  Non  hanno  né  effigie  né  iscri- 
zione di  sorta. 

11.  Reliquieri  di  s.  Giacomo  e  di  s.  Oronzio. 

Una  cassetta,  in  forma  d'urna,  della  lunghezza  di  cent. 
40,  e  della  larghezza  di  8  cent,  coperta  di  lastra  d'argento, 
con  fregi  dorati,  e  pietre  colorate,  contiene  alcune  reliquie 
di  s.  Giacomo  e  di  s.  Oronzio.  Nella  facciata  anteriore  ha 
tre  medaglioni  con  effigi  cesellate  di  santi.  In  quello  di 
mezzo  vi  sono  le  iniziali  s.  g.  in  quello  a  destra  v'  é  scritto 
s.  JACOBVS.  ed  in  quello  a  manca  s.  arvncivs. 

12.  Reliquiere  anonimo. 

Un'altra  cassetta,  eguale  alla  precedente,  ed  ornata  di 
medaglioni  con  emblemi  degli  evangelisti,  racchiude  alcune 
reliquie  di  santi  ignoti  ;  non  ha  alcuna  iscrizione,  né  dentro, 
né  fuori.  Essendo  questo  reliquiere  perfettamente  uguale  al 
precedente,  deesi  ritenere  che  l'uno  e  l'altro  sieno  di  una 
stessa  mano,  che  un  solo  sia  il  donatore,  e  quindi  sieno 
ambidue  della  stessa  epoca,  cioè  del  XIII  secolo. 


—  252  ~ 
13.  Altra  cassetta  con  reliquie. 

Un'  altra  cassetta,  coperta  d' argento,  ed  ornala  di  fregi 
dorati,  lunga  24  cent,  larga  12  cent,  contiene  alcune  sacre 
reliquie.  Nessuna  iscrizione  ne  interna,  ne  esterna.  Il  lavoro 
è  pure  del  secolo  XIII,  dissimile  da  quello  delle  descritte 
ai  numeri  11   e  12. 

14.  Cassetta  con  reliquie  di  s.  Ambrogio  e  s.  Marcella. 

Varie  reliquie  di  s.  Ambrogio,  e  di  s.  Marcella,  e 
d'  altri  santi  ancora  sono  rinchiuse  in  una  cassetta  di  legno 
inverniciato,  lunga  m.  1  e  15  cent,  larga  ed  alla  26  coni. 
La  facciata  è  divisa  in  undici  scompartimenti,  entro  dei  quali 
vi  sono  figure  di  legno  in  pieno  rilievo.  Nel  1.  scomparti- 
mento a  sinistra  delf  osservatore  è  scritto  s.  Barbara.  Nel 
II.  v'è  un  santo  re,  portante  una  croce  a  doppia  traversale. 
Nel  III.  v'  è  il  simbolo  di  s.  Luca  ev.  Nel  IV.  la  figura  di 
s.  Marcella  v.  a  tutto  rilievo.  Nel  V.  il  simbolo  di  s.  Matteo 
ev.  Nel  centro  la  Vergine  col  figlio.  Nel  VII.  il  simbolo  di 
s.  Marco  ev.  Neil'  VIII.  la  figura  di  s.  Ambrogio  in  allo 
rilievo.  Nel  IX.  il  simbolo  di  s.  Giovanni  ev.  Nel  X.  una 
regina  col  giglio  nella  destra.  NelF  XI.  lo  scritto  è  illeggibile, 

15.  Reliquiere  di  s.  Croce. 

Un  reliquiere,  tutto  d'argento,  con  fregi  dorati,  rac- 
chiude una  reliquia  della  s.  Croce.  Ha  la  forma  di  un  pic- 
colo ostensorio,  elegantemente  lavoralo  a  Milano  nel  1858. 
Fu  acquistato  a  spese  della  chiesa  dalT  attuale  arciprete  pa- 
roco  Jacopo  Bellan. 

16.  Reliquiere    con  una  delie  trenta  monete  di  Giuda. 

Entro  un  cilindro  di  cristallo,  avente  il  piedestallo,  ed 
il  coperchio  d'argento,  sormontato  da  un  piccolo  crocifisso 
dorato,  è  collocata  sopra  un  braccio  argenteo  una  moneta, 
che  dalla  tradizione  è  ritenuta  per  uno  dei  trenta  danari  del 
tradimento  di  Giuda.  Ha  un  diametro  di  13  millimetri,  ed  è 
di  puro  argento.  Ha  da  un  lato  una  testa  umana  colle  chiome 
sparse,  e  dall'altro  un  vaso.  È  simile  a  quella  che  si  mostra  in 
Roma  nella  chiesa  di  s.  Croce  di  Gerusalemme.  D'essa  si 
trova  menzione  nell'inventario  del  1412  della  chiesa  di  Nona. 


-   25S  — 
17.  Un  anello  papale. 

Nel  santuario  medesimo  trovasi  un  magnifico  anello 
pontificale,  che  dicesi,  mandato  da  un  Pontefice  in  regalo 
ad  un  vescovo  di  Nona.  Esso  è  lutto  d'oro  massiccio,  alto 
4  '4  cent,  largo  3  cent,  e  grosso  1  '/^  cent.  Ha  nella  parte 
superiore  una  pietra  bianca.  Nel  cerchio  ha  inciso  esterna- 
mente un  angelo,  il  triregno,  V  epìgrafe  Papa  Pio^  quindi  lo 
stemma  pontificio,  consistente  in  uno  scudo  sormontato  dalle 
chiavi,  entro  di  cui  v'  è  una  croce  formata  da  cinque  mez- 
zelune.  Dalle  indagini  fatte  si  venne  a  conoscere  che  T  a- 
nello  è  di  Pio  II,  sendo  tale,  quale  fu  descritto,  lo  slemma 
suo,  che  trovasi  a  Roma  affisso  alT  architrave  della  porta, 
eh' è  appiedi  della  scala  interna  del  Vaticano,  che  conduce  alla 
sala  Ducale  e  sopra  di  cui  è  scolpito  Pius  Papa  11^  il  quale 
pontificò  dal   19  agosto  1458  al  16  agosto  1464. 

Arredi  ed  utensili  sacri. 

Sull'altare  di  s.  Antonio  v' è  una  bella  croce,  tutta 
d'argento,  ed  in  parie  dorata,  alta  45  cent,  avente  da  un 
lato  la  figura  di  s.  Anselmo  in  alto  rilievo,  vestito  di  pa- 
ramenti pontificali,  e  dall'  altro  il  crocifisso.  È  un  lavoro  as- 
sai forbito  e  pregevole  d'  orificeria  zaratina  della  fine  del 
secolo  XVI.  Ai  piedi  di  s.  Anselmo  v'è  inciso  a  bullino  il 
nome  dell'artefice  =  stefanvs  fecit  =  eh' è  quel  medesimo 
Stefano  Vencon,  che  nel  1588  esegui  il  bel  medaglione  di  s. 
Stefano  protomartire,  che  copre  la  faccia  della  madreregola 
della  Congregazione  del  buon  gaudio  in  s.  Simeone,  e  nel 
1597  eseguì  a  cesello  la  veste  d'argento  della  B.  V.  An- 
nunziata del  Duomo  di  Zara,  ambidue  lavori  che  si  distin- 
guono per  esaltezza  e  bellezza  dì  tipo  e  disegno. 

Un  calice  d'argento  con  stemma  vescovile  inciso  nel 
piedestallo. 

Un  altro  coli' anno  1533  e  colla  iscrizione  Calix  de  s. 
Maria  de  Leporine, 

Due  altri  calici  di  forma  assai  antica. 

Alcune  mitre,  fra  le  quali  una  dì  seta  bianca,  tutta  ri-«' 
carnata  in  oro  fino. 

II.  Chiesa  dì  s.  Ambrogio  col  Cenobio 
de' Benedettini  di  Nona. 

Verso  la    fine    del  VII    secolo,  sulle    rovine   dell' antico 


—  254  — 

tempio  di  Diana  fu  edificala  la  seconda  chiesa  cristiana  di 
Nona;  e  fu  dedicala  ad  onor  di  s.  Ambrogio^  diacono  del- 
l'apostolo s.  Anselmo,  la  cui  festa  si  celebra  nella  chiesa 
nonese  da  tempo  immemorabile  il  dì  4  gennaro  d'ogni  anno 
con  rito  doppio  di  prima  classe  con  ottava.  In  seguilo  venne 
ivi  trasportato  dalla  cattedrale  il  corpo  di  questo  santo  dia- 
cono e  patrono,  e  collocato  nella  mensa  dell'  aitar  principale. 
Frattanto,  divenuto  celebre  dovunque  l'ordine  di  s.  Benedetto, 
furono  que'  monaci  chiamati  anche  a  Nona,  e  donata  loro  in 
perpetuo  la  nuova  chiesa  di  s.  Ambrogio  con  tutte  le  sue 
rendite,  azioni  e  pertinenze,  perchè  fosse  da  loro  bene  of- 
ficiala ed  amministrala.  Essi,  infatti,  vi  si  stabilirono  col  suo 
abbate,  e  non  andò  molto  che  un  commodo  asilo  v'eressero 
presso  la  chiesa  per  loro  abitazione  e  dimora.  Da  documenti 
dell'archivio  benedettino  di  Zara  rilevasi,  che  Madio  monaco 
di  s.  Grisogono  di  Zara  fu  eletto  nel  941  abbate  di  s.  Am- 
brogio dopo  la  morie  dell'  abbate  Ciriaco,  Si  viene  pur  a  co- 
noscere che  a  Madio  succedette  Damiano  ;  a  questo  venne 
dietro  Paolo^  indi  Tersato^  poi  Giulio^  nel  1233  Detor- 
rente.  nel  1251  Vitale,  nel  1253  Pietro,  ed  altro  Pietro  nel 
1338.  Non  si  sa  per  qual  ragione  quest' abbazia  venisse  poi 
dalla  s.  Sede  convertila  in  Commenda.  Sappiamo  positiva- 
mente che  nel  1440  fu  nominalo  il  primo  abbate  Commendatario, 
e  che  questo  fu  certo  Michele  da  Venezia.  Tale  conversione 
fu  veramente  funesta,  dappoiché  i  monaci  mal  sofferendo  la 
sottomissione  ad  un  abbate  secolare,  abbandonarono  total- 
mente il  convento.  A  ciò  si  aggiunse  la  distruzione  del  mo- 
nastero e  della  chiesa  abbaziale  nella  catastrofe  del  1500. 
Quantunque  però  in  quella  desolazione  la  maggior  parte  dei 
beni  e  delle  rendite  dell'abbate  e  dei  monaci  si  fosse  per- 
duta, continuò  ciò  non  ostante  la  s.  Sede  a  nominare  gli  ab- 
bati Commendatari,  fra  i  quali  trovasi  nel  1495  Giovanni 
Francesco  Difnico,  canonico  arciprete  di  Sebenico,  nel  1603 
Giovanni  Comileo^  poi  Francesco  Dresio^  indi  Ottavio  Fe- 
nier.  nel  1623  Giorgio  Cedolini,  da  Zara,  che  fu  presente 
a  Roma  nel  Conclave,  in  cui  fu  eletto  Urbano  Vili;  nel 
1642  N,  Mutti^  e  più  lardi  nel  1709  Bernardo  Leoni^  da 
Cattaro,  che  fu  in  seguito  vescovo  di  Nona,  nel  1709  Ste- 
fano Leoni  nipote  del  precedente,  che  fu  poscia  eletto  ve- 
scovo di  Cittanova,  e  nel  1754  Cristoforo  Leonia  nipote  di 
Stefano.  Morto  che  fu  quest'  ultimo  in  Zara  nel  1779,  le 
rendile    abbaziali,    rimaste   dopo    la    devastazione  del    1500, 


—  255    - 

furono  incorporate  al  capìtolo  cattedrale  in  seguilo  alle  leggi 
venete,  che  dichiaravano  soppresse  tutte  le  abbazie  com- 
mendate. Così  andarono  a  finire  l'abbazia  ed  il  Cenobio  de' 
Benedettini  di  s.  Ambrogio  di  Nona.  Si  dee  però  avvertire, 
che  dopo  la  desolazione  di  Nona  del  1500,  ristabilita  la  pace, 
furono  riedificati  e  convento  e  chiesa,  la  quale,  perchè  co- 
strutta a  volto  reale,  nell'incendio  fu  meno  delle  altre  dan- 
neggiata. Di  questa  non  esiste  attualmente  se  non  i  muri 
perimetrali  del  corpo  principale,  ed  inoltre  tutto  il  presbite- 
rio, col  suo  coperto  di  tuffo.  E  un  bel  vaso  quadrilatero 
lungo  m.  16,  largo  8  nella  nave,  lungo  m.  5.  55^100,  largo 
6. 15;100  nella  cappella  del  presbiterio.  Attaccati  ai  muri  sus- 
sistono ancora  internamente  quattro  pilastri  di  pietra,  due  da 
un  lato,  e  due  dall'altro,  nell'altezza  dei  muri  stessi,  i  quali 
esternamente  sono  tutti  lavorati  a  pietra  battuta,  ed  hanno 
quattro  finestre  che  danno  luce  al  vaso  principale,  ed  anche 
alla  cappella.  L'area  del  tempio  non  è  che  un  ammasso  di 
rovine,  formalo  dagli  avanzi  del  tetto,  che  andò  a  poco  a 
poco  crollando  a  terra.  Nell'esame  da  noi  fatto  sopraluogo, 
non  ci  fu  dato  di  rinvenire  alcun  monumento,  che  ricordi  o 
l'erezione,  o  la  consacrazione,  ovvero  altro  qualsiasi  avve- 
nimento relativo  a  questo  tempio.  Dicesi  che  certuni,  colla 
bramosìa  di  ritrovar  alcun  che  di  prezioso,  v'abbiano  alla 
fine  dello  scorso  secolo  praticali  degli  scavi,  ed  abbiano 
infatti  ritrovalo  un  reliquiere  d'argento,  ornato  di  gemme, 
entro  cui  erano  custodite  alcune  ossa  del  santo  prolettore 
Ambrogio,  come  lo  indicava  la  iscrizione  gotica,  incisa  so- 
pra il  medesimo.  Non  consta  però  qual  fine  abbia  fatto  quest'  og- 
getto prezioso. 

ni.  Chiesa  di  s.  Marcella  v. 

Oltre  alla  summentovata  chiesa  di  s.  Ambrogio  ne  fu 
edificala  dai  Nonesi  un'altra  nel  VII  secolo  sotto  il  titolo  e 
l'invocazione  di  s.  Marcella  v.  in  cui  fu  trasportato  il  corpo 
della  santa  patrona,  e  collocato  sotto  la  mensa  dell'aitar 
principale.  Leggesi,  infatti  in  un'antica  pergamena,  riportala 
dal  D.  Cassio  nelle  sue  memorie  di  Nona:  Edita  etiam  fuit 
Ecclesia  ad  honorem  s.  Marcellae  v,  ;  ubi  in  parva  capella 
sub  ara  maxima  ejus  sacrimi  corpus  venerabatur  a  remo- 
tioribus  saecidis ....  in  latere  civitatis.  Dì  tal  chiesa  non 
restarono  nemmen  le  vestigia,  poiché  fu  atterrata  dai  barbari 


—  256  — 

nel  nono  secolo.  Fu  allora  trasportato  il  sacro  corpo  nella 
cattedrale,  e  di  là  nella  collegiata  di  s.  Maria,  ove  tenuto  in 
religiosa  custodia  dalle  monache,  e  venerato  sino  al  principio 
del  secolo  XVI,  fu  indi  riportato  nella  cattedrale,  e  collocato 
assieme  alle  reliquie  degli  altri  santi  protettori,  finché  nella 
guerra  del  1646  furono  tutte  assieme  in  Zara  trasferite  per 
maggior  sicurezza;  donde  finalmente  nel  1782  furono  alla 
chiesa  nonese  religiosamente  restituite.  Fino  da'  secoli  i  più 
rimoti  venne  questa  santa  vergine  venerata  qual  protettrice 
di  Nona,  e  celebrata  la  sua  festa  il  25  d'agosto  d'ogni 
anno  con  rito  doppio  di  prima  classe  con  ottava  in  Nona, 
ed  il  23  d'agosto    neirarcidiocesi  di  Zara  con  rito   doppio. 

IV.  Chiesa  collegiata  di  s.  Maria  ed  annesso 
convento  di  Monache. 

Narra  il  Cassio  nelle  sue  memorie  sloriche  dì  Notib, 
che  i  nonesi  fabbricarono  nell'ottavo  secolo  un  tempio  ad 
onore  di  Maria  Ss.  Assunta  in  cielo  :  Ad  portum  a  furt" 
damentis  erectum  fidi  magni-ficiLm  templum^  piorum  aere^ 
dicatum  mairi  Jesu  Christi:  Era,  infatti,  sontuoso  e  ma- 
gnìfico, e  tutto  di  marmo  lavorato.  Sedici  grosse  colonne 
marmoree,  con  capitelli  egregiamente  tagliati  ne  sostenevano 
la  volta,  costrutta  di  tuffo,  e  dividevano  il  tempio  in  tre  na- 
vate. 11  tetto  era  coperto  di  lamine  di  piombo,  ed  il  pavi- 
mento lastricato  parte  a  mosaico,  e  parte  con  lapidi  sepol- 
crali. Una  bella  ed  alta  torre  con  tre  campane  sovrastava  il 
cimitero,  che  era  d'urne  e  mausolei  adorno.  Era  questa  la 
chiesa  più  vasta  e  più  cospicua  di  Nona,  e  la  più  frequen- 
tata, perchè  situata  dalla  parte  del  porto.  Fu  elevata  alla  di- 
gnità di  Collegiata  nel  sinodo  diocesano,  celebrato  nel  de- 
cimo secolo,  dopo  che  furono  in  essa  trasportate  le  reliquie 
della  santa  vergine  e  protettrice  Marcella. 

Animate  alcune  nobili  donzelle  dagli  esempi  dì  cristiana 
perfezione,  lasciati  dalla  santa  vergine  Marcella,  si  ritirarono 
dal  mondo,  ed  unitesi  in  stretta  alleanza,  chiesero  all'abbate 
di  s.  Ambrogio  il  velo  della  benedettina  religione.  L'abbate, 
dopo  averne  sperimentalo  lo  spirito,  le  accolse  di  buon  animo, 
le  vestì  dell'  abito  sacro,  ed  asses^nò  loro  un  fondo  presso 
la  chiesa  di  s.  Maria,  ove  coi  i  >ro  propri  beni,  che  seco 
addussero  dalle  proprie  famiglie,  si  fabbricarono  im  comodo 
asilo.  Ciò  avvenne  nella  prima  mela  del  decimo  secolo  giusta 


—  257  — 

quanto  scrive  lo  storico  Cassio,  di  cui  eccone  le  parole:  Anno 
Chrisii  DCCCCXLVIII^  soror  Maristella^  soror  Johanna^ 
Deodata,  Cresimira^  Helena^  Marchina  et  Alba  sumpserunt 
habitum  s,  Benedicti  in  monasterio  nonensi  s.  Mai^iae  prope 
Ecclesioin  majorem  ad  portum  urbis  die  14  augusti^  ab- 
bate Ambrosiano  sacra  ministrante,  11  Signore  benedisse 
r  opera  bene  incominciala,  per  cui,  in  brevissimo,  crebbero 
quelle  religiose  a  tanto  da  numerarne  pochi  anni  dopo  fino 
a  otlantasei,  ed  il  monastero  salì  in  tanta  fama  e  riputazione 
che  molti  e  molli  legati  vennero  a  formarne  il  suo  ricco 
patrimonio.  Fra  i  quali  lasciti  merita  d'esserne  riportato  uno 
del  1106  dove  così  si  \egge:  Petrina  q,m  Michaelis , , ,  23er 
legatitm  assignat  imam  libram  argenti  monachis  s.  Cliry- 
sogoni  Jaderae  et  duas  mensuras  vini  pauperibus  Civita- 
tis . ,,  ac  mediam  suam^  domiim  in  confinio  s.  Thomae  (se, 
s.  Silvestri)  monialibus  ordinis  s.  Benedicti  s.  Mariae  de 
Nona,^  et  teriiam  partem  vineae  in  loco  Mocro,,  et  ter- 
ram  aratoriam  in  villa  s.  Bartholomaei,^  quam  habuit  Pe- 
trus de  Solardis  (rectius  Sloradis),  et  vineam  positam  Bonae^ 
unam  partem  monachis  s.  Chrysogoni  de  Jadra,,  alteram 
moìiachis  s.  Ambrosii  de  Nona^  tertiam  monialibus  s,  Be- 
nedicti de  Nona  eie.  :  Minacciata  la  città  di  Nona  nel  do- 
dicesimo secolo  dalle  armi  nemiche,  le  povere  monache  in- 
timorite pensarono  di  trasferirsi  altrove^  affine  di  vìvere  e 
servire  in  pace  il  Signore.  Abbandonarono  quindi  il  sacro  e 
caro  loro  asilo,  ed  associate  dall'abbate  di  s.  Ambrogio,  si 
recarono  in  Ungheria,  e  lì  fissarono  il  loro  domicilio  senza 
più  pensare  a  Nona,  onde  avvenne  che  il  convento  rimase 
affatto  deserto.  Dispose  però  il  Signore  altrimenti,  poiché 
avendo  i  Tartari  falla  incursione  in  quelle  parti  nel  1241 
mettendo  tutto  a  sacco  e  a  ruba,  ed  essendosi  molti  di 
quegli  abitanti  rifugiati  in  Dalmazia,  fra  ì  quali  Io  slesso  re 
Bela  IV,  per  isfuggire  l'ira  dei  barbari,  cinque  monache  do- 
minicane  del  convento  di  Vesprim,  di  nome  suor  Egìzia,  suor 
Cristina,  suor  Elena,  suor  Margarita,  e  suor  Maristella,  sen 
fuggirono  anch'esse  di  là,  e  a  Nona  si  ridussero  per  fis- 
sarvi la  propria  dimora.  Furono  di  buon  grado  accolte  dai 
nonesi,  fu  loro  concesso  dal  vescovo  il  monastero  di  s.  Maria 
per  asilo,  ed  assegnati  per  loro  dotazione  tult'i  beni  e  le 
rendite  antiche  delle  monache  benedettine.  Rimasero  soggette 
al  provinciale  domenicano  dell'Ungheria,  come  venne  con- 
fermato da  Bonifacio  IX  colla  sua  bolla  del  14  Aprile  1392 

17 


—  258  — 

ma  in  seguilo,  quando  la  Veneta  Signoria  prese  della  Dal- 
mazia il  possesso,  allora  furono  assoggettale  alla  Provincia 
domenicana  di  Dalmazia.  Alcun  tempo  dopo  abbandonarono 
la  regola  di  s.  Domenico,  abbracciarono  la  religione  france- 
scana, e  si  Sottomisero  alla  giurisdizione  del  vescovo  di  Nona. 
Accesasi  nel  1489  la  guerra  fra  i'ollomano  e  la  repubblica 
veneta,  temendo  esse  d'una  inimica  invasione  chiesero  al 
Senato,  e  con  Ducale  dell'  11  ottobre  1501  il  passaggio  ot- 
tennero da  Nona  in  Zara.  Il  giorno  11  marzo,  infatti,  del- 
l'anno successivo  1502.  accompagnate  dal  proprio  vescovo 
Giorgio  Difnico  si  trasferirono  a  Zara,  seco  traendo  quanto 
loro  perteneva.  all' infuori  del  sacro  corpo  di  s.  Marcella, 
che  dal  Comune  venne  loro  negato,  ed  anzi  per  maggior 
sicurezza  nella  cattedrale  trasferito.  Giunte  in  Zara,  furono 
in  via  provvisoria  alloggiate  in  una  casa  dell'or  estinta  no- 
bile famiglia  zaratina  Ferra,  situala  tra  il  prefettizio  palazzo 
e  la  torre,  che  d'allora  prese  il  nome  di  torre  di  s.  Marcella. 
Non  passò  molto  tempo  che  un'altro  asilo  più  comodo  e 
più  adatto  venne  loro  accordato  dall'arcivescovo.  Questa  fu 
la  collegiata  di  s.  Pietro  vecchio,  ovvero  della  Ss  Annun- 
ziata colle  case  del  rispettivo  pievano.  Là  colla  propria  in- 
dustria e  colle  obblazioni  dei  fedeli  si  edificarono  un  agiato 
e  decente  chiostro,  e  pel  loro  sostentamento  fu  lor  concesso 
dalla  s.  Sede,  e  dal  Senato  veneto  di  poter  conservar  il  pos- 
sesso dei  pochi  beni  di  Nona,  rimasti  dopo  la  devastazione, 
a  condizione  però  di  dover  accogliere  «lire  le  donzelle  no- 
stre, le  nonesi  eziandio,  come  allora  che  il  monastero  sus- 
sisteva. Frattanto  nuove  sciagure  sovrastavano  a  quella  mi- 
sera città,  la  quale  perchè  i  Turchi  non  vi  si  annidassero, 
era  due  volle  dai  veneti  incendiala.  Nella  seconda  di  tali 
devastazioni,  che  avvenne  del  1646,  furono  trasferite  in 
Zara  le  reliquie  dei  santi  Patroni,  e  nella  nostra  cattedrale 
riposte,  donde  nel  1656  trasportate  furono  solennemente  a 
s.  Marcella.  Da  ultimo  ne!  1782  furono  come  lo  abbiam 
detto  altrove,  a  Nona  restituite.  Furono  portate  in  proces- 
sione per  mare  fino  a  Peterzane,  e  di  qua  per  terra  al  suo 
antico  santuario:  nella  quale  occasione  fu  eslratta  una  ver- 
tebra della  santa  vergine,  e  regalata  alla  chiesa  di  s.  Mar- 
cella di  Zara  per  memoria  di  loro  dimora. 

Ritornando  ora  alla  prefata  collegiata  chiesa  di  s.  Maria 
di  Nona,  osserveremo,  che  allorquando  fu  decretalo  dal  Se- 
nato veneto  l'incendio  del  1646,  vennero  dapprima  gettate  a 


—  259   — 

terra  coi  bellici  slromentì  tanto  la  chiesa  che  il  chiostro 
riducendoli  un  ammasso  di  rovine,  i  cui  avanzi  si  conser- 
varono sino  negli  ultimi  tempi  in  un  orto  della  famiglia 
Piazza.  Fra  questi  si  annoveravano  sedici  grandi  capitelli  di 
squisito  lavoro,  probabilmente  quelli  che  tuttavia  esistono 
alle  porte  delhi  città,  ed  inollre  alcuni  pilastri,  pezzi  di  cor- 
nici e  di  colonne  ecc.  Così  andò  a  finire  la  più  bella,  la  più 
sontuosa  delle  chiese  di  Nona,  di  cui  non  se  ne  scorge  a- 
desso  neppur  le  traccie. 

V.  Chiesa  di  santa  Croce. 

La  quinta  chiesa  di  Nona,  indicata  nella  pergamena  del 
Cassio,  è  la  cappella,  delta  Costantiniana,  perchè  dedicala  all'  In- 
venzione della  santa  Croce:  Sacellum  Constantlnianum^  sub 
titillo  s,  Crucis.  Essa  è  perfettamente  uguale  nella  forma,  e  nella 
struttura,  e  perfino  nelle  dimensioni,  alla  chiesa  di  s.  Vito  di 
Zara,  sicché  pare  che  un  solo  fosse  stalo  d'ambedue  T architetto 
e  r  esecutore.  La  sua  forma  è,  infatti,  una  croce  greca,  poiché 
due  navale  egualmente  lunghe  metri  9  e  larghe  melri  3, 
s'incrociano  nel  mezzo.  Sopra  l' incrociamento  s'innalza  su 
quattro  pilastri  una  cupola  a  volto  reale.  Quando  fosse  stata 
edificala  non  consta.  Fattone  accurato  esame,  sopra  d'una 
lapide  fu  ritrovata  scolpila  la  seguente  iscrizione  s.  ^^  p. 
V.  Mocciv.  E.  ►^  s.  I.  dalla  quale  dedur  si  potrebbe  che 
nel  1304  fu  edificata,  ovvero  rislaurata,  e  dedicata  ad  onore 
della  santa  Croce.  Se  il  san  Vito  secondo  l'attestazione  del 
can.  Tanzlinger,  fu  eretto  nel  604,  perchè  non  potrebbe 
dirsi  altrettanto  di  questa  chiesa?  Ed  allora  la  suddetta  iscri- 
zione ne  ricorderebbe  la  rislaurazione.  Dall' anno  1697  in  pò 
questo  tempietto  serviva  di  Oratorio  al  conte  di  Nona  perchè 
allora  più  vicino,  ed  in  seguito  pressoché  al  suo  palazzo 
congiunto.  La  sua  campana  serviva  per  le  pubbliche  udienze 
e  radunanze.  Per  consuetudine  inveterata  il  conte  eleggeva 
il  cappellano,  il  quale  percepiva  le  rendite  annesse  a  questo 
semplice  beneficio.  In  seguito  uno  de'  sacerdoti  della  catte- 
drale celebrava  per  turno,  e  si  dividevano  fra  loro  le  ren- 
dite beneficiali.  L'anno  1767  ritornossi  alla  pratica  antica,  e 
s'incominciò  di  nuovo  ad  eleggere  il  beneficiato,  dal  quale 
posti  a  coltura  i  beni  abbandonati,  e  migliorate  le  rendite, 
fu  rislaurata  la  chiesa,  ed  il  beneficio  elevato  alla  rendita 
annua  di  40  zecchini.  Il  Visitatore  apostolico  Garzadorì  nella 


~  260  — 

sua  visita  di  Nona  del  1625  fa  memoria  di  questo  beneficio 
col  dire:  =  Il  beneficio  di  s.  Croce,  eh' è  il  più  pingue,  rende 
100  Ducati,  ed  è  di  juspalronato  del  magistrato  veneto  di 
Nona.  =  Questa  chiesa  è  T  unica  che  dopo  la  cattedrale  conser- 
vasi in  passabile  stato.  Pel  suo  pregio  artistico,  e  per  la  sua 
antichità  meriterebbe  di  essere  rislaurala,  ciocché  farsi  po- 
trebbe con  modica  spesa. 

VI.  Chiesa  di  s.  Giovanni  Battista  ed  annesso 
Convento  di  Domenicani. 

Una  bella  chiesa,  intitolata  a  s.  Giovanni  Battista^  esi- 
sisteva  ab-antico  nel  lato  boreale  della  città  di  Nona.  Quando 
fosse  edificata  non  consta.  Si  sa  di  certo  che  fu  ristaurala 
nel  1228;  onde  dedur  si  può  che  molto  tempo  prima  esi- 
stesse, per  cui  la  sua  fondazione  attribuire  si  dovrebbe  al- 
meno al  decimo  secolo.  Nei  ristauri  che  vi  si  fecero,  fu  ri- 
trovato un  mosaico,  rappresentante  la  decollazione  di  s.  Gio- 
vanni Battista. 

Salito  in  fama  dovunque  V  ordine  religioso,  istituito  da 
s.  Domenico,  ed  approvato  nel  1216  e  confermato  da  Onorio 
III,  il  vescovo  ed  il  rettore  di  Nona,  il  capitolo  e  il  clero, 
i  giudici  e  il  popolo,  bramosi  di  aver  anche  fra  loro  alcuni 
di  questi  zelanti  predicatori  del  vangelo,  ne  chiamarono  al- 
cuni da  Bologna  nel  1228.  Accolsero  essi  di  buon  grado 
l'invito,  e  quattro  di  loro  vi  si  recarono  tosto,  fra  i  quali 
Fr.  Jacopo,  uomo  di  santa  vita,  ed  uno  dei  socii  del  santo 
fondatore.  Fu  per  loro  uso  concessa  questa  chiesa  di  s. 
Giovanni  Battista  colle  abitazioni  adjacenti,  che  furono  colle 
elemosine  de'  fedeli  in  agiato  convento  ridotte.  Stabilitisi  i 
buoni  padri  in  cotesto  sacro  asilo,  si  diedero  ad  esercitare 
con  molto  zelo  la  predicazione,  le  funzioni  sacre,  e  le  pra- 
tiche religiose,  con  che  si  attrassero  molti  seguaci,  parecchi 
de^  quali  vestirono  l'abito  di  s.  Domenico.  Ecco  in  qual  modo 
il  vescovo  di  Nona  Demetrio  de  Matafari  nella  sua  relazione 
del  1357  diretta  al  Pontefice,  narra  un  tale  avvenimento; 
Ecclesia  s,  Joannis  Baptistae  ciim  suo  conventu  a  parte 
boreali  civitatis  a  fnndamentis  creda  fiat  circa  annum 
MCCXXVIII^  in  quo  fratres  praedicatores  cum  sito  primo 
priore  F»  Jacoho  iisque  ad  mcmerum  trigesinmm  morahantur  : 
dove  con  quelle  parole  creda  fuit  si  deve  intendere  la  sua 
riedificazione,  e  non   solamente   la  sua   fondazione,   trovan- 


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dosi  la  conferma  di  ciò  nella  pergamena  più  volle  citala,  e 
riportala  dal  Cassio  nelle  memorie  di  Nona  :  Anno  Christi 
MCCXXX VI  Episcopus  Nonae  B ,. .  visitationem  incoepit 
die  VII  marta  hujus  anni^  et  cura  monachis,  et  canonicis 
per  exit  in  Chorhaviam^  Likam^  Carniolam  , . . .  usque  ad 
idtimun  mare,  et  in  Vespriano  a  medicis  desperato^  du^ 
rante  invalitudine  infirmi^  deductus  fuit  Pagum^  uhi  raansit 
per  integrum  annum^  et  redux  Nonae^  licei  debilis  viribus^ 
visitationem  explevit^  et  numerum  Clericorum  auxit^  et 
tandem  plenus  meritis  ac  laboribus  ohdormivit  in  Domino^ 
ac  sepultus  fait  ante  Januam  Ecclesiae  Praecursoris  Christi^ 
ad  cujus  honorem  reaedificata  fuit  insignis  Basilica,  conse- 
crata  ritii  solemni  a  L.  Patriarcha  Gradensi^  assistentibus 
archiepiscopo  salonitano^  episcopo  nonensi,  et  aliis  vicinis 
episcopis^  ipso  rege  (Bela  IV)  sic  disponente^  a  quo  denuo 
aucta  fuit  auctoritas  Episcopi  Samsonis  Hungari^  sui  sue- 
cessoris^  ac  familiaris  ij^sius  piissimi  regis.  Dalla  quale  scrit- 
tura s'apprende  non  solo,  che  codesta  chiesa  fosse  stata 
riedificata  nel  1228,  come  di  sopra  accennamo,  ma  che  pur- 
anco  fosse  stata  solennemente  consacrata  da  Lorenzo  Pa- 
triarca di  Grado,  e  probabilmente  Tanno  1280,  quando  fu 
da  esso  pure  consacrata  la  chiesa  di  s.  Domenico  di  Zara. 
Salì  ben  presto  il  convento  di  s.  Gio.  Battista  in  cele- 
brità e  rinomanza  per  la  dottrina,  sapienza,  e  zelo  di  quei 
religiosi,  onde  il  celebre  annalista  Clodio  ne  fa  onorata  men- 
zione, non  meno  che  s.  Antonino  arcivescovo  di  Firenze,  il 
quale  nelle  sue  cronache  dominicane  così  si  espresse:  Con^ 
ventus  nonensis  famosus  in  Provincia  Hungariae,  Nel- 
l'archivio domenicano  di  Nona  si  conservavano  antiche  per- 
gamene e  manoscritti  che  d'esso  fanno  il  meritato  elogio  ;  da 
uno  de'  quali  si  rileva  che  cinque  di  codesti  padri  nel  1320 
furon  fatti  perire  di  fame  in  carcere  dai  conti  di  Bribir  per 
timore  non  avessero  a  rivelare  un  tradimento  ch'essi  conti 
ordito  avevano  contro  la  città  di  Nona.  Malgrado  l'insalubrità 
dell'aria,  e  non  ostante  il  continuo  avvincendare  dèlie  in- 
cursioni barbariche  colle  devastazioni  nemiche,  questi  reli- 
giosi si  mantennero  costantemente  nel  loro  convento  uniti 
e  disciplinati,  e  molti  anche  divennero  celebri  in  sapienza 
e  dottrina,  ed  illustrarono  il  loro  ordine  ed  il  proprio  con- 
vento colle  virtuose  loro  azioni,  fra  i  quali  sono  d'annove- 
rarsi un  Fr,  Giovanni^  dalmata  di  nascita,  soggetto  di  squi- 
sito ingegno,  e  di   rare  doti   di  spirito  e  di   cuore   adorno, 


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dalla  cui  fama  mosso  il  Pontefice  Urbano  V  lo  creò  arci- 
vescovo d' Antivari,  donde  lo  trasferì  il  12  luglio  1363  al- 
l' arcivescovato  di  Ragusa  :  un  Fr,  Gaspai^o  di  Nona,  mae- 
Irò  in  s.  Teologia,  religioso  di  singolare  perfezione,  e  di 
mirabile  attitudine,  omnibus  omnia  factus^  che  da  Clemente 
VII  meritò  di  essere  preposto  il  dì  25  maggio  1529  alla 
chiesa  Canoniense.  suff'raganea  dell' arcivescovato  di  Durazzo  : 
un  Fr,  Vincenzo  Moroso  dn  Zara,  licenziato  in  teologia, 
priore  nel  1596,  e  vicario  generale  del  vescovo  Bellotti  ; 
un  Fr.  Vincenzo  Vanacca,  priore  nei  1766,  lettor  biblico 
nel  convento  di  Zara,  e  vicario  generale  del  vescovo  di  Nona 
Giurileo  ;  senza  dire  di  tanti  altri  illustri,  che  ommettiamo 
per  brevità.  Ma  tempo  venne  in  cui  questi  ottimi  religiosi 
abbandonar  dovettero  e  la  chiesa  e  il  sacro  loro  asilo.  Al- 
l'avvicinarsi della  ottomana  potenza  fu  decretato  dal  veneto 
governo  l'incendio  di  Nona.  I  frati  nell'aprile  del  1645, 
dopo  aver  sotterrato  nella  sacrestia  quel  poco  di  buono  che 
possedevano,  sen  partirono  desolati,  e  si  stabilirono  nella 
villa  di  Bartolaz  o  s.  Bartolomeo,  vicino  a  Peterzane,  oc- 
cupandosi negli  esercizìi  di  pietà  e  di  religione.  Frattanto 
l'anno  successivo  1646  con  tutta  la  città,  e  chiesa  e  con- 
vento di  s.  Giovanni  Battista  furono  totalmente  avvolti  nella 
comune  catastrofe,  di  modo  che  neppur  vestigio  rimase  di 
questi  edifizii.  Svanito  dopo  alcuni  anni  il  timore  delle  in- 
cursioni turchcsche,  per  le  esortazioni  del  vescovo  Grassi  i 
domenicani  di  Zara,  cui  era  soggetto  il  convento  di  Nona 
si  indussero  a  ristabilirvisi,  onde  Tanno  1676  innalzala  una 
nuova  chiesa  e  convento,  vi  spedirono  due  religiosi  ed  un 
converso  per  ufficiarla,  ai  quali  restituirono  gli  antichi  loro 
beni,  che  nel  frattempo  tennero  in  propria  amministrazione; 
ma  non  andò  molto  che  furono  costretti  di  abbandonarli  di 
nuovo,  poiché  l'anno  1714  un  uragano  rovesciò  il  tetto 
della  chiesa  e  convento  riducendoli  inabitabili.  Coli' elemosine 
però  de'  fedeli  furono  nel  1740  rislaurati,  e  nell'  ospizielto 
vi  fu  spedilo  un  solo  religioso  per  farne  la  debita  ufficiatura. 
Colla  soppressione  delle  religiose  corporazioni  possidenti,  av- 
venuta l'anno  1807,  anche  il  conventino  di  Nona  andò  a 
finire,  e  la  chiesa  andò  a  poco  a  poco  a  perire,  non  es- 
sendo rimasta  della  medesima  se  non  che  la  sola  principale 
cappella  che  del  Rosario  attualmente  si  denomina,  e  che  serve 
attualmente  di  cappella  cimiteriale  comunale,  ed  il  rimanente 
convertilo  in  campo  santo.  Tre  confraternite  laiche  esistevano 


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in  quesla  chiesa,  la  prima  sotto  il  titolo  di  s.  Giovanni 
Battista-^  la  seconda  sotto  quello  della  Carità  al  T aitar  di  s. 
Catarina;  la  terza  del  Ss.  Rosario^  in  onor  del  quale  venne 
nel  1614  innalzato  altare. 

Vj[I.  Chiesa  di  s.  Michele  Arcangelo. 

Sin  da'  tempi  rimoli  esisteva  nella  città  di  Nona  una 
chiesa,  dedicata  al  Principe  della  uiilizia  celeste  s.  Michele 
arcangelo.  Se  ne  trova  memoria  in  un  istrumento  di  vendi- 
zione  d'una  casa,  stipulato  li  6  aprile  1413,  ove  leggesi: 
Petrits  q.m  Joannis  Persesgna^  stabilito  praetio  ducatorum 
triginta . . .  vendit  Antonio  Sensich  integram  domiiìn . . .  prope 
Ecclesiam  s.  Michaelis,  et  contra  muros  civitatis  a  parte 
australi^  e  transverso  eia  piiblica^  quae  ducit  ad  portam 
majorem.  Nelle  vicende  della  città  segui  la  sorte  delle  altre, 
per  cui  non  si  scorgono  neppure  i  ruderi  delia  medesima. 
Dopo  l'incendio  del  1646,  i  Nonesi,  memori  della  protezione 
di  questo  santo  arcangelo,  ne  fabhricarono  un'altra  nel  mezzo 
della  città  sulle  rovine  dell'anfiteatro  romano.  Essa  è  quella, 
che  ancor  oggi  si  vede  posta  in  un  sito  elevato,  e  che 
per  l'orma  e  grandezza  s' avvicina  a  quella  di  s.  Ambrogio, 
sopra  descritta.  Il  vaso  principale,  del  quale  non  rimasero, 
che  i  muri  perimetrali,  è  lungo  metri  15:21,  largo  7:53. 
La  cappella  maggiore,  fabbricata  a  volto  reale,  ha  una  lun- 
gezza  di  m.  4:85,  ed  una  larghezza  di  m.  5:65.  Quattro 
finestre  somministrano  la  luce  al  vaso  principale. 

In  questa  chiesa  aveva  sede  una  confraternita  laica 
molto  proficua,  poiché  aveva  lo  scopo  di  tener  lontani  dal 
territorio  nonese  i  malviventi,  che  dopo  le  lurchesche  in- 
cursioni si  erano  annidati  nei  luoghi  circonvicini,  ed  infe- 
stavano di  frequente  il  paese.  Portava  dessa  il  titolo  di  Lega\ 
aveva  il  suo  statuto,  di  leggi  salutari  provveduto,  e  con- 
fermato dal  Provveditor  Generale  Girolamo  Corner  con  sua 
terminazione  25  maggio  1681.  Due  nobili  col  titolo  di  Pre- 
sidi avevano  la  direzione  della  società,  ed  erano  incaricali 
d'invigilare  sull'osservanza  dello  statuto,  e  di  decidere  le 
questioni.  Teneva  essa  le  proprie  radunanze  nella  chiesa. 
Cessato  col  tempo  il  bisogno  di  una  tale  istituzione;  la  con- 
fraternita continuò  a  sussistere  non  più  col  titolo  di  Lega^ 
ma  con  quello  di  pia  associazione.  Essa  fu,  che  nel  1740 
fece  a  sue  spese   rislaurare  l'edificio,  il  quale  trovavasi   in 


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cattivo  stalo  a  motivo  dei  molti  scavi  che  vi  si  fecero 
dentro  e  fuori  per  iscoprire  antichità.  Le  rendile  di  questa 
chiesa  costituivano  un  heneficio  semplice,  che  al  principio 
del  secolo  XVII  venne  conferito  dal  vescovo  Biagio  Man- 
devio  a  suo  nipote,  che  fu  prima  Primicerio,  indi  Arciprete 
del  capitolo  di  Nona. 

Vili.  Chiesa  di  s.  Spirito. 

Poco  distanti  dalla  cattedrale  esistono  i  ruderi  d'un  an- 
tico monastero.,  cui  era  annessa  una  chiesa,  consacrata  allo 
Spirito  Santo^  della  quale  non  esistono  ora  che  i  muri.  Si 
hanno  memorie  che  ancor  nel  XIV  secolo  andasse  in  rovina, 
e  che  le  sue  rendite  fossero  in  semplice  heneficio  convertite. 
Onde  leggesi  quanto  segue  in  antiche  scritture  :  Anno 
MDXCVII  Dominus  Episcopus  nonensis  Horatius  Belloùis 
die  22  decembris  disposuit  Beneficium  s.  Spiritus  et  assi- 
gnavit  in  Chlarizze  Gognalia  XIII,,.  et.,.  Vicario  (re- 
nerali  nonensi -,,  et  mene  est possessor  R.  P,  F.  Vincentius 
Morosus  Theologus,^  et  Vicarius  Generalis  R.mi  D,  Epi- 
scopi nonensis, 

IX.  Chiesa  di  s.  Marco  Ev. 

Verso  la  porta  della  città,  dalla  parte  di  libeccio,  scor- 
gonsi  ancor  le  mura  dell'  antica  chiesa  di  s.  Marco  Ev,  Non 
si  ha  di  essa  però  memoria  nelle  antiche  scritture,  se  non 
che  i  terreni  ad  essa  appartenenti,  furono  compresi,  marcati 
e  confermati  nel  catasto  generale  di  Nona  del  1625  del 
Provveditor  Generale  Pietro  Civran,  sotto  il  titolo  di  terreni 
della  chiesa  di  s.  Marco.  L'abbate  commendatario  di  s.  Am- 
brogio n'era  il  beneficiato,  fino  tanto  che  questo  beneficio 
semplice  fu  al  capitolo  incorporalo  per  sovvenire  alla  sua 
indigenza. 

X.  Chiesa  di  s.  Antonio  abbate. 

Una  chiesa,  dedicata  a  5.  Antonio  abbate,^  fino  da  pri- 
schi tempi  esisteva  nella  città  di  Nona.  Che  fosse  assai  an- 
tica ne  fa  prova  ciò  che  sta  scritto  nel  patto  del  1327,  con 
cui  i  nonesi  si  diedero  alla  Signoria  veneta  allo  scopo  di 
essere  protetti  e  diffesi  da' nemici:  Ego  Zvitano    canonicus 


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s.  Aseli^  et  Plebanus  Ecclesiae  s.  Antonii  Magni,  Sulle 
sdruscite  fondamenta  dì  questa  chiesa  ne  fu  fabbricata  una 
più  piccola  nel  1502^  la  quale  fu  poscia  nel  1676  ristau- 
rata.  Il  beneficio  semplice,  annesso  alla  medesima,  fu  incor- 
porato alla  massa  capitolare  dopo  la  morte  del  veneto  sa- 
cerdote Gio.  Battista  Scarsini,  canonico  onorario  di  Nona. 
Sembra  che  questa  chiesa,  sia  quella  medesima  che,  poco 
distante  dalla  cattedrale,  è  nominata  oggidì  col  titolo  di  s. 
Antonio  di  Padova,  della  quale  ora  non  esistono  che  i  muri 
perimetrali,  della  lunghezza  di  metri  8  e  della  larghezza  di 
m.  4  non  compresa  T  abside,  che  serviva  di  sagrestia. 

XI.  Chiesa  dì  s.  Caterina  v.  e  m. 

Anche  ad  onor  di  s.  Caterina  v.  e  m.  era  consacrata 
una  chiesa  in  Nona,  di  forma  quadrilatera,  di  cui  non  si 
conservano  oggidì  se  non  i  soli  muri  esterni,  lunghi  m.  10:  24, 
larghi  m.  7.  Esisteva  al  principio  del  XIV  secolo,  come  ri- 
levasi da  un  testamento  di  quel  tempi,  ove  si  legge:  An- 
dreas Pauli graviter  decumbens^per  modum  legati  assignat,, . 
Ecclesiae  s.  Catharinae  extra  urhem  lihras  quinque  par- 
vorum.  Datum  et  rogatum  Nonae  die  VII  angusti  MCCCIX^ 
praesentihus  Ciriaco  Joannis  Canonico  s.  Aseli^  et  Marco 
Diacono,  Si  ritiene  sia  stata  distrutta  nel  1646.  Fu  ristau- 
rala  nel  1712.  I  terreni,  che  le  appartenevano,  costituivano 
un  beneficio  semplice  che  nel  1778  fu  unito  alla  massa  ca- 
pitolare. 

XII.  Chiesa  di  s.  Giovanni  Decollato. 

Una  edìcola,  innalzata  dai  nonesi  ad  onore  di  s,  Gio- 
vanni Decollato^  era  contigua  alla  cattedrale,  e  si  mante- 
neva colle  rendite  di  alcune  terre,  lasciate  da  benefattori. 
Neir  ultimo  incendio  del  1646  rimase  sfasciata.  Fu  ristaurala 
nel  1682,  dopo  di  che  serviva  ad  uso  di  aula  capitolare 
per  le  radunanze,  indi  per  deposito  delle  decime  ecclesia- 
stiche. A  motivo  della  sempre  crescente  divozione  verso  la 
Beata  Vergine  di  Leporine,  trovato  necessario  d' ingrandire 
la  sua  cappella,  fu  perciò  nel  1780  atterrata  la  chiesetta  di 
s.  Giovanni,  che  le  stava  dappresso.  Le  sue  rendite  vennero 
incorporate  alla  massa  capitolare.  Questa  chiesa  col  suo  be- 
neficio era  di  juspatronato  della  famiglia  Parenzi. 


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XIII.  Chiesa  di  s.  Giovanni  Ev. 

Poco  discosta  dalla  Collegiata  di  s.  Maria  v'  era  un 
tempo  una  chiesa  dedicata  all'  evangelisla  san  Giovanni, 
D'  essa  non  esistono  oggidì  neppur  le  vestigia.  Si  sa  sol- 
tanto, che  alcuni  beni  di  campagna  formavano  il  suo  modesto 
patrimonio,  il  quale  però  dopo  la  sua  distruzione  fu  unito 
alla  prebenda  del  Primicerio  capitolare. 

XIV.  Chiesa  di  s.  Cristoforo  martire. 

Ad  onor  del  glorioso  martire  s,  Cristoforo  fu  eretta  a 
Nona  in  tempi  assai  rimoti  una  bella  chiesa,  della  quale  si 
legge  quanto  segue  in  una  pergamena  dell'  archivio  cenobi- 
tico di  s.  Grisogono  di  Zara:  Item  Samson  Episcopits  cum 
quatiior  Ahbatihus  Monasteriorum  s.  Benedicti  Comitatns 
nonensis  consecravit  Ecclesiam  anno  MCCXLII,^  et  deinde 
Synodo  Nonae  indicto  subscripseriint . .  .  cìim  aliis  . . .  in 
consecrata  Ecclesia  s.  Chrystophori  Martyris  ah  ipso .  .  . 
Episcopo  . .  .  reaedificata  .  . .  Nonae.  Donde  si  rileva,  che 
dal  Vescovo  di  Nona  Sansone  fu  nel  1242  riedificata  e  con- 
sacrata la  chiesa  di  s.  Cristoforo,  e  che  quindi  doveva  aver 
esistilo  molto  tempo  prima.  Distrutto,  forse  nel  primo  incendio, 
le  sue  rendite  devolute  furono  agli  Abbati  Commendatari  di 
s    Ambrogio,  e  finalmente  incorporate  alla  massa  capitolare. 

XV.  Chiesa  di  s.  Stefano  Protomartire. 

Anche  al  Protomartire  s.  Stefano  era  stata  in  antichis- 
simo tempo  fabbricata  una  chiesa  nella  città  di  Nonn.  Nul- 
r  altro  dì  questa  chiesa  si  sa,  se  non  che  crollò  nel  1400, 
e  rimase  dalle  sue  rovine  nascosa.  Allora  nella  cattedrale 
venne  il  suo  altare  trasferito  per  l'  adempimento  degli  ob- 
blighi al  beneficio  inerenti.  Ma  quesl'  altare  non  esiste  più, 
come  pure  nulla  consta  della  fine  del  beneficio.  Sembra  sia 
stato  incorporato  alla  massa  capitolare. 

XVI.  Chiesa  di  s.  Maria  nuova. 

Fra  le  distrutte  chiese  di  Nona  se  ne  annovera  una 
col  titolo  di  s.  Maria  ìmova^  della  quale  nuli'  allro  consta 
se  non  che  il  beneficio    semplice,  annesso  alla  medesima,  è 


—  267  — 

stalo  trasferito  nella  cappella  della  B.  V.  dì  Leporine,  e  ad 
essa  incorporato. 

XVII.  Chiesa  di  s.  Nicolò. 

Fuori  delle  mura  di  Nona  dalla  parte  di  libeccio  sopra 
un  sito  eminente  s' innalza  una  chiesa  intitolata  s.  Nicolò 
con  tre  cappelletto,  le  quali  sostengono  un'  alta  torre.  Dagli 
archeologi  venne  dichiarato  monumento  de!  secolo  nono.  Era 
uftìciata  dal  clero  di  città,  specialmente  nelle  Rogazioni.  Ora 
è  sdruscita  e  cadente.  Jl  suo  beneficio  semplice  fìi  annesso 
alla  prebenda  del  primicerio.  Nelle  vicinanze  dì  questa  chiesa 
scorgonsi  alcune  muraglie  che  sembrano  avessero  fatto  parte 
di  antico  acquidotto. 

XVIII.  Chiesa  di  s.  Lazzaro. 

Vicino  le  porle  della  città  esisteva  un  tempo  una  chiesa 
sotto  il  titolo  di  s.  Lazzaro^  e  ad  essa  eravi  unito  un'  ospi- 
tale pei  poveri  e  pei  pellegrini  non  ancora  terminato  nel 
1448,  al  quale  certo  Paolo  Schornich,  cittadino  di  Nona 
lasciò  in  suo  testamento  la  quinta  parte  della  sua  facoltà  : 
Quinta  parsj  eccone  il  testo,  impendi  voluit  in  absolvendam 
ac  dotandam  domum  hospitalem  s.  Lazari,  quae  prope 
januam  civitatis  jamdudum  coepta  erat  aedificari.  Neil'  in- 
cendio del  1646  furono  totalmente  distrutti  e  chiesa  ed 
ospitale,  per  cui  non  se  ne  conoscono  ora  che  le  sole  traccio. 
Secondo  il  testamento  V  amministratore  dovea  esserne  1'  ar- 
ciprete, e  commissario  il  vescovo  di  Nona. 

Chiese   ^uburbane. 

1.  Chiesa  di  s.  Vito  martire- 
Fra  Nona  e  Brevilacqua  nel  mezzo  della  campagna 
esìsteva  una  chiesa  intitolata  a  s.  Vito  martire,  di  cui  si 
trova  memoria  nel  catalogo  dei  benefici  nonesi,  redatto  dal 
vescovo  Demetrio  de^  Matafari  l'anno  1357,  ed  in  altro 
del  vescovo  Bellotti  1'  a.  1597.  Era  un  tempo  chiesa  paroc* 
chiale  d'  un  villaggio  che  fu  intieramente  distrutto  dai  Turchi 
nel  1570,  in  cui  ruderi  si  scorgono  ancora  al  dì  d'  oggi. 
La  chiesa  fu  ristaiirata   nel   1598^  e  dalle   sue   rendite  for- 


—  268  — 

malo  un   beneficio    semplice,    che    fu  alla    mensa    capitolare 
unito  nel   1778. 

2.  S.  Giorgio  martire. 

Una  chiesetta,  dedicata  al  martire  s.  Giorgio^  esisteva 
una  volta  in  poca  distanza  dalla  città  nel  sobborgo,  detto 
Clarizze.  Fu  rovinata  l'anno  1646,  e  ristaurata  l'anno  1768 
dal  maestro  muratore  Girolamo  Babin,  borghigiano  di  Zara, 
il  quale  morì  prima  di  condurla  a  termine.  I  beni  di  cotesta 
chiesetta,  convertiti  poscia  in  beneficio  semplice,  furono  nel 
1778  incorporati  alla  mensa  capitolare. 

3.  Chiesa  di  s.  Barbara  V.  M. 

Nella  via,  che  conduce  a  Hrevllacqua,  sussistono  ancora 
le  muraglie  di  una  chiesa,  consecrata  in  onore  di  s.  Bar- 
bara vergine  e  martire.  I  terreni  di  sua  proprietà  furono 
compresi  nel  pubblico  catasto  sotto  questo  titolo,  ed  in  se- 
guito assegnati  in  aumento  dell' arcidiaconale  prebenda.  Di 
essa  nuir  altro  si  è  potuto  sapere. 

4.  Chiesa  di  s.  Margarita  V.  M. 

In  onor  di  s.  Margarita  F.  M,  esisteva  anticamente 
una  chiesa  sulla  strada  di  Verchè.  Oggidì  non  se  ne  vedono 
che  le  fondamenta,  presso  le  quali  trovavasi  collocala  una 
gran  pietra,  sopra  cui  si  poggia  la  statua  della  Beata  Ver- 
gine di  Leporine  nella  processione,  che  si  fa  sino  al  romi- 
taggio di  Zezevaz,  il  primo  giorno  delle  Rogazioni  per  be- 
nedire le  campagne.  Fu  ridotta  anche  questa  chiesa  a  be- 
nefìcio semplice,  che  pria  venne  annesso  alf  abbate  commen- 
datario di  s.  Ambrogio,  e  poscia  incorporato  alla  massa 
capitolare  nel  1778  dal  vescovo  Giurileo. 

5.  Chiesa  di  s.  Lorenzo  martire. 

Posla  su  dì  un  colle  nella  via  di  Verchè  eravi  una 
chiesetta,  al  gloriosissimo  martire  s.  Lorenzo  dedicata.  Non 
rimasero  di  essa  che  le  sole  sdruscite  muraglie.  I  suoi  ter- 
reni vennero  attribuiti  all'  arcipresbiterale  prebenda. 


—  269  — 

6.  Chiesa  dei  Santi  martiri  Cosmo  e  Damiano. 

Nella  campagna  di  Novoselci,  ov'  era  un  tempo  una 
bella  villa,  la  quale  fu  dalla  peste  intieramente  distrutta, 
esisteva  una  chiesetta,  dedicata  ai  Santi  martiri  Cosmo  e 
Damiano.  Si  vedono  oggidì  le  sole  muraglie,  e  dentro  e 
fuori  alcune  lapidi  sepolcrali.  I  beni,  alla  medesima  annessi, 
furono  convertiti  in  beneficio  semplice,  il  quale  venne  dippoi 
incorporato  alla  prebenda  dell'  arcidiacono  capitolare. 

7.  Chiesa  di  s.  Matteo  apostolo. 

In  antichi  documenti  si  trovano  memorie  di  una  chiesa 
di  s,  Matteo  apostolo  situala  sulla  punta  di  Clarizze  vicino 
al  porto.  Oggidì  non  se  ne  scorgono  neppur  le  traccio.  Però 
i  suoi  beni  nel  1587  costituivano  un  beneficio  semplice, 

8.  Chiesa  di  s.  Maria  della  neve. 

Esìste  memoria  in  antiche  scritture  di  una  chiesa  de- 
dicala alla  B.  V.  della  neve.  Non  consta  dove  fosse  situala. 
Si  sa  che  era  di  juspatronato  della  nobil  famìglia  nonese 
Parenzi. 

9.  Chiesa  di  s.  Paolo  e  convento  di  Domenicani. 

Verso  la  torre  di  Zaton  vecchio  al  mare,  in  luogo 
detto  Sacgoniato,  o  come  altri  vogliono  Podgraje,  esisteva 
nei  prischi  tempi  una  chiesa,  intitolata  a  s,  Paolo^  alla  quale 
era  annesso  un  convento  di  Domenicani,  di  cui  ora  non 
veggonsi  che  poche  vestigia,  quantunque  se  ne  conservi 
memoria  in  una  antica  pergamena.,  ove  leggesi:  Ecclesia 
Fratrum^  s,  Pauli  Ordinis  s.  Dominici  extra  civitatem  Nonae 
in  Podgraje  habet  Monasterium  satis  amplum. 

10^  Chiesa  di  s.  Giorgio  di  Copriva,  ed  Abbazia 

di  Benedettini. 

Presso  Obbrovazzo  sulle  rive  del  fiume  Zermagna  s'in- 
nalza la  chiesa  abbaziale  di  s.  Giorgio  martire  a  cui  era 
annesso  un  monastero  di  monaci  benedellini  assai  celebre 
ed  antico,  dì  cui  si  fa  menzione  in  vaiì  documenti,  e  spe- 


—  270  — 

cialnienle  nella  convenzione  stipulala  V  anno  1253  Ira  il 
clero  ed  i  nobili  di  Nona.  Troviamo  l'abbazia  nel  XVI  se- 
colo dalla  sanla  Sede  a  chierici  secolari  commendala.  Fra  i 
quali  è  da  annoverarsi  il  canonico  di  Zara  Giovanni  Rati- 
cicli  nel  1596,  Pietro  Ricci,  arciprete  di  s.  Girolamo  do- 
gi'Illirici  di  Roma  nel  16 1 9,  nel  1623  il  canonico  di  Zara 
Matteo  Giuradini^  nominato  da  Urbano  Vili  e  nel  1661 
altro  Matteo  Giuradini^  suo  nipote,  il  quale  fu  eletto  da 
Alessandro  VII,  e  prestò  il  suo  giuramento  qui  in  Zara  nella 
chiesa  delle  monache  benedettine  di  s.  Marcella.  Troviamo 
ancora  Pietro  Dragolio^  col  titolo  di  Abate  di  s.  Giorgio  di 
Copriva  nel  1735,  e  per  ultimo  Giovanni  Fini^  nominato 
nel  1738,  e  morto  nel  1778;  dopo  di  che  l'abbazia  fu  dal 
vescovo  Giurileo  alla  mensa  del  capitolo  incorporata. 

11.  Chiesa  di  s.  Croce. 

Una  chiesetta,  posta  vicino  alla  porta  boreale  della  città, 
era  intitolata  alla  s.  Croce.  Serviva  di  cappella  alla  Fortezza 
che  difendeva  da  quella  parte  la  città  di  Nona,  come  consta 
da  antiche  scritture. 

12.  Chiesa  di  s.  Elena. 

Sulle  sponde  del  mare  dalla  parte  sinistra  della  città 
esisteva  la  chiesa  di  5.  Elena.  Si  veggono  ancora  le  antiche 
sue  rovine,  coperte  dalle    acque.  S'appellava  pure    s.  Luca. 

13.  Chiesa  di  s.  Gregorio  Papa  e  monastero 

di  Templari. 

Non  lungi  dalle  mura  di  Nona,  dal  lato  di  borea,  esi- 
steva nei  tempi  andati  un  magnifico  tempio  dedicato  a  s. 
Gregorio  Papa,  con  annesso  monastero,  edificati  l'uno  e  l'altro 
nel  decimo  secolo  dall'ordine  dei   Templari,  come  ci  avvisa 

10  storico  Cresimiro  Frescot  nella  sua  opera  de  regno  Dalm. 
et  Croat.  P.  II,  p.  91.  Né  delTuno,  né  dell'altro  si  scor- 
gono attualmente  i  vestigli.  1  beni,  convertiti  in  beneficio 
semplice,  vennero  uniti  alla  mensa  capitolare, 

11  venerando  anacoreta  Ivan  cioè  Giovanni  il  Santo. 

In  sul  principio  del  secolo  nono  il  re  croatino  Gosli- 
mulo,  detto  Linderaulo  il  giovine,  mentre  trovavasi  a  Nona 


—  271      - 

in  qualità  di  Zupano,  ebbe  da  Elisabella  sua  moglie  un  fi- 
glio, cui  nel  battesimo  impose  il  nome  slavo  di  Ivan^  che 
in  lingua  italiana  significa  Giovanni.  Allevato  ed  educalo 
santamente  dalla  buona  madre  nella  cristiana  religione,  sin 
da  giovinetto  si  diede  tutto  alla  cristiaaa  pietà,  esercitandosi 
specialmente  nella  orazione,  e  negli  atti  di  penitenza  e  di 
mortificazione.  Grande  era  la  divozione  che  professava  verso 
il  Precursore  s.  Giovanni  Battista,  di  cui  portava  il  nome, 
talché  volendo  anche  imitarlo  nell'eroiche  sue  virtù,  assi- 
stito dalla  grazia  divina,  diede  un  addio  di  cuore  ai  suoi 
parenti,  ed  abbandonata  con  animo  risoluto  la  casa  paterna 
ed  il  mondo,  andò  vagando  pei  monti,  finotantochè  arrivò 
in  Boemia,  ove  tre  leghe  distante  da  Praga  fissò  la  sua 
dimora  in  un'orrida  spelonca.  Li  si  consacrò  intieramente  a 
Dio,  e  menando  una  vita  di  rigorosa  penitenza,  esercita- 
vasi  nelle  più  austere  pratiche  di  pietà  e  di  divozione.  Di 
nuir altro  cibavasi  se  non  che  del  latte  d'una  cerva,  che 
per  divina  disposizione  gli  si  era  addimesticata.  Il  demonio 
pertanto,  che  vedeva  di  mal' occhio  la  santità  del  servo  di 
Dio,  si  pose  a  molestarlo  con  molte  tentazioni,  ch'egli  sof- 
ferse per  ben  due  anni  continui  con  somma  pazienza.  Stanco 
però  da  tanta  e  sì  fiera  persecuzione,  pensò  di  cangiar  di- 
mora ;  ma  mentre  dirigeva  altrove  i  suoi  passi,  ecco  venirgli 
incontro  il  suo  protettore  s.  Giovanni  Battista,  chiedendogli 
dove  e  perchè  se  ne  andasse.  Avendogli  risposto  il  servo 
di  Dio  qual  n'era  la  cagione,  il  santo  Precursore,  avuta 
compassione  delle  ancor  imperfette  virtù  di  lui,  il  persuase 
a  ritornarsene  al  primiero  suo  domicilio,  e  a  disprezzare  le 
suggestioni  del  nemico,  e  Io  confortò,  col  porgli  in  mano 
una  croce,  ad  aver  fiducia  in  Dio,  assicurandolo,  che  con 
quella  l'avrebbe  messo  in  fuga  disperata.  Ascoltò  egli  i  sug- 
gerimenti del  santo  suo  protettore  ed  avvocato,  e  sen  tornò 
nella  prediletta  sua  spelonca  munito  del  segno  della  reden- 
zione: e  lì  continuò  a  condur  vita  penitente  per  quarantadue 
anni,  quattordici  dei  quali,  affatto  ignoto  al  mondo,  senza 
mai  veder  faccia  d'uomo.  Con  quella  croce  divenne  trion- 
fatore del  demonio,  ed  in  santità  fece  grandi  progressi.  Vo- 
lendo però  il  Signore  render  manifesta  al  mondo  la  santità 
del  suo  servo,  permise  che  il  Duca  di  Boemia  Borivoio, 
trovandosi  a  caccia,  ferisse  la  suddetta  cerva,  la  quale  ge- 
mendo corse  alla  spelonca  dell'eremita.  Su'le  traccio  san- 
guinose   del  benefico    animale  andò    dietro    il  Duca,  ed    ar- 


~   272    - 


rivai»  al  wàm  hMméé^  bramo  asci  faori.  e  rìnproyeroUo 
ài  arer  ferìla  la  saa  nairice  AH*  orrevole  aspetto  e  alle  ^ravi 
parole  dell' aoacoreta  cootorbossi  Borìvoio  tolto  coafuso  e 
ritrasse  il  piede  da  qaeli*  orrido  abitaro.  Se  non  che  soprag- 
giaali  i  saoi  coaipa^  di  caccia,  prese  coraggio,  e  si  fece 
ad  interrogare  eoo  soouno  rispetto  il  sanlo^  e  scongiurarlo 
a  fKi^  ia  BOBK  di  Dio  chi  egli  fosse,  e  qiial  si  fosse 
il  boIìto  cke  T  iodasse  a  Tìrere  io  quella  solilodiiie  così 
spaTenlevole.  Il  santo,  adito  il  nome  di  Dio.  gli  anmi- 
féalò  ii  sao  casato,  la  patria,  i  parenti,  ed  aggionse  che 
y  aolo  éeùimo  di  servire  Iddio  V  aveva  indotto  a  pren- 
der qaeUa  rìsolaxiooe.  Pieno  di  ammirazione  ritornò  il 
Duca  colla  sna  comitiva  alla  soa  regia,  e  raccontò  alia  sua 
moglie  Ladmilla  V  avvenuto.  Udite  le  meraviglio  del  saato. 
la  religiosissima  donna  mostrò  grande  braaia  di  vederlo,  onde 
Borivoio  spedì  colà  on  prete  di  nome  Paolo,  eoa  sei  servi, 
coli'  ordine  di  condarlo  alla  saa  regia.  Si  arrese  il  saalo, 
beackè  di  maliacoore.  all'invito,  e  recossi  con  loro  alla  città 
di  Tetina.  Con  sooima  riverenza  e  spiritoale  allogreijui  lo 
accolsero  i  doe  SovranL  professandogli  la  più  religiosa  vo^ 
■eranone.  Passalo  colà  qualche  tempo  in  santa  coBversazioae, 
r  eremita  pregò  di  essere  ricoadotto  al  suo  romitaggio  da 
coloro  slessi  ^e  l'avevano  accompagnato  a  Tetina.  inslaado 
afiackè  dopo  Irò  giorni  gii  spedissero  ea  sacerdote  eoa  la 
Ss.  Eucaristia,  esseadogli  slata  nvebta  da  Dio  la  prossima 
saa  parteaia  da  questo  moada.  Cosi  infatti  aweaae.  Rice- 
▼alafai  con  soanna  divoxioae,  illaslrato  da*ragfi  cdofli,  ae 
ne  volò  ia  seno  a  Dio.  ia  età  decrepita,  il  dì  25  di  gia^ao 
deUanao  904,  dopo  qaaraatadae  anai  di  vita  eremitica  o 
penitenle.  Prima  di  esalare  lo  spirito  consegaò  al  sacerdote 
Paolo  la  croce,  che  ricevuta  aveva  in  vita  da  s.  Giovaaai 
Battista. 

Avaia  Bolìxia  defla  prenosa  aMMie  di  lai.  Borivoio  a^- 
coa  f  ■dariili,  sopra  la  spelonca,  ove  voile  il  santo 
sepolto,   iaaalaarono    nn    convento  ed  aaa   chiesa  ia 

di  8.  Giovanai  Baltisla.  li  dotaroao  di  ricchi  proveaU, 
e  i  coMegnaroao  ad  alesai  sacodoli  perdile  lo  aUiaasoro  e 
la  aficiaasera.  la  segnto^  caoè  ari  1020,  fnoM  dati  ia 
maao  ai  Padri  BeBcdettOB.  Avndo  poscia  Udio  af|rovala  la 
saoUtà  del  sao  servo  eoa  aMAi  anmeirii,  f  hipuatore  Carlo 
IV,  re  di  Boeaua,  tatà  veaire  àsM  Dalamia  alcaai  religioai 
decadila  ordiae  di  s*  Bcfdctia^  i  qaali  possedevaao  la 


—  2T3    - 

lingaa  slava,  loro  donò  e  la  dÙBsa  ed  il  cenobio,  dopo  di 
averlo  forDitó  di  un'amplissima  biblioteca  di  opere  slave.  Il 
corpo  dei  saolo  anacoreta  Ivano  cooservasi  iacorroUo  in 
uq'  urna  posta  nella  spelonca,  ove  mori,  la  quale  fu  con- 
vertita in  noa  magnifica  cappella.  Fu  visitato  questo  sastuario 
Bel  liso  da  alcuaì  pellegrini,  i  «pmli  veneraroBO  il  sacro 
deposito  sopra  di  cui  lessero  la  segueotc  iscrizioDe  : 

SAXCTVS  IVAN  CROATVS  HIC  JACET. 

Vedi  gli  Annali  Boemi  di  Nic-olò  Salio,  gli  Aimali  del  Sufia, 
9  («ìovaoai  Tonico  Marna  vizio  nella  sna  opera  =  Ecclcsiae 
llbfricanae  /oecundàas  =) 

Lepurine. 

Lungi  da  Xona  5  mioflia.  dalla  parte  di  settentrione, 
trovasi  una  penisola,  de^iouiinata  Lepuriiie^  sulla  cui  punta 
di  meiiodì.  appellata  dagli  slavi  Zec.  Zecevo.  ed  anche  Ze- 
cevac.  giace  una  piccola  antichissima  chiesa,  dedicata  a 
Maria  Vergine,  con  un  attigua  torriciuola  di  forma  quadrata 
ma  sdruscila.  egualmente  ajitica.  sovrapposta  alla  volta  del 
nicchio,  sotto  del  quale,  ne*  tempi  andati,  stava  collocata  una 
divotissima  statua  di  Maria  Ss.  Lì  dappresso  vi  sono  inoltre 
alcuni  avanzi  di  edifizii.  rovinati  dal  tempo.  Questo  sito  ha 
il  nome  slavo  di  Zec^  che  in  italiano  significa  lepre^  donde 
L^punne  fu  denominata  la  penisola,  forse  dall'abbondanza 
di  lepri,  che  vi  hanno  dimora.  Si  appellava  un  tempo  Eo- 
vìilorio  di  Lepurine.  poiché  un  conventino  di  Eremiti  venne 
ab  antico  eretto  presso  la  suddetta  edicola,  il  quale  perciò 
appella  vasi  Eremo  di  s.  Maria  di  Lepurine.  Esisteva  que- 
st'eremo nel  1335.  nel  qnal  anno  vVera  un  monaco,  di  nome 
fra  Matteo.  Fu  soppresso  nel  1763.  Era  diretto  da  un  priore, 
come  si  rileva  da  scrittura  del  1474.  ove  si  legge:  =  T^e- 
nerabili  viro  D:  Frai.  Fttro  Prioj*i  Ecclesiae  Sanctcìe 
^fariae  de  Leporine  =.  Nel  157S  era  intitolalo  col  nome 
di  beneficio  semplice  della  Madonna  di  Lepurine.  del  quale 
fu  investito  nel  1596  il  capitolo  di  Nona  dalla  Repubblica 
veneta.  Aveva  questo  beneficio  buona  quantità  di  terreni  nel 
territorio  stes>o.  ma  il  tempo,  le  guerre.  gPincendii  ne  fe- 
cero perire  f  autenticità  del  possesso.  Di  presente  la  chie- 
suola viene  mantenuta  colle  elemosine  dei  fedeli  delle  cir- 
convicine isole,  e  dei  villaggi  di  terraferma. 

18 


—  274     - 

L'epoca,  in  cui  fu  scolpita  la  statua  suaccennata,  è 
ignota.  Certo  è,  che  nel  secolo  decimoquarlo  esisteva,  come 
si  desume  da  varii  monumenti  autentici.  Nella  irruzione  de' 
Turchi  del  decimoquinto  secolo  fu  asportata  da  quei  barbari, 
indi  da  essi  restituita^  ovvero  dalla  pietà  dei  fedeli  riscattata. 
In  occasione  dell'incendio  di  Nona  del  1646,  descritto  a 
pag.  188,  fra  gli  altri  sacri  pegni  fu  trasferita  anche  questa 
miracolosa  effigie  in  Zara,  e  riposta  nella  cattedrale,  ove  ri- 
mase, finché  mitigate  le  cose  della  guerra  turchesca  in  Dal- 
mazia, fu  restituita  a  Nona,  e  collocata  nella  cappella  attigua 
alla  sua  chiesa,  allora  cattedrale,  ove  oggidì  ancora  si  trova. 

La  somma  venerazione,  che  professano  a  questa  sacra- 
lissima  immagine  le  genti  del  contado  e  dell'  isolano  è  pro- 
vata dal  concorso  straordinario  di  fedeli,  che  vi  accorrono 
ogni  anno  nel  lunedì  delle  Rogazioni.  In  questo  giorno  viene 
portala  da  quattro  religiosi  alla  spiaggia,  fino  al  molo  detto 
della  Madonna,  da  dove  in  una  navicella,  decentemente  ad- 
dobbata, si  trasporta  allo  scoglio  di  Lepurine.  Colà  giunti, 
cantata  la  messa,  e  recitato  un  breve  sermone  in  slavo  in 
lode  della  Vergine,  indi  cantato  il  vespero  e  le  litanie  lau- 
retane,  si  ritorna  colla  stessa  barca  al  molo  di  Nona,  da 
dove  levata  l'imagine  con  solenne  processione  si  ripone 
suir  aitar  maggiore  della  chiesa  arcipretale-parochiale  per 
poi  ricollocarla  solennemente  nella  sua  cappella  nella  festa 
dell'Ascensione  del  Signore  dopo  le  sacre  funzioni. 

Miracolosa  apparizione  della  Beata  Vergine 

a  Leporine. 

Era  il  21  aprile  dell'anno  1516  quando  una  pia  e  dì- 
vola  vedova  di  nome  Elena  Grubissich.  trovandosi  verso 
sera  in  una  sua  vigna,  posta  vicino  ad  un  monte  detto  Greda^ 
da  bora  della  valle  di  Jassenovo,  le  apparve  Maria  Santis- 
sima vestita  di  bianco,  sopra  un  tronco  di  vite,  e  le  disse, 
che  lasciò  nella  sua  chiesa  di  Lepurine  l'Indulgenza  plenaria 
ogni  lunedì,  ma  che  volendola  alcuno  conseguire,  dovea  digiu- 
nare quel  giorno  in  pane  ed  acqua,  e  far  celebrare  una  messa 
nella  chiesa  di  s.  Giacomo  '),  ove  gradiva  di  essere  onorata, 
come  fosse  nella  propria  sua  chiesa,  e  ciò  detto  disparve.  Ritor- 


')  Questa  chiesa   è  situata  vicino   al    mare,   e  non  lungi  dalla   strada,  che 
da  Nona  conduce  a  Verchè. 


—  275  — 

nata  Eiena  piena  di  stupore,  s' inviò  frettolosa  verso  la  detta 
chiesa  di  Lepurine,  e  nell' avvicinarsele,  la  campana  cominciò 
da  sé  sola  a  suonare,  ed  entrata  vide  la  Beata  Vergine, 
come  se  l' era  fatta  vedere  nella  vigna,  ed  in  un  subito  sparì. 
Un  altro  giorno,  che  fu  ai  4  di  maggio  dell'anno  stesso, 
mentre  se  ne  stava  questa  pia  donna  ad  ora  di  vespero  in 
orazione  innanzi  l'immagine  della  suddetta  Beata  Vergine  di 
Lepurine,  e  con  fervore  la  supplicava  di  darle  un  qualche 
contrassegno  in  conferma  della  sua  miracolosa  apparizione 
e  dell'ordine  commessole,  osservò  che  dall'occhio  destro 
della  sacra  immagine  e  poi  dal  sinistro  scendevano  succes- 
sivamente le  lagrime.  Elena  a  tal  vista  sbalzò  in  piedi,  e 
corse  a  chiamare  il  primicerio,  che  si  trovava  nello  scoglio 
unitamente  al  vicario  del  vescovo  di  Nona,  ed  altri  sacer- 
doti e  persone  secolari  e  raccontò  loro  il  fatto.  Accorsero 
tutti  in  chiesa,  e  riconobbero  la  verità  dell'esposto.  Nel  giorno 
stesso  avendo  approdato  a  Lepurine  varii  passeggieri  colle 
loro  barche  per  far  acqua  nella  cisterna  di  quella  chiesa,  ed 
essendo  partili,  ed  inoltrati  ben  nel  mare,  udirono  che  la 
detta  Elena  Grubissich  gridava  ad  alta  voce  dalla  riva:  Mi- 
racolo^ miracolo^  miracolo.  Intesa  tal  voce  ritornarono  in- 
dietro, e  scesi  a  terra  corsero  a  vedere,  e  trovarono  che 
dall'occhio  destro  della  benedetta  effigie  grondavano  vere 
lagrime. 

Mosso  da  queste  e  da  altre  evidenti  prove,  colle  quali 
Maria  Ss.  fece  conoscere  che  aveva  scello  quello  scoglio 
per  essere  particolarmente  onorata,  il  vescovo  di  Nona  mons. 
Giorgio  Difnico  di  f.  m.  ne  assegnò  l'annua  rimembranza  di 
tali  prodigi  ai  5  di  maggio,  ciocché  si  osserva  anche  al 
giorno  d'oggi.  Le  continue  grazie  che  Iddio  Signore  si  degnò 
d' impartire  per  mezzo  di  questa  gloriosa  immagine  accrebbero 
in  seguito  sempre  più  la  divozione  verso  la  gran  madre  del- 
l'eterno Verbo.  E  veramente  un  magnifico  spettacolo  nel  lu- 
nedì delle  Rogazioni,  quando  si  fa  la  solenne  processione 
colla  venerabile  statua,  il  vedere  numeroso  popolo  gettarsi 
a  terra  ginocchioni,  e  colle  palme  unite  pregare  fervorosa- 
mente la  Vergine  ;  bello  é  il  vedere  i  voti  continui  che  ven- 
gono presentati  ed  appesi  in  testimonianza  delle  grazie  ri- 
cevute; commove  l'animo  l'osservare  parecchi  a  fare  a  piedi 
scalzi  lungo  tratto  dì  strada,  ed  in  umile  atteggiamento  ed  in 
dirotte  lagrime  entrare  nel  tempio.  Tultociò  chiarisce  in  questo 
popolo  una  gran  fede,  ed  una  gran  divozione  a  Maria. 


—  276  — 

Stabilimento. 

Lo  Stabilimento^  situalo  ad  un  miglio  di  disianza  da 
Nona,  ebbe  origine  nel  1786.  Venne  fondalo  da  Girolamo 
Manfrin,  il  quale  indigeno  italiano,  erasi  accasalo  qui  in  Zara  col- 
la illustre  famiglia  zaratina  dei  Molaiche  rimase  estinta  nel  1852 
colla  morie  di  Elisabetta  consorte  al  farmacista  Girolamo 
Bianchi.  Lo  eresse  per  la  coltivazione  del  tabacco,  dispendian- 
dovi  nei  soli  primi  quattro  anni  l'ingente  somma  di  213,000 
ducati  d' argento.  Conta  95  anime,  quasi  tutte  di  famiglie 
italiane,  condottevi  da  esso  lui,  ad  uso  delle  quali  vi  edi- 
ficò pure  le  necessarie  abitazioni.  Nel  grandioso  edifizio  vi 
innalzò  anche  una  cappella,  e  la  dedicò  al  dottor  s.  Girolamo. 
È  tuttora  degno  d'  uno  sguardo,  benché  decaduto  dalla  ori- 
ginaria sua  istituzione,  dopo  l'estinzione  della  Repubblica  ve- 
neta, e  da  un  incendio,  pochi  anni  fa  quasi  distrutto. 

E  lo  Stabilimento  una  cooperatura  della  parochia  de- 
canale di  Nona. 

Ritornando  ora  alle  parochie  litorali,  parleremo  di  Ljuba. 

Ljuba. 

Ad  una  delle  estremità  di  settentrione  della  diocesi  di 
Zara,  alle  sponde  del  canale  di  Povljana,  sopra  d'un  alla  ripa, 
siede  la  villa  di  Ljuba  o  Ljuhalj.  parte  da  muro,  e  parte 
da  macerie  precinta.  È  distante  da  Gruhe  7  miglia  e  5  da 
Poijizza.  Ha  da  ogni  lato  spaziosissime  cjimpagne,  traversate 
da  profondi  torrenti,  e  non  lungi  un'antio.  famoso,  ed  ora 
distrutto  castello,  che  portava  pure  il  nome  di  castello  di 
Ljuba,  Castrum  Jubae^  denominato  in  pergamena  del   1205. 

Fu  questa  villa  in  antico  parochia.  e  come  tale  sus- 
sistette fin  al  1851.  in  cui  divenne  cappellania  esposta  del 
decanato  di  Rasanze.  Aveva  267  abitanti  nel  1754.  ed  at- 
tualmente non  ne  ha  che  216.  Appartenne  sempre  alla  dio- 
cesi di  Zara,  quantunque  vicinissima  a  Nona. 

La  sua  chiesa  principale,  rifabbricata  dai  villici  nel  1812 
in  forma  di  quadrilatero,  ad  una  sola  nave,  ha  una  dimen- 
sione di  m.  20  per  9.  È  rivolta  ad  occidente;  riceve  la  luce 
da  quattro  finestre  laterali  arcuale,  e  sopra  la  fronte  ha  il 
campanile  di  stile  romano  con  due  campane.  A  manca  del- 
l' ingresso  ha  il  fonte  battesimale,  con  vasca  di  pietra  ;  e  la 


—  277  — 

SHcreslia  dietro  T  aitar  maggiore.  E  dedicata  a  s.  Martino 
vescovo,  la  cui  statua  è  custodita  nella  nicchia  dell'aitar 
principale,  che  ha  la  mensa  costrutta  di  pietre  in  cemento, 
il  tabernacolo,  e  due  colonne  di  legno,  nonché  due  statue 
di  legno,  rappresentanti  s.  Michele  are.  e  s.  Pellegrino.  I  due 
altari  laterali  sono  della  stessa  materia  e  forma;  quello  a  destra 
dedicato  a  s.  Giuseppe  sposo  di  M.  V.  con  pala  della  Na- 
tività di  Maria,  con  s.  Giuseppe  e  s.  Antonio  di  Padova  ai 
lati;  quello  a  sinistra,  intitolato  alla  B.  V.  Addolorata,  con 
statua  nel  mezzo^  fatta  scolpire  qui  in  Zara  dall'incisore 
Lovrich,  e  con  altre  due  statue  laterali  di  s.  Lorenzo  m.  e 
di  s.  Rocco. 

De'  suoi  parochi  si  è  potuto  formare  la  seguente  serie, 
benché  interrotta  per  difetto  di  documenti: 

paroco  nel  1673 
1742 
1762 
1771 


Michele  Vagila 
Giovanni  Gherdovich 
Simeone  Miocevich 
Giovanni  Furian 
Martino  Milich 
Antonio  Paulovich 
Matteo  Dunalov 
Giacomo  Dundovich 
Matteo  Dunat 
Matteo  Drasovich 
Michele  Sesselja 
Giorgio  Giovich 
Marco  Mirco  vidi 
Antonio  Zarich 
Giovanni  Cervarich 
Giovanni  Baicich 
Paolo  Buxa 
Simeone  Rakuin 
Lodovico  Peterle 
Giovanni  Oslrich 
Simeone  Rakuin 
Giorgio  Jelicich 
Simeone  Karolnik 
Cristoforo  Stipcevich 
Antonio  Benzia 


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1796 
1802 
1804 
1807 
1812 
1820 
1830 
1833 
1833 
1841 
1843 
1854 
1860 
1861 
1862 
1863 
1863 
1869 
1874 
1876 
1876 


Tra  i  sacri  vasi  che  possiede    questa*  chiesa    è 
di  menzione  una  pisside  antica  d' argento    dorato,    di 


degna 
forma 


~  278  — 

sferoidale  con  ornali  di  siile  bizanlino.  È  alla  34  cenlime- 
tri;  il  piedestallo  è  adorno  di  foglie  di  vile,  e  di  dieci  me- 
daglie smallate  raffiguranti  il  Salvatore,  la  Vergine,  s.  Giu- 
seppe, s.  Giovanni  ed  altri  santi.  Il  castelletto  è  sormontalo 
da  un  doppio  crocifisso  dorato.  L' insieme  è  di  eccellente 
effetto. 

Due  miglia  lontano  dalla  villa  sopra  una  collina,  della 
Ljubljna  veggonsi  i  ruderi  del  prenominato  antico  e  famoso 
Castello  di  Ljiiba.  Esso  fu,  per  quanto  apparisce,  un  qua- 
drilatero, cinto  da  forti  muraglie,  posto  in  un  sito  mollo  vi- 
stoso ed  importante,  poiché  il  colle,  su  di  cui  ergevasi,  sporge 
nel  mare;  scosceso,  molto  erto,  e  di  difficilissima  salita,  da 
tre  lati  è  circondato  dal  mare,  e  nel  quarto  da  un  fosso 
profondo.  Ebbe  questo  castello  nei  secoli  andati  vari  padroni. 
Fu  abitato  dai  Cavalieri  Templari,  indi  dominato  dai  Conti 
di  Croazia,  e  poscia  dalla  potente  famiglia  patrizia  zaratina 
de'  Matafari,  col  titolo  di  Feudo  :  estinta  la  quale  passò  con 
lutti  i  terreni  aggiacenli  in  proprietà  dello  Stato.  Sotto  la 
Repubblica  veneta  fu  atterrato,  affinchè  non  cadesse  nelle 
mani  dei  Turchi. 

Poco  lungi  dal  castello  sonvi  i  restì  d'antica  città,  ch'è 
ricordata  nelle  cronache  antiche  col  nome  di  Gradina.  Veg- 
gonsi colà  alcune  stanze  diroccate,  che  servir  doveano,  per 
quanto  dicesi,  ad  uso  di  prigioni.  Si  dice,  che  quella  fosse 
r  antica  Ljnha  o  Lljuhina^  la  quale  venne  dai  Musulmani 
intieramente  distrutta.  Lì,  infatti,  trovansi  oggidì  le  ruine  di 
due  chiese.  L' una  di  esse,  delia  lunghezza  di  8  metri,  e 
della  quale  tre  soli  muri  sono  rimasti  in  piedi,  era  intitolata 
alla  vergine  s.  Marcella,  con  tre  altari,  per  quanto  si  può 
ora  vedere  ;  V  altra  era  la  chiesa  delle  Monache,  della  quale 
non  si  scorgono  che  le  fondamenta.  Sembra  che  quest'ultima 
sia  stala  la  chiesa  di  s.  Maria,  la  quale  fu  beneficata  da 
Lodovico  de  Matafari,  che  con  suo  testamento  dei  3  ottobre 
1421  lasciò  tutta  la  sua  greggia,  affinchè  col  ricavalo  della 
vendita  di  essa  fosse  compiuta  la  fabbrica  della  prefata  chiesa. 
Lasciò  pure  alla  medesima  una  pianeta  di  velluto  nero,  tes- 
suta con  stelle  d'  oro,  e  ordinò  inoltre  che  tutte  le  rendite, 
derivanti  dalle  sue  possessioni  di  Vissocane,  dal  dì  della  sua 
morte  per  anni  venti  continui  fossero  devolute  pei  ristauri 
che  alla  chiesa  stessa  si  fossero  manifestati  necessari. 

E  rimarchevole  Ljuba  pei  suoi  conventi  che  in  essa 
anticamente  esistellero.  Narrano   infatti   le   nostre   cronache, 


—  279  — 

che  in  questa  villa  presso  il  mare  vi  fosse  slato  un  Con- 
vento di  Eremiti  di  s.  Paolo  con  chiesa  dedicata  a  s.  Mi- 
chele are.  e  che  ambidue  questi  edifizì  fossero  stali  distrutti 
nel  1320.  Dicesi  pure  che  un'altro  ve  ne  fosse  stato  di 
Eremiti  di  s.  Antonio  Abbate  sopra  il  monte,  a  cui  era  an- 
nessa pure  una  chiesa  col  titolo  di  s.  Clemente,  e  che  sì 
l'uno  che  l'altro  fossero  estinti  nel  1380.  Trovasi  scritto 
inoltre,  che  puranco  esistesse,  presso  il  mare,  un  chiostro 
di  Cruciferi  di  s.  Elena  con  chiesa  di  s.  Nicolò,  e  che  nel 
1316  cessato  avesse  di  esistere.  E  finalmente  di  un  quarto 
pure  se  ne  parla  in  antichi  manoscritti  patri  e  questo  di 
Cavalieri  Templari  con  chiesa  dedicata  a  s.  Paolo  sulla  pun- 
ta, e  che  tanto  il  chiostro  che  la  chiesa  avessero  terminato 
nel  1314.  Quest'ultimo  è  appellato  Hospitalis  s.  Johannis 
in  loco^  qui  dicitur  Juhae^  in  documento  del  1205. 

Il  castello  di  Ljuba  non  è  da  confondersi  coW^  fortezza 
di  Ljuha^  la  quale  tuttavia  sussiste,  benché  sdruscita,  mal- 
concia e  abbandonata,  e  situata  sullo  stretto  di  mare,  che 
congiunge  il  canale  di  Pago  con  quello  della  montagna  di- 
rimpetto a  Tribanje.  Questa  fortezza  venne  eretta  nel  1600 
dal  Provveditor  Generale  Nicolò  Dona,  e  munita  d'artiglieria 
e  di  forte  presidio  contro  gli  Uscocchì,  ch'erano  soliti  di 
passare  frequentemente  dal  canale  della  Morlaca  nel  canal 
di  Zara  per  corseggiare  e  saccheggiare. 

Basanze  (Raìanac). 

A  levante  di  Ljuba,  in  distanza  di  sette  miglia,  sulle 
sponde  del  mare,  nel  canale  della  Montagna,  trovasi  collo- 
cata la  villa  di  Basanze^  delta  dagli  slavi  Razanac^  di  pro- 
prietà una  volta  della  nobil  famiglia  Girardini  di  Zara.  È 
fabbricata  sopra  una  piccola  ed  aspra  lingua  di  viva  roccia, 
che  sporge  nel  mare.  Tre  torri,  una  delle  quali  edificata  nel 
1507  dai  villici,  la  difendevano  anticamente  dai  corsari, 
dagli  Uscocchi,  e  dai  Turchi.  Gli  Uscocchi  nel  1606,  resi 
più  audaci  pei  deboli  mezzi  usati  contro  le  loro  scorrerie, 
dopo  di  essersi  impadroniti  con  molto  ardire  del  monte  di 
s.  Michele  dirimpetto  a  Zara,  e  dopo  di  averlo  munito,  e 
provveduto  di  guardia  per  ben  iscoprire  il  mare,  e  non  solo 
insidiare  la  navigazione,  dando  segno  ai  compagni  delle  barche 
di  viaggio,  ma  ancora  per  avvisarli  di  schivar  1'  armata,  che 
transitava  per  sicurezza  delle  riviere  ;  essi  dopo  ciò  con  in- 


—  280  — 

credibile  audacia  si  misero  insieme  in  forma  di  guerra,  ed 
in  numero  di  quattrocento  con  sei  insegne  sbarcarono  o 
Rasanze,  e  depredarono  tutto  quanto  in  essa  trovarono  di 
buono.  I  robustissimi  suoi  abitanti,  assaliti  nel  1646  dal 
Pascià  di  Bosnia,  si  difesero  valorosamente,  finché  poi  per 
ordine  del  Provveditor  Generale  Veneto  dovettero  abbando- 
nare il  luogo,  che,  prima  di  partire,  diedero  alle  fiamme, 
affinchè  i  nemici  non  vi  fermassero  sua  dimora,  i  quali  però 
v'entrarono,  ed  atterrarono  con  furore  tutt' i  muri  delle  case, 
ed  appiccarono  il  fuoco  alle  torri.  Ritornati  i  Rasanzani,  dopo 
firmala  la  pace,  ai  loro  tetti  natii,  riedificarono  le  diroccate 
loro  abitazioni,  ed  il  villaggio  tornò  a  poco  poco  di  bel 
nuovo  a  formarsi,  qual  si  era  prima   delle  incursioni. 

Rasanze  fu  per  T  addietro  ed  è  anche  al  presente  pa- 
rochia  decanale.  Era  soggetta  alla  giurisdizione  vescovile  di 
Nona,  e  dopo  l'incorporazione,  appartiene  alP arcivescovo  di 
Zara.  Si  dirama  questa  parochia  sopra  un'estensione  di  15 
miglia.  Il  suo  decanato  comprende  7  parochie,  cioè:  Rasanze, 
Tribanje,  Starigrad,  Soline,  Castel  Venier,  Slivnizza,  e  Pos- 
sedaria,  ed  inoltre  due  cappellanie  esposte,  quali  sono  Ljuba, 
ed  Islam-latino,  ed  una  cooperatura  in  Kerneza.  11  villaggio 
di  Rasanze  ha  891   anime,  il  decanato  ne  conta  4873. 

La  chiesa  parochiale  di  Rasanze,  intitolata  alla  B.  V. 
del  Rosario,  rovinata  dai  Turchi  nel  1646,  fu  ristaurala  dal 
vescovo  di  Nona  Francesco  de  Grassi  nel  1670,  e  riedificala 
dalle  fondamenta  nel  1682.  Caduta  in  seguito  per  vetustà 
nel  massimo  deperimenlo  fu  riedificala  nel  1856  a  spese  del 
fondo  ecclesiastico,  e  dei  villici.  E  posta  su  di  un  piano  oriz- 
zontale nella  direzione  da  borea  a  libeccio.  Nella  parie  este- 
riore è  tutta  lavorata  di  pietra  battuta  a  martellina,  e  sopra 
il  suo  frontone  ergesi  un  campanile  di  stile  romano.  L'in- 
terno è  adorno  di  cinque  altari,  tulli  di  legno  intagliato  e 
dorato.  11  primario  fra  parecchie  statue  ha  nel  mezzo  quella 
della  B.  V.  del  Ss.  Rosario,  in  grandezza  naturale,  ricca- 
mente vestila,  e  di  molti  voti  d' argento  abbellita.  Viene  por- 
tata in  processione  nel  giorno  della  sua  festività.  Gli  altri 
quallro  sono  dedicali  in  onore  di  s.  Simeone  Giusto,  della 
santa  Croce,  di  s.  Antonio  di  Padova,  e  della  B.  V.  Ad- 
dolorala. 1  due  primi  hanno  posto  dal  lato  del  vangelo,  gli 
altri  due  dal  lato  dell'epistola.  Evvi  in  essa  il  sepolcro  del 
vescovo  di  Nona  Giovanni  Manola,  che  trovandosi  in  questa 
parochia  per  oggetto  del  sacro    suo  ministero  finì  di  vivere 


—  281  — 

li  26  settembre  1712  assistito  dal  paroco,  ed  ivi  fu  anche 
sepolto.  In  questo  villaggio  finì  di  vivere  nel  1687  T  altro 
vescovo  di  Nona  Giovanni  Bogoforte,  il  quale  fu  però  por- 
tato in  città  e  sepolto  nella  cattedrale. 

Nella  prefata  chiesa  parochiale  esisteva  una  pia  con- 
fraternita., istituita  canonicamente  Tanno  1753  sotto  il  titolo 
del  Ss.  Rosario.  Aveva  60  socii  ed  una  buona  rendila  in 
natura  colla  quale  si  provedeva  al  mantenimento  dell'altare. 
Fu  soppressa  nel  1808. 

Oltre  la  chiesa  parochiale  ve  ne  ha  un  altra,  distante  più 
di  un  miglio,  ed  intitolata  a  s.  Andrea  ap.  Questa  fu  l' antica 
parochiale,  il  cui  rettore  nel  1460  era  Pre  Stefano,  come 
leggesi  in  scrittura  del  16  aprile  di  quell'anno.  Nel  giorno 
di  sua  festività  vi  si  celebra  con  grande  concorso  di  popolo. 
Presso  la  medesima  v'  è  T  antico  cimitero,  appellato  Campo 
Eliso^  ove  furono  sepolti  diversi  re  di  Croazia,  e  tra  questi 
Stefano  I,  padre  di  Cresimiro.  Leggesi  infatti  in  un  Diploma 
dì  Cresimiro  dell'anno  1069  =  Patrisque  mei  Regis  Ste- 
phani  in  Elisio  campo  feliciter  quiescentis. 

Un'altra  chiesuoletta  v'è  nella  località  Kerneza^  e  questa 
sotto  il  patrocinio  della  B.  V.  della  Neve^  distante  quattro 
miglia  dal  villaggio.  Si  celebra  nel  giorno  della  sua  festa 
con  affluenza  di  popolo    E  cooperatura  con  anime  95. 

Esisteva  in  tempo  antico  nella  villa  di  Rasanze  un  con- 
vento di  Eremiti  di  s.  Paolo  con  chiesa  dedicata  a  s.  An- 
drea ap.  E  chiesa  e  convento  furono  distrutti  nel  1416. 

Serie  dei  parochi  di  Rasanze. 

Prè  Stefano  paroco     nel  1460 

Vito  Sciulich  „  „  1751 

Jerko  Jovich  „  „  1810 

Simeone  Rakuin  „  „  1831 

Martino  Vlatkovich  ^  ,,  1840 

ora  canonico  della  Metropolitana 

Marco  Boxichievich  „  ,,  1848 

Giovanni  Vidov  „  „  1853 

ora  canonico  della  Metropolitana 

Antonio  Maracich  „  ,5  1872 

Ferdinando  Vicario  „  „  1873 

Simeone  Soric  „  ^  1876 


—  282  — 
Tribanje. 

Nel  canale  della  montagna,  sul  dorso  del  monte,  dirim- 
petto allo  stretto  di  Ljuba,  giace  il  villaggio  di  Trihanje^ 
appartenente  una  volta  alla  or  soppressa  diocesi  di  Nona.  In 
scrittura  del  1205  è  appellalo  Trihanj,  Assai  disperse  son 
le  sue  case,  situate  fra  rupi  e  balze,  ed  anche  alle  rive, 
con  585  anime.  E  parochia  del  Decanato  di  Rasanze. 

La  sua  parochiale,  intitolata  a  s.  Antonio  di  Padova, 
posta  nella  località  Ljubotic,  trovavasi  ancor  nel  1820  nel 
massimo  disordine.  Ridotta  in  muracca,  ne  fu  eretta  una  nuova 
dalle  fondamenta  in  onore  del  santo  medesimo,  nella  località 
Kruscica  presso  il  mare,  e  ciò  nel  1868  a  spese  del  fondo 
ecclesiastico  colla  cooperazione  dei  villici.  Presso  la  mede- 
sima esiste  la  casa  canonica. 

Oltre  la  chiesa  parochiale  vi  sono  in  questo  villaggio 
quattro  cappelle,  T  una  intitolata  a  s.  Martino  in  Terstenica, 
l'altra  a  5.  Giov.  Battista  in  Javorie,  la  terza  a  s.  Maria 
Maddalena  nel  confin  della  Croazia,  d'  antica  struttura,  col- 
r  iscrizione  a.  1181^  la  quarta  finalmente  alla  Ss,  Trinità 
in  Troicza. 

Serie  dei  parochi  di  Tribanje. 


Matteo  Gasich 

paroco 

nel 

1827 

Giovanni  Rakuin 

n 

99 

1840 

Michele  Levacich 

9) 

?? 

1852 

Giovanni  Baicich 

n 

)? 

1853 

Tito  Schufflay 

n 

99 

1863 

Giovanni  Budich 

Vi 

9') 

1864 

Giovanni  Valenlich 

99 

75 

1865 

Giuseppe  Mattiazza 

r> 

99 

1876 

Giuseppe  Alfirevich 

99 

99 

1877 

Giuseppe  Bazdaric 

99 

99 

1879 

Località  di 

Tribanje. 

Ljubotic. 

Vinistina 

Reglinovac. 

Javorie 

» 

Lukovac. 

Lisarica 

al 

mare. 

Bristovac. 

Terstenica. 

Croce. 

—  283  — 

Starigrad. 

Nel  distretto  e  comune  di  Obbrovazzo,  quasi  dirimpetto 
a  Rasanze,  sulla  opposta  riva  del  canale  della  Morlacca,  a 
pie  della  montagna  giace  la  villa  di  Starigrad^  vocabolo  slavo, 
che  vale  Città  vecchia,  È  questo  il  sito  delF  antica  Ortopola 
ovvero  Ortopla  dei  Romani,  di  cui  Tolomeo,  e  Plinio  il  vecchio 
ne  fan  menzione,  ed  è  tracciata  nell'itinerario  d' Antonino  e 
dal  Ravennate  coli' appellativo  di  Orpela,  Da  alcuni  indizii 
apparisce  essere  stata  quest'antichissima  città  circondata  da 
mura.  Nelle  vicinanze  trovansi  lastricati  di  mosaico,  bianco 
in  alcuni  punti,  ed  in  allri  di  vario  colore,  ornato  di  fiori 
e  stemmi.  Verso  il  mare  veggonsi  parecchi  tratti  di  pavi- 
mento, selciato  con  tegole  romane,  collocate  in  schiena,  e 
nel  mare  fondamenti  di  solide  muraglie,  lavorate  con  pietre 
d'enorme  grandezza,  come  pure  gli  avanzi  di  una  torre  tri- 
angolare appellata  Vezza,,  ed  anche  Torre  del  i?e,  dappresso 
alla  quale  v'è  un  sotterraneo  eh' estendesi  per  oltre  un  mi- 
glio. Di  recente  fu  scoperta  una  bellissima  lapide  con  iscri- 
zione romana  del  tempo  d'Augusto;  è  dedicata  a  Livia  moglie 
di  Augusto,  e  a  Lucio  Volusio  Saturnino,  governatore  della 
Dalmazia,  da  Caio  Giulio  Sulla,  eletto  decurione.  Fu,  per 
quanto  dicesi,  di  là  asportata  per  arricchire  un  altro  museo. 
Rinvengonsi  di  spesso  monete  romane  del  tempo  della  repub- 
blica e  dell'impero,  nonché  sepolcri  romani,  costrutti  con 
pietre  quadrate  in  cemento  con  entro  lumi  eterni,  e  vasi 
lacrimali.  Presso  l'abitazione  di  Rocco  Catalinich  vedesi  un 
enorme  capitello  d'ordine  corintio,  ed  un  architrave  lungo 
m.  2,  alto  m.  1  :  50,  i  quali  dovevano  appartenere  ad  un 
grandioso  edifizio,  sia  palazzo,  o  tempio.  Negli  escavi  fatti 
per  r  erezione  della  canonicn  si  rinvenne  un  pezzo  di  braccio 
col  pugno,  tutto  di  bronzo,  che  dee  riferirsi  ad  una  statua 
colossale  di  qualche  eroe,  o  di  qualche  divinità.  Nel  bosco 
di  Pakljenizza,  seminato  di  quercie,  pini  ed  abeti,  il  quale 
appartiene  al  pubblico  erario,  furono  trovate  sotterra  diverse 
freccie  di  ferro  di  forma  antica.  Sopra  il  monte  Dusanove 
njive  fu  trovata  una  lapide  della  dimensione  di  m.  1 :  50, 
sopra  di  cui  è  scolpito  un  cervo.  Nella  località  di  Rujno,  che 
sovrasta  la  villa  di  Starigrad,  lontana  da  essa  quattro  ore 
di  cammino  si  scoperse  una  piccola  moneta,  con  una  croce 
in  centro,  forse   di  Costantino   e  con  iscrizione  corrosa    dal 


—  284  — 

lempo.  11  che  tutto  dimostra  che  Ortopola  sia  siala  come  si 
è  detto  dissopra  una  città  antichissima,  ed  importante,  spe- 
cialmente al  tempo  de'  Romani,  e  che  da  Consoli  e  Prelori 
fosse  presidiata.  Sulla  sommità  di  due  alti  monti,  che  sovra- 
stano il  sito  deir  antica  città  scorgonsi  tuttavia  gli  avanzi  di 
due  forti,  che  la  difendevano  dalle  aggressioni  nemiche,  e 
che  servivano  puranco  di  vedetti}  per  iscoprire  le  ostili  in- 
cursioni. Fra  i  due  monti  v'è  una  gola,  appellata  Pakijenizza, 
la  quale  non  è  che  una  grande  spaccatura  delle  laide  me- 
ridionali delle  montagne  del  Velebich,  per  mezzo  della  quale 
r  oste  nemica  passar  dovea  prima  di  arrivare  alla  città.  Dal 
che  si  deduce  essere  stata  questa  città  un  punto  assai  im- 
portante pegli  approdi  delle  navi  romane,  e  per  discendere 
dal  continente  al  mare,  e  perciò  fu  dagli  antichi  romani  bene 
fortificato.  Sarebbe  assai  utile  per  io  studio  dell'archeologia 
il  praticare  degli  scavi  regolari  in  questo  sito  considerevole  ; 
scavi  che  senza  dubbio  darebbero  degli  ottimi  risultati,  dap- 
poiché gli  oggetti,  ivi  finora  trovati,  sono  indizio  di  due 
epoche  storiche,  della  pagana  cioè,  e  della  cristiana.  Leg- 
giamo nella  storia,  che  dopoché  Genz'o,  ultimo  re  dell' lllirio, 
fu  debellato  dai  Romani  l'anno  125  avanti  Cristo,  e  con- 
dotto a  Roma  in  trionfo  dal  Pretore  Anicio,  i  popoli  della 
Japidia  ricusarono  di  ubbidire  alle  leggi  romane.  Fu  allora 
spedito  il  Console  C.  Sempronio  da  Roma  a  queste  parli,  il 
quale  sostenne  con  quelli  fìerissime  pugne,  finché,  ajutalo  da 
Giunio  Bruto,  gli  riuscì  di  sbaragliarli,  e  di  soggiogarli  as- 
sieme alle  genti  della  montagna  del  Vellebich,  e  Capella,  da 
Segna  sino  al  Fiume  Tedanio  ora  Zermanja,  e  renderli  tri- 
butari. È  assai  probabile,  che  la  nostra  Ortopla  sia  slato  il 
punto  principale  delle  operazioni  militari.  Occupata  nella  prima 
metà  del  secolo  settimo  dagli  Avari,  é  tradizione  che  i  suoi 
abitanti  si  rifuggiassero  per  la  via  di  mare  a  Roma  seco 
traendo  i  tesori,  e  tutti  i  preziosi  monumenti  che  la  deco- 
ravano. 

La  chiesa  parochiale  di  Starigrad  è  intitolata  a  s.  Giorgio 
m.  È  una  delle  più  belle  dell' arcidiocesi.  Venne  edificata  dalle 
fondamenta  nel  1858  a  spese  del  fondo  ecclesiastico  colla 
cooperazione  villica.  Ha  il  suo  bel  campanile  di  stile  romano, 
con  due  armoniose  campane,  fuse  nello  stabilimento  Colba- 
chini  di  Bassano.  Tre  sono  gli  altari  che  l'adornano:  il  mag- 
giore di  pietra  con  pala  nuova,  lavoro  di  ottimo  veneto  au- 
tore; gli  altri    due  intagliati    in    legno.    L'uno    dedicato    alla 


—  285  — 

Vergine,  ed  creilo  or  sori  cent'  anni  dalla  famiglia  Agiìch 
in  adempimenlo  di  alcuni  suoi  obblighi,  per  cui  fa  cele- 
brare nelle  solennilà  della  Madonna.  La  pala  di  quest'altare 
è  di  molto  pregio;  rappresenta  la  fuga  della  sacra  famiglia 
in  Egitto,  a  cui  sovrasta  un  angelo  che  colla  mano  stesa, 
quale  ambasciatore,  indica  loro  il  cammino  che  deggiono  per- 
correre. Anche  il  fondatore  è  rappresentato  in  un  paesano, 
in  costume  nazionale,  in  atto  di  meditazione.  L'altro  altare 
è  del  1791  ;  è  tutto  dorato  ad  oro  di  zecchino  con  eccel- 
lenti lavori  d'intaglio. 

Era  questa  parochia  soggetta  alla  giurisdizione  del  ve- 
scovo di  Nona;  ora  è  parochia  del  decanato  di  Rasanze  di- 
pendente dair  arcivescovo  di  Zara. 

Ha  questo    villaggio    tre  chiese    succursali,  quali    sono: 

1.  La  chiesa  presso  il  torrente  Pakljenizza,  la  quale 
una  volta  serviva  di  parochiale.  E  antichissima,  di  stile  bi- 
zantino, lunga  braccia  10,  larga  6,  accanto  alla  quale  si  os- 
servano ancora  le  rovine  dell'  antica  canonica. 

2.  La  cappella  di  s.  Pietro  in  Kuline,  .  nel  cui  cimitero 
vi  sono  sepolcrali  grandi,  ma  informi. 

3.  La  chiesuoletta  di  s.  Giorgio  in  Rujno. 

Kidina  si  denomina  pure  una  torre  eh'  è  alle  sponde 
del  mare.  Pare  opera  dei  Turchi,  ma  da  alcuni  indizii  ap- 
parisce più  antica.  La  sua  forma  è  circolare  ed  è  circon- 
data da  un  cortile  quadrato   sporgente  in  mare. 

All'imboccatura  della  Paldenica  v'è  una  fortezza  rim- 
pelto  le  case  Marasovic.  Le  mura  esistenti  sono  a  scarpa, 
con  cemento.  Nell'interno  v^è  una  lapide  sepolcrale  con  sopra 
una  croce  in  rilievo. 

Esisteva  fino  al  1808  una  pia  confraternita  col  titolo 
di  s.  Giorgio  m.  composta  di  30  confrati,  che  colle  elemo- 
sine sostenevano  le  spese  di  manutenzione  della  chiesa. 

La  parochia  conta  562  abilanti^  dispersi  sulla  scoscesa 
montagna,  ed   in   diverso  località,  quali  sono: 

Kruskovaz  Dosenove  njive 

Slobodna  Grabove  klanaz 

Romov.ìz  Bristovaz 

Ledenik   mali  Zidine 

Dobroselo  Kuline 

Jaltere  Rujno. 


« 

95 

1840 

w 

JJ 

1848 

11 

?? 

1863 

yy 

V 

1866 

>' 

» 

1867 

yy 

» 

1869 

n 

» 

1876 

—  286  — 

Serie  dei  parochi  di  Starigrad. 

Andrea  Carlich  paroco     nel     1827 

Vincenzo  Zuaunovich 

Simeone  Sforinìch 

Giovanni  Budich 

Giovanni  Valentich 

Giovanni  Nekich 

Biagio  Caravanich 

Giovanni  Ilinich 

Seline. 

Appiè  del  monte,  verso  le  sponde  del  canale  della  mor- 
lacca,  di  fronte  a  Castel -Venier.  trovasi^  la  villa  di  Seline^ 
nel  distretto  e  comune  di  Obbrovazzo.  E  assai  dispersa,  le 
vie  alpestri,  le  case  fra  i  gioghi,  lontane  dalla  chiesa.  I  pae- 
sani, per  la  maggior  parte  pastori,  hanno  le  loro  abitazioni, 
dove  lor  meglio  conviene  per  la  pastura  e  per  le  loro  raandre. 
Sono  d'ottima  indole,  i  più  buoni  e  divoti  della  soppressa 
diocesi  di  Nona. 

La  chiesa  parochiale  è  dedicata  alla  Natività  di  M.  V. 
Fu  eretta  nel  1853  a  spese  del  tondo  ecclesiastico.  E  ab- 
bastanza capace,  e  di  buona  costruzione  con  campanile  alla 
romana.  L'aitar  principale  di  pietra  in  cemento,  è  isolato  ed 
ha  sulla  mensa  un  magnifico  tabernacolo  di  legno  dorato.  E 
dedicato  alla  titolare.  Havvi  pure  un' aitar  laterale  di  pietra 
d'Istria,  tassellato  di  marmo  con  colonne  di  breccia  di  Ve- 
rona, ed  è  intitolato  a  s.  Antonio  di  Padova,  la  cui  statua 
è  collocata  in  una  nicchia,  scavata  nel  muro. 

Oltre  a  questa  chiesa  se  ne  trova  un'altra,  posta  a  mez- 
zogiorno, alla  distanza  di  250  passi  da  quella.  Il  suo  tito- 
lare è  s.  Marco  ev.  in  cui  onore  v'ha  un'altare  di  pietra. 
Intorno  ad  essa  v'  è  il  cimitero  comunale. 

Esiste  inoltre  una  terza  chiesa  al  confine,  tra  Starigrad 
e  Seline,  intitolala  ai  Ss.  Pietro  e  Paolo,  la  quale,  giusta  la 
tradizione,  doveva  servire  un  tempo  da  parochiale  d'entrambi 
i  villaggi.  Ha  questa  un'altare  vecchio,  di  legno,  ed  un  cam- 
panile a  torre  con  una  sola  campana.  In  essa  trovansi  pa- 
recchie tombe  di  cristiani  ed  anche  dì  turchi. 

Questa  villa  è  stata  parochia  pel  passato,  e  la  è  pure 
al  presente  con  504  anime,  sotto  il  decanato  di  Rasanze. 


—  287  — 

Eravi  in  essa  fino  al  1808  una  pia  confraternita  sotto 
il  patrocinio  di  s,  Marco^  con  parecchi  confratelli,  i  quali 
provedevano  colf  elemosine  al  mantenimento  della  chiesa  pa- 
rochiale. 

Serie  dei  parochi  di  Seline. 

Antonio  Marchetich  paroco  nel  1827 

Giovanni  Budich  ,^  „  1863 

Martino  Skiffich  „  „  1864 

Giorgio  Jelicich  „  „  1865 

Giovanni  Nekich  „  „  1866 

Natale  Panovic  ,,  „  1876 

Località  aggregate  alla  parochia. 

Knesevich  Juchich 

Cicavica  Samarcich  Dolaz 

Pod-Gragom  Rimanich 

Na-Rosi  Jabukuvac 

Provalia  Juvlinovich 

Reijane  Dadich 

Pod-gradinom  Sklopine 

Bucìch  Zevica 

Castel- Venier  (Vinjerac). 

Sulle  rive  del  canal  della  morlacca,  alla  distanza  di  7 
miglia  da  Rasanze  per  la  vie  di  terra,  dirimpetto  a  Seline, 
è  posto  il  villaggio  di  Castel- Venier,  nel  distretto  di  Zara, 
e  comune  di  Novegradi.  Su  di  una  punta  veggonsi  le  mu- 
raglie antiche  d'un  castello,  gli  avanzi  di  una  torre  ben  la- 
vorata in  pietra,  ed  inoltre  le  vestigia  d'altri  due  forti.  E  il 
castello  da  Ire  lati  bagnato  dai  flutti  del  mare,  formando  una 
valle  che  gli  serve  di  porto.  Tultociò  apparteneva  alla  nobil 
veneta  famiglia  Venier,  ivi  accasatasi  colla  famiglia  patrizia 
zaralina  de  Soppe  fin  da'  prischi  tempi,  quando  questo  luogo 
le  fu  dato  in  feudo  dalla  Serenissima  Repubblica  pei  cospicui 
meriti  acquistatisi  verso  la  medesima;  per  il  che  al  villaggio 
che  dintorno  al  castello  si  andò  mano  mano  formando  col 
tempo,  fu  imposto  il  nome  di  Castel-Venier,  che  dagli  Slavi 
è  denominalo   Vinjerac,  Se  ne  impossessarono  i  Turchi  e  Io 


—  288  — 

tennero  fino  al  1571,  in  cui  fu  da  essi  abbandonato.  Venne 
in  seguilo  atterrato  per  ordine  del  Senato  Veneto,  ed  anche 
scacciata  la  famiglia  dei  Venier.  Rifabbricalo  dai  Veneti,  fu 
nel  1657  inlieramenle  dislrullo  dal  Pascià  di  Bosnia. 

Apparteneva  questo  villaggio  nei  tempi  andati  alla  pro- 
vincia del  Banadego  Ungaro  Croato,  poscia  sotto  i  Veneti  fu 
soggetto  al  Provveditor  di  Novegradi  nel  civile,  ed  al  ve- 
scovo di  Nona  nello  spirituale. 

La  chiesa  parochiale  è  dedicata  a  s.  Antonio  di  Padova. 
Sdruscita  dal  tempo,  fu  riedificata  di  pianta  nel  1847  a  spese 
del  fondo  ecclesiastico,  colla  concorrenza  dei  paesani. 

La  parochia  appartiene  al  Decanato  di  Rasanze,  ed  è 
ora  soggetta  air  arcivescovo  di  Zara.  Conta  di  presente  501 
anime. 

La  casa  canonica  è  di  nuova  costruzione,  eretta  a  spese 
del  fondo  ecclesiastico. 

Eravi  una  pia  confraternita  in  questa  parochia  sotto  il 
patrocinio  di  s.  Antonio  di  Padova,  la  quale  colle  elemosine 
manteneva  la  chiesa.  Fu  soppressa  nel  1808. 

Esisteva  una  volta  in  questa  villa  un  convento  di  Ere- 
miti di  s.  Paolo,  con  chiesa  dedicata  a  s.  Marco,  sulla  punta 
al  mare.  Il  chiostro  fu  distrutto  nel  1416,  la  chiesa  ancor 
sussiste. 

Serie  dei  parochi  di  Castel- Venier 

Matteo  Versich  paroco  nel  1827 

Simeone  Nasso  da  Zara          „           „  1848 

Martino  Skiffich                      „  „  1863 

Antonio  Scandali                     ^  ^  1870 

Natale  Panovich                       ,^  „  1876 

Simeone  Mestrovich                „  „  1878 

Località  aggregate  a  Castel- Venier. 

Vucìali,  Zdrilo  e  Podastrane. 

Possedavia  (Posidarije). 

Al  lido  del  mare  di  Novegr.ìdi  è  posta  la  villa  di  Fos- 
sedarla^  detta  in  slavo  Posidarje,  Appartiene  al  dislrello  di 
Zara  ed  al  comune  politico  di  Novegradi.  Ebbe  il  nome  dal- 


—  289   — 

r  antica  e  nobil  famiglia  dei  conti  Possedarìa,  originaria  ger- 
manica, la  quale  la  ricevelle  a  titolo  di  feudo  in  ricogni- 
zione dei  meriti  acquistatisi  colle  loro  virtù  e  nobili  gesta 
dai  re  di  Croazia  ed  Ungheria,  dai  quali  era  tenuta  in  grande 
conto  ed  estimazione,  come  apparisce  dai  diplomi  di  Bela  III 
del  1194,  ed  anche  dalla  Repubblica  Veneta,  che  con  ap- 
posite Ducali  l'annoverò  fra  le  famiglie  nobili  zaratine.  Di- 
scende essa  dair  antichissima  famiglia  Chiurjacovich,  o  Gu- 
scich,  una  delle  dodici  primarie,  sotto  la  cui  direzione  e  co- 
mando le  genti  slave  calarono  in  queste  contrade,  e  tenne 
lungo  tempo  il  dominio  delle  piccole  provincie  di  Corbavia 
e  di  Lika. 

Era  questa  villa  precìnta  da  mura,  e  guarnita  dì  un 
forte  castello,  che  le  serviva  di  guardia  e  di  difesa  contro 
le  incursioni  nemiche.  Fu  questo  castello  rovinato  dai  Turchi 
nel  1570.  Ristaurato,  fu  di  nuovo  assalito  da  que'  barbari 
il  17  giugno  1646,  e  con  tutta  la  villa  incendiato.  Nel  1662 
fu  per  la  terza  volta  attaccato,  ma  dopo  una  valorosa  difesa 
venne  sconfitto  il  nemico  dal  Sardaro  Jacopo  Mitrovich  Dede 
assistito  da  250  morlacchi.  Nel  1665  però  cadde  nuovamente 
nelle  loro  mani  e  lo  ridussero  un  mucchio  di  rovine,  ne  atter- 
rarono lutt'i  monumenti  antichi,  e  ne  dispersero  gli  abitanti, 
i  quali  andarono  per  vario  tempo  vagando  pei  circonvicini 
paesi,  finché,  mossi  dallo  zelo  e  dall'  inllu<^nza  dei  suddetti  conti 
Possedaria,  che  ne  hanno  tuttora  il  possesso,  tornarono  in 
seguito  a  riunirsi  a  poco  a  poco,  e  a  formare  di  nuovo  la 
propria  Comunità. 

Ha  questa  villa  dintorno  a  se  belle  pianure  e  fertili 
colline.  Sotto  il  governo  veneto  dipendeva  nel  civile  dal 
Provveditore  di  Novegradi,  e  nelf  ecclesiastico  dal  vescovo 
di  Nona.  Era  sempre  parochia,  e  lai  si  è  anco  al  presente 
con  729  anime,  dipendente  dal  decanato  di  Rasanze  nel- 
l'arcidiocesi  di  Zara. 

La  sua  chiesa  parochiale,  cadente  per  la  sua  vetustà, 
fu  nel  1700  rifabbricata  di  pianta,  ed  intitolata  alla  B.  V. 
del  Rosario.  Fu  ristaurata  nel   1821. 

Un'  altra  chiesa,  dedicata  alla  B.  F.  Assunta^  esìste 
alle  rive  del  mare,  presso  la  quale  v'è  il  cimitero  comunale. 
Questa  chiesa  con  un  solo  altare,  trovandosi  nel  1827  in 
istato  rovinoso,  fu  interdetta. 

V  è  pure  una  cappella  sotto  il  titolo  dello  Spirito  Santo, 

19 


—  290  ^ 

vSino  all'anno  1808  esistettero  in  questa  parochia  due 
confraternite,  V  una  intitolata  alla  B.  V.  del  Bonario,  alla 
quale  era  associato  tutto  il  comune,  e  colle  elemosine  pro- 
vedeva al  sostentamento  della  chiesa  parochiale:  l'altra  sotto 
il  patrocinio  di  s.  Antonio  di  Padova  con  24  confratelli, 
che  colle  rendite    in  natura  e    danaro  mantenevano    V  aliare. 

Serie  dei  parochi  di  Possedaria. 

Antonio  Versich  paroco     nel     1827 

Giovanni  Vidov  „  „      1848 

Simeone  Usalj  ^  „       1864 

Dirimpetto  al  villaggio  sulla  sommità  d'  uno  scoglielto 
poco  distante,  trovansi  in  mezzo  a  denso  boschetto  i  vestigi 
d'antico  castello,  denominato  Biidin.  il  quale  ha  dato  il  nome 
anche  allo  scoglieiìo.  Fra  le  rovine  vedesi  una  chiesuola, 
nella  quale  trovasi  in  apposito  sepolcro  le  ossa  di  Janko 
Co.  Mitrovich  Dede.  che  furono  colà  deposte  dietro  sua  di- 
sposizione testamentaria. 

Località  aggregate  a  Possedaria  sono  : 

1.  Podgradina  2.  Brisniza 

Il  summentovato  paroco  Antonio  Versich  si  rese  mollo 
benemerito  della  chiesa  colf  aver  lasciato  al  Seminario  Dio- 
cesano, ancor  vivente,  ia  vistosa  somma  di  fiorini  8000  m. 
e.  affinchè  colle  rendite  di  questo  capitale  fosse  provveduto 
all'educazione  di  chierici  di  sua  fami^rlia,  di  sua  patria,  ov- 
vero della  Diocesi.  La  fondazione  Diocesana  annessa  al  pre- 
fato istituto  lo  ha  collocato  a  frutto,  e  ne  amministra  i  redditi. 

Novegradi. 

Lungi  da  Zara  24  miglia  verso  borea,  presso  il  mare 
giace  la  borgata  di  Novegradi,  Le  sovrasta  un  monte  aspro, 
e  scosceso,  che  a  guisa  di  promontorio  sp'ngesi  nel  mare, 
e  stilla  cui  sommità  ergevasi  ai  tempi  de'  Romani  un  forte 
e  ben  guarnito  castello.  Fa  questo  ristauralo  l'anno  1220 
ed  appellato  in  latino  Castrtm  novum.  e  dngji  slavi  Novi- 
grad.  vale  a  dire  Città  nuova.  Intorno  al  1282  fu  riedifi- 
cato dalle  fondamenta  da  Giorgio  Chii^rjacovich  dei  Conti  di 
Corbavia,  collo  scopo  di  impossessarsi  in  seguito,  con  questo 


—  291  — 

mezzo,  di  parecchie  terre  e  località  del  territorio  di  Zara. 
Aveva  desso  una  forma  quadrilatera,  ma  la  Repubblica  lo 
ridusse  a  forma  di  galera,  e  le  milizie  dei  bastimenti  di  que- 
sto nome,  le  quali  ivi  tenevano  stazione,  diedero  il  nome  di 
Corsìa  al  viale  o  stradone,  che  sussiste  nel  mezzo. 

Salì  questo  luogo  in  grande  fama  dopo  la  prigionia  di 
Maria  regina  d' Ungheria,  seguita  per  opera  di  Janco  Palisna, 
che  s'era  usurpato  la  contea  d' Ostrovizza,  il  priorato  di  Vrana, 
e  il  banato  di  Croazia  e  Dalmazia.  Ciò  succedette  nel  1386. 
Egli  fu,  che  mentr'essa  colla  sua  madre  Elisabetta  discen- 
deva alle  marine,  le  assalì  nei  passi  stretti  delle  Alpi  Bebbie, 
e  tagliata  a  pezzi  la  guardia  col  Palatino  Lodovico,  le  con- 
dusse prigioni  nel  castello  suddetto,  dove  Elisabetta  trovò  la 
morte  il  14  dicembre  dell'  anno  suddetto,  checché  ne  dicano  i 
moderni  scrittori  ;  mentre  Maria  dopo  esservi  stata  rinchiusa 
per  ben  dieci  mesi,  ne  fu  liberata  nel  martedì  4  giugno  1387 
dai  Veneziani,  che  accorsero  in  suo  ajuto.  11  cadavere  di 
Elisabetta  fu  a  Zara  trasportalo,  e  sepolto  onorevolmente  nella 
chiesa  di  s.  Grisogono,  donde,  come  ci  narra  Paolo  de'  Paoli 
nel  suo  memoriale  di  Zara,  fu  trasferito  con  una  certa  so- 
lennità il  dì  16  gennaio  1389  in  Ungheria  per  la  via  di 
Obbrovazzo.  Fu  allora  che  il  re  Sigismondo  mandò  all'  ab- 
bate di  s.  Grisogono  duecento  fiorini  d' oro  pei  funerali  e 
per  la  fondazione  di  annue  messe  e  di  un  anniversario  da 
celebrarsi  nel  giorno   14  dicembre  nella  chiesa  suddetta. 

Con  l'acquisto  di  Zara  del  1409  la  Repubblica  veneta 
ebbe  anche  questa  rocca  in  sua  proprietà.  Nel  1433  ne  prese 
anche  possesso,  e  rese  questo  luogo  una  piazza  d'armi  con- 
siderevole, avendola  munita  con  altri  fortalizzi  d'ogni  in- 
torno, e  destinato  al  suo  governo  un  nobil  veneto  col  titolo 
di  Provveditore,  e  poi  di  Conte,  la  cui  giurisdizione  esten- 
devasi  sopra  14  villaggi,  sotto  la  dipendenza  di  Zara. 

Ebbe  molti  privilegi  Novegradi  sotto  la  veneta  domi- 
nazione, e  godette  sotto  le  ali  del  veneto  Leone  una  pace 
dolcissima  per  molti  anni,  finché  le  orde  dei  feroci  musul- 
mani penetrando  violentemente  nel  contado  zaratino  incomin- 
ciarono a  turbare  il  suo  riposo.  Nel  giugno,  infatti,  del  1571 
con  artiglieria,  e  con  esercito  numeroso,  vi  si  pose  sotto 
Ferhat  Sangiaco  di  Bosnia,  e  ne  diede  fiorissimo  assalto; 
ma  la  costanza  dei  valorosi  suoi  difensori,  fra  i  quali  in 
particolar  modo  si  distinse  Luca  Halaburich,  preservò  la  for- 
tezza dalla  sua  caduta  ed  obbligò  il  fiero  nemico  a  ritirarsi 


—  292  — 

vergognosamente.  Però  Ibrahim  Bascià  della  Bosnia  II  30 
giugno  1646  vi  venne  sopra  con  20  mila  comballenli»  e 
con  molta  artiglieria.  Combatterono,  come  leoni,  i  militi  nostri, 
veneti  e  paesani,  sotto  il  comando  di  Francesco  Soardi,  go- 
vernator  delle  armi,  e  del  Provveditore  Bernardo  Taglia- 
pietra  :  ma  finalmente  furono  costretti  a  fuggire  pel  terrore 
loro  incusso  dall'oste  nemica,  assai  superiore  in  forze  e  in 
numero  Colui  che  nelF  ostinato  combattimento  si  distinse  per 
valore  fu  Martino  Ostrich.  il  quale  venne  proclamato  difen- 
sore della  patria^  quando  veniva  dai  Turchi  crudelmente 
trafitto,  e  finalmente  trucidato.  Ma  breve  fu  quel  loro  trionfo, 
dappoiché  T  anno  successivo  1647  ne  venne  fatta  aspra 
e  fiera  vendetta  da  Leonardo  Foscolo.  Provveditor  generale 
di  Zara,  il  quale  dopo  essersi  gloriosamente  impadronito  di 
Zemonico,  in  aprile  di  cotesto  anno  si  portò  sotto  Novegradi, 
ne  diede  T  assalto,  e  dopo  ostinato  e  sanguinoso  combat- 
timento, s' impossessò  del  castello,  che  poi  dietro  ordine  del 
Senato,  venne  nella  parte  superiore  demolito,  e  con  esso  at- 
terrate le  case  vicine.  In  tal  modo  terminò  di  esistere  il  ce- 
lebre castello  di  Novegradi,  il  quale  non  risorgette  più  dalle 
rovine,  non  riscontrandosene  adesso,  che  i  soli  muri  di 
cinta.  Eravi  nel  castello  una  chiesa  dedicala  alla  Beata 
Vergine,  officiata  da  un  cappellano.s  salariato  dal  pubblico 
erario.  Di  essa  non  esistono  che  miseri  avanzi. 

La  rimasta  borgata  dopo  tale  disastro  continuò  ad  es- 
sere dai  Veneti  governata  mediante  un  Provveditore^  nel 
quale  ufficio  trovandosi  nel  1745  N.  Zorzi,  vi  nacque  Pier- 
Antonio,  che  fu  poscia  Cardinale  di  s.  Chiesa,  ed  illustre  arci- 
vescovo di  Udine. 

Quivi  ebbe  luogo  nel  1776-1777  un  convegno  di  Com- 
missari Veneti  ed  Austriaci  per  la  regolazione  dei  confini,  e 
fu  conchiuso  un  accordo,  tra  il  provveditore  Giacomo  Gra- 
denigo  ed  il  conte  d'Aspremont,  comandante  imperiale  di  Lika, 
il  quale  accordo  comunemente  s'appella  =^  Il  Trattato  di 
Novegradi.  -= 

La  borgata  di  Novegradi.  eh'  è  situata  appiè  del  colle 
verso  limare,  è  popolata  oggidì  da  1150  anime.  Appartiene 
al  distretto  di  Zara.  Ha  la  sua  chiesa  parochiale  dedicata 
alla  Natività  di  M.  V.  Fu  eretta  dai  villici  Tanno  1500;  fu 
rovinata  dai  Turchi  nel  1646.  e  ristaurata  dal  vescovo  di 
Nona  Francesco  de'  Grassi  nel  1670.  Ha  la  dimensione  di 
20  ra.  per  8  m.  Era  fornita  di  cinque  altari,  il  principale  in  onor 


—  293  — 

della  litolare  e  patrona  ;  gli  altri  dedicali  al  Ss.  Rosario,  alla 
B.  V.  Addolorata,  a  s.  Giuseppe,  ed  a  s.  Antonio  di  Padova. 
Allualmenle  non  sono  che  soli  tre,  essendone  stali  i  due 
ultimi  di  recente  demoliti,  li  maggiore  di  marmo  con  buona 
pala  della  Natività  di  M.  V.  provveduta  nel  1837  colle  ob- 
blazioni  di  alcuni  pii  benefattori.  È  ben  fornita  di  ar- 
redi sacri  e  di  utensili,  fra  i  quali  noveransi  14  candelieri, 
8  lampade,  5  croci,  e  4  vasi  da  palme,  molti  calici,  osten- 
sori!, pissidi  e  reliquari,  il  tutto  d'argento  squisitamente  la- 
vorato. Di  ammirevole  lavoro  è  puranco  una  pianeta  di  seta 
bianca,  di  grande  preziosità  ed  antichità,  dono,  come  porla 
la  tradizione,  della  regina  d'Ungheria  Elisabetta. 
Aveva  cinque  pie  confraternite,  cioè: 

1.  La  confraternita  del  Ss.  Sacramento  con  150  con- 
fratelli e  buona  rendita  in  natura,  che  serviva  al  decoroso 
mantenimento  delhi   chiesa  parochiale. 

2.  La  confraternita  della  B,  V.  della  Misericordia^  con 
53  aggregati  e  rendite  vistose,  impiegate  nella  manutenzione 
de!   suo  altare. 

3.  La  confraternita  di  s.  Antonio  di  Padova  con  fra- 
telli 82,  e  rendite  vistose,  impiegate  per  il  mantenimento 
del  suo   altare. 

4.  La  confraternita  della  B,  V.  del  Rosario.^  che  fu  ar- 
richita nel  1701  di  molte  indulgenze,  con  56  confratelli  e 
buone  rendite  destinate  a  benefìzio  del  rispettivo  suo  altare. 

5.  La  confraternita  di  s,  Giuseppe  con  fratelli  38  e  con 
redditi  in  natura  e  in  danaro  per  la  conservazione  delT  altare. 

Tutte  le  quali  pie  confraternite  furono  nel  1808  sop- 
presse dalla   legge  generale  del  governo  gallico. 

Ha  questa  chiesa  il  campanile  alla  romana  con  quattro 
campane. 

Oltre  la  parochiale,  v'  è  la  chiesa  di  s.  Catarina  v.  m. 
eretta  nel  1393  dal  Co,  Bultico  di  Corba  via,  e  riedificata 
nel  1700,  con  cimitero  dappresso,  e  campanile  di  stile  romano 
con  due  campane.  Questa  chiesa  fu  per  ben  tre  volte  ingrandita. 
Ha  una  lunghezza  di  24  metri,  ed  una  svariata  larghezza  di 
10,  6  e  4  metri.  Ha  tre  altari  e  tutti  di  legno,  de'  quali 
il  maggiore  con  l'effigie  in  tela  di  s.  Catarina,  l'altro  con 
s.  Giuseppe,  e  colla  Vergine,  il  terzo  coi  Ire  Re  Magi. 

Un'altra  chiesolina  vi  esiste  all' imboccatura  del  porto  in 
onor  di  s.  Nicolò,  edificala  dai  villici  nel  1800,    coperta  dì 


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tuffo,  con  nn  solo  altare    del  suo  patrono,  e  campanile    con 
una  campana. 

Un  convento  di  religiosi  benedettini  con  una  chiesa  de- 
dicata a  s.  Paolo  esistevano  sul  monte  nei  prischi  tempi 
Ambidue  furono  distrutti,  per  quanto  riferiscono  le  nostre 
cronache,  nel  976,  ed  ora  non  se  ne  conoscono  neppur  le 
traccie,  a  menochè  non  sia  esistila,  dove  oggidì  sorge  quella 
di  s.  Catarina. 


Serie  dei  parochi  di  Novegradi. 


1.  Vincenzo  Vlatkovich  paroco 

2.  Vincenzo  Jvcich  „ 

3.  Giovanni  Korgacina  „ 

4.  Nicolò  Korgacevich  „ 

5.  Luca  Vlatkovich  „ 

6.  Michele  Vlatkovich  „ 

7.  Nicolò  Ostrich  „ 

8.  Simeone  Vlatkovich  ,, 

9.  Simeone  Ciorich  „ 

10.  Carlo  Juranovich  „ 

11.  Giorgio  Salino  vie  „ 

12.  Antonio  Castella  „ 

13.  Bernardo  Fachinelli  „ 

14.  Tommaso  Salinovich  „ 

15.  Matteo  Missich  „ 

16.  Giovanni  Vlatkovich  „ 

17.  Lorenzo  Vlatkovich  „ 

18.  Francesco  Salinovich       ,^ 

19.  Giovanni  Ostrich:  canonico 

20.  Simeone  Vlatkovich  paroco 

21.  Giorgio  Vardislo  „ 

22.  Giorgio  Mavrich  „ 

23.  Francesco  Vlatkovich      „ 

24.  Nicolò  Ostrich  ^ 

25.  Antonio  Pastrovich  „ 

26.  Giuseppe  Juranovich  ^ 

27.  Paolo  Vlatkovich  „ 

28.  Vincenzo  Suppich  „ 

29.  Martino  Vlatkovich 

30.  Matteo  Nekich 

31.  Giulio  Smircich 


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1650 
1675 
1693 
1695 
1700 
1715 
1717 
1719 
1735 
1740 
1742 
1750 
1755 
1757 
1765 
1766 
1766 
1774 
1781 
1783 
1785 
1786 
1800 
1810 
1815 
1827 
1828 
1844 
1848 
1868 
1870 


—  295  — 

È  cosa  veramente  slraordinaria,  che  nel  giro  di  due 
secoli  dieci  individui  d'una  slessa  famiglia  sieno  stali  pa- 
rocbi,  ne'ia  stessa  pr'^ochia.^  nella  propria  patria.  Eppure  è 
così:  la  famiglia  Vlatkovich  HJ  Novegradi,  come  risulta  dal 
suddetto  prospetto,  conta  dieci  sacerdoti,  i  quali  furono  pa- 
rochi  é'\  quella  borgata  das  1650  al  1850.  Ciò  è  prova  evi- 
dente, che  questa  famiglia  fu  sempre  degna,  rispettabile  e 
religiosa^  che  colle  cospicue  sue  virtù  seppe  guadag'narsi 
r  affetto  e  la  s'uma  ^e\  popolo,  ed  esercitare  perciò  rna  po- 
tente influenza  morale  nella  sua  patria.  Merita  speciale  men- 
zione tra  essi  Paolo^  che  durante  la  sua  lunga  amminislra- 
zione  si  distinse  per  zelo,  premura  e  decoro  della  chiesa, 
e  delle  sacre  funzioni,  nonché  per  la  diligente  cura  spiriiuale 
de'  suoi  parochìani,  per  cui  merilossi  nel  1839  uh  canoni- 
cato nel  capitolo  metropolitano  di  Zara,  ove  anche  morì 
nel  1843.  Era  dapprima  canonico  onorario  di  Nona,  vicario 
foraneo,  decano,  e  convisitatoro  di  quella  diocesi.  Il  di  lui 
nipote  Martino  dopo  poco  tempo  Io  sostituì  nella  carica 
di  paroco  decano,  e  dopo  quasi  vent'anni  di  assidua  ed  o- 
perosa  amministrazione  gli  succedette  nel  seggio  canonicale 
della  nostra  Basilica. 

La  casa  canonica  è  sita  fuori  della  borgata,  dalla  parte 
di  scilocco.  Fu  eretta  nel  1874  a  spese  del  fondo  ecclesia- 
stico colla  concorrenza  dei  villici. 

Località  appartenenti  a  Novegradi. 

Grabarie  Paliù  Podgradina 

Prelati  illustri,  ch'ebbero  i  natali  a  Novegradi. 

1.  //  Cardinale  Pietro  Antonio  Zorzi^  di  nobilissima  ed 
antica  famiglia  veneta,  nacque  il  20  novembre  1745  nel  castello 
di  Novegradi.  dove  il  padre  teneva  l'onorevole  uffizio  di  Conte 
e  Provveditore  della  Serenissima  Repubblica.  Ancor  giovinetto 
fu  collocato  da'  suoi  genitori  nell'accademia  dei  nobili  alla 
Giudecca  in  Venezia.  D'ingegno  vivace,  e  di  aperta  intel- 
ligenza, nelle  letterarie  discipline  si  distinse,  e  nella  poesia 
italiana  e  latina  fece  brillanti  avanzamenti,  riscuotendo  la 
universale  ammirazione.  Entrò  neW  anno  diciottesimo  nella 
benemerita  Congregazione  Somasca,  ove  fece  rapidi  pro- 
gressi nella  perfezione    cristiana.    Cultore  assiduo  delle  filo- 


—  296  — 

sofiche  dottrine  e  della  Sacra  Teologia,  in  breve  s' avanzò 
egli  in  queste  istituzioni,  che  ì  suoi  Superiori  non  esitarono 
a  destinarlo  professore  di  filosofia  e  direttore  del  Collegio 
di  Brescia,  e  poscia  di  sacra  eloquenza  in  quello  di  Padova  ; 
in  mezzo  alle  quali  importanti  occupazioni  non  tralasciò  di 
dispensare  la  divina  parola  e  nei  templi  e  nei  chiostri,  pro- 
cacciandosi la  estimazione  dei  v(  scovi,  dei  magistrati  e  delle 
più  illustri  famiglie.  Le  cospicue  sue  virtù,  e  le  esimie  sue 
doli  lo  innalzarono  ben  presto  alle  cariche  della  Congrega- 
zione. Di  fatti  lo  troviamo  elevato  alla  precipua  Prepositura 
della  Congregazione  in  s.  i^Jaria  della  Salute  in  Venezia,  e 
poco  stante  nominato  Definitore.  D'un  tratto,  e  contro  ogni 
sua  aspettazione  si  vide  egli  nel  1785  preconizzato  vescovo 
di  Ceneda  da  Pio  VI.  Appena  entrato  in  quella  diocesi,  si 
pose  a  governarla  con  solerte  cura  e  premura  indefessa.  E 
colla  parola  e  coli' opera  si  prestò  a  tult'uomo  alla  riforma 
dei  costumi  del  clero  e  del  popolo,  ed  all'organizzazione 
delle  scuole  pie  laicali  della  città.  Rimasta  frattanto  vacante 
nel  1792  la  sede  metropolitana  di  Udine,  dietro  proposta  del 
Veneto  Senato  fu  dalla  santa  memoria  di  Pio  VI  innalzalo 
su  quella  cattedra  illustre.  Appena  n'ebbe  l'amministrazione 
si  consacrò  intieramente  alla  santificazione  del  suo  clero  e 
del  suo  popolo.  In  questo  novello  campo  di  esercitazione 
fece  egli  spiccare  tutte  le  sue  virtù.  Grave  nel  tratto,  nel 
portamento  modesto,  aff"abile  nelle  maniere,  nel  suo  parlare 
misurato,  di  moderazione  ripieno  in  mezzo  alla  dignità,  ser- 
viva a  tutti  di  fiaccola  accesa  per  battere  il  sentiero  della 
virtù.  Divideva  egli  tutto  il  suo  tempo  fra  la  preghiera,  lo 
studio,  ed  il  governo  gravissimo  della  Diocesi.  Eletto  che 
fu  nel  1800  Pio  VII,  si  recò  a  venerarlo  in  persona  a  Ve- 
nezia, ed  ottenne  da  lui  a  viva  voce  la  concessione  di  rista- 
bilire il  terzo  giorno  festivo  di  Pasqua  e  le  feste  di  s.  Giu- 
seppe e  di  s.  Giovanni  Battista.  Fece  dippoi  la  sua  visita 
pastorale  in  tutta  la  vasta  sua  Diocesi,  dietro  la  quale  in- 
trodusse un  nuovo  metodo  d'insegnamento  nella  dottrina 
cristiana,  la  quale  veniva  fino  allora  impartita  con  molta  va- 
rietà e  dissonanza.  Adottò  cioè  la  dottrina  del  dotto  vescovo 
di  Mondovì  M.  Michele  Casati,  la  quale  tuttavia  si  adopera 
colle  aggiunte  fatte  dal  sac.  Luigi  Fabris  udinese.  Acerrimo 
propugnatore  dell'ecclesiastica  disciplina,  insistette  special- 
mente sul  vestito  del  clero,  visitava  frequentemente  le  scuole 
del  Seminario,    faceva  di  per  sé    gli  esami  ai    chierici    che 


—  297  — 

aspiravano  agii  Ordini,  e  dispensava  premi  per  accendere 
nei  giovani  petti  l'amor  allo  studio  e  alla  pietà.  Ebbe  cura 
speciale,  che  nei  monasteri  non  si  rallentasse  il  fervore,  e 
non  si  avesse  a  turbare  l'ordine  usato.  Non  mancava  di 
porger  ajuli  opportuni  quando  questi  sacri  asili  si  trova- 
vano in  qualche  distretta.  La  sua  carità  verso  il  prossimo 
era  ardentissima  ed  inesauribile.  Nessuno  degli  sventurati 
sfuggiva  al  suo  amoroso  cuore,  e  per  soddisfare  alle  esi- 
genze dei  poveri  si  restrinse  nei  famigliari  bisogni  per  guisa, 
che  il  suo  poteva  dirsi  nulla  più  che  decente  sostentamento. 
E  questo  suo  spirito  di  carità  ebbe  a  spiccare  in  modo  stra- 
ordinario quando  l'anno  1801  una  desolante  carestia  colpiva 
la  sua  Diocesi.  Il  governo  Austriaco  aveva  sommamente  caro 
questo  insigne  Prelato,  e  non  poteva  dimenticare  con  quale 
assennatezza,  con  quale  prudenza  erasi  egli  condotto,  quando 
il  Friuli,  con  tutto  il  dominio  Veneto,  passò  sotto  l'impero, 
per  cui  l'Imperatore  Francesco  1  non  tnrdò  di  riconoscere 
i  cospicui  suoi  meriti,  e  con  diploma  del  2  agosto  1802  lo 
nominò  Consigliere  Intimo  attuale  di  Stato,  colla  dispensa  del 
pagamento  delle  lasse  relative,  avuto  riguardo  ali"  uso  che 
faceva  dei  redditi  della  sua  mensa.  Ma  non  era  questa  la 
sola  onorificenza  a  lui  riservata,  poiché  con  viglietto  4  di- 
cembre dello  stesso  anno  il  celebre  segretario  di  Stato  Car- 
dinal Consalvi  fecegli  sapere  che  S.  S.  Pio  VII,  seguendo 
il  costume  della  s.  Sede  di  onorare  colla  porpora  un  figliuolo 
di  s.  Marco,  nella  occasione  così  detta  delle  Corone,  aveva 
fallo  cadere  la  scella  sopra  di  lui.  Così  fu;  e  nel  Concistoro 
segreto  del  17  gennaio  1803  fu  nominalo  Cardinale  di  s. 
Chiesa.  Ma  poco  ancora  di  vita  reslava  alT  arcivescovo. 
Mentre  egli  ravvolgeva  in  mente  nuove  disposizioni  a  van- 
taggio dell'  arcidiocesi,  una  stranissima  malattia  di  nervi  lo 
attaccò  verso  la  scorcio  di  Maggio.  Fu  questa  lunga,  dolo- 
rosa e  indomila  ad  ogni  rimedio.  In  mezzo  ai  dolori,  che 
Io  andavano  lentamente  consumando,  di  nulla  lamentavasi, 
ma  da  un  solo  pensiero  era  angustiato,  dal  pensiero  dei  po- 
veri. Onde  pochi  giorni  innanzi  alla  sua  morte,  stringendo 
la  mano  dell'addolorato  fratello:  Vi  raccomando  i  miei  po- 
veri^ flebilmente  diceva,  vi  stieno  a  cuore  i  miei  pove- 
relli. Si  facevano  preghiere  per  la  vita  di  lui,  ma  era  già 
maturo  pel  Cielo,  e  il  sabato  17  dicembre  1803  verso  le 
ore  3  pom.  confortato  dei  Ss.  Sacramenti  esalava  l'anima 
sua  neir  età    di  58  anni,  dopo    aver  governato  T  arcidiocesi 


—  298   - 

udinese  per  11  anni.  1  solenni  funerali  ebbero  iuog-o  il  di 
2!  dicembre,  dopo  i  quali  fu  iella  una  funebre  orazione  ia- 
lina, nella  quale  furono  encomiate  le  esimie  virtù  del  de- 
funto Cardinale.  Nessun  monumento  ne  ricorda  la  memoria. 
A  Ceneda  nell'aula  del  palazzo  comunale  esiste  dipinto  il 
suo  stemma;  a  Udine  nella  sala  superiore  dell' arcivescovato 
la  sua  effigie  in  affresco  con  brevissimi  accenni  al  suo  go- 
verno nella  diocesi  udinese:  un  ritratto  ad  olio  nell'archivio 
capitolare  di  Zara. 

2.  Biagio  Mandevio.  nato  a  Novegradi.  da  onesta  e 
ricca  famiglia,  dottore  in  ambe  le  leggi,  da  mansionario 
della  metropolitana  di  Zara,  eletto  vescovo  di  Nona  nel  1602 
nell'età  di  32  anni.  Vedi  la  serie  degli  ecclesiastici  illustri 
di  Zara  nel  voi.  I  p.  211.  e  la  sene  dei  vescovi  di  Nona 
nel  V.  li.  p.  144. 

Obbrovazzo. 

Alla  distanza  di  26  '/,  miglia  a  nord  est  da  Zara,  nella 
vallo  bagnata  dal  fiume  Zermagna.  T  antico  Tedanio  di  Plinio, 
giace  sulle  sue  rive  la  borgata  di  Obbrovazzo,  \^ Arcjyrun- 
tum  dei  Romani,  ovvero  anche  RiporiLin  secondo  Tolomeo, 
e  nel  tempo  medioevale  Bravizo,  Obbrovizo^  ed  Obrovaz  ap- 
pellata, e  finalmente  Obroatknn.  E  formato  questo  paese  da 
un  gruppo  di  alte  case,  che  diletta,  non  tanto  per  la  sua 
ripartizione,  quanto  per  il  sito,  chiuso  in  due  lati  da  sco- 
scesi dirupi.  La  contrada,  che  lo  dimezza,  divide  la  parte 
situata  sulla  riva  dello  Zermagna  da  quella  sulle  falde  della 
collina,  in  cima  della  quale  trovansi  le  rovine  d'un  antico 
forte  e  celebre  castello,  probabilmente  quello  stesso,  che  fu 
eretto  nel  1282  da  Giorgio  Ghiurjacovich  Co.  di  Corbavia, 
e  ristaurato  dai  Veneti  nel  1409. 

Era  Obbrovazzo  la  sede  dei  conti  Corbaviensi  preno- 
minati, il  cui  ultimo  possessore  fu  Giovanni,  di  sopranome 
Torquato,  figlio  di  Carlo  Tiranno,  detto  volgarmente  Carlo- 
vich.  e  di  Dorolea  Frangipani,  il  quale  fuggì  in  Schiavonia 
dopo  che  in  gennaro  del  1527  fu  espugnalo  dai  Turchi  quel 
castello,  che  sotto  la  direzione  e  il  comando  del  suo  castel- 
lano Juro  Co.  di  Possedaria.  d'immortale  memoria,  vi  oppose 
accanita,  e  valorosa  resistenza.  Venne  dopo  qualche  tempo 
in  poter  de'  Veneziani,  quando  cioè  nel  1647  sotto  la  con- 
dotta del  Provveditor  generale    Foscolo,  e  con  la  coopera- 


—  299  — 

zione  della  milìzia  nazionale  lo  presero  ai  Turchi,  i  quali 
però  lo  ripresero  nel  1683  per  perderlo  di  nuovo  nel  1684, 
nel  qual  anno  venne  ricuperato  dai  Veneti,  guidali  da  Elia 
Jankovich  Dede  e  dal  patrizio  zaratino  Simeone  do  Borto- 
lazzi;  dopo  di  che  fu  assoggettalo  al  veneto  Provveditore 
di  Novegradi.  Nel  1694  presero  fuoco  accidentalmente  tre 
botti  di  polvere,  che  ivi  erano  custodite  pei  bisogni  di 
guerra,  ed  il  castello  crollò  da  capo  a  fondo,  salvo  rimanendo 
il  suo  governatore  Demetrio  Vlastò,  che  in  queir  istante 
fuori  di  esso  trovavasi. 

Quando  sia  stato  eretto  in  parochia  questo  pat^se  non 
consta.  Se  non  che  da  documenti  rilevasi,  che  varie  chiese 
ivi  ab  antico  esistevano,  fra  le  quali  ne  primeggia  una  de- 
dicata a  s.  Pietro  ap.  edificata  nel  1029,  ed  un' allra  assai 
pili  antica  intitolata  a  s.  Michele  are.  come  vedremo  in  ap- 
presso. Dal  che  si  deduce  che  una  curazia  doveva  aver  e- 
sistito  già  a  que'  tempi  in  quel  sito.  A  molte  vicende  andò 
soggetta  questa  terra  sino  alla  pace  col  Turco  ;  vicende  che 
sarebbe  troppo  lungo  il  riportare. 

Conchiusa  la  pace  dalia  Repubblica  colla  ottomana  po- 
tenza, si  pensò  a  fabbricare  in  Obbrovazzo  la  chiesa  pa- 
rochiale.  La  edificarono  i  villici  sotto  il  castello  quasi  a  metà 
della  collina,  in  onor  di  s  Giuseppe;  ma  corrosa  e  sdruscila 
dal  tempo,  venne  nel  1794  riedificata,  come  risulta  dalla  la- 
pide commemorativa,  esistente  sopra  la  sua  porta  d'ingresso: 

D  .  o  .  M  . 

INCOLARVM    .    SVFFRAGIIS 

SEDVLITATE    .    ZELO    .    AC    .    OPERA 

PROCVRAT    .    NOB    .    D    .    ANTONII    .    BOLIS 

ET 
R.    P.    PAR   .    PASCALIS    .    NECHICH 
TEMPLVM   .   FEAEDIFICATVM 
A    .    MDCCXCIV    . 

L'interno  della  chiesa  è  bello.  È  ornato  di  tre  altari, 
l'uno  dedicato  al  patrono  e  titolare,  l'altro  a  s.  Antonio  di 
Padova,  ed  il  terzo  al  suffragio.  Non  offre  argomento  a  spe- 
ciali osservazioni,  se  si  eccettua  l'antico  dipinto  rappresentante 
la  Vergine,  collocato  sopra  l'  altare  a  sinistra.  Dinanzi  la 
chiesa  scorgonsi  varie  sepolture,  con  iscrizioni,  che  accen- 


—  300  — 

nano  agli  anni  ITI 7,  1739  e  1785.  Dietro  la  slessa  si  veg- 
gono immurale  sei  lapidi  romane,  ivi  trasporlale  dal  castello 
Garin;  due  delle  quali  sono  riportate  nel  manuale  di  Dal- 
mazia del  1873,  e  le  altre  sono  illeggibili.  Venne  ristaurata 
nel  1827.  Era  di  juspalronato  dei  minori  Osservanti  del  Ss. 
Redentore  di  Garin  per  veneto  privilegio,  dal  cui  governo, 
ed  anche  dai  successivi  fino  al  1810  riceveva  un  annuo 
assegnamento. 

Vicino  alla  chiesa  oravi  T  ospizio  dei  Frati,  che  servì 
di  casa  parochiaie  per  vario  tempo. 

Unti  pia  confraternita  esisteva  nei  tempi  andati  in  questa 
parochia,  sotto  il  titolo  del  Ss.  Sacramento.  Aveva  112 
confratelli,  buone  rendile  in  luminarie,  ed  elemosine  che  ve- 
nivano impiegate  pel  mantenimento  dell'  altare.  Fu  soppressa 
nel  1808  pel   decreto  imperiale  francese  di  quest'anno. 

La  parochia  di  Obbrovazzo  apparteneva  alla  giurisdi- 
zione spirituale  del  vescovo  di  Nona.  Ora  è  pure  parochia 
con  561    anime,  e  dipende  dal  Decanaio  di  Novegradi. 

Serie  dei  parochi  di  Obbrovazzo. 

Tommaso  Taifra  p? 

Matteo  Vidolin 
Vincenzo  Segarich 

ora  arciprete  di  Pago. 
Stefano  Buzzolich 
Paolo  de  Zanchi 
Bernardino  Allujevich  m.  o. 
Antonio  Rasso 

Un  miglio  circa  lontano  dal  celebre  castello  di  Obbro- 
vazzo, alla  riva  del  fiume,  esisteva  nei  passati  secoli  un  con- 
vento di  Religiosi  Benedettini,  dello  di  s.  Giorgio  di  Gopriva, 
fondalo  dal  Bano  Stefano  l'anno  1052,  e  di  juspalronato 
dei  premenzionati  Gonli  di  Corbavia.  Passato  in  commenda 
in  virtù  dì  Bolle  Pontificie  fu  eletto  abbate  commendatario 
nel  1530  il  chierico  Jacopo  di  Possedaria.  A  questo  mo- 
nastero fu  allora  affidata  la  cura  d'anime,  e  n'erano  di- 
pendenti alcuni  casali,  che  furono  visitati  nel  1572  dal 
vescovo  di  Nona,  che  vi  esercitava  la  sua  giurisdizione. 
E  chiesa  e  convento  furono  distrutti  dai  Turchi,  per  cui  non 
ne  rimasero    che  le  sole    rovine,  ed  il   cimitero    parochiaie. 


roco 

nel 

1827 

>? 

11 

1831 

>? 

u 

1840 

>? 

yy 

1863 

?7 

95 

1867 

yy 

?? 

1870 

n 

?5 

1876 

—  301   — 

Abbiamo  memorie  scritte,  che  in  Obbrovazzo  esistesse 
un  chiostro  ed  un  tempio  dei  Cavalieri  Templari.  Il  (empio 
aveva  per  patrono  e  titolare  s.  Martino.  Questi  due  edifizii 
erano  situali  presso  il  mare.  Ambedue  restarono  estinti  nel 
1320.  Ma  pili  tardi  ristaurali  l' uno  e  l'altro  furono  occupali 
dai  PP.  Conventuali,  e  lìnalmente  nel  1500  distrutti  dalla 
musulmana  ferocia. 

Esisteva  inoltre  presso  M  mare  un  Ospizio  di  Terziarie 
Francescane,  il  quale  fu  distrutto  nel   1409. 

V'era  in  tempi  rimoti  in  Obbrovazzo  una  chiesa,  dedi- 
cata a  s  i\]ichele  arcr*)tyelo,  la  quale  è  menzionata  in  Bolla  di 
Celestino  III  del  1195,  con  cui  ne  venne  coniermato  il  pos- 
sesso ai  monaci  Benedettini  dì  s.  Grisogono   di  Zara. 

Un'altra  chiesa  ancora,  intitolata  a  s  Pietro  ap.  trova- 
vasi  in  questa  borgata,  ed  è  ricordata  in  scritture  del  1020 
e  del   1068. 

In  documento  del  1029  è  menzione  d'una  chiesa  di  s. 
Grisogono,  fabbricita  a  Obbrovazzo  da  Elena  sorella  del 
Bano  Godemiro  e  donata  assieme  ad  alcuni  terreni  al  mo- 
nastero d'  s.   Grisogono  di  Zara. 

Come  apparisce  da  scritture  del  1070,  1072  e  1073 
il  convento  di  s.  Grisogono  di  Zara  possedeva  a  Obbrovazzo 
molti  beni  donatigli  da  Pietro  Zupano  di  Sidraga,  e  da  altri 
benefattori. 

In  carte  del  1175,  1236,  e  1277  questo  villaggio  è 
appellato  col  nome  di  Ohhrovaz. 

S.  M.  r Imperatore  d'Austria  Ferdinando  I.  con  suo  di- 
ploma del  giorno  2  Marzo  1842  ha  accordato  alla  borgata 
di  Obbrovazzo  il  privilegio  speciale  di  tenere  ogni  anno 
una  fiera  di  tre  giorni,  cioè  ai  4,  5  e  6  ottobre. 

S.  M.  l'Imperatore  Francesco  Giuseppe  il  giorno  14 
Aprile   1873  onorò  d'una   breve  visita  questa  borgata. 

Località  aggregate  a  Obbrovazzo. 

1.  Tre  miglia  distante  dall'odierna  parochia  di  Obbro- 
vazzo è  la  villetta  di  Zafon^  denominala  anche  Obbrovazzo 
inferiore  per  distinguerla  dalla  prima,  che  Obbrovazzo  su- 
periore suolsi  appellare. 

2.  Un'  altra  località  non  lontana  da  questa  parochia  è 
Krusevo  con  alcune  case,  ed  incirca  50  anime. 


-    302  — 

3.  Ospizio  di  Podprag 

Da  Obhrovnzzo  un  ponte  di  legno  atlraversa  il  fiume 
Zerniagna,  e  da  quello  comincia  ascendere  una  strada  ro- 
tabile, per  i  primi  poggi  del  monte.  Dopo  una  gita  di  otto 
miglia  in  continua  ascesa  si  affaccia  la  grande  catena  del 
Yelebit  ed  in  mezzo  a  gioghi  una  rocca,  cinta  d'ispidi  dumi, 
denominala  Podprag^  all'altezza  di  piedi  2501  ossia  834 
metri  sopra  il  livello  del  mare  Lì  si  vede  un'  elegante  tem- 
pietto, dedicato  a  s.  Francesco  d'Assisi,  il  cui  esterno  pre- 
senta due  opposti  prospetti,  rivolti  inverso  di  chi  entra  o 
sorte  dalla  provincia.  Li  pronai  ornati  d'intercolonii  di  stile 
dorico  con  frontispizio,  si  estendono  a  tutta  la  larghezza 
esterna  di  metri  otto,  e  si  prolungano  innanzi  due  metri. 
Sopra  base  quadrata  di  otto  metri  per  ogni  lato  s'innalza 
il  tempio,  coronato  da  attica  sopra  cui  poggia  il  coperto 
formato  da  volta  sferica  rivestita  con  lamina  di  rame.  L'  edifizio 
è  ottangolare  nelf  interno,  con  quattro  nicchioni,  corrispon- 
denti agli  angoli:  due  lati  occupano  le  porte,  e  due  gli  al- 
tari. Il  pavimento  è  di  lastre  bianche  e  nere  levigate,  di- 
sposte a  gradevole  disegno,  in  forma  di  stella.  I  muri  esterni, 
costruì  i  di  pietra  diligentemente  lavorata,  presentano  quasi 
un'  intera  massa  di  color  cinericio,  ornata  di  bianche  cornici 
e  colonne  d'un  sol  pezzo,  il  tutto  estratto  dalle  cave  della 
provincia.  La  vaghezza  del  tempietto,  che  splende  in  tutte 
le  sue  parti  proporzionata,  viene  nobilitata  da  un  magnifico 
dipinto  dell'esperio  pennello  del  defunto  Francesco  Salghetti- 
Drioli.  11  quadro  rappresenta  il  taumaturgo  d'Assisi,  che  ri- 
ceve le  sacre  stimmate.  Lampade,  bracciali,  candelabri  in 
bronzo  doralo  di  squisito  lavoro,  adornano  le  pareti  e  gli 
altari.  Rimpetto  l'altare,  su  cui  si  celebrala  messa,  trovasi 
una  lapide  che  rammenta  la  consacrazione,  fatta  da  monsi- 
gnor Giovanni  Bercich,  Vescovo  di  Cassia,  e  vicario-generale 
dell'Arcivescovo  di  Zara    Vi  si  legge  quanto  segue: 

MDCCCIXL 

DIE    .    XX    .    MAJI 

HAEC     .     ECCLESIA 

CONSECRATA    .    FVIT 

IN    .    HONOREM 

S    .    FRANCISCI    . 


—  303     - 

Al  servigio  del  tempietto  è  destinato  un  cappellano  del- 
l'ordine  dei  MM.  00.  e  iti  sua  assistenza  è  assegnato  un 
laico,  per  cui  fu  costrutto  un  comodissimo  alloggio  per  en- 
trambi. L'ospizio,  che  accoglie  gratuitamente  luU'i  viandanti 
e  carrellieri,  ha  un  apposito  custode  salariato  dall'i,  r.  Luo- 
gotenenza, come  lo  è  pure  il  cappellano  con  400  annui  fio- 
rini, che  dalla  cassetta  privala  di  S.  M  gli  vengono  elargiti 
a  titolo  di  stipendio,  ed  altri  30  per  la  manutenzione  del 
tempietto.  Un'altra  casa  serve  di  abitazione  al  maestro  stra- 
dale, ed  allo  stradino. 

11  cappellano  fu  nel  1841  il  P.  Bernardino  Allujevich, 
ed  attualmente  il  P  Costantino  Banjes,  ambidue  dei  minori 
osservanti. 

Questo  tempietto  venne  ivi  eretto  a  monumento  di  ri- 
conoscente memoria  verso  l'Augusto  Monarca  Francesco  I, 
che  ordinò  la  costruzione  della  strada  del  Velebich,  la  quale 
può  annoverarsi  tra  le  più  celebri,  e  per  convenienza  di  traccia, 
e  per  accuratezza  di  lavoro,  e  per  arditezza  di  opera. 

Nel  pronao  vi  è  scolpita  da  un  lato  una  iscrizione  la- 
tina, allusiva  all'  impresa.  Essa  è  del  seguente  tenore: 

PARENTI    .    OPTIMO 

FRANCISCO    .    t    .    P    .    F    .    A    . 

QVOD    .    OMNIMODIS    .    DALMATIAE    .    PROSPICIENS 

PER    .    ALPES    .    BAEBIAS    .    VIAM    .    ROMANIS    .    AEMVLAM 

IMMORTALI    .     AVSV    .    AFERVERIT     .    STRAVERIT    .    MVNIVERIT 

DALMATAE    .    VNIVERSI 

AD  .  ALIAS  .  IMPERII .  PROVINCIAS  .  DITIONE  .  CONJVNCTAS 

PATEFACTVM    .    ITER    .    SIBI    .    GRATVLANTES 

AD    .    MEMORIAM    .    TANTI    .    BENEFICII 

AVSPICI    .    FELICITATIS    .    SVAE 

DEDICAVERVNT 
ANNO    .    M    .    D    .    CCC    .    XXXII    . 

Carin  (Karin) 

Giace  il  v'Maggio  di  Carin  in  fondo  del  mare  di  No- 
vegradi  allo  sbocco  d'un  fiumicino,  che  puranco  Carin  si 
appello.  Era  qui  l'antica  Corinium  di  Plinio  e  di  Tolomeo, 
così  denominala,    dall'antico    castello    edificatovi    da    Carino, 


—  304  — 

figlio  di  M.  Aurelio  Caro  1'  anno  dell'  era  volgare  283,  spe- 
dilo in  Dalmazia  per  opporsi,  secondo  il  Frescot.  alT  irru- 
zione dei  barbari,  e  per  contrastare  l'impero  a  Diocleziano. 
In  seguito  divenne  Castello  dei  Conti  Croati,  sotto  de'  quali 
ebbe  anche  il  titolo  di  città.  Era  essa,  infalli,  cinta  di  mura, 
i  cui  avanzi  scorgonsi  di  presente,  sul  colle  Gradina  Mio- 
(jrad.  Quadrilatera  n'era  la  sua  forma,  con  tre  torrioni  nei 
lati  più  esposti. 

Verso  il  mare,  ed  in  vicinanza  del  suddetto  castello 
esisteva  un  chiostro  di  Benedettini,  fondato  al  principio  del 
nono  secolo,  menzionato  nelle  cronache  di  quell'ordine  be- 
nemerito, ed  in  testamento  dell'anno  1114,  conservalo  nel 
preesistito  archivio  di  s.  Grisogono  in  Zara.  Tale  chiostro 
sull'alba  del  secolo  decimoquinto  fu  convertito  in  Commenda 
a  guisa  degli  altri  conventi  deif  Ordine,  ed  in  seguilo  ridotti 
alcuni  beni  del  medesimo  a  beneficio  semplice,  fu  ceduto  e 
rinunziato  nel  1668  con  solenne  scrittura  al  vescovo  de 
Grassi  di  Nona,  che  l'unì  alla  Fabbriceria  della  Cattedrale 
in  tempi  di  somma  urgenza  e  misera  della  chiesa,  dopo  cioè 
le  lurchesche  invasioni,  che  la  ridussero  all'estrema  indi- 
genza. 

Sulle  rovine  di  questo  antichissimo  cenobio  benedettino, 
venne  edificata  l'anno  1429  un'altra  monastica  abitazione 
pei  minori  osservanti,  i  quali  ivi  si  collocarono  e  visse- 
ro pacificamente  operando  gran  bene  in  mezzo  di  lanla  po- 
polazione. La  chiesa  annessa  vi  fu  eretta  dai  fondamenti 
da  Elisabetta,  consorte  a  Nicolò  Bano  di  Carin,  e  vi  leorò 
beni  stabili  in  vigne  e  oliveli  a  sostentamento  della  religiosa 
famiglia,  che  lo  abitava.  E  chiesa  e  convento  soffrirono  molli 
danni  nelle  incursioni  fatte  dai  Turchi  sui  terrilorii  di  Zara 
e  di  Nona,  le  quali  dal  1468  al  1500  furono  ripetute  per 
ben  undici  volte  con  più  o  meno  danno  delle  vile  e  degli 
averi. 

Nel  1645  il  convento  restò  arso,  e  poi  anche  atterrato; 
non  così  la  chiesa,  che  fu  meno  danneggiala  ed  anzi  con- 
servò la  sua  forma.  E  l'una  e  l'altro  dopo  stabilita  la  pace, 
furono  rifabbricati  al  principio  del  secolo  decimottavo.  Quei 
religiosi  nel  1736  condussero  a  compimento  ambidue  gli  e 
difizii.  al  che  contribuirono  molto  Giorgio  Grimani.  Prov- 
veditore Generale  della  Dalraazi;'.  colf  arcivescovo  di  Zara 
Vincenzo  Zmajevich,  decorandola  quest'  ultimo  di  una  pala 
e  dell'organo.  Questo  convento  provvedeva  co'  suoi  religiosi 


—  305  — 

alle  curazie  di  Obbrovazzo,  Krusevo,  Jesenice,  Rodaljice, 
Ervenìk,  e  Perusié.  Presentava,  in  caso  di  vacanza,  al  ve- 
scovo di  Nona  tre  sacerdoti,  ed  egli  fra  questi  ne  sceglieva 
uno  di  sua  persuasione. 

La  chiesa  è  intitolata  all' Immacolata  Concezione  di  M. 
V.  È  ben  provveduta  di  sacri  arredi,  e  per  relegante  sua 
struttura  è  degna  di  ammirazione. 

Il  convento  ha  rendite  di  praterie,  boschi,  oliveti,  ed 
anco  di   animali  lanuti. 

Nel  1827  v'erano  dodici  sacerdoti,  7  dei  quali  impie- 
gati in  cura  d'anime  nelle  parochie.  Si  occupavano  allora 
nello  istruire  i  fanciulli  delle  ville  circonvicine. 

V'era  a  Garin  una  confraternita,  intitolata  a  s.  Ciriaco 
senza  corporazione,  con  poche  elemosine  pel  mantenimento 
dell'  altare. 

Oltre  la  chiesa  primaria  v'è  una  pubblica  cappella  de- 
dicata alla  Natività  di  M.  V.  fatta  costruire  dalla  pia  fa- 
miglia Bellan  nel  1748,  la  quale  serve  pei  fedeli  cattolici, 
che  dal  1682  si  stanziarono  in  quei  dintorni. 

Trovansi  ancora  le  rovine  di  una  chiesa  dedicata  a  s. 
Marco,  ed  appellata  anche  s.  Nicolò.  In  essa  esiste  una  co- 
lonna grande  che  finisce  in  forma  di  pigna,  con  iscrizione 
romana. 

Ov'era  il  castello  e  le  case  circonvicine  surse  un  vil- 
laggio di  Morlacchi  di  rito  serviano,  con  una  chiesa  inti- 
tolata a  s.  Cirillo. 

Nelle  memorie  storiche  di  Gregorio  Stratico  trovasi 
scritto,  che  col  diploma  di  Lodovico,  re  d'Ungheria,  di  data 
4  dicembre  ì36I,  il  castello  e  la  torre  di  Carin  furono  dati 
in  dote  da  Elisabetta  madre  di  Lodovico  alla  figlia  Winicha. 

Esiste  in  questo  villaggio  oggidì  un  torrione  turco  di- 
roccato. Carin  diffeso  da  Giovanni  Hranovich  nel  1514  cadde 
in  mano  dei  Turchi  Fu  ripreso  nel  1647  dal  conte  Pos- 
sedaria.  Tentarono  i  Turchi  di  riaverlo  nel  1649  ma  furono 
battuti   dal  famoso  Elia  Smiglianich. 

In  scritture  del  1301,  1390  e  1407  vi  è  cenno  di  aU 
cune  famiglie  nobili  di  Carin,  quali  sono  i  Slavotinich,  i  Mo- 
gorovich.  Dorino  e  Mardessich. 

Carin  appartiene  al  distretto  giudiziario  ed  al  comune 
politico  di  Obbrovazzo. 


20 


—  306 


PAROCHIE  COITTIITEITTALI. 


Jasenizze  (Jesenice). 

In  distanza  di  tre  miglia  dal  mar  di  Novegradi  trovasi 
il  villaggio  di  Jasenizze^  così  denominato  dagli  ottomani,  che 
se  ne  impadronirono  sotto  la  direzione  del  loro  comandante 
Jasen.  Giace  questa  estesa  parodila  in  un  vasto  e  sterile 
promontorio,  unito  dal  lato  di  borra  alla  montagna,  mediante 
monti  alti  e  scoscesi,  e  circondato  dal  canal  della  morlacca, 
dallo  stretto  e  canal  di  Novegradi  e  dal  fiume  Zermagna.  I 
suoi  abitanti,  dediti  esclusivamente  alla  pastorizia,  hanno  le 
case  assai  disperse,  perchè  fabbricate  dove  meglio  lor  con- 
veniva per  i  pascoli  del  bestiame.  La  loro  ricchezza  è  ri- 
posta negli  animali. 

Questa  parochia  era  per  l' addietro  di  juspatronalo  dei 
minori  osservanti  della  religiosa  provincia  del  Ss.  Redentore 
a  Garin.  \\  paroco  aveva  un  assegno  dalla  Repubblica  ve- 
neta e  fiorini  50  in  natura  dalla  popolazione.  Ora  è  nel  de- 
canato di  Novegradi,  ed  appartiene  esclusivamente  alla  giu- 
risdizione dell'arcivescovo  di  Zara,  mentre  dapprima  era 
soggetta  al  vescovo  di  Nona. 

La  sua  chiesa  parochiale  fu  edificata  di  pianta  nel  1877 
a  spese  del  fondo  ecclesiastico.  È  un  quadrilalero  oblungo, 
la  cui  facciata  è  di  pietra  battuta,  ed  i  muri  laterali  di  pie- 
tra in  cemento;  sopra  la  facciata  sorge  il  campanile  con  due 
campane.  L'aitar  principale  è  dedicato  al  dottor  s.  Girolamo. 

L'antica  chieda  parochiale  era  dedicata  alla  Ss.  Trinità, 
ed  aveva,  oltre  il  maggiore  altare  dedicato  alla  titolare,  un 
altro  in  onor  di  s.  Antonio. 

Aveva  questa  parochia  una  confraternita  sotto  l'invo- 
cazione della  Ss.  Trinità,  composta  di  20  confratelli,  che 
colle  rendite  in  natura  e  colle  elemosine  sostenevano  le  spese 
necessarie  al  cullo. 


—  307  — 

Havvì  un'  altra  chiesa  dedicala  a  s.  Giorgio  m.  ed  una 
terza  presso  il  mare,  posta  alla  fine  del  canal  della  Morlacca 
nella  località,  denominata  Eavanjska,  ove  sono  parecchie 
case,  ed  il  cimitero  comunale. 

La  casa  parochiale  è  di  recente  costruzione,  fabbricata 
a  spese  del  fondo  ecclesiastico. 

La  parochia  consta  di  831   anime. 


M 


Serie  dei  parochi  di  Jasenizze 

nel 


*  §4  Pf  Giovanni  Camber  m.  o.  paroco 
Pi  Giovanni  Simich  m.  o. 

iacomo  Missul 
Domenico  Buiacich 
I  -^  Tf  e  ?  Bernardino  Allujevich 
•  1  .%^  *'  JVIatteo  Nekich 

J        /        Località  della  villa  di  Jasenizze 


(Giovanni   Nekich 


?5 


?5 


1826 

1827 
1840 
1842 
1863 
1870 
1876 


ovac 
Sibenik 
Bravar 
Podograde 
Podbobie 
Mekidoci 


Stupica 

Dolac 

Kitnasta-glavica 

Zelena-glavìcH 

Cicevice. 


Luzine 

Pod-Zelenikova 

Barstanusa 

Bunari 

Vucipolje 

Ravanjska 

Sotto  la  Repubblica  veneta  la  villa  era  presidiala  da 
soldatesca  per  guardia  e  sicurezza  de'  confini. 

Due  miglia  distante  dalle  abitazioni  vedesi  il  castello 
di  Dracevac^  una  volta  ragguardevole  per  la  sua  importanza. 

Jasenizze  ha  dato  i  natali  a  Tommaso  Nekich,  che  fu 
vescovo  di  Nona,  pel  quale  vedi  a  pag.  233. 

KruSevo. 

Cinque  miglia  al  sud  di  Obbrovazzo  è  situata  la  grossa 
villa  di  Krusevo^  rammentata  in  documento  del  4  ottobre 
1224  del  preesislito  archivio  di  s.  Grisogono.  Ha  1182 
abitanti,  le  cui  case  sono  assai  disperse  ;  sono  situate  In 
luoghi  adattali  alla  pastorìzia,  e  persino  6  miglia  distanti 
dal  centro  della  villa.  Appartiene  al  distretto  e  comune  di 
Obbrovazzo. 


—  308  — 

La  primitiva  sua  chiesa,  eh'  era  posta  alle  rive  del  mare 
di  Novegradì,  era  un  tempo  rimarchevole  pel  suo  sotterraneo. 
Venne  rifabbricata  nel  1681  sotto  il  titolo  dei  Ss.  mm.  Co- 
smo e  Damiano.  Attualmente  è  dedicata  a  s  Giorgio  m ,  la 
quale  oltre  T  aitar  principale  ne  ha  un'  altro  in  onor  di  s. 
Antonio,  Attiguo  ad  essa  è  il  cimitero  parochiale  ed  anche 
la  canonica. 

Il  paroco  veniva  per  T  addietro  presentato  dal  Guardiano 
di  Garin,  e  confermato  dal  vescovo  di  Nona:  ed  ora  dal- 
l' arcivescovo  di  Zara. 

Scorgonsi  in  questa  villa  nella  località  Gradina  parec- 
chi avanzi  di  antichi  fabbricati^  ed  una  sorgente  d' acqua 
minerale  nella  località  Osovnica^  eguale  pei  suoi  effetti  al- 
l'aqua  di  Siila.  Dalla  prima  vennero  dissotterate  delle  lapidi 
antiche  con  iscrizioni,  le  quali  furono  trasportate  a  Obbro- 
vazzo  ed  immurate  nel  muro  di  cinta  della  chiesa  parochiale 
cattolica,  e  dell'antica  di  s.  Giorgio. 

Serie  dei  parochi  di  Kruèevo. 


P.  Michele  Sunara  m.  o. 

„    Marco  Vidossevich  m.  o. 

Matteo  Kulisich  „ 

Serafino  Lubin  „ 

Ladislavo  Radnich      „ 

Antonio  Demarchi 


55 


n 


nel 

1827 

?? 

V 

1848 

55 

n 

1864 

J? 

J3 

1867 

44 

»5 

44 

1869 
1876 

Fridraga. 

A  sud  di  Novegradi,  a  piccola  disianza,  trovasi  il  vil- 
laggio di  Pridraga.  cappellania  esposta,  soggetta  al  paroco 
di  Novegradi  con  562  abitanti,  le  cui  case  sono  molto  di- 
sperse, essendo  essi  per  la  maggior  parte  dediti  alla  pa- 
storizia. 

La  situazione  di  questa  villa  è  una  delle  più  belle  e 
più  deliziose,  che  perciò  le  impose  il  nome  di  Pridraga^  o 
Predraga^  che  in  italiano  significa  carissima.  Anticamente 
era  Dolac  denominata,  perchè  posta  in  luogo  basso.  Ap- 
partiene al  distretto  giudiziario  di  Zara,  ed  al  comune  po- 
litico di  Novegradi. 


~  309  — 

Sua  chiesa  antica  era  s.  Martino,  presso  cui  i  minori 
osservanti  avevano  un  chiostro,  come  risulta  dal  testamento 
23  agosto  1472  di  Cipriano  de  Giorgi,  nobile  di  Zara,  che 
lasciò  ai  Francescani  dì  Pridraga  lire  50.  Distrutto  il  chiostro 
nel  1590,  rimase  in  piedi  la  chiesa  isolata,  nel  mezzo  della 
campagna,  con  l'attiguo  cimitero,  lontana  mezzo  miglio  dalle 
prime  case  dei  paesani.  Veggonsi  ancora  i  ruderi  del 
chiostro. 

Cappellano  di  Pridraga  fu  una  volta  il  paroco  di  Nove- 
gradi,  ma  nel  1825  le  fu  dato  un  apposito  curato,  che  ri- 
siedeva a  Novegradi,  e  serviva  anche  di  cooperatore  al 
paroco. 

Una  pia  confraternita  sotto  il  patrocinio  di  s.  Martino 
esìsteva  da  tempo  antico,  ma  fu  soppressa  nel  1808.  Di 
essa  v' è  memoria  in  documento  del  1535.  Aveva  40  socii  e 
rendite  in  natura  ed  elemosine,  che  venivano  spese  pel  man- 
tenimento dell'altare. 

11  Sommo  Pontefice  Paolo  III  con  suo  Breve  del  12 
gennaro  1535  ha  concesso  un  indulgenza  perpetua  di  100 
giorni  ai  fedeli,  che  avessero  pregato  in  questa  chiesa  se- 
condo la  sua  intenzione  nel  giovedì,  venerdi  e  sabbato  santo, 
nella  festa  del  Corpits  Domini^  e  del  titolare. 

Serie  dei  cappellani  di  Pridraga. 

Luca  Zernich 
Matteo  Ljubanovich 
Giov.  Nepomuc.  Barbalich 
Giovanni  Baicich 
Giovanni  Ljubanovich 
Giovanni  Oslrich 
Matteo  Nekich 
P.  Serafino  Lubin  m.  o. 
„    Carlo  Sarich 
,5    Onorato  Milos 
„    Vlad.  Radnich 

Nelle  vicinanze  di  questo  villaggio  scorgonsi  gli  avanzi 
d'un  gran  ponte  di  pietra,  ed  inoltre  le  vestigia  delle  ville 
una  volta  esistite  :  Sudin^  Pozomoni^  Chotcina^  Bocuin^  Vezza^ 
Dexovac^  Cuchagn^  Bagdagn^  e  castello  Jancovich 


cappellano 

nel 

1535 

11 

n 

1826 

balich  „ 

?? 

1851 

11 

11 

1852 

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1853 

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1863 

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1867 

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1869 

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?9 

1876 

n            n 

?5 

1878 

—  310  — 

Islam-latino. 

11  paese  à"^ Islam  è  situato  tra  Novegradi  ePolesnik.  in  linea 
retta  orizzontale.  In  questo  luogo  esisteva  uno  degli  antichi 
castelli  del  Banalico  croato,  innalzato  sopra  le  rovine  d'altro 
castello  assai  antico,  denominato  Vespeljevac.  Fu  rovinato 
dalle  falangi  turche  nelF  irruzione  del  secolo  decimoquinto. 
Venne  poscia  weì  1577  da  quelle  riedificato  col  nome  di 
Sedislam  che  significa  antemurale  della  fede.  Dal  che  si 
deduce,  che  dai  Turchi  fu  imposto  il  nome  a  questo  paese. 
Quivi  si  stabilì  allora  un  forte  presidio  di  militi,  comandati 
da  un  capitano  turco.  Lo  visitarono  nel  1606  gli  Uscocchi, 
i  quali  ne  presero  gli  animali,  le  donne,  e  i  fanciulli.  Lo 
possedettero  i  turchi  fino  al  1647,  nei  qual  anno,  per  timore 
che  venisse  espugnato  dai  Veneti,  fu  da  essi,  a  guisa  d'altri 
villaggi  abbandonato.  Venuto  in  cognizione  di  ciò  il  governo 
spedì  il  capitano  Giorgio  Possedaria  a  verificare  il  fatto  col- 
r ordine  di  mandare  in  fiamme  e  poi  anche  atterrare  il  ca- 
stello e  il  borgo.  11  che  anche  infatti  avvenne:  ed  ora  non 
restano  a  vedersi  che  le  macerie.  Si  ritrovò  in  esso  gran 
quantità  di  viveri,  e  specialmente  di  frumenti  e  farine,  che 
altrove  furono  trasportate.  Islam  è  rimarchevole  nella  storia, 
essendo  questo  il  luogo,  dove  nel  1671,  Mahmud  pascià, 
kaimakan  di  Costantinopoli,  e  Giovanni  Battista  Nani  cav.  e 
Procuratore  di  s.  Marco,  ambidue  commissari  eletti,  stabili- 
rono i  confini  della  Dalmazia,  i  quali  furono  anche  approvati 
dal  Senato  veneto,  e  dal  Sultano. 

Era  Islam  per  l' addietro  un  solo  villaggio,  composto 
di  latini  e  di  greci.  E  gli  uni  e  gli  altri  avevano  il  proprio 
paroco.  Il  paroco  greco  veniva  eletto  dal  popolo,  e  confer- 
mato dal  vescovo  latino,  il  quale  vi  esercitava  piena  giu- 
risdizione, visitava  la  chiesa  di  rito  greco,  e  vi  emanava 
decreti  e  risoluzioni  pel  bene  spirituale  del  popolo.  Il  pa- 
roco di  rito  greco  prima  della  conferma  faceva  la  sua  pro- 
fessione di  fede  cattolica  dinanzi  al  vescovo  latino  giusta 
la  formola  di  Urbano  VIIL  e  riceveva  la  patente  d' istitu- 
zione dal  vescovo  latino.  Nel  1755,  essendo  stata  tolta 
dalla  Repubblica  Veneta  ai  vescovi  latini  ogni  ingerenza 
sopra  i  fedeli  di  rito  greco,  la  villa  d'Islam  fu  in  due  parti 
divisa,  e  1' una  fu  appellata  Islam-latino  pei  cattolici,  l'altra 
Islam-greco  pei  greci.  Così  ebbe  origine  la  parochia  di'  Islam  * 


—  311   ~ 

latino^  la  quale  adesso  non  è  più  parodila,  ma  cappellania 
esposta  nel  decanato  di  Rasanze  dell'  arcidiocesi  di  Znra, 
con  327  anime,  alcune  delle  quali  hanno  le  loro  case  in 
Islam  greco,  altre  nelle  località  di  Riipalj,  Era  questa  pa- 
rochia  sino  al   1851   soggetta  al  vescovato  di  Nona. 

Questo  villaggio  appartiene  al  distretto  giudiziario  di 
Zara,  e  al  comune  politico  di  Novegradi. 

La  chiesa  parochiale  d' Islam-latino  ha  per  patrono  e  ti- 
tolare s.  Nicolò.  Presso  di  essa  havvi  il  cimitero  comunale 
e  la  casa  canonica. 

Aveva  una  confraternita  sotto  il  patrocinio  di  s.  Nicolò, 
con  19  confratelli,  i  quali  colle  elemosine  e  colle  rendite  di 
beni  campestri  mantenevano  in  concio  e  colmo  la  chiesa,  e 
la  provedevano  del  necessario  corredo. 

Serie  dei  parecchi  e  cappellani  di  Islam-latino. 

Matteo  Petrich  paroco  nel  1820 

Giorgio  Stipanovich  „  „  1840 

Giovanni  Justin  cappellano  ,^  1852 

Giorgio  Verixsatz  „  „  1863 

Giovanni  Budich  „  „  1866 

Giovanni  Simich  „  „  1876 


n 


Popovic. 

Sei  miglia  distante  da  Garin  verso  levante,  ed  altret- 
tanti da  Bencovaz  verso  tramontana,  è  situata  la  villa  di 
Popovic^  \\e\  distretto  giudiziario  e  nel  comune  politico  di 
Benkovaz.  E  menzionata  in  istrumento  20  agosto  1514  del 
preesistito  archivio  di  s  Grisogono  di  Zara.  Ha  le  case  assai 
disperse,  ed  il  suolo  molto  sterile.  Era  parochia  un  tempo; 
ora  è  cappellania  esposta  della  parochia  di  Medvidje  nel 
decanato  di  Benkovaz  Apparteneva  dapprima  al  vescovato 
di  Nona. 

La  sua  chiesa  parochiale  era  intitolata  a  s.  Michele 
arcangelo,  ed  aveva  una  lapide  colT  iscrizione  =  mdcix  = 
per  cui  sembra  sia  stata  eretta  nel  1609.  Divenuta  questa 
incapace  a  contenere  i  parochiani,  perchè  ristretta,  ne  fu 
fabbricala  un'altra  a  s.  Antonio  di  Padova.  In  allora  quella 
di  s.  Michele  divenne  succursiiale.  Trovasi  immurata  in 
quest'ultima    una  lapide  romana,    che  ricorda   una  questione 


—  312  — 

di  confini  insorta  tra  la  comunità  di  Nadin  e  quella  di  Carin. 
Non  si  sa  dove,  né  quando  sia  stala  trasportala. 

Oltre  a  queste  ve  n' è  un'altra  intitolala  all'Assunzione 
di  M.  V.  con  lapidi  sepolcrali  del  decimoquarlo  secolo  :  dal 
che  si  deduce  essere  molto  antica. 

Il  cimitero  è  attiguo  alla  chiesa  di  s.  Michele. 

Havvi  pure  la  casa  canonica. 

Una  pia  confraternita  sotto  il  patrocinio  di  s.  Antonio 
di  Padova  manteneva  la  chiesa  colle  rendite  degli  annessi 
terreni.  Fu  soppressa  nel  1808. 

Serie  dei  parochi  e  dei  cappellani  di  Popovié. 

Jacopo  Bosicevich  paroco  nel  1811 

Simeone  Sebenzanich  „  „  1840 

Domenico  Bujacich  cappellano  nel  lé64 

Giovanni  Budich  „  „  1876 

V*  è  in    questa  villa    un    torrione    turco,  detto   Otavac. 

Medvidje. 

Alla  distanza  di  dieci  miglia  da  Popovié  verso  nord 
trovasi  il  villaggio  di  Medvidje.  che  con  Dobropoljci,  Ze- 
lengrad,  e  Bruska  forma  una  circonferenza  di  40  miglia, 
con  1177  anime,  assai  disperse.  E  opinione  d'alcuni  che 
'questo  villaggio  abbia  preso  il  nome  da  certo  Medo^  che 
qui  venuto  da  Castel- Venier,  vi  si  slabìlì,  e  vi  si  pose  a 
coltivar  la  terra.  Olire  le  rovine  d'antichi  edifizii,  ch'esistono 
presso  il  villaggio  nel  luogo,  denominato  Gradina^  vi  sono 
pure  indizi!  d'  un'  oppidum  diroccalo.  Colà  si  trovarono 
poc'anzi  monete  romane  di  Valeriano,  d' Aureliano^  e  di 
Claudio,  come  pure  una  di  Costantino.  Tutto  ciò  fa  credere 
che  lì  vi  fosse  un'antica  città,  ora  distrutta.  I  nostri  ar- 
cheologi trovnno  qui  le  vestigia  delf  antica  Hadra  di  To- 
lomeo, una  delle  14  liburniche,  distante  12  miglia  ù?(  Asseria 
(Podgradje). 

Questa  parochìa,  di  nuova  istituzione,  fu  eretta  nel  1855, 
ed  è  di  libera  collazione  dell'  arcivescovo  di  Zara.  Appar- 
teneva per  r  innanzi  al  vescovato  di  Nona,  ed  era  di  jus- 
palronalo  del  convento  dei  minori  osservanti  di  Carin.  La 
sua  chiesa  parochiale  è  dedicata  alla  Presentazione  di  M.  V. 
La  primitiva    sua  chiesa  era   la  odierna  cappella  di  s.  Gio- 


—  313  — 

vanni  Battista,  fabbricala  dai  paesani  nel  1694,  presso  la 
quale  v'è  anche  il  cimitero  comunale.  V  è  inoltre  un'edi- 
colelta  in  onor  di  s.  Elia. 

Serie  dei  parochi  di  Medvidje. 


Stefano  Li  ni  ti 

paroco 

nel 

1812 

Giovanni  Kerpetich 

?? 

V 

1840 

Ottavio  Jovanovich  m. 

0.        „ 

?^ 

1852 

Matteo  Vukic, 

» 

>? 

1863 

Matteo  Drasic 

» 

>> 

1876 

Località  annesse  a  Medvidje 

Dobropoljici. 

Il  villaggio  di  Dohropoljici  giace  a  sud  di  Medvidje, 
lontano  6  miglia,  sul  colle  Smerdeljica,  con  poche  case  ed 
anime  circa  40.  Ha  questo  villaggio  la  sua  denominazione 
dalla  sottoposta  campagna,  eh'  è  assai  fertile.  Si  rinvenne 
pochi  anni  fa  in  Dohropoljici  un'  iscrizione  lapidaria  molto 
importante,  che  fu  anche  pubblicata,  colla  quale  venne  alla 
luce  una  nuova  città  non  ricordata  da  alcuno  scrittore  an- 
tico, cioè  Alveria,  V  iscrizione,  infatti  rammemora  una  lite 
insorta  per  confini,  tra  gli  Asseriates,  e  gli  Alveritae  e  com- 
posta da  cinque  giudici  delegati  a  questo  scopo  dal  Legato 
prò  Praetore  della  Dalmazia  Marcus  Pompejus  Silvanus. 
Colla  sentenza  da  lui  pronunziata  furono  segnati  i  confini 
tra  i  contendenti.  I  nostri  archeologi  pongono  perciò  il  sito 
dell'antica  Alveria  in  Dohropoljici, 

Antichissima,  e  popolatissima  fu  ne'  tempi  passati  la 
villa  di  Dohropoljici.  Per  ordine  del  governo  fu  nel  1717 
quasi  tutta  data  alle  fiamme  per  essersi  sviluppala  la  peste, 
e  propagata  nei  circonvicini  villaggi. 

Zelengrad. 

Zelengrad^  casale  appartenente  alla  parochia  di  Medvidje 
con  120  anime.  Veggonsi  in  esso  rimasugli  d'antichi  edifìzii, 
fra  i  quali  un  Torrione  turco  di  forma  elìttica  all'  esterno, 
e  ettagona  nell'interno,  fabbricato,  per  quanto  dicesi,  da  un 
Beg  di  nome  Zele  il  quale  diede  il  nome  alla  terra. 


—  314    ~ 

Bruska. 

Brusha  è  anche  casale  appartenente  alla  parodila  di 
IVIedvidje  con  220  anime. 

Rodaljice. 

Alla  distanza  di  cinque  miglia  da  Medvidje  verso  sci- 
locco  giace  il  villaggio  di  Rodaljice.  mentovato  in  scrittura 
del  1405.  Era  parochia  di  juspalronato  del  convento  dei 
mm.  00.  di  Garin,  e  dipendeva  dalla  giurisdizione  vescovile 
dì  Nona.  Ora  è  cappellania  esposta  della  parochia  di  Med- 
vidje, con  547  anime. 

La  sua  chiesa  cappellaniale  è  dedicata  all'Assunzione 
di  M.  V. 

Serie  dei  parochi  e  dei  cappellani  di  Rodaljice. 

Stefano  Lìruti  m.  o.  paroco  nel  1812 

Giovanni  Kerpetich  „  „  1840 

Ottavio  Ivanovic  m.  o.           „  ,,  1851 

Matteo  Vukich  „  „  1863 

Matteo  Drasich  cappellano  ,^  1876 

Le  località  annesse  a  questa  parochia  sono: 

Kolajiska  draga, 

Drusichia  draga,  menzionata  in  carta  dei  1341 

Ervenik< 

Da  Medvidje  passando  per  Pelrovacerkva  dopo  un  viaggio 
di  15  miglia  si  arriva  a  Ervenik^  villaggio  posto  sulle 
sponde  del  fiume  Zermanja,  nel  mezzo  della  Bukovizza. 

Ervenik  è  un'amena  vallata,  cinta  tutto  all'intorno  da 
poggi,  colline  e  montagne,  ove  scorgonsi  le  maestose  gio- 
gaje  del  Velebit,  il  monte  Gostusa,  il  Seraiz,  il  Kom.  il 
Promina,  ed  il  Prosik,  nonché  il  fiume  Zermanja,  che  attra- 
versa la  p  anura  fra  pioppi  giganteschi,  e  divide  il  villaggio 
in  superiore  ed  inferiore.  Nel  centro  havvi  un  gruppo  di 
case  con  qualche  negozio,  appalto,  scuola,  appostamento  di 
gendarmeria  ed  ufficio  postale.  Gli  altri  casali  trovansi  di- 
spersi in  altri  sedici    siti  tra    balze,    boschi  e    burroni,    alla 


—  315  — 

disianza  perfino  di  13  miglia,  e  più  oltre  ancora,  se  si  ri- 
flette che  una  famiglia  di  Zegar  appartiene  n  questa  parochia. 

Varie  sono  le  opinioni  della  derivazione  della  parola 
Ervenik  ;  non  essendone  però  alcuna  simile  al  vero,  non 
meritano  di  essere  qui  riportate. 

L'origine  della  parochia  è  incerta.  Si  ritiene  da  alcuni  che 
avesse  avuto  principio  dopo  che  il  valoroso  Jankovich-Dede 
cacciò  i  Turchi  da  queste  contrade.  Non  è  probabile;  dap- 
poiché, se  si  considera,  che  dai  villaggi  del  contado  zaratino 
e  nonese,  occupati  dai  Turchi,  sen  fuggirono  i  fedeli  cri- 
stiani, ma  dopo  la  loro  cacciata  ritornarono  ai  loro  focolari 
antichi,  è  forza  il  credere  che  ciò  pure  sia  avvenuto  ad 
Ervenik.  E  quindi  siamo  di  parere  che  la  parochia  abbia  avuto 
origine  innanzi  alle  turchesche  incursioni,  e  sia  contemporanea 
a    quella  degli  altri  villaggi    del  contado. 

Ritornati  che  furono  gli  antichi  abitatori  ai  loro  letti 
natii,  dopo  la  pace,  e  dopo  di  aver  regolate  le  proprie  cose, 
fu  prima  lor  cura  di  risarcire  la  rovinata  chiesa  di  s.  Mi- 
chele, fondata  nel  1402,  e  menzionata  in  istrumento  di  si- 
mil  epoca.  Divenuta  in  seguilo  malconcia,  ed  insufficiente 
all'accresciutasi  popolazione,  fu  questa  dalle  fondamenta  de- 
molita, ed  un'  altra  piìi  decente  e  più  ampia  ne  venne  edi- 
flcata  nel  1839  a  spese  del  fondo  ecclesiastico  colla  coo- 
perazione dei  villici.  Fu  anche  benedetta,  per  quanto  sembra, 
nel  1844.  Sopra  le  sue  porte  d'ingresso  trovasi  inserta  una 
lapide  colla  seguente  iscrizione,  che  accenna  all'epoca  della 
sua  erezione  =  Imperatore  Ferdinando  /,  sotto  il  paroco 
Fra  Simeone  Maì^kovich  =  il  quale  è  morto  appunto  nel 
1839.  Siede  questa  su  d'un  piano  orizzontale  all'estremità 
del  villaggio,  presso  i  molini,  ed  è  tutta  circondata  dal  cimitero, 
sopra  le  cui  lapidi  sepolcrali  veggonsi  qua  e  là  scolpiti  il  lepre, 
la  mezzaluna,  la  croce  ecc.  E  lunga  m  9:85,  larga  m.  6:90; 
la  sagrestia  m.  2:75  per  m.  5:79.  Un  solo  altare  v' è  in 
essa,  di  legno  a  due  colonne.  È  dedicata  all'  antico  patrono 
e  titolare,  al  principe  della  milizia  celeste  s.  Michele  arcan- 
gelo, come  lo  sono  la  maggior  parte  delle  chiese  del  con- 
tado zaratino,  segno  questo  della  grande  fiducia  che  ripo- 
nevano le  genti  in  questo  campione  del  cielo  contro  la  mu- 
sulmana potenza.  La  pala  è  di  buon  autore;  eccelso  dono 
della  Casa  Imperiale  Austriaca,  il  campanile  è  di  stile  ro- 
mano, di  recente  costruzione  in  pietra,  con  due  campane 
della  fonderìa  Colbacchini  di  Bassano. 


_  316  — 

Fra  gli  arredi  sacri  meritano  menzione  un  bel  calice 
d'argento,  donato  dal  Pontefice  Pio  IX  dì  gloriosa  memoria, 
ed  una  bella  pianeta  di  stoffa  di  stile  antico,  regalata  dalle 
dame  del  Ss.  Sacramento  di  Vienna.  Una  bandiera  di  seta 
rossa  coir  effigie  del  patrono  s.  Michele  reca  la  seguente 
iscrizione,  che  ricorda  un  benemerito  suo  paroco  :  =  Vexil- 
lum  hocce  providit  M.  R.  Simeon  Markomc^  Parochus 
Eccl,  s,  Michaelis  villae  Ervenik  in  Liburnia.  = 

La  casa  canonica  è  una  fabbrica  recente.  Fu  eretta  nel 
1849  a  spese  del  fondo  ecclesiastico. 

La  parochia  di  Ervenik  apparteneva  in  passato  alla  giu- 
risdizione vescovile  di  Nona:  ed  ora  all'arcivescovile  di  Zara 
dopo  la  concentrazione  delle  diocesi  in  Dalmazia  seguita  nel 
1830.  Fino  al  1824  era  di  juspatronato  del  convento  dei 
minori  osservanti  di  Vissovac,  poscia  lo  fu  di  quello  di 
Garin:  e  di  presente  è  di  libera  collazione  dell'arcivescovo 
di  Zara.  Ha  attualmente  555  anime. 

Serie  dei  parochi  di  Ervenik. 


n 


7) 


Girolamo  Marasovic  m.  o. 

Giuseppe  Fercin 

Giovanni  Marie 

Simeone  Ivancovic 

Giovanni  Piljic 

Don  Nicolò  Villicich 

Simeone  3Iarkovic 

Simeone  Sutlovich 

Don  Giovanni  Matulich 
„     Giovanni  Kerpetic 
Matteo  Milutin 
Francesco  Cvetic 
Costantino  Banjes 
Francesco  Mance 
Giuseppe  Kerstic 
Matteo  Jvankovic 


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1816 

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1851 

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1863 

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il 

1864 

» 

» 

1870 

I  sacerdoti  nativi  d' Ervenik  sono:  Simeone  Jvankovic 
Matteo  e  Francesco  Ivanovic,  e  frate  Andrea  Ivankovic 
che  qual  guardiano  del  convento  di  Visovac^  lasciò  bene- 
detta memoria  di  sé. 


—  317  — 

Nel  circondario  di  Ervenik  sono  ancor  visibili  in  varii 
sili  le  traccie  di  tre  diversi  rami  d'antica  strada,  solcata  nei 
prischi  tempi  da  ruotabiii,  che  lasciarono  vestigia  profonde 
nel  sasso,  come  si  riscontra  nelle  vie  di  Pompei. 

Sulla  collina  Gradina^  scorgonsi  tuttora  delle  muraglie 
in  cemento,  ruderi  dì  case,  rottami  d'  arnesi,  ed  una  strada 
antica  a  chiocciola  che  attraversando  lajocalità  di  DraÒevica, 
conduceva  all'antica  Burno  presso  Supliacerkva.  ovvero 
Trajanshicjrad  vicino  a  Kistanje,  così  detta,  come  da  alcuni 
si  vuole,  dagli  avanzi  d'un  arco  trionfale  eretto  dalle  le- 
gioni romane  in  onore  dell'  imperatore  Trajano  pel  suo  fe- 
lice ritorno  dalla  Dacia. 

Località  annesse  a  Ervenik. 

Mali  Dolac  Kostica  Veliki  Dolac 

Otlic  Gredina  Bila  Vlaka 

Il  Paroco  di  Ervenik  Giuseppe  Kerstic. 

Fra  i  parochi  di  Ervenik  merita  special  menzione  Giu- 
seppe Kerstic^  rapito  alla  diocesi  nell'età  di  37  anni.  Nato 
a  Borgo  Erizzo  nel  1840,  percorse  tutt'i  suoi  studii  ele- 
mentari, ginnasiali  e  teologici  in  Zara,  durante  i  quali  di- 
mostrò un  prepolente  amore  al  sapere,  che  lo  formò  dipoi 
un  ecclesiastico  distinto  nelle  dottrine  divine  e  letterarie. 
Consacrato  sacerdote,  fu  destinato  paroco  a  Erven'k,  ove 
stette  dal  1864  al  1868,  donde  passò  a  Pristeg  e  Rados- 
sinovaz,  indi  a  Borgo  Erizzo,  e  finalmente  a  Diklo,  ove 
morì.  Dovunque  sostenne  le  parti  di  buon  pastore  nell'  am- 
ministrazione de' sacramenti  nell'insegnamento  della  dottrina 
cristiana,  nella  cura  della  chiesa,  nell'  istruzione  de'  fanciulli 
ed  in  particolar  modo  nella  predicazione.  E  qui  appunto  si 
fu  dov'egli  fece  spiccare  il  suo  bell'ingegno,  la  sua  dot- 
trina, la  sua  erudizione.  Valente  banditore  del  Vangelo  tanto 
nell'idioma  slavo,  che  nell'italiano,  sparse  egli  il  seme  della 
divina  parola  non  solo  alle  preaccennate  popolazioni,  ma  he- 
nanco  a  varie  altre  di  questa  diocesi  e  di  quella  di  Sebenico, 
ammaestrando,  illuminando,  commovendo  ed  entusiastando 
l'uditorio  colla  forza  particolare  de'  suoi  sermoni,  e  coli' e- 
nergia  del  suo  argomentare.  Destinato  nel  1877  a  tessere 
le  lodi  di  s.  Anastasia  M.  titolare  della  Basilica    Metropoli- 


—  318  — 

tana,  e  patrona  dell' arcidiocesi,  vi  predicò  egregiamente, 
ed  il  suo  panegirico  elaboralissimo  riscosse  la  universale 
approvazione,  e  fu  stimato  degno  della  stampa.  In  entrambe 
le  lingue  terso  e  forbito  scrittore  dimostrò  nelle  sue  produ- 
zioni soda  dottrina,  ed  estesa  coltura  letteraria.  Diede  alla 
luce  nei  patrii  giornali  molti  scritti  di  occasione  in  versi  e 
in  prosa.  Fu  costante  collaboratore  del  periodico  =  La  Dal- 
mazia cattolica  =  ed  i  suol  lavori  furono  sempre  da  tutti 
encomiali  ed  ammirati.  Meritevole  d' una  posizione  cospicua 
pei  suoi  talenti,  e  per  l'ardente  zelo  cristiano,  spiegalo  in 
modo  singolare  negli  ultimi  anni  di  sua  vita,  nei  quali,  con- 
tento di  servire  la  diocesi  nella  cura  d'anime  respinse  ogni 
offerta  di  impieghi  secolari,  1'  avrebbe  anche  raggiunta  una 
tal  posizione,  se  il  Signore  non  l'avesse  a  sé  chiamato  nel 
miglior  tempo  di  sua  vita  mortale  Morì  a  Diclo  il  giorno 
1 1  marzo  1877.  Compianto  da  lutti,  gli  furono  celebrali  fu- 
nerali a  Borgo  Erizzo,  a  Diclo,  in  varie  parochie  della  Bu- 
kovìza,  ov'era  ben  conosciuto,  ed  in  alcune  delle  diocesi  di 
Sebenico,  indi  in  Arbe,  in  s.  Michele  di  Zara,  ove  fu  tenuta 
orazione  funebre  in  sua  lode,  e  finalmente  in  Duomo  per 
cura  della  redazione  della  =  Dalmazia  cattolica.  = 

Il  paroco  Nicolò  Villicich. 

Un'altro  paroco  di  Ervenik  degno  di  onorevole  ricor- 
danza fu  don  Nicolò  Villicich,  nativo  di  Cittavecchia,  nipote 
dell'egregio  professore  di  teologia  nel  preesistito  seminario 
illirico  di  Zara,  don  Domenico  Budrovic,  ex-domenicano.  Lo 
zio,  avendo  conosciute  le  belle  doti  d'ingegno  del  giovinetto, 
lo  prese  con  sé,  e  Io  istituì  assai  bene  nella  pietà,  nella  re- 
ligione, e  nei  primi  rudimenti  grammaticali.  Percorse  quindi 
sotto  la  direzione  di  lui  qui  in  Zara  lutti  gli  studii  ginnasiali 
e  filosofici  d'allora,  con  eccellente  risultato.  Dopo  di  che,  ve- 
stito l'abito  ecclesiastico,  fu  ricevuto  nel  seminario  teologico 
latino,  ove  si  distinse  per  intelligenza,  ed  esattezza  e  pru- 
denza, onde  si  procacciò  l'affetto,  ed  il  rispetto  di  tulli  gli 
alunni.  Terminati  gli  studii  teologici  con  lode,  anziché  darsi 
al  pubblico  magistero,  nel  quale  avrebbe  potuto  far  risplen- 
dere assai  bene  le  doti  del  suo  non  comune  ingegno,  pre- 
scielse  di  dedicarsi  intieramente  al  sacro  ministero  pastorale 
della  campagna,  persuaso  che  da  questo  avrebbe  potuto 
trarre  grande  profitto  spirituale  per  sé  e  pel  popolo  suo.  As- 


—  319  — 

secondando  i  suoi  desideri,  fu  allora  norainnlo  paroco  di 
Ervenik,  la  più  difficile,  e  malagevole  curazia  della  nostra 
Bukovìza,  per  essere  situala  in  luoghi  alpestri  e  scoscesi,  e 
per  essere  i  suoi  abituri  sparsi  in  una  considerevole  esten- 
sione. Lì  egli  si  prestò  a  tuli' uomo,  e  con  vera  abnegazione 
di  sé  medesimo  si  pose  a  condurre  quelle  rozzìssime  genti 
alla  buona  via,  ad  estirpare  i  loro  vizi,  a  togliere  i  loro  pre- 
giudizi!, ammaestrandoli  con  indefessa  predicazione  delln  di- 
vina parola,  istruendo  e  fanciulli  e  adulti  nei  rudimenti  della 
cristiana  dottrina,  e  in  chiesa  e  nella  campagna,  non  ba- 
dando a  rischi  a  pericoli,  a  disagi  di  sorta.  Sua  abitazione 
era  una  casa,  a  tal  segno  sdruscita,  da  dover  scuotere  da 
sé  la  neve,  che  penetrando  pel  diruto  tetto  andava  a  co- 
prirlo mentre  pigliava  riposo  nelle  slanche  sue  membra.  Una 
stanzaccia  angusta  e  indecente,  un  leltaccio  disordinato  e 
sudicio,  ecco  quanto  egli  aveva  nella  sua  canonica.  A  tal 
punto  era  giunto  il  suo  zelo  per  le  anime,  che  correva  tutto 
il  giorno  qua  e  là,  andando  in  traccia  del  suo  dispersissimo 
gregge,  onde  spezzargli  il  pane  della  divina  parola,  e  do- 
vunque il  trovava,  nelle  capanne  e  negli  abituri,  nei  prati, 
0  nelle  selve,  alla  pioggia  o  alla  neve  con  somma  carila 
Io  ammaestrava,  lo  evangelizzava.  Si  prendeva  gran  cura 
de'  fanciulli,  come  quelli  che,  al  suo  dire,  sarebbero  stati 
un  dì  il  suo  sostegno,  il  suo  conforto.  Li  istruiva  nel  servir 
messa,  nel  canto  di  chiesa,  nel  leggere  e  nella  scrittura.  Al 
vederlo  l'avresti  detto  un  vero  missionario,  che  non  curava 
punto  la  sua  vita,  né  la  sua  salute,  la  quale  per  tante  la- 
boriose ed  incessanti  fatiche  andava  di  giorno  in  giorno 
scemando,  sino  tanto  che  si  spiegò  in  lui  una  grave  ma- 
lattia, che  lo  rese  inabile  al  sacro  ministero.  Fu  quindi  por- 
tato infermo  a  Zara,  ed  accollo  nel  Seminario,  ove  dopo 
una  lunga  cura  medico,  durante  la  quale  e  superiori  ed 
alunni  gli  prodigarono  la  piìi  cordiale  ed  affettuosa  assistenza, 
dovette  soccombere  il  dì  25  maggio  1832.  Gli  si  celebra- 
rono solenni  funerali  nella  metropolitana,  compianto  da  tutti, 
ma  in  specie  dai  giovani  leviti,  che  furono  suoi  allievi. 

Nunic. 

Otto    miglia    distante  da  Ervenik    verso    ostro    giace  il 
villaggio  di  Nunic, 

S'ignora  l'epoca  della  fondazione  di  questa  curazia  la 


—  320  - 

quale  apparteneva  alia  giurisdizione  vescovile  di  Nona,  ed 
era  di  juspalronalo  del  concento  di  Garin.  Fu  in  passato 
aggregata  ad  Ervenik,  abbenchè  per  alcun  tempo  il  curato 
di  Nunic  f(»sse  amministratore  di  Ervenik.  Ora  è  cappellania 
esposta  di  nuova  istituzione,  dipendente  dalla  parochia  di 
Ervenik  nel  decanato  di  Benkovaz,  con  360  anime. 

La  chiesa  di  Nunic  è  assai  antica,  trovandosi  in  essa 
qualche  lapide  sepolcrale  dell'anno  1203.  Non  consta  quando 
sia  stata  rinnovata  ed  ampliata.  Venne  da  poco  tempo  ri- 
staurata.  E  costrutta  ad  una  navata  con  un  altare  di  legno 
a  due  colonne.  E  lunga  m.  5,  larga  3.  11  campanile  è  di 
forma  romana,  fabbricato  da  nuovo  in  pietra  delle  cave  della 
vicina  Hiline.  Ha  due  campane  nuove  della  fonderia  Colbac- 
chini  di  Bassano.  S.  Antonio  di  Padova  è  il  titolare,  e  Ja 
pala  di  buon  artista  fu  acquistata  nel   1856. 

La  canonica  fu  eretta  di  pianta  nel  1876  a  spese  del 
fondo  ecclesiastico. 

Località  aggregata  a  Nunic  è  la  vicina  Biline  con  13 
case  cattoliche. 

Biline. 

Biline  era  nei  tempi  passati  castello  dei  conti  Drasko- 
vic^  antica,  potente  e  nobilissima  famiglia,  celebre  per  le 
sue  ricchezze  e  per  le  sue  nobili  imprese.  In  questo  castello 
nacque  il  Conte  Giorgio  Draskovic  ai  5  di  febbraio  del  1515. 
Ebbe  egli  a  padre  Bartolomeo,  il  quale  perduto  avendo  per 
le  sempre  maggiori  conquiste  de'  Turchi  quanto  in  Dalmazia 
vi  possedeva,  passò  in  Croazia,  e  presevi  stanza  a  Svarsa. 
Giorgio  ancor  giovinetto  si  ridusse  dal  suo  zio  materno 
Giorgio  Martinusio  arcivescovo  di  Strigonia  e  cardinale,  il 
quale  lo  fece  passare  a  Cracovia,  a  Bologna,  ed  a  Roma, 
affinchè  vi  apprendesse  le  scienze  e  le  lingue.  Reduce  dal- 
l'Italia, indossò  l'abito  clericale,  e  dopo  l'iniqua  uccisione 
di  Giorgio  suo  zio  si  recò  presso  Nicolò  Olah  di  lui  suc- 
cessore, il  quale  stimando  di  molto  l'esimia  dottrina  e  la 
feconda  erudizione  del  novello  ministro,  a  se  Io  volle  e  nelle 
cose  diffìcili  l'occupò.  Fu  di  poi  canonico  di  Varasdino,  indi 
preposito  di  Presburgo  e  nel  1559  vescovo  di  Cinquechiese. 
Ferdinando  imperatore  non  solu  fregiollo  del  titolo  e  della 
carica  di  regio  cancelliere  e  di  moderatore  della  sua  coscienza, 
ma  eziandìo  Io  spedì  suo  legato  e  rappresentante  del  regno  al 


Tridentino  concilio,  ove  die  indubbie  prove  della  sapienza, 
religione  e  prudenza  sua  da  meritarsi  l' ammirazione  di  quei 
padri.  Ivi  lesse  l'orazione  —  De  morihus  improhis  ab  Ec- 
clesia removendis  ~  degna  di  quel  nobilissimo  consesso.  Dopo 
la  fine  del  concilio  ridottosi  in  patria.,  Ferdinando  per  ricam- 
biare i  servigi  da  lui  con  tanto  zelo  prestati  alla  religione 
ed  allo  stato,  lo  nominò  vescovo  di  Zagabria,  ove  datosi 
a  modellare  il  clero  a  seconda  dei  precelti  del  Ss.  Tridentino 
concilio,  ristorò  l'ecclesiastica  disciplina,  ovunque  fosse  ne- 
gletta, e  svolgendo  egli  stesso  l'incorotta  dottrina  vangelica 
in  frequenti  visite  della  sua  diocesi,  e  promulgando  sapienti 
ordinamenti,  ridusse  la  sua  a  modello  delle  altre  diocesi 
d'allora.  In  specialità  poi  si  distinse  per  la  grande  sua  li- 
beralità inverso  i  poveri,  in  modo  che  nel  1570,  manife- 
statesi nelle  più  terribili  forme  la  fame  e  la  peste,  non  solo 
schiuse  le  porte  a'  granai,  alle  cantine  e  al  tesoro  ma  li 
esaurì  affatto,  onde  gli  yenne  quel  dolce  ed  illustre  titolo 
di  Padre  della  patria  e  de  poveri.  Eresse  un  seminario  di 
chierici,  conservò  inlatta  la  sua  chiesa  da  ogni  eretica  labe, 
celebrò  tre  sinodi  nel  70,  73  e  74,  e  tale  si  fu  propugnatore 
della  cattolica  chiesa,  che  Pio  V.  ai  9  aprile  del  1569  gli 
diresse  una  lettera  piena  di  affetto,  e  di  stima,  eterno  mo- 
numento alle  grandi  sue  virtù.  Nel  1583  fu  da  Rodolfo  no- 
minato alla  sede  episcopale  Taurinense,  a  cancelliere  del  regno, 
ed  infine  anche  a  luogotenente  regio.  Nel  1585  WGtine  fre- 
giato della  dignità  di  Cardinale  di  s.  Chiesa  col  titolo  pre- 
sbiterale di  s.  Stefano  in  monte  Celio.  Carico  d'anni  ed  af- 
franto dalle  fatiche  ai  31  gennaro  1587  pose  fine  alla  sua 
vita  mortale  a  Vienna.  Recata  la  spoglia  a  Taurino,  ebbe 
onorata  sepoltura  ed  iscrizione  nella  chiesa  cattedrale.  Lasciò 
non  pochi  monumenti  del  suo  forte  ingegno,  annotali  dal  P. 
Kercelich. 

Veggonsi  nel  villaggio  di   Biline  le  rovine  di  un    tor- 
rione turco  e  di  altri  edifizii  appresso  la  chiesa  di  s.  Pelka. 

Kistanje. 

A  dieci  miglia  di  distanza  da  Ervenik  verso  levante 
è  situata  Kistanje,  Ebbe  rinomanza  neV  tempi  antichi  perla 
speciale  sua  posizione.  Sotto  i  Liburni  era  una  stazione  com- 
merciale, conosciuta  sotto  il  nome  di  Liburna  da  Strabone, 
ed  ancora  di  civitas  Burnistarum^  ed  anche  Burnum  de- 
si 


—  322  — 

nominata,  e  fu  celebre  per  le  battaglie  date  dai  Romani 
La  città  di  Burnum  fu  il  centro  di  tutte  le  communicazioni 
stradali  della  Dalmazia  mediterranea.  Mediante  strade,  di  cui 
veggonsi  tuttora  gli  avanzi  nei  solchi  prodotti  dai  ruolabili, 
era  unita  direttamente  con  Scardona^  con  Aquileja  per  la 
Japidia,  con  Zara  per  Asseria  (Podgradje)  ecc.  Le  molte  la- 
pidi di  legionarii  romani  e  d'altri  personaggi  militari  di  di- 
stinzione provano  la  città  slessa  essere  stata  un  centro  mili- 
tare di  qualche  importanza.  Fu  distrutta  nel  640  dopo  Cristo 
dagli  Avari  uniti  cogli  Slavi.  Veggonsi  tuttavia  gli  avanzi 
di  questa  vetustissima  città,  e  del  castello  sulla  destra  e  si- 
nistra sponda  del  Kerka.  L'attuale  Gradina  è  il  luogo,  dove 
esisteva  il  castello,  entro  il  quale  sonvi  ruderi  di  un  edifizio 
con  abside  semicircolare.  Il  sito  chiamato  erroneamente 
Siipliacevkva^  e  Trajanski-grad^  era  il  Pretorio  romano  dei 
Liburni.  A  destra  della  strada  regia  da  Knin  a  Kistanje  veg- 
gonsi i  rimasugli  d'un  anfiteatro,  e  poco  lungi  le  rovine 
d'un  acquidotlo.  Negli  spazii  tra  il  castello  e  la  città  furono 
trovate  moltissime  monete  d'oro,  d'argento,  di  bronzo  e  di 
rame,  con  epigrafi  greche  romane  ecc.,  anelli  d'oro,  d'argento, 
di  ferro,  ecc.  e  pietre  preziose  d'ogni  specie.  Il  sig.  Giorgio 
Sundecic,  benemerito  cultore  di  archeologia  patria^  possiede  a 
Kistanje  una  bellissima  raccolta  di  antichità  romane,  trovate 
in  quelle  vicinanze. 

L'antichissima  e  celebre  Buino  è  adesso  una  borgata. 
Sotto  ì  veneziani  chiamavasi  Quartir,  perchè  era  colà  aq- 
quartierato  un  presidio  militare,  che  aveva  lo  speciale  in- 
carico di  scortare  le  provenienze  ottomane,  particolarmente 
di  animali  da  macello,  destinali  pel  Lazzaretto  di  Zara.  Nel 
1854  venne  ivi  stabilita  una  Prelura-politica-giudiziaria.  In 
giugno  del  1876  Kistanje  fu  aggregata  alla  cappeilania  di 
Nunic,  mentre  dapprima  era  unita  a  Ruppe  sotto  la  diocesi 
di  Sebenico.  È  stazione  curata  con  35  anime.  Ha  una  cap- 
pella nei  locali  dell'i,  r.  Giudizio,  ed  è  dedicata  a  s.  Lazzaro. 
Sembra  sia  stata  edificata  nel  1854,  quando  cioè  fu  istituita 
la  Comune  politica  propria.  La  pala  dell'altare  è  opera  del 
celebre  artista  Francesco  Salghetti-Drioli  di  Zara.  Il  cappel- 
lano di  Nunic  serve  questa  stazione. 

Slivnizza  (Slivnica). 

Equidistante  due  miglia  da  Castel-Venier  e  da  Posse- 
dada  giace  il  villaggio  di  Slivnizza, 


--  323  — 

Quando  abbia  avuto  origine  questo  villaggio  non  consla. 
Trovasi  però  menzionato  con  tal  nome  in  documenti  del  1389. 
Dai  rimasugli    di    case,    esistenti^  sui    lembi    delle    due 
vicine    colline    Oraska    Gradina    e    Cukovic    Greda^    e    da 
indubbia  tradizione  si  desume  essere  slato  questo  il  sito  del- 
l'antico  villaggio,  e  che  il    castello,    ch'esisteva  sulla    som- 
mità   del    detto  colle    Oraska    Gradina,  sia    slato    edificato 
per  difesa  degli  abitanti  del  villaggio  istesso,  e  forse  anche 
di  tutto  il  lerrilorio,  poiché  esso  domina  tutto  il  canale  della 
Morlacca,    ed  i  villaggi  d'ambe    le  sponde,    nonché    tutto    il 
circondario  fino    alla    Vrana.    Le  cronache  non  dicono    nulla 
da  chi  0  quando  sia  slato  edificato,  ma  è  probabile  che  ri- 
salga air  epoca  romana,    della    quale  riconosconsi  le    traccio 
in  que'  massi  smisurali,  in  bell'ordine  disposli  ne'  suoi  fon- 
damenti   ch'estendonsi    nella    periferia     di    circa    un    miglio. 
Neppure  si  sa  quando  né  da  chi  sia  stalo  distrutto,  non  esi- 
stendovi memorie  scritte.  Non  è  a  dirsi  che  dai  Turchi  fosse 
stalo  atterrato,    dappoiché    si    sa    di    certo,  ch'essi    giammai 
occuparono  questo  luogo  ;  fu  bensì  da  essi  infestalo  in  modo, 
che    non    osavano  i    suoi    abitanti    di    stabilirsi    in    posizioni 
vantaggiose  all' agricoltura  presso  le  ubertose  ed  amene  sue 
campagne,  ma  si  tennero  sempre  sulla  parte  montuosa,  dove 
riusciva  più  facile  la  difesa    specialmente  del  bestiame,  og- 
getto principale  della  rapacità  musulmana.  Questa  lasciò  tut- 
tavia una  tale  miseria  e  prostrazione  d'animo,  che  gli  abi- 
tanti   non    solo    di    cotesto    villaggio,    ma    benanco    di  lult'i 
luoghi  contermini  durarono  gran  fatica  a  riaversi.  E    prova 
ne  sia,  che  appena  50  anni  addietro  il  e.  r.  Demanio  ven- 
dette un'estesissima  ubertosa  possessione,  appartenente  un  dì 
al  monastero  di  s.  Nicolò  di  Zara;  possessione,  che  per  la 
sua  estension  e  bontà    potrebbe    con  una  solerte  ed    intelli- 
gente coltura  alimentare  più  migliaia  di  persone,  fu  venduta 
all'asta  per  poco  più  di  2000  fiorini;  e  chi  l'acquistò,  onde 
allettare  coloni  anche  di  altri  villaggi,  cedette  la  coltivazione 
dei  campi  alla  condizione  colonica  deW  ottavo.  Questa  misura 
in    ispecial  modo    attrasse  coloni    dalla    vicina    campagna  di 
Castel- Venier  e  dalla  montagna,  per  cui  crebbe  notevolmente 
Ja  beneslanza  di  questo  villaggio,  che  in  breve  tempo  rad- 
doppiò la  sua  popolazione. 

Quando  alle  primitive  famiglie  sia  stalo  dato  un  proprio 
pastore  non  fu  possibile  di  rinvenire.  Consla  però  dalla  tra- 
dizione, che  pei  loro  bisogni  spirituali  ricorrevano  al  paroco 


—  824  ~ 

di  Caslel-Venier.  Che  fossero    poche  quelle    famiglie  Io  di- 
^ìnostra    il    registro    de'    battezzali^    dal  quale    si    rileva    che 
^non  più  di  12  nati  numeravansi  alf  anno    in  termine  medio. 
'''Cessati    i    timori    che    l'Islamismo    incuteva,    la    popolazione 
'crebbe  coli' aumento  indigeno,  e   parte    coll'epicratico  domi- 
ciliarsi   delle    famiglie    straniere,    come    sopra    si   è  detto,  e 
collo  scopo  di    avvicinarsi  al  piano    delle  proprie    campagne 
'^Iquando  una,  quando  l'altra,  costruironsi  nuove  abitazioni  in 
''/prossimità  a  quelle  della  parte  montuosa,  donde  poi  ne  nacque 
la    divisione    della  parochia    in   Slivnizza   superiore,  ed   in- 
feriore. Nell'anno   1855,  quando  a  Castel-Venier  infieriva  il 
Chol&ra,^  un'  intiera  frazione  di  alquanti  casali,    slaccossi  da 
essa,    e  venne    a    piantarsi    a    Slivnizza.    la    quale  conta    di 
"presente  84  focolari  con  450  anime,  Nel  1847  non  ne  aveva 
che  280. 

Una  sorgente  d'acqua  viva,  appellata  Slivnizza^  diede 
"il  nome  al  villaggio.  Scaturisce  nella  profondità  di  otto  metri 
''a  breve  distanza  dalla  frazione  superiore,  ove  sino  da  epoca 
^rimota  fu  scavato  un  pozzo  per  comodo  degli  abitanti. 

Presso  questo  pozzo  sorge  la  chiesa  parochiale.  circon- 
dala da  ogni  parte  dal  cimitero.  Essa   giace  in  posizione  al- 
quanto   elevata,    e    sotto    un    esteso    orizzonte,    che    appaga 
l'occhio  dell'osservatore.  Quando  sia  stata   eretta,  con  quali 
"'ttiezzì,  e  se  giammai  fu  consacrata,  non  consta,  non  essen- 
.Vdovi  memorie  né  scolpite  in  marmo,  né  scritte.  Se  non    che, 
*   dall' edacità  del  tempo  essendo  divenula  indecente,  ed  inser- 
^"vibile,  l'anno  1844  col  soldo  del  fondo  ecclesiastico,  e  colla 
''cooperazione    dei    villici    fu    ristaurata,    stuccata    con  tavole, 
ed  alzata    due  metri,    affine  di    potervi  aggiungere    interna- 
mente un  coretto  per  comodità  degli  uomini,  come  solevasi 
'"'nelle  chiese  di  campagna.  Nel  resto  conserva  le  sue  antiche 
^'!  dimensioni  di  13  metri  in  lunghezza,  e  7  in  larghezza.  Due 
^  porle  le  servono  d'ingresso,  la  maggior  rivolta  a  tramontana, 
^'  la  minore  ad  ostro.  Non  ha  che  due  altari,  e  questi  di  legno, 
da  discreta    mano  lavorati;  il  maggiore    dedicato    in  origine 
'^  ai  Ss.    Mm.  Cosma    e    Damiano,^    eretto    più   tardi  in    onor 
^/ della   5.    Croce.  Dietro  il  maggior    altare    evvi    la  sacrestia. 
Sopra  la  sommità  del  frontale  trovasi  il  campanile  di  forma 
romana,  in  cui  fino  pochi  anni    addietro  eranvi  due    piccole 
^^' campane.  Siccome  il  loro  suono  non  giungeva   ai  molti  ca- 
"'  sali  dispersi  ed  alcuni  fino    quattro  miglia  distanti,  così    nel 
PO  jg77^  pgj.  ^jypg  jjgjj»  Qp  defunto  suo  curato  Pasquale  Bakotic, 


—  32S  — 

ne  furono  provvedute  due  nuove  e  più  grandi  collo  scambio 
delle  vecchie  e  coli"  aggiunta  di  fiorini  850,  dalla  rinomala 
fonderia  di  Pietro  ('olbacchini  di  Bassano.  Per  tale  pio  scopo 
la  munificenza  Sovrana  di  S.  M.  I.  R.  A.  Francesco  Giu- 
seppe I.  aveva  elargito  dalia  propria  cassetta  fiorini  60,  ed 
altrettanti  il  fondo  ecclesiastico  provinciale:  il  rimanente  si 
è  ricavato  dolle  spontanee  obblazioni  dei  poveri  fedeli  della 
parochia,  per  cui  le  campane  portano  l'iscrizione  =  Impensis 
fidelium  de  Slivnizza  —  1811 .  Per  difetto  dei  mezzi  neces- 
sari alla  costruzione  d'un  nuovo  campanile,  che  potesse  reg- 
gere alla  gravità  del  peso  delle  nuove,  fu  duopo  appenderle 
nel  cimitero  a  poca  altezza,  per  cui  il  loro  suono  armonioso., 
non  può  spandersi  in  lontananza,  come  occorrerebbe. 

Distante  un  quarto  di  miglia  dalla  chiesa,  nella  dire- 
zione nord-ovest,  e  precisamente  appiè  del  colle  Oraska 
Gradina  è  situata  la  Canonica.  Era  in  origine  un'  angusta 
casa  comunale,  che  perciò  nel  1845  a  spese  del  fondo  ec- 
clesiastico e  colla  manualità  della  popolazione  fu  ristaurala 
ed  ampliata.  Rimase  isolata  sin  dal  tempo  in  cui  tulle  le 
circostanti  famiglie,  come  sopra  disse,  fabbricaronsi  altrove 
le  loro  abitazioni. 

Una  pia  confraternita  esisteva    per  T  addietro  in  questo 
villaggio  sotto  il  titolo  e  patrocinio  dei  santi  martiri  patroni, 
della  parochia  Cosma  e  Damiano^  g  con  eXemosmQ  e  rendita 
di  beni  campestri  sosteneva  le  spese  del  culto. 

Colla  scorta  dei  parochiali  registri  si  è  potuto  formare; 
la  seguente  serie  dei  parochi  di  questa  località. 

Serie  dei  parochi  di  Slivnizza. 

Pietro  Dadic  paroco     nel  1769 

Vito  Suric  „           „  1781 

Giorgio  Miletic  „          „  1792 

Luca  Magas  „           „  1794 

Antonio  Jovic  „          „  1797 

Girolamo  Juric  ,5          ,,  1799 

Giorgio  Suric  „          „  1806 

Marco  Scorlic  ,,           „  1822 

Antonio  Vukic  escursore    „  1871 

Vincenzo  Miossevic   amministratore  „  1874 

Pasquale  Bakotic  „           „  1876 

Girolamo  Mircelta  m.  o.         „          „  1879 


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Località  aggregate  a  Slivnizza. 

Selo  Kolaz  Mihovilovic  Podaslrana. 

Il  villaggio  di  Slivnizza  appartenne  col  titolo  di  Parochia 
alla  soppressa  diocesi  di  Nona  ;  ora  dipende  in  qualità  egual- 
mente di  Parochia  dal  decanato  di  Rasanze  dell' arcidiocesi 
di  Zara. 

Di  questo  villaggio  n'ebbe  il  possesso  nel  sestodecimo 
secolo  la  famiglia  patrizia  zaratina  de  Soppe,  una  gentildonna 
della  cui  casa  portello  in  dote  ad  un  Venier. 

Radovin. 

Lungi  due  miglia  da  Slivnizza.  giace  la  villa  di  Radovin 
sopra  una  collina  molto  erta,  e  di  difficile  salita  d' ogni 
parte,  tranne  da  scilocco. 

Ne'  tempi  andati,  e  particolarmente  durante  le  incur- 
sioni turchesche  era  questo  luogo  considerato  come  la  sen- 
tinella di  tutto  il  circostante  estesissimo  territorio  zaralino 
e  nonese,  dappoiché  né  da  Islam,  né  da  Polesnik,  né  da 
Nadin,  né  da  Zemonico,  poteva  alcuno  dipartirsi  senza  essere 
discoperto  da  quel  punto  culminante.  Quando  i  menzionati 
villaggi  erano  in  potere  dell'ottomano,  qualunque  movimento 
ostile  da  parte  dei  Turchi,  veniva  contrassegnato  da  Radovin 
con  apposito  avviso.  Nella  sommità  della  collina  scorgonsi 
parecchi  avanzi  di  edifizii,  di  torri  e  mura  molto  grosse;  il 
che  dimostra  l'antica  sua  importanza.  Che  fosse  stata  opera 
romana  non  v'é  dubbio  e  lo  dimostrano  le  costruzioni  di 
quell'epoca,  che  scorgonsi  in  varii  punti.  È  questo  un  ma- 
gnifico punto  di  vista  e  molto  interessante,  distendendosi  di 
là  all'occhio  dell'osservatore  un  panorama  d'una  meravi- 
gliosa bellezza  Da  tre  lati  veggonsi  fertili  e  spaziose  cam- 
pagne, irrigate  da  parecchie  sorgenti,  una  delle  quali,  assai 
copiosa,  scaturisce  dalle  radici  della  stessa  collina  verso  po- 
nente. Ne  sorge  un'  altra  non  meno  ricca  a  levante,  la  quale 
facendosi  strada  attraverso  la  campagna,  scorre  verso  maistro, 
e  s'immerge  nel  mare,  nella  valle  di  Perlinich,  dietro  la 
collina  di  Ljubljna.  Questa  villa  deliziosa  era  una  volta  pro- 
prietà della  or  estinta  nobil  famiglia  zaratina    Gliubavaz. 


—  327  — 

Da  antiche  scritture  si  rileva  che  questa  villa  sìa  slata 
parochia  nel  decimosetlimo  secolo,  unita  però  a  Ljuba.  Ai 
principio  del  decimottavo  si  trova  sola  da  sé,  indicata  negli 
atti  delle  visite  diocesane.  Ora  è  cappellania  esposta  con  a- 
nime  293,  dipendente  dal  Decanato  di  Nona. 

La  chiesa  di  Radovin,  intitolata  alla  B.  V.  del  Rosario 
fu  eretta  a  spese  del  governo  Veneto  intorno  al  1600.  Aveva 
nel  1808  una  confraternita  in  onor  della  litolare  con  30 
confratelli,  e  con  rendite  di  beni  campestri,  ch'erano  impie- 
gale nella  manutenzione  del  suo  altare. 

Serie  dei  parochi  di  Radovin. 

Antonio  Chiuz  paroco  nel  1701 

Natale  Suhnovich  „  „  1737 

Giovanni  Gherdovich  ,,  „  1742 

Simeone  Jukich  „  „  1760 

Matteo  Matlulich  „  „  1771 

Matteo  Vukasovich  „  „  1777 

Martino  Pestich  „  „  1815 

Simeone  Rakuin  „  „  1840 

Verchè  (Vrsi  e  Vrhì). 

In  mezzo  ad  una  estesissima  ed  amena  campagna,  alla 
distanza  d' incirca  4  miglia  da  Nona,  a  borra,  è  situato  il 
villaggio  di  Verchè.  Dagli  slavi  è  appellato  Vrsi.^  ed  anche 
Vrhij  perchè  posto  sulla  sommità  d'una  collina  ai  cui  piedi 
dalla  parte  di  libeccio  si  estende  una  grande  e  fertilissima 
pianura,  che  porla  il  nome  di  Stabilimento,  nella  quale,  al 
finire  della  dominazione  veneta,  per  cura  del  marchese 
Girolamo  Manfrin,  coltivavasi  il  tabacco,  mentre  adesso  per 
quattro  quinti  di  estensione  coltivansi  i  cereali  dagli  abitanti 
di  Verchè.  A  maislro  del  villaggio  giace  un'  altra  non  meno 
fertile  ed  estesa  pianura,  ricca  di  prati,  e  di  terreni  arativi 
e  vignati,  denominala  Jasenovo^  celebre  nella  storia  di  Nona, 
essendoché  in  essa,  e  precisamente  nel  sito  pod  Gredom  il 
giorno  21  aprile  del  1516,  apparve  la  B.  Vergine,  che  si 
venera  sotto  il  titolo  di  Madonna  di  Leporine. 

Verchè  è  menzionato  col  titolo  di  villaggio  in  docu- 
mento del  1387,  ciocché  fa  ritenere,  che  fosse  in  quel  tempo 
abitalo,  ed  avesse  il  proprio  paroco.  Reso  deserto  all'epoca 


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dell'  Invasione  ottomana,  dopo  seguila  la  pace  fu  ripopolato 
dalle  genti  del  vicino  Podgorje.  E  tradizione  popolare,  che 
ivi  ponessero  il  proprio  accampamento  i  Turchi  quando  as- 
sediarono la  città  di  Nona,  ed  è  assai  probabile,  che  il  sito, 
dove  si  fermarono,  fosse  la  località  sunnominata  Jassenovo, 
essendole  questo  nome  derivato  da  Jassen  comandante  del- 
l'armata ottomana. 

La  chiesa  parochiale  di  Verchè  è  posta  nel  centro  del 
villaggio.  Quando  sia  stala  fondata  non  consta.  È  da  rite- 
nersi sia  stata  eretta  nella  seconda  mela  del  secolo  deci- 
moseltimo,  dopo  l'evasione  lurchesca,  sulle  rovine  dell'antica, 
coeva  alla  fondazione  del  villaggio,  e  senza  dubbio,  da  quelle 
orde  empie  e  selvaggie  distrulla.  Da  una  iscrizione  lapidaria, 
che  trovasi  presso  la  famiglia  Gusterà,  si  deduce  eh'  esi- 
stesse innanzi  al  1775,  mentre  in  quest'anno  fu  lastricata 
per  cura  del  suo  paroco,  appartenente  a  codesta  famiglia. 
Dopo  il  1831  fu  riedificata  ed  ampliata  a  spese  del  fondo 
ecclesiastico,  indi  nel  1865  ristaurata.  Questa  chiesa,  che 
ora  trovasi  nel  massimo  deperimento,  è  di  forma  oblunga, 
e  ad  una  sola  navata.  Ha  una  dimensiono  di  m.  17:77  per 
7 :  23,  ristringendosi  a  m.  5 :  90  nel  presbiterio,  e  piìi  as- 
sai nella  sacristia,  posta  dietro  di  essa.  E  dedicata  a  s.  Mi- 
chele Arcangelo,  Principe  della  milizia  celeste,  come  quasi 
tutte  quelle  che  furono  fabbricate  o  rislaurate  dopo  la  di- 
partita dei  Turchi.  Sonovi  in  essa  tre  altari,  tutti  di  legno 
intagliali  ed  inverniciati,  ed  in  parte  dorati,  dei  quali  il 
maggiore  è  dedicato  al  titolare  e  patrono,  la  cui  pala,  di 
mediocre  pennello,  e  ben  conservata,  rappresenta  la  Vergine 
col  divin  figlio,  l'arcangelo  e  s.  Rocco.  L'altare  laterale  a 
destra  di  chi  entra,  dedicato  alla  B.  V.  del  Rosario,  ha  una 
pala  men  buona  con  la  Vergine,  s.  Giuseppe  s.  Sebastiano,^* 
9.  Anselmo,  vescovo  di  Nona,  e  s.  Marcella.  È  slato  eretto 
nel  1857  per  cura  del  paroco  don  Filippo  Pessussich.  Il 
terzo  altare,  situalo  dirimpetto  al  precedente  ed  intitolato  a 
s.  Antonio  di  Padova,  è  del  tulio  guastato  dalle  acque  che 
cadono  dal  fracido  tetto,  e  perciò  non  merita  menzione.  Il 
suo  campanile,  di  forma  quadrangolare,  addossalo  alla  porta 
d'ingresso  della  chiesa,  fu  eretto  nel  1872  a  spese  del  vil- 
laggio ;  così  pure  le  campane,  per  le  quali  l' or  defunto  Im- 
peratore Ferdinando  I  elargì  la  somma  di  fior.  150.  Furono 
queste  benedette  da  S.  E.  1'  arcivescovo  Pietro  Maupas  in 
occasione  della  sua  visita  pastorale  dell'anno  slesso.  Questa 


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chiesa  ha  beni  fondi,  e  colle  rendite  fa  fronte  alle  spese  di 
manutenzione.  La  or  soppressa  sua  confraternita,  dedicata 
al  titolare  s  Michele,  composta  di  35  socii,  provvedeva  coi 
suoi  contributi  in  natura  al  proprio  necessario  corredo,  e 
sostentamento. 

Un'altra  chiesa  in  onore  dello  stesso  arcangelo  s.  Mi- 
chele esiste  in  questo  villaggio,  nella  località  Jassenovo. 
N'era  beneficiato  l'arcidiacono  Giuseppe  Giurinovich.  Anche 
questa  è  un  quadrilatero,  di  brevi  dimensioni,  spoglia  di 
tutto,  air  infuori  delF  aitar  titolare.  Il  campanile  alla  romana, 
sovrasta  la  fronte.  Dintorno  v'è  il  comunale  cimitero. 

Una  terza  edicola,  sotto  il  titolo  di  s.  Giacopo  ap.  è 
situala  nella  campagna  verso  il  mare. 

L'attuale  canonica,  di  piccole  dimensioni,  era  dapprima 
una  casa,  fabbricata  a  spese  del  paroco  don  Simeone  Gu- 
sterà e  per  suo  uso.  Divenne  in  seguito  V  abitazione  de'  suoi 
successori  in  carica.  Sdruscita  dal  tempo.,  sulle  sue  rovine 
ne  fu  eretta  una  nuova  dalle  fondamenta  nel  1822  a  spese 
del  fondo  ecclesiastico,  eh' è  appunto  la  presente. 

Verchè  era  in  principio  parochia  della  diocesi  di  Nona. 
Ora  dopo  la  concentrazione  di  questa  nell'  arcidiocesi  za- 
ralina,  e  dopo  la  sistemazione  delle  parochie,  seguita  nel 
1851,  è  diventala  cappellania  esposta,  dipendente  dal  de- 
canato di  Nona.  Ha  566  abitanti,  assai  pochi  in  confronto 
all'estensione  e  fertilità  del  suo  territorio.  Sono  dediti  al- 
l' ubriachezza  e  ai  danneggiamenti,  e  poco  amanti  della  fatica 
e  del  lavoro. 

Serie  dei  parochi  e  dei  cappellani  di  Verchè. 

Simeone  Gusterà  da  Oltre 
Stefano  Gusterà  „ 

Natale  Gusterà  „ 

Andrea  Babich  da  Poijiza 
Filippo  Pessussich  da  Zvirinaz 
Giovanni  Marinovich  da  Premuda,  cap. 
Giuseppe  Jerak  da  s.  Gassiano 
Francesco  Marin  da  Zara 

Poglizza   (Poljica). 

La  villa  di  Poglizza  (Poljica)  del  comune  di  Nona  nel 
distretto  di  Zara  si  presenta  all'occhio  di  chi,  partendo  in 
direzione  boreale,  va  ad  acquistare  l'altura  di  Boccagnazzo. 


paroco 

nel 

1783 

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n 

1800 

?7 

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1810 

n 

99 

1821 

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99 

1830 

1,  cap. 

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1861 

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1876 

n 

JJ 

1879 

—  330  — 

Confina  da  borra  col  villaggio  di  Gliiiba,  da  cui  dista  3  miglia, 
da  ponente  con  quello  di  Verchè  e  colla  borgata  di  Nona, 
da  mezzogiorno  con  Grue  e  col  lago  di  Boccagnazzo,  da 
levante  con  Dracevaz  e  Vissocane.  Trasse  il  suo  nome  di 
Poglizza  (in  slavo  Poljica^  che  in  italiano  vale  pianura) 
dalla  fertilissima  campagna  che  gli  si  stende  d'intorno,  se- 
minata di  cereali,  e  piantata  di  vigne  dai  laboriosi  suoi  col- 
tivatori. Non  è  nemmeno  improbabile  l'opinione  d'alcuni, 
che  cotesto  nome  gli  fosse  slato  imposto  da  alcune  famiglie, 
che  nel  decimoquinto  secolo  emigrarono  dalla  provincia  della 
Poljica,  allorquando  questo  paese  venne  da  intestine  discordie 
sconvolto,  e  si  recarono  negli  scogli  di  Zara,  e  nel  ter- 
ritorio di  Nona,  ove  sulle  rovine  d'  una  villa,  che  fu  dai 
Turchi  incendiata,  vi  si  fossero  stabilite,  ed  avessero  edi- 
ficate le  loro  abitazioni,  imponendo  al  luogo  il  nome  di  Po- 
ljica, in  memoria  della  patria  da  loro  abbandonata. 

La  primitiva  sua  chiesa  parochiale  ve^WQ  fabbricata  dai 
villici  in  onor  di  s.  Michele  arcangelo.  Andata  dal  tempo  in 
rovina,  n'eressero  una  nuova  in  onor  della  B.  V.  Assunta. 
Resasi  anche  questa  inservibile,  ristaurarono  la  prima,  di 
cui  per  poco  tempo  si  servirono,  finché  nel  1857  ne  fu  e- 
dificata  una  nuova  di  pianta  a  spese  del  fondo  ecclesiastico 
colla  loro  cooperazione.  Essa  misura  in  lunghezza  metri  15 
e  10  in  larghezza.  Ha  due  altari;  il  maggiore  di  marmo,  e 
dedicato  al  patrono  s.  Michele,  l'altro  di  muro  in  calce.  Non 
fu  però  ancora  consacrata,  ma  fu  soltanto  benedetta. 

Oltre  la  chiesa  parochiale  esistono  in  questo  villaggio 
due  cappelle.  La  prima  tra  Poglizza  e  Zerava,  diroccata 
dai  Turchi  nel  1516,  che  per  antica  tradizione  si  sa  essere 
stata  dedicata  ai  ss.  app.  Pietro  e  Paolo.  La  seconda,  in 
buono  stato,  posta  nel  cimitero,  intitolata  a  s,  Giorgio^  ma 
senz'altare. 

La  canonica,  eh' è  poco  distante  dalla  chiesa,  è  una  di 
quelle  fabbricate  sotto   il  presente  governo. 

Conta  questa  parochia  al  presente  406  abitanti  di  re- 
ligione cattolica.  Sono  abbastanza  laboriosi,  e  si  distinguono 
nella  coltivazione  della  vite,  che  da  qualche  tempo  piantano 
di  continuo,  e  lavorano  con  buon  metodo  e  risultato.  Hanno 
le  stesse  abitudini,  e  costumanze  degli  abitanti  degli  altri 
villaggi  della  morlacchia,  sebbene  sieno  un  po'  più  sobrii. 
Vanno  soggetti  alle  febbri  terzane  a  causa  della  malaria  che 


~  331  — 

sviluppasi  dal  lago  di  Boccagnazzo  e  dalia  palude  di  Nona, 
nel  cui  mezzo  è  situata  la  villa  di  Poglizza. 

Poglizza  era  in  antico  parochia,  e  lo  è  anche  al  pre- 
sente. 

Apparteneva  alla  soppressa  diocesi  di  Nona,  e  dopo  il 
1830  a  questa  di  Zara,  sotto  il  decanato  di  Nona.  Ad  essa 
è  unita  la  cappellania  di  Dracevac^  che  dapprima  alla  pa- 
rochia  di  Vissocane  era  congiunta. 

Quattro   località    vanno  aggregate    a  Poglizza,  e  sono  : 

Berdarich^  un  miglio  distante  da  Poglizza. 

Zerava^  tre  miglia  verso  il  lago  di  Boccagnazzo. 

Gradski  hrig^  un  miglio  distante. 

Drazic,  un  miglio  distante. 

Abbonda  il  villaggio  di  legna,  e  di  boschi  di  quercia. 
Fra  Poglizza  e  Zerava  c'è  un  torrente,  che  in  tutta  la  sua 
lunghezza  è  coperto  da  bosco,  abbondante  di    selvaggiunie. 

Serie  dei  parochi  di  Poglizza. 

Simeone  Zvitulich 
Antonio  Jovich 
Martino  Beram 
Bartolomeo  Drazich 
Antonio  Blagdan 
Michele  Sesselja 
Simeone  Scarich 
Giorgio  Jelicich 
Giovanni  Ferri 
Alessandro  Servadei 


Unita  oggidì  alla  cura  parochiale  di  Poglizza  è  la  villa 
di  Dracevac^  anticamente  Drakuvazze^  così  appellata  in  slavo 
dalle  piante  spinose,  di  cui  essa  abbonda.  Confina  da  borra 
con  Visocane^  da  scilocco  con  Polesnik,  da  mezzogiorno 
con  Grue,  e  da  ponente  colle  case  Knesevich  di  Poglizza. 
Apparteneva  alla  soppressa  diocesi  di  Nona.  È  cappellania 
esposta  con  242  abitanti  di  religione  cattolica.  Fu  nel  1862 
unita  a  Poglizza,  da  cui  venne  nel  1874  disgiunta  ed  unita 
a  Viàocane,  ma  fu  di  nuovo  abbinata  a  Poglizza  in  settembre 
dell'anno  cor.  1879  per  commodo  della  popolazione. 


1 

paroco 

nel 

1752 

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1780 

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?7 

1791 

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n 

95 

1830 

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1833 

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1838 

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1863 

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1867 

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1870 

dei 
Draò< 

3vac. 

n 

1874 

~  332  — 

La  sua  chiesa,  posta  su  d'un' altura,  vicina  ad  un  pozzo, 
dello  Morovaz,  è  assai  antica,  trovandosene  memoria  in  do- 
cumento del  1550.  I  suoi  muri  sono  assai  grossi,  ed  il  suo 
coperto  a  volto  reale.  Dapprima  non  riceveva  la  luce  che 
da  una  ferritoja,  situala  a  mezzogiorno.,  ora  è  illuminata 
da  due  finestre  a  mezzaluna.  Ha  un  solo  altare,  dedicato  a 
s.  Martino  vescovo.  E  pia  credenza  dei  villici,  che  i  Turchi 
per  ben  tre  volle  l' abbiano  occupata  e  saccheggiata,  ma  che 
sempre  ne  fu  liberata  per  intercessione  del  santo  suo  patrono. 
Ha  il  campanile  alla  romana  nella  sua  fronte,  e  la  sagrestia 
dietro  l'altare.  La  circonda  tutta  d'intorno  il  cimitero,  che 
pure  antico  quanto  la  chiesa.  Aveva  in  passato  una  pia  con- 
fraternita, sotto  il  patrocinio  del  suo  titolare  s.  Martino,  com- 
posta di  28  confrali,  i  quali  colle  loro  elemosine  supplivano 
a  quanto  era  necessario  pel  mantenimento  della  chiesa. 

Anche  la  villa  è  assai  antica,  essendo  menzionala  in 
islrumento  21  agosto  1327  dell'  archìvio  del  preesistito  mo- 
nastero dei  Benedettini  di  s,  Grisogono. 

Dracevac  non  ha  propria  canonica,  ma  soltanto  una 
casa  a  pian  terreno  malconcia  ed  umida,  che  serviva  per 
1' addietro  all'uopo. 

Serie  dei  cappellani  di  Dracevac 


Doimo  Radovieh 

cappellano 

nel 

1789 

Luca  Kevrich 

n 

?? 

1796 

Giorgio  Miletich 

r> 

« 

1802 

Gregorio  Berkich 

V 

99 

1810 

Simeone  Tressin 

n 

9? 

1844 

Da  levante  del  villaggio  s' innalzano  le  così  dette  Rìdine 
che  è  una  palazzina,  fabbricata  forse  da  qualche  heg  turco 
durante  l'occupazione  musulmana.  E  costrutta  di  grosse  mura 
ed  ha  il  coperto  a  volto. 

Visocane. 

Tre  miglia  distante  da  Poijica  trovasi  verso  il  sud-est 
la  villa  di  Visocane,  Parochia  assai  antica,  trovandosi  cenno 
di  essa  in  scritture  del  secolo  decimoquinlo.  Dipendeva  dai 
vescovo  di  Nona;  ora  appartiene  all'arcivescovato  di  Zara, 
ed  è  soggetta  al  decanato  nonese. 


—.333  — 

Sua  chiesa  parochialc  con  cimitero  era  in  antico  s.  Mi- 
chele arcangelo,  lontana  un  miglio  e  mezzo  dalla  villa.  Ora 
invece  lo  è  s.  Antonio  di  Padova,  una  volta  succursuale,  e 
vicina  alle  case. 

Era  vi  in  questa  parochìa  fino  al  1808  una  laica  con- 
fraternita sotto  gli  auspicii  di  s.  Michele  are.  con  26  fra- 
telli che  colle  loro  elemosine  e  colle  rendite  di  campagna 
provedevano  al  mantenimento  della  vecchia  parochiale  di  s. 
Michele. 

Vi  esisteva  pure  una  congregazione  religiosa,  detta  Bra - 
schina^  nella  chiesa  di  s.  Antonio.  Era  questa  intitolata  allo 
Spirito  Santo  \  ed  il  suo  scopo  era  di  celebrar  messe  e  fare 
altre  opere  pie  in  suffragio  dei  defunti  confratelli.  Compo- 
nevasi  di  25  sacerdoti,  i  quali  d' ordinario  erano  parochi 
campestri,  e  di  8  laici.  La  direzione  era  appoggiata  ad  uno 
dei  sacerdoti.  Aveva  il  titolo  di  Vicario,  ed  era  assistito  da 
un  cancelliere.  Fu  istituita  nel  1702,  ed  aveva  il  suo  sta- 
tuto superiormente  approvato.  Facevano  una  volta  all'anno 
le  loro  congregazioni,  le  quali  duravano  tre  giorni,  durante  i 
quali  si  celebravano  solenni  messe  ed  uffici!  pei  morti. 

Questa  parochia  conta  di  presente  251   anime. 

Serie  dei  parochi  dì  Visocane. 


Prè  Matteo  q.m  Strico 

paroco 

nel 

1146 

Natale  Berkich 

5.» 

?? 

1787 

Giuseppe  Voivodich 

95 

j) 

1830 

Simeone  Tressin 

59 

j^ 

1840 

Giuseppe  Tolh 

jy 

J7 

1876 

Polesnik. 

Il  villaggio  di  Polesnik  è  situato  verso  greco-levante, 
lungi  10  miglia  da  Suovare  verso  maistro  e  4  miglia  da 
Zemonico  verso  tramontana. 

Era  questo  in  origine  uno  di  que'  castelli,  eretti  dagli 
antichi  romani  in  queste  contrade,  affine  di  premunirsi  contro 
le  irruzioni  de'  popoli  barbari,  che  pur  troppo  fecero  man 
bassa  di  tutto  anche  in  Dalmazia.  E  indizii  di  quell'epoca 
ne  sono  i  ruderi,  tuttora  qua  e  là  nei  suoi  dintorni  esistenti, 
i  quali  accennano  allo  maniera  di  costruzione  di  que'  tempi, 
ed  inoltre  le  monete  ivi  in    copia  trovate   coir  impronta  dei 


—  334  — 

romani  imperatori,  fra  le  quali  sono  da  annoverarsi  una  bene 
conservata,  di  Antonino  Pio,  rinvenuta  propriamente  fra  le 
rovine  del  castello,  coli' iscrizione  —  Antoninus  Aug  Pius 
P.  P.  Pr.  P.  XIIIL  Cos,  III  Laetitia  =  ed  una  di 
Massimino  Erculeo  collo  scritto  =  Maximianus  P,  Pius 
Herculi  Victoria  ~ 

Innalzavasi  questo  castello  sopra  una  piacevole  emi- 
nenza. Era  di  forma  quadrilatera,  precinto  da  forti  mura, 
lunghe  50  passi  per  facciata,  ed  era  munito  di  due  torri 
circolari,  una  delle  quali  situata  all'  angolo  di  levante,  che 
fu  in  seguilo  ridotta  dai  Turchi  in  serbato] o  d'acqua,  l'altra 
posta  air  angolo  di  ponente,  che  serviva  di  rocca  e  di  ul- 
tima ritirata,  ed  inoltre  sopraintendeva  alla  difesa  della  porta 
d'ingresso:  ciascuna  delle  quali  torri  era  fiancheggiata  da 
due  cortine  a  sé  corrispondenti. 

Aveva  questo  castello  communicazione  con  quelli  di 
Slivnizza,  di  Ljuba  e  di  Radovin  mediante  una  strada  mi- 
litare, eh' è  tuttora  visibile,  e  formava  con  quelli  di  Slivnizza 
e  di  Ljuba  {Gradina)  gli  angoli  di  un  ben  fortificato  tri- 
latero, che  rendevasi  inespugnabile  per  aver  avuto  nel  centro 
il  castello  di  Radovin,  oggidì  Glavica  Berettinova:  il  quale 
apparalo  guerresco,  a  que'  tempi  formidabile,  serviva  di  an- 
temurale alle  città  di  Zara  e  di  Nona.  Per  cura  di  chi  fossero 
stali  eretti  cotesti  castelli  non  consta,  ma  è  molto  probabile 
che  Augusto,  il  quale  cinse  di  torri  e  di  mura  la  città  di 
Zara,  affine  di  renderla  inespugnabile,  specialmente  dal  lato 
di  mare,  abbia  pure  voluto  renderla  invincibile  dalla  parte 
di  terra  coli' erigervi  cosifatte  opere  fortificatorie. 

Anche  il  nome  stesso  di  Policnik  sarebbe,  a  parere 
degl'intelligenti,  un'indizio  non  dubbio  della  romana  origine 
di  questo  castello,  dappoiché  di  slavo  non  ha  che  la  termi- 
nazione, mentre  le  prime  due  sillabe  sono  di  derivazione 
prelamente  greca,  che  poi  ebbe  la  cittadinanza  latina.  11  nostro 
Gliubavaz  chiama  Polisano  questo  castello,  forse  dall'origi- 
nario Polyxenum\  e  la  posizione  topografica  di  Policnik  giu- 
stificherebbe appieno  il  significato  della  parola. 

Dopo  i  Romani,  se  ne  resero  padroni  i  Re  ed  i  Prin- 
cipi Croati,  che  lo  padroneggiarono  per  un  breve  tempo,  lo 
ristaurarono,  e  lo  governarono,  al  pari  delle  città,  a  mezzo 
di  Zupani,  o  Conti,  i  quali  trovunsi  di  spesso  menzionati 
negli  antichi  istrumenti  di  donazioni  fatte  da  quei  principi 
al  monastero  di  s,  Grisogono  di  Zara. 


—  335  — 

Cessala  la  dominazione  slava,  e  succeduto  il  governo 
veneto^  questo  castello  colle  sue  adjacenze  divenne  patri- 
monio della  nobile  famiglia  zaralina  de  Pecchiari,  anticamente 
de  Martinussi,  la  quale  lo  risarcì,  perchè  malconcio  e  sdru- 
scito,  e  lo  possedette  fino  al  1571  ;  nella  qual  epoca,  caduta 
Zemonìco,  cadde  anch'esso  in  potere  dei  Turchi,  per  cui  fu- 
rono obbligati  i  suoi  abitanti  a  fuggirsene,  e  stabilirsi  altrove. 

Scacciati  i  Turchi  dal  territorio  zaratino,  occuparono 
questo  castello  i  veneti  che  lo  mandarono  in  fiamme  assieme 
al  sottoposto  villaggio,  onde  quei  barbari  non  venissero  tentali 
ad  impadronirsene  un  altra  volta.  Succeduta  la  pace,  vi  ri- 
tornarono quelle  antiche  famiglie  cristiane,  e  si  collocarono 
presso  il  diroccato  castello,  abbandonando  il  primiero  lor 
sito,  eh'  era  nelle  aggiacenze  della  tuttora  esistente  cappella 
di  s.  Luca,  che  sin  da  principio  serviva  loro  da  chiesa  pa- 
rochiale.  Ritenuto  l'antico  nome  di  Polisano  e  Polesnik  ed 
anche  Policki,  quivi  si  fabbricarono  le  proprie  abitazioni,  ed 
una  nuova  chiesa  di  forma  quadrangolare,  della  dimensione 
di  18  metri  per  8,  cui  intitolarono  a  s.  Nicolò.  Dopo  duo 
secoli  di  esistenza,  logorata  dal  tempo,  e  quasi  cadente,  si 
trovò  necessario  d'innalzarne  una  nuova,  più  ampia  e  più 
solida  di  quella.  A  spese  del  fondo  ecclesiastico  venne  in- 
fatti eretta  dalle  fondamenta,  e  compiuta  nel  1877,  fu  anche 
consacrala  il  dì  28  luglio  1878  dall'arcivescovo  nostro 
Pietro  Maupas  in  onor  dell'antico  patrono  s.  Nicolò.  L'edi- 
fizio  è  di  stile  perfettamente  romano,  della  lunghezza  com- 
plessiva di  m.  28,  col  campanile  egualmente  alla  romana. 
E  ad  una  navata  coli' abside  e  sagrestia  di  forma  ottango- 
lare. La  fronte,  la  base,  e  le  lesene  agli  angoli,  sono  di 
pietra  battuta,  il  rimanenle  ad  intonaco.  Nell'interno  è  bene 
decorata  da  lavori  architettonici,  ma  spoglia  d'altri  ornali. 
V'è  la  cantoria  sopra  la  porta  maggiore,  sostenuta  da  due 
colonne,  lavoro  di  buon  gusto,  e  di  stile  corretto.  V'è  inoltre 
un'altare  di  marmo,  che  unitamente  ad  una  pianeta  preziosa,  un 
turribolo,  una  navicella  ed  una  croce,  il  lutto  d'argento  ce- 
sellato e  smallato  fu  venduto  ai  villici  V  anno  1769  dalle 
monache  del  convento  di  s.  Nicolò  di  Zara  per  far  fronte 
alle  spese  incontrate  per  la  riedificazione  del  loro  tempio. 
Tanto  l'altare  che  la  pala  subirono  guasti  gravissimi,  finché 
erano  nella  chiesa  primiera,  ma  riuscì  di  fare  un  conveniente 
rislauro  delT  altare,  non  però  della  vecchia  pala,  cui  ne  fu 
anzi,  non  ha  guari,  sostituita  una  nuova,  dipinta  dal  valente 


—  336  — 

artista  P.  Giuseppe  Rossi  m.  o.  lavoro  diligente,  esatto,  e 
lodalo  dagli  intelligenti. 

Oltre  alle  prefale  due  chiese  di  s.  Nicolò  vi  sono  in 
questa  parochia  tre  cappelle,  cioè  la  prima  di  s.  Luca,  eh'  era 
l'fintica  matrice,  come  si  è  detto;  la  seconda  di  s.  Giovanni 
un  miglio  distante,  coli' annessovi  cimitero:  la  terza  di  s. 
Pietro. 

Una  confraternita  vi  esisteva  fino  al  1808,  in  cui  fu 
soppressa.  Aveva  per  patrono  s.  Nicolò,  45  confratelli,  e  ren- 
dite in  natura  e  in  danaro,  con  cui  faceasi  fronte  alle  spese 
del  culto. 

Questa  parochia  sin  dalla  sua  origine  appartenne  alla 
or  soppressa  diocesi  di  Nona,  al  cui  decanato  e  comune 
politico  è  ora  soggetta.  Ha  di  presente  643  anime. 

Serie  dei  parochi  di  Polesnik. 

Giorgio  Kevrich  da  Visocane    paroco 

Martino  Kevrich  „ 

Andrea  Babich  da  Polesnik 

Gasparo  Matak  da  Rasanze 

Luca  Dumich  da  Eso  sciroccale 

Giuseppe  Voivodich,  supplente 

Simeone  Spanich  da  Melada 

Giacomo  Missul  da  Kale 

Giovanni  Barhalich     ,;, 

sino  al  1864  in  cui  fu  nomi- 
nato pievano  della  colleggiata 
di  s.  Simeone 

Giovanni  Oslrich  „  ^  „       1865 

Felice  Bakia  „  ^  „       1871 

Antonio  Vukic  da  Borgo  Erizzo  „  „       1875 

Località  aggregate  a  Polesnik  sono  : 
Istocnja  Kosa,       Zapadnja  Kosa,         Lovrinac, 

Krupalj,  villetta  sul  pendio  d' una  collina  con  belle 
pianure  d'intorno. 

Sovare. 

Due  miglia  al  sud-est  di  Polesnik  ed  a  tramontana  di 
Zemonico  s'incontrala  villa  di  /S'c>2;are,  appellata  anticamente 
Suhovare^  piccola  terra,  situata  in  luogo  eminente,  e  divisa 
in  due  parti  poco  distanti    fra  loro.  Con  scrittura  del  1070 


oco 

dal 

1752 

V 

lì 

1800 

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1811 

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1812 

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1827 

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1832 

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1834 

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1844 

J) 

n 

1851 

—  337  — 

venne  questa  terra  donala  assieme  ad  una  torre  da  certo 
Jadovano  al  monastero  di  s.  Grisogono  di  Zara  ;  la  qua! 
donazione  fu  dipoi  confermata  e  sancita  dal  sommo  ponteiìce 
Celestino  III  colla  più  volte  menzionala  sua  bolla  del  1195, 
dov'è  detta  terra  di  Suhovare.  In  altre  antiche  scritture  v' è 
memoria  di  essa,  quando  col  nome  di  Suhovare,  e  quando 
con  quello  abbreviato  di  StthL  II  Lucio  fa  cenno  della  pre- 
fata torre,  le  cui  vestigia  in  alcune  parti  tuttavìa  appari- 
scono. Fu  presa  nel  1571  col  ferro  e  col  fuoco  dai  Turchi,'* 
i  quali  però,  dopo  l'assedio  di  Zemonico,  cioè  nel  1647,  e 
dopo  una  terribile  lotta,  ed  assai  sanguinosa  resistenza,  V  ab- 
bandonarono a  libera  disposizione  de'  Veneziani,  che  la  die- 
dero in  preda  al  fuoco,  e  ne  smantellarono  le  deboli  mura. 

Rimasta  deserta  ed  abbandonata  per  qualche  tempo,  vi 
ritornarono  in  seguito  i  suoi  primi  abitatori,  e  ristaurate  le 
loro  antiche  abitazioni,  ed  eretta  una  piccola  chiosa,  si  for- 
marono in  parochia  al  principio  del  secolo  scorso,  essendovi 
dati  certi  dell' esistenza  de' suoi  parochi  nel  1720;  il  che  si 
desume  dai  registri  parochiali,  eh'  essendo  mancanti  de'  primi 
fogli,  autorizzano  a  credere  che  ancor  prima  di  quell'epoca 
vi  sia  stala  e  chiesa  e  parochialità. 

È  tradizione  che  nelle  turchesche  invasioni  parecchi  a- 
bitanti  di  Suovare  si  fossero  rifugiati  nell'  isola  grossa,  presso 
Birbinjo,  ed  avessero  fondata  la  villa  di  Sauro.  Un  indizio 
sarebbe  la  somiglianza  del  nome  Sauro  con  quello  di  Sovare. 

Era  Sovare  parochia  soggetta  alla  diocesi  di  Nona  ; 
colla  nuova  organizzazione,  pubblicala  nel  1850,  venne  ab- 
binala a  Polesnik,  ed  in  seguito  per  Decreto  Ministeriale  del 
1858  dichiarata  cappellania  esposta  sotto  il  decanato  di  Nona 
dipendente  dalla  parochia  di  Polesnik.  Ha  203  anime. 

La  sua  chiesa  ò  intitolata  a  S.  Antonio  di  Padova  ;  ha 
attiguo  il  cimitero  e  la  casa  canonica. 

Aveva  in  passato  una  pia  confraternita  sotto  il  patro- 
cinio di  S.  Antonio  di  Padova,  ma  fu  estinta  nel  1808.  Era 
composta  di  30  confratelli,  i  quali  facevano  fronte  alle  spese 
dell'  aitare  padronale  colle  rendite  di  alcuni  beni  campestri, 
e  coi  contributi  fraternali. 

Serie  dei  parochi  e  dei  cappellani  di  Sovare. 

Tommaso    Kevrich    paroco    decano    dal  1827 
Giovanni  Barbalich  supplente  „    1864 

22 


—  338  — 

Giorgio  Verixalz  supplente  dal  1865 

Giovanni  Oslrich         „  „  1866 

Felice  Bachia  „  „  1873 

Antonio  Vuchich  cappellano  „  1876 

Il  suddetto  poroco  Tommaso  Kevrich  merita  special  men- 
zione per  aver  lasciato  in  morte  buona  parte  dei  suoi  beni  alle 
chiese  di  S.  Anastasia,  di  S.  Simeone  e  S.  Francesco  in 
Zara. 

Smilòió. 

Alla  distanza  di  tre  miglia  da  Sovare  verso  borea,  sulla 
strada  che  conduce  a  Karin,  trovasi  il  villaggio  di  Smilcic^ 
posto  in  mezzo  ad  una  deliziosa  ed  ubertosissima  pianura. 
Era  parochia  della  diocesi  di  Nona  ;  ora  cooperatura  esposta 
di  Nadin  nel  Decanato  di  Benkovac  delP  arcidiocesi  di  Zara. 
Aveva  dapprima  la  sua  chiesa  parochiale,  di  cui  era  patrono 
e  titolare  S.  Michele  Arcangelo,  Diroccata  dal  tempo,  sicché 
non  ne  rimasero  che  sdruscite  muraglie,  servì  per  lunga 
epoca  ad  uso  delle  sacre  funzioni  la  cappella  privata,  fab- 
bricata dalla  famiglia  zaratina  Tebaldi  nel  1740  in  onore  di 
S.  Giuseppe,  finché  ne  fu  nel  1870  eretta  una  nuova  dalle  fon- 
damenta sotto  il  titolo  delia  Presentazione  di  M.  V.  per  cura 
ed  a  spese  della  benemerita  famiglia  Vlatkovich  di  Novegradi, 
un  ramo  della  quale  si  è  trapiantato  in  questo  villaggio  di 
Smilcic  in  mezzo  ai  suoi  beni. 

Nei  1827  era  paroco  Natale  Petessich,  ed  al  presente 
n'  è  cooperatore  esposto   P.  Carlo  Saric  dei  Minori  Osservanti. 

Non  ha  questa  villa  che  75  anime. 

Skabernje. 

La  parochia,  che  porta  il  nome  di  Skabernje^  è  ora 
formata  da  sei  gruppi  o  sezioni  di  case,  quali  sono  Haiììbar, 
Skabernje^  Skara,  Kutrovo^  Plavanka^  e  Perkos,  I  primi 
cinque  son  posti  lungo  la  strada,  che,  deviando  dalla  strada 
regia  Zara-Benkovaz  al  kil.  3-19,  si  estende  quasi  dritta 
in  scilocco  per  sei  kilometri  fino  al  confine  di  Nadin.  L' ul- 
timo gruppo,  cioè  Perkos,  giace  su  di  un'altra  strada  che 
da  Skabernje  va  in  ponente.  Il  primo  gruppo  denominato 
Hamhar  eh' è  prossimo  alla  strada  regia    si   compone    di   6 


—  339  — 

famiglie;  alla  metà  della  strada  sta  la  sezione  maggiore 
delta  Skabernje  con  So  famiglie;  segue  la  sezione  dìSkara; 
indi  Kittrovo^  e  finalmente  quella  detta  Plavanka  ciascuna 
con  8  famiglie.  L'ultimo  gruppo,  cioè  Perkos^  che  dista  da 
Skabernje  3  kil.  si  compone  di  23  famiglie.  Assieme  88 
famiglie  con  604  anime,  tutte  cattoliche,  le  quali  formano, 
come  sopra  si  disse,  una  indivisa  ed  unica  villa,  chiamata 
Skabernje^  con  un  solo  capo  villa  ed  un  solo  curato.  A  me- 
moria di  uomo  Skabernje  non  arrivò  alla  cifra  di  604  anime 
se  non  che  nel  1878.  In  tutte  le  sezioni  le  case  sono  pros- 
sime le  une  alle  altre,  meno  in  Hambar  e  Kutrovo,  ove  sono 
alquanto  disperse.  Le  due  strade  suaccennate  sono  carroz- 
zabili, cosicché  si  può  accostarsi  in  carrozza  alle  porte  di 
ciascuna  famiglia,  e  a  quelle  delle  rispettive  lor  chiese.  Tutto 
il  terreno  che  dalla  strada  principale  guarda  settentrione  è 
sassoso  ed  improduttivo,  mentre  la  parte  meridionale  è  una 
bella  e  vasta  pianura  di  campagne  coltivate  a  semina,  e 
piantate  a  vigna. 

Dai  registri  parochiali  si  deduce,  che  Perkos  in  antico 
fosse  slato  il  luogo  più  importante  di  tulf  i  sunnominati,  e 
che  da  esso  tutta  la  villa  si  appellasse  Perkos,  poiché  nei 
medesimi  non  è  falla  menzione  di  Skabernje,  neppur  negli 
atti  delle  visite  canoniche,  ma  unicamente  di  Perkos.  Tro- 
viamo nelle  patrie  memorie  che  Perkos  era  nel  secolo  deci- 
mosettimo una  fiorente  parochia,  che  nel  1646  ebbe  a  pastore 
il  famoso  prete  Sorich,  ma  che  nel  1681  gemeva  sotto  il 
ferreo  giogo  ottomano,  come  diremo  a  suo  luogo.  Durante 
la  musulmana  occupazione,  gli  abitanti  di  Perkos  emigra- 
rono in  buona  parte  e  si  stabilirono  a  Skabernje;  onde,  ri- 
masta quella  terra  quasi  deserta  di  cristiani,  surse  in  princi- 
palità la  sezione  di  Skabernje,  e  s'avanzò  fino  a  tanto  che 
nel  1686  divenne  parochia.  Da  quest'epoca  quindi  comincia 
a  datare  l' istituzione  della  parochia  di  Skabernje,  che  prima 
non  era  che  una  località  di  Perkos  Fissata  in  tal  modo  con 
certezza  l'epoca  della  fondazione  della  parochia,  di  cui  é 
parola,  ora  diremo  qualche  cosa  della  sua  chiesa. 

A  metà  di  strada  da  Skabernje  a  Perkos  sul  dorso  di 
una  dolce  collina  è  situata  la  chiesa  cappellaniale  dì  Ska- 
bernje, fabbricata  in  epoca  remotissima,  senza  che  da  mo- 
numenti lapidari  o  scritti  ne  consti  l' anno  di  sua  erezione 
0  consacrazione.  E  di  forma  quadrilunga  con  coperto  reale 
arcuato,  sostenuto  da  tre  archi  e  rispettive  colonne  in  mu- 


—  340  — 

ratura.  Ha  nell' interno  m.  12  di  lunghezza,  e  4.90  in  lar- 
ghezza, che  nel  preshiterio  è  alquanto  minore.  Sulla  sommità 
del  frontispizio,  eh' è  rivolto  a  ponente,  s'innalza  il  campa- 
nile, alla  romana,  con  due  campane.  Ha  due  porte  d'ingresso, 
sei  finestre  a  mezzaluna,  ed  il  selciato  di  pietra  regolare. 
Nella  parte  posteriore  v'  è  la  sagristia  con  due  finestre  e 
selciato  simile  a  quello  della  chiesa.  Due  altari  l'adornano; 
il  maggiore  dedicato  a  s.  Luca  ev.  la  cui  pala  vecchia  e 
sdruscita,  di  mediocre  pennello,  rappresenta  la  Vergine  Im- 
macolata con  s.  Luca  e  s  Giovanni  ev.  e  sulla  cui  mensa 
poggia  il  tabernacolo,  pure  di  marmo  ;  il  minore,  anche  di 
marmo,  situato  in  faccia  la  porta  laterale,  con  pala  vecchia 
e  sdruscita,  rappresentante  la  Vergine  del  Carmelo  e  s.  Gio- 
vanni Battista.  Abbenchè  questa  chiesa  sia  la  parochiale  e 
s.  Luca  ne  sia  il  titolare,  pure  viene  ritenuta  qual  patrona 
della  parochia  la  Madonna  Assunta,  nella  cui  festività  si 
tiene  la  solenne  funzione  con  segni  di  gioja  e  di  esultanza 
nella  cappella  dell'Assunzione  in  Hambar. 

La  cappella  dell'Assunzione  in  Hambar,  la  quale  dista 
m.  100  dalla  stradn  regia,  è  rivolta  a  ponente,  e  misura 
m.  9.10  per  3.70.  Ha  un  solo  uscio,  e  sopra  di  esso  un 
finestrino  nella  facciata,  ed  inoltre  due  finestrelle  nelle  pareli 
laterali.  Sulla  sommità  della  fronte  v'  è  il  campanile  con  una 
campana.  L' unico  altare,  che  vi  esiste,  non  ha  che  la  mensa 
di  pietra,  e  la  pala  vecchia  e  logora,  su  cui  è  dipinta  la 
B.  V.  Assunta  con  s.  Rocco  e  s.  Domenico. 

Tanto  a  Skabernje,  quanto  in  Hambar  v'è  il  cimitero 
comunale.  L'uno  e  l'altro,  circondati  da  muro  in  calce,  rac- 
chiudono la  chiesa,  che  sta  nel  centro.  In  quello  di  Ska- 
bernje vi  sono  parecchi  olmi  di  grandezza  gigantesca,  i 
quali  stendendo  la  loro  ombra  sopra  il  pozzo,  che  è  sulla 
strada  fuori  del  recinto,  rendono  assai  gradila  la  sosta,  e 
quasi  glaciale  la  freschezza  dell' aqua.  Essi  attorniano  la 
chiesa  da  tre  lati.  Si  hanno  prove,  che  in  questo  cimitero 
venivano  in  antico  sepolti  i  morti  di  tutte  le  ville  limitrofe, 
quando  queste  mancavano  di  chiese  e  cimiteri,  fra  le  quali 
anche  le  ville  di  Ceranje  e  3Iiranje,  ora  di  rito  greco  n.  u. 
Nel  cimitero  di  Hambar.  eh' è  di  forma  quadrilatera,  ma 
meno  grande  del  primo,  alcuni  pochi  di  Hambar  furono 
sepolti,  ma  dal  1822  nessuno. 

Aveva  Skabernje  nel  1808  una  laica  confraternita  sotto 
il  patrocinio  del  suo  titolare  s.  Luca,  con  40  associati  e  con 


—  341  — 

rendite  di  vino,  biade,  ed  elemosine  in  danaro,  a  beneficio 
della  chiesa  curaziale 

Tra  i  suoi  sacri  arredi  e  rimarchevole  una  pianola  di 
seta  rossa,  avente  lo  stemma  dell'  arcivescovo  Capello  ;  segno 
questo  che  fu  donata  da  lui  a  questa  chiesa  intorno  al  1640, 
quando  siedeva  sulla  cattedra  arcivescovile  di  Zara.  Lo 
stemma  è  un'aquila  a  due  teste,  con  un  cappejlo  nel  petto. 

Skabernje  è  stala  parochia  fino  al  1851,  nel  qual  anno 
in  seguito  alla  nuova  organizzazione  della  Diocesi  divenne 
Cappellania  esposta,  soggetta  al  Decanato  di  Zara. 

Serie  dei  parochi  e  cappellani  di  Skabernje 

dedotta  dai  registri  2^ctrochiali. 


paroco     nel 


95 

95 
95 


1.  Mile  Raspovich 

2.  Simeone  Drazina 

3.  Giovanni  Pizerich 

4.  Matteo  Marinovich 

5.  Michele  Rusin 

6.  Rocco  Milatovich 

7.  Giacomo  Smolich 

8.  Matteo  Gherdovich 

9.  Girolamo  Castellanich 

10.  Tommaso  Sikirich   cappellano 

11.  Michele  Majerich         paroco 

12.  Matteo  Maghich  da  Pasman  par. 

13.  Stefano  Torich  da  Vergada    „ 

14.  Giuseppe  Marcellich  da  Oltre  „ 

15.  Simeone  Sarich  da  Pasman,  paroco 

di  Zemonico,  supplente  nel 

16.  Bartolomeo  Drazich  amministr.  „ 

17.  Simeone    Svorinich    da     Sestrunj 

amministr.  nel 

18.  Tito  Shufflay  „  „ 

19.  Simeone  Sutlovich  da  Eso  grande, 

cappellano  nel 

20.  Simeone  Sarich, ilerum  supplente  „ 

21.  Matteo  Nekic   da    Jasenice,    cap- 

pellano nel 

22.  Biagio  Blasul  da  Cale  cappellano  „ 


95 
T) 

n 

57 

99 
')1 
99 
•)"! 
99 
99 


1686 
1719 
1722 
1727 
1729 
1730 
1731 
1751 
1756 
1758 
1779 
1780 
1810 
1822 

1846 
1846 

1846 
1849 

1854 
1854 

1859 
1865 


—  342  — 

23.  Simeone  Ziz    del   III    Ordine,    da 
Veglia,  supplente  nel     1874 

24.  Biagio  Cvìlanovic  da  Eso  grande, 

cappellano  nel     1874 

I  parochi  dal  N/  1  al  N.^  13  scrivevano  unicamente 
in  caratteri  glagolitici  corsivi;  dal  N.^  14  in  poi  con  ca- 
ratteri latini,  dal  tempo  cioè  in  cui  i  registri  parochiali  di- 
ventarono anche  registri  civili. 

In  vicinanza  della  chiesa  di  s.  Luca,  dalla  parte  di 
settentrione,  30  metri  circa  lungi  dal  muro  del  cimitero,  vi 
erano  due  anni  fa  gli  avanzi  d'antico  fabbricalo,  forse  un 
chiostro,  ovvero  un  palazzo  di  qualche  signore.  Ammirevole 
a  vedersi  n'era  il  selciato,  poiché  composto  di  cinque  strati 
diversi.  Il  primo,  formante  la  superficie  esterna  era  un  ce- 
mento marmorideo  ;  il  secondo  sottoposto  al  primo,  era  di 
calce  mista  con  ghiaja  grossa  :  il  terzo  di  piccoli  mattoni 
della  misura  di  cm.  11  per  7,  posti  in  taglio,  uniti  con 
calce,  e  in  belF ordine  disposti;  il  quarto  simile  al  secondo; 
ed  il  quinto,  lastricato  con  piccole  pietre  oblunghe  messe 
insieme  con  calce,  e  collocate  fra  loro  obbliquamente. 

Nella  stessa  direzione,  150  metri  incirca  dal  cimitero 
si  rinvennero  parecchi  sepolcri  in  cemento,  lapidi  sepolcrali, 
e  rottami  di  urne  mortuarie  di  terra  cotta. 

A  mezzogiorno  in  ponente  di  Skabernje  v'  è  un  punto 
detto  Cerkuina^  che  divide  il  confine  di  questa  dalla  villa 
di  Galovci,  ed  un'altro  a  mezzogiorno  in  levante,  detto 
Bojana^  che  divide  i  confini  di  Skabernje,  Galovci  e  Gorica. 
Da  alcune  tradizioni  popolari,  tuttora  esistenti,  si  deduce, 
che  questi  luoghi  furono  un  tempo  travagliati  orribilmente 
dalla  peste  e  dalla  guerra  ;  il  che  si  conferma  dalla  storia 
nostra,  che  del  primo  malore  ne  fa  una  orribile  dipintura 
quando  invase  il  zaratino  territorio,  e  del  secondo  narra  il 
sangue  sparso,  le  ville  devastate  e  distrutte.  I  nomi  suddetti 
di  Cerkuina  e  Bojana  ne  sono  una  indubbia  testimonianza. 

La  villa  di  Skabernje  è  provvista  d'acqua  potabile  a 
preferenza  di  tutte  le  altre  del  zaratino  contado.  Ha  essa 
undici  pozzi  d' acqua  viva,  e  lutti  vicini  ai  singoli  gruppi 
di  case.  Hambar  ne  ha  due,  Popovac  e  Donjevac  appellati: 
Skabernje  ne  ha  uno,  delio  Lokvenjak  :  Skara  uno  pure  denomi- 
nato Bvmarié ;  Kulrovo  uno  col  nome  di  Stankovac  ;  Plavanka 
uno    detto    Jukovac:   Perkos    ne    ha    quattro,    cioè   Novah^ 


—  343  — 

Zlousac^  Zagerliah\  e  Papirna  :  e  finalmente  presso  la  chiesa 
di  s.  Luca  ancor  uno,  appellalo  Cerkvenjak.  Sonovi  inoltre 
due  sorgenti  perenni,  una  cioè  delta  Rosulje  presso  Hambar, 
ed  un'altra  della  Pletenica  appresso  Perkos. 

La  principale  rendita  dei  villici  sono  i  grani  di  tutte 
le  specie,  il  vino  e  la  pastorizia.  Di  ulivi  non  ce  ne  sono 
che  pochi,  così  che  il  più  ricco  non  può  far  più  di  due 
barili  d'olio. 

Passiamo  ora  all'indole  e  costumi  dei  villici.  Sudi  che 
è  necessario  a  sapersi,  che  fino  a  venti  anni  addietro  gli 
abitanti  di  Skabernje  erano  d'indole  feroce  e  vendicativa 
all'  eccesso,  e  dediti  alla  gozzoviglia  e  all'  inerzia.  Il  furio 
era  per  essi  cosa  comune,  l'omicidio  proditorio  spessissimo, 
ed  erano  riguardate  prodezze  l'incendio,  il  taglio,  la  deva- 
stazione dei  frulli  della  campagna.  Un  solo  prete,  Matteo 
Nekic^  nel  breve  sessennale  corso  di  sua  cura  pastorale, 
giunse  a  togliere  ed  estirpare,  come  per  incanto,  tulli  questi 
vizii  nel  popolo  Skabernjese.  Con  zelo  veramente  apostolico, 
accompagnato  dalla  costanza  e  dal  coraggio,  e  con  instan- 
cabile fatica  ridusse  quella  popolazione  a  costumi  più  miti, 
ed  a  sentimenti  più  morali  e  religiosi.  Ora  questa  popola- 
zione è  fra  le  più  tranquille  del  zaratino  territorio,  dedicossi 
all'economia  e  al  lavoro,  frequenta  la  chiesa  e  le  pratiche 
di  pietà  e  di  religione. 

Dopo  di  ciò  gioverà  far  parola  degli  usi  e  delle  costu- 
manze del  paese.  Ed  in  primo  luogo  non  sarà  inutile  il  sa- 
pere come  si  solenneggi  da  essi  la  festa  del  Natale.  Tulle 
le  famiglie  si  provvedono  di  abbondante  quantità  di  legna  e 
dalla  sera  della  grande  vigilia  sino  a  tutta  la  festa  tengono 
acceso  e  ben  alimentato  il  fuoco.  Il  paroco  benedice  tutte 
le  case,  ed  in  ogni  casa  anche  l' incenso,  col  quale  essi  stessi 
incensano  dippoi  le  stalle,  gli  animali  e  le  adiacenze.  Non  vi 
ha  famiglia  che  non  solennizzi  il  s.  Natale  alla  propria  mensa, 
e  per  quanto  miserabile  sia,  vi  sgozza  almeno  un  agnello 
per  darne  al  curalo  lo  stinco  ed  un  pane  d'  orzo  o  spella 
pella  incensazione  e  benedizione  della  casa. 

E  uso  di  molle  famiglie  di  festeggiare  il  Krstnoime 
(la  sagra  di  famiglia)  la  maggior  parte  nelle  solennità  di 
s.  Stefano  e  di  s.  Giovanni.  Fanno  esse  inviti  e  banchetto. 
Il  curato  benedice  all'  uopo  l' incenso  le  candelette,  ed  una 
candela  maggiore.  Se  egli  non  interviene  al  pranzo  è  tenuto 
di  venire  almeno  a  recitare  il  vespero  pei  defunti  della  fa- 


—  344  — 

miglia.  Durante  la  recita  del  vespero,  tutti  i  parenti  tengono 
accese  le  piccole  candele,  ed  in  mezzo  della  tavola  arde  la 
maggiore,  piantata  in  un  pane.  Il  capofamiglia  colla  testa 
scoperta,  pregando  pei  propri  defunti,  accende  riverentemente 
la  candela  maggiore  nell'  atto  del  desinare,  cui,  se  non  fu 
ancora  recitato  il  vespero  dal  curato,  smorza  verso  sera, 
versandovi  sopra  del  vino.  Compiuta  una  volta  la  recita  del 
vespero,  questa  candela  arde  senza  interruzione  fino  al  totjaJ,e 
consumo. 

Il  popolo  ha  molta  divozione  pei  propri  defunti,  e  non 
li  dimentica  di  messe  in  loro  suffragio. 

Il  giorno  della  Purificazione  di  M.  V.  non  si  benedicono 
che  le  sole  candelette  comperate  dalla  Fabbriceria.  Queste  si 
dividono  per  tutti  gf  individui  delle  famiglie,  compresivi  i 
bambini   appena  nati. 

Ogni  anno  tutte  le  famiglie  pel  giorno  dei  Santi  si  prov- 
vedono di  nuove  candele.  Queste  vengono  benedette  prima 
della  messa  di  delta  festività,  e  si  tengono  alla  solenne  messa 
di  Tutt'  i  Santi,  alla  funzione  e  messa  dei  morti,  alle  messe 
dei  morti,  alle  messe  di  Natale  e  Pasqua,  alle  esposizioni  del 
SS.  Sacramento,  ed  alle  messe  ed  ufficiature  dei  sepolcri 
pei  propri  defunti. 

Nel  caso  di  morte  di  un  adulto,  i  più  benestanti  fanno 
invilo  ai  parenti  ed  agli  amici,  anche  lontani.  V  intervengono 
altri  pure,  quanti  ne  vogliono,  sebbene  non  invitati.  Zeppa 
la  tavola  del  convito,  s'  affollano  gli  altri  in  tutto  il  resto 
della  casa,  ed  occorrendo  anche  fuori  Silenzioso  e  triste  si 
è  il  contegno  di  tutti,  il  mangiare  abbondante,  il  bere  mo- 
derato. Alla  fine  del  trattamento,  eh'  è  assai  breve  relativa- 
mente agli  usi  in  altre  circostanze,  il  curato^  distribuite  le 
candele  ai  parenti,  canta  il  vespero  dei  defunti,  e  finito  que- 
sto, ognuno  si  allontana,  meno  quelli  che  dal  padrone  sono 
pregati  di  fargli  compagnia  fino  al  giorno  seguente,  come 
parenti  ed  amici  venuti  da  lontano.  L'incensazione  si  usa  al 
Magnificat^  la  quale  dal  paroco  si  manda  successivamente  a 
tutti  i  parenti.  Gli  scogliani  piangono  i  morti  in  versi  deca- 
sillabi, quelli  del  continente  in  ottonari. 

V  è  pur  r  uso  di  far  benedire  il  pane  e  P  olio  nel  giorno 
di  S.  Biagio.  Il  pane  si  dà  in  cibo  agli  ammalati  e  coli'  olio 
si  unge  la  gola  in  caso  d'infermità,  ed  inoltre  le  piaghe  degli 
uomini  e  degli  animali. 

Alla  Pasqua,  oltre  la  benedizione  dei  cibi  d'  uso,  fanno 


—  345  — 

benedire  una  piccola  quantità  di  grano  di  ogni  specie,  e  Io 
mescolano  con  quello  destinato  alla  semina. 

L'acqua  benedetta  nella  vigilia  dell'Epifania  ha  presso 
di  loro  una  speciale  importanza.  Con  essa  aspergono  da  sé 
tutte  la  stanze  delle  loro  case,  le  stalle,  le  aje,  tutti  gli  ani- 
mali e  le  campagne. 

Questo  popolo  teme  terribilmente  la  maledizione  del  pro- 
prio curato  di  qualunque  condotta  o  tama  esso  sia,  e  pella 
paura  di  una  tale  maledizione  si  astiene  da  molti  mali  verso 
il  suo  prossimo,  quali  sono  il  furto,  il  taglio,  T  incendio,  e 
la  devastazione  delle  campagne.  Con  questo  mezzo,  benché 
illecito,  i  curati,  prendono  le  difese  del  perseguitato,  lo  li- 
berano dalla  prepotenza  di  nemici  feroci  e  sanguinari. 

Il  curato  se  é  di  buona  condotta  è  amato  e  venerato, 
altrimenti  o  non  é  curato,  ovvero  deriso  ad  anche  sprezzato  ; 
ma  in  ogni  caso  anche  il  più  feroce  e  indurato  nel  delitto 
teme,  come  si  disse,  la  sua  maledizione. 

Nadin. 

Lungi  un  miglio  e  mezzo  al  sud-est  di  Skabernje,  do- 
dici miglia  da  Zara,  in  mezzo  ad  una  spaziosa  campagna  si 
presenta  il  villaggio  di  Nadin,  l'antica  Nadinium  dei  Ro- 
mani, ed  anche  Nedinum^  della  quale  si  conservano  ancor 
le  traccio.  Dalle  iscrizioni  lapidarie  risulta  che  era  colonia 
romana,  della  trihus  Claicdia^  eretta  dai  Duumviri,  Fu  an- 
noverata da  Tolomeo  tra  le  città  marittime  della  Liburnia. 
Parecchie  iscrizioni  lapidarie  furono  scoperte  nello  scorso 
secolo,  le  quali  furono  trasportate  nella  preesistita  Galleria 
Pellegrini.  Anche  di  recente  se  ne  rinvennero  alcune  nella 
pianura  dove  oggidì  giace  il  villaggio,  ed  anche  frammenti 
d'  ornato,  colonne,  e  moneto,  e  fra  quest'  ultime  un  Domiziano 
di  bronzo.  Fu  questa  città,  al  dire  de'  nostri  storici,  dai  Goti 
distrutta.  Nel  1096,  sopra  il  colle,  che  ad  oriente  dell'attuai 
villaggio  si  eleva  134  m.  sopra  il  livello  del  mare,  venne 
innalzato  un  castello  dai  Conti  Croati,  sulle  antiche  rovine 
del  Castrum  romano,  e  da  forti  muraglie  circondato.  Ma  in 
seguito  fu  anche  questo  dn  forze  nemiche  atterrato.  Giunti  i 
Veneti  in  possesso  di  queste  terre,  sopra  quelle  rovine  n'e- 
ressero un  nuovo  di  pianta,  e  come  narrano  le  nostre  cro- 
nache, il  dì  6  Marzo  1496  fu  gettata  la  prima  pietra  dal 
Vicario  di  Zara,  assistito    dai   patrizi   zaralini  Co.  Tommaso 


—  346  — 

Leon,  e  Damiano  de  Ciprianis,  dopo  che  fu  cantata  solenne 
messa  d' inaugurazione  del  nuovo  castello.  Paolo  Jovio  nel 
1.  36  della  sua  Istoria  narra,  che  Amurat  per  tradimento  del- 
l'avaro  suo  custode  s'impadronì  (1539)  di  questo  castello, 
che,  per  essere  posto  su  di  un'  alto  colle,  come  si  disse,  era 
di  grande  importanza,  poiché  serviva  di  vedetta  agli  abitanti 
del  villaggio,  i  quali  all'  avvicinarsi  del  nemico,  con  fuochi, 
con  bandiere  e  a  colpi  di  mortaretto  davano  avviso  ai  ter- 
rieri, ed  anche  ai  lontani  del  prossimo  pericolo,  onde  aves- 
sero tempo  e  modo  di  salvarsi.  1  Turchi  non  contenti  di  es- 
sersene cosi  resi  padroni  lo  smantellarono  in  parte  dopo  di 
avervi  incendiate  le  sottoposte  abitazioni.  Lo  tennero  per  molto 
tempo,  come  deposito,  e  nel  1646  vi  ediflcarono  dei  ma- 
gazzini per  custodire  gli  attrezzi  di  guerra,  e  per  conser- 
vare le  munizioni  e  le  provigioni,  onde  continuare  a  com- 
battere in  Dalmazia,  per  impossessarsi  un  giorno  di  tutta  la 
provincia.  Nel  1647  il  Provveditore  Generale  Leonardo  Fo- 
scolo, trovati  senza  presidio  codesti  edifizì,  fatte  trasportare 
le  munizioni  da  guerra  in  luogo  sicuro,  li  diede  alle  fiamme. 
Li  riedificarono  però  ancora  una  volta  i  Turchi.  Ma  final- 
mente nel  1684  vi  ritornarono  i  Veneti,  che  trovarono  e 
castello  e  villaggio  disabitato,  e  quasi  distrutto. 

Su  di  quel  colle  veggonsi  infatti  colossali  rovine  di  co- 
struzione medioevale.  La  cima  del  colle  viene  anche  al  pre- 
sente appellala  Staro  selo.  Essa  è  circondala  da  mura  assai 
antiche,  ancora  visibili  e  dalla  parte  del  sud  ancora  bene  con- 
servate, ed  in  alcuni  punti  nell'altezza  di  2  m.  Le  altre  ro- 
vine visibili  entro  il  circuito  delle  mura  sono  di  costruzione 
posteriore,  veneta  e  turca. 

Sulle  rovine  sorse  allora  un  nuovo  villaggio  di  80  case, 
ed  appena  ebbero  quegli  abitanti  un  po'  di  pace,  edificarono 
la  propria  chiesa  parochiale  e  la  dedicarono  a  S.  Antonio  di 
Padova.  V  eressero  pure  una  casa  per  abitazione  del  paroco, 
che  per  essere  sdruscila  dal  tempo,  fu  sostituita  da  una  nuova, 
fabbricata  nel   1878  a  spese  del  fondo  ecclesiastico. 

Due  pie  confraternite,  coi  loro  contributi  in  natura  e  in 
danaro,  provvedevano  al  mantenimento  della  chiesa.  Tali  e- 
rano  quella  della  B.  V.  del  Rosario  con  34  fratelli,  e  quella 
di  S.  Antonio  di  Padova  con  32  fratelli. 

Fu  un  tempo  questa  villa  parochia  decanale  della  dio- 
cesi di  Nona,  ora  è  semplice  parochia  dell'  Arcidiocesi  di 
Zara  con  224  anime  nel  Decanato  di  Benkovaz. 


—  347  — 

Eravi  in  questa  villa  un  chiostro  di  P.P.  Conventuali,  il 
quale  fu  nel   1500  distrutto. 

Serie  dei  parochi  di  Nadin. 

Luca  Sikirich         paroco  nel  1805 

Vincenzo  Supicich      „         „  1840 

Michele  Levacich        „         „  1843 

Biagio  Blasul               „         „  1863 

Giovanni  Illinich          „        „  1870 

Nicolò  Mekinic           „        „  1876 

In  antiche  scritture  trovansi  le  seguenti  famiglie  sta- 
bilite a  Nadin:  cioè  Sossich  nel  1356,  Pribislavich  nel!  391, 
Cacich  nel   1399,  Divac  nel  1450  e  Zmelich  nel  1465. 

In  scrittura  del  1541  trovasi  menzionato  Pietro  Giusti- 
niani qual  castellano    di  Nadin. 

Rastevic. 

Due  miglia  lontano  a  sud-est  di  Nadin  giace  la  villa  di 
Rastevic,  Apparteneva  anche  questa  alla  diocesi  di  Nona,  ed 
era  parochìa.  Ora  è  cappellania  esposta  dipendente  dal  De- 
canato di  Benkovac. 

L'antica  sua  chiesa  parochiale,  intitolala  a  S.  Giorgio  m. 
è  stata  eretta  in  epoca  rimota  trovandosi  nell'  aliar  laterale 
dalla  parte  dell'epistola  una  iscrizione  del  1164  con  uno 
stemma  d'antica  scultura,  rappresentante  una  mano,  che  stringe 
una  spada  di  forma  vetusta.  Venne  rifabbricata  dalle  fonda- 
menta nel  1845  a  spese  del  fondo  ecclesiastico  col  concorso 
dei  villici,  e  fu  consacrata  del  1846.  E  grande  abbastanza. 
Ha  il  campanile  alla  romana  con  due  campane.  Ha  due  altari  ; 
il  maggiore  di  marmo  dedicato  al  titolare,  il  minore  a  s.  Gio. 
Battista,  ed  ai  Re  Magi. 

Aveva  questa  chiesa  una  pia  confraternita  sotto  T  invo- 
cazione del  suo  titolare  S.  Giorgio  con  38  confrali,  i  quali 
con  redditi  in  natura  e  in  denaro  sostenevano  le  spese  ne- 
cessarie al  suo  mantenimento. 

Ha  il  suo  cimitero,  la  casa  canonica,  e  278  anime.  Ri- 
guardo alla  casa,  questa  apparteneva  alla  nobile  famiglia  de 
Felicinovich  di  Zara,  fu  comperala  dal  governo,  e  ristaurata 
ed  ampliata  a  spese   della   popolazione.    Ora  è  nel  massimo 


—  348  — 

disordine  al  pari  della  chiesa.  E  T  una  e  l'altra,  che  sono 
attigue,  furono  precinte  da  un  muro  in  calce  a  spese  del- 
l' attuale  curato.  Furono  suoi  parochi  Gregorio  Ugarcovich 
nel  1810;  Simeone  Michich  dal  1827  fino  al  1874,  il  quale 
si  ehbe  la  croce  d' oro  del  merito  con  corona  pei  lunghi  e 
meritati  servigi  in  cura  d'  anime  :  poi  per  breve  tempo  Fran- 
cesco Bellenghi,  indi  Nicolò  Mekinich  nel  1875. 

Benkovac. 

Benkovac,  capoluogo  dell'  omonimo  distretto  politico, 
giace  18  miglia  all'  est  di  Zara  nell'intersecazione  della  strada 
provinciale  Pakoscane-Karin  colla  regia  Zara-Skardona,  Zara- 
Kistanje.  Siede  sopra  un  bassopiano  alluviale,  cui  fan  corona 
due  altipiani,  Kukalj  cioè  a  nord-est,  e  Podlug  a  sud-ovest,  ed 
inoltre  quattro  colli.  Deve  il  suo  nome  a  Benkovic,  a  cui  il 
circostante  territorio  fu  dato  in  signoria  all'epoca  della  oc- 
cupazione turchesca,  e  che  vuoisi  abbia  eretto  1'  attuale  ca- 
stello sul  colle  S.  Antonio,  benché  sia  da  ritenersi  l' abbia 
piuttosto  ristaurato,  mentre  le  nostre  cronache  ne  attribuiscono 
la  primitiva  sua  fondazione  ai  Conti  Croati  nel  medio  evo. 
Come  tutto  quanto  il  territorio  zaratino-nonese  fino  a  Babin- 
dub,  cosi  anche  Benkovac  dovette  subire  il  giogo  ottomano, 
da  cui  verso  la  metà  del  secolo  decimosesto  s'  affrancò  de- 
finitivamente colla  cacciata  dei  barbari,  avvenuta  per  opera 
dei  serdari,  guidati  dall'eroico  Mocivunja,  sotto  la  direzione 
del  provveditor  generale  Corner,  che  governava  la  Dalmazia 
in  nome  della  Repubblica  veneta.  Questi,  sbaragliati  i  Turchi, 
pubblicò  un  bando,  con  cui  assicurava  la  vita  e  le  sostanze 
a  quelli  che  fossero  rimasti  in  Dalmazia,  a  condizione  però 
che  dovessero  abbracciare  la  religione  cristiana.  Del  qual 
bando  approfittava  a  Benkovac  la  sola  famiglia  turca  Atlic^ 
che  tosto  si  fece  battezzare:  ed  il  provveditore,  che  zelava 
la  propagazione  del  cristianesimo  volle  egli  slesso  assistere 
da  padrino  ai  neofiti,  ed  imponeva  ad  essi  il  diminutivo  del 
proprio  cognome  '^ Coìmei^etto „  che  i  loro  discendenti  con- 
servano a  tutl'  oggi,  sebbene  dai  contadini  si  continui  a  chia- 
marli Atlici.  Questa  è  la  pivi  antica  famiglia  della  borgata 
dopo  la  dominazione  ottomana,  a  cui  in  seguito  sì  aggiun- 
sero le  famiglie  Borin  e  Basic,  e  più  tardi  altre  ancora  come 
vedremo.  Da  queir  epoca  Benkovac  rimase  stazionaria  sino 
alla  metà  del  secolo  presente,  essendovi  memorie  scritte  che 


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in  tutto  questo  lasso  di  tempo  non  contava  più  di  30  od  al 
più  35  aijitanti 

Benkovac  cominciò  a  risorgere  dopo  fanno  1846,  in 
cui  vi  fu  stabilita  una  i.  r.  Pretura  politico-giudiziaria  col- 
r  assegnamento  di  parecchi  villaggi,  tolti  ai  distretti  di  Scar- 
dona  e  di  Zara.  Sorsero  allora  nuovi  edifizì,  vi  si  aprirono 
negozi  di  vario  genere,  ed  in  breve  tempo  diventò  Benkovac 
il  centro  principale  del  commercio  di  tutto  il  territorio  cen- 
trale. Ciò  non  basta,  dappoiché  slaccato  nel  1868  il  potere 
politico  dal  giudiziario,  questo  luogo  divenne  anche  la  sede 
del  Capitanato  distrettuale,  da  nuovo  istituito  ;  donde  nacque 
il  bisogno  di  nuove  fabbriche,  ed  un  rilevante  incremento 
di  popolazione,  in  guisa  tale,  che  dall'anno  1846  in  cui  e- 
sistevano  10  case  con  35  individui,  come  sopra  si  è  detto, 
al  presente  si  contano  invece  oltre  a  40  case,  ed  una  po- 
polazione di  circa  400  abitanti,  dei  quali  parte  impiegati, 
parte  possidenti,  negozianti,  artisti.  GÌ'  i.  r.  Uffici  che  hanno 
residenza  sono  :  il  Capitanato  distrettuale,  il  Giudizio  distret- 
tuale, l'Ufficio  d' iiijposta,  la  Commissione  d'estimo,  un  ap- 
postamento di  gendarmeria,  ed  una  colonna  mobile.  Avvi 
inoltre  l'Ufficio  comunale,  ed  una  farmacia  ecc. 

Il  commercio  d'  esportazione  consiste  principalmente  in 
vino,  granaglie,  pelli  e  sevo.  La  coltura  della  vite  viene  di 
continuo  propagata  e  riesce  a  meraviglia.  La  borgata  farà  in 
niedia  6000  ettolitri  di  vino  all'  anno. 

La  popolazione  che  è  composta  di  famiglie  giunte  dal 
Friuli,  da  Verlika.  Dernis,  Knin.  Kistanje,  Scardona,  Zara  e 
Traù,  ed  anche  dalla  Croazia,  è  cattolica  in  gran  maggio- 
ranza. L'  indole  varia  a  seconda  dell'  origine.  La  tendenza 
d'  arricchire  è  comune  a  tutti. 

La  massima  parte  delle  case,  le  quali  sono  costruite  con 
sufficiente  gusto  estetico,  giace  lungo  la  strada  regia,  dal- 
l'una  all'altra  parte  della  stessa,  in  direzione  est-ovest  con 
preferente  tendenza  verso  1'  est,  seguendo  il  declivio  del  ter- 
reno, per  cui  molte  rimangono  inondate  col  cadere  delle 
pioggie,  come  non  una  volta  è  avvenuto  ;  mentre  se  la  bor- 
gata si  estendesse  in  senso  inverso  cioè  all'ovest,  questo 
grave  inconveniente  non  si  avrebbe  a  deplorare. 

Non  è  dubbio  che,  allorquando  i  Principi  Croati  signo- 
reggiavano questo  castello,  da  loro  fondato,  il  circostante 
paese  fosse  cattolico,  ed  un  paroco  avesse  avuto,  ed  una 
chiesa;  poiché  è  certo  che  dov'essi  ponevano  lor  sede,  dopo 


—  350  — 

di  essersi  ben  muniti  e  fortificali,  erigevano  chiese,  e  pro- 
teggevano la  religione.  Nulla  però  ci  dicono  le  patrie  istorie 
di  tutto  questo  Non  v'  ha  dubbio  del  pari,  che,  impadronitisi 
i  Turchi  del  castello  e  del  paese,  avranno  fatto  man  bassa 
d'ogni  cosa,  di  persone,  di  case  e  della  stessa  chiesa:  ma 
cacciati  che  furono  i  barbari  nel  1646  dal  territorio  zara- 
tino  e  nonese,  furono  puranco  espulsi  da  Benkovac,  come 
abbiamo  di  sopra  narrato^  e  la  sola  famiglia  neoconvertita 
Corneretto-Atlic  cominciò  a  formare  una  nuova  comunità 
cristiana,  cui  si  associarono  successivamente  le  altre  due 
Borin  e  Basic.  Non  essendovi  però  né  chiesa  né  paroco,  furon 
questi  da  principio  assistiti  spiritualmente  dai  frati  di  Perusic, 
parochia  che  dista  pochissimo  da  Benkovac,  coi  quali  ebbero 
comuni  per  qualche  tempo  la  chiesa  e  il  cimitero,  fino  a  tanto 
che  la  famiglia  Borin  eresse  nel  1743  una  cappella  in  onor 
di  S.  Antonio  sul  colle  di  tal  nome,  a  ridosso  della  cinta 
del  castello,  ed  a  fianco  della  propria  abitazione.  E  questa 
cappella  un  quadrilatero  della  dimensione  di  m.  7.30  per  4.80. 
Ha  un  campanile  alla  romana  con  due  campane,  una  delle 
quali  appartiene  alla  diroccata  chiesa  di  Kulatlagic.  E  illu- 
minata di  fronte  da  una  finestra  circolare,  e  da  due  oblunghe. 
e  dal  lato  destro  da  una  semicircolare.  E  coperta  di  tegole, 
ed  è  soffittata  di  tavole  dipinte  ad  olio.  Nell'interno  ha  un 
altare  di  pietra,  tutto  inverniciato,  con  pala,  di  meschino  pen- 
nello, e  guasta  dall'  umidità,  rappresentante  la  Vergine  col 
divin  figlio,  e  con  S.  Antonio  di  Padova,  e  S.  Gio.  Nepo- 
muceno  ai  lati.  Nella  base  dell'altare  v'è  la  seguente  iscri- 
zione, che  ricorda  il  suo  fondatore  Giovanni  Borin: 

Altare  in  honorem  Dei  ac  D.  Antonii  Pai.  j^ietas   erexit  ; 

Viventihus    Ill.mo  E jdo    Nechich.    Pietro   Lisica  capellano 

ac  Johanne  Borino^  fundatore.  Anno  1143. 

Questa  cappella  aveva  comunicazione  una  volta  coli'  attigua 
casa  Borin  mediante  un  uscio  praticato  dal  lato  destro  della 
cantoria,  il  quale  ora  è  murato.  Servì  dessa  da  chiesa  cu- 
raziale  sino  a  quest'  ultimi  tempi,  cioè  fino  al  1865,  in  cui 
venne  aperta  la  chiesa  nuova,  di  cui  parleremo  in  appresso. 
Al  presente  vi  si  celebra  qualche  messa  fra  l'anno  e  nella 
festività  del  titolare.  Nel  1860  le  venne  aggiunta  una  pic- 
cola sagrestia. 

Mentre  si  slava  erìgendo  questa  chiesetta,   il  suo    fon- 
datore Borin  ottenne  dal  Vescovo  di  Nona  Tommaso  Nechich 


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un  cappellano  nella  persona  di  Pietro  Lisica,  e  lo  dotava  di 
beni  fondi,  sufficienti  al  sostentamento  di  lui  e  dei  suoi  suc- 
cessori. Per  tal  guisa  venne  fondato  il  benefìcio  curaziale,  il 
quale  scomparve  però  in  seguito,  poiché  in  assenza  del  cu- 
rato venne  in  parie  usurpato,  ed  in  parte  annesso  alla  chiesa. 

Se  al  cappellano  Lisica,  venuto  nelfanno  1743,  suc- 
cedessero immediatamente  altri  cappellani,  oppure  ritornas- 
sero i  Benkovcani  sotto  la  cura  dei  frati  di  Perusic  non 
consta  positivamente;  ma  è  però  molto  probabile  quest'ul- 
tima supposizione,  poiché  la  tradizione  non  porta  fra  il  Lisica 
ed  il  Gerskovic  altri  cappellani.  Circa  Tanno  1820  venne 
destinato  a  cappellano  il  Gerskovic,  e  vi  rimase  fino  al  1840. 
Succeduta  la  riorganizzazione  delle  parocchie  in  Dalmazia, 
Benkovac  veniva  innalzata  a  parochia,  per  cui  le  furono 
unite  sei  famiglie  cattoliche  di  Kulatlagic,  che  per  lo  innanzi 
erano  sotto  la  cura  di  Korlat,  ed  inoltre  il  villaggio  di  Sopot, 
ambidue  poco  distanti  da  Benkovac.  In  seguito  alla  quale 
unione  i  Parochi  di  Benkovac  erano  incaricati  di  celebrare 
una  seconda  messa  nei  dì  festivo-dominicali  nella  cappella 
di  S.  Pietro  a  Kulatlagic;  obbligo  da  cui  vennero  sciolti  da 
circa  30  anni,  pel  crollo  del  tetto  e  d' una  parte  dei  muri 
della  medesima. 

Seguono  in  ordine  cronologico  i  cappellani  e  gli  ammi- 
nistratori parochiali,  che  si  succedeUero  dal    1743  al   1862. 

Pietro  Lisica,  cappellano dal  1743- 

Giovanni  Gerskovic  da  Sale „  1820-1840 

Simeone  Michich  parroco  di  Bastevic  suppl.  „  1840-1842 

Simeone  Profazza  da  S.  Eufemia  amm.  par.  „  1842-1844 

Simeone  Michich  da  Sale  come  sopra     .     .  „  1844-1847 

Vincenzo  Merchizza  da  Scardona  amm.  par.  „  1847-1848 

Simeone  Michich,  come  sopra  supplente       .  „  1848- 

Giovanni  Bevilaqua  da  Zara  amm.  par.  .     .  „  1848-1849 

Simeone  Michich,  come  sopra  supplente       .  „  1849-1850 

Francesco  Zvetich  da  Segna,  amm.  par.      .  „  1850-1854 

Simeone  Michich,  come  sopra  supplente       .  „  1854-1858 

P.  Carlo  Saric,  amm.  par.  di  Perusic,  suppl.  „  1858-1859 

Biagio  Blasul  da  Cale,  amministr.  par.     .     .  „  1859-1862 

Se  non  che  trovandosi  i  curati  di  Benkovnc,  come  la 
maggior  parte  dei  curati  della  provincia,  mal  provveduti  col 
tenue  supplemento    di    congrua,  che   percepiscono  dal  fondo 


~  ai52  — 

ecclesiastico,  la  Comune  conoscendo  essere  questa  la  cuusa 
principale  dell'  assenza  del  curalo,  venne  nella  determinazione 
d' istituire  una  scuola  comunale,  e  di  affidare  V  istruzione  e 
r  educazione  dei  fanciulli  al  curato  da  nominarsi,  onde  così 
porlo  in  condizione  di  poter  sopperire  ai  bisogni  della  vita, 
fissando  a  tal  fine  T importo  di  fior.  250  e  parte  dell'inden- 
nità d'alloggio;  importo  che  unito  ai  fior.  210,  quale  sup- 
plemento di  congrua  formava  una  somma  di  fior.  500.  Sotto 
questa  condizione  vi  \enne  destinato  ad  amministratore  pa- 
rochiale  e  maestro  il  rev.  don  Biagio  Blasul  nelf  anno  1859, 
a  cui  in  settembre  del  1862  e  sotto  le  medesime  condizioni 
succedeva  l'attuale  paroco   don  Giovanni  Mottussich. 

L'anno  1863  si  dava  mano  all'erezione  della  canonica 
e  della  nuova  chiesa  parochiale,  la  cui  spesa  complessiva  di 
fior.  17.000  fu  dal  fondo  ecclesiastico  sostenuta.  La  chiesa 
ultimata  nell'  anno  successivo  1864,  fu  benedetta  solenne- 
mente V8  settembre  1865  dall'Arcivescovo  Pietro  Maupas, 
in  onor  della  Natività  di  Maria  Vergine.  E  posta  in  centro 
della  borgata,  in  capo  della  sottoposta  piazza,  eh'  è  di  pro- 
prietà della  chiesa  stessa  per  la  cessione  regolare  fattale  dal 
e.  r.  Demanio  con  pubblico  istrumento  dei  23  febbraio  1871. 
La  sua  forma  è  a  croce,  nel  cui  centro  s' innalza  una  cu- 
pola ottangolare  di  13  m  d'altezza  con  otto  fori  circolari, 
e  munita  nella  sommità  d'  una  croce  di  ferro.  La  dimensione 
complessiva  della  chiesa  è  di  m.  18.10  per  5.35,  non  com- 
prese le  due  braccia.  L'interno  è  fabbricato  a  volto  reale, 
coperto  dì  tegole,  ed  è  selciata  con  pietra  regolare.  Non  vi 
sono  altari  laterali,  ma  nel  lato  destro  v'  è  un  crocefisso,  nel 
sinistro  un  quadro  della  Vergine,  avuto  in  dono  dal  Ponte- 
fice Pio  IX  a  mezzo  di  S.  E.  1'  Arcivescovo  nostro.  Due  di- 
pinti, l'uno  di  stile  bizantino,  rappresentante  la  Madonna,  e 
r  altro  la  natività  del  Signore,  ed  inoltre  una  Via-Crucis, 
adornano  le  pareti  laterali.  Dalla  navata,  a  mezzo  di  due 
gradini,  si  ascende  nel  presbitero,  separato  da  essa  mediante 
una  balaustrata  di  legno  inverniciato.  In  mezzo  ad  esso,  sotto 
un  arco  che  il  divide  dalla  sagrestia,  s' innalza  sopra  due 
gradini  il  maggior  altare,  costrutto  di  pietra  levigata,  tes- 
selata  in  marmo,  con  eguale  custodia  peli' eucaristia,  e  colla 
pala  della  titolare,  di  nessnn  valore  artistico.  Dietro  l'altare 
v'è  la  sagrestia,  di  forma  circo!  re,  e  col  suo  corredo  ne- 
cessario. Questo  altare  è  stato  edificato  a  spese  dei  due  fab- 
bricieri e  benefattori  Antonio  Corneretto  e  Nicolò  Dapar,  il 


—  353  — 

che  è  dimostralo  dalla  seguente  iscrizione  scolpila  in  marmo 
dietro  il  medesimo: 

D.    O.    M.    D.    V.    M. 

ANTONII    .    CORNERETTO 

ET      .     NICOLAI     .      DAPAR 

PIETAS 

ALTARE    .    HOC    .    DICAVIT 

A.    D.    MDCCCLXIX. 

La  chiesa  è  hene  illuminata,  e  forse  anche  troppo  illu- 
minata per  la  sua  limitata  dimensione,  entrandovi  la  luce  per 
15  fori  di  varia  grandezza. 

Il  campanile  la  cui  hase  fu  edificata  assieme  al  corpo 
della  chiesa,  venne  condotto  a  termine  nel  1869  col  gene- 
roso sussidio  avuto  da  S.  M.  1.  R.  A.  il  munificentissimo  im- 
peratore nostro  Francesco  Giuseppe  L  Fabbricato  a  guisa  di 
torre,  s'  erge  alP  altezza  di  20  metri  avendone  2  nella  base  ; 
è  in  due  ordini  diviso,  il  secondo  dei  quali,  ove  son  collo- 
cale tre  armoniose  campane,  è  lavorato  in  pietra  battuta,  e 
finisce  in  un  castelletto  ottangolare,  a  cui  sovrasta  una  pi- 
ramide con  croce  e  parafulmine.  Sulla  facciata  occidentale 
del  medesimo  si  legge  scolpita  in  marmo  la  seguente  iscri- 
zione, che  ricorda  il  benefattore: 

FRANCISCO    .   JOSEPHO   .   I 

AVSTRIAE    .    IMPERATORI    .    AVG. 

CVIVS  .  DIVITE  .  LARGITIONE 

HAEC    .    TURRIS    .    A.    MDCCCLXIX    .    AEDIFICATA 

MVNICIPES    .    CATHOLICI 

GRATI     .     ANIMI     .     MONVM. 

P. 

Elegante  è  la  forma  della  chiesa,  ma  è  dessa  ormai  di- 
venuta angusta  ed  insufficiente  alla  sempre  crescente  popo- 
lazione della  borgata.  È  provveduta  a  sufficienza  di  sacri 
arredi,  fra  i  quali  sono  degni  di  menzione  un  velo  umerale 
ed  una  pianeta  di  raso  bianco  con  ornamenti  di  seta  e  d'  oro, 
un  messale,  un  calice  con  patena  e  due  candelieri  d'argento^ 
donali  a  mezzo  dell'  arcivescovo  nostro  dal  Pontefice  Pio  IX  ; 

33 


—  354  — 

un'  elegante  ostensorio,  un  leggio  ed  un  piviale  di  color  vio- 
leto,  donato  da  S.  M.  l'Imperatore,  una  reliquia  della  S.  Croce 
con  ostensorio,  lavorato  a  filigrana,  donato  da  S.  E.  l'Arci- 
vescovo nostro,  ecc. 

A  sud-est  dalla  parte  sinistra  della  chiesa  è  situata  la 
Canonica  alla  distanza  di  10  m.  dalla  medesima.  La  sua  di- 
mensione è  di  m.  13  per  10.  E  abbastanza  comoda  e  bene 
conservata.  Attiguo  alla  canonica  è  un  orto,  cinto  di  muro, 
svegrato  e  piantato  d'  alberi  fruttiferi  per  cura  ed  a  spese 
dell'  attuale  paroco  Mottussich. 

La  parochia  di  Benkovac  fino  al  1869  faceva  parte 
del  decanato  di  Novegradi,  e  con  Decreto  18  ottobre  di  quel- 
r  anno  venne  dal  Rev.mo  Ordinariato  Arcivescovile  innalzata 
a  parochia  decanale,  con  un  distretto  in  lunghezza  da  Smilcic 
a  Ervenik,  e  in  larghezza,  da  Medvidje  a  Vrana  con  5  parochie, 
che  sono  Nadin,  Vrana,  Perusic,  Medvidje  ed  Ervenik  e  9 
curazie,  Smilcic  cioè,  Korlat.  Rastevic,  Podgradje,  Lepuri, 
Popovic,  Rodaljice,  Nunic  e  Kistanje,  alle  quali  si  aggiunsero 
col  principio  delT  anno  corrente  Pristeg  e  Radosinovac. 

La  borgata  ha  una  scuola  popolare  regolare  maschile, 
istituita  neir  anno  1860,  frequentata  in  media  da  80  fanciulli, 
che  v'intervengono  dai  villaggi  di  Benkovac,  Bukovic,  Sopot, 
e  Podlug  formanti  questo  raggio  scolastico.  L' attuale  paroco 
Mottussich  ne  fu  maestro  dirigente  dall'anno  1862  fino  al  1872, 
in  cui  andò  egli  a  cessare,  in  seguito  al  nuovo  piano  d'  i- 
struzione. 

Korlat  e  Kulataglió. 

A  maistro  di  Benkovac,  due  miglia  distante  trovasi  la 
località  di  Korlat. 

Era  questo  un  antico  castello  dei  conti  Croati  Korlato- 
vich,  secondo  il  Frescot,  e  perciò  anche  Korlatovich  in  ori- 
gine si  denominava.  Fu  questo  uno  dei  primi  luoghi,  che  fu 
preso  ed  atterrato  dai  Turchi  nelle  prime  loro  incursioni. 
Nel  1651  lo  Smiglianich  coi  suoi  morlacchi  avendo  circui- 
to presso  questo  luogo  5000  Turchi  quasi  intieramente  li 
distrusse.  Ridotto  a  villaggio  s'ebbe  il  nome  abbreviato  di 
Korlat. 

Era  un  tempo  parochia  della  fu  diocesi  di  Nona  ;  ora 
è  cooperatura  esposta  di  Nadin,  ed  appartiene  al  decanato 
di  Benkovac. 


-  355  ^ 

La  chiesa  principale  è  dedicata  alla  B.  V.  Assunta.  E 
posta  sulla  sommità  d' un  colle,  un  miglio  lontana  dalle  case 
del  villaggio,  il  quale  conta  227  anime. 

Eravi  in  questo  villaggio  un  torrione  turco,  che  or  più 
non  esiste. 

Sulla  cima  d"*  una  collina,  poco  distante  da  Korlat  si 
ravvisano  diverse  antiche  muraglie,  delle  quali  alcune  lavo- 
rale diligentemente  in  pietra,  ciocché  fa  conoscere  essere 
stata  quella  una  ricca  abitazione  d' un  signore  turco  di  nome 
Ataglic,  per  cui  a  quella  località  è  rimasto  il  titolo  di  Kula 
Ataglic^  cioè  abitazione  di  Ataglic. 

In  quest'ultima  località  v'è  una  chiesa  dedicata  a  s. 
Pietro  ap.  eh' è  cadente,  ed  una  cappella  intitolala  al  dottor 
s.   Girolamo. 

Fra  i  suoi  curati  sono  da  annoverarsi  Gregorio  Matak 
nel  1827,  Michele  Levacich  nel  1848,  Simeone  Michich  nel 
1865,  Lodovico  Peterle  nel  1866,  Ferdinando  Vicario  nel 
1870,  Gregorio  Locica  nel  1876,  e  Giuseppe  Mattiazza  nel 
1878. 

Feruàic. 

Poco  lungi  da  Benkovac  giace  verso  il  sud  la  villa  dì 
Peritsic.  Prese  il  nome  da  un  castello,  di  cui  si  riconoscono 
ancor  le  Iraccie,  fabbricato  su  d' una  collina  che  domina 
una  bella  campagna.  Apparteneva  alla  provincia  dell'  ungarico 
banato,  ed  aveva  il  proprio  conte. 

Oltre  a  questo  castello  ve  n'erano  altri  cinque,  vicini 
al  medesimo,  cioè  quello  del  voivoda  Cosutis^  e  quelli  di 
Podlug^  Ottaqac^  Ceranje  e  Miranje  e  lutti  avevano  il  suo 
castellano  ovverosia  conte.  Tutti  esistevano  l'anno  1514, 
come  consta  dagli  alti  di  sacra  visita,  fatta  in  codest'anno 
dall'  arciprete  Marcantonio  Raimondo,  zaratino,  vicario  ge- 
nerale del  vescovo  di  Nona  Giorgio  Difnico  :  Castellani  de 
Perussich  (eccone  le  parole)  olim  super  monticellum  dic-^ 
tum  Birhir^  inter  confines  Diocesis  Nonensis  et  Scardonensisj 
congregabantur^  et  unionem  ac  jiidicium  vocahant  Stol  il- 
lius  regionis^  et  hoc  anno  Christi  MDXIV  dictos  castel- 
lanos  cognovi.  Non  si  sa  di  certo  quando  il  castello  di  Pe- 
russich cogli  altri  cinque  sunnominati,  e  colle  rispettive  lor 
ville  sieno  slati  distrutti;  credesi  però  che  ciò  sia  avvenuto 
nella  incursione  turchesca  del  1546.  Si  sa  poi  di  certo  che 


—  356  — 

nel  1684  furono  cacciati  i  Turchi  da  Perussich,  e  che,  con- 
chiusa poco  dopo  la  pace  tra  il  Veneto  e  l' Ottomano,  gli  abi- 
tatori di  que'  luoghi  si  ricondussero  ai  lor  antichi  focolari, 
con  a  capo  i  frati  francescani  bosnesi,  che  dall'arcivescovo 
nostro  e  dal  Senato  furono  approvali  in  qualità  di  loro  pa- 
stori spirituali.  Essi  sulle  antiche  rovine  rialzarono  i  loro 
abituri,  ristabilirono  il  villaggio  di  Perusic,  e  vi  edificarono 
una  chiesa  alla  B.  V.  Assunta  :  resero  pure  abitabile  l' an- 
tico Podliig\  formarono  una  nuova  villa,  che  intitolarono 
Lislcicj  ed  inoltre  quella  di  Podgradje^  ove  fabbricarono 
un'  edicola  allo  Spirito  Santo,  ed  ancora  quella  di  Lepuri^ 
in  cui  edificarono  una  chiesuoletta  a  s.  Martino.  Tutti  questi 
villaggi  rimasero  soggetti  a  quello  di  Perusic,  e  dipendenti 
dalla  giurisdizione  del  vescovo  di  Nona.  In  tal  modo  la 
parochia  di  Perusic  abbracciava  a  quel  tempo  le  ville  di 
Podlug,  Lisicic,  Podgradje  e  Lepuri. 

Divenuta  in  seguito  padrona  di  Perusic  la  famiglia  dei 
Conti  Possedaria,  intorno  al  1690  vi  fabbricarono  in  quel 
sito  una  palazzina  con  torre^  chiesa  e  castello  murato  per 
loro  uso  e  per  propria  difesa  ;  tutt'  i  quali  edifizì  esistono 
anche  al  presente  assieme  alla  casa  parochiale  pei  religiosi 
che  vi  esercitano  la  cura  d'  anime. 

Tutte  le  tre  summentovate  chiese  sussistono  presente- 
mente, e  tutte  e  tre  con  battistero. 

La  parochia  con  Lepuri  e  Podgradje  consta  di  857  anime. 

11  diritto  di  presentazione  del  paroco  spelta  al  convento 
di  Garin,  che  per  V  addietro  lo  presentava  al  vescovo  di 
Nona,  ora  all'Arcivescovo  di  Zara,  che  ha  il  diritto  di  ap- 
provarlo, 0  respingerlo,  se  non  è  idoneo. 

Serie  dei  parochi  di  PeruSic. 

P.  Giovanni  Camber  M.  0.  paroco    nel  1827 
Michele  Surcalo      „     „    cappell.    „       id. 
Carlo  Sarich  „     „    paroco     „    1842 


5^  Giacomo  Zizich       „    „        ,,  „    1864 


Antonio  Seguich     „    „         ^         „    1867 
Matteo  Ljubic  ^    „         ,,         „    1869 


Le  località  aggregate  a  Perusic,  sono,  come  si  disse, 
le  seguenti  :  Lepuri,  Lisicic  e  Podgradje,  delle  quali  ora 
parleremo. 


—  357  -~ 

Podgradje. 

Il  casìile  di  Podgradje  è  distante  un  miglio  da  Perusió, 
tre  da  Benkovaz.,  dodici  da  Nadin^  e  ventisette  da  Zara. 
Fii  così  denominato  perchè  posto  appresso  di  una  città,  quasi 
però  del  tutto  scomparsa.  Esisteva  qui  infatti  anticamente 
una  città  romana,  sottoposta  al  colle,  su  di  cui  s^  innalza  la 
chiesa  curaziale  di  s.  Spirito.  Dalle  iscrizioni,  sotterra  rin- 
venute dai  paesani,  si  rileva  essere  stata  questa  città  T  -45- 
seria  di  Plinio,  e  T  Assesta  di  Tolomeo.  Di  essa  nulF  altro 
esiste  di  presente  se  non  che  gli  avanzi  della  sua  rocca 
(Castruirì)  le  cui  mura,  che  cingono  un  immenso  deposito 
di  antichità  sepolte  dalle  rovine,  sono  senza  dubbio,  a  detta 
dei  nostri  archeologi,  le  meglio  conservate  di  quante  ve  ne 
hanno  in  Dalmazia,  e  praticandovi  degli  scavi,  offrirebbono 
ricchissimo  materiale  per  lo  studio  delle  nostre  antichità.  La 
forma  di  cotesta  rocca  è  un  poligono  oblungo,  di  cui  il 
circuito  è  di  3600  piedi  romani.  I  muri,  in  alcuni  punti,  alti 
fino  a  10  piedi,  sono  edificati  con  pietre  di  grande  dimen- 
sione, diligentemente  lavorate  a  bugno.  Lo  spessore  dei  me- 
desimi arriva  fino  ad  otto  piedi.  Vi  sono  indizi  d'  una  porla 
arcuata^  coperta  però  dalle  rovine,  e  d'  un'  altra  ancora,  la  cui 
esistenza  si  arguisce  da  una  cavità,  alquanto  profonda.  Dentro 
vi  si  scorge  fra  le  macerie  un  bastione,  che  accenna  benissimo 
all'architettura  militare.  V  è  anche  un  sotterraneo  della  lunghezza 
di  passi  250  circa,  lastricato  con  embrici  romani,  che  forse 
avrà  servito  di  conduttore  d' acqua.  Molte  monete  antiche 
d'  oro,  d'  argento,  e  di  bronzo  si  rinvennero  negli  scavi,  pra- 
ticati in  diversi  siti,  in  varie  epoche.  Nel  1777  se  ne  raccolsero 
più  di  tremila  dal  Provveditore  generale  Giacomo  Gradenigo. 
Anche  di  recente  se  ne  scopersero  alcune  del  romano  e  del 
greco  impero.  Nei  terreni  sottostanti  alla  rocca  furono  scavate 
nel  1760  tre  lapidi  romane  colle  seguenti  iscrizioni: 

I 

FLAV    .    GRATIANUS    .    PIVS    .    FELIX    .    VICTOR   .  TRIVMPHATOR 

SEM    .    AVGVSTVS    .    PONT    .    MAXIM  . 

II 

PONT    .    FELICIS    .    NOM    .    GRATIANI    .    IN    VSVM    .    SENATVS 

AC    .    POPVLI    .    ROM    .    CONSTRVI    .    DEDIC    .    JUSSERVNT 

DNI    .    NRI    .   IMP    .    CAESAR    . 

III 
COLON    .    ROM    .    DIL    .    ASS    • 


—  358  — 

La  prima  delle  quali  è  onoraria,  e  dedicata  all'  impera- 
tore Graziano.  Doveva  servir  di  base  a  qualche  statua  e- 
retta  in  dì  lui  onore.  La  seconda  si  riferisce  ad  un  edifizio 
monumentale,  fabbricato  ad  uso  pubblico;  forse  un  ponte, 
una  basilica.  La  terza  ci  fa  conoscere  che  Asseria  era  Co- 
lonia Romana. 

Oltre  a  ciò  fu  di  recente  trovata  in  Asseria  un'  ara 
votiva,  e  trasportata  a  Lisicic,  ed  immurata  in  casa  di  Su- 
dan Jadre  q  m  Doimo.  I  suoi  caratteri  sono  dell'  epoca  mi- 
gliore. 

Plinio  fa  menzione  degli  Asseriati  e  li  appella  col  ti- 
tolo di  Immimes  Asseriates^  donde  si  deduce  che  dovevano 
aver  goduto  grandi  privilegi,  e  fra  questi  quello  dell'  ammi- 
nistrazione interna  autonoma. 

Il  casale,  che  attualmente  trovasi  a  Podgradje,  è  ag- 
gregato a  Perusic.  Ha  100  anime  incirca,  ed  una  chiesa  sul 
colle,  dedicata  allo  Spirito  Santo. 

Un  chiostro  di  cavalieri  Templari  vi  esisteva  in  pas- 
sato, il  quale  si  trova  estinto  nel  1204.  Un'altro  ve  n'era, 
abitato  dai  padri  Predicatori  con  chiesa  in  onor  di  s.  Paolo. 
Questo  fu  distrutto  nel  1352  dai  Conti  di  Bribir. 

Abbiamo  sotto  gli  occhi  un  documento  datato  a  Pod- 
gradije  il  giorno  14  Settembre  1428  con  cui  i  conti  e  i  giu- 
dici della  Luka  misero  in  possesso  di  alcuni  terreni  esistenti 
nella  villa  di  Braschievich  il  P.  Guardiano  di  S.  Francesco 
di  Zara. 

Lepuri. 

Il  villaggio  di  Lepuri  è  annesso,  come  Podgradje,  alla 
parochia  di  Perusic.  Ha  200  anime  con  chiesa  dedicala  a 
s.  Martino,  nel  cui  cimitero  sonovi  lapidi  sepolcrali  con 
emblemi. 

Vi  sì  trovano  muraglie  da  fortezza  sopra  1'  acqua  No- 
vak^ ed  un  torrione  mezzo  diroccato.  Si  rinvennero,  nel 
dissodar  la  terra,  monetine  d' argento  di  Colomanno,  delle 
quali  il  solo  Pere  Paulovic  ne  possiede  duemille. 

Lisicic. 

È  pure  aggregala  a  Perusic  la  località  di  Lisicic.  Ha  230 
anime,  con  chiesa  relativa. 


359 


Pristeg. 

Tre  miglia  distante  da  Podgradje  verso  scilocco  tro- 
vasi il  villaggio  di  Pristeg,  E  menzionato  in  scrittura  del 
1405,  da  cui  rilevasi,  che  una  torre  triangolare  anticamente 
vi  esisteva,  della  quale  non  si  riscontrano  oggidì  che  le 
sole  vestigia. 

Fu  un  tempo  parochia,  trovandosene  memoria  negli  atti 
delle  sacre  visite  dal  1700  in  poi.  Dopo  la  sistemazione 
dell'  arcidiocesi  divenne  cappellania  esposta  della  parochia 
di  Vrana  nel  Decanato  di  Zaravecchia,  ed  ha  288  anime., 
mentre  assieme  con  Ceranje  nel  1754  ne  avea  215. 

La  sua  chiesa,  fabbricata  nel  1670  dai  parochiani,  è 
intitolata  a  S.  Francesco  d'  Assisi.  V  è  inoltre  una  cappella 
eretta  dai  villici  intorno  al  1750  in  onor  di  San  Nicolò. 

Aveva  questa  parochia  una  confraternita  sotto  il  patro- 
cinio di  S  Francesco,  composta  di  40  soci,  con  rendite  di 
terreni,  le  quali  servivano  alle  occorrenze  della  chiesa.  Fu 
soppressa  nel  1808. 

Serie  dei  parochi  e  dei  cappellani  di  Pristeg. 

Natale  Cimerà          paroco  nel  1730 

Simeone  Stampalia        „  „  1762 

Matteo  Telesmanich      „  „  1771 

Giorgio  Torich              „  ,,1815 

Tommaso  Bozin            „  „  1820 

P.  Costantino  Banjes  M.  0.  „  1848 

Nicolò  Fabianich             „  „  1851 

Stefano  Marcovich  cappellano  „  1865 

Giuseppe  Kerstich           „  „  1869 

Domenico  Bujacich         ,,  „  1878 

Radosinovao. 

Alla  distanza  di  tre  miglia  al  sud  di  Pristeg  è  posta 
la  villa  di  Radosinovac,  È  questa  villa  il  confine  dell'  arci- 
diocesi  di  Zara  dalla  parte  di  scilocco. 

Questo  antico  villaggio  aveva  il  suo  paroco  nello  scorso 
secolo,  essendovi  di  esso  menzione  nelle  visite  diocesane 
dal  1700  in  poi.  Nel  1851  fu  ridotto  a  cappellania  di  Vrana 
dipendente  dal  Decano  di  Zaravecchia. 


—  360  — 

La  sua  chiesa  primaria,  ha  per  patrono  e  titolare  s. 
Antonio  di  Padova^  e  fu  edificala  dai  villici.  V  è  pure  un 
edicola  in  onor  di  s.  Catarina  nella  località  di  Budak,  che 
segna  il  confine  delle  due  diocesi. 

(?•'  era  nel  1808  una  confraternita  sotto  gli  auspici  di 
s.  Antonio  Patavino,  formata  da  40  confrali  con  rendite, 
che  servivano  al  soslentamento  della  chiesa. 

Casnli  annessi  a  questo  villaggio,  sono  Z)o6rat;o^a  (Ac- 
quabuona)  così  appellata  per  una  ricca  sorgente  d' acqua, 
che  scaturisce  dai  luoghi  vicini,  ed  irriga  i  suoi  fecondi 
terreni  ;  ed  inoltre  Skorobic^  una  volta  villaggio,  rammentato 
in  scritture  del  1456. 

Radosinovac  aveva  nel  1754  abitanti  224,  mentre  al 
presente  non  ne  conta  che  217. 

Serie  dei  parochi  e  cappellani  di  Radosinovac 

Giacomo  Levacich      paroco  nel  1718 

Giovanni  Pedissich  ,,  „  1737 

Giuseppe  Tollich  „  „  1760 

Vito  Bacchinich  „  ,,  1771 

Pietro  Torich  da  Vergada  „  1815 

Matteo  Pestich  „  „  1830 

Giovanni  Rakuin     cappellano  «  1852 

Simeone  Gulam  „  „  1876 

Vrana. 

Lungi  due  miglia  da  Radosinovac  a  ponente,  ed  a  mezza 
strada  fra  Zara  e  Sebenico,  giace  Vra7ia^  presso  la  sponda 
settentrionale  del  lago  omonimo.  Appellata  dagli  antichi  Au- 
rana^  Aurania.  Laurana^  ed  anche  Arausona^  e  dagli  slavi 
Lovrana^  Brana  e  Vrana^  fu  un  tempo  borgata  di  non  lieve 
importanza,  ed  anche  famoso  castello.  Era  ivi  dapprima  un 
convento  di  religiosi  benedettini  con  chiesa,  dedicata  a  san 
Gregorio,  *)  che  da  Zvonimiro.,  re  di  Croazia^  furono  donati 
nel  1076  a  Papa  Gregorio  VII.  affinchè  ne  facessero  uso  i 
suoi  Legati  nel  loro  passaggio  per  queste  parti.  Narrano  le 
patrie  cronache,  che  furono  donati  al  prefato  pontefice  as- 
sieme al  loro  ricco  tesoro  :  cum   capsa    argentea    reliquias 


'}  Non  a  S.  Giorgio,  come  alcuni  erroneamente  hanno  scritto. 


—  361  — 

corporis  ejusdem  B.  Gregorii  continente^  *)  cum  duabus  cru- 
cihiis^  cum  calice  et  patena^  cum  duabus  coronis  aureis^ 
gemmis  ornatis^  cum  evangeliorum  textu  ex  argento^  cum- 
que  omnibus  suis  mobilibus  bonis^  ut  S.  Petri  legatis  sit 
semper  ad  hospitium^  et  omnino  in  potestate  eorum:  e  col- 
r assegno  inoltre  di  duecento  bisanti  d'oro  da  pagarsi  an- 
nualmente alla  S.  Sede.  Nel  1138  Bela  II  donò  il  convento 
colle  terre  sottoposte  ai  Cavalieri  templari,  ed  Alessandro  III 
ne  confermò  la  regale  donazione  con  Bolla  spedita  T  anno 
1168  a  Gerardo  arcivescovo  di  Spalato.  Sdruscito  dal  tempo, 
essi  lo  ristaurarono  nel  1190^  e  dappresso  vi  eressero  un 
ben  munito  castello  per  propria  difesa  contro  qualsiasi  ne- 
mica incursione.  Salirono  col  tempo  ad  alto  grado  di  potere 
e  dovizia,  e  signori  divennero  di  più  altre  castella  in  Dal- 
mazia e  Croazia.  E  prova  ne  sia,  che  Bernardo,  arcivescovo 
di  Spalato,  col  tesoro  che  essi  possedevano  a  Vrana,  pat- 
tuiva coi  Gaetani  (di  Gaeta)  un  soccorso  di  dieci  galere  a 
favore  dei  Zaratini  contro  i  Veneziani.  Ebbero  essi  posse- 
dimenti non  solo  a  Vrana,  ma  benanco  a  Nona,  a  Ljuba,  a 
Obbrovazzo,  a  Podgradje,  a  Sebenico,  e  perfino  nella  cam- 
pagna di  Zara,  con  un  magnifico  tempio^  dedicato  a  S.  Elia, 
di  cui  si  ravvisano  tuttavia  le  traccie.  Avevano  in  provincia  i 
loro  vassalli;  non  servivano  ad  alcun  signore,  ma  si  mettevano 
sotto  r  apparente  protezione  soltanto  di  chi  governava  il  resto 
della  Dalmazia.  Avevano  per  loro  capo  un  Priore,  il  quale  risie- 
deva a  Vrana  e  dipendeva  dal  Maestro  Generale  d'  Ungheria  :  il 
che  è  provato  da  un'  istrumento  di  convenzione  stipulato  nel 
1217  tra  esso  e  i  monaci  benedettini  di  Tkon,  in  cui  si  legge 
quanto  segue:  Anno  Christi  MCCXVII  ego  Frater  Pontius  de 
Cruce  humilis  Magistei'  Militiae  Templi  per  Hungariam  et 
Sclavoniam^  et  Locibmtenens  regiusin  Croatia  et  Dalmatia, 

Serie  dei  Priori  Templari  di  Vrana. 

Gualterio  di  cui  è  memoria  in  documento  del  1194 

Vitalino  ,^  „ 

Dessa  Spingaroli,  zaratino 

Cernolo  de  Botono      „ 

Madio  Paleologo  „ 

Mirco  de  Grubogna     „ 


95 

n 

1206 

W 

n 

1240 

5^ 

» 

1254 

9? 

V 

1272 

» 

?) 

1290 

♦}  Forse  queUa  cassetta  d'  argento,  che  ora  si  venera  nel  Santuario  della 
chiesa  delle  nìonache  benedettine  di  S.  Maria,  la  qaal  cassetta  racchiude  una 
reliquia  di  S.  Gregorio  Papa,  che  vi  e  effigiato  frammezzo  un  re  ed  una  regina. 


—  362  — 

Aboliti  in  tutta  la  cristianità  i  Templari  Y  anno  1311 
nel  Concilio  ecumenico  di  Vienna  in  Francia,  perchè  ave- 
vano totalmente  devialo  dalla  primitiva  loro  istituzione,  il 
decreto  relativo  di  soppressione  venne  puranco  intimato  agli 
arcivescovi  di  Zara  e  di  Spalalo  con  ordine  di  far  sollen- 
trare  i  cavalieri  di  Rodi,  detti  anche  Gioanniti,  ossia  di  san 
Giovanni  di  Gerusalemme.  Qual  ne  fosse  T  esecuzione  data 
alle  Lettere  Apostoliche,  non  v'ha  dubbio.  Sembra  però,  che 
alcuni  di  loro  sieno  stati  tolerati  in  qualche  parte  della  Dal- 
mazia e  Schiavonia,  e  specialmente  a  Vrana,  abbenchè  un 
gran  numero  di  loro,  in  altre  regioni,  entrasse  nell'Ordine 
di  S.  Giovanni,  e  colle  dignità  istesse,  che  avevano  in  quello 
del  Tempio,  siccome  ce  lo  attesta  il  Rohrbacher  nel  l.  77 
della  sua  istoria.  Dopo  la  soppressione  troviamo  nelle  nostre 
cronache  la  seguente  serie  de' Priori: 

Ivan  de  Sestio,  priore       nel  1316 


Felice 

Matteo  Bobali,  raguseo 
Stefano  Croato      .     . 
Raimondo     .... 
Gianco  de  Palisna 
Nicolò  de  Palisna 
Michele  Bebek      .     . 
Ladislavo  Lascovich  . 
Alberto  Lascovich 


„  1319 

„  1328 

„  1336 

„  1340 

„  1370 

„  1392 

„  1396 

„  1398 

.  1399 


Il  Priore  dì  Vrana  continuò  a  portare  il  titolo  di  Magnus 
Prior,  e  ad  esercitare  la  stessa  influenza  e  potere  di  prima, 
talché  il  summentovato  Gianco  (Giovanni)  de  Palisna,  il  quale 
s'  era  usurpata  la  contea  di  Ostrovizza,  il  priorato  di  Vrana, 
e  il  banato  di  Croazia  e  Dalmazia,  giunse  a  cospirare  con- 
tro le  regine  ungariche  Elisabetta  e  Maria,  ed  imprigionarle 
nel  castello  di  Novegradi,  ove  la  prima  trovò  anche  la  morte, 
come  abbiamo  detto  altrove.  Liberata  T  altra  dai  Veneziani, 
e  ritornata  in  Ungheria,  essa  inviò  genti  onde  ridurre  al- 
l' obbedienza  il  facinoroso  priore,  ma  questi  favorito  da  Tvarco, 
re  di  Bosnia,  respinse  gli  Ungari  dall'assedio  di  Vrana,  ne 
sconfisse  l'esercito  capitanato  da  due  generali  di  Sigismondo, 
e  gì' insegui  fin  sotto  le  mura  di  Zara  (1389).  Morlo  Tvarco, 
il  bano  di  Bosnia  Vuco  Vuchi,  partigiano  di  Maria,  fatto 
prigione  il  priore,  impadronissi  nel  1392  dei  beni  dell'Ordine. 


—  363  — 

Da  lui  passò  Vrana  al  re  di  Napoli  e  d'  Ungheria  Ladislao 
nel  1402^  che  vi  pose  Filipello  da  Gaeta  col  titolo  di  ca- 
stellano, e  poscia  nel  1409  la  vendette  insieme  con  Zara, 
Novegradi,  Pago  e  rispettive  pertinenze,  e  co'  suoi  supposti 
diritti  sul  resto  della  Dalmazia  a'  Veneziani.  Durante  il  loro 
dominio  continuossi  ad  eleggere  il  Priore  dei  Cavalieri  Gioan- 
niti  di  Vrana,  uno  de'  quali  fu  Pietro  Bembo,  Cardinale  di 
S.  Chiesa,  che  sebbene  nominato  con  Bolla  Pontificia  da 
Leone  X  nel  1520,  pure  non  godette  che  il  titolo  e  le  in- 
segne di  Priore,  né  giammai  le  rendite  del  priorato,  che  a- 
scendevano  in  quel  tempo  a  parecchie  migliaja  di  fiorini, 
com'  egli  stesso  lo  dice  in  una  sua  lettera,  scritta  nel  1533 
a  M.  Pietro  Paolo  Vergerlo,  Nunzio  di  S.  S.  presso  il  re 
d'  Ungheria. 

Ai  Veneziani  fu  presa  Vrana  dai  Turchi,  sotto  Solimano 
nel  1537,  i  quali  la  popolarono,  e  1'  abbellirono  d'  orli,  pieni 
di  giuochi  d'  acqua,  e  di  nuovi  magnifici  fabbricati,  fra  i 
quali  il  Han  o  Caravanserai^  edifizio  grandioso,  che  tutta- 
via sussiste,  costrutto  di  grandi  e  ben  connesse  pietre,  la- 
vorale a  martellina.  Centodieci  anni  la  dominarono  i  Turchi, 
e  durante  questo  tempo  vi  crebbero  le  case  a  centinaja,  e 
tanto  s' ingrandì,  che  nei  documenti  di  quel  tempo  la  tro- 
viamo menzionala  col  titolo  di  città  di  Vrana.  La  riacqui- 
starono però  i  Veneziani  nel  1647  colla  forza.  Sotto  la  di- 
rezione del  generale  Pisani,  dell'  altro  generale  Barone  di 
Degenfeld,  e  del  colonnello  Briclon  diedero  essi  V  assalto 
alla  fortezza,  fecero  saltare  in  aria  le  due  torri  di  difesa,  e 
la  maggior  parte  del  recinto  delle  mura,  che  dal  Iato  di  borra 
erano  terrapienate,  e  tulle  dintorno  d'ampia  fossa  precinte. 
Nel  sanguinoso  conflitto  diedero  luminose  prove  di  valore  il 
noto  soldato  Elia  Smiljanich,  e  Ferdinando  figlio  del  gene- 
rale Degenfeld,  che  avvanzìtosì  di  troppo  alla  controscarpa 
del  fosso,  colpito  d'  archibuggiata  nella  faccia,  rimase  privo 
della  luce  degli  occhi. 

Ritornata  in  tal  modo  nel  possesso  di  Vrana  la  Veneta 
Repubblica,  la  diede  in  feudo  nel  1752,  dopo  un  secolo  di 
totale  abbandono,  alla  nobile  famiglia  Borelli,  assieme  ai  ter- 
ritori di  Tinj,  Radosinovaz,  e  Banjevaz,  ed  il  primo,  che 
r  ebbe,  fu  Francesco,  che  con  tutte  le  formalità  d'  uso  fu 
decorato  del  titolo  di  Conte  Feudatario  di  Vrana.  Egli  fu 
avolo  al  vivente  Conte  Francesco.  Ma  assai  prima  dell'oc- 
cupazione turchesca  del  1537  erano  slati  costituiti  in  feudo 


—  364  — 

dai  Veneziani  i  beni  dì  Vrana^  trovandosi  memorie  scritte 
che  nel  1440  n'era  in  possesso  una  famiglia  di  nome  Osilla, 
nel  1446  la  famiglia  patrizia  Carnaruli;  nel  1479  n' era  feu- 
datario certo  Paolo  Ferencich,  indi  suo  figlio  Giovanni.  Si 
rileva  pure  dalle  cronache  nostre,  che  la  Repubblica  con  sua 
Ducale  7  Settembre  1535  confermò  a  Federico  Loredan  il 
possesso  del  Feudo  di  Vrana  e  Pacoscane. 

Otto  erano  i  villaggi  soggetti  alla  Contea  di  Vrana,  cioè: 
Kakman^  Canilja  velim^  Banjevac^  Votnic^  Krusevopolje^ 
Baljano,  Panjano  e  Saljano^  i  quali  tutti  furono  distrutti 
dai  Turchi. 

L'antico  castello,  situato  ai  pie  d'una  collina,  appellata 
Nero,  non  è  oggi  che  un  cumulo  di  sassi.  Questo  fabbricato 
che  nella  storia  porta  il  nome  di  Castello  dei  Templari  di 
Vrana,  aveva  per  sua  difesa  quattro  torri  ai  quattro  venti. 
Nel  mezzo  dell'  edifìzio  eravi  una  sala  adorna  d'  armi,  di  scudi 
e  di  corazze.  Quattro  finestre,  aperte  ad  arco  di  sesto  ncuto, 
le  davano  luce.  Le  invetriate  a  vario  colore,  e  a  vario  di- 
segno ricordavano  alcune  imprese  dell'Ordine.  In  questa  sala 
ebbe  luogo  il  famoso  convegno,  o  piuttosto  la  congiura  di 
Carlo  duca  di  Durazzo,  Paolo  Vescovo  di  Zagabria,  Gianco 
Palisna  priore  di  Vrana,  Ivan  Horvath  bano  di  Croazia,  e  del 
Voivoda  principe  di  Transilvania,  contro  la  regina  Elisabetta, 
vedova  di  Lodovico  re  d' Ungheria,  e  contro  la  sua  figlia 
regina  Maria,  erede  del  trono  di  S.  Stefano  ;  la  quale  con- 
giura aveva  per  iscopo  di  intronizzare  Carlo  di  Durazzo  in 
re  d'  Ungheria. 

Vrana  oggidì  non  è  che  un  povero  villaggio  situato 
un  miglio  distante  dal  sito  del  menzionato  castello.  Fu  cap- 
pellania  dopo  che  i  Veneti  ne  rimasero  padroni  la  prima 
volta,  onde  troviamo  nel  1448  Prè  Andì^ea  cappellano  di 
Vrana.  Con  Breve  di  Alessandro  VI  del  13  Luglio  1493 
fu  elevata  al  grado  di  parochia.  '^)  In  documento  del  1494 
troviamo  la  sua  chiesa  parochiale  intitolata  allo  Spirilo 
Santo.  Fra  Daniele  da  Zara,  Priore  dell'Ordine  dì  S.  Do- 
menico venne  dalla  S.  Sede  deputato  alla  reggenza  spi- 
rituale del  costello,  ov' era  l'antica  cappella  di  S.  Gregorio 
Papa.  Un'  altra  cappella,  intitolata  alla  Vergine,  esisteva  a 
Vrana  nell'  epoca  suddetta,  e  alla  medesima  eravi  unita  una 
confraternita  dello  stesso  titolo,  la  quale  provedeva  alle  oc- 


*3  Vedi  la  Bolla  pontificia  in  fine  di  questo  volume. 


—  365  — 

correnze  del  cullo.  Negli  alti  delle  visite  canoniche  dal  1700 
in  poi  si  trova  indicala  questa  villa  col  titolo  di  parochia, 
come  la  è  puranco  oggidì,  con  anime  cattoliche  323. 

La  chiesa  parochiale  di  Vrana  ha  attualmente  per  suo 
patrono  e  titolare  S.  Michele.  Fu  rifabbricata  sulle  fonda- 
menta della  vecchia  al  principio  del  secolo  decimotlavo. 

Havvi  inoltre  una  cappella  sotto  il  titolo  della  B.  V.  del 
Carmelo,  eretta  nel  1750. 

Eravi  in  questa  parochia  una  confraternita  di  S.  Michele 
con  40  confratelli,  e  con  rendite  in  natura  e  in  danaro  per 
la  manutenzione  della  chiesa  parochiale.  Fu  soppressa  nel  1808. 

Troviamo  memorie  scritte,  che  mentre  i  Turchi  erano 
in  possesso  di  Vrana,  Dobravoda,  Pristeg,  Ceranje,  e  Rado- 
sinovaz,  il  paroco  di  Vrana  con  loro  permesso  amministrava 
i  sanli  sacramenti  ai  parochiani  delle  suddette  ville,  celebrava 
i  divini  misteri  nelle  case  dei  villici  ovvero  anche  nelle  di- 
rute chiese,  coprendo  colla  patena  1'  osila  consecrala.  Nar- 
rasi pure  che  i  cristiani,  per  timore  degf  infedeli,  trebbiavano 
e  raccoglievano  di  notte  tempo  le  biade,  che  avevano  fal- 
ciate di  giorno. 

Dopoché  i  Turchi  sgombrarono  il  territorio  di  Zara,  i 
villici  di  Pristeg,  Radosinovaz,  Perkos  ed  allri  ancora  si 
recavano  a  Vrana  per  accostarsi  ai  SS.  Sacramenti  ;  e  per- 
ciò l'arcivescovo  in  certi  tempi  dell'anno  spediva  colà  pa- 
recchi sacerdoti  per  assistere  il  paroco. 

Negli  alti  delle  visite  canoniche  trovasi  scritto,  che  nel 
1760  l'arcivescovo  Caraman,  visitando  la  chiesa  parochiale 
di  Vrana,  fu  costretto  di  predicare  all'aperto,  fuori  di  chiesa 
air  ombra  d'  un  albero,  a  motivo  del  grande  concorso  di  popolo, 
che  vi  affluiva  dai  circonvicini  villaggi,  desideroso  di  udire 
la  voce  del  sacro  pastore.  E  Vrana  non  aveva  allora  che 
206  abitanti. 


Serie  dei  parochi  e  cappellani  di  Vrana. 

P.  Andrea  cappellano  di  Vrana    .     .     .nel  1440 
Fra  Daniele  da  Zara,  Domenicano  cappell. 

di   Vrana  stabilito  dalla  S.  Sede    .     „  1494 

Simeone  Crolich,  vice-cappel.  del  castello     „  1501 

Marco  Lovrinovich,  paroco  di  Vrana     .     „  1517 

Matteo  Magarich  „  ,^         .     ,,  1533 


—  366  — 

Fra  Giuseppe,  de'  Minori  Osservanti  „  1 688 

Fra  Michele                ^              ^             .  „  1692 

Tommaso  Mataglich,  paroco    .     .     .     .  ^  1718 

Giovanni  Torich  da  Vergada  .     .     .     .  „  1742 

Girolamo  Simich ^  1760 

Simeone  Tomassevich „  1771 

Matteo  Stazich „  1815 

Antonio  Buiich „  1840 

Nicolò  Bozanich „  1863 

Natale  Petessich „  1870 

Simeone  Gulam ,,  1876 

Dopo  tuttociò  che  si  è  detto  di  sopra,  il  nome  di  Vrana 
è  rimasto  famoso  nella  storia,  e  presso  i  Turchi  conservasi 
tuttavia  il  titolo  di  Beg  di  Vrana,  e  nel  regno  ungarico  quello 
di  Priore  di  Vrana.  Ultimo  possessore  del  titolo  di  Priore  di 
Vrana  ne  fu  mons.  Francesco  Kralj,  preposito  del  capitolo 
di  Zagabria,  il  quale  lasciò  in  morte  alla  chiesa  di  Vrana 
un  legato  di  200  fiorini. 

Vrana  si  vanta  di  aver  dato  i  natali  nel  1420  a  Lu- 
ciano di  Martino^  architetto  tanto  rinomato,  che  il  re  di 
Napoli  gli  affidò  la  costruzione  del  magnifico  Poggio  reale, 
e  il  Duca  Federico  d'Urbino  lo  creò  con  apposita  patente 
architetto  del  suo  nuovo  palazzo  ducale.  Morì  a  Pesaro  nel  1482. 

Da  questo  villaggio  prende  il  nome  un  lago,  che  gli 
sta  dappresso,  e  nel  quale  si  esercita  la  pesca  delle  sangui- 
sughe e  delle  anguille.  E  in  parte  formalo  dai  torrenti  Pecina, 
Skorobic  e  Biba,  e  pare  che  abbia  communicazione  col  mare, 
eh'  è  assai  poco  distante,  essendo  salse  le  sue  acque,  nelle 
quali  si  scorge  il  flusso  e  riflusso.  D' inverno  le  sue  acque 
si  estendono  dodici  miglia  in  lunghezza  da  ponente  a  levante, 
e  sei  miglia  di  estale. 

Polazza.  (Polaca), 

A  sud  dì  Rastevic,  e  a  maestro  di  Vrana,  nella  distanza 
di  circa  4  miglia,  trovasi  il  villaggio  di  Polazza.  Era  anti- 
camente castello  dei  nobili  Croati,  e  giusta  il  Frescot,  de- 
nominavasi  castello  di  Mariano  dal  nome  del  Conte,  che  lo 
presiedette.  Nelle  barbare  incursioni  se  ne  impadronirono  i 
Turchi,  e  sulle  rovine  vi  costrussero  una  moschea,  alla  quale 
insieme  alla  campagna  e  prati  sottoposti  fu  dato  il  nome  di 


—  367  — 

Bicina.  Vi  fabbricarono  pure  tre  edifizt  a  due  piani  e  a  volto 
reale  per  abitazione  del  Begh,  come  pure  granaj,  ed  un  tor- 
rione circolare  a  tre  piani,  che  servir  dovea  di  vedetta,  di 
telegrafo  e  di  caserma  alla  milizia  turca.  A  quei  tre  edifizì 
i  paesani  diedero  in  seguito  il  nome  di  Polaz^  eh'  è  quanto 
dire  Palazzo,  Àon^e  poscia  al  villaggio  venne  la  denomina- 
zione di  Polazza.  Sembra  però  che  ancor  prima  avesse  tal 
nome,  quando  i  Signori  Croati,  come  si  disse,  avevano  il 
proprio  palazzo,  poiché  col  nome  di  Polazza  lo  troviamo 
menzionato  in  scritture  del  1390.  La  sua  posizione  è  assai 
vaga  ed  amena.  La  sua  bella  campagna  estendesi  da  Jagodnje 
fino  a  Lissane  dì  Tinj  in  una  lunghezza  di  circa  5  kilometri, 
e  nella  sua  larghezza,  eh'  è  pure  di  5  kilometri  è  divisa  da 
una  continuazione  di  poggi  e  colline,  al  dissotlo  delle  quali 
sono  costruite  le  case  contadinesche,  e  distribuite  in  sei  gruppi 
diversi.  Dalla  parte  di  maestro  nella  prateria  sottoposta  sorge 
una  fonte  di  acqua  perenne,  a  cui  i  villici  di  Nadin,  Rastevic, 
Lissane,  Jagodnje  superiore  ed  inferiore  conducono  gli  ani- 
mali ad  abbeverarsi. 

Polazza  era  parochia  nel  1673,  e  lo  è  pure  al  presente. 
Aveva  in  quel  tempo  180  anime,  ora  ne  conta  488,  com- 
prese le  10  famiglie  cattoliche  di  Jagodnje  inferiore,  le  quali 
distano  dalla  chiesa  un  kilomelro  e  mezzo.  Appartiene  al  di-- 
stretto,  e  comune  politico  di  Benkovaz,  e  al  decanato  di 
Zaravecchia. 

L'antica  sua  chiesa  parochiale  è  stata  fabbricata  tra  i 
due  villaggi  di  Polazza  e  di  Jagodnje  inferiore  dai  villici 
dell'uno  e  dell'altro  per  la  comodità  di  poter  intervenire  alle 
sacre  funzioni.  Era  intitolata  ai  SS.  Martiri  Cosma  e  Damiano, 
ed  aveva  l'aitar  maggiore  dedicato  ai  patroni,  un' aliar  late- 
rale,  ed  il  battistero.  Che  fosse  di  brevi  dimensioni  lo  si 
viene  a  conoscere  dalla  circostanza,  che  l'arcivescovo  Ca- 
raman  nella  sua  visita  canonica  del  1760  fu  obbligato  a  fare 
il  sermone  al  popolo  sotto  un  albero  nel  piazzale  dinanzi  la 
slessa.  Non  v'  è  memoria  quando  sia  stala  edificata.  Diroccala 
dal  tempo,  fu  di  pianta  rinovala  nel  1836  a  spese  del  fondo 
ecclesiaslico  colla  concorrenza  dei  villici,  conservando  l' an- 
tico suo  titolo.  Fu  eretta  sui  fondamenti  della  vecchia,  e  mi- 
sura in  lunghezza  m.  24  ed  in  larghezza  m.  6.  Sopra  la  sua 
fronte  s' innalza  il  campanile  alla  foggia  romana  con  due  ar- 
moniose campane  È  una  delle  più  belle  chiese  del  contado 
di  Benkovaz.  Ha  tre  altari.  11  maggiore  de'  quali,  dedicato  ai 


—  368     - 

Patroni^  ha  quattro  colonne  di  marmo  rosso  di  Verona,  ed 
lina  pala  antichissima,  bene  conservata,  che  a  giudizio  degli 
intelligenti  è  di  grande  valore  artistico.  Il  tabernacolo,  che 
poggia  su  questo  altare  è  d' un  sol  pezzo  di  marmo  di  Pro- 
mina, rappresenta  il  presepio,  ed  è  lavoro  d'  egregio  scul- 
tore. 1  due  altari  laterali,  dedicati  1'  uno  a  S.  Giorgio  m.  e 
r  altro  a  S.  Martino  v.  ambidue  di  pietra,  sono  mantenuti 
dalle  famiglie  Peraic  e  Perlinjazza,  segno  questo  di  devozione 
e  pietà  di  coleste  famiglie,  le  quali  formano  un  terzo  della 
popolazione  di  Polazza.  Oltre  ai  detti  altari  ve  n'  ha  ancora 
uno  piccolo  ed  amovibile  con  quadro  oleografico,  rappresen- 
tante la  B.  V.  della  Salute,  voto  di  Pava  Zillic.  Mentre  re- 
cavasi costui  il  dì  21  Novembre  1868  alla  caccia  prima  di 
udire  la  santa  messa,  nelP  uscire  dì  casa  cadde  a  terra  col - 
r  arma  da  fuoco  in  mano,  la  quale,  esplodendo,  fecegli  mor- 
tali ferite  in  una  coscia  Fece  allora  promessa  alla  Vergine 
d' innalzarle  in  suo  onore  un'  altare,  se  risanasse  ;  ed  anche 
fu  esaudito,  poiché  dopo  30  giorni  ottenne  compiuta  guari- 
gione. Dopo  questo  fatto,  che  scosse  tutto  il  villaggio,  dal- 
l' intiera  popolazione  festeggiasi  questo  di  con  particolare 
devozione,  A  lato  di  questi  tre  ultimi  altari  fu  scolpita  a 
perpetua  memoria  la  seguente  iscrizione  :  Ooi  Ottaì\  pokloni 
S.  Giurgiu,  S.  Martinu^  i  Gospi  od  Zdravlja  Obitelj  Peraica^ 
Prtinjaca,  i  Pava  Zillic. 

Esisteva  nel  1808  in  questa  chiesa  una  Confraternita 
in  onor  dei  SS.  Patroni  e  titolari.  Aveva  30  confrati,  i  quali 
con  elemosine  mantenevano  1'  altare.  Ora  n'  esistono  due,  l'una 
sotto  il  titolo  del  SS.  Sacramento.,  e  l'altra  del  Purgatorio^ 
ambedue  con  25  associati. 

La  canonica  è  stata  edificata  del  1845  sulle  fondamenta 
d' una  casa  vecchia  comunale  a  spese  del  fondo  ecclesiastico, 
ed  è  abbastanza  comoda,  ed  in  buon  stato. 

Dal  1867  v'esiste  una  scuola  popolare  regolare,  da  cui 
sortono  ogni  anno  dei  ragazzi  bene  istruiti  e  sviluppati,  ed 
ormai  tutta  la  gioventù  di  Polazza,  si  può  dire,  moralmente 
e  religiosamente  educata. 

Gli  abitanti  di  Polazza  sono  d' indole  tranquilla,  d' ottimi 
costumi  e  frequentano  le  pratiche  religiose.  Sono  ollremodo 
laboriosi,  coltivando  indefessamente  l'  ulivo,  la  vite  ed  ogni 
specie  di  granaglie.  Per  influeii/,  ì  e  dietro  1' esempio  dei  loro 
parochi  benemeriti,  in  quest'ultimi  anni.,  sì  dedicarono  alTor- 
ticultura  per  modo  che  sotto  Io  case  non  e'  è  luogo  che  non 


—  369  — 

sìa  piantalo  ad  alberi  fruttìferi  ;  anzi  puosst  dire,  che  lutto 
il  villaggio  sia  imboscato,  sia  piacevole  a  vedersi,  e  siane 
dilettevole  la  sua  dimora.  Da  tre  anni  si  diedero  ali»  colti- 
vazione della  palata,  col  cui  reddito  si  riprometlona  di  ria"^ 
versi  dai  danni  patiti  in  causa  delT  innondazione.  I  delitti  ed 
i  furti  presso  di  loro  sono  rarissimi,  di  modo  cbe  le  auto- 
rità di  Bencovac  ne  fecero  sempre  elogi,  ed  appellano  Polazza 
villaggio  modello. 

A  nord,  questo  villaggio  viene  lambito  dai  duf5  torrenti 
Klicevica  e  Mirasnica^  che  d'inverno,  rigogliosi  d'acque, 
dovendo  scorrere  su  di  un  letto  basso  e  tortuost»  apportano 
gravissimi  danni  alla  fertile  campagna,  come  avvenne  in  que- 
st' anno.  Converrebbe  dar  loro  un  corso  più  regolare  e  pro- 
fondo, e  scaricarne  le  aque  nel  paludo  di  Nadin.  La  spesa 
non  sarebbe  vistosa  tanto  più  che  dieci  anni  fa  erasi  inco- 
minciato il  lavoro  nella  campagna  di  Corlat.  Fu  però  quello 
un  errore,  poiché  secondo  i  principi  dell'arte  idraulica  do- 
vevasi principiare  il  fosso  dal  Iago  di  Nadin. 

Serie  dei  parochi  di  Polazza. 

Giorgio  Padercich  paroco  nel  1673 

Antonio  Mattassovich 

Girolamo  Radinich 

Michele  Nisich 

Michele  Castellanich 

Giovanni  Staijicich 

Antonio  Castellanich 

Giovanni  Riczov  da  Cale  „        „    1-863 

JagodDje. 

Poco  lontane  da  Polaca  sono  le  due  ville,  denominale 
Jagodnje  superiore  e  Jagodìije  inferiore^  ricordate  ia  carte 
del  1390  e  1400.  Formavano  assieme  una  sola  parochia, 
come  rilevasi  dagli  atti  delle  visite  diocesane  dal  1700  in 
poi.  Venne  in  seguilo  soppressa,  ed  aggregata  a  quella  di 
Polaca. 

La  chiesa   parochiale  era    consacrata  a  s.  Michele   ar^ 

cangelo.  j; 

In  Jagodnje  superiore  venne  eretta  nel  passate  secolo 
una  cappella  pubblica  iu  onor  di  s*  Nicolò  dalla  famiglia  aa»- 

34 


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1687 

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1727 

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1760 

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» 

1771 

1815 
1840 

—  370  — 

ratina   Draghicevich,    eh'  ebbe  dal    governo  veneto  una    in- 
vestitura di  molti  terreni  in  questo  villaggio. 

Due  confraternite  esistevano  per  T  addietro  in  queste 
ville  e  sono: 

1.  La  confraternita  di  s.  Stefano  Protomartire  con  24 
fratelli  e  rendite  in  danaro  pel  mantenimento  del  suo  altare. 

2.  La  confraternita  di  s.  Michele  arcangelo  con  27 
fratelli  e  con  rendite  di  beni  campestri  e  di  elemosine  pelle 
occorrenze  dell'  altare. 

Era  assai  popolato  questo  villaggio,  poiché  nel  1760 
aveva  700  anime  da  comunione. 

1  parochiani  di  Jagodnje  erano  Greci  uniti  e  venivano 
chiamati  col  titolo  di  Slavo-greci.  I  loro  parochi  erano  pa- 
rimenti greci-uniti,  e  professavano  la  religione  cattolica.  Ve- 
nivano eletti  dal  popolo  e  presentati  all'  arcivescovo  che  li 
confermava,  se  erano  dichiarati  idonei.  Dimettevano  la  pro- 
fessione dì  fede  cattolica  nelle  mani  delT  arcivescovo,  dal 
quale  venivano  poscia  canonicamente  istituiti  ed  istallati.  Tali 
furono  Lazaro  Bracovicli  nel  1706,  e  Stefano  Salato vich 
nel  1760. 

Ecco  quanto  si  trova  scritto  negli  atti  della  visita  pa- 
storale fatta  dall'arcivescovo  Caraman  nel   1760  a  Jagodnje: 

^Trovandosi  l'arcivescovo  lontano  150  passi  dalla  chiesa, 
gli  venne  incontro  un  villico  portando  la  croce  colla  ban- 
diera inalberata,  ed  alla  distanza  di  50  passi  gliene  incontrò 
un'altro,  il  quale  accompagnato  da  due  procuratori  della 
chiesa  ne  teneva  inalzata  una  seconda  guarnita  parimenti  di 
bandiera.  Giunto  che  fu  il  Prelato  alle  porte  della  chiesa, 
il  paroco  slavo -greco  don  Stefano  Salato  vie  gli  diede  da 
baciar  la  croce,  e  poscia  lo  incensò.  Dopo  di  che  il  Pre- 
Iato  entrò  in  chiesa,  ove  dall'altare  diede  al  popolo  la  pre- 
scritta solenne  benedizione  in  idioma  slavo.  Indi,  vestito  di 
piviale  violaceo  fece  l'assoluzione  ai  defunti  nella  chiesa  e 
nel  cimitero,  cantando  coi  sacerdoti  in  slavo  il  Deprofundis 
ed  il  Misererà^  aspergendo  i  tumuli,  e  terminando  colle  ora- 
zioni di  uso.  Prese  dipoi  il  piviale  bianco,  ed  aperto  il  ta- 
bernacolo, visitò  il  Ss.  Sacramento,  col  quale  diede  anche 
la  benedizione  al  popolo,  che  in  gran  folla  vi  era  accorso. 
Esaminò  i  sacri  paramenti,  i  libri  rituali,  e  gli  arredi.  Fece 
al  popolo  un  grave  sermone  in  idioma  slavo,  e  ciò  fuori 
della  chiesa  per  essere  meglio  udito  da  tutti.  Ricevette  due 
istanze;    indi    s'inviò    verso    l'abitazione    del    signor  Nicolò 


—  371  — 

Draghicevich,  ove  fu  trattata  tutta  la  comitiva  con  colazione 
apparecchiata  dal  paroco.  Invitato  poscia  dal  capitano  della 
villa  di  Ceranje  a  benedirgli  la  casa,  vi  si  recò  con  tutto 
il  seguito,  abbenchè  essa  fosse  due  miglia  lontana.  Ritornati 
che  furono,  il  paroco  presentossi,  senza  essere  chiamato, 
dinanzi  al  Prelato,  dichiarando  di  fare  la  dottrina  ed  i  ser- 
moni al  popolo,  e  di  amministrarvi  i  Ss.  Sacramenti,  come 
prescrive  la  chiesa  ed  inoltre  di  applicare  la  sua  liturgia  per 
il  popolo  suo  tutte  le  domeniche  e  le  feste  principali.  Dopo 
tutto  questo  mostrò  la  sua  patente  di  istituzione  canonica, 
avuta  dair  arcivescovo  Zmajevich.  Nel  protocollo  verbale  di 
visita  si  firmò  coi  caratteri  cirillìani,  qual  paroco  di  Jagodnje 
e  Miranje.  Nel  congedarsi  poi  dall'  arcivescovo  dichiarò  aper- 
tamente e  pubblicamente  di  non  riconoscere,  air  infuori  del- 
l' arcivescovo  di  Zara,  nessun  altro  pastore  e  padre,  e  protestò 
di  voler  essere  per  sempre  a  lui  riverente  ed  obbediente." 

Da  ciò  si  viene  a  conoscere,  quali  erano  i  popoli  ed  i 
parochi  slavo-greci  del    nostro    contado    nel  secolo  passato. 

TiDJ. 

Un  miglio  lungi  da  Polaca  è  situata  a  libeccio  la  villa 
di  TmJ.  Sta  essa  alle  falde  d'un  colle,  sulla  cui  sommità  siede 
un  castello  d'egual  nome,  di  pianta  quadrilatera,  sdruscito 
dal  tempo  ed  abbandonato,  con  una  torre  pure  quadrata 
nell'angolo  settentrionale,  la  quale  gli  serviva  di  difesa  e 
di  estremo  ricovero  nei  fatti  guerreschi,  ed  inoltre  con  altre 
due  torrette,  poste  negli  angoli  d' ostro  e  ponente.  In  antico 
questo  castello  appellavasi  Tynum,  e  nella  vetustissima  sua 
chiesa  di  s.  Giovanni,  da  alcuni  giudici  delegali  da  Bela  re 
d'Ungheria  furono  composte  nel  1194  le  differenze  insorte 
sopra  c-ìlcuni  possessi  tra  i  Cavalieri  templari,  ed  i  monaci 
Benedettini  di  Belgrado.  Aveva  a  que'  tempi  il  suo  preside 
col  titolo  di  Conte,  che  nel  1343  fu  un  certo  Neliplo,  nel 
1357  Dobrino,  e  nel  1379  Mauro. 

Dopo  la  guerra  coi  Turchi  soleva  in  questo  castello 
risiedere  un'incaricato  col  titolo  dì  Subassà,  il  quale  aveva 
l'obbligo  di  riscuotere  le  imposte  dai  villici  di  Tinj,  Goriòa, 
Bastane,  Perkos,  Bubnjane,  e  Lisane,  a  nome  e  per  conto 
degli  eredi  di  Ferhat,  Pascià  di  Bosnia,  il  conquistatore  di 
Zemonico,  che  nella  divisione  dei  confini  dopo  la  guerra 
colla  repubblica  si  era  appropriato  quei  villaggi,  e  convertiti 


—  372  — 

in  feudo  di  sua  famiglia,  i  cui  proventi  devolse  con  testa- 
mentaria disposizione  al  mantenimento  d'  un  Han,  ossia  ospizio, 
che  volle  venisse  eretto  nel  serraglio  di  Bosna  per  albergo 
dei  viandanti  ;  ciocché  fu  anche  puntualmente  da'  suoi  eredi 
eseguito. 

Questo  villaggio  trovasi  menzionato  in  scritture  dal  1390 
in  poi.  Era  parochia  tino  ab  antico,  e  del  suo  paroco  trovasi 
memoria  in  documenti  del  1486,  e  nel  sinodo  diocesano  del 
1566.  Nell'organizzazione  dell' arcidiocesi,  seguita  nel  1851 
divenne  cappellania  esposta  di  Polaca  nel  decanato  di  Za- 
ravecchia. 

La  chiesa  antica  cappellaniale  era  incapace  a  contenere 
Fa  sua  popolazione,  ond'è  che  l'arcivescovo  Caraman  nella 
sua  visita  pastorale,  che  vi  fece  nel  1760,  fu  costretto  di 
fare  il  sermone  e  la  dottrina  fuori  di  essa  all'aperto.  Sdru- 
scila  dal  tempo  ne  fu  eretta  una  nuova  nel  1852  a  spese 
del  fondo  ecclesiastico,  ed  intitolata  al  primiero  suo  patrono 
s.  Giovanni  Battista.  Ha  due  altari,  il  maggiore  cioè  del 
patrono  col  tabernacolo  del  Ss.  Sacramento,  ed  un'  altro 
nella  parete  laterale,  dedicato  a  s.  Giorgio  m. 

Oltre  alla  prefata  chiesa,  v'è  una  cappella  fabbricata 
dai  villici,  ed  intitolata  ai  santi  apostoli  Pietro  e  Paolo. 

Prima  del  1808  esisteva  presso  la  chiesa  parochiale  una 
pia  confraternita  col  titolo  di  s.  Giovanni  Battista,  ed  aveva 
24  associati  e  rendile  di  beni  campestri  e  di  elemosine  a 
vantaggio  dell'altare.  Or  più  non  esiste. 

Allorquando  i  paesi  del  contado  zaralino  erano  sotto 
il  giogo  dei  Musulmani,  gli  arcivescovi  nostri  non  facevano 
a  meno  di  spedire  sacerdoti  nelle  diverse  ville,  da  quelle 
bande  feroci  infestale,  ed  bassi  l'esimpio  del  Parzago,  che 
nel  1673  destinò  Giorgio  Padercich  in  paroco  di  Tinj  e 
Polaca. 

La  cappellania  di  Tinj  conta  al  dì  d'oggi  244  anime, 
laddove  nel  1754  ne  contava  101.  / 

Serie  dei  parochi  e  cappellani  di  Tinj. 


Prè  Giovanni 

rettore 

nel 

1488 

Prè  Matteo  Capitanich, 

paroco 

« 

1516 

Prè  Matteo  Morovich 

n 

» 

1565 

Giorgio  Padercich 

V 

n 

1673 

Antonio  Mattulj 

» 

n 

1721 

—  373  — 

Michele  Bellich  paroco     nel  1737 

Martin  Mattulj  „  ,,  1771 

Marco  Kraslich  da  Verg-ada  ,,  „  1815 

Michele  Casteilanich  „  „  1820 

Giorgio  Mattulich  „  „  1830 

Tommaso  Radovich  ^  „  1840 

Giovanni  Mihovillovich  „  ^  1843 

Giovanni  Riczov  cappellano  „  1863 

Tra  i  suoi  paesani  trovansi  menzionali  Vilko  e  Pelar 
Razich  in  carte  del  1403,  e  1478. 

Un  casale,  ora  distrutto,  esisteva  per  T  addietro  in 
questo  villaggio,  col  nome  di  Bunjovac, 

Parochie  serviane. 

Ai  tempi  dell'  arcivescovo  Caraman,  e  precisamente 
nell'anno  1754  due  erano  le  parochie  di  rito  serviano  nel 
r  arcidiocesi  di  Zara,  cioè  Miranje  e  Smokovic. 

La  chiesa  parochiale  di  Miranje  era  intitolata  a  s.  Mi- 
chele arcangelo,  e  quella  di  Smokovic  a  s.  Giorgio  m.  E 
Tuna  e  l'altra  erano  di  rito  latino.  Ognuna  aveva  il  proprio 
paroco,  il  quale  officiava  col  rito  greco  in  lingua  slava. 
Erano  ambidue  soggetti  all'arcivescovo  nostro,  nelle  cui 
mani  deponevano  la  professione  di  fede  cattolica  all'atto  della 
istituzione  canonica,  giusta  la  formola  impressa  l'anno  1648 
per  ordine  di  Urbano  Vili  in  lingua  latina  e  slava  coi  tipi 
ed  a  spese  della  s.  Congregazione  di  Propaganda.  Si  ser- 
vivano però  di  libri  liturgici  stampati  a  Mosca,  i  quali  ve- 
nivano spediti  gratuitamente  dallo  Czar  della  Russia  a  tutti 
quelli  che  seguivano  il  rito  greco  in  Dalmazia.  E  dicevansi 
Serviani,  perchè  prima  che  s'immischiassero  nelle  diocesi  di 
rito  latino,  erano  soggetti  al  vescovo  di  Pech  nella  Servia, 
il  quale  s'appellava  Patriarca  della  Servia,  della  Bulgaria, 
e  di  tutto  l'Illirico,  e  godeva  del  protettorato  del  Sultano, 
il  quale  anche  lo  confermava  nella  carica  verso  un  generoso 
contributo  in  danaro.  Questo  Pseudo-Patriarca,  vassallo  del 
Sultano,  aveva  preposto  alla  Dalmazia  e  all'Epiro  un  me- 
tropolitano del  suo  rito,  cui  la  Repubblica  Veneta  volle 
dimorasse  fuori  de'  suoi  confini,  onde  non  avesse  colla  sua 
influenza  a  molestare  ed  infestare  di  suoi  errori  in  materia 
di  fede  i  cattolici  di  rito  greco  che  allora  esistevano  in 
queste  provincie. 


~~  374  -- 

La  parochia  di  Miranje  contava  in  quelf  epoca  in 
Jagodnje  sup.  anime  dei  suo  rito  n.r  120 


Lisane 

Polaca 

Pristeg 

Ceranje 

Vrana 

Radosinovac 

Kolarine 

Raslevic 


?5  >5 


La  parochia  di  Smokovic  aveva  in 

Sinokovic  anime  di  rito  serviano  n.r  240 
Zemuniko 


99  n 


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41 

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32 

99  99 

Grue  e  Brisevo 

Perkos 

Gorica  „  ^ 

Cerno  „  ^ 

Policnik         „  „ 

Gorizza  (Gorica). 

A  ponente  di  Tinj,  a  due  miglia  di  distanza  'giace  la  villa 
di  Gorizza^  così  denominata  perchè  posta  sul  pendio  d'una 
collina,  che  nell'idioma  slavo  dicesi  appunto  Gorica.  La  sua 
posizione  non  è  la  più  amena,  essendone  limitatissimo  l'o- 
rizzonte a  motivo  del  monte  Vercevo,  che  la  fronteggia.  Di 
essa  trovasi  memoria  con  tal  nome  in  documenti  del  1345 
e  del  1389.  Apparteneva  anticamente  al  monastero  dei  be- 
nedettini dei  Ss.  Mm.  Cosma  e  Damiano  di  Tkon,  che  ne 
avevano  il  possesso.  Fu  sempre  parochia,  forse  anche  prima 
del  1462,  trovandosi  menzione  del  suo  pastore  in  documenti 
di  tal  epoca.  E  mentovata  pure  in  tal  guisa  nel  sinodo  dio- 
cesano del  1566  dell'arcivescovo  Gallino.  La  è  anche  oggidì 
parochia,  ma  unita  con  Rastane,  come  vedremojn  appresso, 
sotto  il  decanato  di  Zara,  nel  distretto  di  Zara,  e  comune 
politico  di  Zaravecchia.  Ha  una  popolazione  di  597  anime, 
mentre  nel  1754  ne  contava  308,  per  quanto  rilevasi  dagli 
atti  di  visita  canonica  dell'arcivescovo  Caraman. 

La  sua  antica  chiesa  parochiale  fu  eretta  dai  paesani 
intorno  al  1600  fra  Gorizza  e  Rastane.  Ridotta  malconcia  dal 
tempo,    nello    stesso    luogo    ne   fu    innalzata  una  nuova    nel 


—  375  — 

1848  a  spese  del  fondo  ecclesiastico  colla  concorrenza  dei 
suoi  villici  ed  anche  di  quelli  di  Rastane,  che  avevano  con 
essi  comune  pure  la  vecchia.  Fabbricata  sopra  un  piano 
orizzontale  misura  in  lunghezza  m.  23,  in  larghezza  9^  ed 
in  altezza  7.  L  di  forma  quadrangolare^  ed  è  costrutta  in 
pietra  cementata  tanto  nell'interno  che  neir  esterno.  Ha  la 
fronte  rivolta  a  ponente,  sulla  cui  sommità  ergesi  il  consueto 
campanile  alla  romana  con  due  campane.  Ha  due  ingressi, 
l'uno  nella  facciata,  e  l'altro  dal  lato  scioccale.  Sette  fine- 
stre semicircolari  le  somministrano  la  luce  dai  lati  e  dalla 
fronte.  Il  pavimento  è  lastricato  con  pietre  regolari  tanto 
nel  vaso,  quanto  nel  presbiterio,  il  quale  è  disgiunto  me- 
diante un'  alzalo,  ed^ittm-bntat:fstrata"di  pietfa.  Il  soffitto  è  in- 
tonacato a  calce  e  sabbia.  L'aitar  maggiore  con  due  gradini 
e  quattro  colonne,  tutto  di  pietra,  venne  eretto  nel  1858  a 
spese  dei  villici.  E  dedicato  a  s.  Gio.  Battista,  con  pala  di- 
pinta ad  olio  da  mediocre  pennello  veneziano.  Dietro  quest'al- 
tare v'è  la  sagrestia,  bene  selciata,  ed  illuminata.  Esiste 
inoltre  un' aitar  laterale,  di  legno,  dedicato  alla  Visitazione 
di  M.   V.  con  pala  assai  vecchia  e  sdruscita. 

Una  confraternita  vi  esisteva  in  passato  sotto  il  titolo 
patronale.  Aveva  30  confratelli  e  rendite  di  beni  campestri 
e  di  questue  a  beneficio  della  chiesa.  Fu  soppressa  nel  1808. 

Il  paroco  ha  la  sua  canonica.  Apparteneva  alla  famiglia 
Smirich,  una  volta  possidenti  di  Gorizza,  dalla  quale  fu  ven- 
duta al  sovrano  erario,  che  la  ristaurò  a  spese  del  fondo 
ecclesiastico.  Oltre  il  piano  terreno  ha  il  piano  superiore 
con  tre  stanze,  ed  inoltre  un  orticello  ed  una  cisterna. 

Il  cimitero,  che  circonda  d'ogni  intorno  la  chiesa,  è 
precinto  da  mura  in  pietre  e  ceme»to.  f  4^-*^^T 

L'indole,  i  costumi  e  gli  usi  dei  villici  di  Corizza  sono 
comuni  a  quelli  degli  altri  villaggi  del  zaratino  contado. 

Serie  dei  paro  chi  di  Gorizza. 

paroco  menzionato  in  scrittura  del  1462 

,,  1484 

??  ??  ??  1517 

5?  V  }}  1521 

»  1658 

„  1675 

»  »  n  1686 


1. 

N.  N.                  paro( 

2. 

Prè  Sefano             „ 

3. 

N.  N. 

4. 

N.  N. 

5. 

Giovanni  Balobanich 

6. 

Pietro  Pedissich     „ 

7. 

Antonio  Krisich     ,y 

376 


Bi  Giovanni  Marcarunich 


paroco 

menzionalo 

in 

scrittnra 

del 

1462 

9. 

Giorgio  Kulogna    „ 

5> 

W 

» 

1717 

10. 

Giorgio  Prolich      „ 

V 

r> 

99 

1725 

11. 

Antonio  Passich    ,, 

» 

n 

n 

1741 

12. 

Nicolò  Smolich      „ 

n 

fi 

n 

1742 

13. 

Giovanni    Cucinovich 

V 

V 

y) 

1749 

14. 

Giuseppe  Viiizza    „ 

T) 

>i 

1") 

1764 

15. 

Filippo  Boricicii  da  Ss 

Fili 

ppo  e 

Giacomo 

r> 

1764 

16. 

Michele  Brisich  paroco 

menzionato 

in 

scrittura 

J5 

1768 

17. 

Giorgio  Garzanovich 

r> 

r 

r> 

1771 

18. 

Bartolomeo  Vitanovich 

5J 

n 

r> 

1772 

19. 

Vido  Bachinich       „ 

y) 

n 

y) 

1775 

20. 

Matteo  Bachinich  „ 

» 

r 

n 

1809 

21. 

Simeone  Tressin    „ 

» 

n 

n 

1826 

22. 

Bartolomeo  Drazina 

w 

?^ 

j? 

1827 

23. 

Giuseppe  Voivodich 

ri 

59 

n 

1839 

24. 

Giovanni  Sugar     „ 

ìi 

n 

n 

1860 

25. 

Andrea  Malscheg,  supplente 

y) 

» 

?9 

1860 

26. 

Francesco  Cosule        ^ 

ri 

n 

r) 

1862 

27. 

Biagio  Blasul               „ 

V 

» 

K 

1873 

28. 

Matteo  Vukic,        paroco 

V 

n 

W 

1873 

La  suddetta  serie  sino  al  num.  5  fu  desunta  da  docu- 
menti antichi  manoscritti.  Dal  numero  6  in  poi  fu  ricavata 
dai  registri  parochiali,  i  quali  fino  all'anno  1825  si  trova- 
vano scritti  con  caratteri  glagolitici,  mentre  da  quest'  anno 
sono  in  lingua  slava  volgare. 

Si  avverte,  che  i  sacerdoti  dal  numero  6  al  10  si  sot- 
toscrissero nei  registri  di  nascila  col  titolo  di  parochi  di  s. 
Pietro  in  Krencina,  e  quelli  dal  num.  11  in  poi  col  nome 
di  parochi  di  s.  Giovanni  in  Gorizza.  Dai  suddetti  registri 
risulta  pure  che  i  loro  morti  venivano  sepolti  a  Gorizza,  a 
Kremcina,  a  Pasman,  e  a  Tukleciane.  Questa  varietà  trova 
la  sua  spiegazione  nelle  circostanze,  in  cui  versavano  a  quei 
tempi  gli  abitanti  di  Gorizza.  Durante  le  scorrerie  turchesche 
i  villici  di  Gorizza  in  buona  parte  sen  fuggirono  a  ricove- 
rarsi col  rispettivo  paroco  a  Kremcina,  ed  in  altri  villaggi 
posti  al  mare,  abbandonando  le  loro  case  e  le  loro  terre, 
e  preferendo  di  vivere  al  sicuro  da  poveri,  anziché  starsene 
sotto  il  ferreo  giogo  musulmano.  Altrettanto  fecero  altri  pa- 
rochi del  zaratino  territorio  coi  propri    parochiani  rifugian- 


—  377  — 

dosi  alle  marine  per  essere  pronti  di  ricoverarsi  nelle  isole, 
se  fossero  stali  inseguili  dalle  orde  selvaggie,  come  più 
d'una  volta  accadde.  Ed  ecco  la  ragione  per  cui  i  parochi 
di  Gorizza,  residenti  a  Kremcina  fino  dal  1675,  e  forse  anche 
prima,  amministravano  i  sacramenti  ai  propri  parochiani,  che 
si  trovavano  in  Kremcina  ed  a  quelli  rimasti  a  Gorizza  in 
qualità  dì  coloni  dei  Turchi,  e  dopo  V  evasione  di  questi  ri- 
tornarono coi  loro  popoli  a  Gorizza,  rimanendo  amministra- 
tori di  Kremcina.  Finché  erano  a  Kremcina  appèllavansi  an- 
che parochi  di  Kremcina. 

Risulta  puranco  dai  premessi  registri,  che  gli  arcive- 
scovi spedivano  ogni  qual  tratto  in  quelle  parti,  occupate 
dagli  infedeli,  dei  sacerdoti  in  qualità  di  missionari,  ed  in 
assistenza  dei  parochi,  onde  si  vedevano  accorrer  di  so- 
vente qua  e  là  ad  amministrare  i  sacramenti  ai  fedeli,  re- 
gistrare i  nati  e  i  morti,  e  firmarsi  nei  registri  parochiali 
col  titolo  d'incaricati  dell'arcivescovo,  ovvero  del  paroco 
stesso. 

Tra  gli  antichi  abitanti  di  Gorizza  noveransi  Simeone 
Milgostovich  nel  1453,  Carino  e  Matteo  Zadrislich  nel 
1459. 

Secondo  alcuni  ebbe  i  natali  in  questo  villaggio  nel 
secolo  decimosellimo  il  famoso  prete  Sorteli,  che  fu  paroco 
di  Perkos,  le  cui  gloriose  imprese  contro  i  Turchi  troviamo 
opportuno  di  narrare  qui  appresso. 

Esistono  sulla  vetta  del  monte  Vercevo  gli  avanzi  d'un 
torrione  circolare,  segno  questo  della  dominazione  lurchesca. 
Al  di  sotto  dello  slesso  monte  dalla  parte  di  mezzodì  scor- 
gonsi  le  traccio  d'una  strada  antica,  come  dicesi,  romana, 
la  quale  attraversa  Rastane,  lambendo  il  monte. 

Alla  distanza  di  circa  due  chilometri  dalla  chiesa,  in 
un  terreno  coltivalo  a  viti  si  rinvennero  dei  sepolcri  con 
entro  scheletri  e  monili  di  poco  valore.  In  altra  località,  de- 
nominata Corap  si  rinvengono  di  trailo  in  tratto  anelli  di 
rame  del  diametro  di  6  fino  a  18  cent.,  nonché  altri  og-- 
getti,  pure  di  rame,  di  varia  figura. 

Sotto  il  monte  Vercevo  esistono  le  mura  d'una  cap- 
pella dedicala  a  s.  Marco.  Nella  località  Duhrava  se  ne 
scorge  un'altra,  intitolata  a  s.  Elena.  Per  tradizione  si  sà^ 
che  ambedue  furono  atterrate  dai  Turchi. 


~  378  — 

Il  prete  Sorich. 

Volendo  parlare  di  tfueslo  nostro  eroe,  crediamo  cosa 
più  acconcia  di  ripetere  quanto  scrisse  di  lui  l'egregio  Cu-^^ 
pilli  nel  rammentatore  zaratino  del   1857  : 

jjStefano  Sorich  (o  secondo    altri  Suricli)  fu  nativo  di 
Corizza  0  secondo  alcuni  di  Bibigne,  e  paroco  di  Perkos,  vil- 
laggi poco  l'un  dall'altro  distanti^  nel  territorio  di  Zara.  De-* 
siderosi  questi  di    togliersi  all'  ottomano    guinzaglio^  che    da 
molto    innanzi    oppressavali,  e  di    ricovrarsi  all'ombra    delle 
venete  insegne,    prese    don    Stefano    sopra    sé  T  incarico    di 
guidare    l' impresa    difficile    a  buon    riuscimento.    Si    portò  a 
quest'effetto  in  Zara,  ed  esposto  il  disegno  al  Foscolo  Prov- 
veditor  generale,  convalidò  con  giuramento  solenne  prestato 
nel  duomo  la  sincerità  delle  sue  intenzioni.  Non  andò  guari, 
di  fatto,  ch'egli  fece  ritorno  condottiero  d'intere  popolazioni, 
che,  attraverso  dei  piìi    gravi  pericoli,  ad  offerire    venivano 
il  sangue  loro  a  san  Marco  ed  al  suo  vangelo.    Da  lui  ca- 
pitanati, segnalaron    que'    nuovi    sudditi    la  bellicosa  e    fiera 
sua  indole  nell'acquisto    e  difesa    di    città  e  castella,  ed    in 
ogni  altra  più  rilevante  fazione  della  campagna  dal  1646  al 
48,  distinguendosi  ovunque  colie    sue  personali    prodezze    il 
Sorich,  che  in  una  canzone  venne    gloriosamente    celebrato. 
Non    è    quindi    meraviglia    se    ai  credenti    nell'Islamismo    il 
nome    del    prete    morlacco    divenuto    fosse    già    formidabile. 
S'industriarono  perciò  dapprima  con  lusinghierìe  d'adescarlo, 
richezze  proferendogli  e  onori  ;  ma  scornati  dalle  magnanime 
sue  ripulse,  una  taglia  bandirono  di  sultanini  trecento  pel  di 
lui  capo.    Nel    mentre  però  che    da    una  parte    gP  inimici  lo 
preseguivano  a  morte,  lui  carreggiavan  dalP  altra  il  Foscolo  e 
il    Senato,    che    delle    insegne    puranco    di    cavalier    di    san 
Marco  lo  decorava.  Ma  quel  sorriso  di  fortuna,  come  al  so- 
lito non  durò  molto.  Deliberata  una  diversione  a  danno  degli 
Ottomani    in  Licca,    fu  il  Sorich    uno  dei  duci  che  mossero 
alia  volta  di  Ribnik  con  un  corpo  di  quasi  duemilla.  Disgra- 
ziatissima  impresa,  poiché  all'impensata  i  nemici  tanto  grossi 
e  con  tanta  furia  gli  rovinarono  sopra  fra  quelle  gole  mon- 
tane, che  i  nostri  mandali  vennero    pienamente  a  sbaraglio. 
Avvezzo  il    Sorich  a  non    indietreggiare,  ne   la  faccia  vol- 
tare ad  una  morte  gloriosa,  volle  solo    far  testa  e  resistere 
all'impeto;  fatalmente  però,  dopo  lunga  tenzone,  dopo  mira- 


—  379  — 

coli  di  valore,  soperchialo  dal  numero  e  ferito,  dovette  alla 
fin  soggiacere.  Caduto  vivo  in  mano  dei  Turchi,  fecero  del 
corpo  suo  atroce  scempio,  ma  lo  spirto  non  ne  domarono, 
che  saldo  nella  fede  al  suo  Dio  ed  al  suo  Principe  fino  al- 
l'ultimo  si  mantenne. 

La  morte  di  lui  (che  i  fratelli  e  i  congiunti,  com'è  so- 
lito de'  Morlacchi,  non  lasciarono  invendicata)  spiacque  gran- 
demente al  Senato  ed  al  Foscolo.  Solenni  esequie  gli  si 
fecero  in  Zara,  ed  il  canonico  Giulio  Zaccaria  gli  recitò  un 
elogio  latino,  che  fino  a  noi  è  pervenuto.  Anche  Simeone 
Gliubavaz,  illustre  zaratino  di  quel  tempo,  ne  fece  onorevol 
memoria  in  una  sua  manoscritta  relazione,  in  cui  del  villag- 
gio di  Gorizza  così  favella.  =  Tra  i  suoi  abitanti  a  ragione 
maggiormente  si  pregia  del  valoroso  prete  Stefano  Sorich, 
che  con  tanto  applauso  di  tutta  la  Cristianità  ha  dato  saggi 
così  gloriosi  del  suo  invitto  coraggio,  dello  zelo  suo  per  u- 
niversale  beneficio  della  religione,  e  della  speciale  sua  de- 
vozione verso  la  Repubblica,  rimarcata  finalmente  con  la  pro- 
fusione del  proprio  sangue  nell'  impresa  di  Licca.  Persona 
veramente,  che  siccome  ha  con  le  sue  generose  azioni  im- 
mortalato il  proprio  nome,  accreditato  quello  della  famiglia, 
e  dato  splendore  al  natio  suolo  ;  così  ha  fatto  conoscere  al 
mondo  conservate  ancora  ne' petti  dell' illirico-slava  posterità 
non  isprezzabili  scintille  dell'  avito  lor  marziale  fervore,  e 
bellicoso  genio." 

Particolarità  ben  curiosa,  riferita  da  più  d'  uno,  il  con- 
servamento  si  è  del  braccio  di  questo  prode,  scevro  da  cor- 
ruzione. L'  afferma  il  Cacich  nelle  sue  pisme  ;  l' afferma  in 
una  relazione  della  visita  diocesana  l'arcivescovo  Caraman 
(1754),  facendo  del  villaggio  di  Perkos  la  seguente  men- 
zione: yPerkos,  dov'era  pnroco  quel  sacerdote  illirico  Ste- 
fano Sorich,  di  cui  si  conserva  incorrotto  il  braccio,  valo- 
rosamente impiegato  per  la  religione  cristiana  contro  i  Turchi, 
neir  avvampar  della  guerra  di  Candia.^^  Qualche  altro  pure 
lasciò  memoria  d'aver  avuto  quel  braccio  nelle  proprie  mani, 
e  d'averlo  rìsconlrato  di  non  ordinaria  grandezza.  Sembra 
eh'  esistesse  nel  villaggio  di  Bibigne,  o  di  Sancassiano  presso 
Zara.  Se  e  dove  oggidì  si  trovi  e'  è  ignoto.  Secondo  alcuni 
un  ramo  del  casato  di  questo  generoso  tuttora  vivrebbe  nella 
famiglia  Surich,  di  civil  condizione,  dimorante  a  Sinj.„Vedi 
quanto  su  di  ciò  abbiamo  scritto  a  pag.  168. 


—  380  — 

Rastane.  (Hrascane). 

A  scilocco  di  Gorica,  un  po'  verso  levante,  sul  piano 
è  posta  la  villa  di  Bastane^  nnlicamente  Hrascane^  così 
appellata  in  scritture  del  1349,  1385  e  1513.  Il  suo  nome 
più  proprio  è  quello  di  Hrastane  da  Hrast  (ital.  Quercia) 
perchè  era  posta  questa  villa  in  mezzo  ad  un  bosco  di  querele, 
ora  quasi  distrutto.  Fino  da'  tempi  rimoti  apparteneva  al  Mo- 
nastero di  s.  Demetrio.  Era  formata  da  40  case,  ed  aveva 
il  suo  giudice,  che  nel  1387  era  cevìo  Michele  qmVladoy, 
Era  anticamente  parochia,  trovandosi  cenno  de'  suoi  parochi 
nel  1532.  Negli  atti  delle  visite  diocesane  dal  principio  del 
secolo  decimosetlimo  in  poi  non  viene  indicata  come  paro- 
chia  perchè  fin  d'  allora  fu,  come  lo  è  pure  attualmente  con- 
giunta con  Gorizza,  il  cui  curato  assiste  spiritualmente  quella 
popolazione,  la  quale  ascende  ora  a  circa  250  anime. 

La  chiesa  parochiale  di  Rastane  era  dedicata  a  s.  Gior- 
gio M.  ed  esisteva  nel  1446.  Di  presente  non  si  scorgono 
che  le  traccie;  fu  probabilmente  anche  questa  distrutta  dai 
Turchi.  Suoi  parochi  erano  Stefano  Jusich  nel  1532,  e  Giorgio 
Milinovich  nel   1548. 

Dopo  la  cacciata  dei  Turchi  dal  nostro  territorio  ven- 
nero a  domiciliarsi  a  Rastane  varie  famiglie  da  diversi  luoghi. 
La  prima  fu  quella  dei  Vustiza  da  Jezerà  di  Sebenico,  indi 
Erceg  piìi  tardi  dall'  Erzegovina  ;  alcune  poi  dalla  Croazia,  e 
dalla  Bukovizza,  specialmente  da  Krusevo,  da  Zelengrad,  da 
Medvidje,  e  dal  vicino  Cerno  di  Zara.  Da  codesti  luoghi 
anche  ai  nostri  tempi  si  trasportano  a  Gorizza,  perchè  sic- 
come quella  gente  vive  solamente  di  pastorizia,  cosi  cercano 
un  luogo  di  clima  più  mite  per  salvare  gli  animali  dalla  morte, 
che  il  freddo  delle  montane    regioni  di  sovente  travaglia. 

Galovao. 

A  maistro  di  Gorizza,  lungi  due  miglia,  è  la  villa  di 
Galovaz^  e  più  propriamente  Galovcl.  E  viva  la  tradizione 
presso  i  paesani,  eh'  esistesse  un  tempo  in  questo  villaggio 
un  chiostro  di  monaci  in  mezzo  alla  vallata^  che  è  situata  al 
sud  del  paese,  del  qual  chiostro  veggonsi  oggigiorno  le  fon- 
damenta. Questo  sito  chiamasi  dai  villici  col  nome  di  Galovaz, 
come   pure    denominasi   Galovaz    il  pozzo,   attiguo  a  quelle 


rovine.  E  probabile,  come  taluni  opinano,  che  cotal  vocabolo 
gli  fosse  stalo  imposto  dai  terrazzani,  a  causa  delle  vesti 
nere  dei  frali  benedettini,  che  lo  abitavano,  mentre  ludo  ciò 
che  è  nero,  gala  in  slavo  s'  appella.  Dal  convento  adunque, 
e  dal  pozzo  eh'  è  l'unico  d'  acqua  potabile  nel  villaggio,  sem- 
bra derivalo  ad  esso  il  nome  di  Galovaz,  col  quale  nome 
lo  troviamo  menzionato  in  scritture  del  1518. 

Quanto  v'  ha  di  certo  sulT  origine  di  questa  parochia  si  è, 
che  Galovaz  con  Sancassiano,  lontano  da  essa  5  miglia,  for- 
mavano tuli'  una  parochia  fino  alla  metà  dello  scorso  secolo. 
Dapprima  ancora  staccaronsi  da  Sancassiano  alcune  famiglie 
coi  propri  animali  in  cerca  di  migliori  pascoli,  e  stabilironsi 
in  quel  (ratto  di  terra,  che  occupa  attualmente  il  villaggio  di 
Galovaz.  Coli'  andar  del  tempo  moltiplicaronsi  queste  poche 
famiglie  in  modo  da  formare  un  villaggio  a  parte,  ed  in  causa 
della  grande  distanza,  che  li  separava  dalla  chiesa  matrice, 
ottennero  d'erigere  a  spese  proprie  una  chiesa  con  adiacente 
cimitero,  ed  ebbero  dippoi  anche  il  proprio  curato. 

La  chiesa,  di  forma  quadrangolare,  è  posta  sulla  cima 
d'  un  colle,  sovrastante  al  villaggio.  Non  consta  quando  sia 
stata  fabbricala  dai  villici.  11  vaso  misura  in  lunghezza  m.  14.10, 
in  larghezza  4.50,  ed  in  altezza  3.50.  Ha  due  altari,  de' quali 
il  maggiore,  di  pietra  levigala,  con  colonne  di  marmo  rosso, 
è  dedicato  all'  arcangelo  s.  Michele,  il  minore,  di  legno,  alla 
B.  V.  del  Carmelo.  Il  campanile,  eh'  era  alia  foggia  romana, 
or  più  non  t^siste,  poiché  fu  rovescialo  da  un  fulmine  il  dì 
21  settembre  1878,  per  cui  le  nuove  campane  Irovansi  col- 
locate su  d'una  armatura  di  legno.  La  chiesa  è  in  stalo  rovi- 
noso, oltre  all'  essere  insufficiente  alla  popolazione,  che  ora 
ascende  a  540  anime,  quando  nel  1754  non  ne  aveva  che 
220.  V'era  una  confraternita  nel  1808  sotto  il  patrocinio 
del  titolare  s.  Michele,  ed  aveva  allora  23  aggregati  con 
rendite  di  vino,  grano  ed  elemosine  a  beneficio  dell'aitar 
padronale. 

V  è  pure  la  casa  canonica.  Questa  fu  in  principio  una 
casa  di  proprietà  di  certo  Maltez,  curato  di  Galovac,  sua 
patria,  il  quale  dopo  morto  lasciolla  per  uso  de'  successori 
in  carica.  Fu  ristaurala  nel  1840  a  spese  del  fondo  eccle- 
siastico, come  lo  sarà  fra  breve  anche  la  chiesa,  il  cui  pro- 
getto è  slato  anche  approvato. 

Gli  abitanti  di  Galovac  tutti  cattolici,  sono  laboriosi,  ed 
in  tale  riguardo  servono  d'  esempio  ai  villaggi  circostanti 


—  382  — 

Lontane  due  miglia  da  Gaiovac  veggonsi  le  vestigia  di 
una  strada  ben  lavorala,  che  dai  villici  è  denominata  Cav- 
lenikj  e  che  continua  a  N.  E.  fino  a  Nadin. 

La  villa  di  Gaiovac  è  cappellania  esposta,  dipendente 
dal  Decanato  di  Zara. 

Serie  dei  cappellani  di  Gaiovac. 

Giuseppe  Vuizza,  cappellano     nel  1760 

Giuseppe  Vucassich       „  „  1771 

N.  Maltez  „  „  1772 

Matteo  Petrich  da  S.  Eufemia  „  1815 

Marco  Surach  cappellano  „  1820 

Simeone  Spanich  „  „  1825 

Luca  Bobich  ^  „  1830 

Simeone  Tresin  „  ,,  1832 

Bartolomeo  Drasich        „  „  1833 

Tito  Sufflay  ^  „  1849 

Marco  Boxicevich  „  ^  1850 

Simeone  Sarich,      supplente  „  1853 

Giuseppe  Voivodich       „  „  1854 

Andrea  Matsegg  ,,  „  1858 

Cristoforo  Slipcevic    da    Borgo 

Erizzo,  cappellano  „  1877 

Località  aggregale  a  Gaiovac: 
Josane  con  sei  case. 
Debeljak  con  cinque  case. 

Zemonico. 

Lontano  due  miglia  da  Gaiovac  verso  maistro,  e  sette 
verso  levante  da  Zara  giace  il  villaggio  di  Zemonico,  Ze- 
munik^  nel  mezzo  di  un'  estesa  amena  e  fertile  campagna, 
irrigata  da  più  sorgenti  d'  acqua.  Denominavasi.  secondo  il 
Frescol,  anticamente  Zunen  (probabilmente  dai  Turchi).  In 
scrittura  del  1346  è  appellata /Seme/meo,  ed  in  altra  del  1397 
Sehnonico,  e  finalmente  in  documento  del  1473  Zenwnicum, 
Villaggio  importante  una  volta  pel  suo  commercio,  era  po- 
polato nel  1215  da  più  di  2000  abitanti,  dediti  al  traffico. 
Era  già  in  antico  un  luogo  fortifioato,  e  diteso  da  una  rocca 
ben  munita,  e  da  quattro  baluardi.  Giusta  il  Lucio,  qui  s'ac- 


—  383  — 

campò  l'esercito  di  Lodovico  re  d'Ungheria,  allorquando  venne 
con  centomilla  soldati  in  aiuto  di  Zara,  assediata  dai  Vene- 
ziani. In  seguito  fu  ricostrutto  a  modo  di  castello  quadrato, 
ricinto  d'  ogni  intorno  da  grosse  mura,  e  da  fosso  profondo, 
nel  cui  angolo  a  levante  ergevasi  un'  alta  fortissima  torre, 
e  due  altre  di  minor  altezza  ad  ostro  e  ponente.  Non  consta 
da  chi  sia  stata  costrutta  quest'  opera,  che  deve  aver  costalo 
molta  spesa  e  fatica. 

Fu  Zemonico  considerato  sempre  nei  tempi  andati  qual 
antemurale  di  Zara,  e  specialmente  qual  guardia  e  custodia 
del  territorio  zaratino  contro  le  ostili  incursioni  ;  per  cui  ve- 
niva mantenuto  in  esso  un  considerevole  corpo  di  cavalleria 
armata^  che  accorrer  dovea  ad  ogni  bisogno  di  difesa  dei 
villaggi  circonvicini  sino  al  confine.  Per  la  stessa  ragione 
era  questo  castello  presieduto  da  un  nobile  zaratino  col  titolo 
di  Capitano,  dal  comune  consiglio  di  Zara  a  ciò  destinato. 
Sotto  Bajazette  II  fu  nel  Ì500  incendiato  da  Skender  pascià. 
Nel  1538  fu  assediato  dai  Turchi,  ma  resistette.  Divenuto 
proprietà  d'  una  delle  patrizie  famiglie  zaratine  di  nome  Seppe, 
passò  col  tempo  per  ragion  dotale  nella  casa  dei  gentiluomini 
veneti  Venier,  che  lo  ristaurarono,  e  ne  tennero  il  possesso 
e  la  giurisdizione  fino  all'anno  1571^  in  cui  per  tradimento 
d*  un  loro  domestico  cadde  in  mano  dei  Turchi,  i  quali  lo 
guarnirono  di  buon  presidio,  e  vi  fabbricarono  una  moschea 
dal  lato  di  tramontana,  affinchè  servisse  di  difesa  al  castello 
medesimo.  La  caduta  di  Zemonico  in  mano  ai  Turchi,  portò 
la  conseguenza  che  la  maggior  parte  dei  fedeli  cristiani  sen 
fuggirono  dai  villaggi  del  territorio  zaratino,  e  si  rifuggia- 
rono  alle  marine.  Fu  dai  Turchi  munito  di  ben  più  forte  ar- 
tiglieria, ed  anche  di  buon  numero  di  soldati,  e  di  capitani. 
Vi  risiedeva  un  Dasdaro,  ed  un  Cadi,  ossia  giudice,  con  un 
Agà  per  riscuoter  le  gabelle.  Crebbe  in  brevissimo  a  tanto 
da  diventare  una  borgata  ottomana  considerevole,  e  forte  di 
più  che  400  case;  la  quale  assunse  il  nomo  di  Zemonico 
nuovo.  Veniva  tenuto  dai  Turchi  in  grande  considerazione, 
per  essere  stato  il  centro  delle  loro  operazioni  militari,  e 
luogo  adatto  a  resistere  a  qualunque  tentativo,  che  fatto  si 
fosse  da  Zara  contro  il  territorio,  di  cui  si  erano  impadro- 
niti, ed  un  posto  strategico,  opporlunissimo  ad  arrecar  mo- 
lestie alla  città,  al  cui  acquisto  erano  costantemente  rivolte 
lt3  loro  mire,  ma  che  però  non  giunsero  a  conseguire  giammai. 

Nel    1637,    i    morlacchi   dei   paesi  circonvicini   stanchi 


—  384  — 

delle  angherie  eh'  esercitavano  i  Turchi  sopra  di  loro,  si  sol- 
levarono in  massa,  ed  uccisero  Musaibeg,  comandante  del 
castello  di  Zemonico,  Duracbecovich  suo  primo  ufficiale  e 
160  soldati.  Rimasero  contuttocìò  i  Turchi  in  possesso  del 
castello,  finché  nel  1647^  visto  il  pericolo  cui  era  esposta 
la  città  di  Zara  per  la  vicinanza  di  un  così  polente  e  feroce 
nemico,  il  quale  di  continuo  vi  faceva  scorrerie  sino  alle  sue 
porte,  minacciando  e  provocando^  vi  fu  mandalo  dal  Com- 
mandante in  capo  Provveditor  Generale  Leonardo  Foscolo  il 
Provveditor  generale  della  Cavalleria  Marcantonio  Pisani,  con 
6000  soldati  ben  agguerriti  e  con  parecchi  bellici  strumenti. 
Vi  pose  egli  V  assedio,  ne  diede  1'  assalto,  e  dopo  ripetute 
lotte  sanguinose,  seguite  dalla  morte  di  Dtiracbegh,  entrò 
trionfante  in  Zemonico  il  19  Marzo,  dopo  aver  fatti  prigio- 
nieri Halilbegk,  Sangiacco  della  Licca,  padre  di  Duracbegh, 
e  molti  altri  capi  militari,  eh'  erano  accorsi  alla  difesa.  Nel 
conflitto  si  distinse  fra  gli  altri  il  soldato  Ilia  Smiljanich,  la 
cui  famiglia  ivi  stabilitasi  ebbe  in  premio  del  suo  valoroso 
coraggio  alcune  terre  della  borgata,  e  venne  in  seguito  te- 
nuta in  grand'  estimazione  dalle  genti  del  zaratino  contado.  *) 
Impossessatosi  così  di  Zemonico  il  veneto  generale  ne  ordinò 
la  demolizione,  che  fu  anche  eseguita  colf  atterramento  fino 
al  suolo  di  tutti  i  fertilizzi  i  quali  erano  stati  già  in  buona 
parte  assieme  alle  case  dall'artiglieria  rovinati. 

Dopo  una  tale  catastrofe  rimase  Zemonico  per  qualche 
tempo  malconcia  e  disabitata,  finché  cominciossi  a  ristaurarla, 
e  a  poco  a  poco  anche  ripopolarla  colle  genti  del  territorio, 
che  rassicurate  della  fuga  dell'  oste  nemica,  vi  fece  ritorno. 
Il  governo  veneto  pertanto,  nel  timore  che  i  Turchi  o  prima 
0  dopo  si  sarebbero  vendicati  del  palilo  disastro,  vi  tenne 
sempre  un  forte  presidio  di  cavalleria,  che  non  una  volta 
però  sostener  dovette,  coli'  ajuto  delle  terriere  milizie,  fie- 
rissimi  scontri,  in  uno  dei  quali  rimase  prigioniero  il  pascià 
comandante,  che  inviato  a  Zara,  venne  poi  spedilo  a  Brescia, 
é  rinchiuso  in  quel  castello  ove  anche  vi  lasciò  la  vita.  A  tal 
fine  furono  eretti  nel  1719  due  quartieri,  che  poscia  nel  1776 
vennero  in  miglior  forma  riedificati  dal  Provveditor  generale 
Jacopo  Gradenigo,  e  dal  suo  successore  Foscari  compiuti. 
Di  essi  non  esistono  al  dì  d'  n?o^i  che  le  sole  rovine. 


*")  Di  questo  assedio  trovasi  dettag:lìata  descrizione  nell'opera  di  V.Solitro 
^Boeumenti  sulFtslria  e  la  DtUmaKta^  st&inpatft  a  Veiezia*  wt\  1844i 


—  385  — 

Se,  come  si  è  detto  dissopra,  questo  villaggio,  impor- 
tante per  la  sua  felice  postura,  era  così  popolato  nel  1215 
da  avere  perfino  due  milla  abitanti,  non  è  dubbio,  che  avrà 
avuto,  ancor  prima  di  quesl'  epoca,  il  suo  paroco,  di  cui  però 
non  ci  è  rimasta  memoria.  Venuto  in  potere  del  barbaro  ot- 
tomano, dei  fedeli  pochi  assai  vi  restarono  o  nessuno,  e  per- 
ciò cessar  dovette  di  esistere  una  parochia  cristiana.  Una 
chiesa  doveva  pur  esservi  stala,  ma  neppur  di  essa  trovasi 
menzione  nelle  antiche  scritture  La  mano  dislruggitrice  del 
feroce  osmanide  T  avrà  certamente  sino  dalla  sua  radice 
schiantata. 

E  opinione  degli  scrittori  delle  cose  nostre,  che  dopo  i 
fatti  del  1647,  i  cristiani,  che  si  andarono  pian  piano  stan- 
ziando in  Zemonico,  vi  avessero  edificala  la  chiesa,  tuttora 
esistente,  in  onore  di  s.  Caterina  v.  m. 

La  chiesa  di  s.  Caterina  giace  fuori  degli  abitali  sul 
pendio  del  più  elevato  poggio  di  Zemonico,  con  direzione 
da  scilocco  a  maistro,  ed  a  sinistra  del  tronco  stradale,  che 
conduce  in  Croazia.  Costrutta  a  quadrilatero  con  metri  di  luce 
5  in  larghezza  e  14.50  in  lunghezza,  è  coperta  di  tegole,  a 
due  entrale,  la  maggiore  a  scilocco,  l'altra  ad  ostro.  Ha  tre 
altari,  il  principale  di  pietra  tassellata  in  marmo,  e  dedicalo 
alla  titolare,  con  pala  della  santa,  lavoro  di  recente  scuola 
romana,  eretto  nel  1869  per  cura  del  paroco  d'allora  P.  Vin- 
cenzo Basile  d.  C.  d.  G.  e  per  munificenza  delle  LL.  MM. 
Ferdinando  e  Francesco  Giuseppe  Imperatori  d'Austria.  I  due 
altari  laterali  sono  dì  legno;  quello  a  mano  destra  intitolato 
alla  Purificazione  di  M.  V.  quello  a  mano  manca  alle  anime 
purganti. 

Zemonico,  che  nel  1714  contava  260  anime  e  nel  1754 
solo  287  anime  cattoliche,  ora  ne  conta  823.  È  parochia  del 
Decanato  di  Zara. 

Due  confraternite  v'  erano  in  essa,  la  prima  sotto  la 
protezione  della  B.  V.  della  Misericordia  con  14  fratelli,  i 
quali  contribuivano  alcune  elemosine  in  natura  a  beneficio 
della  chiesa;  l'altra  del  Suffragio  con  21  associati  che  an- 
nualmente facevano  un'  elemosina  di  frumento  a  vantaggio 
della  chiesa.  Ambedue  furono  nel  1808  soppresse. 

La  canonica  è  una  delle  prime,  che  furono  erette  dal- 
l' i.  r.  Governo  austrìaco  a  spese  del  fondo  ecclesiastico.  E 
in  cattivo  stato. 

25 


—  386  — 

Da  un'atto  esìstente  nell'archìvio  parochiale  si  rileva  che 
il  paroco  dì  Zeinonico  ai  tempi  del  Provveditore  Generale 
Francesco  Grimanì^  T  anno  1753  veniva  prò  tempore  inve- 
stito del  beneficio  di  30  campi  di  terra,  e  di  un  terreno  bo- 
schivo nella  località  Velike  Njive,  e  così  pure  il  capovilla 
riceveva  a  titolo  dì  onorario  per  le  sue  prestazioni  un  ter- 
reno di  otto  giornate  di  lavoro^  il  quale  perciò  Kapitania 
viene  denominato,  e  tuttavia  usufruttuato. 

Trovasi  questa  parochia  rappresentata  nel  Sinodo  del 
Cellino  del  1566  dal  suo  paroco. 


Serie  dei  parochì  di  Zemonico. 


Prè  Cosmo    paroco,    istituito  dall'  arciv. 

Vallareso  nel  1461 

Prè  Marco  Capitanovich  paroco   ^  1537 

Prè  Gregorio  Paulovich       „  ,.  1548 

Prè  Belletto  Boyco               „  „  1557 

Giacomo  Jadriich                   „  „  1702 

Nicolò  Carlovich                    „  ,,  1714 

Giovanni  Zarevich                 „  „  1745 

Gregorio  Rapar                     „  ,,  1771 

Bartolomeo  Spadich              „  „  1815 

Michele  Sarich                       „  «  1824 

Matteo  Marcellich                  „  „  1826 

Tommaso  Radovich               „  „  1827 

Simeone  Sarich                     „  „  1840 

Paolo  Rumora                       ^  „  1861 

Simeone  Baranì                     „  „  1864 

Vincenzo  Basile  d.  C.  di  G.   „  „  1869 

Simeone  Ziz  del  IH  Ord.  Frane.   ,,  1872 

Ferdinando  Vicario  da  Zara  „  1876 


Fra  i  suoi  antichi  abitatori  trovasi  Tommaso  Carisanich 
rammentato   in  scrittura   del   1478,  e  Paolo  Mircich  del  1488. 

Una  lapide,  innestata  nel  timpano  della  porla  laterale 
della  chiesa  parochiale  di  Zemonico  porla  scolpita  in  lettere 
latine  di  forma  non  buona  una  iscrizione,  che  ha  una  isto- 
rica  importanza.  Essa  è  del  seguente  tenore  : 


—  387  — 

ANNO    .    DOMINI    .    M.C.LXXXXIIII 

REGNANTE  .  DOMINO  .  NOSTRO 

BELA    .    TERCIO    .    REGE    .    VNGARIE 

ET     .     DAMIANO     .     lADERE     .     PRINCIPI 

EGO   .    KACIA    .    FILIA    .    PETCO 

PRO    .    REMEDIO     .     ANIME    .    MEE 

ET    .    VIRI    .    MEI    .    RADOVANI 

MEORVMQVE     .    PROGENITORVM 

FECI     .     CONSTRVere     .     HANC     .     BASILICAM 

AD    .    ONOREM    .    DI    .    SI    .    lACOBI 

E  abbastanza  bene  conservala,  ed  è  rimarchevole  per 
la  sua  antichità,  recando  l'anno  1194.  Ricorda  il  tempo,  in 
cui  la  Dalmazia  si  trovava  sotto  la  prolezione  di  Bela  III^ 
Re  d' Ungheria^  che  in  più  documenti  di  simil  dato  è  nomi- 
nato col  titolo  aggiuntivo  di  Re  di  Dalmazia,  Croazia,  e 
Ramia,  sotto  il  quale  andò  a  cessare  ogni  influenza  degli 
Imperatori  greci  in  Dalmazia.  Fa  essa  pure  menzione  di 
Damiano^  che  in  qualità  di  Principe  e  di  Conte  governava 
la  città  di  Zara  in  nome  di  Bela.  Dicesi  in  qualità  di  Conte, 
poiché  con  simil  titolo  lo  si  trova  indicalo  in  più  documenti 
di  quest'epoca.  Questa  lapide  che  non  ha  alcuna  relazione 
colla  chiesa  parochiale  di  s.  Caterina  di  Zemonico,  ove  si 
trova  ora  collocata,  deve  aver  appartenuto  ad  una  chiesa, 
dedicata  a  s.  Giacomo,  fondata  da  Kacia,  figlia  di  Petco,  e 
moglie  di  certo  Radovano,  per  soddisfare,  come  sembra,  ad 
un  voto  fatto  da  essa  in  onor  del  santo.  E  assai  probabile 
che  questa  fosse  la  chiesa  di  s.  Giacomo,  che  esisteva  una 
volta  oltre  il  porto  di  Zara,  presso  il  barcagno,  della  quale 
trovasi  menzione  in  documenti  del  1248  e  1284,  e  presso 
cui  i  Re  Ungheresi  tenevano  la  propria  residenza.  Di  essa 
abbiamo  parlato  nel  I  Voi.  a  pag.  477.  Potrebbe  anche  darsi 
che  colesta  lapide  si  riferisca  ad  una  delle  chiese  cristiane, 
preesistite  alla  turchesca  invasione  in  questo  villaggio  di  Ze- 
monico  e  distrutte  da  questa  potenza. 

In  Zemonico  Irovansi  due  fonti  perenni,  l'una  dall'altra 
poco  discoste,  e  tutte  e  due  conosciute  sotto  il  nome  di  Tocak, 
locak  Veliki  appellasi  quella  eh'  è  situata  sul  ciglio  sinistro 
del  tronco  stradale,  sotto  la  chiesa,  un  vero  beneficio  pegli 
abitanti  di  Zemonico  e  pei  forestieri.  Sul  frontale  di  questa 
fonte  leggevasi  due  anni  addietro  unicamente  la  data  ^  1791.  = 
In  occasione   dei   recenti   rìslauri  vi  venne  sostituito  l'anno 


—  388  — 

1878.  Tocak  mali  si  denomina  quella  situata  sul  ciglio  si- 
nistro della  via,  che  conduce  a  Suovare.  La  sua  acqua  è 
mollo  nota  qui  ed  altrove^  ed  è  più  ricercata  per  la  sua  fre- 
schezza e  leggerezza  di  quella  del  primo. 

Sul  frontale  di  questa  leggesi  la  seguente  iscrizione, 
scolpila  nel  1775,  al  tempo  del  Provveditor  Generale  Gia- 
como Gradenigo,  il  quale  la  fece  rislaurare  ed  abbellire. 

QVAE    .    SVPERSTITIOSAE    .    RELIGIONIS 

VSV    .    TVRCARVM    .    RVDI    .    CVRA    .    COLLECTA 

E    .    TEMPORIS    .    EDACITATE    .    DIRVTA 

NAIS  .    lACOBI    .    GRADONICI   .   DALMATIAE 

PRAEFECTI    .    SEDVLITATE 

PVLCHRIOR     .     ET     .     AVCTIOR     .     RENOVATA 

DEFLVXIT 
SVI  .  PROCONSVLATVS  .  ANNO  ,  PRIMO  .  SALVT  .  MDCCLXXV. 


Pia  Fondazione  della  B.  V.  Immacolata  di  Zemonioo. 

Fino  dal  1864  una  pia  fondazione  sotto  il  titolo  e  pa- 
trocinio della  B.  V.  Immacolata  fu  instituita  in  Zemonìco  dal 
Commendatore  Carlo  Fontanella  de'  Battisti,  cittadino  di  Zara, 
Conte  Romano  e  Cameriere  di  cappa  o  spada  di  S.  S.,  allo 
scopo  di  dare  educazione  ed  istruzione  religiosa,  morale, 
agricola,  ed  elementare  letteraria  ai  fanciulli  della  città  e  del 
contado  di  Zara,  a  condizione,  che  siffatta  educazione  ed 
istruzione  sieno  affidate  ad  un  Ordine  regolare,  la  cui  isti- 
tuzione e  scopo  sieno  conformi  a  quelli  della  istituita  fon- 
dazione, la  cui  religiosa  famiglia  dovesse  avere  convento  ed 
istituto  in  Zemonico,  e  conseguire  il  suo  sostentamento  dalla 
fondazione  stessa  e  dall'  opera  propria  e  dei  fanciulli  educandi. 
L'atto  Fondnzioni'Io  venne  solcniitìnìctilc  ertilo  il  di  1()  Feb- 
braio 1864,  ed  approvalo  dal!"  Ordinariato  Arcivescovile  li 
25  del  n)ese  ed  anno  stesso,  e  dalla  Luogotenenza  Dalmata 
\\  giorno  21  Marzo  dello  slesso  anno.  La  sostanza  di  questa 
fondazione  si  compone  di  beni  stabili  di  campagna  in  Ze- 
monico,  Smokovic  e  Cerno.  Venne  affidata  sin  da  principio 
ai  Religiosi  della  Congregazione  di  s.  Croce  di  Mans,  i  quali 
ne  presero  possesso,  e  T  amministrarono  per  qualche  tempo; 
ma  nel  1868  la  dovettero  abbandonare,  perchè  richiamati  in 
Francia    dal   loro    superiore.    D' allora  questa  sostanza  vrene 


—  389  — 

amministrala  dal  Comitato  rappresentante  i  Comproprietarii, 
quali  sono  il  Comune  di  Zara,  T  Arcivescovo,  ed  il  fonda- 
tore benemerito,  e  i  redditi  sono  convertili  in  capìtoli,  fino 
a  tanto  che  col  censo  di  quesli  si  potrà  far  fronte  alle  spese 
occorrenti  a  questa  utilissima  fondazione. 

1  beni  di  Zemonico  appartenevano  in  antico  alla  pre- 
menzionata famiglia  Smiljanich;  passarono  poi  in  Pelrovich, 
che  li  vendette  al  fondatore  Fontanella  de  Battisti.  Quelli  di 
Cerno  erano  della  nobil  famiglia  de'  Pellegrini  che  li  vendette 
a  Hòberth,  da  cui  li  acquistò  il  fondatore.  Quelli  infine  di 
Smokovic  erano  proprietà    della    famiglia  zaratina    Papafava. 

Una  scuola  popolare  regolare  fu  nel  1873  istituita  in 
Zemonico  dall'i,  r.  Consiglio  scolastico  provinciale.  L'edifizio 
è  di  sua  proprietà. 

Mur vizza.  (Murvica). 

A  ponente  di  Zemonico,  nella  distanza  di  circa  5  miglia 
è  posta  la  villa  di  Murvizza  (Murvica),  così  appellata  in 
scritture  dal  1375  in  poi.  In  documenti  del  1439  e  1440 
porta  il  nome  di  Murvizza  grande^  forse  per  essere  slata 
divisa  in  due  sezioni,  T  una  maggiore  dell'altra,  che  sarà 
stata  chiamala  Murvizza  j^iccola.  Da  gran  tempo  è  parochia, 
trovandosi  memoria  de' suoi  parochi  in  carte  del  1450.  Lo 
è  anche  oggidì,  ed  appartiene  al  Decanaio  di  Zara,  da  cui 
è  7  miglia  lontana.  Ha  280  abitanti,  tutti  cattolici,  mentre 
nel  1754  non  ne  aveva  che  117.  Sono  dediti  alla  pastorizia 
più  che  air  agricoltura. 

La  sua  chiesa  parochiale,  era  in  antico  una  cappella 
assai  piccola.  Verso  la  fine  del  secolo  passato  venne  alquanto 
ingrandita  a  cura  e  spese  dei  villici,  e  nel  1868  fu  ristau- 
rata  malamente  a  carico  del  fondo  ecclesiastico.  11  fabbricalo 
è  rozzo,  senza  simelria^  ed  oscuro,  non  ricevendo  la  luce 
che  da  un  solo  fenestrino.  Non  può  capire  più  di  130  per- 
sone, e  perciò  non  adatto  all'uopo.  Vi  sono  due  altari,  dei 
quali  il  maggiore,  di  legno,  è  dedicato  alla  Visitazione  di 
M.  V.  che  n'  è  la  titolare  e  la  patrona,  1'  altro  pure  di  legno 
intitolato  al  dottor  s.  Girolamo.  Le  pale,  T  una  in  tavola,  l'altra 
in  tela,  non  hanno  alcun  valore  artistico.  L'  antica  cappella 
suaccennata  prima  del  suo  ingrandimento  era  intitolala  alla 
B.  V.  del  Rosario;  nel  1754  però  la  si  trova  dedicala  alla 
B.  V.  della  Neve,  donde  si  scorge  che  il  titolo  attuale  le  fu 


—  390  — 

dato  in  un'  epoca  a  noi  vicina.  Aveva  una  confratornila  in 
onor  della  Visitazione^  composta  di  30  soci,  i  quali  con  ren- 
dite di  vino,  biade,  ed  elemosine  provvedevano  alle  occor- 
renze del  culto.  È  slata  però  soppressa  nel   1808. 

La  canonica  è  di  nuova  costruzione.  È  stata  fabbricata 
Tanno   1841  a  spese  del  fondo  ecclesiastico. 

Serie  dei  parochi  di  Murvizza. 

Prè  Giovanni  Bezech  paroco  nel  1450 

Simeone  Pericich  da  Luka  „  „  1714 

Paolo  Glavinich  „  „  1728 

Giacomo  Lukacich  „  „  1771 

Giuseppe  Marcellich  da  Oltre  „  „  1815 

Giuseppe  Lettinich  „  ,,  1825 

Giacomo  Mezich  „  ,^  1827 

Luca  Ghergech  „  „  1830 

Marco  Surac  ^  „  1832 

Spìridione  Duka  da  B.  Erizzo  ,,  ,,  1836 

Matteo  Marcellich  da  Oltre  „  „  1840 

Giovanni  Barbalich  ora  canonico  „  ^  1856 

Antonio  Bossi  da  Zara  ,,  „  1856 

Simeone  Marcellich  da  Oltre  ,,  „  1860 

Stefano  Marcovich  „  ^^  1863 

Giovanni  Oslrich  da  Novegradi  „  „  1865 

Ottavio  Ivanovich  M.  0.  r>  r>  1^^^ 
Celestino  Buich  del  III  Ordine 

di  s.  Francesco  „  ,,  1867 

Simeone  Gulam  ^  „  1869 

Martino  Skiffic  „  „  1879 

Tra  i  suoi  antichi  abitatori  Irovansi  Drasojo  Filippovich 
in  scrittura  del  1375^  Dragoslavo  q.m  Damiano  dei  1381,  e 
Doirao  del  1432. 

Grue-BriSevo.  (Gruhe,  Grusi). 

A  poca  distanza  da  Murvizza,  giace  la  villa  di  Grue- 
Brisevo^  con  368  abitanti,  nel  distretto  di  Zara,  nel  comune 
politico  di  Nona.  Ha  essa  per  confini,  da  bora  Polesnik  e 
Miljasic,  da  maestro  Poljizza,  da  mezzodì  Boccagnazzo  e  gli 
3tani  di  Zara^  e  da  scilocco  Murvizza.  La  circondano  d'ogni 


—  391  — 

intorno  pianure  bellissime  e  praterie,  irrigale  da  un  torrente, 
dai  paesani  denomin.ilo  jaruga.  È  posta  presso  le  rovine  di 
un  castello,  e  prese  il  nome  di  Grue  da  cotesto  rovine,  che 
neir  idioma  slavo  diconsi  Grnhe  e  GrnsL  TI  noslro  storico 
Gliubavaz  fa  derivare  tal  denominazione  dalla  pietra  molare 
e  fragile,  detta  Gruh  dagli  slavi,  di  cui  è  formala  la  collina 
su  di  cui  giace  la  villa.  Di  essa  esiste  memoria  col  nome 
di  Grusi  in  scrilture  del   1070,    1405  e   1426. 

Grue-Brisevo  dall'anno  1851  è  capptilania  esposta,  sotto 
il  decanaio  di  Zara.  Prima,  e  sino  da'  prischi  tt^npi,  era  pa- 
rochia  sotto  il  solo  ed  unico  nome  di  Grue,  perchè  questo 
luogo  era  il  centro  della  sua  popolazione,  mentre  Brisevo 
non  era  che  una  località  con  poche  case.  Troviamo  memoria 
di   Grue  quale  parodila  in  documenti  del    1433. 

La  chiesa  di  Grue,  d'antica  e  meschina  costruzione,  fu 
edificata  dai  parocliiani.  Se  legger  si  potesse  la  iscrizione 
lapidaria  glagolitica  situata  sopra  la  sua  porta  d' ingresso, 
forse  si  verrebbe  a  rilevare  T  epoca  di  sua  erezione,  ma  è 
corrosa  dal  tempo.  E  intitolata  alla  B.  V.  del  Rosario,  con 
aitar  della  titolare,  e  tabernacolo.  Aveva  annessa  fino  al  1808 
una  confraternita  sotto  l' invocazione  della  Vergine  con  30 
confratelli,  e  con  rendite  in  vino,  biade  ed  elemosine  in  da- 
naro, che  servivano  al    mantenimento  dell*  altare. 

Grue,  un  dì  molto  piìi  popolata,  come  sopra  si  disse, 
oggi  si  riduce  a  sole  9  case,  e  va  continuamente  decrescendo 
la  sua  popolazione  per  l' insalubrità  dell'  aria,  mentre  Brisevo 
in  posizione  più  vantaggiosa  ed  elevala  su  di  un  terreno  roc- 
cioso ad  ostro  di  Grue,  va  aumentando,  talmente  che  oggidì 
conta  52  famiglie  Appunto  per  questo  riguardo  fu  di  re- 
cente costruita  nel  suo  centro  ed  in  posizione  molto  comoda 
e  adattata  la  nuova  chiesa.  Fu  questa  eretta  di  pianta  a  spese 
del  fondo  ecclesiastico  nell'anno  1866.  E  un  vasto  e  bell'e- 
difizio,  della  lunghezza  di  m.  21  e  della  larghezza  dì  6.  Ha 
quattro  finestre  nei  muri  laterali,  ed  una  circolare  sopra  la 
porta  d' ingresso.  Un  campanile  alla  romana  sovrasta  la  sua 
fronte.  È  dedicata  alla  B.  V.  del  Rosario,  ed  ha  un'  altare, 
di  legno,  con  pala  di  moderno  pennello,  rappresentante  la 
titolare.  Dietro  l'altare  havvi  una  bella  sagrestia,  rischiarata 
da  due  finestre.  1  due  altari  laterali  pure  di  legno,  ma  sdru- 
sclli,  furono  trasportati  dalla  vecchia  chiesa  di  Grue.  È  la- 
stricala con  pietre  regolari.  Non  fu  peranco  consacrala. 


—  392  — 

Canonica  non  esiste,  se  non  che  una  casupola  comunale 
nella  località   di  Grue^  ove  abitavano  una  volta  i  curati. 

II  nome  di  Brisevo  deriva  probabilmente  dalla  sua  po- 
sizione in  luogo  elevato,  su  d'  una  umile  collina,  che  in  slavo 
dicesi  Brig.  E  distante  da  Grue  un  miglio,  e  da  essa  n'  è 
separata  mediante  il  torrente  Jaruga^  che  d'  inverno  tanto 
si  gonfia  da  non  permettere  il  passaggio  neppure  a  cavallo. 

Il  villaggio  di  Brisevo  presenta  un  corso  di  case  che  quasi 
in  linea  reità  s'  estendono  da  maestro  a  scilocco  per  unirsi 
in  quest'  ultimo  termine  con  Murvizza  inferiore,  da  cui  non 
dista  che  mezzo  miglio  mentre  dalla  chiesa  parochiale  di 
Murvizza  a  quella  di  Brisevo  la  distanza  non  è  maggiore  di 
un  miglio  e  mezzo. 

Nelle  vicinanze  di  Brisevo,  kod  Teljevca^  veggonsi  le 
traccie  d' una  cappella,  dedicata  a  s.  Paolo.  Trovansi  pure 
gli  avanzi  di  un  edicola,  intitolata  a  s.  Giovanni. 

Del  castello  suaccennato  di  Grne  non  sono  ora  visibili 
che  alcuni  pochi  avanzi  i  quali  potrebbero  a  stento  demar- 
carne la  struttura  e  T estensione.  E  situato  su  d'una  colli- 
netta, poco  più  in  giù  della  vecchia  chiesa  parochiale.  Nei 
tempi  addietro  era  questo  un  silo  molto  importante.  In  tempo 
di  pace,  onde  rendere  più  sicura  e  difesa  la  campagna  dalla 
insolenza  turchesca,  soleva  la  repubblica  veneta  tener  in 
questo  castello  un  drappello  di  cavalleria  leggiera,  che  ve- 
niva aumentato  all'approssimarsi  del  nemico.  Questo  silo  era 
molto  adatto  per  resistere  a  qualunque  scorreria,  che  avesse 
inteso  di  fare  il  Turco  da  quella  parte  nei  territori  di  Zara 
e  di  Nona  ;  perciò  eranvi  appostate  qua  e  là  delle  sentinelle 
e  delle  scolte  di  paesani,  stipendiati  dal  pubblico  erario,  i 
quali  all'apparire  dell'inimico  facevano  rimbombare  i  loro 
bellici  stromenti,  a  cui  rispondevano  quei  di  Malpaga,  al  quale 
avviso  correvano  in  ajuto  da  Zara  le  milizie  a  cavallo  e  a 
piedi,  capitanale  il  più  delle  volle  dal  Provveditor  Generale. 
Quando  e  da  chi  sia  stalo  edificalo  questo  castello  e  quando 
e  da  chi  distrutto,  s' ignora.  È  certo  che  il  Turco  non  posevi 
piede  giammai.  Ce  lo  attesta  l'arcivescovo  Caraman  in  una 
delle  sue  relazioni  al  Pontefice  del  1754,  ove  dice  :  Grue 
Castrum  nunquam  Turcis  subjectum.  Anzi  sappiamo  dalle 
venete  istorie,  che  i  morlacchi  di  Grue  nel  1645  misero 
in  fuga  e  trucidarono  i  Turchi,  che  tentavano  d'impos- 
sessarsene. 


^  393 


Serie  dei  parochi  e  dei  cappellani  di  Grue. 


Antonio  Cvìlkovich 

Antonio  Missicich 

Antonio  Chiuzzo 

Giovanni  Antonina  da  Zman 

Antonio  Perich 

Gasparo  Sarich 

Matteo  Longin 

Bartolomeo  Pavich 

Luca  Gherghez 

Nicolò  Peros 

Marco  Surac 

Antonio  Blagdan 

Pietro  Viducich 

Michele  Panovich 

Natale  Soccota 

Matteo  Marcellich  da  Oltre 

Simeone  Zuppanovich 

Antonio  Grasso  cappellano 

Giacomo  Missul 

Simeone  Marcellich  da  Oltre 

Simeone  Sarich 

Giorgio  Jelicich 

Simeone  Gulam 

Stefano  Marcovich 

Martino  Skific 


paroco 


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nel  1433 

„  1515 

„  1714 

„  1717 

,.  1727 

l,  1770 

„  1771 

,,  1815 

„  1820 

ìì  1827 

„  1833 

„  1835 

„  1837 

„  1839 

„  1840 

„  1849 

„  1852 

„  1853 

„  1855 

„  1856 

y,  1863 

„  1867 

„  1869 

n  1870 

„  1872 


Boccagnazzo. 


A  tramontana  di  Zara,  lontano  3  miglia  incirca,  è  si- 
tuato il  villaggio  di  Boccagnazzo^  dagli  slavi  detto  Bokanjac 
ed  anche  Vrljica.  E  appellato  pure  Bokanj  Studenac  in  carte 
del  1349,  1351  e  1355^  Bokanjac  in  scrittura  del  1352,  e 
Bokanj  Studenac  al  pozzo  in  documento  del  1355.  In  te- 
stamento del  906  è  fatta  menzione  di  questo  villaggio. 

Atterrato  da  capo  a  fondo  nella  guerra  del  1646  col- 
r  ottomano,  affinchè  questo  non  se  ne  impossessasse  a  danno 
di  Zara,  rimase  affatto  deserto  per  qualche  tempo,  finché 
risorse  poi  dopo,  a  poco  a  poco,  e  famiglie  degli  scogli,  e 
del  borgo  interno  di  Zara  lo  abitarono,  a  cui  se  ne  unirono 


—  394  — 

parecchie  del  contado  per  accudire  alla  coltivazione  delPa- 
mena  campagna,  che  gli  sta  alle  spalle,  e  che  da  scilocco 
confina  con  quella  di  Cerno,  da  ponente  con  quella  di  Dikio, 
e  da  settentrione  col  bosco  di  Gromnizza. 

Sopra  le  rovine  delia  vetusta  chiesa,  che  una  volta  e- 
sisteva  sul  monte,  eretta  dal  governo  veneto  in  onor  di  san 
Simeone  Giusto,  e  menzionata  in  scrittura  del  1409,  quei 
villici  n'  eressero  una  nuova  sotto  il  nome  dei  ss.  Apostoli 
Simon  e  Giuda. 

E  posta  nel  centro  del  cimitero  comunale:  ha  a  nord 
la  canonica  ad  ovest  la  via  pubblica.  E  di  pianta  quadrila- 
tera, e  riceve  la  luce  da  due  finestre  poste  a  mezzogiorno. 
La  sua  dimensione  è  di  m.  12.33  per  5.59.  La  sagrestia  ne 
ha  2.89  in  lunghezza  e  4.36  in  larghezza.  Tre  sono  gli  altari; 
il  maggiore  di  marmo  a  stile  moderno  con  un  tabernacolo 
pure  di  marmo,  colonne  e  gradini  di  breccia  di  Verona,  gli 
altri  due  laterali  di  legno.  La  fronte  della  chiesa  è  sormon- 
tata dal  campanile,  di  stile  romano,  con  due  campane  di  re- 
cente costruzione. 

Sopra  la  porta  maggiore  v'  ha  lo  stemma  veneto,  un 
leone,  trasportalo  dalla  chiesa  antica,  la  quale,  come  si  disse, 
venne  eretta  a  spese  dei  governo  veneto 

Consta  da  autentici  documenti  che  nella  prima  metà  del 
secolo  decimoquinto  era  parochia,  che  cessò  d' esserlo  dopo 
la  distruzione  del  villaggio,  e  che  al  principio  del  secolo 
decimottavo  fu  ripristinata.  Ora  è  cappellania  esposta,  nel 
decanato  di  Zara,  ed  ha  326  anime,  mentre  nel  1754  non 
ne  contava  che  113. 

Oltre  alla  chiesa  parochiale  ve  n'  è  una  in  onor  della 
B.  V.  in  campis ;  ed  una  edicola  sotto  il  titolo  di  5.  G^m56pj[?e 
sul  monte. 

L'  anno  1458  Dobrizza  q.m  Nicolò  Glavoc  con  testa- 
mento del  30  Gennajo  v'  istituì  un  beneficio  semplice,  che 
perciò  porta  il  nome  di  beneficio  Glavoc  di  Boccagnazzo, 
consistente  in  106  gognali  di  terra,  coli' onere  di  una  messa 
per  ogni  domenica  da  celebrarsi  in  qualunque  chiesa. 

Una  confraternita  esisteva  in  questa  parochia  fino  al 
1808  in  cui  fu  soppressa.  Aveva  il  titolo  del  ss.  Sacramento 
con  32  aggregati,  e  con  rendite  di  vino  e  cereali,  dal  cui 
ricavato  facevano  le  spese  occorrenti  per  l'altare. 

Un*  altra  pure  ve  n'  era  sino  dai  tempi  rimoti,  intitolata 
a  s.  Cipriano,  della  quale  si  trova  memoria  in  parecchie  an- 


—  395  ^ 

tiche  scritture,  e  tuttora  esiste.  Da  questa  prese  il  nonie  nei 
prischi  tempi  la  parochia,  per  cui  denominasi  col  titolo 
Parochia  s.  Cypriani  in  documento  del   1387. 

Serie  dei  parochi  e  dei  cappellani  di  Boccagnazzo. 

Prè  Jurizza  paroco  nel  1448 

Prè  Civitano  Velislavich  ,,  „  1533 

Simeone  Deljich  „  ^^  1702 

Michele  Slachich  ,^  ^  1714 

Giovanni  Rudin  da  Sale  „  „  1720 

Paolo  Scarìch          „  „  „  1727 

Giovanni  Drasich  da  Cale      „  „  1742 

Antonio  Segota           „  ^  „  1771 

Antonio  Peovich         ,,  „  „  1815 

Martino  Pestich           „  ,^  „  1820 

Michele  Panovic          „  „  „  1840 

Marco  Mircovich         „  „  „  1863 

Antonio  Maracich  m.  o.  „  „  1873 

Vincenzo  Miossevich  da  Zara  „  1878 

Fra  i  suoi  antichi  abitatori,  trovansi  registrati  Bogdano 
Radmanich  in  carta  del  1404,  Matteo  Parvoslavich  del  1414, 
Giorgio  Rataich  del  1433^  e  Prè  Giorgio  Carinich  nel  1478. 

11  villaggio  di  Boccagnazzo  era  anticamente  proprietà 
delle  monache  di  s.  Demetrio.  Dopo  la  soppressione  passò 
in  amministrazione  del  e.  r.  Demanio. 

A  settentrione  di  questo  villaggio  trovasi  il  lago  di 
Boccagnazzo,  detto  dagli  Slavi  =  Unjakovo  Blatto  =  cioè 
derivante  da  una  bocca  sotterranea.  La  sua  circonferenza 
è  di  circa  7  miglia,  la  qunle  d'estate  si  ristringe^  e  lascia 
coltivare  i  terreni  circostanti,  molto  produttivi,  e  fecondi  di 
rettili  d'ogni  specie,  ammirevoli  per  la  rara  bellezza  del 
loro  colore,  e  ricercati  dai  professori  e  dilettanti  dì  zoologia. 

Cerno. 

A  levante  di  Zara,  e  lungi  da  essa  3  miglia  incirca, 
trovasi  Cerno^  lat.  Cermim^  villaggio  assai  antico,  ricco 
una  volta  e  popolato,  rammentato  in  scritture  del  1296.  e 
1387,  nelle  quali  è  cenno  del  suo  zupano,  che  vendette  300 
agnelli  a  Ninza    d'Ancona.   Fu  soggetto  ne'  tempi  andati   a 


—  396  — 

molle  vicende.  Non  ona  volta  fu  distrutto  per  coi  in  scrit- 
tura del  22  Marzo  1560  è  menzionalo  col  titolo  di  =  Villa 
nuova  di  Cerno.  = 

Era  parochia  ffià  nel  decimoquinto  secolo,  trovandosene 
memoria  in  documento  del  1446  Dopo  del  1700  venne  unito 
a  IVlalpaga,  e  lo  è  pure  oggidì  congiunto  a  quella  cappel- 
lania. 

La  sua  chiesa,  eretta  dai  vili  ci  nel  1715  con  un  unico 
altare,  è  dedicata  a  s.  Nicolò,  ed  è  ricordata  in  documento 
del   1751.  Non  ha  nulla  di  rimarchevole. 

V'era  inoltre  una  cappella,  intitolata  a  s.  Martino,  di 
cui  parleremo  in  seguito 

Serie  dei  parochi  di  Cerno. 

Prè  Pietro  Petrovìch  paroco     nel     1447 

Prè  Antonio  Masniza  „  „      1464 

Vincenzo  Raspovic  ^  „      1714 


Fra  i  snoi  antichi  paesani  trovasi  un  certo  Marlin  da 
Cerno  nel  1390,  Giorgio  Milcovich  nel  1400,  Jurizza  Ma- 
haldich  nel  1439,  Giorgio  Sudarolich  nel  1448,  Simeone 
Valentich  nel  1480  e  Martin  Paulovich  nel  1491. 

Una  porzione  della  bella  campagna  di  Cerno  colla  chiesa 
di  s.  Nicolò,  che  apparteneva  una  volta  alla  famiglia  de  Pel- 
legrini, fa  ora  parte  della  pia  fondazione  della  B.  V.  Im- 
macolata di  Zemonico,  di  cui  abbiamo  di  sopra  parlato. 

Malpaga. 

Lungi  da  Zara  3  miglia  incirca,  verso  scilocco,  è  si- 
tuala in  luogo  elevato  Malpaga^  della  anche  Dracevac^  villa 
assai  antica,  rammentata  in  documento  2  ottobre  1402  del- 
l'archivio  del  preesislilo  monastero  benedellino  di  s.  Griso- 
gono.  Si  vuole  da  taluni  che  il  nome  di  Malpaga  le  fosse 
derivalo  dal  nome  d'un  Generale  Veneto,  che  vi  eresse  un 
fortalizio  contro  le  scorrerie  de'  Turchi  ,•  ma  ciò  non  è  pos- 
sibile, dappoiché  un  tal  nome  lo  aveva  prima  della  domina- 
zione veneta  in  Dalmazia,  cioè  innanzi  al  1409.  Questa 
villa   trovasi    in    mezzo    ad    una  campagna    molto    amena    e 


—  397  — 

fruttifera,  la  quale  si  stende  in  larghezza  a  levante  per  buone 
due  miglia,  ed  in  lunghezza  da  scilocco  a  maistro  per  sei 
miglia.  i 

Una  torre  di  forma  circolare,  ora  sdruscita,  posta  al- 
l'ingresso  del  paese,  serviva  di  sentinella  a  tutto  il  contado» 
zaralino  sin  dal  tempo  delle  scorrerie  turchesche.  Li    stavano  | 

in  continua    vedetta    e    notte    e    giorno  parecchi    terrazzani,  1 

salariati  dal  veneto  erario  per  iscoprir  le  genti  nemiche,  che  | 

si  fossero  introdotte  nella  campagna.   Verificato  il  caso,  da-  ! 

vano  tosto  avviso  al  contado  ed  alla  città  con  colpi  di  mor- 
taretto, a  cui  dovevano  risponder  le  torri  degli  altri  villaggi. 
In  tempo  di  pace  la  villa  era  presidiata  da  15  soldati  di 
cavalleria  ;  raddoppiavasi  il  numero  in  tempo  di  guerra  onde  \ 

oppor  al  nemico  una  resistenza  fino  all'arrivo  del  Provve- 
ditor    Generale,  che  al    tuonar  dei  bellici    stromenti,    accor-  ' 

reva  frettoloso  con  fanti  e  cavalieri. 

Fu  questo  villaggio  nel   1570  preso  dai  Turchi  ed  in- 
cendiato. Vi  si  fermarono  due  giorni,  indi  dopo  di  aver  ro-  ! 
vinata  anche  la  torre,  si  ritirarono.  Gli  abitanti,  che  all'av- 
vicinarsi del    nemico,  s'eran    fuggiti  al  mare,    dopo    qualche 
tempo  ritornarono  ad    abitarlo.  La  torre    fu  poi    nuovamente  J 
occupala  e  munita  dai   veneti  riguardandola    come  una  sen-  \ 
lineila   avanzata,  che  vegliava  alla  sicurezza  della  città  di  Zara. 
Nel   1646  fu  da  Ibrahim   Pascià  di  Bosnia  di  nuovo  maltrat-                 j 
tato  questo  villaggio,  ma  accorso  prontamente  in  sua   difesa                 ^ 
il  generale  Marcantonio  Pisani  colla  cavalleria,  e  coifinfan-  I 
teria  Croata,  capitanata  dal   Baron  di  Degenfeld,  fu  posto  in  . 
fuga,  dopo  un'ostinato  conflitto,  nel  quale  acquistarono  molta                  i 
lode  i  governatori  Carlo  Begna  e   IVlichele  Cruta. 

Malpaga  fu  anticamente  parochia,  menzionata  in  scrit- 
tura del  1594.  Fu  unita  a  Cerno  dopo  il  1700.  Fu  ridotta 
a  cappellania  esposta  nel  1851  congiunta  con  Cerno,  dipen- 
dente (ini  Decimato  di  Zara.  Ha  244  animo  assieme  con 
Cerilo.   i\on  n'ebbe  che  5^  nel    1758.  ; 

La  primiera  sua    chiesa,    fabbricata    dai    parochiani  in-  i 

torno  al  1515  sulla  sommità  del  colle,  è  dedicata  all' As- 
sunzione  di  M.  V.  Vu  visitata  dall'arcivescovo  Garzadori  nel 
1625,    e    dair  arcivescovo    Capello    nel    1640,    dopo  la    sua  i 

riedificazione.  Fu  ristaurata  ed   alzaia   nel   1854.  Misura   as-    -^^ 
sieme   alla   sagrestia   m.    16   in   lunghezza,  o  m.  9  in  larghezza.  '^  fo 

Oltre  r  alljìr  maggiore,  consacrato  alla  antica  titolare,  con 
buon   dipinto  ne  ha  due  altri,  uno  cioè  in  onore  di  s.  Antouia 


—  398  — 

di  Padova  l'altro  dei    Ss.    apostoli    Pietro  e  Paolo,  ai  quali 
furono  sostituiti  s.  Giuseppe  ed  il  Cuor  di  Gesù. 

La  sua  canonica,  eh'  è  una  delle  più  belle  e  più  comode 
fu  eretta  dalle  fondamenta  l'anno  1847  a  spese  del  fondo 
ecclesiastico  colla  cooperazione  dei  fedeli.  È  lunga  m.  13., 
larga  7.  Ha    tre    stanze,    cucina,    tinello,  cantina  e  cisterna. 

Serie  dei  parochi  e  dei  capellani  di  Malpaga. 

Simeone  Bercich  paroco  nel  1594 

Donato  Micich  „  „  1680 

Giacomo  Jadriich  „  „  1714 

Michele  Smoljan  „  „  1718 

Simeone  Spar  „  „  1760 

Giorgio  Nisich  ^  „  1771 

Michele  Sarin  „  „  1815 

Tommaso  Scorlìch  ,,  „  1820 

Marco  Bacchich  „  „  1826 

Giuseppe  Letinich  ^  „  1840 

Giorgio  Verixasz  „  „  1848 

Giuseppe^  Thoét  cappell.     „  1863 

^>^  S.^^.fV^P^o^o  Bu\a  ^  „  1866 

,.^       r    ^Antonio  Solitro  ,,  „  1872 

Francesco  Bellenghi  „  „  1876 


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—  399 


Villaggi  dell' arcidiocesi  di  Zara 
una  volta  esistiti. 


Durante  le  lurchesche  incursioni  avvenute  nel  territorio 
zaralino  dall'anno  1468  sino  al  1649,  buona  parte  de'  no- 
stri morlacchi  emigrarono  in  altre  contrade,  molti  si  rico- 
verarono negli  scogli  di  Zara,  parecchi  se  ne  andarono 
a  popolare  le  terre  dell'Istria,  e  non  pochi  furono  condotti 
in  schiavitìi  dai  Turchi.  Dei  primi  abbìam  fatto  cenno  sopra 
parlando  del  nostro  isolarlo,  dei  secondi  cioè  di  quelli  che 
scapparono  via^  se  ne  ha  notizia  nelle  cronache  istriane. 

Troviamo,  infatti,  che  nel  1558  una  colonia  di  Morlacchi, 
fuggiti  dai  loro  villaggi,  si  ricoverarono  a  Zaravecchia  :  ma 
vedendosi  inseguiti  dai  Turchi,  passarono  per  mare  a  Torre 
nell'Istria. 

Pili  tardi  furono  pure  coi  nostri  morlacchi  popolate  le 
ville  di  Abrega  e  Fratta  nel  territorio  di  Parenzo 

Rileviamo  inoltre  che  certo  Giorgio  Filippini  da  Zemo- 
nico  nell'anno  1570  condusse  40  famiglie  morlacche  sul 
territorio  di  Parenzo,  nel  luogo  oggidì  chiamato  Villa  di 
Sbandati,  e  che  in  data  28  ottobre  1595  \enne  egli  inve- 
stito da  Giacomo  Renier,  capitano  di  Raspo^  di  600  campi 
nello  stesso  territorio,  ove  condusse  altre  5  famiglie,  com'egli 
asseriva^  d'antichi  suoi  coloni,  fra  i  quali  divise  quo' terreni, 
e  costruì  loro  delle  case,  dando  alla  nuova  villa  il  nome  di 
Varvari. 

Narra  il  suddetto  Renier,  che  nel  1581  emigrarono 
dal  territorio  di  Zara  8  famiglie  di  morlacchi,  ed  80  anime 
circa  presero  stanza  sulle  Promontore  Provennero  esse  da 
Zvonifjrad,  villa  del  contado  di  Zara. 

Prima  però  ancora  del  1581,  morlacchi  zaratinì,  emi- 
grati dai  propri  villaggi  per  sottrarsi  alle  angarie  dei  mu- 
sulmani, passarono  a  stabilirsi  in  Marzana,  Pomer  e  Mon- 
tecchio    nell'Istria,    dedicandosi    con   fervore   all' agricoltura. 


—  400  — 

La  famiglia  Barbarigo  di  Venezia  ne  condusse  parecchi  dal- 
l'agro jadertino  nel  1579,  e  li  collocò  nei  suoi  poderi  di 
Castagna  e  Fratta  nell'Istria. 

Nel  1588  nel  territorio  di  Fola  trovavansi  27  famiglie 
di  morlacchi,  sudditi  lurcheschi,  fuggili  dal  territorio  di  Zara 
per  scansare  Tira  e  la  ferocia  dei  barbari. 

Nel  1612  e  nel  1624  molte  famiglie  morlacche  emi- 
grarono dal  contado  zaratino,  e  scappati  dalle  mani  dei 
Turchi  si  rifugiarono  in  Istria. 

Nel  1647  provennero  dal  territorio  zaralino  430  mor- 
lacchi  sotto  la  condotta  di  Filippo  Zupanovich,  e  si  traspor- 
tarono a  Castagnovizza  nell'  agro  di  Fola,  recando  seco  4500 
animali. 

Dalle  cronache  istriane  si  raccoglie  finalmente,  che  nel 
1648-9  nella  decorrenza  di  18  mesi  279  famiglie  di  morlacchi 
con  2200  animali  passarono  a  stabilirsi  nei  paesi  dell'Istria 

Da  tuttociò  si  può  dedurre  in  quale  sialo  si  trovasse 
il  territorio  di  Zara  dopo  l'invasione  dei  Turchi,  e  le  con- 
seguenti emigrazioni  dei  morlacchi.  Molti  villaggi  scompar- 
vero affatto,  alcuni  perchè  dal  ferro  e  dal  fuoco  distruUì, 
altri  perchè  totalmente  abbandonali  dai  suoi  coloni  a  motivo 
delle  guerre,  delle  pestilenze,  e  delle  jingarie  ed  oppressioni 
musulmane.  Alcuni  conservarono  il  nome  e  le  Iraccie  di  lor 
passala  esistenza,  pochi  rimasero  in  piedi,  ma  intieramente 
trasformali.  Al  dì  d' oggi  sarebbe  difficile^  se  non  impos- 
sibile stabilire  i  luoghi  di  tulli  quei  villaggi,  ch'esistettero 
prima  della  ottomana  dominazione.  Le  cronache  ci  recano  i 
nomi  di  alcuni^  ma  non  la  descrizione  topografica  di  molti 
villaggi,  che  or  più  non  esistono.  E  provalo,  che  durante 
la  occupazione  lurchesca,  e  specialmente  dopo  la  cacciata  di 
que'  barbari,  formaronsi  nei  territori  di  Zara  e  di  Nona  nuovi 
centri  e  nuovi  gruppi  di  cristiani  abitatori,  i  quali,  ritornali 
su  queste  terre,  amarono  di  abbandonare  la  loro  sede  pri- 
miera, ed  eziandio  i  nomi  dei  primitivi  villaggi;  e  ciò  per 
due  motivi,  in  primo  luogo  perchè  avevano  in  orrore  i 
luoghi,  dagF  infedeli  abitati,  e  perfino  i  loro  nomi,  ed  in  se- 
condo luogo^  perchè  temevano  di  contrarre  il  malore,  che 
quelli  seco  portavano,  dovunque  si  collocavano,  e  dove  il 
più  delle  volle  ne  lasciavano  il  germe. 

Ciò  non  pertanto,  rovistando  le  antiche  scritture,  giunsi 
a  discoprire  molti  nomi,  e  parecc  hi  siti  degli  antichi  villaggi^ 
ed  anche  altre  notizie  interessanti  che  li  riguardano. 


—  401   — 

Tutto  quello  dunque  che  trovai  in  quelle  antiche  scrit- 
ture riporterò  fedelmente  qui  sotto,  affinchè  non  vada  spenta 
la  memoria  di  tali  cose,  le  quali  per  essere  sparse  qua  e  là 
in  documenti  che  col  tempo  potrebbero  andar  distrutti,  ar- 
rischiano di  andare  per  sempre  perdute. 

Fra  Torrette  e  Sancassiano  esistevano  una  volta  : 
L'antica  villa  di    Tustizza  sotto  il  bosco  d'egualnome, 
della  qual  villa  veggonsi  ancora  i  ruderi  in  riva  al  mare. 

L'antica  villa  di  Mocro  presso  il  monte  tustizza,  ri- 
cordata in  scritture  del  1385,  1459,  1658  e  1759.  Oggidì 
non  è  che  una  località  di  Sancassiano,  e  le  sue  vestigia, 
nonché  quelle  dei  suoi  molini  scorgonsi  oggidì  alla  riva  del 
mare.  Apparteneva  assieme  al  vicino  bosco  di  Tuslizza  al 
convento  di  s.  Domenico,  a  cui  li  aveva  lasciati  Andrea  de 
Sloradis. 

L'antichissima  villa  di  Tuklecane^  menzionala' W  scrit- 
ture del  1349,  1356  e  1387,  nelle  quali  si  fa  cenno  di  vigne 
ed  olivi,  nonché  dei  suoi  villici  Drago  Ljubic,  Gostizza  Vi- 
dulinic  e  Cvitan  Vidulinic.  Aveva  questa  villa  la  propria 
chiesa,  intitolata  alla  Natività  di  M.  V.  e  più  tardi  all' Im- 
macolata Concezione,  coli'  aitar  maggiore  della  titolare,  e  due 
altri  ancora.  Nella  visita  canonica  fatta  dall'  arcivescovo  Zma- 
jevich  fu  trovata  in  piedi,  ma  in  istnto  rovinoso.  Esiste  tut- 
tavia questa  chiesa,  che  da  quattro  anni  è  stata  dai  villici 
di  Torrette  rislaurata.  Ha  al  presente  un  solo  altare. 

Le  ville  di  Leskovica^  KarnaceraU  Fercane  e  Vercevo, 
oggidì  località  appartenenti  alcune  al  villaggio  di  Torrette 
altre  a  Sancassiano. 

■  '  La  villi!  di  Podverstije^  la  quale  si  trova  mentovata  in 
carte  del  1473.  Il  suo  paroco  fece  atto  di  presenza  nel  si- 
nodo diocesano  del  1566. 

La  villa  di  Sikovo^  di  cui  è  memoria  in  scritture  del 
1350,  1414  e  1450.  Suoi  parochi  furono  Prò  Simeone  Prin- 
pincevich  nel  1542,  Prè  Giovanni  nel  1582,  e  Prè  Simeone 
Drancich  nel  1548. 

La  villa  di  Slovsane^  ricordala  in  documenti  del  1426 
e  1436.  Veggonsene  i  ruderi  a  maistro  di  Sancassiano. 

A  maistro  di  Bibinje  v'  erano  un  tempo  le  seguenti 
ville,  cioè: 

La  villa  di  S.  Elena^  così  denominata  dalla  sua  chiesa 
le  cui  muraglie  sdruscite  ancor  oggidì  si  ravvisano. 

96 


—  402  — 

La  villa  di  Gasenizze  presso  il  raare,  ov' erano  le  pe- 
schiere e  le  saline  dei  zaralini,  rammentate  in  parecchie 
scritture  dal  1391  in  poi.  A  Gasenizze  il  cittadino  di  Zara 
Manzin  fece  acquisto  nel  1447  d'  un  podere  che  poi  ridusse 
a  luogo  di  ricreazione. 

Le  villette  di  Klupi  e  Gusterna^  le  quali  sono  oggidì 
località  di  Gasenizze. 

^  Un  miglio  distante  da  Petercane  verso  scilocco  trovasi 
una  villetta  presso  il  mare,  denominata  Bartulaz.  o  s.  Bar- 
tolomeo in  documenti  del  1320  e  1387,  la  quale  è  formata 
da  un  recinto  quadrato  con  poche  case.  Prese  il  nome  dalla 
chiesa  che  una  volta  le  stava  in  mezzo.  I  terreni  erano  di 
proprietà  di  Vincenzo  Bruscandolo,  cittadino  di  Zara,  che  con 
testamento  del  1578  li  lasciò  in  legato  ai  conventi  di  S.  Do- 
menico, di  s.  Catarina  e  di  s.  Marcella, 
y  Altra  villetta  esisteva  nelle  vicinanze  di  Petercane   col 

/     nome  di  Novoselci^  di  cui  non  si  ha  che  la  memoria,  scritta 
'         in  documento  del  1416  del  soppresso  convento  di  s.  Dome- 
nico di  Zara.  Pochi  avanzi  di  case  sono  indizio  di  sua  an- 
tica esistenza,  fra  le  quali  scorgonsi  le  rovine  d'  una  chie- 
setta, dedicata  a  s.  Maria. 

Nel  territorio  di  Nona  esisteva  anticamente  appresso 
r  aqua  di  Drasnich  una  villa  col  nome  di  Zaton^  le  cui  ve- 
stigia veggonsi  ancora  di  presente.  Non  è  questa  da  con- 
fondersi con  altra  d'egual  nome,  descritta  a  pag.   176. 

Alla  distanza  di  circa  3  miglia  da  Islam-latino,  verso 
ostro^  esisteva  nei  prischi  tempi  una  villa  appellata  Stosia. 
^  Era  situata  sopra  una  collina  con  30  famiglie,  e  con  hella 
campagna  d'intorno.  Fu  distrutta  dai  Turchi,  e  non  n' è  ri- 
masto che  il  nome  nelle  antiche  scritture.  Trovasi  in  antico 
manoscritto,  che  appartenesse  alla  Basilica  Metropolitana  di 
s.  Anastasia;  ed  è  assai  probabile,  giacché  il  nome  di  iS^o^ia 
è  slavo,  e  vale  Anastasia.  Prè  Matteo  Cviddomerich  era  suo 
paroco  nel  1551. 

Tra  Verchè  e  Nona  veggonsi  gli  avanzi  della  distrulla 

.TÌlla  di  Slovsane  verso  scilocco,  indicata  in  antichi  istrumenti 

di  data  16  Agosto  1302  e  20  Dicembre  1324  del  preesi- 
stito convento  di  s.  Domenico.  Ora  non  è  che  una  località 
con  una  cappella  e  poche  case. 

Presso  Skabernje  havvi  al  presente  una  località,  appel- 
lata Amhar^  ch'era  in  passalo  un  villaggio,  il  quale  fu  a- 
bilalo  dai  Turchi,  ed  in  seguito  da  loro  distrutto  ed  abban- 


—  403  — 

donalo.  La  sua  chiesa  che  ancora  esiste  è  intitolala  a  s.  Maria. 
Questo    luogo    fu    incorporato    alla     parochia    di    Skabernje, 
"'^come  abbiam  veduto  di  sopra. 

Nelle  vicinanze  di  Perusic  trovasi  la  localilà  di  Sopot 
abitala  ora  da  greci.  Nello  svegro  dei  suoi  terreni  trovossi 
grande  quantità  di  monele  di  rame,  d'argento  e  d'oro  del 
tempo  di  Costantino,  dette  comunemente  Santelene. 
'^-  Fra  Galovac  e  Skabernje,  due  miglia  lontane,  verso  le- 
vante di  Zemonico  è  situata  la  localilà  di  Perkos  o  Prikos, 
Era  piirochia  nel  1646,  fino  al  1721  per  quanto  consta  da 
memorie.  Una  chiesa  v'era  in  questa  parochia,  nella  località 
di  Striz^  ed  era  intitolata  a  s.  Paolo.  Fra  i  suoi  parochi 
trovansi  Michele  Raspovich  in  documento  del  1681,  Pietro 
Claricich  del  1706,  e  Giacomo  Smolich  del  1721.  Fu  visi- 
tata dall'arcivescovo  Zmajevich  nel  1714,  ed  allora  aveva 
160  anime.  La  famiglia  zaratina  Giusti  era  feudataria  di 
Perkos  nel  secolo  passalo,  e  l'aveva  ottenuto  dalla  repub- 
blica veneta  in  compenso  dei  suoi  segnalati  servigi  rosi  alla 
medesima. 

Nel  1681  gemeva  il  villaggio  di  Perkos  sotto  il  ferreo 
giogo  ottomano  ;  e  perciò  nessun  allo  di  religione  poteasi 
esercitare  in  pubblico  dai  crisliani.  L'eucaristia,  il  battistero 
e  gli  olii  santi  custodivansi  coi  debiti  riguardi  nelle  case 
[>rivate.  I  sacri  vasi,  gli  utensili  e  le  suppellellili  tenevansi 
nella  casa  del  gastaldo.  L'eucaristia  si  consecrava  soltanto 
quando  occorreva.  I  parochiani  conservavansi  fedeli  cristiani 
assistiti,  per  quanto  era  possibile,  dal  proprio  paroco  il  quale 
abitava  nelle  ville  vicine.  Di  questo  villaggio  fu  paroco  nel 
1646  il  famoso  Prete  Sorich,  di  cui  abbiamo  parlalo  a 
pag.  378. 

Podberijane. 


Due  miglia  distante  da  Perkos  era  situata  la  villa  di 
Podberijarie  sopra  una  collinetta.  Ebbe  il  suo  nome  dalla 
sua  posizione.  Era  parochia  anticamente,  e  del  suo  paroco 
Prè  Ratko  evvi  memoria  in  scrittura  del  1432.  Questa  villa, 
di  cui  è  cenno  in  documento  del  1391,  componevasi  di 
circa  30  famiglie  verso  la  metà  del  secolo  deciraoseslo.  Di 
essa  non  esiste  al  presente  neppur  il  nome,  essendo  stata 
completamente    distrutta    dai  Turchi    nella  guerra  del    1646. 


~  404  — 


MameDjaue. 


Posta  sul  piano  vicino  a  Zemonico,  lontana  da  Podbe- 
rijane  due  miglia,  era  la  villa  antichissima  di  Kamenjane 
con  incirca  50  case.  Si  ha  di  essa  memoria  in  scrittura 
dal  1191  in  poi.  Era  parochia  nel  1440,  e  nell'anno  istesso 
aveva  per  paroco  Prè  Matteo  Paulich,  sotto  del  quale 
venne  anche  eretta  la  chiesa  parochiale,  che  fu  dedicata  a 
s.  Luca  ev.  La  si  vede  questa  chiesa  sporcrere  dalla  som- 
mità d'un  colle,  denso  e  vago  boschetto  d'alberi  silvestri, 
che  le  fanno  d'intorno  corona.  Ha  un  altare  con  una  inia- 
gine  prodigiosa  di  Maria  Santissima^  tenuta  tino  ab  antico  in 
grande  venerazione,  perfino  dai  Turchi,  dopo  che  s' impos- 
sessarono del  villaggio,  di  cui  non  esiste  oggidì  che  il  nome, 
perchè  da  essi  barbaramente  distrutto.  Nello  stesso  anno 
preaccennato  vi  fu  eretta  una  confraternita,  forse  dal  paroco 
medesimo  Matteo  Paulich  in  onor  del  titolare. 

Questa  villa  di  Kamenjane,  lat.  Camenanum^  coli' anti- 
chissima sua  edicola  di  s.  Giorgio  m.  della  quale  non  si 
riscontrano  oggidì  neppur  le  traccie,  fu  donata,  come  rilevasi 
da  pergamena  del  1195,  da  Crescenzio  Braia  al  monastero 
dei  Benedettini  di  s.  Grisogono  di  Zara.  Ne  fa  di  essa  menzione 
il  Pontefice  Celestino  III  nella  sua  bolla  del  1195.  con  cui  ne 
confermò    a  quel  chiostro  il  possesso  con  varii  privilegii. 

Fra  i  suoi  antichi  abitatori  noverasi  Ivan  Petcovich 
Zabranich  in  scrittura  del  1433,  Matteo  Lopatich,  e  Giorgio 
Livaza  del  1439. 

Taroscane. 

A  ponente  di  Kamenjane,  circa  due  miglia  distante  ve- 
deasi  prima  della  ottomana  invasione  una  villetta,  denomi- 
nala Taroscane^  che  assunse  il  nome  di  Radoscichsa  Cria 
dalla  famiglia  turca,  che  n'era  divenuta  padrona.  Componevasi 
di  dieci  case  circondate  da  bella  e  fertile  pianura.  E  men- 
zionato questo  luogo  in  scritture  dal  1391  al  1488,  né  mai 
più  apparisce  nelli  antichi  documenti:  il  che  vuol  dire  es- 
sere stata  distrutta  nella  guerra  contro  il  Turco.  Era  parochia, 
trovandosi  cenno  del  suo  paroco  Prè  Giacomo  Gugnich  in 
scrittura  del  1488. 

f^         Fra  i    suoi  antichi    terrazzani  trovasi  Paolo    Boglich    e 
Giovanni  Mlatich  in  carta  del  1393, 


—  40S  — 


Smokovic. 


Poco  distante  da  Zemonìco  a  ponente  maistro  trovasi 
il  villaggio  di  Smokovic^  nelle  cui  vicinanze  sonvi  cinque 
pozzi  sotterranei,  ed  alcuni  avanzi  di  antichi  edifizii,  di  marmi 
squisiti^  ed  anche  alcune  lapidi  antiche  che  furono  traspor- 
tate nella  preesistita  Galleria  de  Pellegrini.  Questo  villaggio 
una  volta  era  cattolico,  ora  è  greco  n.  u.  ,,it 

Oabìndub. 

Un  miglio  distante  da  Malpaga,  e  quattro  incirca  da 
Zara,  verso  levante,  sulla  strada  postale,  vedesi  Bahindub 
denominata  con  questo  nome  slavo,  che  significa  rovere 
della  vecchia^  in  antiche  scritture  dal  1349  in  poi.  È  questa 
una  delle  molte  ville  distrutte  nelle  guerre.  Di  essa  le  traccio 
ancor  si  riscontrano  nei  ruderi  della  sua  chiesa  conosciuta 
un  tempo  col  nome  di  Madonna  della  rovere^  e  ricordata 
negli  atti  della  visita  canonica  delParciv.  Capello  del  1640. 

Dalla  distrutta  villa  di  Bahindub  sino  a  Zara,  tutto 
questo  tratto  di  territorio,  che  vi  sta  frammezzo,  era  co- 
sperso di  villette  e  casali,  che  nella  guerra  del  1646  fu- 
rono arsi  e  distrutti,  affinchè  non  se  ne  rendesse  padrone 
il  Turco  a  danno  di  Zara.  Questi  luoghi  trovansi  indicati 
nella  carta  geografica,  impressa  a  Venezia  nel  1596,  e  ri- 
portali dal  celebre  geografo  veneziano  P.  Mario  Coronelli 
nel  I  volume  della  sua  geografia  stampata  in  Venezia 
l'anno  1697. 

Tali  luoghi  sono  i  seguenti: 

.^^Cerodolo^  villa  presso  la  strada,  che    conduce  a  Nona, 
menzionata  in  scritture  del  1382,  1387,   1515  e  1570. 

Blataz^  al  mare  presso  Gasenizze,  ov' erano  le  antiche 
saline  de'  zaratini. 

■y^ Monteferreo^  colla  chiesa  di  s.  Cipriano,  Zuhrian^  di. 
cui  veggonsi  le  rovine,  ricordata  in  documenti  del  1349, 
1381  e  1659. 

Plovanadraga^  località  a  bora  dei  fortini  e  della  strada 
di  Nona,  così  denominata  in  slavo,  perchè  il  Pievano  dì  s. 
Simeone  vi  ha  una  bella  possessione. 

^Celopecli^  villa    e  monte    presso    Cerno,  menzionati    in 
scrittura  del  1356,  e  1406. 


—  406  — 

y   S.  Martino,    villetta    due    miglia   distante  da    Babindub 
verso  scilocco.  la  quale    ebbe    il  nome    dalla  sua  chiesa,  le 
,    crfi  rovine  veggonsi  tuttodì  sopra  una   collina.  '    »^' '-^  #XO^ 

\e^  ^  ''      Kamenjak.  e  Cnkal  Regiani,  luoghi   ignoti. 

Komorane  villa  rammentata  in  documenti  del  1 394  e  1482. 

Papracane,  villa,  di  cui  è  cenno  in  istrumento  del  1461. 

Kosopascina^  villa,  di  cui  è  menzione  in  carta  del  1560. 
^"j^Kori/pIje  grande  e    piccolo    presso    Babindub,  menzio- 
nate in  scritture  del   1400  e  1488. 

Hovirljzza^  villa  e  monte  presso  la  Madonna  del- 
l'Oliveto,  ricordata  in  carte  del  1447  e  del  1643. 

Lustiza^  mentovata  in  documento  del   1570. 

Sevorgnane     „  „  „         ,, 

Vetericich       „  „  ,^         ^ 

Podverstje,  quattro  miglia  verso  scilocco  di  Babindub. 

Hrascane^  villa  di  cui  è  cenno  in  scritture  del  1349 
e  1513. 

Paprat^  villa  menzionata  in  scritture  del  1387  e  1435, 
dove  è  indicato  certo  Radichio  Goulich  da  Paprat. 

S»  Elena  e  Gasenizze  al  mare,  di  cui  abbiam  parlato 
di  sopra. 

Filippiscina^  villetta^  vicina  a  Babindub^  rammentata 
in  documento  del   1438. 

Canali,  villa  presso  la  fiumera^  vicino  a  Cerno,  nomi- 
nata in  documenti  dal   1381   al  1624. 

Papavice^  villa  vicina  a  Malpaga.  ricordata  in  carta 
del   1661. 

Regiane^  ricordata  in  documento  del   1570. 

Trupnicli. 

Un    miglio  distante    da  Zemonico  verso    greco«levanle 

^Wf-=    giace  la  località  di   Trupnich  superiore  con  50  case,  e  verso 

libeccio    la    località    di    Trupnich    inferiore    ovvero    Brace 

con  50  case;  ambidue  erano  villette  o  borghi  una  volta  di 

Zemonico. 

Smerdéle. 

A  maislro  di  Zemonico,  mezzo  miglio  distante,  giace 
la  località  di  Smerdèle,  villetta  nn  tempo  da  sé  con  180 
anime,  così  denominata  in  slavo  da  un  arbusto,  che  vi  al- 
ligna, d'ingrato  odore. 


—  407  — 


ifiosfar. 


A  scilocco  di  Zemonico,  un  miglio  lontana  è  Mostar, 
villa  anche  questa  nei  tempi  andati  con  150  anime,  domi- 
nala dai  Turchi,  e  poi  distrutta. 

Blatta  0  Slatto. 

In  vicinanza  dei  lago  di  Boccagnazzo  veggonsi  i  resti 
degli  antichi  edifizii,  che  costituivano  l'antica  villa  di  Blatta 
0  Riatto^  d'anime  170,  menzionala  in  documenti  del  1355, 
1402,  fino  al  1518,  la  quale  fu  distrutta  dai  Turchi  nel  1644, 
né  mai  più  risorse  a  vita.  Vi  si  riscontrano  tra  le  rovine  i 
vestigli  di  tre  edicole  d'antica  struttura,  l'una  intitolata  ai 
Ss.  mm.  Cornelio  e  Cipriano,  che  fu  visitala  nel  1640  dal- 
l'arcivescovo Capello,  l'altra  di  s.  Tommaso  ap.  ch'era  la 
parochiale,  e  eh' è  ricordata  in  carta  del  1405;  la  terza  di 
titolo  ignoto.  In  istrumento  del  1405  si  fa  cenno  di  Prè 
Giovanni,  paroco,  e  di  Prè  Paolo  cappellano  di  s.  Toma  di 
Blatta  villa  di  Zara.  In  altro  documento  del  1447  si  fa 
menzione  di  Prè  Paulo  Stiich  paroco  della  villa  di  Blatto, 
in  altro  del  1455  di  Prè  Nicolò  paroco  di  Blatto,  ed  in 
altro  ancora  di  Prè  Matteo  Capitanich  paroco  nel  1535,  ed 
in  scrittura  del  1537  è  nominato  il  paroco  di  Blatto  Gia- 
como Linacevich. 

Questo  villaggio  apparteneva  in  proprietà  al  monastero 
di  s.  Nicolò,  sino  alla  sua  soppressione,  indi  passò  in  quello 
di  s.  Maria.  Tra  i  suoi  antichi  abitatori  trovasi  certo  Bog- 
dano  Cacich  in  carta  del  1387. 

Belvedere. 

Ad  ostro-scilocco  di  Boccagnazzo  sopra  il  dorso  d'una 
collina,  dirimpetto  alla  città  di  Zara  si  scorgono  gli  avanzi 
d'antico  castello  di  pianta  quadrilatera,  denominalo  tuttavia 
il  Belvedere^  pel  suo  bellissimo  prospetto  di  terra  e  di  mare, 
che  di  là  s'affaccia  all'osservatore.  Fu  dal  governo  veneto 
atterrato  l'anno  1646  nella  guerra  coli' ottomano,  affinchè 
non  ne  restasse  padrone  il  nemico  a  danno  della  città. 


—  408  — 

§anarcangrclo. 

Due  miglia  circa  distante  da  Kistanje  verso  scilocco 
sorge  sul  Kerka  il  convento  dei  monaci  Basiliani  di  s  Mi- 
chele Arcangelo*  Nella  sua  chiesa  conservavasi  sino  alla 
fine  dello  scorso  secolo  un  antichissimo  dipinto,  rappresen- 
tante l'apostolo  delle  genti  s.  Paolo  in  atto  di  annunziare  il 
vangelo  ai  Dalmati.  Vi  si  leggevano  analoghe  inscrizioni,  e  si 
vedevano  i  popoli  della  Dalmazia  in  costume.  Non  si  sa, 
se  tuttavia  esista,  o  meno.  '^  «• 

Hmpa. 

A  settentrione  di  Ervenik  trovasi  il  convento  dei  mo- 
naci Basiliani  di  Krupa^  ove  conservansi  parecchi  codici 
antichi  manoscritti  de'  padri  Greci,  ed  una  Bibbia  dell' un-, 
decimo  secolo. 

**>    «^  CitluU 

i^  A  bora  di  Sanarcangelo  a  sinistra  del  Kerka  esiste  il 
villaggio  di  Cifkck\  di  cui  impossessatosi  nel  1694  il  Prov-^* 
veditore  generale  Dolfin.  vi  trovò  un  cannone  da  cinquanta^" 
con  bellissimi  arabeschi,  sopra  cui  leggevasi  la  seguente 
iscrizione  =  Carolits  Dei  gratta^  Archidux  Austriae^  Dux 
Burgundiae^  Stgriae^  Carinthiae^  Carnoliae^  Comes  Tyroli^ 
et  Goritiae.  F.  F.  a.  1580  =  Si  mea  vox  in  aere  resonat 
quilibet  murus  in  terra  se  kumiliat  =  Fu  trasportato  a 
Venezia. 

Sidrona. 

A  libeccio  di  Ervenik,  tra  Zegar  e  Bogalnic,  si  scor- 
gono le  fondamenta  d'una  torre  quadrala,  e  nella  campagna 
a  destra  del  fiume  Zermanja  esistono  le  vestigia  dell'  antica 
città  di  Sidrona, 

Skrile. 

Tra  Visocane,  Miljasic,  e  Grue  esisteva  nel  1395  e 
nel  1525  una  villa  denominala  Skrile.  Era  anche  questa  nel 
territorio  di  Zara.  Sembra  che  corrisponda  all'odierna  lo- 
calità Sdrilic, 


—  409  — 


fierda. 


A  libeccio  di  Skrile  a  due  miglio  di  disianza  da  Gruo<, 
esisteva  ab  antico  il  villaggio  denominato  Berda  o  Berdo. 
È  di  esso  menzione  in  scrittura  del  1070.  È  appellala  Berda 
ovvero  Omogoscina  nel  1391.  Apparteneva  ai  monaci  di  s. 
Grisogono  di  Zara,  ai  quali  ne  fu  confermalo  il  possesso 
colla  più  volle  menzionala  Bolla  di  Celestino  HI  del  1195. 
Sembra  che  sia  stata  anche  parochia,  trovandosi  memoria 
della  sua  chiesa  di  s.  Maria  in  documento  del  1536  e  di 
Prè  Matteo  q.m  Stefano  del  1405.  Nel  1537  era  questo 
luogo  in  mano  dei  Turchi,  e  quindi  abbandonato  dai  cri- 
stiani. Adesso  non  se  ne  conosce  neppur  il  nome,  se  non 
fosse  quella  località^  s.  Maria  appellala,  presso   Murvica. 

noinorce. 

Nelle  vicinanze  di  Grue  eravi  una  villa  denominata 
Komorce^  di  cui  ora  se  n'  è  perduto  anche  il  nome.  E  men- 
zionata in  documenti  del  1435  e  del  1550.  Era  nel  ter- 
ritorio di  Zara,  ma  apparteneva  alla  diocesi  di  Nona. 

Hatopascina. 

Fra  Gruee  Miljasic  Irovavasi  per  T  innanzi  una  villa  col 
nome  di  Katopascina^  rammentata  in  carta  del  1525.  Era 
anche  questa  nel  territorio  di  Zara. 

Cernog:o§tina. 

Non  molto  distante  dn  Zemonico,  doveva  esservi  la  pa- 
rochia  di  Cernogostina,  il  cui  paroco  Prè  Matteo  Vittarich 
trovasi  rammentato  in  documento  del  1587.  Di  questo  vil- 
laggio evvi  memoria  in  documento  del  1389^  e  nel  Sinodo 
dell'Arcivescovo  Callino,  celebralo  nel  1566.  In  scrittura  del 
1521   è  menzionato  Prè  Zitano  paroco  di  Cernogostina. 

l*odl. 

Non  sì  sa  dov'  esìstesse  la  villa  di  Podi.  Sembra  che 
appartenesse  al  suburbio  di  Zara  verso  la  via  di  Nona.  E 
menzionala  in  documenti  dal  1391  fino  al  1566.  Trovansi  i 


—  410  — 

seguenti  suoi  parochi  :  Prè  Simon  in  documenti  del  1487  e 
1488,  Prè  Giacomo  Ratvich  in  documento  del  1527,  il  quale 
morì  del  1538.  Prè  Matteo  Slrinicovich  in  documento  del 
1542,  e  don  Giovanni  Mestrovich  in  documento  del  1548. 
Il  paroco  di  questo  villaggio  trovossi  presente  al  Sinodo 
Diocesano  dell'Arcivescovo  Gallino,  l'anno   1566. 

Racice. 

La  villa  di  Racice^  di  cui  oggidì  non  consta  che  il  nome, 
era  situata  non  lungi  da  Gorica  e  Rastane,  poiché  da  scrit- 
ture del  1462  si  giunge  a  conoscere  che  il  paroco  di  Gorica 
amministrava  contemporaneamente  in  quelT  epoca  tutt'  e  tre 
queste  parochie.  Racice  ebbe  a  parochi  Prè  Matteo  Cvitkovich 
nel  1454,  Prè  Luca  nel  1460,  Prè  Andrea  Giovassich,  men- 
zionato in  documenti  del  1518  e  1520,  e  Prè  Giovanni  Brus- 
kovich  in  documento  del  1542.  La  chiesa  era  intitolata  alla 
Beata  Vergine.  11  paroco  di  Racice  intervenne  con  gli  altri 
parochi  della  Diocesi  di  Zara  nel  Sinodo  diocesano  del  1566. 

Rubjane. 

Si  hanno  dati,  che  Buhjane  od  altrimenti  Bubgnane^ 
esistesse  non  lungi  da  Zaravecchia  tra  Lisane  e  Perkos.  Era 
parochia.  e  suoi  parochi  furono  Prè  Luca  Rodiconich  nel 
1420,  Prè  Gregorio  nel  1488,  Prè  Giorgio  nel  1491,  Prè 
Giacomo  e  Prè  Paolo  nel  1515,  Prè  Marco  Pavich  nel  1536, 
e  Prè  Nicolò  Obsenovich  nel  1577.  La  sua  chiesa  era  de- 
dicata a  s.  Pietro  ap.  ed  aveva  una  confraternita  del  me- 
desimo titolo.  Esiste  ancora  questa  chiesa,  ma  in  uno  stato 
deplorabile.  Un'  altra  ve  n'  era  sotto  il  titolo  dei  ss.  Giov.  e 
Paolo.  V  esisteva  pure  nei  tempi  antichi  un  convento  dì  mo- 
nache del  quale  è  fatto  cenno  a  pag.  150.  Questa  villa  ap- 
parteneva all'Abbazia  di  Rogovo. 

^'        Opaticeselo  detta  anche  S.  Sofia. 

Non  lontana  da  Vrana  era  la  villa  di  Opaticeselo,  Di 
essa  trovasi  menzione  in  scritture  del  1383  e  del  1491.  Vi 
è  memoria  dei  suoi  paroci  Prè  Giovanni  Besech  in  scrittura 
del  1483,  Prè  Michele  in  scrittura  del  1495,  e  Prè  Giovanni 
Gallich  in  documenti  del  1517  e  1519.  Nel  Sinodo  Minucci 
del  1569  è  cenno  del  paroco  di  Opaticeselo,  il  quale  v'in-r. 


—  411  — 

tervenne  assieme  cogli  altri  parochi  della  Diocesi  dì  Zara. 
La  sua  chiesa  matrice  era  dedicata  a  s.  Sofia,  e  per  questo 
anche  la  villa  con  tal  nome  ò  in  diverse  scritture  appellata. 
Giorgio  Susnich  n'era  giudice  nel  1491  In  carta  del  1549 
v'  è  menzione  di  Vito  Zvitich,  sacerdote  da  Opaliceselo. 

Stumorinoselo. 

Ignorasi  il  sito  preciso  della  villa  Stomorinoselo.  Il  nome 
suo  è  slavo  e  significa  villaggio  di  s.  Maria.  Sembra  da  al- 
cuni dati  che  esistesse  non  lungi  da  Zemonico.  Furono  suoi 
parochi  Prè  Giovanni  Rosich  nel  1476  e  Prò  Andrea  Go- 
russich  nel  1554.  Il  suo  paroco  fece  alto  di  presenza  nel 
Sinodo  diocesano  dell'  Arcivescovo  Minucci  nel  1569.  Di 
questa  villa  è  menzione  in  carta  del   1387. 

Kalilacf'a. 

È  ignoto  parimenti  il  sito  preciso  del  villaggio  Zahlaca. 
Sembra  fosse  posta  alla  riva  meridionale  del  lago  di  Vrana, 
come  apparisce  dal  suo  nome.  Consta  da  documenti  che  e- 
sìstevano  nel  1450  e  il  villaggio  ed  il  suo  paroco;  come 
pure  che  nel  1450  era  suo  paroco  Prè  Nicolò,  e  nel  1517 
Prè  Pietro  Padercich,  e  nel  1521  Prè  Tommaso  Costrovich. 
La  chiesa  del  villaggio  era  intitolala  a  s.  Maria,  le  cui  mura 
tuttora  esistono,  come  pure  quelle  di  un  contiguo  monastero, 
ora  distrutto,    i..  *. 

Blacane. 

Non  si  conosce  dove  sia  stata  la  villa  di  Blacane.  Da 
uno  scritto  del  1390  sembra  che  esistesse  al  confine  di  Po- 
lazza.  Nel  1446  era  parochia  della  Diocesi  di  Zara,  e  fassi 
cenno  del  suo  paroco  in  documenti  del  1446  e  1483.  La 
sua   chiesa  matrice  era  dedicata  a  s.  Elia. 

Perl  Jane. 

Non  possiamo  additare  il  sito,  ov'  era  posta  la  villa  di 
Perljane.  Era  però  nel  distretto  di  Zara  sui  fondi  dell' Ar- 
civescovo. Di  essa  si  fa  menzione  in  documenti  dal  1430 
fino  al  1487.  Anche  questa  era  parochia,  e  suo  paroco  era 
nel  1548  Prè  Matteo  Boncich. 


p 


—  412 


Oelsane. 


A  sud-est  di  Galovac  sembra  fosse  situala  la    villa  di 
Gelsane.  Di  essa  è  cenno  in  documenti  dal  1391  fino  al  1565. 


liisf&ne. 


A  tramontana  di  Tìnj  esisteva  la  villa  di  Lisane^  della 
quale  trovasi  memoria  in  documenti  dal  1403  fino  al  1758. 


TieineSane. 


Ignorasi  il  sito,  dov'  esistesse  la  villa  di  Lemesane. 
Sembra  da  scrittura  del  1391  che  si  denominasse  in  quel- 
l'epoca col  titolo  dì  Lemessevo  Hraschie^  che  confinava  con  Ka- 
menjane  presso  Zemonico.  Se  ne  fa  menzione  in  carta  del  1461. 


Uljane. 

Non  si  sa  di  certo  ove  fosse  posta  la  villa  di  Uljane, 
Sembra  eh'  esistesse  presso  ss.  Filippo  e  Giacomo.  E  ram- 
mentala in*  carta  del  1488. 

Salsane  g^rande  e  piccola. 

Nulla  consta  della  villa  di  Salsane^  se  non  che  esìsteva 
nella  diocesi  di  Zara  nel  1457. 

Skorobic. 

11  villaggio  di  Skorohic^  esiste  tuttora  vicino  a  Rado- 
sinovac.  Se  ne  fa  menzione  in  documento  del  1485. 

Poskaljina. 

La  villa  di  Poshaljina  esisteva  una  volta  nella  Diocesi 

di  Zara.  Si  trova  menzionata  in  documento  del  1456,  in  cui 

è  cenno  di  Luca  Matoli,  canonico  del  capitolo  di  Zara,  na- 
tivo di  Poskaljina. 

^Millaska  e  CNradussa. 

Millaska  e  Gradiissa  erano  due  ville  del  capitolo  di 
Zara.  Esistevano  nel  1579  nella  Diocesi  di  Zara,  facendo- 
sene menzione  in  istrumento  di  tal' epoca. 


—  413 


flenic. 


La  villa  di  Plenic^  eh'  esisteva  una  volta  nella  Diocesi 
di  Zara^  ora  è  allatlo  scomparsa.  Se  ne  trova  memoria  in 
scrittura  del    1569.  Ignoto  n'  è  il  silo,  ove  sorgeva. 

lilieevac. 

Klicevac  era  castello  dei  Signori  Croati;  veggonsi  an- 
cora i  ruderi  Ira  Benkovac  e  Rastevic.  Fu  preso  alla  Re- 
pubblica e  mandato  alle  fiamme  dai  Turchi  nel  1527.  11  Veri 
nella  sua  cronaca  veneta  così  ne  paila:  KUcevaz^  oppidum 
olhn  a  Selymo  ereptum  Reipuhlicae^  voracissimis  fiammis 
a  militibus  consumptum, 

Sidrag-a. 

Non  fu  dato  di  rilevare  in  qua!  sito  precisamente  esi- 
stesse il  villaggio  di  Sidraga  Ritiensi  che  fosse  vicino  a 
Zaravecchia.  E  menzionato  in  documenti  del  1069  e  1072. 
Era  una  delle  Zupanie  croate^  il  cui  Zupano,  di  nome  Pietro 
con  suo  fratello  Slavizo  donò  al  convento  di  s.  Grisogono 
nel  1072  tulli  i  suoi  beni  esistenti  in  Obbrova7>zo.  Altro 
Zupano  di  Sidraga  per  nome  Juraissa  trovasi  menzionato  in 
documento  del   1059. 

/^'^  I^apcane. 

La  villa  di  Lapcane  era  situata  non  lungi  da  Zemonico, 
presso  Kamenjane.  È  menzione  di  essa  in  documento  del  1398. 

Tercic. 

Confinante  con  Kamenjane  era  una  volta  la  villa  di  Tercic 
vicino  a  Zcmonico.  Anche  questa  è  ricordala  in  documenti 
del  1387,  1391,  1398  e  1400.  Apparteneva  alla  fu  Diocesi 
di  Nona,  ed  ebbe  per  suo  paroco  nel  1400  Giorgio  Cicich. 
Sussisteva  nel   1560.        / 

Due  miglia  distante  da  Smilcic  era  a  maistro  situata  la 
parochìa  di  Kasic.  È  menzionato  il  suo  paroco  Pie  Slanislaq 
in  documento  del  1392. 


—  414  — 


Stuiiiorioovac 


Non  consta  dove  fosse  situala  la  villa  denominala  Sto- 
morinovac.  Era  parochia  nel  1387,  nel  qual  anno  trovasi 
nominato  il  suo  paroco  Prè  Stefano. 


X 


OsdrinJ. 


La  villa  di  Osdrinj  era  situala  nel  contado  di  Zara  oltre 
la  fiumera.  Aveva  una  chiesa  intitolata  Blanceniza  ed  «n 
porto  col  titolo  di  s.  Nicolò.  Si  trova  questa  villa  menzionata 
in  vari  documenti  dal  1349-1498. 

Uragltinic 

Una  villa  di  nome  Draghinic  trovavasi  nel  territorio  dì 
Zara  nel  1403.  Aveva  una  chiesa  dedicata  a  s.  Giorgio  m. 
Ignorasi  il  sito,  ove  sorgeva. 

nra§anjca. 

Oltre  il  Borgo  Erizzo  verso  scilocco,  al  mare,  era  posta 
questa  villa  nel  1390  col  nome  di  Drasanjca^  vicina  alla 
chiesa  di  s.  Ljevica  (s.  Elena).  Esisteva  questa  località  an- 
cora nel   1679.  Ora  non  se  ne  conosce  neppur  il  nome. 

Dobrivice. 

Nel  1400  trovavasi  nel  territorio  di  Zara  la  villa  di 
Dobrivice.  senza   che  di  essa  ci  sia  rimasto  alcuna    traccia. 

/^    Hiakavci. 

In  documenti  dal  1466  fino  al  1505  è  fatta  menzione 
della  villa  di  Kiakavci  nei  contado  zaratino,  senza  altra  in- 
dicazione. Nulla  ci  fu  dato  di  scoprire  di  questa  villa,  e  per- 
fino la  sua  antica  posizione  scomparve  dopo  la  lurchesca 
desolazione. 

Hatono. 

In  scritture  dal  1394 'sino  al  1399  si  parla  del  villaggio 
di  Katono  nel  territorio  di  Zara  Suoi  abitatori  furono  a  quel- 
l'epoca  Milosio  Kostadic,  Bogai;  z  Posnanovich  e  Rade  Mi- 
cholich.  Pel  resto  siamo  al  bujo. 


115 


Starosane. 

Della  villa  Starosane  è  parola  in  carie  del  1356  e  1400 
come  pure  di  Giorgio  Sarac  conladino.  Era  posta  nel  terri- 
torio di  Zara  fra  confinì  da  oriente  le  ville  Rorsanne  e  Kas- 
sich,  da  occidente  la  villa  di  Similnik^  forse  Zemonico,  da' 
borra  Possetehis,  da  ostro  Subich  e  Radobuchi.  In  documento 
del  1285  leggevasi  la  donazione  di  questa  villa,  falla  dal 
re  d' Ungheria  Ladislao  alle  monache  di  s.  Demelrio  di  Zaraj 

Verpljane. 


Neppur  della  villa    Verpljane  si  sa   il  sito  preciso,  ec- 
cello che  esisteva  nel  contado  dì  Zara   nel  1402.  "'  ^^^  ^^^^^ 


Bicina. 


In  confin  di  Polazza  esisteva  nel  1390  la  villa  Bicina 
Al  presente  non  se  ne  conosce  che  l'antico  suo  nome. 

f  Mresevic. 

Nelle  vicinanze  di  Polazza  si  trovava  la  villa  denomi- 
nata Kresevic  in  scritture  dal  1390  fino  al  1479.  Anche 
questa  è  scomparsa  dopo  le  turchesche  incursioni. 

l'ersane. 

V'era  nel  1391  nel  territorio  nostro  la  villa  di  Per^a^e. 
Anche  questa  è  affatto  scomparsa. 

Briàiane. 

In  scrittura  del  1391  è  menzionata  la  villa  Brisiane 
raa  ora  non  si  sa  nulla  di  essa. 

Jaraue. 

La  villa  di  Jaraìie  esisteva  nel  1394,  ed  in  documento 
di  simil  data  se  ne  trova  memoria.  Or  piìi  non  v'  è,  essendo 
scomparsa  al  tempo  delle  guerre  coi  Turchi. 

Ilobricane. 

La  villa  di  Dobricane  è  rammentata  in  caria  dei  1406. 
Nulla  più  consta  della  medesima. 


—  416 


SBelJane. 


Nel  1436  eravi  nel  territorio  zaratino  una  villa  deno- 
minata Zeijane  in  scrittura  della  data  suddetta.  Scomparve 
anche  questa  colle  altre  premenzionate,  al  tempo  della  guerra 
coir  ottomano. 


Kaklucane. 


Una  villa  col  nome  di  Zaklucane^  è  riportata  in  docu- 
mento del  1594.  Era  allora  situata  nel  territorio  di  Zara. 
E  scomparsa  anche  questa,  e  quindi  oggidì  non  se  ne  co- 
nosce che  il  nome. 


Teàicane. 


Da  istrumento  del  1479  si  apprende,  che  nel  distretto 
di  Zara  esisteva  in  quest'  anno  la  villa  di  Tescane^  della 
quale  nuli*  altro  si  sa.  se  non  che  oggidì  essa  più  non  esiste 
che  di  nome.  i/ 


Rekane. 


In  carta  del  1559  trovasi  menzionata  una  villa  col  nome 
di  Rekane.  situata  nel  territorio  di  Zara,  ma  neppur  questa 
sussiste,  perchè  distrutta  nella  guerra  col  Turco. 


Terkicaoe. 


In  documento  del  1563  è  fatta  menzione  di  Terkicane 
villa  allora  esistente  in  questo  territorio.  D'allora  non  se  ne 
parla  in  altre  scritture,  il  che  vuol  dire  che  anche  questa 
come  le  preaccennate  è  affatto  scomparsa. 


Varikaàane. 


Presso  Boccagnazzo  esisteva  una  volta  la  villa  Vari- 
kasane.  È  nominata  in  documenti  del  1676  e  1730.  E  pro- 
hahile  che  sia   f  istessa  di  VarikasicevaSy  menzionata  in  scrii- 

tura  del  1387.   :  ^    ^      ^^-  ...;  •  ^  ^^^..r^.^    .^ 

1/4.  .{^4.  Mi  liiljevaz 

Tra  Lisane  e  Tinj  esisteva  nel  1403  la  villa  di  Usiljeiaz^ 
della  quale  vi  sono  tuttora  gli  .ivanzi  di  poche  case  nella 
località   Uselaz.  . 


417  ^ 


In  documenlo  del  1391  è  fa  ti  menzione  di  una  villa 
per  nome  Gjusic.  Poclie  case  di  questa  villa  sono  rimaBte 
vicino  a  Perasic,  e  la  località,  in  cui  sono  siluate,  porla 
tuttavia  il  nome  di  Ginsic. 

Hlirno.  f 

•  ilOllITit 

Nelle  vicinanze  di  Tinj  era  una  volta  la  villa  di  Klifno^ 
rammentala  in  documento  del    1481. 

Werbixa. 

Nel  territorio  di  Zara  Irò  va  vasi  nel  1461  la  villa  di 
Verbiza,  Oggidì  non  v'  è  traccia   di  essa. 

Wictoriifciiia. 

Presso  Nadin  esisteva  la  villa  denominala  Victoriscina 
in  scritlura  del    1406.   Neppur  di  questa  v' è  oggidì  notizia. 

Stiìbul. 

Eravi  un  tempo  nel  conlado  zaratino  una  villa  denomi- 
nata  Stubal  in  scritture  dal    1389  al    1446 

OHrbe. 

In  islrumenlo  del  1446  è  menzionata  la  villa  Garbe. 
Era  nel  distretto  di  Zara,  e  nel   1624  ancor  sussisteva. 

¥iikovic. 

Nel  territorio  zaratino  esisteva  nel  1435  una  villa  de- 
nominata Vukovic.  Dì  essa  v'è  memoria  in  documento  del- 
l'anno suddetto,  come  pure  de' suoi  abitatori  Draskovic  in 
altro  scritto  del   145l>. 

/.Orenovac. 

L^ antica  villa  di  Drenovac^  è  rammentata  in  carta  del 
1381.  In  parte  esiste  tuttora,  ed  è  posta  un  miglio  distaqte 
da  Rodaljìce  verso  ostro. 

97 


—  418  — 


Dolos. 


«^'»  Poco  lungi  da  Drenovac  versò  ostro  trovasi  ancor  og- 
gidì la  villetta  di  Dolaz^  ricordala  in  scrittura  del  1450. 

TreWe.      i     .•;>    jf,    «jjnn^    'i    ni /nUtif 

Una  villa  esisteva  un    tempo    col    nome  di    Tretce    nel 
territorio  di  Zara.  Si  trova  menzionata  in  documento  del  1433. 
^oaU^À   II'   H^a?  r.i  eiUi'/ t;uu  >.m   \\uì    \ò  e^tw-kn^i^  ^^ 

/^  *ntiiiiiie.      in'iffiiooh  ni  ulRJii^ainim 

Nel  distretto  di  Zara  Irovavasi  nei  tempi  andati  una 
villa,  denominata  Dumno.  Evvi  di  essa  memoria  in  carta  del 
1434  e  nulla  pili.  rt/ij/onj    !;ihX    ib  oiioJmof  ia/ 

.tic-        Itralovcl  'I 

In  scrittura  del  1433  trovasi  menzionata  una  villa  detta 
Kralovzi,  ed  in  altra  del  1434  v' è  memoria  di  Vladislao 
e  Milanko  fratelli,  suoi  abitatori.  Era  anche  questa  nel  con- 
tado zaratino,  ma  del  suo  sito  nulla  si  sa.      ^^b  inulinie  ni 

Stipanjeselo. 

'*'''  Vicino  a  Grue  eravi  in  passato  la  villa  Stipanjeselo. 
È  rammentata  in  documento  del  1105.  È  scomparsa  del  tutto, 
ed  il  suo  nome  non  esiste  che  in  carta. 


-If  »  -»^   V    " 


,^  /^  Krikovizza. 

Krikovizza  era  pure  in  antico  una  villa  del  territorio 
di  Zara.  È  nominata  in  scrittura  del  1405.  Nulla  più  si  sa  di 
essa  al  presente. 

''^  La  Villa  Kokocina  del  territorio  di  Zara  è  ricordata  in 
documento  del  1408.  Oggidì  non  si  sa  nulla  più  di  essa, 
e  neppure  dei  suo  sito.  .^.  v-i^^tp^.  s^^a^à 

liobroajevaz. 

'Anche  la  villa  Dohronjevaz  era  nei  tempi  ahdali  nel 
territorio  di  Zara.  Si  ha  memoria  della  medesima  in  scritti 
dal  1390  fino  al  1411,  e  nulla  più. 


419  — 


ÌMaipllne.^l 

Tra  Radovin  e  Rasance  esisteva  in  passalo  la  villa  di 
Magline^   menzionala  in  documenli    dal    1403    fino  al   1491. 

Jarboljeselo. 

Esisteva  in  passalo  la  villa  di  Jarholjeselo^  eA  èvìcoV" 
dala  in  scritture  del  1403  e  1436.  Ora  non  se  ne  conosce 
neppur  il  nome.  Era  nel  territorio  di  Nona. 

Tuzzappi. 

Nel  1387  oravi  la  villa  Tuzzappi^  della  quale  oggidì 
nulla  si  sa,  all' infuori  della  passala  sua  esistenza.     ììììi   v;i. 

-HjgUO'i 
niasoscina. 

In  documento  del  1485  si  fa  menzione  d'una  villa  de- 
nominato Blasoscina^  della  quale  ora  non  esiste  alcuna  traccia. 

Oregorizza. 

Nel  territorio  di  Nona  esisteva  una  volta  la  villa  Gre- 
gorizza,  di  cui  evvi  memoria  in  carta  del  1487.  Era  situala 
due  miglia  distante  da  Possedaria  verso  ostro.  Si  conservano 
di  essa  ancor  oggidì  parecchie  case.      .'     *^      »J-^,    i^t^^fT-^ 

Esisteva  nel  1480  la  villa  delta  Karanèevaz,  nel  no- 
stro territorio^  ed  è  menzionala  in  documento  dì  simil  dala. 
È  certamente  scomparsa  dal  momento  che  non  se  ne  fa  pa- 
rola in  posteriori  scritture. 

Holiiianjeselo. 

In  scrittura  del  1487  fassi  menzione  della  villa  Kol- 
manjeselo^  situata  nel  contado  zaratino.  Ora  più  non  esiste 
sotto  questo  nome.  ^^-^ 

Kainize. 

In  scrittura  del  1535  trovasi  menzionata  una  villa  di 
nome  Zainize  nel  territorio  di  Zara.  Ora  nulla  si  sa  di  essa, 
essendo  scomparsa.  vAhb 


—  420  — 

14  riposi  e  fa. 

/ 

•  Altra  villa  Irovavasi  ne!  territorio  nostro  Tanno  1552. 
Aveva  il  nome  di   Krivosicja,  Scomparve  del  tutto. 

Sdakova. 

Havvi  memoria  in  scrittura  del  1432  d'una  vlla  deno- 
minata Sdakova^  situala  nel  territorio  di  Zara.  Anche  questa 
è  scomparsa. 

Spiljaniaa. 

i\  In  documento  dei  1392  è  menzionala  una  villa  di  que- 
sto territorio  sotto  il  nome  di  Spiljaniza.  Di  essa  altro  non 
consta. 

Raka. 

In  documento  del  1319  si  fa  menzione  d'una  villa  di 
nome  Raka.  Era  del  Monastero  di  s.  Demetrio  di  Zara.  Matteo 
ed  Ivko  Siambrigolic  erano  suoi  abitatori  nel   1488. 

Rudonoro. 

Un  miglio  lontana  da  Islam  tra  belle  e  fertili  campagne 
era  situata  la  villa  di  Rudonoro.  Se  ne  fa  di  essa  menzione 
in  documenti  dal   1394  in  poi. 

Cerencì. 

Nel  territorio  di  Nona  era  posta  la  villa  Cerencì.  E 
parola  di  es?sa  in  carta  del  1491.  Era  parochia,  e  suo  paroco 
era  nel   1686  Matteo  Baicinovich. 

Skanize. 

Nel  contado  di  Nona  esisteva  una  volta  la  villa  delta 
Skanize^  della  quale  è  menzione  in   documento  del   1318. 

(«arplo. 

Nel  territorio  di  Nona  Irovavasi  la  villa  così  delta  Garplo.^ 
della  quale  è  menzione  in  scrittura  del  1466. 


421  — 


Harnisa. 


In  scritture  del  1450  e  1436  è  rammentala  la  villa 
Karniza  nel  territorio  di  Nona.  Forse  la  stessa  che  Cernesa. 

La  villa  OpaticG  del  territorio  nonese  è  menzionata  in 
documento  del  1487. 

/       milg-oste. 

In  scrittura  del  1389  fassi  parola  di  i/%05/e,  posta  nel 
territorio  nonese. 

S.  Andrea. 

Anche  la  villa  di  5.  Andrea  era  situata  nel  territorio 
nonese,  e  ne  fa  testimonianza  un  istrumento  del  1428. 

Mirze. 

In  istrumento  del  1432  è  nominata  la  villa  MV^e.  Anche 
essa  ^ra  posta  nel  circondario  di  Nona. 

Teraovo. 

Una  villa  esisteva  nel  1403  di  nome  Ternovo  nel  di- 
stretto di  Novegradi.  Era  parochia,  e  fu  suo  paroco  Prè  evi- 
tano nel  1491. 

Orabrosane. 

Vicino  a  Novegradi  eravi  un  tempo  una  villa  col  nome 
di  Grabrosane^  la  quale  è  menzionata  in  documenti  dal  1400 
al  1494. 

Radukovoielo. 

Una  villa  esisteva  nel  distretto  di  Novegradi,  rammen- 
tata col  nome  di  Radukovoselo  in  scritture  dal  1439  al  1505. 

Prasqnenic. 

Nel  contado  di  Novegradi  v'era  nel  1403  il  villaggio 
di  Pì^asquenic  detto  anche  Frasquic^  rammentato  in  scritture 
del  1418  e  1465.  In  documento  del  1428  è  appellato  col 
nome  di  Braschievich.  Da  questo  documento  risulta,  che  al- 
cuni terreni  di  questo  villaggio  furono  dati  in  possesso  al 
guardiano  di  s.  Francesco  in  Zara. 


—  422  -^ 

llilotiujak. 

^         Presso  Breviliiqua  era  la    villa    Bilotinjak^    menzionata 
in  documento  del    1524.    Ora  è  una    località    di    Brevilaqua. 

Harsiava. 

ili    BìiitiOics^d  wiit  . 

Presso  Obbrovazzo  esìsteva  la  villa  Karsiava,  rammen- 
tata in  scrittura  del  1388.      /    *  /v^ic.*---^ 


.  i^  •>!  ZakoD. 


Nelle  vicinanze  di  Possedaria  esisteva  una  volta  la  villa 
di  Zakon^  menzionata  in  scrittura  del  1479. 


Potloviae. 


Anche  la  villa  Podovize  era  situala    nelle  vicinanze  di 
Poasedaria,  ed  è  rammentata  in  scrittura  dei  1479. 


Bakica. 


Nei  contorni  di  Possedaria  era  situata  la  villa,  detta 
Bakica.  Era  dei  Conti  di  Corbavia.^  ed  è  menzionata  in  do- 
cumenti del  1405  e  1479. 


Porisane. 

Uno  villa  nei  dintorni  di  Radovin  esisteva  un  tempo  col 
nome  di  Foriéane.  Era  anche  questa  dei  Conti  di  Corbavia. 
È  menzionata  in  documenti  dal  1393  fino  al  1477.  Milleno 
q.m  Vladiko  e  Juray  Palotilich  erano  suoi  abitatori  nei  1393. 

'  "  A  pie  della  collina  di  Radovin  v'era  un  tempo  la  villa 
denominata  Karhovaz  Lug.  Si  fa  di  essa  menzione  in  scrit- 
tura del  1403. 

]|fla1iurzi. 

A  tramontana  di  Grue  poco  distante  esisteva  la  villa 
antica  di  Mahnrzi^  di  cui  sì  ha  memoria  in  documenti  del 
1525  e  1533.  Qui  fu,  dove  il  Provveditore  della  cavallerìa 
Bernardo  Malipiero  trovò  la  morte  nel  1570  in  uno  scontro 
che  ebbe  coi  Turchi. 


—  423  — 

lofio   et    ib    iìnùlùV      IWIlJaca.  114    5^-^    UìUitil    fO'J    MJ» 

H-  ■   ■■    '  ^    *    ^  •    ■  'i9 

ai  ^  ^^^  contado  zaralino  era  situato  il  villaggio  di  MiljaéoK 
Evvi  irieinoria  di  esso  in  documenti  dal  1381  fino  al  1488. 
Furono  suoi  abitatori  nel  1391  i  Cvitkovic,  i  Ternovìch,  ed 
i  Borovich.  È  probabile  cbe  questa.villa  sia  la  odierna  Miljasic^ 
posta  a  tramontana  di  Grue. 

•  jc  .^pj-^j^^^^g^^  2iaratino  nel  1392  era  situato  il  villaggio 
W  Zupanjeselo^  rammentato  in  documento  di  simil  data. 

.y'  Cerane. 

A  maistro  di  Prisleg  era  situata  la  villa  di  Cerane^  men- 
zionala in  scrittura  del  1514.  Esiste  tuttora.  Era  vi  in  essa 
un  Castello  dei  Conti  di  Corba  via,  denominato  Racich-Oerane, 

Smiljevaz.  .}- ;  *.  .ti'.«  ic 

Deir  antica  villa  di  SmiljevaZy  situala  nel  suburbio  di 
Zara,  e  menzionata  in  scriltura  del  1602,  ora  non  esisle  che 
il  solo  nome  della  località,  così  detta  da  una  pianta,  detta 
Smil^  che  vi  alligna  assai  bene.  ^'^^ 

r.  Babinog'overlica.  .  .■>ub    ni 

In  scrittura  del  1402  si  fa  cenno  d'  una  villa,  esistita 
nel  territorio  di  Zara  col  nome  di  Babinogoverlica,  Al  pre- 
sente nulla  si  sa  della  medesima,  e  quindi  deve  annoverarsi 
nel  numero  di  quelle  che  sono  scomparse. 

A 

Parlane.  .*^> 

Nella  suddetta  scriltura  del  1402  è  accennala  la  villa 
di  Parlune  allora  esistente  nel  territorio  di  Zara.  Anche  que- 
sta è  del  tutto  scomparsa,  non  trovandosene  alcuna  traccia, 

*^*^'       '*^     '  Kvonigrad. 

I  ^VA  In  documento  del  1480  si  fa  cenno  d'  una  villa  per  nome 
Zvonigrad^  la  quale  esisteva  in  quél  tempo  nel  territorio  di 


—  424  — 

Zara.  Si  trova  memoria  pure  di  essa  in  scrittura  del  1585^ 
da  cui  risulta  che  in  quell'anno  emigrarono  di  là  otto  fami- 
glie morlacche,  composte  di  80  persone,  e  si  trasferirono  in 
Istria.  Sembra  che  sia  pure  scomparsa,  giacché  non  esiste 
di  essa  veruna  traccia  al  presente. 

Hriiiac. 

In  scritto  del  1383  è  cenno  di  una  villa  del  zaratino 
contado,  denominala  Krisac.  Nulla  di  più  consta  della  sua 
esistenza  ulteriore.  Potrebbe  essere  la  stessa  che  Krisic^  ac- 
cennata in  documento  del  1400;  ovvero  anche  Kriz  colla 
chiesa  di  s.  Sofia,  menzionala   in  pergamena  del   1387. 

•4obilo;i;la>'if'. 

Una  villa,  appellala  Kohiloglavic  esisteva  nel  1450  nel 
nostro  territorio^  e  suo  abitatore  in  quel  tempo  era  Ivan 
Bolkovich.  Altro  non  si  sa  di  essa^  e  quindi  dev'essere 
scomparsa. 

Su  li  era  ve  e. 

In  scrittura  del  1439  si  fa  cenno  d'  una  villa,  detta 
Suheravce,  in  allora  esistente  nel  territorio  nostro,  la  quale 
dev'  essere  scomparsa. 

Parecchie  ville  del  territorio  di  Nona  sono  menzionate 
in  documento  del  1600,  nel  qual  tempo  erano  affatto  disa- 
bitate. Tali  sono: 


Klaiìice 

Greppano 

Dracevac 

Komorca 

Briscane 

Voykovci 


Posica 

Miagoscina 

Amhroscina 

Jasenovo 

Sutmia 


Barblrice 

Suksineaci 

Bardavic 

Carnise 

Zuhistina 

Pors, 


Di  molte  allre  villette,  una  volta  esistile  presso  la  città 
di  Zara,  si  fa  menzione  in  antche  scritture.  Tali  sono  : 

Perlinagrada^  presso  Zara,  menzionata  in  scrittura  del  1421 

Verceno                  r>         i,              «                    »  ^  1421 

Novoceso                „         „              ^                    „  „  13S1 

Ovslarovscìna^  presso  S.  Marco  in  Borgo    Erizzo  „  1446 


—  425  — 

presso  S.  Giovannino    in  scrittura 


1} 


w 


Orisac 
Polacisée 
Hulinskazemlje 
Podkrivenik       .     .     . 
Rovinje  presso  la  città 
Rovere  verso  Babìndub 

Slatice 

Slavkajama  presso  la  figu retta 

Boduliscina  presso  la  città 

La  valletta  nel  suburbio 

Gladusse  dinanzi  la  città 

Zelenaglava  fuori  di  città 

Battalje  presso  la  città   . 

Rakanzon  alle  Kolovare 

Popovica  in  spianata 

Ad  mensas  nelle  vicinanze  della  città 

Rivo  de  Molini  „  „        ^ 

SegatiscÌ7ia  con  700  olivi  al  Monleferreo 

Cucaglial  in  documento        


99 

ri 

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99 


^y 


r 


w 


» 


1540 
1438 
1439 
1610 
1456 
1486 
1677 
1652 
1675 
1648 
1459 
1437 
1448 
1452 
1349 
1350 
1395 
1409 
1570 


(  k 


Ancora  sulle  antichità  di  Nona. 


A  pag.  186  di  questo  volume,  discorrendo  di  Nona 
antica  ho  detto,  che  nel  sito,  dov'era  il  pubblico  Foro,  fu- 
rono dissotterrate,  alla  fine  dello  scorso  secolo,  quelle  statue 
colossali  d' imperatori  e  di  personaggi  illustri  di  Roma,  che 
assieme  ad  altre  antichità  ivi  ritrovate,  andarono  a  formare 
la  ricca  e  preziosa  gallerìa  dei  conti  Pellegrini,  la  quale  era 
il  principale  ed  il  migliore  ornamento  della  nostra  città  fino 
al  1840,  in  cui  passò  ad  arricchire  la  collezione  di  statue 
e  quadri  dei  conti  Cernazai  di  Udine,  che  l'acquistarono  per 
4200  fior.  Siccome  per  riparare  in  qualche  modo  a  tanta 
perdita,  e  rimediare  se  fia  possibile,  alP  errore  commesso  da 


~  426  — 

chi  doveva  stornarlo  in  ogni  guisa,  sarebbe  stato  utile  nah 
solò,  ma  anche  gradito  V  avere  almeno  una  dettagliata  de- 
scrizione degli  oggetti  preziosi,  di  cui  era  formata,  così  non 
dubitni  di  ricercarla  al  Comune  che  if  aveva  interesse,  e  alla 
nobile  famiglia,  che  n'  ebbe  il  possesso.  Ma  tutto  indarno. 
Mi  rivolsi  allora  al  Rev.nio  Mons.  Francesco  Maria  Cernazai, 
canonico  della  cattedrale  di  Udine,  fratello  dell'  or  defunto 
compratore,  ed  ottenni  dalla  sua  gentilezza  il  seguente  elenco, 
eh'  egli  trascrisse  fedelmente  da  uno  stampato  qui  in  Zara 
nel  1839  nella  tipografia  Demarchi,  col  quale  il  sìg.  dottor 
Casimiro  de  Pellegrini  invitava  gli  amatori  delle  scienze  e 
delle  arti  a  far  acquisto  del  prefato   Museo. 

Nel  presentare  pertanto  ai  lettori  il  detto  elenco,  devo 
farli  avvertiti,  che  fra  gli  oggetti  in  esso  contenuti  sonovi 
alcuni,  che  furono  trovati  in  Zara  e  nel  suo  territorio. 

\y(;i:]      „  ^  niif>b    '^\iHint:i  \ 

Elenco 

degli  oggetti  principali  contenuti  nel  Museo 
del  sig.  Dottor  Casimiro  de  Pellegrini  Danieli  in  Zara. 

Questo  Museo  consta  di  oltre  300  pezzi,  (non  com- 
presi alcuni  frammenti),  tra  Statue  colossali,  Busti  colossali, 
Statue  di  minor  grandezza.  Busti,  Iscrizioni  e  Lapidi  in  ca- 
ratteri latini,  greci  ed  ebraici,  nella  massima  parte  di  genere 

antico.  ^.       .•         .  ..     ^      .  .  rr  è, 

I.  Sono  rimarchevoli  tra  le  Statue  colossali  in  marmo  greco 

salino,  e  di  greco  scalpello  le  seguenti: 
Hno/ Un  Giulio  Cesare  dell'altezza  di  piedi  otto  circa. 
«ir     Un  Augusto  •   d  bi^        ^  i^n 

Un  Tiberio  Ùlaudio        „ 

Una  Sabina  ^  -. 

Un  M.  Tullio  Cicerone  „ 

Una  Faustina   la  giovine 

Un'  Agripinna^  madre  di  Nerone 

Un'  altra  incognita  „ 

'i^IL  Statue  di  minor  grandezza: 

EsciilapìOf  Cupido^  due  Sibille ,  due  Mori^    l  Avarizia 

e  la  Liberalità, 


V 

sei  e  mezzo. 

?5 

sette. 

^• 

cinque  e  mezzo. 

^ 

sei  ed  onc.  tre 

V 

sei. 

ì) 

cinque  e  mezzo. 

^y 

tre. 

—  427  -- 

III.  Biisli  colossali: 

Bacco^  Didone^  le  due  Faustine,  Giunio  Bruto^  Omero, 
Platone^  quattro  Filosofi  greci,  un  Gladiatore,  Marco 
Aurelio  ed  altri  incogniti. 

IV.  Tra  cento  e  più  Busti  di  minor  grandezza  si  distinguono  : 
TitOy  Adriano^  Agrippina  la  giovine,  Laocoonte,  Marte, 
Platone^  Alessandro  nioriente,  Cerere^  Eraclito^  Seneca^ 
due  Filosofi  greci  di  straordinario  lavoro,  e  molti  altri 
tuttora  incogniti,  Diana  ed  Andromeda  di  figura  com- 
pleta. 

V.  Un  gruppo  in  marmo  di  Carrara  rappresentante  Enea^ 
che  fugge  dall' incendio  di  Troja,  portando  sulle  spaile 
il  padre  Anchise,  che  tiene  in  una  mano  gli  Dei  Penali, 
e  seguito  dal  piccolo  Gildo. 

VI.  Due  busti  di  lavoro  moderno  con  antipendi  figurati  ;  il 
^■'''    primo    rappresenta    5.    Girolamo,    il    secondo  s.  Maria 

Maddalena, 
VII.  Cinque  piccole  statue  di  bronzo,  quattro  delle  quali  rap- 
presentanti gli  elementi. 
Vili  Alquanti  vasi  etruschi^  altri  cinerari,  armi,  stromenti  e 

idoli  antichi. 

IX.  Moltissimi  oggetti,  appartenenti  alla  storia  naturale,  cioè 

coralli  neri  e  rossi,  piante  marine,  petrificazioni  e  simili. 

X    Una  collezione  di  libri  italiani,    latini  e  francesi,  e  tra 

questi  un  discreto  numero  di  antiche  edizioni  di  celebri 

autori  in  diverse  materie. 

XI.  Una  collezione    di    medaglie    romane^    per   la   massima 

parte  di  rame,  ascendenti  al  numero  di  mille  circa. 
XII.  Una  collezione  di  quadri,  in  gran  parte  di  rinomati  pittori. 


-«=sC=35g'=ìJ=ai*^ " 


—  428 


Serie  dei  Beneflcii  ecclesiastici 

fondati  nella  città  e  Arcidiocesi  di  Zara  dall'anno  418  in  poi 
desunti  da  un  libro  manoscritto  di  antiche  memorie. 

1.    a.  418.   Ursinio^  Gonfaloniere  di  Zara^  lascia  aila  chiesa 
di  s.  Pietro  tre  sorte  di  terreno,   posto  oltre  il  porto  con 
casa  e  cisterna  sotto   il  monticello  argentario^  all'  ingiìi 
del  monte  ferreo,  acciò  sia   da  quei  preti  e  diaconi  offi- 
ciata con  assiduità  la  suddetta  chiesa,  e  si  preghi  Iddio 
per  l'anima  sua  e  de' suoi  maggiori.    Questo    beneficio 
andò  estinto,  non  conoscendosene  piìi  neppure  il  titolo. 
La  chiesa  di  s.  Pietro,  qui  nominata,  non  può  essere 
che  la  cattedrale    di    Zara,    eh'  esisteva    in    quel  tempo 
sotto  il  titolo  di  s.  Pietro  ap.  mentre  le  altre  due  chiese 
di  s.  Pietro   vecchio.,  poi  s.  iMarcella,  e  di  s.  Pietro  nuovo, 
furono  erette  assai  più  tardi,  come  abbiamo  dimostrato 
parlando  di  esse  nel  I  volume. 
ji2.    a.  429.  Fosco^  Priore  di  Zara^  con  suo  testamento  del 
^         mese  di  aprile  iinno  suddetto,  lascia  una  possessione  in 
Pistimano  (Pasmano)  alla  chiesa,  e  ciò  ad  onor  di  Dio. 
Questo  lascito  si  riferisce  con  molta  probabilità    alla 
chiesa  di  Pasmano  ;  il  che  proverebbe  T  antichità  di  quella 
parochia 

3.  a.  559.  Basilio^  Rettore  di  Zara^  lascia  la  sua  casa, 
posta  al  portone  dell'antico  castello  di  Zara,  dalla  parte 
di  quirina,  acciò  sia  da  essa  formato  un  recettacolo  pei 
poveri  infermi,  e  nominatamente  pegli  esteri. 

Quest'  ospitale    è    menzionato    in    parecchie    antiche 
scritture. 

4.  a.  790.  Valdizza,  Rettore  di  Zara^  concede  in  dono 
perpetuo  la  sua  isola  Malata  (Melada)  agli  officiatori 
della  chiesa,  acciò  ogni  selle  giorni,  uniti  assieme  nel 
cimitero  preghino  per  l'anima   di  Bona  sua  moglie 

5.  a.  806.  Paolo.  Priore  di  Zara^  fra  una  quantità  dì 
legati  pii,  con  suo  testamento  lascia  varie  suppellettili 
preziose  e  molti  terreni  ai  monaci  di  s.  Grisogono  in 
3ufrragio  dell'anima  sua. 


—  429  — 

6.  a.  838.  Nebio^  Rettore  di  Zara^  lascia  l'isola  di  Pa- 
modon  (^Premuda)  alla  chiesa  di  s.   Pietro. 

Anche  in  questo  testamento,  sotto  il  nome  di  s.  Pietro, 
si  dee  intender  la  nostra  cattedrale,  che  nell'  838  non 
poteva  aver  ancor  assunto  il  titolo  di  s.  Anastasia. 

7.  a.  906.  Foscolo,  Priore  di  Zara  lascia  un  leg-ato  di 
200  libre  d'oro,  ed  alcune  preziose  suppellettili  di  selH, 
e  di  panni  di  lana  e  di  canape  alla  chiesa  di  s.  Gri- 
so^ono;  alT  Abate  poi  una  sua  possessione  posta  a  Boc- 
cagnazzo,  acciò  da  lui  assieme  coi  monaci  venga  suf- 
fragata ogni  dì  l'anima  sua,  e  quelle  di  Mario  suo  padre, 
e  di  Armisia  sua  madre. 

8.  a.  968.  Madio^  Priore  di  Zara^  benefica  i  monaci  di 
s.  Grisogono  con  ristauri  fatti  al  monastero,  e  con  do- 
nazione di  terreni,  posti  nell'  isola  di  Pastimano,  e  di 
Munio  (Diclo)  e  con  obbligo  di  pregar  Iddio  per  1'  a- 
nima  sua  e  per  quelle  dei  suoi  parenti  defonti. 

9.  a.  1018.  S.r  Dorsto  Bano  che  fece  edificare  la  chiesa 
di  s.  Nicolò,  e  parecchie  altre  in  città  e  ne' suburbi, 
con  suo  testamento  delT  anno  suddetto  lascia  a  ciasche- 
duna legati  d'oro  e  d'argento,  suppellettili  di  seta,  di 
linOj  e  di  lano,  ed  inoltre  alcune  possessioni,  acciò  in 
remissione  de'  peccati  sia  implorata  la  misericordia  di- 
vina sovra  di  lui,  e  dagli  ufficiatori  delle  chiese  venga 
sulfragata  l'anima  sua  e  di  sua   moglie. 

10.  a  1044.  Andrea^  Priore  di  Zara,  lascia  una  posses- 
sione ai  monaci  di  s,  Grisogono,  perchè  lo  facciano 
presente  a  Dio  nei  sacrificii  e  nelle  loro  orazioni. 

11.  a.  1066.  Cresimiro  re  di  Dalmazia^  che  ri s tauro  il 
monastero  di  s.  Maria  delle  Monache,  gli  assegnò  rendite 
di  terreni  posti  negli  scogli  e  nel  continente  di  Zara, 
affinchè  fosse  suffragala  l'anima  sua  e  de' suoi  defunti. 

12.  a.  1072.  Andrea,  vescovo  di  Zara^  lascia  la  sua  ere- 
dità paterna  ed  anche  la  propria  alla  chiesa  delle  mo- 
nache di  s.  Maria,  con  ordine  di  esser  ivi  sepolto,  e  sia 
suffragato   l' anima  sua  dopo  la  morte. 

13.  a.  1105.  Colomano^  re  di  Dalmazia,  fece  ristaurare 
la  chiesa  delle  monache  di  s.  Maria,  eresse  il  campanile, 
e  donò  loro  l'isola  di  Sale,  ed  altre  terre  in  suffragio 
dell'anima  sua  e  della  regina  sua  moglie,  onde  fin  d' aU 
lora  venne  in  detta  chiesa  fondata  una  mansioneria  di 
messe  annue  208.  che  tuttavia  sussiste. 


—  430  — 

14.  a.  1244.  Bela  7F,  re  di  Dalmazia^  donò  alcune  pos- 
sessioni alle  cattedrali  di  Zara  e  di  Nona,  ed  anche  ai 
monaci  benedettini,  acciocché  i  sacri  ministri  suffragas- 
sero l'anima  sua  e  del  suo  padre  re  Andrea. 

15.  a.  1302,  7  novembre.  Con  pubblico  istrumento  di  tal 
data  le  famiglie  Soppe  e  Bortolazzi  istituirono  un  be- 
neficio semplice  (senza  cura)  nell'antica  chiesa  di  s,  Gio- 
vanni di  Pusterla^  detta  poscia  s.  Domenica,  la  quale 
era  assai  frequentata  dalle  famiglie  nobili  zaratine.  11 
beneficiato  godeva  tre  sorte  di  terra  presso  il  castello 
di  Zemonico,  ed  alcuni  terreni  arativi  presso  Vrana  : 
beni  questi,  che,  dopo  la  guerra  lurchesca,  dovette  la- 
sciare, poiché  vennero  in  possesso  del  governo  veneto. 
Godeva  alla  fine  del  secolo  XVIII  1'  usufrutto  di  due 
casette  vicine  alla  suddetta  chiesa,  ed  un  terreno  nella 
località,  appellata  -Befoerfere  nel  territorio  zaratino.  L'ob- 
bligo annesso  al  beneficio  era  quello  dei  vesperi  e  messa 
cantata  nella  festa  di  s.  Giovanni  Battista.  Gli  elettori 
erano  i  due  anziani  delle  famiglie    Soppe  e  Bortolazzi. 

16.  a.  1302.  Beneficio  di  5.  Pietro  al  Barcagìio,  oltre  il 
porto.  Ha  verso  scilocco  gognali  cinque,  e  verso  borra 
gognali  tre  di  terra.  L'  obbligo  del  beneficiato  é  di  pregar 
Iddio  pel  benefattore.  L'  arcivescovo  lo  conferiva.  Ora 
è  estinto. 

17.  a.  1302.  Antichissimo  òe/ze^cio  fondato  nella  or  distrutta 
chiesa  snburbana  di  s,  Giorgio^  ed  in  seguito  traspor- 
tato nella  chiesa  urbana  di  tal  nome,  che  fu  atterrata 
nel  1847.  Ha  gognali  quattro  di  terreno  alla  Sumera, 
ed  altri  duo  gognali  a  Gasenizze.  L' obbligo  del  bene- 
ficiato è  d'una  messa  cantala  nella  festa  di  s.  Giorgio. 

,,,    Elettore  é  l'arcivescovo,  che  lo  conferisce  al  ceremonisla. 

18.  a.  1302.  Antonio  Gruhogna  lasciò  alla  chiesa  della 
Beata  Vergine  degli  ulivi  oltre  il  barcagno  una  circo- 
stante considerevole  possessione,  istituendovi  nell'  anno 
suaccennato  con  suo  testamento  un  semplice  beneficio 
coir  onere  di  60  messe  annue  all'aitar  del  SS.  Sacra- 
mento in  Duomo,  e  di  mantenere  la  chiesa  in  concio  e 
colmo,  e  provvederla  del  corredo  necessario,  ed  inoltre 
di  solennizzare  la  festa  titolare  dell'  Assunzione  di  M.  V. 
11  Provveditore  generale  Girolamo  Querìni,  che  teneva 
questo  podere  come  luogo  di  sua  villeggiatura,  v'  ag- 
giunse alcuni  altri  terreni,  e  vi  edificò  presso  la  chiesa 


—  431  — 

\>v^  iina  comoda  abitazione,  che  lasciò  ad  uso  dei  beneficiali. 
ogilfiNel  1725  l'onere  fu  ridotto  a  sole  12  messe,  ma  nel 
io-    1848  si  riprese  l'antico  ed  originario  numero.  Collalore 

del  benefìcio  è  l' arcivescovo.    Altre    notizie    di    questo 
o\iv>%eneficio  trovansi  nel  1  volume  della,  presente   opera  a 
»*'*njpag.  462.  1     f?'  ni  ln^m^ì»  ♦?»!• 

19.  a.  1305.  Due  beneficii  furono  istituiti  anticamente  sotto 
.<Mn»il  titolo  di  5.  Martino  presso  i  due  ospitali  di  tal  nome 
^'  esìstiti  in  città  e  nel  suburbio  di  Zara.  Questi  beneficii 
fi»  consistevano  in  alcuni  terreni  posti  nel  suburbio  11  cap- 
- 1  pellano  dei  due  ospitali  era  anche  il  beneficiato,  ed  a- 
fii!..  vea  l'obbligo  di  assistere  spiritualmente  i  poveri  infer- 
i*>'^  imi  ivi  raccolti,  ed  inoltre  doveva  pregare  pei  benefat- 
tori. Gli  elettori  erano  i  confrati  della  Congregazione 
9ii     del  SS.  Sacramento  in  Duomo.  i')  .ono^^ 

2Q^*a.  1305,  20  marzo.  Beneficii  della  Madonna  del  Buon- 

gaudio  e  della  Madonna  della  Cappellizza^  la  prima 
iV>  in  città  verso  le  porte  di  terraferma,  la  seconda  nel 
Bniiisuburbio,  ambedue  smurate  e  distraile.  Hanno  alcuni 
8bni?beni  in  terraferma,  i  quali  furono  nel  1690  incorporati 
i'^^T    nella  massa  capitolare    per   le    distribuzioni    quotidiane. 

L'  obbligo  è  di  messe  corrispondenti  alla  rendita.   Col- 

B       latore  era  l'arcivescovo.  Hfconm  In 

21.    a.   1340.  Benefìcio  dei  Santi  Cosmo  e  Damiano^  chie- 

riiJiii  setta  ora  distrutta,  sotto  la  cittadella  dalla  parte  di  li- 

'  beccio,  indi  cappella  eretta  nella  callicella  della  Carriera, 

il  cui  altare,  dopo  la  sua  distruzione  fu  trasportato  in 
f"  S.  Stefano.  La  rendita  di  tal  benefìcio  consiste  in  livelli 
<        di  tre  casuccie,  e  di  quattro  gognali    di    terra  oltre  la 

spianata.  L'  onere  è  d*  una  messa  cantala  e  relativi  ve 
^'      speri  nella  festa    dei    titolari.    Nel    1646    l'arcivescovo 

incorporò  il  beneficio  nella  massa  capitolare  per  le  di- 
^»^t  stribuzionì,  ed  il  capitolo  si  obbligò. di  supplire  all' o- 
-♦•iM  nere  relativo. 

28y^  a.   1370,  2  luglio.  Gitdia  di  Francesco,  nipote  di  Vido 

«»i    prete  di  Pago,    lasciò    un    terreno  a  Pago    di    prete  in 

fino   prete  coli'  obbligo  di  dodici  messe  all'  anno.  Questo  be- 

T^^  neficio  è  denominato  Beneficio  di  s.  Quirino.  L'  onere 

^*»  è  obbligato    all'aliar    di  s.  Margherita    in    Duomo,  e  a 

quello  dì  s.  Elena  nella  chiesa  dei  Domenicani. 
23.    a.   1376,  24  agosto.  Beneficio  di  s.  Maria  ad  Salinas, 

fondato  da  Dionisio  q.m  Gerardo  con  suo  testamento  di 


—  432  — 

sìmii  data.  Ha  15  gognali  di  terra  in  iuogo  detto  ad 
salinas  Jaderae.*)  dalla  parie  di  libeccio.  L' obbligo 
annesso  è  di  12  messe  annue  in  s.  Maria  Maggiore,  poi 
in  s.  Rocco.  Collalore  n'  è  V  arcivescovo. 

24.  a.  1380.  6  agosto.  Beneficio  di  s.  Mauro  m,  a  Pago 
con  alquanti  terreni  in  Dignisca.  L'obbligo  del  benefi- 
ciato è  dì  messe  corrispondenti  alia  rendita.  V  eiettore 
è  il  più  anziano  della  nobit  famiglia  zaratina  Grisogono. 

25.  a.  1389.  Sigismondo  re  di  Dalmazia  mandei  all'abbate 
di  s.  Grisogono  cento  fiorini  d' oro  pei  funerali  della 
regina  Elisabetta,  trasportata  a  Zara,  ed  ivi  onorevol- 
mente sepolta;  ed  altri  cento,  perchè  venisse  istituita 
una  fondazione  di  messe  annue  e  di  un  anniversario  per 
la  stessa  nel  dì  14  dicembre  nella  chiesa  di  s.  Griso- 
gono.  Ciò  avvenne  in  occasione  del  trasferimento  delle 
ossa  della  Regina  da  Zara  in  Ungheria,  cioè  in  gen- 
naro  del  1389. 

26.  a.  1400.  S.  Tommaso  de  Slatto  e  S,  AnarStasia  di 
Pontamicca  cappelle  diroccate,  beneficii  uniti.  La  prima 
ha  tre  gognali  di  terreno  vignato  ed  arativo,  la  seconda 
parecchi  terreni  coltivati.  L*  obbliga»  è  di  pregare  pei 
benefattori.  Collatore  n'  è  T  arcivescovo,  che  lo  conferisce 
al  maestro  di  cappella.  Ora  è  unito  alla  Fabbriceria  della 
Chiesa  Metropolitana,  la  quale  paga  il   maestro. 

27.  a.  1402.  Beneficio  della  cappella  di  s.  Orsola^  tutta 
rovinata  dalle  fondamenta:  era  situata  dalla  parte  della 
marina  verso  scilocco,  ove  i  fabbri  dell'antico  arsenale 
avevano  le  loro  officine.  La  rendila  era  il  livello  di  sei 
casette  attigue  all'arsenale  vicino  s.  Rocco.  L'obbligo 
era  di  pregare  pei  benefattori.  Collatore  era  1'  arcive- 
scovo. Il  beneficio  andò  estinto  colla  demolizione  delle 
casette. 

28.  a.  1402,  2  agosto.  In  seguito  a  disposizione  testamen- 
taria di  Stanizza  q.m  Turco^  e  col  consenso  delle  mo- 
nache di  s.  Maria  regolarmente  congregale,  venne  fon- 
dato un  beneficio  a  vantaggio  del  chierico  anziano  in- 
serviente nella  suddetta  chiesa,  con  assegnazione  d'una 
casa  in  piazza  S.  Luca,  ora  dell'  erbe,  e  di  alcuni  ter- 
reni in  spianata,  come  rilevasi  da  antica  tabella  del- 
l'anno  1300.  La  casa  fu  livellata  nel   1702  alla  fami- 


*}  Le  Beline  dei  SSaratini  erano  a  GaBeoiEze. 


—  433  — 

glia  Orlandini  per  20  ducali  all'  anno.  L' obbligo  del  be- 
neficiato è  d'una  messa  settimanale  all'aitar  di  s.  Be- 
nedetto in  s.  Maria.  Il  beneficio  viene  conferito  dalle 
monache  di  s.  Maria  in  pieno  capitolo. 

29.  a.  1403,  6  marzo.  Con  testamento  di  tal  data  il  nob. 
Simeon  Cucilla  istituisce  un  beneficio  semplice  nella 
villa  di  Dobropoljana.  Lascia  una  casetta,  un  ograda 
posta  nella  località  Veliki  Dolaz  dell'  estesa  di  otto 
giornate  di  lavoro  con  olivari,  ed  un  pezzo  di  terreno 
arativo  dell'estesa  di  una  giornata  di  lavoro.  L'obbligo 
è  di  tener  in  concio  e  colmo  la  casa  beneficiale,  e  di 
ricordare  quotidianamente  nella  recita  del  divino  ufficio 
l'anima  del  testatore.  Elettori  sono  i  nobili  de  Fan- 
fogna. 

30.  a.  1404,  29  gennaio.  Maria  de  Grisogono  lascia  200 
ducali  d'oro  al  monastero  di  s.  Grisogono,  con  obbligo 
di  messa  quotidiana  all'aitar  di  s.  Anna. 

31.  a.  1407,  16  marzo.  Simon  de  Ciprianis  con  suo  te- 
stamento di  tal  data  istituì  il  semplice  beneficio  della 
cappella  di  s.  Pellegrino  a  Cale.  Gode  200  go- 
gnali  di  terra  a  Cale,  e  livelli  sopra  le  case  Pozza  e 
Zapich  in  città.  La  rendita  si  fa  ascendere  a  200  du- 
cati annui.  V  obbligo  del  beneficiato  è  di  tenere  in  concio 
e  colmo  la  chiesa,  provvederla  di  olio,  di  cera,  delle 
necessarie  suppellettili,  e  di  celebrare  due  messe  al 
mese,  e  pregare  pel  benefattore.  Gli  elettori  sono  tre 
commissarii  i  più  propinqui  di  sangue,  cioè  Bortolazzi 
e  Franceschi,  quali  discendenti  dalla  famiglia  Grisogono, 
congiunta  in  parentela  colla  estinta  famiglia  de  Ciprianis. 

32.  a.  1408,  2  ottobre.  L'arcidiacono  di  Zara  Luca  Sta^ 
nissich  con  scrittura  privata  odierna  ha  stabilito  un  be- 
neficio che  vada  da  prete  in  prete.  I  beni,  che  lo  com- 
pongono, sono  tre  ograde  vignate  ed  alcune  olivate,  la 
prima  oltre  il  barcagno  nella  località  Vruglie  in  un  pezzo 
di  sei  gognali  di  terra  ;  la  seconda  oltre  il  porto^  presso 
il  mare  nella  località  Carsinol  in  un  pezzo  di  cinque 
gognali  di  terra  ;  e  la  terza  a  Gasenizze  presso  il  mare 
in  un  pezzo  di  cinque  gognali  di  terra.  L'  obbligo  del 
beneficiato  è  d'  una  messa  ogni  festa  di  precetto  in  au- 
rora nella  Collegiata  di  s.  Maria  maggiore  all'  aitar 
della  Beata  Vergine.  Gli  elettori  sono  il  Piovano  ed  il 
mansionario  anziano  di  delta  chiesa. 

28 


—  434  — 

33.  a.  1409.  Antico  beneficio  Ciprianis^  il  quale  consiste 
in  alcuni  terreni  vignali  ed  arativi  con  olivari,  posti 
nella  località  Paprat,  L'obbligo  del  beneficiato  è  di  ce- 
lebrare tante  messe  quante  crede  in  coscienza,  ed  in 
qualunque  chiesa  a  sua  sciolta.  L'elettore  è  il  più  an- 
ziano della  famiglia  Bortolazzi. 

34.  a.   1414.    L  arcidiacono    Luca   Stanissich^    lascia    otto 

gognali  di  terra  nel  suburbio^  nella  località  Curaglie^ 
ed  altri  quattro  gognali  a  Gasenìzze^  ed  altri  quattro 
ancora  oltre  la  spianata,  coi  quali  terreni  istituì  un  be- 
neficio semplice  coli' obbligo  di  25  messe  annue  all'aitar 
di  s.  Anastasia.  Gli  elettori  le  tre  dignità  capitolari. 
L'arcivescovo  lo  conferì  nel  1790  al    vicario    Arraani. 

35.  a.  1420,  16  agosto.  Don  Jacopo  de  Anastasiis  istituì 
un  beneficio  semplice  nella  chiesa  di  s.  Vito,  e  lasciò 
per  esso  una  possessione  in  terraferma,  in  luogo  detto 
Blataz.  L'obbligo  è  di  una  messa  cantala  e  vesperi  nella 
festività  di  s.  Vito.  Collatore  del  beneficio  è  1'  arcive- 
scovo, che  dal  1600  lo  conferì  sempre  al  ceremonista 
della  cattedrale. 

36.  a.  1420.  La  cappellania  dell'  antico  ospitale  di  s.  Marco 
fu  ridotta  nel  1529  in  beneficio  semplice.  Il  beneficiato 
gode  una  casa  dirimpetto  il  campanile  di  s.  Elia,  con 
obbligo  di  una  messa  ogni  sabbato  nella  cappella  di 
s.  Marco  vicina  al  Duomo,  e  di  tener  in  concio  e  colmo 
la  casa,  ed  anche  la  cappella,  e  provvederla  delle  ne- 
cessarie suppellettili.  La  chiesa  fu  venduta  dal  e.  r. 
Demanio  a  N.  Tommasini,  che  la  convertì  in  abitazione 

1  privata.  La  casa  beneficiale  fu  trasformata  in  casa  ca- 
nonica ad  uso  del  paroco  della  metropolitana,  a  cui  fu- 
rono addossali  gli  oneri  al  beneficio  inerenti. 

37.  a.  1420.  Beneficio  semplice,  ^enoimwiììo  delle  monache 
di  s.  Maria^  consistente  in  una  casa,  livellata  dalle  delle 
monache  ad  Antonio  Lantana,  nonché  in  cinque  gognali 
di  terra,  con  l'aggravio  di  13  messe  annue.  L'elettrice 
è  r  abbadessa  di  s.  Maria. 

38.  a.  1420.  Beneficio  di  s.  Anastasia^  a  Pontamica  con 
terreni  posti  nelle  vicinanze  della  or  sdruscita  chiesa 
dì  s.  Anastasia  in  quella  punta.  L'  obbligo  è  di  messe 
corrispondenti  alla  rendita.  Collatore  è  l'arcivescovo. 
Sembra  che  sia  quello  stesso  descritto  al  N.r  26. 


—  435  — 

39.  a.  1421,  3  ottobre.  Lodovico  de  Matafari  lascia  una 
possessione  al  monie  ferreo  di  circa  lOOgognali,  per- 
chè sia  istituita  una  mansioneria  di  messe  al  suo  se- 
polcro. L'obbligo  è  d'una  messa  quotidiana  all' altare  del 
SS.  Sacramento  in  Duomo.  Neri725  dopo  la  riduzione, 
fatta  dall'arcivescovo  Zmajevich,  il  numero  delle  messe 
deve  corrispondere  alla  rendila.  Questo  beneficio  ve- 
niva conferito  dalle  abbadesse  di  s.  Maria  e  di  s.  Nicolò. 

40.  a.  1426.  Beneficio  d!  una  casetta  a  scilocco  del  mo- 
nastero di  s.  Maria^  che  nel  1639  rendeva  al  bene- 
ficiato Francesco  Rado  sette  ducati,  come  risulta  dagli 
atti  di  visita  dell' arcivescovo  Capello.  Fu  livellata  alla 
famiglia  Pasquali,  come  vicina  alla  casa  di  sua  abita- 
zione, dal  beneficialo  Paolo  Santini  nel  1780.  L'obbligo 
fondazionale  era  di  una  messa  al  mese  in  s.  Maria. 
Elettrice  l'abbadessa. 

41.  0.  1429,  6  giugno.  Damiano  de  Ciprianis  lascia  in 
testamento  un  pezzo  di  terreno  a  Boccagnazzo  a  due 
sacerdoti,  perchè  ciascheduno  di  loro  celebri  tre  messe 
ogni  anno  all'aitar  di  s.  Pellegrino  nella  chiesa  di  s.  Maria 
maggiore.  Il  beneficialo  eletto  dalla  famìglia   Fanfogna. 

42.  a.  1436.  Beneficio  della  cappella  di  s.  Marco^  posta 
dalla  parte  di  scilocco  del  territorio  di  Zara  nel  Borgo 
Erizzo  con  gognali  cinque  di  terreno.  L'  obbligo  fu  ri- 
dotto a  5  messe  annue  all'  aitar  dei  poveri  dì  s.  Marco. 
Collatore  l'arcivescovo. 

43.  a.  1444,  30  gennaio.  Don  Biagio  de  Blasiis  istituisce 
un  beneficio  d'una  casa  situata  nel  confine  dell'arsenale 
vecchio  presso  le  mura,  e  d'  un  ograda  vignata  ed  o- 
livata  sotto  il  monte  ferreo.  L'  obbligo  è  di  12  messe 
annue,  e  d' una  cantata  ai  9  di  ottobre  in  s.  Maria  mag- 
giore, donde  fu  trasportato  in  s.  Simeone,  L'  elettore  è 
il  più  anziano  della  famiglia  Fanfogna. 

44.  a.  1444,  2  marzo.  Don  Giorgio  de  Biasio  con  suo 
testamento  di  tal  data  lasciò  alcuni  terreni  nelP  isola  e 
villa  di  Pasman,  e  nel  suburbio  di  Zara,  ed  inoltre  una 
casa,  vicina  al  bastione  detto  Moro,  che  quantunque  ri- 
dotta in  muracca,  paga  un  livello  di  12  ducati  annui, 
ed  ancora  un'altra  casuccia  vicino  a  s.  Andrea, la  quale 
pure  venne  livellata.  L'obbligo  del  beneficiato  è  di  otto 
messe  annue  all'arca  di  s.  Simeone.  L'elettore  è  il  più 
anziano  della  famiglia  Fanfogna. 


—  436  — 

45.  a.  1449,  5  maggio.  Rodolfo  Budinich  lascia  cinque 
gognali  di  terra  e  120  ulivari  per  dote  all'aliar  di  san 
Pellegrino  in  s.  Maria  maggiore.  L'  obbligo  del  benefi- 
ciato è  di  una  messa  ogni  mercordì  all'  aitar  di  s.  Pel- 
legrino. L'elettrice  del  beneficiato  è  la  famiglia  Bortolazzi. 

46.  a.  1454,  27  settembre.  Don  Martino  Budislavich^  sa- 
cerdote zaratino,  trovandosi  in  islato  d'  infermità  nella 
diocesi  di  Cinquechiese,  con  suo  testamento  di  data  o- 
dierna,  lasciò  una  casa  con  orto  e  pozzo,  posta  nella 
viuzza  verso  il  confine  dell'antico  castello  e  della  chiesa 
di  s.  Anastasia  dal  iato  di  borra,  ed  un'  altra  casetta 
ad  essa  vicina.  L'obbligo  del  beneficiato  è  di  due  messe 
settimanali  in  cappella  di  s.  Anastasia.  Gli  elettori  sono 
le  tre  dignità  capitolari.  La  casa  fu  nel  1841  livellala 
a  Melchiore  Vago,  che  paga  fiorini  63  all'  anno.  Le  messe 
furono  ridotte  al  numero  di  48  all'anno. 

47.  a.  1456,  10  giugno.  Tommaso  /S/òzcicA  chierico  di  Zara, 
con  suo  testamento  di  simil  data  lascia  una  casa  posta 
in  calle  del  paradiso  dalla  parte  di  borra.  Confina  la 
detta  casa  da  scilocco  Draganich,  da  maislro  Smirich, 
da  borra  le  mura  della  città  mediante  ortaglia,  da  li- 
beccio via  pubblica.  Fu  livellata  alla  famiglia  Bocca - 
bianca,  che  nel  1780  la  vendette  per  100  zecchini  di 
oro  a  Pasquale  Marinovich.  L'obbligo  era  d'una  messa 
all'  aitar  di  s.  Simeone,  ed  un'altra  all'aitar  di  s.  Pietro  m. 
in  s.  Domenico.  Collatori  del  beneficio  sono  il  Piovano 
e  l'anziano  mansionario  di  S.  Simeone.  Stefano  Mari- 
novich lasciò  in  morte  la  detta  casa  alla  chiesa  di  san 
s.  Simeone,  affinchè  colle  rendite  della  medesima  sia 
eretta  una  fondazione  di  messe  in  suffragio  dell'  anima 
sua.  L'obbligo  fondazionale  stabilito  nel  1841  è  d'  una 
messa  ogni  martedì  all'aitar  del  Sacramento. 

48.  a.  1458,  31  gennaro.  Dobrizza  moglie  del  q,m  Nicolò 
Glavaz^  pescatore,  con  suo  testamento  di  data  odierna 
lascia  una  possessione  di  106  gognali  di  terra  a  Boc- 
cagnazzo  a  piedi  del  colle,  sotto  la  villa,  verso  borra, 
nel  mezzo  della  quale  passa  la  via  comunale,  e  trovasi 
il  pozzo.  Colla  qual  possessione  fonda  un  beneficio,  che 
passa  di  prete  in  prete.  L'obbligo  annessovi  è  una  messa 
ogni  domenica;  l'altare  e  la  chiesa  ad  libitum.  Gli  e- 
lettori  erano  il  Priore  di  s.  Grisogono,  il  priore  di  s.  Do- 
menico, e  l'abbadessa  di  s.  Nicolò.  Ora  è  1' arcivescovo. 


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49.  a,  1460.  Gregorio  Morgane^  con  suo  testamento  16 
maggio  1460  lasciò  eredi  delie  sue  ricchezze  e  delle 
molte  sue  possessioni  le  chiese  di  Zara,  e  fondò  l'os- 
pitale di  s.  Giacomo  pei  poveri  in  suffragio  dell'anima  sua. 

50.  a.  1465,  20  aprile.  Chiara  vedova  Gliuhco  Calafà  ha 
istituito  un  benetlcio  di  uno  casa  in  calle  Brini  presso 
la  B.  V.  del  Castello.  L'obbligo  era  di  una  messa  ogni 
venerdì  all'  aitar  di  s.  Margarita  in  Duomo.  L'  arcive- 
scovo Zmajevich  con  Decreto  dell' 11  febbraro  1723  e 
con  facoltà  apostolica  ridusse  T  onere  a  25  messe.  L'e- 
lettrice era  l'abbadessa  di  s.  Nicolò.  L'arcivescovo  Go- 
deassi  con  suo  decreto  30  luglio  1854  incorporò  que- 
sto beneficio  alla  Fondazione  Zmajevich  addetta  al  se- 
minario Diocesano,  che    ne    fa    adempire    gli    obblighi. 

51.  a.  1465,  22  genn.  Don  Ostoj a  Allegretti  lascia  3  casette, 
che  poi  furono  ridotte  in  una  sola,  con  orticello^  poste  nella 
calle  vicina  a  s.  Elia  da  libeccio,  una  stanza  della  quale 
formava  un  volto  sopra  la  via,  che  conduce  a  s.  Francesco. 
Obbligo  del  beneficiato  è  di  due  messe  settimanali  nella 
cattedrale  di  s.  Anastasia.  Elettori  le  tre  dignità  capitolari. 

52.  a.  1469,  9  giugno.  Don  Nicolò  Lupovich  da  Zara  lascia 
la  sua  casa  d' abitazione,  posta  dirimpetto  a  s.  Elia,  ed 
un  ograda  vignata  oltre  la  fiumara  nella  località  detta 
Ozrin.  L^  obbligo  è  una  messa  settimanale  ed  un  anni- 
versario nella  Metropolitana  all'  aitar  della  Beata  Vergine 
oppure  di  s.  Nicolò  in  suffragio  dell'anima  sua.  L'elet- 
tore è  lo  stesso  beneficiato,  ch'elegge  il   suo  successore. 

53.  a.  1470;  2  agosto.  Giovanni  Remondini  lasciò  una 
casetta  a  Nona  presso  la  chiesa  di  s.  Anselmo,  e  nove 
gognali  di  terra  in  Brevilaqua,  acciò  fosse  stabilito  un 
beneficio  che  servir  dovesse  di  patrimonio  a  qualche 
povero  chierico  o  di  Zara  o  di  Nona  dopo  la  morte  di 
Pietro  Remondini  suo  nipote,  che  n'  ebbe  il  possesso 
vivente  lo  zio.  L'obbligo  del  beneficiato  è  di  12  messe 
all'anno  o  nella  cattedrale  di  Nona,  ovvero  in  s.  Simeone 
di  Zara.  Elettore  è  il  canonico  decano  capitolare  di  Zara. 

54.  a.  1470,  24  agosto.  Giulia  Cassidi  vedova  di  Ladi- 
slao Parenzi,  nobile  di  Nona,  lasciò  quattro  campi  di 
terra  a  Nona  affinchè  venisse  suffragata  l' anima  sua  con 
sacrifizii  dal  sacerdote  beneficiato.  L'obbligo  è  di  dodici 
messe  annuali  a  qualunque  altare,    dedicato    alla  Beata 


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Vergine.  Gli  elettori  sono  i  due  anziani  delle    famiglie 
nobili  zaratine  Delrico  e  Pellegrini. 

55.  a.  1472^  2  giugno.  Don  Michele  de  Blasiis^  Primicerio 
del  capitolo  di  Zara,  con  suo  testamento  di  simil  data, 
lascia  una  casa  con  forno,  dirimpetto  alla  porta  mag- 
giore ed  al  campanile  della  chiesa  di  s.  Silvestro,  ed 
una  vigna  dell'estensione  di  35  gognali  sotto  il  monte 
ferreo  verso  la  Beata  Vergine  dell'  Olivetto,  con  obbligo 
di  stabilire  un  beneficio  per  V  anima  sua.  La  casa  fu 
livellata  a  Giovanni  Zanchi,  che  paga  30  ducati  al  be- 
neficiato, ed  il  terreno  fu  pure  livellato  ad  Andrea  Tebaldi. 
Gli  elettori  sono  le  tre  dignità  capitolari.  L'obbligo  del 
beneficiato  era  di  due  messe  alla  settimana  all'aitar  di 
s.  Anastasia. 

56.  a.  1473,  15  agosto.  Radoslava  q,m  Priario,  lascia 
due  casette  di  tavola,  vicine  al  campanile  di  s.  Griso- 
gono,  i  cui  confini  sono  da  scilocco  piazzetta  della  ma- 
rina. Furono  rifabbricate  da  Carlo  Quintavale,  e  poi  fu- 
rono degli  eredi  Carsana,  L'onere  inerente  una  messa 
alla  settimana  all'Arca  di  s.  Simeone;  elettore  il  ga- 
slaldo  della  confraternita  di  s.  Silvestro. 

57.  a.  1480.  Beneficio  di  s,  Ippolito  d  Ugliano  con  una 
casetta  ed  un  orto,  e  18  gognali  di  terra,  fra  i  seguenti 
confini,  da  scilocco  e  borra  eredi  del  q.m  Zoilo  Ferra, 
e  le  monache  di  s.  Maria,  da  provenza  gli  eredi  di 
Simeone  Ventura,  da  libeccio  eredi  Cedolini:  più  un 
terreno  boschivo  di  8  gognali,  ed  altri  tre  gognali  di 
terreno  vignato  ed  olivato  in  luogo  detto  Caraschino 
fra  i  seguenti  confini,  da  scilocco  e  provenza  eredi 
Bon,  da  libeccio  beni  dell'  ogpital  dei  poveri  di  s.  Gia- 
como di  Zara,  da  borra  credi  Crissava.  Nulla  consta 
circa  gli  obblighi  annessi  a  questo  beneficio.  Collatore 
n'era  l'arcivescovo,  che  lo  incorporò  alla  massa  delle 
distribuzioni  capitolari. 

58.  a.  1481,  26  aprile.  Giovanni  i?a6o72«c/i  lascia  una  casa 
posta  nel  campo  di  s.  Luca  (ora  piazza  dell'  erbe)  la 
quale  circa  l'anno  1700  fu  livellata  dal  beneficiato  alla 
famiglia  Scarpi.  Era  posta  questa  casa  dalla  parte  di 
maistro,  ed  aveva  due  pergoli  di  ferro.  L' obbligo  è  di 
12  messe  annue  in  s.  Francesco.  Gli  elettori  erano  i 
gastaldi  delle  confraternite  di  s.  Silvestro,  e  della  ss.  An- 
nunziata. 


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59.  a.  1491,  5  giugno.    Elisabetta   di   q.m    Mistro   Marco 

Giovanozzo  sarte  Inscia  una  casa  nella  via  boreale  che 
conduce  al  Castello,  e  ciò  affinchè  sia  istituito  un  be- 
neficio a  suffragio  dell'  anima  sua,  ed  un  altra  casetta 
ancora,  che  fu  presa  a  livello  dal  sacerdote  Gregorio 
Billovich,  ed  anibidue  le  ridusse  in  una  sola^  situata 
nel  cantone  dirimpetto  il  giardino  della  famiglia  dei 
conti  Begna-Possedaria.  L'obbligo  del  beneficiato  con- 
siste in  dodici  messe  annue  all'aitar  di  s  Margarita 
in  Duomo.  Gli  elettori  erano  tre  signori  eletti  dal  conte 
di  Zara. 

60.  a.  1496.  Beneficio  di  s.  Pietro  Ap.  di  Diclo^  fondato 
da  Giulia  Franceschi  sopra  terreni  esistenti  a  Diclo,  che 
conte  apparisce  dagli  atti  di  visita  dell'  arcivescovo 
Cappello  dell'anno  1 639,  rendevano  al  beneficiato  trenta 
ducati  annui.  L'obbligo  di  pregare  Iddio  per  la  bene- 
fattrice. Collatore  n'  era  T  arcivescovo,  che  da  parecchi 
anni  lo  unì  alla  massa  capitolare. 

61.  a.  1496,  13  marzo.  Don  Vito  Paulovich^  mansionario 
della  metropolitana,  lascia  una  casetta  in  calle  dei  fab- 
bri, presso  la  chiesa  di  s.  Domenica,  fra  i  seguenti  con- 
fini, da  maistro  via  pubblica,  da  borra  la  confraternita 
del  Duomo,  da  libeccio  s.  Silvestro,  coli'  obbligo  che  il 
beneficio  passi  da  prete  in  prete,  e  gli  serva  di  patri- 
monio, e  che  la  scelta  cada  sopra  un  chierico  povero  \ 
e  studioso.  L'  onere  inerente  è  una  messa  annua  nella  ì 
cappella  di    s.    Rocco.    Elettori  i  quattro  mansionari  di 

s.  Simeone. 

62.  a.  1500,  20  agosto.  Matteo  Mezlomoto  lasciò  in  bene- 
ficio una  casetta,  presso  s.  Elia,  contigua  a  quella  del- 
l'' ospitai  di  s.  Marco,  posta  al  canton  da  borra.  L' ob- 
bligo è  di  cinque  messe  annue  all'aitar  di  s.  Giorgio 
nella  chiesa  di  s.  Elia.  Collatore  del  beneficio  è  l'ar- 
civescovo. 

63.  a.  1500.  Beneficio  di  s.  Girolamo  di  Cuclizza^  insti- 
tuito  dalla  nobil  famiglia  zaratina  Rosa  con  parecchi 
terreni.  L'obbligo  è  di  tante  messe  corrispondenti  alla 
rendita.  Collatore  è  l'arcivescovo. 

64.  a.  1500,  2  maggio.  Beneficio  di  s.  Pietro  d' Eso^  con 
quattro  gognali  di  terreno.  Obbligo  sei  messe  annue. 
Collatore  l'arcivescovo,  che  circa  l'anno  1700  lo  in- 
corporò nella  massa  capitolare. 


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65.  a.  1500.  Beneficio  di  s.  Pietro  d  Ugliano^  cappella  si- 
tuala nello  stretto,  ridotta  nel  1714  in  muracca.  Ha  per 
dote  questo  benefìcio  un  terreno  di  dodici  gognali  di 
estensione,  posto  in  quelle  vicinanze,  il  quale  fu  usur- 
pato dalle  famiglie  Califfi,  Soppe  e  Lantana,  come  as- 
serisce il  canonico  Tanzlinger  nelle  sue  memorie  della 
chiesa  di  Zara.  L'  obbligo  era  di  12  messe  annue  in 
qualunque  chiesa,  e  nel  dì  della  festa  di  s.  Pietro  ap. 
una  messa  cantata  ad  un  altare  qualunque  intitolato  a 
s.  Pietro.  Collatore  del  beneficio  è  1'  arcivescovo. 

6^.  a.  1504,  2  maggio.  Don  Pietro  Giordani  con  suo  te- 
slamento  lascia  una  casa  a  due  piani,  affinchè  sia  isti- 
tuito un  beneficio.  E  posta  delta  casa  nella  via,  che  pas- 
sando dall'ospitale  militare  (ora  civile)  verso  libeccio 
al  canton  della  piazza,  conduce  alla  chiesa  di  s.  Stefano 
(ora  s.  Simeone)  quasi  dirimpetto  alla  casa  dominicale 
Zappich.  L'obbligo  del  beneficiato  è  una  messa  setti- 
manale in  s.  Maria  delle  Monache  all'aliar  di  s.  Bene- 
detto^ ed  inoltre  di  contribuire  ogni  anno  un  ducato  al 
convento  di  s.  Domenico.  Elettrice  del  beneficiato  era 
Tabbadessa  di  s.  Maria,  ch'era  solila  conferirlo  al  Dia- 
cono della  sua  chiesa.  La  casa  fu  appropriata  dalla  fa- 
miglia Duplancich  per  incuria  della  commissaria,  e  così 
andò  perduto  tal  beneficio. 

67.  a.  1506.    10    giugno.    Tommaso   Sibicich^    chierico    di 
-^       Zara,  lascia  per  l'istituzione  di  un  beneficio  17  gognali 

di  terreno  in  terraferma  nella  località  Paprat  fra  i  se- 
guenti confini,  da  maistro  Budinich  e  Detrico.  da  sci- 
locco  Begna,  da  borra  un  fosso  lungo  pertiche  40,  largo 
I7O5  da  libeccio  il  capitolo  cattedrale.  L'obbligo  è  una 
messa  settimanale  alf  arca  di  s.  Simeone.  Gli  elettori 
sono  il  Piovano,  il  mansionario  anziano  di  s.  Simeone, 
ed  il  seniore  della  famiglia  Detrico.  Questo  beneficio 
andava  unito  con  quello  descritto  al  N.r  46. 

68.  a.  1510.  Beneficio  semplice  dei  ss.  Cosmo  e  Damiano 
a  Bagno.  Ha  cinque  gognali  di  terra  coltivata.  L'ob- 
bligo è  di  una  messa  all'  anno.  Lo  conferisce  l' arcivescovo. 

69.  a.  1512.  Beneficio  di  due  casette  nella  corte  Mar covaz 
posta  alle  mura  presso  le  beccarle,  vicino  all'  ospitale 
Lantana.  Passa  da  prete  in  prete.  L'  onere  è  di  pregare 
pel  benefattore.  Lo  conferisce  l'arcivescovo,  dietro  pre- 
sentazione della  famiglia  Civalelli. 


—  441  — 

70.  a.  1512,  6  agosto.  Francesco  Torricella  da  Bergamo 
lasciò  con  suo  lestamenlo  selle  gognali  di  terreno  nella 
villa  di  UglianO;  ed  altri  nove  gognali  di  terra  accioc- 
ché venisse  stabilita  una  mansioneria  a  suffragio  di 
Catarina  sua  moglie.  L' obbligo  del  beneficiato  è  di  una 
messa  cantata  nella  parodila  d'Ugliano  nella  festa  dei 
ss.  Cosmo  e  Damiano,  e  dì  pregare  pei  benefattori. 
Collatore  del  beneficio  è  l'arcivescovo. 

71.  a.  1516.  Beneficio  ci!  una  casetta  a  s.  Domenica^  isti- 
tuito da  Dionisio  Varicassich.  La  casella  è  posta  quasi 
in  faccia  alle  scale  della  chiesa  di  s.  Domenica,  al  can- 
tone dalla  parte  di  maistro  della  vicina  callicella  da  borra. 
Questa  con  altre  casette  del  borgo  interno,  in  tempo  di 
peste  nel  1649  fu  abbracciata.  Fu  poscia  nel  1693  ri- 
staurata,  indi  nel  1791  livellata,  e  finalmente  smurata. 
L' obbligo  del  beneficiato  era  di  due  messe  all'  anno. 
Coilatore  l' arcivescovo,  che  lo  conferisce  al  cerimonista. 

72.  a.  1516,  24  agosto.  Giovanni  Bundich  con  suo  testa- 
mento istituisce  un  beneficio  d' una  casa,  situata  nella 
via  del  paradiso,  la  seconda  cioè  a  libeccio,  fra  i  se- 
guenti confini,  da  borra  via  pubblica,  da  libeccio  casa 
Longìni,  da  scilocco  Califfi,  da  maistro  Chiucchia.  La- 
scia inoltre  un  terreno  in  Bagno,  dell'estensione  di  go- 
gnali sette  e  mezzo.  La  casa  fu  livellala  coi  debiti  as- 
sensi ad  Alessandro  Vanacca  per  lire  40  all' anno.  L'ob- 
bligo è  di  20  messe  annue  in  s.  Simeone.  Il  beneficiato 
viene  eletto  dalle  tre  dignità  capitolari. 

73.  a.  1520.  Il  Canonico  Matteo  di  Marchi  lasciò  una  sua 

casa  posta  al  canton  della  piazza  dell'  erbe,  vicino  alla 
colonna  detta  della  Berlina,  verso  la  strada  che  conduce 
a  s.  Francesco,  fra  confini  da  scilocco  e  da  borra  via 
pubblica,  da  libeccio  callicella.  Fu  questa  casa  livellata 
al  capitan  Tommaso  Lissicich.  che  la  riedificò  dalle  fon- 
damenta nel  1797.  L'  obbligo  fondazionale  è  di  dodici 
messe  annuali  all'  aitar  del  ss.  Sacramento  in  Duomo. 
Gli  elettori  sono  il  cappellano  maggiore  di  s.  Silvestro^ 
ed  il  gastaldo  della  scuola  della  ss.  Annunziata. 

74.  a.  1 520.  Beneficio  d  una  casetta  nel  confine  di  s.  Maria 
dalla  parte  di  libeccio,  la  quale  nel  1639  rendeva  cin- 
que ducati  annui,  come  leggesi  negli  atti  di  visita  del- 
l'arcivescovo  Capello.  L'onere  inerente  al  beneficiato  è 
di  pregare  pel  fondatore.   Lo   conferisce  l'arcivescovo. 


—  442  — 

75.  a.  1520.  Lnca  Braycinovich  lasciò  la  sua  casa  nel 
confine  del  castello,  acciò  fosse  stabilita  una  cappellania 
festiva  all'aitar  del  ss.  Sacramento  in  Duomo.  L'obbligo 
del  beneficiato  è  d'una  messa  ogni  festa  al  detto  altare 
dopo  la  messa  maggiore.  Elettori  i  due  canonici  seniori 
del  capitolo  cattedrale. 

76.  a.  1520.  Beneficio  semplice  di  s.  Maria  fondato  1' anno 
1439  nella  chiesa  parochiale  di  Ugliano,  il  quale  con- 
siste in  tre  pezzi  di  terreno  vignato  ed  olivato  in  delta 
villa.  L'obbligo  è  di  pregare  pel  fondatore,  e  di  prov- 
vedere le  corde  per  le  campane.  Collatore  è  V  arcive- 
scovo, che  dal    1702  lo  conferisce  al  vicario  generale. 

77.  a.  1526.  13  dicembre.  Beneficio  di  s.  Maria  di  Rava^ 
che  possiede  tre  gognali  di  terreno  nella  detta  parochia. 
11  beneficiato  ha  l'obbligo  d'una  messa  cantata  e  ve- 
spero  nella  festività  dell  assunzione  di  Maria  Vergine. 
Collatore  n' è  l'arcivescovo.  I  beni  furono  usurpati  dai 
gastaldi  della  famiglia  Soppe  di  Sebenico  :  il  beneficio 
quindi  è  perduto. 

78.  a.  1530,  14  agosto.  Beneficio  di  s.  Lorenzo  nella  pa- 
rochia di  Cale.  Le  rendite  ne  sono  costituite  da  livelli, 
da  alcuni  terreni  presso  la  detta  chiesa^  e  da  un  molino 
da  olio.  Il  beneficiato,  che  viene  presentato  dalla  fa- 
miglia Detrico  all'arcivescovo,  ha  il  dovere  di  cantar 
i  vesperi  e  la  messa  nella  festa  di  s.  Lorenzo  nella 
sua  chiesa. 

79.  a.  1530.  Beneficio  d' una  casa  ove  una  volta  era  la  spe- 
cieria  Bianchi,  situata  dirimpetto  la  chiesa  di  s.  Grisogono 
ed  inoltre  di  alcuni  terreni  a  Lucoran,  ed  in  terraferma. 
Fu  livellata  alla  famiglia  Lantana  che  paga  di  livello 
al  beneficiato  ducati  35  all'anno.  L'obbligo  consiste  in 
messe,  corrispondenti  alla  rendita,  nella  chiesa  di  s.  Maria. 
Le  elettrici  sono  le  monache  di  s.  Maria  congregate  in 
pieno  capitolo. 

80.  a.  1530.  Beneficio  semplice  di  s.  Elia  profeta,  fon- 
dalo nella  chiesa  di  tal  titolo,  concessa  dagli  arcive- 
scovi ad  uso  e  comodo  della  nazione  greca.  Le  rendite 
sono  lire  venti  annue  derivanti  da  livello  di  tre  casette 
vicine,  ed  un  gognale  di  terra  in  Ugliano.  Il  beneficiato 
aveva  1'  obbligo    di    cantar  i  primi  vesperi   e  la  messa 

c/ /  nella  festività  di  s.  Giorgio    all'altare    latino.    Collatore 

^  ^  del  beneficio  era  l'arcivescovo. 


%*- 


--  443  — 

81.  a.  1530.  Cappellania  beneficiale  di  s.  Luca  a  Bagno. 
Ha  r  antico  possesso  di  dieci  gognali  di  terra,  vicino 
alia  chiesetta  di  tal  nome.  L'obbligo  è  di  far  cantare 
una  messa  il  dì  di  s.  Luca.  Lo  conferisce  l'arci- 
vescovo. 

82.  a.  1530.  Da  Francesco  N.  fu  lasciata  una  casetta  posta 
dietro  la  chiesa  dì  s.  Domenica,  dal  lato  di  libeccio 
verso  le  mura.  L'obbligo  del  beneficiato  è  di  procurar 
alloggio  ai  poveri  forastieri,  e  pregar  p^l  fondatore. 
Elettori  sono  le  tre  dignità  capitolari. 

83.  a.  1562,  12  settembre.  Cecilia  figlia-  del  q,m  Stancich 
detto  Fasini  lasciò  un  terreno  di  sette  gognali  in  Ga- 
senizze  al  chierico  Matteo  Bassano  per  suo  beneficio, 
che  dopo  la  sua  morte  passi  da  prete  in  prete.  L'ob- 
bligo è  d'una  messa  al  mese  in  sabbato  al  ss.  Sacra- 
mento in  Duomo.  Gli  elettori  sono  l'  arcidiacono,  ed  il 
primicerio. 

84.  a.  1569.  Dagli  eredi  della  famiglia  Ciprianis  venne 
destinato  in  patrimonio  di  qualche  povero  chierico  un 
terreno  di  sette  gognali  nella  villa  di  Boccagnazzo. 
Elettore  il  più  anziano  della  famiglia  Nassi. 

85.  a.  1570,  18  settembre.  Anastasia  Valamichia  lascia 
una  casetta,  posta  nella  callicella  dietro  la  chiesa  di 
s.  Marcella  dirimpetto  alla  porta  minore  della  stessa.  Il 
beneficiato  che  viene  eletto  dal  conte,  ha  l'obbligo  di 
pregare  per  la  fondatrice. 

86.  a.  1574.  Beneficio  detto  di  Gasenizze  di  sei  gognali  di 
terreno  vignato  e  arativo,  lasciato  da  Antonia  Vidali 
con  condizione  che  passi  da  prete  in  prete.  L'  obbligo 
è  di  trenta  messe  all'  anno  in  qualunque  chiesa.  Colla- 
tore  è  r  arcivescovo,  che  lo  assegnò  al  suo  cere- 
monista. 

87.  a.  1579,  19  luglio.  Catarina  figlia  del  q.m  Nicolò  da 
Vicenza,  e  relitta  di  Giovanni  Baldi  calzolajo,  lascia 
una  casa  in  piazza  dell'erbe,  vicina  al  corpo  di  guardia 
verso  le  beccarie  con  suo  orticello,  e  fonda  un  bene- 
ficio che  passi  da  prete  in  prete.  Più  un'  altra  casa  in 
piazza  dell'erbe  appresso  il  Boara.  L'obbligo  è  di  messe 
corrispondenti  alle  rendite  della  prima  e  di  due  messe 
alPanno  in  s.  Silvestro  all'altare  del  miracoloso  cro- 
cefisso polla  seconda.  I  gastaldi  di  s.  Rocco  e  di  s.  Sil- 
vestro eleggono  il  beneficiato. 


—  444  — 

88.  a.  1579,  19  giugno.  Giovanni  Vincenzo  Bruscandolo 
lasciò  alle  chiese  di  s.  Domenico,  di  s.  Catarina,  e  di 
s.  Marcella  la  sua  grande  possessione,  posta  in  Peter- 
zane^  con  obbligo  di  messe. 

89.  a.  1579.  Gregorio  Scarahella  della  nobil  famiglia  Nassi 
lasciò  i  suoi  terreni  d'  Oltre  e  di  Cerno  ai  monasteri 
di  s.  Domenico  e  di  s.  Maria  con  obbligo  di  mansio- 
nerie  perpetue. 

90.  a.  1580,  14  agosto.  Beneficio  di  s.  Eufemia  nella  villa 
di  Oltre,  con  gognali  cinque  di  terreno,  livellati  alla 
famiglia  Remondini,  che  paga  lire  quindici  all'  anno. 
L' obbligo  è  di  pregare  pel  fondatore.  Lo  conferisce 
l'arcivescovo. 

91.  a.  1584,  14  agosto.  Giovanni  Anetta  mansionario  del 
Duomo  con  suo  testamento  istituisce  un  beneficio  di  una 
casa  nelle  pertinenze  di  s.  Grisogono,  tra  i  seguenti 
confini,  da  borra  via  pubblica,  da  libeccio  ragioni  di 
s.  Silvestro,  da  scilocco  muracca  di  s.  Maria,  da  maistro 
Simon  Anchicich,  con  aggravio  di  dodici  messe  annue 
all'aitar  di  s.  Benedetto  in  s.  Grisogono.  Elettore  del 
beneficiato  era  il  priore  del  monastero  di  s.  Grisogono. 
Questo  beneficio  andò  estinto  nel  1748. 

92.  a.  1587,  27  marzo.  Don  Michel  Tragurita,  mansio- 
nario di  s.  Simeone  con  suo  testamento  lascia  una  casa 
in  piazza  dell'erbe,  vicino  a  s.  Donato,  la  qual  casa 
fu  livellata  nel  1680  alla  famiglia  Stocco.  Paga  lire  70 
annualmente.  Il  possessore  elegge  il  successore,  ed  in 
caso  negativo  la  confraternita  del  Buongaudio  nella 
Metropolitana. 

93.  a.  1590,  4  marzo.  Dagli  eredi  dF  Matteo  Dellavada 
venne  fondato  un  beneficio  d'  un  gognale  e  mezzo  di 
terreno  vignato,  situato  vicino  s.  Giovanni  Battista  ex- 

^  i  t,  tra  muros  oltre  la  spianata  in  luogo  detto  Jadarce^ 
^'  **^'  presso  il  pozzo.  L'obbligo  è  di  tener  pulito  il  Croce- 
fisso, esistente  sopra  il  ciborio  della  Metropolitana,  il 
qual  crocefisso  nei  ristauri  della  chiesa  venne  traspor- 
tato in  s.  Donalo  nel  1782,  e  di  là  riportato  in  Duomo 
e  collocato  nella  cappella  dell'Immacolata.  Questo  be~ 
neficio  fu  appellato  di  s.  Croce^  ed  il  beneficiato  fa 
ardere  attualmente  due  torcie  all'aitar  maggiore  nella 
festa  dell' Invenzion  della  s.  Croce.  Lo  conferisce  l'ar- 
civescovo. 


—  445     - 

94.  a.  1594,  30  agosto.  Agnese  Boccarich   lascia    una  ca- 

setta air  estremità  della  via  del  paradiso,  la  qual  casa 
fu  nel  1620  livellata  a  Giovanni  Stiozza.  L'obbligo  del 
beneficiato  è  di  pregare  per  la  fondatrice  all'altare  della 
ss.  Annunciata.  Elettori  erano  gli  scrivani  di  s.  Giaco- 
mo e  di  s.  Silvestro. 

95.  a.  1598,  8  decembre.  Simeone  Drasmileo,  arciprete 
del  capitolo  di  Zara,  con  suo  testamento  lascia  la  sua 
casa  paterna  presso  la  chiesa  di  s.  Michele,  acciocché 
fosse  stabilito  un  beneficio  semplice,  che  passi  da  prete 
in  prete.  La  suddetta  è  posta  tra  i  seguenti  confini,  da 
libeccio  via  pubblica^  da  scilocco  Filarol,  e  Salomon,  da 
maistro  palazzo  Fozza,  ora  quartiere  militare,  da  borra 
appartamenti  di  detto  quartiere.  Nel  1720  fu  ristaurata  ed 
edificata  la  sottoposta  bottega.  L'obbligo  del  beneficiato 
è  d'una  messa  al  mese  in  s.  Michele.  Sembra  che  nella 
riduzione  generale  T  obbligo  sia  stato  ristretto  a  sole 
dodici  messe  annue.  Elettori  sono  le  tre  dignità  capitolari. 

96.  a.  1600.  Casa  a  quattro  piani,  posta  nella  corte  Fer- 
rari lasciata  da  D.  Cappelletti  in  beneficio,  che  passi 
da  sacerdote  in  sacerdote.  L' obbligo  è  di  sedici  messe 
air  anno  in  suffragio  della  testatrice.  L' elettore  è  la  fa- 
miglia Ferrari.  Lo  conferisce  V  arcivescovo. 

97.  a.   1600.  Chiesa  distrutta^    sotto  il  titolo    di  s.    Vigilio^ 

posta  dirimpetto  la  porta  piccola  della  chiesa  di  s.  Maria 
delle  monache  benedettine.  Le  sue  rendite  furono  ridotte 
in  beneficio  semplice,  e  livellale  alla  fnmlglia  Bortoletti 
per  lire  24  all'anno.  L'obbligo  è  d'una  messa  annua 
all'altare  di  s  Agnese  nella  Metropolitana  nella  festa 
di  s.  Vigilio.  Lo  conferisce  l'arcivescovo. 

98.  a.  1600.  Da  Simeone  Mansionario  furono  lasciali  dieci 
gognali  di  terreno  a  vantaggio  del  maestro  dei  chierici  in 
aumento  del  suo  onorario.  Questi  erano  situali  a  Zdrelaz^ 
e  furono  livellati  per  8  ducati  all'anno.  L' obbligo  è  d' una 
messa  nella  commemorazione  dei  defunti^,  e  di  istruire  an- 
che qualche  povero  fanciullo,  che  bramasse  farsi  chierico. 

99.  a.  1602.  Pietro  Capello  con  suo  testamento  22  ottobre 
1600  e  col  codicillo  13  luglio  1602  lascia  una  casa 
con  due  orti,  e  cinque  gognali  di  terra  in  Bagno,  per- 
chè sia  fondato  un  beneficio  che  passi  da  prete  in  prete, 
V  obbligo  è  di  6  messe  annue.  Elettori  due  commissari 
scelti  dall'  ufficio  pretorio. 


—  446  — 

100.  a.  1603,  8  giugno.  Elena  Bachina  fu  moglie  di  Fe- 
derico Cappelletti  lascia  una  sua  casa,  sita  verso  le 
porle  di  terraferma  tra  i  seguenti  confini,  da  maistro  e 
da  libeccio  palazzo  del  Provveditore,  da  borra  strada 
pubblica  Si  affittava  dal  beneficiato  nel  1639  per  annui 
ducati  dieci.  Fu  livellata  in  seguilo  alla  famiglia  Savio, 
il  qual  livello  passò  dippoi  nella  famiglia  Pasini,  e  più 
lardi  fu  incorporato  nella  massa  capitolare  in  mancanza 
di  beneficialo,  ed  il  capitolo  adempie  T  obbligo  ingiunto 
dalla  testatrice,    che    consiste    in    trenta  messe  annuali. 

101.  a.  1614.  Minuccio  de  Mimicci^  arcivescovo  di  Zara, 
con  suo  testamento  lasciò  una  mansioneria  quotidiana 
di  messe  da  celebrarsi  nel  ballistero  del  Duomo,  ove 
aveva  fallo  erigere  due  altari  di  marmo,  al  dottor 
s.  Girolamo  e  a  s.  Giacinto  Confessore.  Lasciò  all'  uopo 
alcuni  capitali  fruttiferi. 

102.  a.  1627.  Lucrezia  Becpia,  nobile  di  Zara,  con  suo  te- 
slamento  lascia  400  ducali  con  obbligo  di  messa  quo- 
tidiana perpetua  nella  chiesa  di  s    Domenico. 

103.  a.  1630,  31  marzo.  Martin  Olmo  con  suo  testamento 
di  simil  data  lascia  una  casa  in  confin  di  s.  Demetrio 
affinchè  sia  isliluilo  un  beneficio  a  favore  d'un  chierico 
povero  ed  a  tìtolo  di  patrimonio  pegli  ordini  sacri. 
L'ultimo  beneficiato  fu  nel  1763  Don  Boxe  Pellizzarich; 
e  dopo  la  sua  morte  gli  Scarpi  nella  loro  qualità  di 
commissari  Olmo,  rislaurala  eh'  ebbero  la  casa  benefi- 
ciale, se  ne  impadronirono,  e  così  andò  estinto  il  bene- 
ficio. L' obbligo  annesso  al  beneficiato  era  di  quaranta 
messe  annue  in  s.  Demetrio. 

104  a.  1641,  5  ottobre.  Il  canonico  Giuseppe  Cappelletti 
con  suo  testamento  lascia  una  casa  nel  confin  di  s.  Maria 
nella  callicella  che  conduce  alle  mura  verso  le  beccarie, 
tra  i  seguenti  confini  da  borra  casetta  Bonicelli,  da 
maistro  e  libeccio  via  pubblica  ed  un  pozzo  di  aqua 
salsa,  da  scilocco  fondi  dell'  ospitai  di  s.  Martino.  Fu 
livellata  agli  eredi  Stocco,  che  pagano  un  corrispon- 
dente livello.  Dopo  la  livellazione  1'  obbligo  fu  ridotto 
a  dodici  messe  annue,  da  celebrarsi  nella  seconda  do- 
menica d'  ogni  mese  in  s.  Donato.  Collatore  del  bene- 
ficio è  r  arcivescovo. 

105.  a.  1650.  Giovanni  detto  Sctrpolin  con  suo  testamento 
lascia  incirca  600  zecchini,  acciochè    sieno    investiti  e 


~  447  — 

fondala  una  mansioneria  di  messe.  Il  beneficialo  perce- 
pisce lire  124  all'  anno  dalla  casa  Mazzocco  posla  di- 
rimpello  al  cantone  del  coro  di  s.  Domenico,  alcuni 
supporli  di  capitali  della  famiglia  Brini  ed  il  frutto  di 
alcuni  terreni  in  Lucoran.  L'obbligo  era  di  messe  cor- 
rispondenti  alla  rendita.  Elettori  erano  i  commissari  e- 
lelti  dal  conte  di  Zara  Al  presente  la  fabbriceria  della 
cattedrale  percepisce  il  livello  della  casa  fu  Mazzocco 
ora  Kiswarday,  e  fa  celebrare  quaranta  messe  annue  in 
Duomo. 

106.  a.  1655,  8  maggio.  Dal  canonico  Giovanni  Milla  fu 
istituito  un  beneficio  di  una  casa,  posla  nel  confin  di 
s.  Silvestro,  ora  s.  Giovanni  Ballista  nel  borgo  interno, 
tra  i  seguenti  confini,  da  borra,  scilocco  e  maislro  via 
pubblica  in  faccia  all'  orto  di  s.  Platone,  poscia  s.  Do- 
menico, e  da  libeccio  casette  dei  borghigiani,  e  ciò  in 
esecuzione  del  testamento  6  luglio  1621  fatto  da  mistro 
Girolamo  Stileo.  11  beneficio  giusta  la  testamentaria  di- 
sposizione doveva  passare  da  prete  in  prete  con  pre- 
feicnza  a  quelli  della  famiglia  Milla.  L'obbligo  inerente 
è  di  30  messe  gregoriane  annuali  in  s.  Michele,  ov'  è 
sepolto  lo  Stileo.  Elettore  del  beneficiato  è  il  più  vec- 
chio della  famiglia    Milla. 

107.  a.  1656.  L'arcivescovo  Bernardo  Florio  con  suo  te- 
stamento lasciò  una  quolidiana  mansioneria  di  messe  da 
celebrarsi  da  uno  dei  canonici  per  turno  all'  aitar  di 
s.  Bernardo  nel  baltislero  del  Duomo.  Gli  elettori  sono 
i  commissari  delegati  dal  capitolo  che  percepisce  alcuni 
livelli. 

108.  a,  1663,  Il  gennaio.  Fu  istituito  im  beneficio  semi^lìce 
in  suffragio  dei  defunti  in  genere  sopra  un  livello  della 
casa  Fozza,  ora  quartier  militare,  a  favore  del  rettore 
0  cappellano  di  s.  Orsola  in  Duomo.  Elettore  è  l' arci- 
prete del  capitolo  metropolitano. 

109.  a.  1671,  2  ottobre.  Matteo  Hyscinovich  hscìò  ua?i  cas?i 
in  calle  dei  fabbri  verso  l' orto  di  s.  Domenico  ad  Elena 
q.m  Michele  da  Selve,  perchè  dopo  la  morte  di  lei  fosse 
istituito  un  beneficio,  che  passi  da  prete  in  prete  con 
obbligo  di  dodici  messe  all'  anno  nel  primo  venerdì  di 
ciascun  mese  all'aliar  di  ss.  Cosmo  e  Damiano,  poscia 
aitar  delle  reliquie  nella  cattedrale.  Lo  dispensa  questo 
beneficio  le  tre  dignità  capitolari. 


—  448  — 

Ito.  a.  1697.  Il  capilano  Giorgio  Antivari  lasciò  mille  du- 
cati di  Dalmazia  da  1.  6.4  con  obbligo  perpetuo  d' una 
mansioneria  quotidiana  di  messe  in  s.  Domenico. 

IH.  a.  1712.  L'arcivescovo  Vittorio  Friuli  con  suo  testa- 
mento lasciò  alcuni  capitali  fruttiferi,  perchè  col  frutto 
dei  medesimi  fosse  istituita  una  mansioneria  quotidiana 
di  messe  all'  aliar  maggiore  di  s.  Donalo,  ove  fu  se- 
polto dinanzi  a  quell'  altare  edificalo  a  sue  spese.  Gli 
elettori  sono  i  commissari    dal    testamento   stabiliti. 

112.  a.  1716.  II  capilano  Antonio  Raicevich  lasciò  cento 
zecchini  in  oro  alla  chiesa  di  s.  Domenico  con  obbligo 
d' una  messa  piana  al  mese,  e  d' una  cantala  nel  giorno 
del  suo  anniversario  all'aitar  di  s.  Vincenzo. 

113.  a.  1760.  Santa  Bianchi  con  suo  testamento  lasciò  la  sua 
casa  colla  rispettiva  sottoposta  bottega  nella  via  che  con- 
duce alla  piazza  dell'erbe  dal  lato  di  borra,  perchè  sia 
istituito  un  beneficio,  che  passi  da  prete  in  prete.  Lasciò 
inoltre  un'altra  casetta  vicina  alla  chiesa  di  s.  Giorgio  (ora 
distrutta)  nella  stradella  che  conduce  a  s.  Francesco,  la 
quale  ha  1'  aggravio  di  lire  cento  annue.  L'obbligo  annesso 
è  di  messe  corrispondenti  alla  rendita  netta.  Elettore  è  il 
beneficialo,  che  sceglie  e  nomina  il  suo  successore,  e  in 
mancanza  di  lui  lo  elegge  il  canonico  decano  del  duomo. 

114.  a.  1782.  Vincenzo^  unico  figlio  del  tenente  marasciallo 
Vanacca^  dietro  disposizione  testamentaria  di  suo  padre 
del  19  giugno  1770,  lasciò  due  case  in  calle  del  pa- 
radiso, ed  ottanta  gognali  di  terra  coltivata  nella  località 
Gasenizze,  ed  inoltre  due  capitali  di  100  zecchini  l'uno 
e  tutto  ciò  a  vantaggio  delle  povere  dell'  ospitai  di 
s.  Giacomo  acciocché  si  ricordino  dell'  anima  sua,  e  degli 
altri  defunti  della  estinta  sua  famiglia.  L'obbligo  an- 
nesso è  di  far  celebrare  in  s.  Domenico  tre  messe  can- 
tate all'  anno,  e  45  messe  piane. 

115.  a.  1789,  18  gennaro.  Lucia  Sommo^  fu  moglie  di 
Domenico  Facchinelli,  tintore  di  Zara,  lascia  una  casetta 
fu  Billovich  posta  vicino  a  s.  Antonio  nella  callelta  lunga 
Ira  i  seguenti  confini,  da  borra  strada  pubblica,  da  li- 
beccio orto  Giusti,  al  sacerdote  Antonio  Bianchi  vita 
sua  durante,  e  poi  che  passi  da  prete  in  prete.  L'ob- 
bligo è  di  tenere  in  concio  e  colmo  lo  stabile,  e  di  rac- 
comandare nei  sacrificii  1'  unima  sua.  Elettori  sono  i  due 
commissari  testamentarii  da  eleggersi  dall'ufficio  pretorio. 


-  449  — 

116.  a.  1789.  La  sunnominata  Lucia  Sommo  lascia  con  suo 
codicillo  un'  altra  casella,  posta  sodo  il  volto  in  faccia 
la  porla  minore  di  s.  Marcella,  a  beneficio  del  povero 
chierico  Angelo  Toralo  e  dopo  la  di  lui  morte  passi  da 
chierico  in  chierico  povero  da  eleggersi  dai  commissari 
suaccennati.  La  suddetta  casa  ha  T  aggravio  di  I.  24  di 
livello  alla  confraternita  di  s.  Silvestro. 

117.  a.  1799.  Elisabetta  Zanchi,  relitta  Danieli,  erede  Tom- 
masoni,  con  suo  testamento  30  marzo  1799  istituì  una 
perpetua  mansioneria  quotidiana  di  I.  4  dalmate  al  giorno 
nella  chiesa  della  B.  V.  del  Castello,  ed  in  mancanza 
di  detta  chiesa,  in  quella  della  metropolitana  all'aitar  di 
s.  Giuseppe.  L'obbligo  è  una  messa  giornaliera.  Dopo 
la  riduzione  le  messe  sono  244  all'anno.  Elettori  sono 
i  procuratori  della  chiesa  del  castello  ed  il  suo  com- 
missario nob.  Giuseppe  de  Pellegrini  ed  i  suoi  discendenti. 

118.  a.  1816,  3  aprile.  Angelo  Carsana  con  sua  disposi- 
zione testamentaria  di  tal  data  istituisce  una  mansioneria 
quotidiana  perpetua  di  messe  da  celebrarsi  all'aitar  del 
ss.  Sacramento  in  Duomo,  e  da  applicarsi  secondo  la 
sua  intenzione.  A  primo  celebrante  ha  egli  nominato  il 
Primicerio  D.r  Francesco  Segnanovich,  e  dopo  la  morte 
di  questo  la  successiva  nomina  ha  lasciato  ai  suoi  eredi 
ed  ai  loro  successori,  con  ciò  però,  che  il  celebrante 
prò  tempore  dovesse  essere  sempre  uno  del  corpo  ca- 
pitolare e  che  per  T  esecuzione  dovesse  invigilare  il 
capo  capitolare  prò  tempore.  L'elemosina  é  di  venete 
lire  tre  per  ogni  messa.  A  garanzia  dell*  esalto  adem- 
pimento di  quest' obbligo  gli  eredi  dottor  Pietro  Addob- 
bali e  Giovanni  Giuseppe  F'ilippi  con  convenzione  sti- 
pulata col  procuratore  capitolare  lì  15  aprile  1823  presso 
l'i.  r.  Procura  camerale,  assoggettarono  cadauno  rispet- 
tivamente per  la  sua  mela  in  ipoteca  speciale  tre  case, 
spellanti  all' eredità  del  defunto  testatore,  vale  a  dire, 
a)  la  casa  posta  in  Zara  in  calle  di  s.  Silvestro  al  ci- 
vico N.r  185  conducente  alla  marina,  fra  confini  da 
scilocco  via  pubblica,  da  libeccio  casa  Pelrovich,  da 
maistro  casa  Fontana,  e  da  borra  casa  Agazzi  :  b)  la 
casa  posta  in  Zara  in  calle  del  Teatro  al  civ.  N.r  343 
fra  confini  da  borra  via  pubblica,  da  scilocco  casa 
Fabris,  da  libeccio  chiesa  soppressa  di  s.  Lorenzo,  da 
maistro  casa  Pellegrini  :  e)  la  casa  posta  egualmente  in 

39 


—  450  — 

Zara  in  calle  s.  Demetrio  al  civ.  N.r  141,  fra  confini 
da  borra  mura  della  città,  da  maistro  e  libeccio  Bian- 
chini, e  da  scilocco  via  pubblica.  La  nomina  del  cap- 
pellano pegli  eredi  è  alternativa.  Della  convenzione  suac- 
cennata, che  fu  approvata  dall'  Eccelso  i.  r.  Governo  in 
data  22  aprile  1823  N.r  5962,  fu  presa  iscrizione  ipo- 
tecaria in  data  2  settembre  1825  dal  Procuratore  ca- 
pitolare canonico  Angelo  Torato. 

119.  a.  1841  15  gennaro.  Nicolò  Giaxich  i.  r.  consigliere 
di  Governo  lasciò  in  morte  una  casetta  posta  presso  la 
colonna  della  piazza  dell' erbe,  acciocché  coi  suoi  red- 
diti venisse  celebrata  una  messa  piana  ogni  venerdì 
all'aitar  della  croce  in  s.  Simeone. 

120.  a.  1857.  Tommasina  Biocina  con  sua  donazione  inter^ 
vivos  lascia  la  sua  casa  a  s.  Rocco  coli'  obbligo  delle 
quarani  ore  in  s.  Simeone,  ritenendosi  T  usufrutto  vita 
sua  durante. 

121.  a.  1858,  15  marzo.  Elena  Dihn  lascia  al  pievano  di 
s.  Simeone  prò  tempore  la  casa  in  calle  s.  Demetrio 
al  civ.  N.r  163  coir  obbligo  di  76  messe  annue. 

122.  a.  1858,  24  dicembre.  Il  nobile  D.r  Ottavio  de  Pel- 
legrini  lascia  morendo  all'arca  di  s.  Simeone  la  sua 
casa  in  campo  della  colonna  al  civ.  N.ro  1  colf  obbligo 
di  12  messe  annue. 


«<?=!C-2SE=S=t^ 


I.  Notizie  ecclesiastiche 

desunte  da  una  cronaca  di  Zara,  relativa  al  cambiamento  di  Governo 
avvenuto  nel  1797  dopo  la  caduta  della  Repubblica  veneta. 

a.  1797  12  Maggio,  giorno  di  venerdì.  Cadde  la  Repubblica 
Veneta,  rimandando  a  questa  parte  undici  mila  schia- 
voni,  pronti  a  spargere  per  sostenerla  tutto  il  loro  sangue. 
I  Schiavoni  i  xe  el  conforto  dei  boni^  come  no  ipol  esser 
che  el  spavento  dei  cattivi,  disse  in  tal  circostanza  una 
voce  in  Senato  5  ma  il  destino  di  Venezia  era  già  sta- 
tuilo^  e  quel  sovrano  corpo  deponeva  da  sé  medesimo 


—  451  — 

il  suo  potere,  per  dar  luogo  ad  una  Municipalità  demo- 
cratica, che  dovea  stendere  la  sua  vigilanza  anche  sulla 
Dalmazia.  Avversa  però  essa  ad  una  tal  forma  di  go- 
verno, il  malcontento  e  la  concitazione  contro  i  fautori 
del  nuov' ordine  di  cose  produssero  in  varie  parli  della 
provincia  scene  funeste.  A  Zara  la  tranquillità  non  venne 
punto  alterala,  e  fermi  lenendosi  questi  abitanti  nella 
primiera  obbedienza  al  veneto  Provveditore  Generale 
Andrea  Querini,  con  F  attiva  di  lui  cooperazione,  tutte 
volser  le  loro  cure  ad  allontanare  i  minaccianti  disor- 
dini, e  adottare  una  provvidenza,  che  tendesse  alla  ga- 
ranzia del  comune  benessere.  A  tal  effetto  i  più  opportuni 
concerti  furono  presi  dal  ceto  ecclesiastico,  dal  nobile, 
e  dal  civico,  e  quantunque  i  capi  di  quest'  ultimo  lo  fossero 
anche  del  popolo,  cionuUameno,  credendo  essi  di  non 
agire  in  tale  straordinario  emergente  con  la  semplice 
loro  facoltà  rappresentativa,  determinarono  di  radunare 
il  popolo  stesso,  onde  renderlo  ingenuamente  informato 
degli  avvenimenti,  e  secolui  prendere  una  salutare  mi- 
sura. Così  fu  fatto,  e  tulli  concordi  nel  non  aderire  a 
qualunque  democratico  sistema,  giacché  le  umane  vicende 
avevano  sciolte  le  relazioni  della  nostra  città  con  quel 
Principe,  a  cui  obbediva  da  quattro  secoli,  fu  preso  a 
pieni  voti  il  felice  partilo  dì  dedicarsi  alia  confinante 
amica  Potenza  Austriaca,  da  cui  tutti  a  ragione  spera- 
vano quel  benefico  e  saggio  governo,  che  sapeano  essere 
proprio  della  medesima. 

n  Giugno^  Sabhato.  Giunsero  in  Zara  i  commissarii  spediti 
da  Venezia  per  stabilire  il  governo  democratico,  ma 
informali  delle  disposizioni  del  popolo,  sì  contrarie  ai 
loro  disegni,  rinunziarono  all'impresa,  e  si  allontanarono 
da  queste  rive. 

24  detto,  Sabbato.  Parti  da  Zara  la  deputazione,  incaricata 
di  portare,  occorrendo,  sino  al  trono  dell'imperatore 
Francesco  gli  omaggi  e  la  dedizione  della  città,  e  sol- 
lecitare r  arrivo  delle  sue  gloriose  armi.  La  deputazione 
era  composta  dall'arciprete  Giovanni  Giurovich,  dal  no- 
bile Francesco  Nassi,  dal  cittadino  Antonio  Medici  e 
dal  popolare  Candido  Morovich,  i  quali  adempiuto  l' in- 
carico presso  il  comandante  austriaco  di  Segna,  ritor- 
narono a  questa  parte.  Frattanto  il  popolo  zaralino  con 
alla  lesta  il  clero,  non  cessava    di    porger  preghiera  a 


—  452  — 

Dio,  alla  Vergine,  e  al  protettore  s.  Simeone  Giusto^ 
implorando  soccorso  ed  aita  nel  pericoloso  frangente. 
30  detto,  Veneì'dì.  Le  imperiali  armi  austriache,  le  quali  già 
in  seguito  alle  trattative  con  altre  potenze,  ed  ai  voti 
di  queste  popolazioni,  s'avviavano  per  garantire  la  tran- 
quillità della  nostra  provincia,  arrivarono  in  questa  città 
per  la  via  di  mare. 

1  Luglio^  Sahhato.  S' inalberarono  nella  piazza  e  sulle  mura 

dì  Zara  gli  augusti  vessilli  austriaci,  fra  il  suono  a  festa 
di  tutte  le  campane  della  città  e  il  rimbombo  di  tutta 
r  artiglieria  di  terra  e  di  mare.  Contemporaneamente 
levate  le  bandiere  della  Repubblica,  vennero  con  mesto 
accompagnamento  portate  alla  cattedrale,  e  deposte  sul- 
r  aitar  maggiore,  dove  prima  dal  sergente  Generale 
co.  Antonio  Stratico,  poi  da  tutti  gli  ufficiali  nazionali 
ed  italiani,  in  numero  di  160,  e  da  quantità  di  popolo 
baciate  furono  e  talmente  asperse  di  lagrime,  che  ne 
restarono  tutte  inumidite.  Commovente  spettacolo  di  fe- 
deltà e  di  amore  ! 

2  detto^  Domenica.  Da  tutti  gli  ordini  della  città  fu  prestato 

sotto  la  loggia  comunale  il  giuramento  di  devozione 
alla  Sacra  3Iaestà  dell'Imperatore  Francesco.  Alle  ore 
11  a.  m.  l'arcidiacono  e  vicario  generale  dottor  Gio- 
vanni Armani,  seguito  dal  capitolo  e  dal  clero,  dai  con- 
siglieri e  dai  procuratori  del  corpo  de'  nobili  e  di  quello 
de'  cittadini^  salirono  la  loggia,  ove  dalP  i.  r.  comandante 
austriaco  furono  invitati  a  prestar  il  solenne  giuramento. 
Tutti,  tenendo  le  destre  innalzate  con  i  tre  primi  diti 
distesi,  accompagnarono  ad  alta  voce  la  formola  che 
veniva  letta  ad  alta  voce  da  mons.  Vicario;  finita  la 
quale  toccarono  colla  destra  il  crocefisso  e  il  libro  dei 
vangeli,  che  sopra  apposito  tavolino  guarnito  di  drappo 
rosso,  erano  preparati  frammezzo  a  due  lumi  accesi  ; 
dopo  di  che  entusiastici  evviva  all'  Imperatore  furono 
emessi  dal  popolo,  radunato  nella  piazza,  e  che  già 
presentiva  di  quanti  beni  foriero  doveva  essere  alla  patria 
sua  quelP  istante  faustissimo. 
6  detto.  Arrivo  della  milizia  austriaca,  destinata  a  presidiar 
le  piazze  di  Zara  e  del  resto  della  provincia.  Settanta- 
quattro navigli  carichi  di  soldati,  munizioni  e  vettova- 
glie approdarono  a  queste  rive.  Sbarcaronsi  piìi  di  sei 
mila  soldati  con  a  capo  il  generale  baron  Rukavina,  il 


—  453  — 

e 

quale  dalla  marina  si  recò  dritto  a  s.  Simeone,  ove  dopo 
aver  ascoltata,  finocchione  a  terra,  la  santa  messa,  fece 
atto  di  special  divozione  alP  insigne  reliquia  del  santo 
protettore.  Dopo  di  che  fece  egli  pubblicare  il  Programma 
del  24  giugno,  con  cui  prometteva  ai  Dalmati  la  pro- 
tezione Sovrana,  e  la  conservazione  di  tutti  i  loro  pos- 
sedimenti, diritti  e  privilegi,  concludendo  colle  parole 
dell'augusto  Monarca:  Unicuique  suum.  Indi  ricevette 
r  omaggio  del  clero  secolare  e  regolare  e  d«i  capi  della 
città.  1  soldati  di  linea  furono  alloggiati  nei  conventi  dei 
regolari,  in  case  private,  ed  in  altri  stabilimenti  pub- 
blici ;  la  cavalleria  poi  composta  di  più  di  400  soldati 
fu  collocata  sotto  padiglioni  militari  nel  Forte,  nel  campo 
Castello  e  nella  spianala. 

6  detto.  Il  barone  Rukavina  partì  per  la  provincia,  lasciando 
al  governo  della  città  il  generale  Lusignan. 

9  eletto,^  Domenica.  Il  generale  Lusignan,  collo  stato  mag- 
giore e  colla  soldatep^ca,  si  recò  a  s.  Simeone,  ove  ascol- 
tarono la  s.  Messa,  celebrata  dal  cappuccino  P.  Ezechia 
Albrecht,  cappellano  del  reggimento  Hohenloe,  che  im- 
partì anche  la  benedizione  colla  sacra  pisside  frammezzo 
al  suono  e  al  canto  alemanno  della  soldatesca.  Questo 
cappellano  era  stato  munito  di  tutte  le  facoltà  necessarie 
dal  vicario  apostolico  castrense.  Verso  la  mezzanotte 
partì  per  Segna  da  stretto  incognito  il  cessato  Provve- 
ditor  generale  veneto  Andrea  Quirini,  diretto  per  Vienna. 

12  Agosto,  Il  capitolo  metropolitano,  ad  istanza  del  generale 
Rukavina  nomina  Don  Giovanni  Addobbati  in  canonico 
della  cattedrale. 

14  detto.  Arrivo  in  Zara  delli.  r.    commissario    aulico    per 

r  organizzazione  della  Dalmazia,  Raimondo  co.  di  Thurn. 
Gli  andarono  incontro  il  capitolo  cattedrale,  l' ufficialità 
austriaca,  ed  ex  veneta,  Tex  conte,  capitano,  camer- 
lengo, molti  nobili  e  cittadini,  e  lo  accompagnarono  fino 
alla  sua  residenza,  stabilita  nel  palazzo  generalizio. 

15  detto.  Fu  complimentato  dall'arcivescovo  di  Zara,  e  dai 

vescovi  di  Scardona  e  dì  Nona,  ai  quali  promise  il  va- 
lido suo  appoggio  in  tutto  ciò  che  concerne  la  cattolica 
religione,  raccomandando  loro  vivamente  in  nome  del 
Sovrano  la  tanto  necessaria  istruzione  religiosa  del  popolo. 
I  nobili  ed  i  cittadini  fecero  altrettanto^  ed  a  questi  rac- 


—  454    - 

comandò  di  continuare  nella  costante  loro  fedeltà  al- 
l'augusto Monarca. 

1  Settembre,  Una  pastorale    fu    oggi    pubblicata    dalT  arci- 

vescovo di  Zara,  colla  quale  dopo  aver  inculcato  ai 
fedeli  r  osservanza  dei  divini  precetti,  e  il  rispetto  alla 
chiesa,  e  alla  cattolica  religione,  li  esorta  ad  essere 
fedeli  sudditi  del  nuovo  loro  Sovrano.  Altrettanto  fecero 
gli  altri  vescovi  della  provincia. 

2  detto.  La  mattina  di  buonora  dal  clero  della  metropolitana 

fu  trasportata  processionalmente  la  veneranda  immagine 
della  B.  V.  del  Castello  in  Duomo,  e  deposta  sulP  aitar 
maggiore.  La  sera  si  cantò  un  solenne  Te  Deum  in 
rendimento  di  grazie  per  essere  stata  preservata  la  città 
di  Zara  dall'anarchia^  e  per  essersi  dedicata  tranquil- 
lamente e  di  sua  spontanea  volontà  all'  Imperatore 
Francesco. 

4  detto.  Oggi  fu  restituita  la  sacra  immagine  al  suo  Santuario. 
Alle  ore  sei  vespertine,  il  prefato  i.  r.  aulico  commis- 
sario,  co,  di  Thurn,  preceduto  dalla  banda  militare,  e 
seguilo  dalla  sola  ufficialità,  in  vestito  di  gala,  si  portò 
alla  cattedrale,  ed  incontrato  alle  porte  d' ingresso  dal- 
l'arcivescovo,  s'unì  a  lui,  e  fatto  da  ambidue  fatto  di 
adorazione  dinanzi  all'altare  del  ss.  Sacramento,  salirono 
il  presbiterio,  e  collocatosi  l'arcivescovo  in  cappamagna 
sotto  il  suo  trono,  ed  il  commissario  sotto  il  trono  ge- 
neralizio  con  sgabello  coperto  di  veluto  cremise,  e  gli 
ufficiali  di  rango  in  panca  coperta  di  damasco  rosso,  fu 
dall'arciprete  intuonato  solenne  Te  Deum.  che  prose- 
guito dai  musici  fu  chiuso  colle  orazioni  prescritte 
aggiuntavi  la  colletta  prò  Iraperatore.  Indi  alzata  la 
sacra  immagine  da  quattro  sacerdoti  vestiti  di  abiti 
diaconali^  fu  portata  in  giro  per  tutta  la  città.  Presero 
parte  alla  processione  tutte  le  confraternite,  e  tutte  le 
corporazioni  religiose  ;  al  clero  si  unirono  i  cittadini  ;  i 
nobili  ed  i  militari  seguivano  l' immagine,  che,  terminata 
la  processione,  fu  riposta  nel  suo  santuario  :  e  fu  data 
la  benedizione  col  ss.  Sacramento. 

6  detto.  Con  decreto  31  agosto  a.  e.  dell'i,  r.  commissione 
aulica  i  Fatebenefratelli  vennero  confermati  in  via  prov- 
visoria nella  direzione  ed  amministrazione  del  civico- 
militar  ospitale,  ed  assegnato  a  ciascuno  T  onorario  di 
cinque  zecchini  mensuali. 


—  455  — 

9  detto.  Dalla  suddetta  i.  r.  aulica  commissione  venne  con- 

fermalo neir  ufficio  di  cappellano  del  Forte  il  P.  maestro 
Vincenzo  Vanacca  dei  domenicani,  e  munito  delle  ne- 
cessarie facoltà  dal  vescovo  castrense,  e  vicario  apo- 
stolico mons.  Sigismondo  Hohenvs^art. 
10  detto.  Essendosi  resi  insufficienti  i  tre  cimiteri  di  s.  Fran- 
cesco della  Grotta  ad  accogliere  i  molti  soldati^  morti 
dal  3  luglio  sino  al  giorno  d'  oggi^  venne  stabilito  un 
nuovo  cimitero  pei  militari  nella  spianata  presso  gli  orli 
dei  borghegiani,  e  questo  fu  in  oggi  dall'  i.  r.  cappellano 
benedetto. 
4  Ottobre,  Por  essere  oggi  il  giorno  onomastico  deir  au- 
gusto Sovrano,  tutta  la  milizia  alle  ore  10  a.  m,  si  portò 
nella  chiesa  metropolitana,  ove  si  celebrò  solenne  messa 
in  musica  per  la  conservazione  del  Monarca,  durante 
la  quale  si  fece  udire  il  rimbombo  dei  cannoni  delle 
mura,  del  forte  e  della  marina,  e  quello  della  moschel- 
teria  nella  piazza  del  Duomo,  nel  campo  del  castello, 
ed  anche  alle  mura. 

6  detto.  Sgombrarono  dai  conventi  di  s.  Domenico,  di  s.  Fran- 

cesco, e  di  s.  Giovanni  i  soldati,  rimanendovi  soltanto 
alcuni  ufficiali. 

7  detto.  Fu  ommessa  la  processione  generale,  solita  a  farsi 

la  mattina  in  commemorazione  della  vittoria  riportata 
sopra  i  Turchi  nella  battaglia  di  Lepanto.  Ebbe  luogo 
però  la  consueta  processione  generale  nel  dopopranzo 
dalla  cattedrale  a  s.  Simeone.  All'  ora  di  vespero  fu 
innalzato  nelF  ufficio  doganale  alle  porte  della  marina 
r  antico  stendardo  di  s.  Simeone  per  annunziare  T  aper- 
tura della  fiera. 

8  detto.   Processione    generale    dal    Duomo    a    s.  Simeone. 

Durante  la  funzione  della  mattina  un  vescovo  di  rito 
greco-unito  dalf  Ungheria,  vestito  di  abiti  orientali  di 
velluto  color  cremiso,  con  seguito  di  alcuni  preti  e  mo- 
naci dello  stesso  rito,  visitò  il  santuario  di  s.  Simeone, 
ascoltò  messa,  fece  atto  di  venerazione  all'arca,  e  di- 
stribuì elemosine  alla  chiesa  e  ai  poveri. 

10  detto.  Venne  oggi  chiuso  il  seminario  latino  Florio,  es- 

sendo venuti  meno  i  capitali  di  sua  proprietà,  assicurali 
nella  veneta  zecca. 
13  Ottobre.  Lodovico  Gabrielli,  che  un  tempo  faceva  qui  in 
Zara  il  mestiere  del  rivendigliuolo,  e  da  14  anni  in  qua 


—  456  — 

esercitava  l'ufficio  di  console  imperiale  austriaco,  nel- 
l'alto di  sua  partenza  da  Zara  per  Vienna  fece  dono 
alla  chiesa  di  s.  Simeone  di  tre  magnifici  seggioloni  di 
velluto  rosso  broccato  d'  oro  con  poggi  intarsiali  di 
madreperla. 

30  detto.  Dal  cappellano  militare  fu  esposta  nella  sagrestia 
di  s.  Simeone  la  seguente  tabella  delle  messe  che  da 
lui  doveansi  celebrare    per    la    milizia  in  delta    chiesa  : 

Anno  MDCCXCVII.  Ordo  missarum  celebrandarum  prò 
militihus  in  Ecclesia  s.  Simeonis  Jaderae.  Dominicae  LII 
in  fra  anmnn.  Secunda  dies  festiva  Pentecostes.  Aseensio 
D.  N.  J,  C  Festiim  Coiyoris  Christi.  1  Januarii^  Cir- 
cuìncisio  D.  N.  J.  C.  6  Jaìiuarii,  Epiphania  Domini. 
2  Fehruarii^  Piirificatio  B.  ÀI  V.  25  Martii,  Annuntiatio 
B  M.  V.  29  Jìtniì^  ss.  App.  Petri  et  Paidi.  lo  Angusti^ 
Assumptio    B.    M.    V.    8   Septembris,    Nativitas  B.  M    V. 

I  Novembri s^  Festività s  Omnium  Sanctorum.  8  Decembris 
Conceptio  B.  M.   V.  26  Decembris,  Nativitas  D.  N.  J.  C. 

26  Decembris^  s.  Stephani  P,  M.  Sunt  66. 

7  Novembre.  Il  co.  Thurn,  convocati  li  quattro  consiglieri 
de' nobili,  fece  lor  conoscere  essere  necessario  il  mo- 
nastero di  s.  Nicolò  per  collocarvi  T  artiglieria,  e  che 
intanto  si  sarebbe  inleso  col  Papa  pel  passaggio  delle 
quattro  monache  nel  monastero  di  s.  Maria. 

21  detto.  Giorno  della  Madonna  della  salute,  che  liberò  la 
città  di  Zara  poc'anzi  dalf  anarchia,  dalla  tirannia,  ed 
anco  dalla  democrazia.  Sospesi  i  pubblici  lavori,  fu  di- 
chiaralo festivo  questo  giorno,  e  la  milizia  andò  ad  a- 
scollar  messa  in  s.  Simeone. 

29  detto.  Il  nuovo  canonico  teologale  Don  Francesco  Segna- 
novich,  fece  la  prima  lezione  teologale  nella  chiesa 
metropolitana. 

4  Decembre.  In  risposta  al  vescovo  di  Curzola  l' i.  r.  com- 
missario co.  Thurn  dichiarò  che  tulla  la  milizia  terrestre 
e  marittima  appartiene  alla  giurisdizione  del  vescovo 
Castrense  e  vicario  apostolico. 

II  detto.  Dai  torchi  della  libera  tipografia  zaratina    sorti  in 

luce  r  ordinario  per  T  ecclesiastica  ufficiatura  della  diocesi 
di  Zara  per  Panno  nuovo. 


~  457  — 

14  detto,  È  slnlo  ordinalo  dalla  i.  r.  commissione  aulica,  che 
i  capi  dei  monasteri  delT  uno  e  delf  allro  sesso  debbano 
presentare  la  tabella  delle  loro  rendite,  argenterie,  spese 
ecc.  come  si    fece    dalle    confraternite  e  scuole  laiche. 

19  detto.  Con  decreto  della  stessa  i.  r.  commissione  fn  in- 
limalo  ai  due  monaci  benedettini  di  s.  Grisogono  di 
sloggiare  dal  loro  convento,  dovendosi  in  esso  collo- 
care il  civico  militar  ospitale.  Vi  si  oppose  però  il 
P.  Priore  Fra  Pio  Fusoni,  e  fu  sospesa  F  esecuzione, 
né  più  se  ne  parlò. 

25  detto.  Il  rimbombo  dei  cannoni  annunziò  in  Ire  diversi 
tempi  la  nascita  del  divin  Redentore.  Nella  Metropolitana 
dopo  l'evangelio  furono  cantate  le  antiche  acclamazioni, 
nelle  quali  dopo  il  Romano  Pontefice  fu  per  la  prima 
volta  acclamato  il  nostro  adorato  Sovrano  l'Imperatore 
Francesco  II  e  l' i.  r.  aulico  commissario  co.  di  Thurn. 

a.  1798,  1  Gennaro.  Un  decreto  della  commissione  aulica 
dispone  che  le  cause  ecclesiastiche,  discusse  dai  rispet- 
tivi vescovi  della  Dalmazia  passino  in  appellazione  agli 
arcivescovi  di  Zara  e  di  Spalato,  ed  in  caso  di  appel- 
lazione di  questi  ultimi,  il  giudizio  passi  da  un  arcive- 
scovo air  altro,  escluso  però  il  Nunzio  apostolico  resi- 
dente in  Venezia,  Promette  inoltre  di  provvedere  no- 
bilmente agl'infanti  esposti.  L'i.  r.  commissario  co.  di 
Thurn,  in  vestito  di  gala,  assistette  alla  messa  maggiore 
nella  Metropolitana,  accompagnato  dai  generali  Rukavina 
e  Knezevich,  e  da  molti  altri  ufficiali. 
5  detto.  La  sacra  congregazione  dei  vescovi  e  regolari  con 
suo  rescritto  del  9  decembre  p.  p.  1797  giunto  all'  i.  r. 
commissario  aulico  co.  di  Thurn,  ha  notificato,  che  il 
Sommo  Pontefice  Pio  VI,  ad  istanza  dell'  Imperatore 
d'Austria,  ha  impartila  la  facoltà  apostolica  all'arci- 
vescovo di  Zara  di  sopprimere,  avuto  riguardo  alle 
eccezionali  condizioni  politiche  della  Dalmazia,  i  mona- 
steri de' regolari  dell'uno  e  dell'altro  sesso,  quando  ne  t' 
fosse  falla  ricerca,  e  dimostralo  l'assoluto  bisogno  per 
ricovero  delle  milizie,  ovvero  per  oggetto  di  fortifica- 
zione, con  avviso  che,  in  quanto  fosse  possibile,  gli 
individui  d'  un  ordine  abbiano  a  concentrarsi  in  altro 
monastero  dello  stesso  ordine  seco  recando  anche  le 
rispettive  rendite,  e  che  que'  monasteri,  nei  quali  vi  fos- 
sero olio  religiose    velate,    dovessero    rimanere  intatti. 


—  458  — 

10  detto.  Il  consigliere    baron    Stefani,    qual    delegalo    dalla 

prefala  commissione  pegli  affari  ecclesiastici,  consegnò 
air  arcivescovo  di  Zara  il  rescritto  Pontificio  circa  la 
soppressione  de'  monasteri. 

11  detto,  Dair  arcivescovo  di  Zara,  qual  delegato  della  S  Sede, 

fu  spedito  un  esemplare  del  rescritto  Pontificio  sulla 
soppressione  de'  conventi  all'  arcivescovo  di  Spalalo,  ed 
agli  altri  undici  vescovi  della  provincia. 

14  detto.  Da  pubblici  periti  fu  preso  il  tipo  dei  quattro  con- 
venti de'iRegolari. 

16  detto.  Oggi  festa  di  s.  Anastasia,  il  consiglio  de'  nobili, 
in  numero  di  quarantadue,  convocatosi,  per  acclamazione 
aggregarono  alla  nobiltà  di  Zara  il  co.  di  Thurn  e  tutta 
la  famiglia,  indi  con  essa  si  recarono  nella  Metropolitana 
alla  messa  solenne. 

n  detto.  Il  vicario  generale  Armani  con  il  consigliere  baron 
Stefani,  ed  altri  ufficiali,  si  recarono  sopra  luogo  nei 
monasteri  delle  monache  di  s.  Maria,  di  s.  Catarina,  di 
s.  Nicolò  e  di  s.  Marcella,  e  nei  conventi  di  s.  Grisogono 
di  s.  Domenico,  di  s.  Francesco  e  di  s.  Giovanni,  per 
ispezionare  i  locali. 

21  detto.  L'arcivescovo    nominò    in   cancelliere    della    curia 

il  canonico  Francesco  D.r  Segnanovicb,  e  in  auditore 
l'arciprete  Giovanni  Giurovich. 

27  detto.  Furono  inviati  decreti  circolari  per  rilevare  lo  stalo 
delle  rendite  ecclesiasticbe. 
9  Febhraro.  Partirono  da  Zara  per  Trieste  i  due  canonici, 
0  Giovanni  Vlatcovich  di  Zagabria,  ed  il  paroco  Don  Fran- 
cesco Fustinioni,  i  quali  col  titolo  di  superiori  eccle- 
siastici campestri,  destinali  dal  consiglio  di  guerra,  per- 
corsero la  Dalmazia  e  l'Albania. 

io  detto.  Giunse  in  Zara,  fuggito  da  Corfù,  1'  arcivescovo 
Francesco  Fonzie  donde  partì  alla  volta  di  Vienna  per 
mettersi  sotto  la  protezione  dell'  Imperatore    d' Austria. 

22  detto.  Primo  giorno  di  quaresima.  Per  non  esser   giunto 

il  predicatore  italiano  cappuccino,  predicò  nella  catte- 
drale quello  dell'anno  prossimo  passato,  che  ancor  si 
trovava  qui  in  Zara. 
8  Marzo.  Nella  chiesa  dei  PP.  Terziarii  di  s.  Giovanni  si 
incominciò  ad  insegnare  in  lingua  illirica  la  dottrina 
cristiana  alla  gioventù  d' ambo  i  sessi  in  tutte  le  do- 
meniche dell'anno. 


~  459  — 

4  detto.  Arrivalo  da  Venezia  il  P.  Serafino  da  Bovolenla 
cappuccino  cominciò  oggi  le  sue  prediche  quadragesi- 
mali. II  commissario  co.  di  Thurn,  seguilo  da  molli 
ufficiali,  si  recò  nella  melropolitana,  ove  fu  ricevulo  dal 
capitolo  e  dal  clero,  con  aspersorio,  alle  porle  di  chiesa, 
e  falla  l'adorazione  all'aitar  del  ss.  Sacramento  ascese 
il  presbiterio,  e  passò  a  sedere  nel  fu  Irono  generalizio 
coperto  di  strato  e  cuscini  rossi,  e  rimase  sino  alla  fine 
della  predica. 
8  detto.  Sortì  un'  ordine  del  comandante  generale,  con  cui 
fu  stabilito  che  quattro  fucilieri  con  due  caporali  deb- 
bano accompagnare  il  ss.  Sacramento,  ogni  volta  che 
viene  portato  agi'  infermi  da  qualunque  chiesa. 

li  detto.  Il  Sommo  Pontefice  Pio  VI  partì  da  Roma,  e  si 
ritirò  nella  città  di  Siena,  donde  passò  a  Firenze,  onde 
poter  esercitare  liberamente  la  sua  giurisdizione  papale. 
Ad  esempio  delle  altre  città  del  mondo  cattolico  s'in- 
cominciò a  recitare  la  colletta  jpro  Papa  in  tulle  le 
esposizioni  del  ss.  Sacramento,  nelle  messe  e  nelle  altre 
pubbliche  preci,  tanto  in  Zara,  quanto  nel  resto  della 
Dalmazia. 

13  detto.  In  virtù  del  mentovato  rescritto  Pontificio  il  cons. 
B.  Stefani  ordinò  alle  monache  di  s.  Nicolò  di  evacuare 
il  loro  monastero,  lasciandole  in  libertà  di  passare  ove 
volessero  La  curia  arcivescovile  propendeva  pel  mona- 
stero di  s.  Marcella,  ove  vi  sono  7  monache,  che  vi- 
vono in  comune,  e  sono  dello  slesso  Ordine  di  s.  Chiara, 
ma  esse  scelsero  il  monastero  di  s.  Maria,  ove  si  trova 
una  sola  religiosa,  e  là  vi  si  condussero  colle  loro  robe. 

ib  detto  II  baron  Stefani  per  commissione  del  co.  di  Thurn, 
si  portò  con  due  inorgneri  ed  ufficiali  a  visitare  la  chiesa, 
sala  ed  orto  di  s.  Rocco,  la  chiesa  e  sala  di  s.  Michele, 
la  chiesa  e  sala  di  s.  Antonio,  la  chiesa  e  sala  di  s.  Donato, 
la  chiesa  e  sala  di  s.  Domenico,  e  la  chiesetta  di  s.  Lorenzo. 

i6  detto.  Due  ingegneri,  V  uno  tedesco  e  V  altro  italiano,  fe- 
cero la  pianta  e  disegno  della  chiesa,  monastero  ed  orto 
di  s.  Nicolò,  con  li  tre  vicini  cimiteri,  e  la  chiesa  della 
Grolla,  inoltre  il  convento  e  l'orto  di  s.  Francesco,  la 
pianta  e  disegno  del  convento  ed  orto  di  s.  Domenico, 
ed  il  tutto  rassegnarono  al  governo. 

i9  detto.  A  mezzora  di  notte,  in  tre  carrozze,  accompagnale 
dal  vicario  dell'  arcivescovo,  e  da    due   nobili  matrone^ 


—  460  — 

si  portarono  in  s.  Maria  le  Ire  monache  Clarisse  di 
s.  Nicolò,  una  conversa,  quallro  educande  e  Ire  serventi 
con  tutte  le  loro  sacre  suppellettili,  archivio,  rohe,  e 
documenti  di  possesso  dei  loro  beni,  e  persino  le  cam- 
pane che  indi  vendettero  per  pagare  i  debiti  del  convento. 

20  detto.  Il  monastero  di  s.  Nicolò  è  oggi  ridotto  in  quar- 
tiere militare,  non  esclusa  la  chiesa. 

25  detto.  Nella  Metropolitana  nelle  quattro  sere  delle  Qua- 
rantore  fu  per  la  prima  volta  introdotto  il  sermone  eu- 
caristico. 

31  detto.  11  consigliere  di  governo  baron  Stefani,  quale  de- 
legato pegli  affari  ecclesiastici,  ordinò  che  dalla  Dome- 
nica delle  Palme  sino  al  Mercordì  Santo,  la  ciurma  delle 
due  galere  e  tutti  i  marinari  dei  legni  pubblici,  che  si 
trovano  in  porto,  sieno  esenti  dai  pubblici  lavori  perchè 
possano  disporsi  alla  santa  Pasqua  ;  ed  a  tale  effetto 
inviò  loro  il  cappellano  del  Forte. 

5  Aprile,  Giovedì  santo  di  sera  la  consueta  processione  delle 

Quarantore  in  s.  Giovannino,   accompagnata  dalla  milizia. 

6  detto.  Ebbe  luogo  questa  sera   di  Venerdì  santo  le  solile 

processioni  del  Duomo  e  di  s.  Simeone. 

7  detto.  Sabbato  santo.  11  Gloria  della  cattedrale  fu  salutato 

secondo  il  consueto,  col  rimbombo  dei  cannoni. 

8  detto.  Pasqua.  Fu  celebrata  colla  solennità  d'  uso. 

13  detto.  Un  avviso  a  stampa  fu  affisso  sui  cantoni  della 
città,  con  cui  il  P.  Maestro  ex  Provinciale  Ostoja,  Priore 
di  s.  Domenico  annunzia  che  il  giorno  16  aprile  si  a- 
priranno  nel  convento  le  pubbliche  scuole  di  teologia  e 
filosofia. 

16  detto.  Furono  deliberate  al  pubblico  incanto  le  decime 
ecclesiastiche  di  Zara  per  anni  tre  e  per  quarantasette 
mila  lire  venete,  di  buona  valuta.  '^') 

16  detto.  11  Provveditore  generale  veneto  Andrea  Quirini, 
che  fu  assai  benemerito  per  aver  saputo  preservare  la 
nostra  città  dall'  anarchia  nella  caduta  della  repubblica, 
ed  ora  dalT  Imperatore  nominato  presidente  delT  i.  r. 
arsenale  marittimo  di  Venezia  e  direttore  generale  di 
tutta  r  ufficialità  e  delle  truppe  marineresche  venete,  fece 
pervenire  in  mano  de'  procuratori  di  questo  corpo  civico 
una  lettera,  piena  di  sentimenti,  di  affetti  e  di  gratitudine 


*)  Pari  a  fiorini  9083. 


—  461  ~ 

verso  (lei  zaralini,  i  quali  in  pegno  di  riconoscenza  fe- 
cero oggi  celebrare  nella  Metropolitana  solenne  messa 
in  musica,  e  la  benedizione  serotina  del  venerabile,  pre- 
gando tulli  per  la  conservazione  e  saluto  della  sua  per- 
sona e  di  tutta  la  sua  famiglia. 

17  detto.  In  questi  giorni  pasquali  la  truppa  tedesca  assistita 
dal  suo  proprio  cappellano  adempie  al  precello  pasquale 
nella  chiesa  di  s.  Francesco,  ed  in  quella  del  Forte, 
mentre  la  truppa  illirica  con  la  marinaresca  fa  altrettanto 
nella  Metropolitana. 

25  detto.  Ebbe  luogo  la  processione  delle  Rogazloni  presso 
la  Metropolitana.  Nella  chiesa  di  s.  Simeone  il  popolo 
di  Zara  fece  celebrare  solenne  messa  in  musica  per  la 
conservazione  e  salute  dell'  ex  Provveditore  generale 
veneto  Andrea  Querini. 
2  Maggio.  Giunsero  qui  dalle  Romagne  alcuni  sacerdoti 
secolari  e  regolari,  due  Penitenzieri  di  s.  Pietro,  tre  di 
Loreto,  e  parecchi  chierici  dell'  istituto  di  Propaganda, 
di  s.  Girolamo,  di  Loreto  ecc.  scacciati  come  forastieri. 

12  detto,  i  soldati  nazionali  in  numero  di  92  furono  aqquar- 
tierati  nel  salone  ed  officine  di  s.  Grisogono. 

20  detto.  Ad  istanza  dell'  i.  r.  commissario  aulico  co.  di  Thurn, 
e  con  assenso  dell'arcivescovo  fu  destinata  la  chiesa 
di  s.  Donato  per  magazzino  di  munizioni.  Pria  di  con- 
segnar le  chiavi  del  tempio  furono  fatte  estrarre  dagli 
altari  le  sei  pietre  sacre,  furono  levali  i  sacri  arredi, 
e  chiusa  la  scala  santa. 

23  detto,  1  due  monaci  di  s.  Grisogono  P.  Alessandro  Balbi, 
amministratore,  e  P.  Veremondo  Albani,  vennero  con  de- 
creto della  commissione  aulica  interpellali,  se  il  mona- 
stero era  aggregato  ai  Benedettini  di  Venezia,  ed  essi 
risposero  ch'erano  dipendenti  soltanto  dall'abbate  generale. 

29  detto.  Dal  tribunale  di  prima  istanza  fu  ingiunto,  consen- 
ziente la  curia  arcivescovile,  che  in  tutte  le  chiese  ogni 
dì  ed  in  tutte  le  messe  si  faccia  una  cerca  con  apposita 
cassetta,  per  T  ospitale  della  pietà. 
2  Giugno.  L'  arcivescovo  di  Corfù  Francesco  Fenzi  si  è  qui 

in  patria  ritirato. 
7  detto.  La  processione    del    Corpus    Domini   ebbe    luogo 
secondo  il  consueto.    Si    fecero    per   la    prima  volta  le 
salve  dalla  milizia  nella  piazza    d'armi,  mentre    l'arci- 
prete funzionante  impartiva  la  benedizione  col  SanlissiniQ 


—  462  — 

sugli  altari  di  s.  Maria,  di  s.  Michele,  di  s.  Domenico, 
di  s.  Catarina  e  di  s.  Barbara. 

10  Giugno,  Venne  fatta  la  processione  del  Santissimo  nella 
chiesa  di  s.  Simeone. 

10  detto.  Venne  requirita  e  ceduta  al  generale  liukavina 
per  deposito  di  polvere  la  chiesetta  della  Madonnina 
presso  la  spianata,  spettante  ai  Terziarii  del  convento 
di  s.  Giovanni  di  Zara,  e  perciò  venne  levata  V  imagine 
di  M.  V.  (dipinta  alla  greca)  e  trasportata  in  città.  Pa- 
recchie iscrizioni  si  trovano  in  essa  chiesa,  le  quali  in- 
dicano non  oscuramente  essere  stato  portato  dalla  Giudea 
e  collocato  nell'attiguo  romitorio  il  corpo  di  s.  Simeone 
giusto  profeta. 

13  detto.  Per  festeggiare  la  solennità  di  s.  Antonio  venne 
cantata  una  messa  in  musica  in  s.  Francesco,  con  as- 
sistenza della  banda  militare,  che  assieme  al  cappellano 
militare,  e  ad  altri  ufficiali  dell'i,  r.  Reggimento  Riera 
hanno  alloggio  nel  convento.  Intervenne  alla  funzione 
il  co.  di  Thurn. 

28  detto.  Dal  comandante  di  piazza  furono  proibiti  i  fuochi 
artificiali,  soliti  a  farsi  nella  vigilia  di  s.  Giovanni  Bat- 
tista^ di  s.  Eligio  e  di  s.  Pietro  ap.  ecc. 
4  Luglio.  La  milizia  ex  veneta  nazionale  ed  italiana,  qui 
residente,  in  commemorazione  del  giuramento  da  essa 
prestato  Tanno  decorso  in  questo  giorno  alF Imperatore 
Francesco  II  fece  a  proprie  spese  addobbare  e  sfarzo- 
samente illuminare  la  cattedrale^  e  cantare  solenne  messa, 
e  celebrare  T  esposizione  serotina  del  venerabile  col- 
Tinno  ambrosiano.  Intervennero  alla  funzione  invitati  i 
tre  generali  e  T  ù  r.  milizia  austriaca.  Si  fece  sentire 
il  rimbombo  dei  cannoni,  e  le  salve  di  moschetteria  nella 
piazza  del  Duomo. 

16  detto.  Arrivo  in  Zara  di  cinque  cavalieri  di  Malta  assieme 
al  gran  mastro,  e  qui  si  fermarono  due  giorni,  indi 
fecero  vela  col  proprio  vascello  verso  Trieste. 

12  Agosto.  La  truppa  austriaca  dalla  chiesa  di  s.  Simeone, 
passò  ad  ascoltar  messa  ne'  giorni  festivi  in  s.  Francesco 
indi  in  Duomo. 

22  Novembre.  Fu  oggi  innalzato  l' angiolo  sulla  cima  del 
campanile  di  s.  Simeone. 

22  Decembre.  Dopo  ventidue  anni  si  vide  di  nuovo  una 
ordinazione  di    sacri    ministri.    Ordinante  fu  il  vescovo 


—  463  — 

di  Nona  Giuseppe  Gregorio  Scotti,  delegato  dell' arci- 
vescovo: gli  ordinandi  furono  ollantadue,  i  quali  assieme 
coi  vescovo  e  cogli  assistenti  vestiti  di  abiti  sacri  si 
recarono  in  processione  alla  chiesa  di  s.  Catarina  can- 
tando il  Veni  creator  e  terminata  la  funzione,  col  canto 
dolfinno  ambrosiano  accompagnarono  il  vescovo  alla 
residenza  dirimpetto  il  convento  di  s.  Demetrio. 

a,  1799  17  Febhraro.  Predicatore  quadragesimale  della  cat- 
tedrale è  il  P.  Idelfonso  da  Verona,  cappuccino. 

28  Marzo.  Proveniente  da  Lesina  approdò  verso  sera  a  questi 
lidi  un  naviglio  recante  a  bordo  1'  E.mo  Cardinale  de- 
cano Giov.  Francesco  Albani  con  la  sua  corte,  composta 
di  quindici  persone.  Profugo  dall'  Italia  pei  trambusti 
politici,  ricoverato  s'era  sull'isola  di  Lesina.  Ivi  fu  lau- 
temente  albergato  da  Mons.  Stratico  ;  e  poscia  colla 
scorta  di  alcuni  pubblici  legni  spediti  da  Zara,  venne 
in  questa  città,  dove  fu  ricevuto  con  tutte  le  distinzioni 
convenienti  ad  un  principe  della  chiesa.  Il  successivo 
giorno  di  Pasqua  pontificò  nella  cattedrale  con  grande 
solennità  e  concorso,  facendo  le  truppe  austriache  i  solili 
onori  sulla  piazza  del  tempio.  La  sera  stessa  si  recò 
in  carrozza  a  visitare  il  Santuario  di  s.  Simeone^  e  pieno 
d'ammirazione  per  l'insigne  reliquia,  e  per  la  sua  ma- 
ravigliosa  conservazione,  se  ne  congratulò  con  li  zara- 
tini,  che  possedono  un  tanto  tesoro.  Dopo  la  permanenza 
d'alcuni  giorni,  ripartì  il  15  aprile  alla  volta  di  Venezia. 

21  Maggio.  Fu  oggi  cantato  un  solenne  Te  Deum  colf  es- 
posizione del  Sacramento  nella  Metropolitana,  in  rendi- 
mento di  grazie  per  le  vittorie  riportate  dalle  armi  au- 
striache in  Italia. 

28  Giugno.  Oggi  fu  celebrata  a  spese  di  devoti  la  festa  di 
s.  Luigi  Gonzaga  nella  Metropolitana  con  grande  solen- 
nità, nuova  musica  e  sfarzosa  luminaria. 

26  detto.  Giunsero  in  Zara  i  vescovi  di  Segna  e  di  Veglia, 
ed  inoltre  quattro  canonici  mitrati,  assieme  colla  loro 
corte  per  visitare  il  Santuario  di  s.  Simeone.  I  due  ve- 
scovi celebrarono  dinanzi  l'arca  aperta  con  straordinario 
concorso  di  popolo,  e  fecero  atto  di  venerazione  di- 
nanzi l'insigne  reliquia. 
1  Agosto.  Continuando  le  vittorie  delle  armi  austriache,  fu 
cantata  solenne  messa  in  musica  nella  Metropolitana  col 
canto  dell'inno  ambrosiano  in  fine,  alla  quale  interven- 


—  464  — 

nero  i  tre  generali,  che  si  trovarono  qui  presenti,  tutta 
l'i.  r.  ufficialità  austriaca^  e  l'ex  veneta,  con  grande 
concorso  di  popolo.  La  sera  vi  fu  poi  la  solenne  bene- 
dizione col  Venerabile.  La  spesa  fu  sostenuta  dai  cittadini. 

8  detto.  Oggi  poi  fu  cantata  messa  solenne  di  Requiem,  e 
furono  dette  molte  altre  messe  piane  in  suffragio  dei 
militi,  che  sacrificarono  la  loro  vita  in  difesa  della  re- 
ligione e  dei  diritti  del  Sovrano  Nel  mezzo  della  chiesa 
ergevasi  un  magnifico  catafalco,  adorno  d' insegne  mi- 
litari, e  di  sfarzosa  luminaria. 
10  detto.  Oggi  son  sei  anni  che  non  si  apre  la  chiesetta  di 
s.  Lorenzo  martire,  solita  officiarsi  in  questo  giorno  e  forse 
più  non  si  aprirà,  essendo  rimasta  ascosa  dalla  casa 
fabbricatavi  dinanzi  ad  essa  da  Ignazio  Cerone,  che  prese 
a  livello  il  relativo  fondo  dalla  famiglia  Dinarisich,  e- 
rede  Sorini. 

1  Settembre  Per  ordine  sovrano  nella  chiesa  Metropolitana 
fu  cantata  solenne  messa  coli' inno  ambrosiano  per  rin- 
graziare Iddio  delle  vittorie  riportale  dalle  armi  austriache 
al  Reno  ed  in  Italia.  Intervennero  i  tre  generali  e  tutta 
l'ufficialità  austriaca  ed  ex  veneta,  facendo  le  i.  r.  truppe 
sulla  piazza  del  Duomo  i  consueti  onori.  La  chiesa  fu 
addobbata  ed  illuminata  a  festa  a  spese  del  governo. 
Vi  fecero  pure  atto  di  presenza  i  cinque  consiglieri  di 
governo,  ed   i  tre  giudici   del  tribunale. 

8  detto.  Ad  istanza  dei  RR  Padri  di  s.  Giovanni  il  gene- 
rale comandante  Rukavina  fece  evacuare  la  chiesetta 
della  Madonnina  eh'  era  stata  empiuta  di  fieno  per  la 
cavalleria,  di  modo  che  i  religiosi  ne  riebbero  il  pos- 
sesso, ne  celebrarono  la  sacra  odierna  consueta  funzione 
della  titolare,  a  cui  intervenne  molto  popolo,  e  lo  stesso 
generale  colla  sua  famiglia. 

8  Decemhre.  Giunse  a  mezzo  del  Patriarca  di  Venezia  a 
questa  curia  arcivescovile  la  notizia  della  morte  del 
Sommo  Pontefice  Pio  VI  seguita  nella  città  di  Valenza 
in  Francia  il  di  29  agosto  p.  p.  e  partecipata  la  notizia 
al  governo,  furono  celebrati  solenni  funerali  nella  Me- 
tropolitana, e  nelle  chiese  de'  Regolari,  in  tre  giorni 
consecutivi  per  un'  ora  continua^  tre  volte  al  giorno, 
tutte  le  campane  delle  chiese  suonarono  a  lutto.  In  questa 
solenne  circostanza  i  gir-  i  da  sé  stessi  si  dichiararono 
disuniti  dalla  chiesa  cattolica,  poiché    ai    ripetuti  ordini 


—  465  — 

dell'  i.  r.  tribunale  di  suonare  le  campane  cume  fecero 
sempre  peli' addietro  in  simili  occasioni,  si  rifiutarono 
decisamente,  dicendo,  che  essi  non  riconoscevano  il 
Romano  Pontefice. 

21  detto.  La  solenne  sacra  ordinazione  venne  oggi  celebrata 
dal  vescovo  di  Nona  Giuseppe  Gregorio  Scolti  dietro 
delegazione  dell' arcivescovo  Carsana,  divenuto  impotente. 
Sellanlasei  furono  gli  ordinandi,  e  la  funzione  si  tenne 
nella  chiesa  di  s.  Marcella. 

a.  1800^  1  Gennaro,  La  benedizione  della  sera  fu  celebrata 
dall'arciprete  nella  Metropolitana  secondo  il  consueto. 
Alle    solite    orazioni  fu  aggiunta    anche  la  colletta  prò 

eligendo  Summo  Ponti fice. 


-^=*ft"''tìta/*~^s^>- 


II.  Notizie  ecclesiastiche 

desunte  da  una  cronaca  patria  del  secolo  presente. 

a,  1800^  1  Giugno.  Festa  delle  Pentecoste.  Invitato  dal  ca- 
pitolo, fece  solenni  pontificali  nella  Metropolitana  il  ve- 
scovo di  Traù  mons.  Antonio  Pinelli^  zaratino. 

7^  8  e  9  Luglio  si  fecero  feste  in  Zara  per  celebrare  l'e- 
saltamento di  Pio  VII  al  supremo  pontificato. 

12  Decembre.  Passò  all'eterna  vita  l'arcivescovo  nostro  mons. 

Giovanni  Carsana. 
14  detto.  Grandiosi  funerali  pel  medesimo. 

16  detto.  Tumulazione  dello  stesso  nella  tomba  dinanzi  P  altare 

di  s.  Anastasia. 

17  detto.  Convocazione  del  capitolo,  da  cui  fu  eletto  per  ac- 

clamazione in  vicario    generale    capitolare    mons.    arci- 
diacono Giovanni  Giurovich. 

a.  1801^  20  Luglio.  1  militari  occupano  l'Episcopio. 
a,  1802.,  26  Decembre.  Invitato  dal  capitolo  mons.  Gregorina, 
vescovo  di  Cattaro,  fece  solenne  pontificale  con  omilia, 

30 


—  466  — 

a,   i803y   1   Gennaro.  Il  governatore  co.  Gòess  coi  consiglieri 
governiali,  le  autorità  giudiziarie  e  militari,  intervennero 
alla  messa  solenne  in  Duomo. 
1  Luglio.  Si  diede  principio  alla  predicazione  domenicale  in 

Duomo. 
4  Ottobre.  Onomastico  delF Imperatore  Francesco.  Fu  can- 
tala messa  solenne  in  Duomo  con  intervento  di  tutte  le 
autorità.  Dietro  convegno  col  capitolo  le  civili  si  col- 
locarono nella  platea  della  chiesa  dal  lato  del  vangelo^ 
vicino  all'altare  della  ss.  Annunziata;  le  militari  dalla 
parte  opposta.  Dopo  la  messa  l'inno  di  ringraziamento. 

a.  1804,  1   Gennaro.  Intervento  di  tutte  le  autorità  alla  messa 
come  Fanno  decorso. 
4  Ottobre,  Pregato  dal  capitolo  il  vescovo  di  Nona  mons. 
Giuseppe  Scotti  pontificò  in  Duomo  per  l'onomastico  di 
S.  M    l'Imperatore  d'Austria  Francesco. 

a,  i805^  13  Giugno.  La  processione  del  Corpus  Domini  fu 
celebrata  dall'  arcivescovo  di  Gorfiì  Francesco  Fenzi, 
zaratino. 

a,  1806,  11  Febbraro.  Le  truppe  francesi  con  alla  lesta  il 
generale  Molitor  occuparono  Zara.  L' episcopio  è  occu- 
pato dai  militari  francesi  e  così  pure  la  chiesa  di  s.  Barbara. 

«.  1801^  24  Agosto.  Dietro  la  nomina  del  vescovo  di  Nona 
Giuseppe  Scolli  in  arcivescovo  di  Zara,  seguita  da  parte 
dell'Imperatore  de' francesi  Napoleone  I  il  10  luglio 
1806,  fu  egli  preconizzato  dal  Papa  Pio  VII. 

a.  1808,  7  Febbraro.  L' arcivescovo  prese  possesso  della  sua 
diocesi. 

a.   1818^  9  Dicembre.  Dopo  l'assedio  d'un  mese  le  vittoriose 

armi  austriache    nel    giorno    d'  oggi,  giovedì,  fecero  in 

Zara  il  fausto  loro  ingresso,  guidate  dall'  in  allora  ge- 

nerale,  poi  tenente  maresciallo  e  governatore  della  Dal- 

^    mazia,  Francesco  de  Tomassich. 

a,  1817^   1   (remz.  Passò  agli  eterni  riposi  Tarcivescovo  Scotti 
4  detto.  Grandiosi  funerali  furono  celebrati  nella  Metropo- 
litana, ove  fu  sepolto  pel  primo  nella  nuova  tomba  degli 
arcivescovi  sotto  il  trono  arcivescovile. 

a,  1818  2  Maggio,  giorno  di  sabbato,  alle  ore  5  p.  m.  fra 
le  acclamazioni  e  gli  omaggi  del  suddito  amore  e  della 
generale  esultanza,  le  Sacre  Maestà  di  Francesco  I 
Imperatore  e  Re,  e  di  Carolina  Augusta  Imperatrice 
Regina^  fecero  il  loro  solenne  ingresso  nella  città  di  Zara. 


—  467  — 

3  detto.  Domenica,  dopo  aver  le  MM.  LL.  percorsa  la  miglior 
parte  della  città,  si  recarono  alle  10  a.  m.  alla  Metro- 
politana, festosamente  arredata,  ed  ivi  accolte  nei  modi 
prescritti  dal  capitolo  e  clero,  aventi  alla  testa,  in  sede 
vacante,  mons.  arcidiacono  Giov.  Giurovich,  assistellero 
alla  messa  ed  al  canto  solenne  delf  inno  di  grazie. 

a.  182 i.,  4  Marzo.  Da  S.  i\I.  l'Imperatore  venne  nominato 
ad  arcivescovo  di  Zara  Giuseppe  Francesco  di  Paola 
Now^ak,  nativo  di  Semil  in  Boemia. 

a.  1822.,  12  Settembre,  Il  suddetto  venne  preconizzato  nel 
Concistoro  odierno  dal  Papa  Pio  VII. 

a.  1823.,  12  Gennaro.  Fu  consacrato  e  ricevette  il  sacro 
pallio  nella  cattedrale  di  Budweis  da  quel  vescovo  Er- 
nesto Ruzicka. 

13  Maggio  Giunse  a  Zara  accompagnato  dai  deputati  del 
nostro  capitolo,  i  canonici  Ercegovich  e  Torato,  ed  il 
mansionario  don  Simeone  Livacovich,  i  quali  gli  an- 
darono incontro  sino  a  Fiume. 

25  detto.  Domenica  della  ss.  Trinità,  fece  il  solenne  ingresso 
processionalraente  dalla  Collegiata  di  s.  Simeone  nella 
Metropolitana,  e  prese  possesso.  Mons.  vicario  Giurovich 
lesse  un  discorso  latino  d'inaugurazione. 

Trovandosi  nel  massimo  disordine  il  palazzo  arcive- 
scovile, fu  presa  a  pigione  dal  governo  la  casa  Bor- 
tolazzi,  dove  ora  ha  sede  Ti.  r,  tribunale  provinciale,  e 
questa  dovette  servire  d'interinale  abitazione  dell'arci- 
vescovo. 

a,  1827 .^  26  Novembre.  In  duomo  solenne  consacrazione  del 
vescovo  di  Sebenico,  Mons.  Filippo  Bordini,  arcidiacono 
e  vicario  dì  Scardona.  Consacrante  fu  l'arcivescovo, 
assistenti  i  canonici  seniori  del  nostro  capitolo  Bianchi 
e  Mischialo. 

a,  1828.,  n  Gennaro.  Cessò  di  vivere  in  età  di  anni  76  il 
dottor  Giovanni  Giurovich  arcidiacono  e  vicario  arci- 
vescovile, dopo  di  aver  consumato  50  e  più  anni  di  vita 
laboriosissima  all'  educazione  della  gioventù,  al  servigio 
della  chiesa,  ed  alle  opere  di  carità. 

a  1829j  24  Novembre.  Giunse  da  Vienna  la  notizia  ufficiale 
della  nomina  sovrana  del  professore  di  pastorale  Paolo 
Miossich  in  vescovo  di  Spalato-Macarsca,  e  dell'  i.  r. 
consigliere  di  governo  e  canonico  titolare  di  Gorizia 
Antonio  Giuriceo  in  vescovo  di  Uagusa. 


—  468  — 

a.  1830,  27  Marzo.  Sabbaio  sitieìites.  In  congregazione  ca- 
pitolare, ove  furono  presenti  i  canonici  Antonio  Bianchi, 
Giovanni  Mischialo,  Angelo  Torato  e  Giovanni  Bercich 
venne  letta  la  Bolla  30  giugno  1828  di  Leone  XII  con- 
tenente la  concentrazione  ed  organizzazione  delle  dio- 
cesi della  Dalmazia,  in  forza  della  quale  il  nostro  ar- 
civescovo acquistò  il  titolo  e  la  giurisdizione  di  ine(ro- 
polita  di  tutta  la  Dalmazia,  e  la  chiesa  nostra  divenne 
Metropolitana  di   tutta  la   provincia. 

29  detto,  1  suddetti  canonici,  formanti   il  capitolo    metropo- 

litano si  recarono  al  palazzo  arcivescovile,  e  fecero  atto 
di  congratulazione  col  prelato  per  la  nuova  ed  alla  di- 
gnità conseguila. 

i3  Luglio.  Mons.  Paolo  Miossich,  neoelelto  vescovo  di  Spa- 
lato emise  la  prescritta  professione  di  fede  nelle  mani 
deir  arcivescovo-metropolita  nel  sacello  del  suo  palazzo. 

i6  detto.  Il  prelodato  Monsignore  fece  il  giuramento  civile 
nelle  mani  di  S.  E.  il  Governatore  nella  sala  del  governo. 
Arrivò  a  Zara  una  deputazione  del  capitolo  di  Spalato., 
composta  del  vicario  Dudan,  del  canonico  Drasich,  e  di 
altro  sacerdote,  per  complimentare  il  proprio  vescovo, 
ed  assistere  alla  sua  consacrazione. 

Ì8  detto.  Domenica.  Solenne  consacrazione  del  vescovo  di 
Spalato  Paolo  Miossich,  eseguita  da  mons.  arcivescovo 
metropolita.  Il  consacrando  fu  assistito  dai  canonici  se- 
niori Bianchi  e  Mischiato.  La  Metropolitana  fu  parala 
a  festa. 

30  Novembre  ore  9  p.   m.  passò  a   miglior  vita    il    Sommo 

Pontefice  Pio  Vili  Francesco  Saverio  Casliglioni. 

14  Dicembre.  Venne  chiuso  il  conclave. 

a.  1831^  7,  8  e  9  Gennaro.  Solenni  funerali  nella  Metro- 
politana per  l'anima  del  defunto  Pontefice  Nei  primi 
due  giorni  celebrò  messa  cantala  un  canonico  ;  nel  lerzo 
r  arcivescovo  ponlificò  e  si  fecero  le  cinque  assoluzioni  di 
metodo  con  intervento  di  tutte  le  autorità  civili  e  mi- 
litari. Grandioso  catafalco,  guarnito  delle  insegne  pon- 
tificali, e  di   molta  luminaria. 

10  detto.  Messa  sohnne  con  assistenza  pontificale,  e  canto 
del    Veni  creator  per  T  elezione  del  nuovo  Papa. 

iÒ  detto.  Venne  festeggiata  con  gran  pompa  ed  apparato  la 
solennità  di  s.  Anastasia,  patrona  delf  arcidiocesi,  e  li- 
lolare  della  Metropolitana.   Il    professore    dell'i,  r.  gin- 


^  469  — 

nasio  di  Spalalo  don  Giuseppe  Ivacich  fece  il  panegirico 
della  santa. 
10  Aprile.  Solenne  pontificale  in  Duomo  per  festeggiare 
r  esaltamento  di  Gregorio  XVI  Mauro  Cappellari  al  su- 
premo pontificalo.  Intervennero  alla  funzione  tutle  le 
autorità  civili  e  militari  in  stretta  galla.  L'elezione  del 
Papa  ebbe  luogo  il  2  febbraio  p.  p.  Tre  sere  continue 
fu  illuminala  tutta  la  città,  specialmente  le  chiese  ed  il 
seminario. 

12  Agosto.   Passò  fra  gli  estinti  il  governatore  della  Dalmazia 

barone  de  Tomassich  in  età  d'  anni  70.  Fu  esposta  nella 
cappella  del  palazzo  governiale  la  sua  salma,  riccamente 
vestila  di  tulle  le   insegne  e  decorazioni  militari. 

13  detto.  Furono   Ielle   molle  messe  nella  cappella  ardente  in 

suffragio  deir  illustre  defunto. 

14  detto.  Solenni  funerali,  li  funebre  convoglio,  a  cui  pre- 

sero parte  tulle  If  congregazioni  laiche  e  religiose,  gli 
istituti  di  educazione.,  un  battaglione  del  reggimento 
barone  Gepperl,  T  artiglieria,  il  capitolo^  il  clero,  e  l'ar- 
civescovo vestilo  d'  abiti  pontificali,  passando  per  la 
piazza  d'armi  s'avviò  alla  metropolitana,  ove  stava 
eretto  nel  mezzo  un  grandioso  catafalco,  fornito  di  busti 
guerreschi  e  d'armi  d'ogni  specie,  nonché  di  molta  e 
splendida  luminaria.  Vi  si  ascendeva  per  14  gradini  sopra 
cui  eravi  una  mensa  guarnita  d'iscrizioni,  conlenenti  le 
gesta  del  defunto  Su  di  questa  fu  innalzata  la  bara  guar- 
nita delle  insegne  e  decorazioni  militari.  L'arcivescovo 
pontificò  solennemente,  e  fece  anche  le  assoluzioni  pre- 
scritte dal  rituale.  Fu  sepolto  nel  cimitero  comunale  in 
una   tomba  appositamente  costruita. 

a.  1831^  12  Ottobre.  Arrivo  a  Zara  del  nuovo  governatore 
civile  e  militare  conte  Lilienberg.  Il  capitolo  ed  il  clero 
preceduto  dall'  arcivescovo  si  recarono  a  palazzo  per 
complimentarlo. 

a.  1835^  16  Gennaro.  Fu  celebrata  con  grande  apparato  e 
luminaria  la  lesta  di  s.  Anastasia.  ]l  panegirista  fu  il 
paroco  di  Comisa  don  Giuseppe  Guglielmi. 
4^  6  e  6  Marzo.  Triduo  nella  metropolitana  per  T  Impera- 
tore nostro  Francesco  1,  gravemente  infermo.  Esposi- 
zione serotina  del  ss.  Sacramento  con  preci  relative, 
recitate  dall'  arcivescovo,  e  con  intervento  di  tutte  le 
autorità  e  folla  di  popolo. 


—  470  — 

6  detto.  «Ile  ore  3  p    m.    giunse    un    corriere    da  Vienna, 

recando  F  infausta  notizia  della  morie  dell'  Imperatore, 
seguita  il  dì  1  corr.  giorno  in  cui  egli  prese  le  redini 
dell'Impero,  ed  in  cui  le  lasciò  l'augusto  suo  genitore 
l'Imperatore  Leopoldo.  La  funesta  notizia  pose  in  lutto 
tutta  la  città,  e  furono  sospesi  lutti  gli  affari. 

7  eletto^  alle  ore   10  l'arcivescovo  discese  nella  cattedrale, 

e  lesse  messa  piana  per  l'augusto  defunto,  alla  quale 
fecero  atto  di  presenza  le  autorità  civili  e  militari,  ve- 
stite a  lutto. 

7^  S  e  9  detto.  In  tutte  le  chiese  urbane  si  celebrarono 
messe  per  l'anima  dell'estinto  Imperatore. 

S  detto.  Vennero  affissi  ai  cantoni  della  città  i  chirografi 
del  nuovo  Imperatore  Ferdinando  I,  figlio  del  defunto, 
coi  quali  emanò  le  sue  prime  sovrane  disposizioni  pel 
governo  dell'Impero. 

10  detto.  Primi  funerali  nella  metropolitana  pel  defunto  Im- 

peratore. La  chiesa  addobbata  a  lutto.  Un  magnifico  mo  - 
numento  fu  eretto  nel  mezzo  della  navata  principale  per 
cura  ed  a  spese  del  governo.  I  religiosi  di  s.  Michele, 
indi  quelli  di  s.  Francesco,  poi  il  collegio  di  s.  Simeone, 
e  finalmente  il  capitolo  cantarono  V  intero  ufficio  dei 
defunti  ;  dopo  di  che  pontificale  solenne  colle  prescritte 
cinque  assoluzioni  eseguite  dai  canonici  e  dall'arcive- 
scovo. Intervento  di  tutte  le  autorità.  Musica  islrumen- 
tale.  Splendida  luminaria  nella  chiesa  ed  intorno  al  tumulo. 

11  detto.  Secondi  funerali.  Tutto  come  jeri. 

12  detto.  Terzi  funerali.    Il  tutto    come   sopra.    Venne    però 

accresciuta  la  pompa  funebre  da  splendidissima  luminaria. 
Prima  della  messa  pontificale  un  elogio  funebre  dell'au- 
gusto defunto  venne  letto  dal  professore  di  filosofia  don 
Pietro  Bottura.  Un  battaglione  dMnfanteria,  ed  una  com- 
pagnia di  cannonieri  stavano  schierale  intorno  al  tempio. 
Le  salve  di   uso 

13  detto.  Esequie  pel  medesimo  nella  chiesa  di    s.   iVlichele. 

14  detto.  Esequie  in  quella  di  s.  Francesco. 

16  detto.  Funerali  nella  collegiata  di  s.  Simeone.  Venne  an- 
che qui  innalzato  dal  militare  un  sontuoso  monumento, 
consistente  in  una  piramide  tronca  sopra  quattro  gradini 
sormontata  da  un  urna^  ornata  delle  insegne  imperiali, 
con  ai  lati  quattro  busti  di  guerrieri,  armali  di  archi- 
bugi,   spade    ed  altre  artiglierie.    La    chiesa  addobbala 


—  471  — 

a  lutto.  La  funzione  fu  esejjuita  dal  consì<j;Iiere  di  g^o- 
verno,  canonico  titolare  di  Gorizia  Giuseppe  Godeassi. 
Die(ro  volere  dell'arcivescovo  vennero  fatte  anche  le 
cinque  assoluzioni.  Musica  con  organo. 

16  detto.  Funerali  pel   medesimo  in  s.  Maria. 

20  Aprile.  Seconda  festa  di  Pasqua.  L'arcivescovo  pontificò 
in  Duomo  alle  ore  11  per  solennizzare  l'anniversario 
natalizio  di  S.  M.  T  Imperatore,  che  cade  ai  19  del  corr. 
Intervennero    tutte  le  autorità  in  lutto   di  stretta    galla. 

12  Agosto.  Oggi  partirono  alla  volta  di  Vienna  i  deputali 
dalmati,  destinati  al  duplice  incarico,  di  condolersi  cioè 
della  perdila  dell'augusto  Sovrano  e  padre  nostro  Fran- 
cesco 1  e  per  rallegrarsi  dell'esaltamento  al  trono  di 
suo  figlio  Ferdinando  I.  I  deputati  furono  Antonio  Cer- 
nizza  ff.  di  podestà  di  Zara,  Leonardo  Dudan  podestà 
di  Spalato,  Biagio  de  Ghetaldi,  i.  r.  consigliere  di  go- 
verno per  la  città  di  Ragusa,  ed  il  co.  Ivanovìch  per 
Cattaro.  La  commissione  avrà  alla  testa  il  vescovo  di 
Sebenico  mons.  Filippo  Bordini  il  quale  partì  da  Zara, 
via  di  terra,  il  dì  8  corr. 

a.  1836,  19  Aprile.  Natalizio  di  S.  M.  l'Imperatore  Ferdi- 
nando L  Tutte  le  autorità  ecclesiastiche^  civili  e  militari 
si  recarono  al  palazzo  governiate,  ed  umiliarono  gli 
omaggi  di  fedeltà  all'Imperatore,  rappresentato  dal  go- 
vernatore co.  Lilìenberg;  indi  alle  ore  11  intervennero 
al  solenne  pontificale,  ch'ebbe  fine  coli' inno  di  grazie. 

16  Agosto.  Festa  di  devozione.  Chiusi  tutt'  i  negozii  e  le 
officine,  accorsero  gli  abitanti  alle  chiese  a  pregare  per- 
chè il  Signore  allontani  dalla  città  nostra  il  fiero  morbo 
cholera  che  dal  giorno  19  luglio  invase  la  città  di  Se- 
benico, Spalato  e  Traù  mietendo  una  quantità  di  vittime 
umane. 

26  Agosto.  Primo  caso  di  cholera,  portalo  da  Bencovaz  a 
Zara  nella  casa  al  N.r  149. 

12  Settembre.  Tredici  casi  di  cholera  in  Zara. 

13  Dicembre.  Solenne  istallazione  delle  tre  nuove  dignità  e 

di  quattro  canonici  della  Metropolitana,  nominati  da  S.  M. 
r  Imperatore  in  data  24  novembre  p.  p.  nelle  persone 
di  Angelo  Torato  qual  proposito  dt^l  nuovo  capitolo,  di 
Giovanni  Bercich  qual  arcidiacono,  di  Luigi  Pini  paroco 
di  Rogosniza  qual  decano,  di  Matteo  Santich,  Matteo 
Scarich,    Marco    Malelich    e  Francesco    Giuriceo,    quali 


—  472     - 

canonici.  La  funzione  fu  esegnita  dall'  arcivescovo,  che 
assistette  alla  messa  cantala  delf  arcidiacono,  trovandosi 
infermo  il  preposito,  che  fu  istallalo  per  procura. 

«.  i857,  11  Maggio.  L'arcivescovo  celebrò  messa  di  Re- 
quiem  per  l'anima  del  vescovo  di  Lesina  Mons.  Giovanni 
Scacoz,  passalo  giorni  addietro  agli  eterni  riposi. 
8  Giugno,  L'arcivescovo  nostro  Giuseppe  Francesco  Novvak, 
venne  assalilo  da  nevralgìa  universale,  ed  il  rev.mo 
arcidiacono  Bercich    fu    nominato  pro-vicario   generale. 

24  detto.  Battesimo  solenne  d'  un  ebreo,  eseguito  in  Duomo 
dall'  arcidiacono  e  vicario  Bercich. 

4  Agosto.  Gran  parata  militare  e  messa  letta  sello  il  padi- 

glione eretto  nel  Forte  per  la  felice  partenza  di  S.  M. 
Ferdinando  da  Vienna  alla  volta  di  Milano  per  ricevere 
la  corona  d'Italia.  Per  lo  stesso  scopo  la  Comune  con 
lutte  le  autorità  si  portò  in  s.  Simeone  per  assistere  ad 
una  messa  cantata. 

5  detto.  Oggi  poi  nella    Metropolitana^    recitato    T  itinerario 

prescritto  dal  rituale,  fu  cantata  solenne  messa  dal  pre- 
posilo per  lo  stesso  oggetto. 

31  detto.  In  me^zo  ad  una  commozione  universale,  accompa- 
gnato da  S.  E.  il  governatore  co.  Lilienberg,  dal  capitolo 
dal  clero  e  da  gran  quantità  di  popolo,  mons.  arcive- 
scovo nostro,  in  istalo  d'  infermità,  partì  per  Trieste 
col  piroscafo  Baron  Sliirmer,  per  rivedere  la  patria  e 
respirare  quell'aria  che  forse  potrebbe  ridonargli  la  pri- 
miera salute. 
2  Novembre.  Trovandosi  in  rislauro  la  chiesa  Metropolitana, 
le  funzioni  festive  si  celebrano  in  s.  Maria,  e  le  feriali 
nella  sagrestia  del  Duomo. 

a.  1889^  15  Gennaio.  Fu  celebrata  colla  solila  pompa  la 
solennità  di  s.  Anastasia  dal  rev  mo  preposito  Bercich. 
11  panegirico    fu    recitalo    dal    P.  Zoilo  Monti  zaralino. 

24  detto.  Giunse  da  Vienna  la  nomina  del  decano  capitolare 
Luigi  Pini  a  vescovo  di  Sebenico.  Alle  ore  11  il  capi- 
tolo ed  il  clero  si  recarono  in  seminario  a  complimen- 
larlo,   essendo  egli  rettore  di  quell'istituto. 

21  Marzo.  Questa  sera  di  giovedì  si  diede  principio  in  Duomo 
agli  esercizi  spirituali.  L'  oratore  quaresimale  P.  Paolo 
cappuccino.  Mattina  e  sera  vi  fu  discorso  ogni  giorno 
fino  al  mercordì  santo  di  mattina,  in  cui  furono  chiuse 
le  funzioni  coli' inno  di  grazie. 


—  473  — 

30  Giugno.  Processione  jrenerale  a  s.  Simeone  per  ottenere 
la   pioggia. 
7  Luglio,  Processione  di  ringraziamento  a  s.  Simeone  per 

la  pioggia  ottenuta. 
9  detto.  Un  fulmine  colpì   il  campanile  di   s.  Francesco  ed 

arrecò  gravi  danni  al  coperto  della  chiesa. 
4  Novembre.  Oggi  fu  aperto  il  nuovo  seminario  diocesano 
Zmajevich  Con  decreto  24  ottobre  a.  e.  del  rev.mo 
ordinariato  arcivescovile,  rappresentato  dal  vicario  Ber- 
cich,  furono  sciolti  tutti  gli  stipendi,  che  venivano  con- 
feriti sin  dair  anno  1827  ai  chierici  diocesani  dalla 
fondazione  Zmajevich,  perchè  poco  corrispondenti  allo 
scopo  del  fondatore,  ed  invece  furono  concentrati  18  o 
più  chierici,  tratti  preferibilmente  dalla  campagna,  sotto 
la  direzione  di  un  sacerdote,  in  un  edifizio  preso  a  pi- 
gione, acciocché  venissero  educati  nello  spirito  eccle- 
siastico, e  sorvegliati  ed  assistiti  negli  studi,  pei  quali 
avessero  a  frequentare  il  pubblico  ginnasio  ed  il  liceo. 
I/edifizio  fu  la  casa  a  s.  Demetrio  al  N.r  149.  L'isti- 
tuto assunse  il  titolo  di  seminario  piccolo  diocesano 
Zmajevich.  A  rettore  fu  destinato  il  sacerdote  Carlo- 
Federico  Bianchi.  La  spesa  stabilit.i  dal  prefato  decreto 
non  deve  oltrepassare  l'importo  di  fior.  3000  all'anno, 
che  devono  essere  esborsati  dall'  amministratore  della 
fondazione  Zmajevich. 

a.  1840,  22  Novembre.  In  Duomo  solenne  consacrazione  del 
preposito  e  vicario  mons.  Giovanni  Bercich  in  vescovo 
di  Cassia  in  partibus  infidelium.,  destinalo  ausiliare 
dell'arcivescovo  Nowak  assente  per  infermità.  Consa- 
crante fu  il   vescovo  di  Sebenico  Mons.  Luigi  Pini. 

a.  1841.,  6  Febbraio.  Pasi^ò  da  questa  vita  il  governatore 
conte  Lilienberg,  compianto  da  tutta  la  città. 

7  detto.  Fu  esposto  nella  sala  del  palazzo  vestito  da  gene- 

rale con  tutte  le  decorazioni  ed  insegne  militari. 

8  detto.  Grandiosi  funerali  in  Duomo.  Il  convoglio  formalo 

da  tutte  le  corporazioni  religiose  e  laiche,  da  tutti  gli 
istituti  d'  educazione,  da  tutta  la  milizia,  passando  per  la 
piazza  d'armi  prese  la  via  della  Metropolitana,  ove  fu  col- 
locata la  bara  sopra  ricco  e  magnifico  catafalco.  Intervenne 
il  vescovo  Bercich  vestito  d'abiti  pontificali,  e  celebrò  so- 
lenne messa,  facendo  pure  le  assoluzioni  di  metodo.  Fu 
sepolto  con  tutti  gii  onori  nel  pubblico  cimitero  in  una 


~  474   — 

tomba  eretta  apposilanienle  nel  mezzo,   la  quale    venne 
chiusa  da  una   lapide  marmorea   con   iscrizione. 

//  Novembre.  Solenne  traslazione  dì  una  reliquia  di  s.  Tilo 
primo  apostolo  della  Dalmazia.  Jeri.  accompagnato  da 
un  canonico  del  nostro  capitolo  approdò  a  queste  rive 
il  naviglio,  che  da  Venezia  portava  la  sacra  reliquia. 
Oggi  fu  indetta  generale  processione.  Tutte  le  corpo- 
razioni vi  presero  parte  con  popolo  immenso,  e  partendo 
dalla  riva  si  avviarono  alla  cattedrale  passando  per  la 
piazzetta  marina,  per  la  via  di  s.  Grisogono,  via  di 
s.  Antonio,  via  larga,  via  del  Duomo,  cantando  salmi 
ed  inni  al  Signore.  11  vescovo  ausiliare  mons.  Bercich 
portava  il  reliquario.  vestito  d'abiti  pontificali.  Arrivalo 
il  corteo  alla  cattedrale,  fu  celebrata  solenne  messa, 
durante  la  quale  il  vescovo  lesse  un  omilia  in  onore 
del  santo,  dopo  di  che  il  reliquario  fu  collocalo  rive- 
rentemente nel  santuario.  Vedi  I  voi.  a  pag.   164. 

a.  i848,  1  Maggio.  Solenne  pontificale  in  Duomo  con  le 
Deiim  per  festeggiare  la  solenne  pubblicazione  dello 
Statuto  costituzionale,  dalf  augustissimo  Imperatore  no- 
stro Ferdinando  I  concesso  ai  propri  stati.  Intervento 
di  tutti  i  pubblici  funzionari. 

a.  1849^  11  Giugno,  Processione  generale  a  s.  Simeone  per 
ottenere  la  pioggia. 

21  detto.  Levata  l'imagine  della  B.  V.  Annunziala  e  collo- 
cata suir  aitar  maggiore.  Dopo  pranzo  preci  per  la  pioggia. 

24  detto.  Domenica.  Processione  generale  colla  imagine  per 
lo  slesso  scopo. 
2  Settembre.  Solenne  ringraziamento  in  Duomo  per  la  resa 
di  Venezia.  L' arcivescovo  celebrò  messa  pontificale,  dopo 
la  quale  intuonò  l'inno  di  grazie. 
2  detto,  Cholera  in  Zara.  Due  persone  affette  del  rio  ma- 
lore, giunte  da  Venezia  con  barca  privata,  furono  tras- 
portate nell'ospitale. 

12  Ottobre.  Alcuni  casi  di  cholera  si  manifestarono  nella  no- 
stra città. 

14  detto.  Fu  levata  l'imagine  della  B.  V.  del  Castello  e  tras- 
portata direttamente  con  solennità  al  Duomo,  ove  fu 
collocata  all'  aitar  maggiore.  Si  diede  principio  alle  pub- 
bliche preci  dinanzi  la  benedetta  immagine,  mattina  e 
sera.  Si  cominciarono  collette  per  la  confezione  d'  una 
nicchia  di  legno  dorato  pel  trasporto    dell'  immagine,  e 


—  475  — 

d'una  gran  corona  d'argento.  II  volo  emesso  dai  za- 
ralini  fu  anche  adenipiulo. 
21  Novembre.  Messa  pontificale  dinanzi  la  sacra  immagine. 
1  Decemhre,  Essendo  cessato  il  morbo  che  afflisse  nei  pas- 
sati giorni  la  nostra  città,  oggi  alle  ore  9  e  mezza  con 
messa  e  Veni  Creator  in  Duomo  segui  l'apertura  di 
lutti  gì'  istituti  d*  educazione. 

8  detto.  Solenne  rendimento  di  grazie  per  la  cessazione 
del  cholera.  Alle  ore  1 1  pontificale  con  omilia  e  Te  Deum 
e  coir  intervento  di  tutte  le  autorità,  e  la  guardia  na- 
zionale. Alle  ore  4  p.  m.  solenne  processione  generale 
per  tutta  la  città  coli'  immagine  prodigiosa,  e  riposizione 
della  medesima  nel  suo  santuario.  L'  arcivescovo  in  abili 
pontificali  con  due  canonici  in  tonicella  precedeva  l'im- 
magine. 

a.  1860^  26  Agosto.  Domenica.  Oggi  ebbe  luogo  la  solenne 
istallazione  del  nuovo  paroco-piovano  di  s.  Simeone 
Carlo-Federico  Bianchi. 

a.  1861^  io  Gennaro.  Cessò  di  vivere  il  benemerito  citta- 
dino Gian  Giuseppe  Filippi,  avvocato  e  presidente  della 
fabbriceria  della  Metropolitana,  divotissimo  di  s.  Anastasia. 

8  Luglio.  Processione  generale  a  s.  Simeone  per  ottenere 

la  grazia  della  pioggia. 
a.   i8Ò2^  29  Gennaro.  Questa  mattina  alle  ore  9  passò  agli 

eterni  riposi    mons.  Luigi  Guglielmi,  neoeletto  vescovo 

di  Verona. 
31  detto.  Funerali  in  Duomo  pel  suddetto  prelato. 
1/  Marzo.  I  padri  gesuiti  Ayala  e  Basile  diedero    principio 

in  Duomo  ad  un  corso  di  esercizi  spirituali. 

19  detto.  Chiusura    dei    medesimi    con    comunione   generale. 

20  detto.  I  medesimi  religiosi  diedero  gli   esercizi  spirituali 

in  s.  Simeone  in  lingua  slava,  nei  giorni  20,  21,  22 
e  23  in  cui  furono  chiusi  con  comunione  generale. 

/4,   16  e  16  Giugno.  Preghiere  in  Duomo  per    la  serenità. 

/7,    18  e  19  detto.  Ilem  in  s.  Simeone. 

20,  2/  e  22  detto.  Item  in  s    Francesco. 

25,  24  e  26  detto.  Item  in  s.  Michele. 

29  detto.  Ringraziamento  in  Duomo  per  la  ottenuta  grazia 
della  serenità. 

4  Ottobre.  Pontificale  in  Duomo,  ricorrendo  l'onomastico 
di  S.  M.  l'Imperatore  Francesco   Giuseppe  I. 


—  476  — 

16  detto.  Domenica  alle  ore  8  dinanzi  Parca  aperta  di  san 
Simeone  assistette  ad  una  messa  letla  dal  pievano,  S.  A. 
il  Serenissimo  Arciduca  Massimiliano,  Fratello  del  nostro 
Jmperalore  Francesco  Giuseppe,  testé  arrivalo  da  Trieste 
con  seguito. 

a.  1863^  25  Febbraio,  Solenne  Te  Deum  in  Duomo  e  nelhi 
Collegiata  in  rendimento  di  grazie  a  Dio,  che  ha  sal- 
vata la  vita  al  nostro  Imperatore,  aggredito  a  Vienna 
da  un  assassino. 
ò  Settembre.  Solenne  ricognizione  della  veneranda  reliquia 
di  s.  Simeone  Giusto,  e  coittemporaneo  adattamento  di 
uu  bellissimo  cristallo,  in  sostituzione  delle  quattro  lastre 
di  vetro,  che  formavano  T  invetriata  della  santa  Arca 
La  ricognizione  venne  falla  dalf  arcivescovo  Giuseppe 
Godeassi,  assistilo  da  una  commissione  a  ciò  da  luì  isli- 
luila  con  decreto  2  settembre  corr.  Della  solenne  rico- 
gnizione fu  esteso  il  relativo  atto  in  doppio  originale, 
di  cui  un'  esemplare  venne  poslo  dal  pievano  sotto  il 
cuscino,  sul  quale  poggia  il  capo  del  santo.  Per  le  for- 
malità osservale  nella  ricognizione  vedi  Fondra  :  Storia 
di  s.  Simeone  p.  379. 

a.  1854,  24  Aprile.  Solenne  pontificale  in  Duomo  con  Te 
Deum  pel  matrimonio  dell  Imperatore  Francesco  Giu- 
seppe celebrato  a  Vienna  con  Elisabetta  principessa  di 
Baviera. 

a.  1855.,  11  Febbraio.  Domenica  di  sessagesima.  In  Duomo 
solenne  promulgazione  della  Bolla  dogmatica  dell'Imma- 
colato foncepimento  di  M.  V^ergine  Ss.  Pontificale  con 
omilia  recitata  dall'arcivescovo.  La  chiesa  sfarzosamente 
addobbata  ed  illuminata.  L' immagine  sulf  aitar  maggiore. 
Musica  istrumentata. 

2^  Gittgno.  Solenni  funerali  in  s.  Simeone  per  mons.  Gio- 
vanni Bercich.,  vescovo  di  Sebenico,  morto  durante  la 
visita  canonica  della  diocesi  il  giorno  30  maggio  p.  p. 
6  Luglio.  Il  capitolo  si  recò  oggi  in  processione  alla  chiesa 
della  B.  V.  del  Castello^  onde  impetrare  coIT  interces- 
sione di  Maria  Ss.  la  preservazione  della  città  nostra 
dal  cholera. 

13  detto.  L'arcivescovo,  il  capitolo,  il  clero  secolare  e  re- 
golare, le  confraternite,  le  arti,  ed  immenso  popolo,  si 
portarono  tutti  in  processione,  cantando  le  litanie  dei 
^anti,  alla  Collegiata  di  s.  Simeone   onde    implorare  da 


—  477  — 

Dio  coll'ajuto  del  sanlo  nostro  {iroletlore  la  grazia  di 
essere  preservali  diil  chólera.  che  minacciava  d' invadere 
la  nostra  cillà.  Fu  cantala  messa  votiva  solenne  dal 
pievano  con  intervento  di  tutte  le  autorità,  dopo  la  quale 
tulli  prestarono  allo  di  venerazione  alla  sacra  reliquia, 
indi  ritornarono  in  Duomo  collo  stesso  canto  delle  litanie. 
Tulla  la  cillà  prese  parte  a  questa  devotissima  e  com- 
movenlissima  supplicazione.  Da  oggi  incominciarono  le 
corporazioni,  le  arti,  le  famiglie  a  far  cantar  messa 
dinanzi  Tarca  aperta,  per  cui  durante  questo  mese  si 
coniarono  tino  a  114  aperture  d'arca. 
8  Ottobre.  Il  cholera,  che  grazie  al  Cielo  fu  assai  benigno, 
oggi  si  considera  del  tulio  cessato.  Solenne  ponlificale 
in  s.  Simeone  per  celebrare  la  festività  del  santo.  Im- 
menso numero  di  foraslìeri. 

28  detto  Messa  solenne  di  ringraziamento  in  s  Simeone,  con 
intervento  di  tutte  le  autorità  e  popolo  immenso  per  la 
cessazione  del  cholera 

30  Novembre,  In  questo  mese  furono  celebrale  molle  messe 
coir  arca  aperta  in  ringraziamento  per  la  cessazione  del 
morbo. 

a,  1866,  11  Febbraio.  Viene  partecipala  al  clero  la  notizia 
essere  stalo  conchiuso  un  concordalo  tra  il  Papa  e  l'Im- 
peratore d'Austria. 

26  Marzo   Terza  festa  di  Pasqua.  Solenne  consacrazione  di 
mons.  Pietro  Maupas,  eletto   vescovo  di  Sebenico.  Pon- 
tificante r  arcivescovo    coli'  assistenza    di    due  dignitari 
capitolari. 
4  Maggio,  Solenne  pontificale  in  Duomo  con   Te  Deum  pel 

ristabilimento  della  pace  in  Europa. 
/  Agosto.   Giunse  a  Zara  S.  E.  Alessandro  barone  de  Bach, 
ministro    austriaco    dell'Interno.    Visitò    il    santuario    di 
s.  Simeone,  pel  quale  esternò  la    sua    ammirazione.  La 
domenica   seguente  ascollò   messa   davanti   la  santa  arca. 

26  detto.  Arrivo  a  Zara  di  S.  E.  barone  Hiibner,  ambascia- 
tore austriaco  presso  la  corte  di  Parigi,  reduce  da  Vienna, 
nel  suo  viaggio  da  Trieste  a  Mapoli.  Visitò  il  santuario 
di  s.  Simeone,  ed  esternò  la  sua  ammirazione  pel  bel- 
lissimo gruppo  dell'arca  sostentila  dagli  angeli. 
7  Settembre.  Domenica.  Solenne  consacrazione  in  Duomo 
dì  mons.  Calogerà  vescovo  di  Callaro.  Pontificante  Tar- 
civescovo  coir  assistenza  del  capitolo, 


—  478  — 

4  Ottobì^e,  Solenne  pontificale  in  Duomo  peli' onomastico  di 
S.  M.  r  Imperatore,  con  intervento  di  tutte  le  autorità. 

8  detto.  Solenne  pontificale  in  s.  Simeone. 

10  Decemhre.  Ore  2  p.  m.  Arrivo  a  Zara  di  S.  A.  il  Prin- 
cipe Carlo  di  Baviera,  fratello  di  S.  M.  la  nostra  Im- 
peratrice Elisabetta.  Visitò  il  santuario  di  s.  Simeone, 
accompagnato  dal  governatore  barone  de  Mamula. 

a.  1867^  5  Marzo,  Si  diede  principio  in  s.  Simeone  ad  un 
corso  di  prediche  quaresimali  in  lingua  italiana. 

9  detto.  Si  diede  principio  nella  chiesa  suddetta  ad  un  corso 

di  prediche  quaresimali  in  lingua  tedesca. 

16  detto.  Domenica  III  di  quaresima.  Si  cominciò  a  celebrare 
per  la  prima  volta  in  s.  Simeone  l'orazione  delle  qua- 
rantore  con  sermone  relativo.  L'oratore  don  Stefano 
Buzzolich. 

16  Maggio.  Festa  della  Traslazione  di  s.  Simeone.  S' inco- 
minciò a  benedire  per  la  prima  volta  le  rose,  che  si 
offrono  al  capitolo,  al  clero,  al  magistrato  e  all'  arci- 
vescovo, i  quali  intervengono  in  processione  alla  funzione. 

24  Luglio.  Un  lord  inglese  visitò  oggi  il  santuario  di  san 
Simeone,  e  dopo  di  aver  ammirato  il  venerando  monu- 
mento della  santa  arca  dichiarò  essere  questo,  dopo  quello 
dei  Re  Magi  della  cattedrale  di  Colonia,  il  primo  in 
Europa  per  ricchezza  e  magnificenza. 
8  Ottobre.  Festa  di  s.  Simeone.  Fu  per  la  prima  volta  can- 
tala la  vita  del  santo  in  lingua  slava  durante  la  prima 
messa  solenne.  Alle  ore  8  celebrò  mons.  Calogerà  ve- 
scovo di  Cattaro  ;  alle  ore  9  fece  altrettanto  mons. 
Maiipas  vescovo  di  Sebenico.  E  l'uno  e  l'altro  prelato 
fecero  atto  di  presenza,  vestili  di  abiti  pontificali  durante 
la  solenne  messa  che  fu  alle  11  ore  celebrata  dall'ar- 
civescovo assistito  dai  capitolari. 

24  Dicembre.  La  prima  messa  solenne  in  s.  Simeone  al  botto 
della  mezzanotte  dopo  il  canto  del  matutino.  Grande 
concorso  di  popolo.  Tutta  la  chiesa  illuminata.  Q^^sta 
funzione  della  mezzanotte,  che  sullo  scorcio  del  passato 
secolo  venne  smessa,  fu  oggi  ripristinata  con  decreto 
deir  ordinariato. 

a.  1858^  15  Gennaro.  Solennissìma,  secondo  il  consueto  fu 
la  festa  di  s.  Anastasia  in  Duomo. 

16  detto.  Sontuosi  funerali  in  s.  Simeone  pel  maresciallo 
austriaco    Radetzky,    morto  a  Monza  il  giorno    5  corr. 


—  479  — 

Grandioso  catafalco  in  mezzo  delia  chiesa,  ornalo  di 
armi,  di  trofei  e  di  emhlemi  militari.  L'  arcivescovo 
pontificò  coir  assistenza  del  capitolo  e  del  collegio,  pre- 
senti tulle  le  autorità  civili  e  militari  in  gran  parata. 
La  milizia  schierata  in  campo  fece  le  salve  di  onore 
durante  la  funzione. 
16  Marzo.  Elena  Dibri,  morendo  lascia  al  pievano  di  s.  Si- 
meone una  casa  al  civ.  N.r  163  colT  onere  di  76  messe 
annue. 

27  Agosto.  Il    maestro    generale  dell'  Ordine  dei  Predicatori 

P.  Alessandro  Vincenzo  Jandel,  con  altri  due  domeni- 
cani^ trovandosi  in  visita  dei  conventi  dell'Ordine,  visitò 
anche  il  nostro  santuario  di  s.  Simeone,  ne  venerò  la 
reliquia  ed  esternò  la  sua  ammirazione. 

28  Novembre  Domenica  I  d'Av.  I  religiosi  della  compagnia 

di  Gesù  Padre  Ayala  e  Padre  Basile  diedero  in  s.  Si- 
meone un  corso  d' esercizi  spirituali  con  grande  frutto. 
8  Decembre.  Chiusura  dei  detti  esercizi  con  benedizione 
papale,  indulgenza  plenaria,  ed  universale   commozione. 

26  detto.  Solenni  funerali  in  s.  Simeone  per  la  morte  di 
Ollavio  de  Pellegrini,  il  quale  lasciò  in  testamento  alla 
chiesa  stessa  la  sua  casa  sita  presso  la  colonna  di  san 
Simeone  coli' onere  di    12  messe  annue. 

a,  1869^  i  Marzo.  Nomina  sovrana  del  generale  co.  Mar- 
ziani in  luogotenente  interinale  del  governatore  civile  e 
militare  barone  Mamula,  assente  per  fisica  indisposizione. 

io  detto.  Arrivo  del  medesimo  a  Zara. 

30  Aprile.  Questa  sera  si  diede  principio  in  s.  Simeone  al 
mese  Mariano.  Il  P.  maestro  Giantommaso  de  Haro  da 
Siracusa,  domenicano,  tenne  eloquente  discorso  ogni 
sera  per  mezzora. 

SO  Maggio.  Preghiere  pubbliche  in  s.  Simeone  pel  nostro 
Imperatore,  che  parte  per  l'Italia  alla  lesta  dell'armata 
contro  il  Piemonte  e  l'Italia.  L'arcivescovo,  il  capitolo 
ed  il  clero  si  portarono  in  processione  alle  ore  5  e  mezza 
nella  collegiata,  e  dinanzi  Tarca  aperta  cantarono  T  iti- 
nerario, indi  le  litanie  dei  santi,  poscia  le  preci  dall'  ar- 
civescovo in  vestiti  pontificali.  Chiuse  dippoi  le  coltrine 
dell'  arca  ed  esposto  il  Ss.  Sacramento  fu  data  la  so- 
lenne benedizione,  indi  riaperte  le  coltrine  si  fece  alto 
di  venerazione  della  reliquia  da  tutti,  anche  dalle  pub- 
bliche autorità. 


—  480  — 

7  Luglio.  Ore  8  a.  m    sino  le  9.  Bombardamento  di  Zara 

per  parie  della  pirofres:^ala  francese  Impetuose  della  por- 
tala di  64  cannon-,  arrivala  quesla  mattina  da  Lussin- 
piccolo,  dove  è  stazionala  la  flotta  francese.  Domandala 
la  restituzione  del  bark  francese  Raoul  Nantes  predato 
dal  vapore  austriaco  Principe  Eugenio,  ed  esistente  nel 
nostro  porto  da  circa  un  mese,  ed  avendo  ricevuto  ri- 
sposta negativa,  la  fregata  ritiratasi  dietro  Pontamica 
cominciò  a  cannoneggiare  la  città  con  qualche  danno, 
indi  alle  ore  9  se  ne  partì.  Grandissima  confusione  recò 
il  fallo,  che  pose  in  grande  scompiglio  le  autorità  tulle 
e  la  popolazione,  nel  supposto  che  la  fl<4la  francese  avesse 
a  comparire.  Ma  alle  ore  6  p.  m.  venne  partecipata  da 
Verona  la  notizia  di  un  armistizio  conchiuso  tra  l'Im- 
peratore d'Austria  e  l'Imperatore  de' francesi  Napoleo- 
ne ni,  il  quale  era  accorso  colla  sua  armata  in  ajulo 
deir  Italia.  Dopo  di  ciò  rientrò  la  calma  nelle  autorità 
ed  in  tutti  gli  abitanti,  che  a  poco  a  poco  si  ridussero 
in  città,  donde  per  la  maggior  parte  avevano  evaso. 

5  Agosto.  Ritorno  a  Zara  del  barone  Mamula  luogotenente 

in  permesso. 

6  detto.  Giunse  a  Zara  S.  A.  I.  R.  l'arciduca  Leopoldo,  gene- 

rale del  genio.  Visitò  la  fortezza,  indi  parti  per  Trieste. 

8  Ottobre.  Solenne  pontificale  celebralo  dall'arcivescovo  in 

s.  Simeone.  Grande  concorso  di  forestieri  dalla  provincia. 

a.  1860,  4  Marzo.  Preghiere  pel  Sommo  Pontefice  Pio  IX, 
minaccialo  nel  suo  dominio  temporale  dal  Re  di  Pie- 
monte  e  dair  Imperatore  dei  francesi,  Napoleone  III. 

30  Aprile.  Solenne  apertura  del  mese  Mariano  in  s.  Simeone. 
Predicatore  il  P.  Giangiuseppe  Decostes  d.  C.  d.  G.  Fu 
esposta  la  statua  del  Rosario,  col  bel  cuore  d'  oro,  do- 
natole dai  devoti  Tanno  scorso. 

20  Maggio.  Domenica.  Solennità  della  Traslazione  di  s.  Si- 
meone. Presenza  dell'  arcivescovo,  clero  e  pubblico 
magistrato.  Il  panegirico  recitato  dal  professore  di  teo- 
logia Giorgio  Avoscani. 
8  Giugno,  Domenica.  Chiusura  del  mese  Mariano  in  san 
Simeone.  L' arcivescovo  lesse  alle  ore  8  la  messa  e  fece 
la  comunione  generale  dopo  la  quale  furono  distribuite 
alcune  imagini  di  Maria  Ss.  La  sera  discorso  con  TeDeum. 
e  distribuzione  dei  ricordi,  (uande  concorso  e  commo- 
zione generale. 


—  481  — 

9  Settembre,  Consacrazione  solenne  delle  nuove  cinque  cam- 
pane in  s.  Simeone,  celebrata  dall'arci  vescovo  Godeassi. 
A  spese  della  chiesa,  e  colle  elemosine  dei  fedeli  furono 
fuse  nella  fonderia  Colbacchini  di  Bassano.  I  cinque 
patrini,  scelli  fra  i  notabili  della  parochia,  furono  i  si- 
gnori Giovanni  Serniitz,  ed  Edoardo  Bergner  i.  r.  con- 
siglieri del  tribunale  provinciale,  Domenico  Vilezich  i.  r. 
consigliere  di  finanza,  Giuseppe  Ferrari-Cupilli,  consi- 
gliere di  contabilità  e  Pietro  Abelich,  consigliere  mu- 
nicipale. I  nomi  dati  alle  campane  sono:  s.  Simeone, 
Maria  Vergine  Immacolata,  s.  Stefano,  s.  Girolamo  e 
s.  Zoilo.  Ciascuno  dei  patrini  regalò  alla  chiesa  fior.  20. 

24  detto.  Solenne  benedizione  delle  nuove    cinque    campane 

del  Duomo,  celebrata  dall'arcivescovo.  I  loro  nomi  sono: 
s.  Anastasia,  s.  Donato,  s.  Grisogono,  s.  Simeone  e 
s.  Girolamo. 

28  Ottobre  Solenne  pontificale  in  Duomo  con  Te  Deum  per 
le  riforme  politiche  costituzionali,  accordate  a  tutto  l'im- 
pero da  S.  M.  r  Imperatore  con  diploma  20  ottobre  corr. 

a.  1861,  SO  Aprile.  Solenne  apertura  del  mese  mariano  in 
s.  Simeone,  predicatore  il  P.  Sagrini  d,  C.  d.  G.  da  Imola. 

16  Maggio.  Traslazione  di  s.  Simeone.  Il  panegirico    venne 
detto  dal  P.  Sagrini.  Il  testo  :  Et  Spiritus  Sanctus  erat 
in  eo. 
2  Giugno,  Chiusura  del  mese  mariano  con   Z(3  Dez^w  e  di- 
stribuzione d' imagini  e  ricordi. 

6  Agosto.  Processione  generale  a  s.  Simeone  per  ottenere 

la  grazia  della  pioggia. 

7  detto.  Cominciarono  i  tridui  nelle  chiese  per  la  pioggia. 

25  detto.  Ordinata  la  colletta  per  l'arcivescovo  che  si  trova 

infermo  a  Vienna. 
27  detto.  Messa  cantata  in  Duomo  per  T  arcivescovo. 
80  e  SI  detto.  Preci  in  s.  Simeone  coli'  arca  aperta  per  Io 
stesso. 
1  Settembre.  Item  la  sera  benedizione  e  preci  pel  medesimo. 
2.^  S  e  4  detto.  Preci  in  s.  Maria  per  Io  stesso. 
5  detto.  Arrivato  la  mattina  da  Vienna  l'arcivescovo  nostro 
gi*avemente  infermo,  e  trasportalo  con  poltrona  dai  nostri 
artieri  al  palazzo,  la  sera  alle  ore  7  e  mezza  placida- 
mente rese  l'anima  a  Dio.  La  sua  morte,  che  tosto  fu 
annunziata  colla  campana  maggiore  da    tutte  le  chiese, 
pose  in  lutto  tutta  la  città, 

31 


—  482  — 

7  detto.  Il  suo  corpo,  dopo  che  fu  imbalsamato,  venne  es- 

posto nella  sala  arcivescovile  pontificalmente  vestilo. 
Furono  celebrate  molte  messe  nella  cappella  contigua. 
9  detto.  Lunedì.  Solenni  funerali  in  Duomo  per  l'illustre 
defunto.  Cantalo  T  ufficio  dei  morti,  secondo  il  praticato, 
levala  alle  ore  10  la  bara,  si  fece  il  giro  di  tutta  la  città  ;  il 
vescovo  di  Sebenico  Mons.  Pietro  Maupas  invitato  dal  ca- 
pitolo celebrò  la  messa  e  fece  le  prescritte  assoluzioni. 
Splendidissimi  furono  i  funerali.  Il  feretro  portato  da  otto 
parochi,  e  circondato  da  guardie  militari  d'onore.  Il 
catafalco  sontuoso  nel  presbiterio  fu  illuminato  da  48 
doppieri  e  da  36  faci.  Tutta  la  città  a  lutto,  chiuse  le 
botteghe,  le  finestre  addobbate  a  bruno.  Alle  4  p.  m. 
fu  deposto  nella  tomba  degli  arcivescovi  sotlo  il  trono, 
al  suono  delle  campane. 

10  detto.  Ordinata  la  colletta  per  l'elezione  del  nuovo  ar- 
civescovo. 

li  detto.  Fu  eletto  in  vicario  generale  capitolare  il  canonico 
Tommaso  Martincich. 

8  Ottobre.  Pontificale  in    s.  Simeone,    celebrato    da    mons. 

Sebastiano  Francovich,  vescovo  di  Sion,  vicario  apo- 
stolico della  Bosnia,  invitato  dal  pievano.  Fu  assistito 
da  tre  canonici  e  da  due   mansionari. 

25  detto.  S.  M.  l'Imperatrice  Elisabetta,  consorte  del  nostro 
Imperatore  Francesco  Giuseppe  I,  reduce  dal  suo  sog- 
giorno di  Corfù  per  oggetto  di  salute,  oggidì  alle  ore 
12  arrivò  a  Zara  al  rimbonibo  del  cannone  ed  al  suono 
di  tulle  le  campane.  Col  seguilo  si  portò  alla  metropo- 
litana, e  di  là  dritto  a  s.  Simeone,  ove  inginocchiatasi 
dinanzi  la  santa  arca,  che  in  queif  istante  venne  aperta, 
fece  orazione.  Dalla  chiesa  si  diresse  in  carrozza  per 
le  mura  alla  marina,  e  montalo  il  vapore,  se  ne  partì 
per  Venezia. 

a.  1862^  7  Gennaro.  Tommasina  ved.  fiiocina  lasciò  in  morte 
la  sua  casa,  via  s.  Marcella  N  r  206,  alla  chiesa  di  san 
Simeone  per  la  spesa  delle  Quarantore. 

6  Febhraro.  Arrivo  in  Zara  di  S.  A.  l'arciduca  d'Austria 
Ranieri,  cugino  di  S.  M.  il  nostro  Imperatore,  presi- 
dente del  consiglio  dei  ministri,  lenente  maresciallo. 
Visitò  tosto  il  santuario  di  s.  Simeone  accompagnalo 
dal  governatore. 


—  483  — 

4  Aprile.  Grandi  funerali  in  s.  Simeone  pel  maresciallo  au* 

siriaco  principe  di  Vindischgràtz^  celebrali  dal  cappel- 
lano di  guarnigione.  Sonluoso  calafalco  con  Irofei  in 
mezzo  la  chiesa.  Inlervenlo  di  lutto  le  superiorità  mi- 
litari. La  truppa  schierata  in  campo  e  T  artiglieria  fecero 
le  solile  salve  d'  onore. 

SO  detto.  Solenne  apertura  del  mese  mariano.  Predicatore 
il  P.  Gio.  Zerboni  d.  C.  dì  G. 

16  Maggio.  Fu  celebrata  in  s.  Simeone  la  solila  festa  della 
Traslazione  del  santo  con  panegirico  dello  da  Gio.  Devich. 

20  detto.  Giunse  a  Zara  mons.    Pietro   Maupas,   vescovo  di 

Sebenico  nominato  da  S.  M.  ad  arcivescovo  nostro  in 
data  24  febbraio  p.  p.  Visitò  il  santuario  di  s.  Simeone 
ove  fu  ricevuto  dal  pievano  colle  dovute  onorificenze. 
Il  giorno  seguente  partì  alla  volta  di  Roma  per  assi- 
stere ad  una  radunanza  di  vescovi. 

21  detto.  Preconizzazione  del  medesimo,  seguita  oggi  a  Roma. 
16  Giugno.  Ricevette  a  Roma  il  pallio  arcivescovile. 

6  Luglio.  Arrivò  a  Zara  da  Roma  l'arcivescovo  di  Durazzo 
mons.  d'Ambrosio.  Celebrò  messa  all'arca  di  s.  Simeone, 
e  fece  atto  di  venerazione  dinanzi  la  sacra  reliquia. 
9  detto  Ritornò  oggi  da  Roma  1'  arcivescovo  nostro  mon- 
signor Pietro  Maupas.  Ricevuto  dal  capitolo  e  dal 
clero,  si  recò  alla  metropolitana,  donde,  dopo  breve 
orazione,  si  portò  a  s.  Simeone,  e  ricevuto  debitamente 
dal  pievano,  e  falla  preghiera  al  santo,  consegnò  allo 
stesso  un  breve  di  Pio  IX  con  cui  venne  concessa  in- 
dulgenza plenaria  perpetua  nelle  feste  di  s.  Simeone,  4 
febbraio  ed  8  otlobre.  Questo  giorno  islesso  partì  alla 
volta  di  Sebenico  per  congedarsi  dalla  primiera  sua 
diocesi. 
24  Agosto.  Domenica.  Solenne  ingresso  di  mons.  arcivescovo 
P.  Maupas.  Fu  praticalo  lo  slesso  cerimoniale,  che  si  è 
usalo  nell'ingresso  fallo  dal  suo  predecessore. 

5  Settembre.    Solenni    funerali    celebrali  in  s.  Simeone  dal 

cappellano  della  guarnigione  pel  defunto  maresciallo  au- 
striaco conte  Nugend,  con  maestoso  calafalco,  ornato 
di  militari  trofei.  La  truppa  d' infanteria  schierata  nel 
campo,  e  l'arliglleria  fecero  le  salve  d'onore  alle  as- 
soluzioni. 
a.  1863.,  30  Aprile.  Apertura  del  mese  mariano  in  s.  Si- 
meone. Predicatore  il  P.  Banchich  d.  C.  d.  G. 


—  484  — 

16  Maggio.  Fu  celebrata  con  solennità,  e  colla  benedizione 
delle  rose  la  traslazione  di  s.  Simeone.  II  panegirista 
professore  di  teologia  Gregorio  Raicevich. 

24  detto.  Istituzione    in    s.    Simeone    della    Pia    Opera  della 

propagazione  della  fede. 

31  detto.  Chiusura  solenne  del  mese  mariano  in  s.  Simeone. 
La  communione  generale  fu    falla    dall'  arcivescovo.  La 
sera   Te  Deum,,  distribuzione  d'immagini  e  ricordi. 
9  Luglio,  Processione  generale  a  s.  Simeone  per  la  pioggia. 

io  detto.  In  Duomo  fu  levata  l'immagine  delT Annunziata  e 
trasportata  all'  aitar  maggiore.  Preghiere  per  la  pioggia. 

a.  iH64^  30  aprile.  Solenne  apertura  del  mese  mariano. 
Predicatori  a  vicenda  P.  Anselmo  e  P.  Giustino  dei  MM.  00. 
addetti  al  convento  di  s.  Francesco. 
5  Giugno.  Solenne  chiusura  dello  stesso  con  comunione 
generale,  e  distribuzione  d'  immagini  di  Maria  Ss.  La 
sera  discorso,  benedizione  con  Te  Deum  e  distribuzione 
di  ricordi. 
8  Ottobre.  Solenne  pontificale  dell'arcivescovo  in  s.  Simeone. 
Il  vescovo  di  Sebenico  mons.  Zafl'ron  vi  assistette  in 
cappella  del  santo. 

13  detto.  La  solita  apertura  d'  arca  con  messa  solenne  pei 
ce.  rr.  pubblici  impiegati. 

a,  1866,^  16  Gennaio.  Venne  celebrata  colla  solita  pompa  e 
solenne  apparato  la  festività  di  s,  Anastasia.  Il  man- 
sionario della  collegiata  di  s.  Simeone  don  Girolamo 
Caranton  da  Zara  intesseva  l'elogio  della  santa   patrona. 

25  Marzo.  Oggi  ebbe    luogo  nella    Melr(»politana   la  solenne 

consacrazione  di  mons.  Angelo  Krnijevic  dei  mm.  oo. 
eletto  vescovo  di  Metellopoli,  e  vicario  apostolico  del- 
l'Ercegovina. 

13  Aprile,  liistaurata  la  cripta  del  Duomo,  oggi  fu  aperta  per  la 

prima  volta  alla  pubblica  divozione.  Ricorrendo  il  giovedì 
santo,  dopo  la  messa  pontificale,  la  processione  si  avviò 
per  la  navata  laterale  destra  indi  per  la  navata  principale, 
e  discese  nella  cripta,  ove  fu  deposto  il  Ss.  Sacramento 
nel  tabernacolo. 

14  detto.   Venerdì  s.  Altrettanto  si  fece  anch'  oggi,  riportando 

all'aitar  maggiore  la  santa  Ostia. 

15  Maggio.  Si  è  dato    principio  alla    demolizione  dei    locaP 

del  Seminario  Florio  e  di  alcune  casette  contigue,  e  ciò 
per  l'erezione  del  Seminario  Teologico  Provinciale. 


—  485  — 

18  Agosto,  Giorno    natalizio  di  S.  M.    Tlmperalore.  Oggi  si 

diede  principio  alla  fabbrica  del  Seminario  colla  solenne 
benedizione  della  prima  pietra. 
4  Novembre.  Arrivo  del  nuovo  governatore  civile  e  militare 
Barone  Francesco  Filippovich,  Tenente  Maresciallo.  Alle 
ore  10,  appena  posto  piede  a  terra,  s'inviò,  assieme  a 
tutte  le  autorità  civili  e  militari,  che  lo  ricevettero  alla 
riva,  alla  Metropolitana,  ove  assistette  al  solenne  Te 
Deum  cantato  dinanzi  al  Ss.  Sacramento  esposto,  ed 
alla  Benedizione.  Finita  la  funzione,  l'arcivescovo  rac- 
colto il  capitolo  ed  il  clero,  si  recò  al  palazzo,  ove 
prestò  il  debito  omaggio  al  nuovo  governatore. 

19  detto.  Apertura    del    Giubileo  di  30  giorni  concesso    dal 

Pontefice  Pio  IX.  Solenne  Pontificale  col  Veni  Creator, 
23  detto.  La  direzione  del  Seminario  diocesano  Zmajevich 
fu  affidata  ai  Padri  della  Compagnia  di  Gesù,  ed  in 
oggi  venne  aperto  l'istituto.  Anche  l'istruzione  gin- 
nasiale degli  alunni  venne  loro  affidata.  li  locale  conti- 
nua ad  essere  quello  delle  Scuole  Normali,  finché  sarà 
terminata  la  fabbrica  del  Seminario  Teologico. 

23  detto.    Solenne    apertura    della    Dieta    Dalmata.    Pontificò 

r  arcivescovo  in  Duomo  messa  solenne  col  Veni  Creator, 
Intervennero  tutl'  i  deputati  preceduti  dal  governatore, 
a  cui  furono  prestate  le  onorificenze  solite  a  farsi  nella 
nostra  Chiesa. 

24  detto.    Processione    a    s.    Grisogono,    ove    venne    cantata 

messa  solenne  da  un  capitolare  con  assistenza  pontifi- 
cale, e  con  intervento  del  Municipio  e  della  scolaresca. 

a.  1866^  16  Gennaio,  Solennità  di  s.  Anastasia.  11  panegirico 
fu  recitalo  dal  Direttore  del  Preparandio  di  Borgo  Erizzo 
don  Stefano  Buzzolich. 

24  Giugno,  Solenne  Pontificale  in  Duomo  con  esposizione  del 
Ss.  Sacramento  e  preghiere  pel  felice  successo  della  guerra 
contro  la  Prussia  e  l'Italia.  Intervennero  tutte  le  autorità. 

12  Agosto,  Domenica.  Solenne  consacrazione  del  vescovo  di 
Lesina  mons.  Giorgio  Dubocovich,  fatta  da  S.  E.  l'ar- 
civescovo nostro  Pietro  Maupas  coll'assistensa  dei  ve- 
scovi Giovanni  Zaffron  di  Sebenico,  e  di  Vincenzo  Cima 
Vicario  e  proposito  di  Macarsca. 
8  Novembre.  Benedizione  della  nuova  cappella  del  cimitero 
comunale,  fatta  dall'arcivescovo  con  assistenza  di  due 
canonici,  con  intervento  del  municipio  e  di  molto  popolo. 


—  486  — 

li  detto.  Rendimento  di  grazie  alla  B.  V.  della  Salute  per 
essere  cessato  ogni  pericolo  d' introduzione  del  Cholèra. 
Trasportata  l'imagine  in  Duomo  fu  celebrata  messa  pon- 
tificale alle  ore  10.  La  sera  solenne  processione  colla 
stessa  per  tutta  la  città. 

18  detto.    Rendimento    di  grazie    a    s.   Simeone    per    essere 

stata  la  nostra  città  preservata  dal  Cholèra. 

a.  1861^  i2  Giugno.  Partì  per  Trieste  l'arcivescovo  nostro 
per  recarsi  a  Roma^  onde  assistere  alla  Centenaria  fe- 
stività dei  Ss.  Apostoli  Pietro  e  Paolo.  Portò  seco  un 
indirizzo  del  capitolo,  clero  e  fedeli  al  Sommo  Pon- 
tefice ed  una  ofi'erta  al  medesimo  di  1200  franchi  in  oro. 

28  Luglio.  Con  Breve  pontificio  di  questa  data  la  nostra 
chiesa  metropolitana  venne  innalzata  da  Pio  IX  alla  dignità 
di    Basilica  di  secondo  ordine  cogli  annessivi   privilegi. 

26  detto.  Ritorno  dell'  arcivescovo  da   Roma  a  Zara. 

SO  detto.  Con  Breve  Pontificio  di  simil  data  venne  accordala 
dallo  stesso  Sommo  Pontefice  ai  Dignitari  e  Canonici 
della  Basilica  la  Cappamagna  violacea,  In  Mozzetla  vio- 
lacea, e  la  Croce  ottangolare,  Puso  del  rocchetto,  delle 
calze  paonacee,  e  colare  relativo.  Con  altro  Breve  della 
stessa  data  venne  accordato  ai  Vicari  Corali  l'uso  della 
Mozzetta  nera  e  d'una  decorazione  ovale  coli' imagine 
di  s.  Anastasia. 

i8  Agosto.  Condotto  a  termine  Tedifizio  del  Seminario  Teo- 
logico^ oggi,  giorno  natalizio  di  S.  M.  l'Imperatore,  fu 
solennemente  inaugurato  ed  aperto. 

19  Settembre.  Partenza  delT  arcivescovo  alla  volta  di  Vienna, 

invitato  ad  assistere  ad  una  conferenza  dell'episcopato 
austriaco  sopra  V  argomento  del  Concordato.  Ebbe  il 
vescovo  di  Sebenico  por  compagno  di  viaggio. 

i7  Ottobre.  Ritorno  dell'arcivescovo  assieme  al  vescovo  di 
Lesina  11  Podestà  e  il  Capitano  Distrettuale  lo  compli- 
mentarono sul  piroscafo. 
i  iSavembre.  I  Padri  Gesuiti  cogli  alunni  del  Seminario  dio- 
cesano fecero  passaggio  dai  locali  delle  Scuole  normali 
ai  locali  del  Seminario  Zmaievich  vicino  al  Duomo,  ove 
avevano  sede  gli  alunni  del  Seminario  Teologico  cen- 
trale,  i   quali  oggi  presero  alloggio  nel  nuovo  Seminario. 

a.  1868,  24  Febbraro.  Solenne  istallazione  dei  Padri  Cap- 
puccini nel  loro  antico  ospizio  e  nella  chiesa  della  B. 
V.  del  Castello. 


~  487  — 

22  Aprile.  Solenne  Te  Deum  in  duomo  per  la  nascila  a 
Pesi  di  una  principessa  austriaca. 

29  Giugno  Fu  oggi  in  Roma  pubblicata  la  bolla  di  Pio  IX 
con  cui  pel  giorno  8  dicembre  1869  vengono  invitali 
tulli  i  vescovi  della  Cristianità  ad  un  Concilio  Ecume- 
nico da  celebrarsi  nella  Basilica  Vaticana. 

SO  Luglio.  Rista urato  il  locale  presso  il  campanile  del  Duomo 
oggi  alle  ore  10  am.  si  fece  solenne  apertura  di  un 
Gabinetto  di  lettura  pel  clero.  Alla  presenza  dell'  arci- 
vescovo mons.  Maupas,  di  tuli'  i  soci  e  del  Preside 
della  Fabbriceria  Dr.  Natale  Filippi,  il  preside  della  di- 
rezione del  Gabinetto,  canonico  Carlofederico  Bianchi 
lesse  un  discorso  inaugurale,  a  cui  rispose  l'arcivescovo 
analogamente. 
8  Agosto.  L'arcivescovo,  il  capitolo  ed  il  clero  fecero  vi- 
sita di  congedo  al  Luogotenente  Baron  Filippovich,  sol- 
levato dall'incarico  di  governatore. 

19  detto.  Oggi  alle  ore    12,  giunto    col  piroscafo    ordinario 

da  Trieste  il  nuovo  governatore  e  comandante  militare 
della  Dalmazia  Giovanni  cav.  Vagner,  fu  ricevuto  alla 
marina  dal  Comune  e  da  tutte  le  autorità  civili  e  mi- 
litari, e  fu  accompagnalo  alla  Basilica  Metropolitana,  ove 
fu  accolto  all'ingresso  coi  dovuti  onori,  e  preso  posto 
nel  luogo  consueto,  assislette  al  solenne  inno  di  grazie, 
intonato  dall'arcivescovo  dinanzi  il  Ss.  esposto. 

20  detto.  Oggi  alle  ore  9  1'  arcivescovo  col  capitolo  e  clero 

si  recò  a  palazzo  a  prestar  T  omaggio  al  nuovo  go- 
vernatore. 

22  detto.  Pontificale  in  Duomo  per  l'apertura  della  Dieta 
provinciale  con  T  intervento  del  governatore  e  dei  deputali. 

a.  1869^  12  Marzo.  L'arcivescovo  nostro  partì  per  Fiume 
col  piroscafo  di  guerra^  a  capo  della  deputazione  pro- 
vinciale, destinala  a  complimentare  l'Imperatore  Fran- 
cesco Giuseppe;  e  li  17  ritornò  a  Zara  assieme  agli 
altri  deputati,  cioè  il  Luogotenente  Wagner,  il  Presidente 
della  giunta  cav.  Pelrovicb,  ed  il  Podestà  co.  Cosmo 
de  Begna  coi  due  assessori  municipali  Pietro  Battara, 
e  co.   Giovanni  Fanfogna. 

30  detto.  Oggi  venne  dalfi.  r.  Genio  Militare  riconsegnata 
al  consiglio  di  fabbrica  della  Metropolitana  la  chiesa  di 
s.  Donato,  ch'era  da  molti  anni  tenuta  in  affitto  dal 
medesimo  per  scopi  militari. 


—  488  — 

11  Aprile.  Il  capitolo  col  clero  alle  ore  10  a.  m.  si  recò  al 
palazzo  arcivescovile  per  prestare  il  debito  omaggio 
nella  persona  dell' arcivescovo  al  Sommo  Pontefice  Pio 
IX,  che  in  questo  dì  compie  il  suo  Giubileo  Sacerdotale; 
dopo  di  che  vi  fu  solenne  pontificale  in  Duomo  colCinno 
di  grazie,  e  benedizione  del  Ss.mo  la  sera  con  splendida 
luminaria  interna  ed  esterna.  Tutte  le  campane  della 
città  suonarono  a  festa  dalle  ore  8  alle  10  am.  nel  cui 
frattempo  il  Papa  celebrava  a  Roma  la  sua  seconda 
messa  novella.  Alle  ore  8  pm.  grande  accademia  nella 
sala  del  seminario  Provinciale,  ove  furono  declamale 
parecchie  composizioni  poetiche  latine,  italiane,  slave, 
tedesche,  inglesi  e  francesi  in  onor  di  Pio. 
4  Maggio,  Giunse  in  Zara  col  proprio  piroscafo  s.  Altezza 
il  principe  Napoleone  del  fu  Girolamo,  ed  il  giorno  se- 
guente visitò  la  Basilica  metropolitana,  chiedendo  conto 
della  sua  fondazione  e  dei  varii  oggetti  d'arte,  che 
r  adornano. 
/  Novembre.  Apertura  in  Duomo  del  giubileo  universale 
in  preparazione  del  concilio  Ecumenico  Vaticano. 

16  detto.  Arrivo  del  vescovo  di  Sebenico  Giovanni  Zaffron^ 
e  di  quello  dell' Ercegovina  mons.  Kraljevich  diretti  a 
Roma  pel  concilio. 

i9  detto.  Arrivo  di  mons.  Pooten.^  arcivescovo  d'Antìvari, 
di  mons.  Raffaele  i"  Ambrosio  di  Durazzo,  mons.  Dod- 
massei  di  Alessio,  mons.  Calogerà  di  Spalato,  e  mons. 
Dubocovich  di  Lesina,  e  dopo  breve  fermata  prose- 
guirono oggi  per   Trieste    diretti  a  Roma  pel  Concilio. 

24  detto.  L'arcivescovo  discese  nella  Basilica  alle  ore  7 
a.  m.  e  recitato  dal  capitolo  e  clero  T  itinerario  prescritto, 
diede  la  benedizione  al  popolo,  indi  fatta  orazione  alla 
B.  V.  a  s.  Anastasia  e  al  Ss.mo,  accompagnalo  dalla 
Comune,  dal  capitolo,  dal  clero,  preceduti  dalle  bandiere 
dei  vicini  villaggi,  al  suono  festivo  delle  campane  s'avviò 
alla  chiesa  di  s.  Grisogono,  e  fatta  orazione  al  Ss.mo 
ed  al  Santo,  si  diresse  alla  marina,  donde  alle  ore  8 
partì  per  Trieste  diretto  a  Roma  pel  concilio,  accom- 
pagnalo dal  professore  dì  teologia  don  Casimiro  Forlani. 

^6   Novembre.    Arrivarono  i    mons. ri    Vincenzo    Zubranich, 

*^  vescovo  di  Ragusa,  e  Giorgio  Markich  vescovo  di  Cat- 
taro,  e  proseguirono  per  Trieste  alla  volta  di  Roma 
pel  concilio. 


—  489  — 

8  Dicembre.  Solenne  apertura  del  concilio  Ecumenico  Va- 
licano sotto  la  presidenza  del  glorioso  pontefice  Pio  IX 
ed  alla  presenza  di  900  Padri,  convenuti  da  tutte  le 
parli  del  mondo,  ^^ella  nostra  Basilica  dopo  la  messa 
solenne  fu  cantato  il  Veni  Creator  dinanzi  all'imagine 
della  B.  V.  Immacolata,  collocata  sul  maggior  altare. 
Questa  sera  si  cominciò  una  novena  apposita  pel  pro- 
spero successo  del  concilio  con  discorso  e  litanie. 

a.  1870^  16  Gennaro.  Fu  celebrala  colla  solita  pompa  la 
festività  di  s.  Anastasia.  Il  cattechisla  dell'  i.  r  gin- 
nasio don  Giacomo  Boglich  intesseva  le  lodi  della  santa 
titolare  e  patrona. 
5  Giugno.  Uscì  in  luce  a  Zara  un  giornale  ecclesiastico  col 
titolo  =  La  Dalmazia  Cattolica—  La  redazione  fu  ap- 
poggiata ad  un  comitato  di  persone  ecclesiastiche.  La 
cauzione  di  metodo  venne  prestata  nell' importo  di  fio- 
rini mille  dall'arcivescovo  e  dai  vescovi  comprovinciali. 

i9  Luglio.  Giunse  da  Roma  un  telegramma  dell'  arcivescovo, 
con  cui  annunzia  la  proclamazione  del  dogma  dell'  in- 
fallibilità del  Pontefice,  avvenuta  jeri  nel  Concilio  Vaticano. 

27  detto.  Ritorno    dell'arcivescovo,  e  dei  vescovi    Calogerà 

e  Dubocovich  da  Roma.  Splendide  feste  per  la  città. 
Solenne  Te  Deum.  La  sera  concerto  musicale  nella  piazza 
dell'erbe,  luminaria  e  fuochi  d'artificio. 

Alle  ore  2  p.  m.  giunse  con  piroscafo  da  guerra  S  E. 
barone  Rodich,  destinalo  a  governatore  civile  e  militare 
della  Dalmazia,  e  fu  accompagnato  al  palazzo  da  tutte 
le  autorità  civili  e  militari.  Dopo  di  che  egli  si  recò 
a  far  atto  di  visita  a  S.  E.  T  Arcivescovo. 

28  detto.  Tutto  il  clero  preceduto  dall'Arcivescovo  alle  ore  9  si 

recò  al  palazzo  governiaie  per  far  omaggio  al  governatore. 

SO  Settembre.  Oggi  s' incominciò  in  tutta  la  diocesi  a  fare 
speciali  preghiere  pel  Sommo  Pontefice  Pio  IX,  tenuto 
quasi  prigioniero  nel  Vaticano  dal  governo  italiano. 

28  Novembre.  Messa  pontificale  di  Requiem  in  Duomo  in 
sufiPragio  del  vescovo  di  Ragusa  mons.  Zubranich,  morto 
a  Trieste  il  dì   15  del  corr.  dopo  lunga  malattia. 

a.  1871.,  77,  18  e  19  Marzo.  Solenne  triduo  in  Duomo  in 
onor  di  s.  Giuseppe,  dichiarato  Patrono  della  Chiesa 
universale  da  Pio  IX  con  suo  decreto  degli  8  dicembre 
1870.  Solenne  pontificale  il  giorno  19  con  analogo  di* 
scorso  e  indulgenza  con  benedizione  papale. 


—  490  — 

a.  187 ly  16  Giugno.  Oggi  T  immortale  Pontefice  Pio  IX  com- 
pie il  vigesimo  quinto  anno  di  suo  Pontificato.  Feste 
grandiose,  e  sontuose  funzioni  in  tulle  le  chiese  della 
città  e  della  diocesi.  I  giorni  14^  15  e  16  in  s.  Gri- 
sogono,  il  16  in  s.  Michele,  il  17  in  s.  Simeone^  e 
finalmente  il  18  nella  metropolitana  furono  solennizzati 
con  istraordinaria  pompa  e  apparato,  musica  e  luminaria. 
Tutti  i  reliquari  del  santuario  delia  Basilica  furono  oggi 
esposti  sopra  gradinate  suU'  aitar  maggiore.  Solenne  pon- 
tificale, musica  istrumentale,  discorso,  indulgenza  ple- 
naria colla  henedizione  papale,  acclamazioni  al  Pontefice. 
La  sera  benedizione  solenne  del  Ss.mo  con  Te  Deum^ 
indi   musica  luminaria  e  fuochi  artificiali. 

19^  20  e  21  detto»  Trìduo  in  s.  Maria  per  lo  stesso  oggetto. 

22,  23  e  24  detto.  Triduo  alla  B.  V.  del  Castello  per  lo 
slesso  oggetto.  L'arcivescovo  spedì  in  questi  ultimi  giorni 
un  telegramma  al  Pontefice  deponendo  ai  suoi  piedi  i 
voti  suoi  e  quei  del  capitolo,  del  clero  e  di  tutta  la 
città,  eti  il  s.  Padre  a  mezzo  del  cardinale  Anlonelli 
suo  segretario  corrispose  con  afìettuoso  ringraziamento 
per  telegramma. 

14  Settembre.  Apertura  della  dieta  provinciale  con  messa 
pontificata  da  S.  E.  l'arcivescovo. 

24  Ottoh^e.  V  arcivescovo  ricevette  dal  Sommo  Pontefice 
molti  arredi  sacri,  cioè  apparati,  calici  d'argento,  pissidi 
e  biancherie  per  uso  delle  chiese  povere,  i  quali  oggelli 
furono  anche  distribuiti. 

a.  i872,  16  Gennaro.  Fu  oggi  festeggiala  con  gran  pompa 
la  solennità  della  martire  nostra  patrona  s.  Anastasia. 
Panegirista  il  professore  ginnasiale  don  Agostino  Gru- 
bissich.  Musica  dei  primi  autori.  Gran  calca  di  popolo. 
Ammirazione  universale  per  l'estetica  dell'addobbamento, 
per  la  sfarzosa  luminaria,  e  per  la  ricchezza  degli  ap- 
parali, arredi  sacri  ed  utensili. 

22  Marzo.  Venerdì.  Mentre  il  predicatore  quaresimale  tes- 
seva la  passione  di  Maria  Ss.  in  Duomo,  si  fece  sen- 
tire una  forte  scossa  di  terremoto,  che  incusse  spavento 
a  lutto  l'uditorio  e  a  tutta   la  città. 

28  Aprile.  Partenza  da  Zara  per  Vienna  di  S.  E.  il  nostro 
arcivescovo,  invitatovi  dall'  arcivescovo  cardinale  Rau- 
scher,  onde  prendere  parte  ad  una  conferenza  di  ve- 
scovi per  affari  ecclesiastici. 


—  491  — 

26  detto.  Arrivo  a  Zara  e  partenza  per  Vienna  dei  vescovi 
ZafFron  e  Dubocovich  per  Io  slesso  scopo. 

29  detto.  Mons.  Markich,  vescovo  di  Callaro  oggi  parli  allo 
stesso  scopo. 

16  Maggio.  I  suddetti  fecero  ritorno  a  Zara. 

8  e  9  Ottobre.  Zara  è  visitala  dall'arciduca  d'Austria  Alberto. 

La  Basilica,  s.  Donato,  le  chiese  della  B.  V.  del  Ca- 
stello, di  s.  Maria  e  di  s.  Simeone  furono  l' oggetto  di 
sua  ammirazione. 

16  detto.  Zara  è  visitata  dal  duca  di  Modena  Francesco  V, 
arciduca  d'  Austria  con  seguito.  Attirò  la  sua  attenzione 
la  Basilica,  indi  s.  Donato,  poscia  s.  Simeone  ecc. 
6  Novembre.  Solenne  apertura  della    dieta  provinciale  con 
messa  pontificale  e    Veni  Creator. 

a,  1818^  12  Gennaro.  Lutto  generale  per  la  morte  del  dottor 
Natale  Filippi,  benemerito  presidente  della  fabbriceria 
della  Basilica  Metropolitana,  Preside  della  Camera  degli 
avvocali,  membro  della  Dieta  Provinciale  ecc.  ecc. 

14  detto.  Solenni  funerali  in  Duomo  peli' illustre  defunto. 

22  detto.  Solenne  benedizione  della  seconda  grande  campana 
della  Basilica,  rifusa  a  Bassano  nella  fonderia  di  Pietro 
Colbacchini. 

i7  Febbraro.  Funerali  in  Duomo  pelia  defunta  Imperatrice 
Carolina  Augusta,  vedova  dell'  Imperatore  Francesco  I. 
Grande  catafalco  eretto  nel  mezzo,  e  solenne  Pontificale. 

12  Marzo.  Alle  ore  9  p,  m.  Lunga  e  forte  scossa  di  ler- 
remuoto. 
2  Dicembre.  Venne  solennizzato  nella  Basilica  il  Giubileo 
di  S.  M.  r  Imperatore  Francesco  Giuseppe  I,  il  quale 
compie  in  questo  giorno  il  XXV  anno  del  suo  impero. 
Pontificale  con  Te  De/nn.  Dopo  di  che  tulle  le  autorità 
prestarono  il  debito  omaggio  al  governatore  bar.  Rodich. 

a.  1874^  16  Gennaro.  Fu  oggi  solennizzata  colla  solita 
pompa  ed  apparato  la  festa  di  s.  Anastasia  II  canonico 
capitolare  Gregorio  Raicevich  tesseva  le  lodi  della  mar- 
lire  patrona.  La  musica  della  grandiosa  messa  del  maestro 

Felice  Rossi. 

9  Marzo.  L'arcivescovo  parli  per  Fiume  diretto  alla  volta 

di  Vienna,  invitato  alla  conferenza  dei  vescovi  austriaci 
intorno  alle  nuove  leggi  confessionali. 
29  detto.  Ritorno    dell'  arcivescovo  a  Zara,    assieme  al  ve- 
scovo di  Ragusa  mons.  Zafi'ron. 


—  492  — 

13  Aprile,  Solenne  messa  di  Requiem  pontificata  dall' arci- 
vescovo in  suffragio  del  vescovo  di  Lesina  Giorgio 
Dubocovich,   morto  li  21    marzo  p.  p. 

7  Maggio.   Solenni  funerali   per  la   morie  delT  insigne  Ielle- 

rato  e  patriota  Nicolò  Tommaseo,  morto  a  Firenze  il 
dì  1  maggio  corr. 
i7  detto.  Morì  in  Arbe  il  sacerdote  diocesano  di  Zara 
Giovanni  Gurato,  una  volta  cancelliere  di  questa  curia 
arcivescovile.  Lasciò  la  sua  preziosa  biblioteca  al  ca- 
pitolo metropolitano,  che  in  pegno  di  gratitudine  stabilì 
un'  anniversario    perpetuo    in    Duomo    per  l' anima  sua. 

8  Giugno.  Partenza  di  S.  E.  il  nostro  arcivescovo  per  Roma 

ad  limina.  Fu  accompagnato    da    tutto  il  clero  sino   al 
vapore  alle  ore  8  a.   m. 

25  Luglio.  Ritorno  dell'  arcivescovo  da  Roma. 
7  Settembre.  Da  parte  dell' L  r.  commissione  centrale  per  la 
conservazione  dei  monumenti  antichi  arrivò  qui  in  Zara 
spedito  da  Vienna  l'ingegnere  architetto  D.r  Hauser,  il 
quale  tosto  si  è  recato  in  Duomo  e  coli'  assistenza  dello 
scrivente  e  di  due  membri  della  fabbriceria  ha  esami- 
nato la  Basilica  e  s.  Donato  in  tutte  le  sue  parti.  Si 
espresse  ripetutamente  essere  di  grande  importanza  la 
loro  conservazione,  ed  essere  in  ispecie  molto  interes- 
sante il  tempio  di  s.  Donato  per  la  sua  particolare  strut- 
tura ed  antichità.  Promise  di  far  tutto  il  possibile  per- 
chè la  commissione  si  adoperi  efficacemente  pei  pro- 
gettati ristauri  della  Basilica,  ed  in  quanto  a  s.  Donato 
rassegnerà  le  sue  vedute  alla  commissione. 

16  Dicembre.  Il  P.  Roberto  Menini,  cappuccino,  diede  oggi 
principio  in  Duomo  ad  una  solenne  missione,  la  quale 
arrecò  gran  frutto  spirituale,  e  terminò  col  giorno  27. 
Ebbe  per  socii  delle  sue  fatiche  il  cappuccino  P.  Raimondo, 
e  mons.  Bartolini  canonico  onorario  della  cattedrale  di 
Trento. 

a.  i87ò^  15  Gennaro.  La  festa  di  s.  Anastasia  fu  celebrata 
con  la  solita  pompa.  II  P.  Lombardini  della  compagnia 
di  Gesù  ha  tessuto  1'  elogio  della  santa  patrona.  Nella 
seconda  parte  con  grande  maestria  e  con  rara  destrezza 
illustrò  le  principali  memorie  della  nostra  patria,  e  la 
soda  divozione  dei  nostri  padri  verso  la  nostra  eroina. 

10  Aprile,  Questo  giorno  di  sabbaio  l' Imperatore  Francesco 
Giuseppe  I  giunse  a  Zara.  Alle  ore  Ila.  m.  un  colpo 


—  493  — 

di  cannone  annunziò  il  prossimo  arrivo  di  S.  M.  l'Im- 
peratore nostro,    che    venendo  da  Fola    incominciava  il 
divisato  suo  viaggio  in  Dalmazia.  Già  tutte   le  autorità 
e  le  corporazioni    avevano    preso    posto    nella   Basilica 
Metropolitana,  sfarzosamente  addobbala  e  splendidamente 
illuminati!  ;  già  l'arcivescovo  in  abili  pontificali   alla  testa 
del  capitolo  appressavasi  alla  porta  principale  del  tempio, 
ed  il  popolo  stipato  occupava  le  navate  e.  le    gallerie; 
già  una  spalliera  militare  erasi  schierata    lungo  la   riva 
nuova,  la   piazza  e  la  via    dei    seminari    sino  dentro  il 
tempio,  donde  continuava  sino  al  palazzo  della  residenza 
imperiale.  Quando  Sua  Maestà  pose  piede  a  lerra^  tuo- 
narono le  artiglierie  della  cittadella,  e  delf  i.  r.  squadra, 
ancorata   lungo   il  canale,  e  tulle  le  campane  nonché  la 
banda  cittadina  suonarono  a  festa.  Presentategli  dal  go- 
vernatore, indi  dal  podestà  le  debite    felicitazioni,    Sua 
Maestà  si  avviò  preceduto  dal  podestà,  fra  le  acclama- 
zioni del    popolo,    verso    la    Basilica,    ed    arrivato    alla 
soglia,  l'arcivescovo  gii  porse    V  acqua    benedetta,  indi 
gli  rivolse  analogo  discorso,  a  cui  col  cuore  commosso 
rispose  leggendo.   Dopo  di  che^   preceduto    dal   capitolo 
e  dall'arcivescovo  assistito  da  quattro  canonici  in  abiti 
sacri  entrò  nel   tempio  al  suono  festivo    dell'  organo,  e 
si  assise  sul    trono    imperiale,    innalzato    sulla    cattedra 
arcivescovile  addobbata    con    baldacchino    di    voluto  di 
seta,  trinato  d'  oro,  sormontalo  da   due  gran  ciuffi,  for- 
mati ciascuno  da  cinque    piume    bianche,   distintivo  del 
trono  imperiale.  Il  seguito  prese  posto  in  presbiterio  sul 
piano  a  Iato  del  vangelo  in  panche  adornale  di  tappeti 
di  lana  di  color  rosso  oscuro,  mentre  il    capitolo,    ve- 
stito di  cappamagna  si  collocava  dalla    parte    dell'  epi- 
stola, e  r  arcivescovo  cogli  assistenti  fermavasi  dinanzi 
l'aliare.  Poscia  due  sacerdoti,  vestili  di  lonicella  appo- 
statisi sul  pianerottolo  dinanzi  la  gradinala  del  presbi- 
terio cantarono    le    seguenti    acclamazioni    al   Sovrano: 

Exaudi  Christe^  Christe, 

Augustissimo  Domino^  Domino^  FRANCISCO  JOSEPHOy 

Austriae  Imperatori,  Dalmatiae  Regi^    ac   Jaderae 

Serenissimo  Duci,  salus,  honor,  vita^  et  Victoria. 

Exaudi  Christe^  Christe. 


—  494  — 

Indi  esposto  il  venerabile,  l'arcivescovo  inluonò  il  Te 
Deum^  che  fu  proseguilo  dai  musici  della  cappella  istru- 
mentale  ;  recitale  dippoi  le  preci  e  1'  orazione  relativa^ 
assieme  a  quelle  del  pontificale  ad  recipiendum  Impe- 
ratorem^  impartì  la  benedizione  col  Ss.mo.  Finito  ciò 
Sua  Maestà  preceduto  egualmente  dal  clero,  dal  capitolo 
e  dall'  arcivescovo  mosse  dal  tempio,  congedandosi  dal- 
l' arcivescovo.  Le  autorità  presero  la  via  di  s.  Donato 
per  recarsi  al  palazzo,  mentre  Sua  Maestà  col  seguito 
si  condusse  per  la  via  larga  fra  gli  evviva  del  popolo 
alla  imperiale  residenza. 

Poco  dopo  l'arcivescovo  col  capitolo  e  coi  clero  in 
tenuta  di  galla  si  portò  al  palazzo  residenziale  per  pre- 
stare a  Sua  Maestà  il  dovuto  omaggio. 

A  ricordare  ai  posteri  questo  alto  religioso  dell'ama- 
tissimo nostro  Sovrano,  con  cui  egli  apriva  la  sua  vi- 
sita della  Dalmazia,  una  lapide  marmorea  con  relativa 
iscrizione  fu  innalzata  nella  cappella  della  B.  V.  Im- 
macolata. 

ii  detto.  Domenica  alle  ore  7  a.  m.  Sua  Maestà  assisteva 
nella  collegiata  di  s.  Simeone  ad  una  messa  piana,  ce- 
lebrata da  S.  E.  r  arcivescovo,  dopo  la  quale  fece  allo 
di  venerazione  alla  sacra  reliquia.  La  divozione  del 
Sovrano  edificò  altamente  i  fedeli  che  affollavano  il 
tempio. 

12  detto.  Oggetto  della  visita  imperiale  fu  il  Tempio  di 
s.  Donato.  S.  M.  ammirò  questa  imponente  e  veneranda 
reliquia  della  prim'  arte  cristiana,  ed  arrivato  sotto  la 
cupola  esclamò:  s.  Sofia^  volendo  accennare  alla  somi- 
glianza di  questo  tempio    con    quello  di  Costantinopoli. 

i4  detto.  Giorno  destinato  alla  partenza  di  S.  M.  polla  provincia, 
di  buon  mattino  tulle  le  autorità  e  corporazioni,  1'  arcive- 
scovo, il  capitolo  ed  ii  clero  in  tenuta  di  galla,  si  rac- 
colsero alla  riva  nuova,  ove  giunto  l'Imperatore  accom- 
pagnato dal  governatore,  si  accomiatò  prima  dall'arci- 
vescovo rivolgendogli  benigne  parole,  indi  da  tutti  gli 
altri  capi,  poscia  al  suono  della  banda  cittadina  al  tuonar 
dei  cannoni  fra  gli  evviva  del  popolo  si  partì  alla  volta 
di  Sebenico,  lasciando  di  sé  imperitura  memoria 

In  ricordanza  del  solenne  suo  ingresso  in  questa  città 
Sua  Maestà  largì  la  sommn  di  fiorini  mille  da  distribuirsi 
ai  pii  istituti,  e  piìi  tardi  mandò  in   dono    alla  Basilica 


—  495  — 

Metropolitana  un  magnifico  ostensorio,  sul  cui  piedestallo 
la  fabbriceria  fece  incidervi  analoga  iscrizione  latina, 
che  fu  anche  riportata  nel  I  volume  di  quesl'  opera  a 
pag.  254. 

a,  1876^  16  Giugno.  Anniversario  trigesimoprimo  del  glo- 
rioso pontificato  di  Pio  IX.  L'arcivescovo  spedi  al  Pon- 
tefice un  telegramma  di  felicitazioni  in  nome  proprio, 
del  capitolo  e  del  clero  di  tutta  la  diocesi. 

a.  1877^  3  Giugno.  Il  cìnquanlesimo  anniversario  della  con- 
sacrazione episcopale  di  Pio  IX.  Tutte  le  chiese  e  buona 
parte  delle  abitazioni  ornate  con  bandiere,  arazzi,  ritratti, 
ed  iscrizione.  Alle  ore  1 1  messa  solenne  cantata  dal 
preposito,  trovandosi  T  arcivescovo  a  Roma.  Musica 
istrumentale.  Acclamazioni.  Intervento  della  Comune  e 
dei  decorati  pontificii,  nonché  della  Società  cattolica. 
Dopo  la  funzione  vi  fu  dato  pranzo  a  cento  poveri  nel 
cortile  deir  arcivescovato.  Elemosine  ai  poveri.  La  sera 
solenne  benedizione  del  Ss.mo  nella  Basilica  con  Te 
Deuìn,  musica  istrumentale  e  splendida  luminaria.  Illu- 
minazione deiresterno  di  tutte  le  chiese,  conventi,  se- 
minarli ed  anche  molle  case  dei  privati,  non  escluso  il 
palazzo  comunale  e  la  loggia.  La  banda  cittadina  di  buon 
mattino,  e  di  sera  percorse  tutta  la  città. 

10  Luglio.  Lavori  in  s.  Donalo.  L'i.  r.  commissione  centrale 
di  Vienna  pel  rintracciamento  e  conservazione  dei  mo- 
numenti artistici  antichi  assunse  a  se  la  conservazione 
del  tempio  di  s.  Donalo.  Ed  anzitutto  ordinò  la  demo- 
lizione dei  tre  primi  piani,  costrutti  dal  genio  militare 
durante  il  tempo  della  sua  occupazione,  cioè  dal  1798 
in  poi.  Quinci  assegnò  l' imporlo  di  fior.  200  pegli  scavi 
del  pavimento,  che  dicevasi  sovraposto  alT  antico,  ri- 
servandosi di  disporre  quanto  occorrer  potesse  in  av- 
venire onde  ritornare  l'edifizio  nel  suo  stato  primiero. 
Oggi  si  diede  principio  alla  demolizione  delle  tre  im- 
palcature e  delle  scale,  che  conducevano  ai  piani  su- 
periori, i  quali  servivano  a  deposito  di  proviande,  e 
mobiglio  militare.  Dopo  di  che  si  principiarono  gli  escavi 
del  pavimento.  Levato  il  selciato  superiore,  ch'era  for- 
mato di  quadrelli  di  marmo,  a  tre  piedi  di  profondità 
si  giunse  a  scoprire  un  lastricato  di  pietre  regolari  di 
grandi  dimensioni,  poste  in  direzione  da  tramontana  ad 
ostro,  le  quali  vanno  a  congiungersi  ad  altre  simili  trovate 


—  496  — 

nei  contermini  edifizii.  Procedendo  nelle  investigazioni 
si  venne  a  rilevare  che  non  solo  i  pilastri  e  le  colonne 
ma  benanco  il  muro  del  tempio,  in  tutto  il  suo  giro, 
in  specie  dal  lato  di  libeccio^  poggiano  sopra  grandiosi 
frammenti  architettonici  dell'  arte  classica,  appartenenti 
ai  tempi  ed  agli  edifizì  romani,  che  decoravano  una  volta 
la  città.  Basamenti  e  cippi,  fusti  di  colonne  scandiate, 
simili  a  quelle  della  colonna  di  s.  Simeone,  architravi, 
fregi,  are  e  cornici  di  varie  dimensioni,  e  di  bellissimo 
lavoro  della  miglior  epoca  romana,  spezzati,  capovolti 
giacenti  senz'ordine  alcuno,  formano  le  fondamenta  del 
fabbricato  sul  piano  originario  dell'antico  foro  di  Zara, 
e  sui  gradini,  per  cui  da  questo  ascendevasi  ai  templi 
preaccennati.  Oltre  alle  due  lapidi  votive,  da  me  spie- 
gate nelle  mie  Memorie  di  Zara  ne  venne  allora  in 
luce  una  terza,  ma  più  piccola  e  collocata  sotto  il  se- 
condo pilastro  a  destra  di  chi  entra,  della  quale  darò 
in  seguito  la  spiegazione. 

Fin  d'allora  ogni  forastiero  fa  ricerca  del  tempio  dì 
s.  Donato  ed  ammira  la  grandiosità  del  concetto,  ed  i 
preziosi  avanzi  degli  edilìzi  romani.  L'architetto  pari- 
gino Carlo  Erard^  intelligentissimo  in  fatto  di  opere  an- 
tiche, vi  fece  sopra  questo  monumento  uno  studio  lungo 
e  diligente,  e  ne  ritrasse  in  disegno  l'intero  e  le  sin- 
gole sue  parti,  alcune  delle  quali  le  combinò  assieme 
perfettamente  per  formare  due  are  votive  magnifiche, 
alle  quali  non  mancherebbero  che  le  sole  statue  relative. 
4  Settembre.  Proveniente  da  Coriii^  e  dopo  di  aver  toccato 
i  punti  principali  della  Dalmazia^  giunse  oggi  a  Zara 
alle  ore  8  a.  m.  col  piroscafo  Miramar^  S.  A.  il  prin- 
cipe ereditario  d'Austria  l'arciduca  Rodolfo,  preceduto 
dal  nostro  governatore  baron  Rodich  col  piroscafo  HofFer. 
Sbarcossi  alla  riva  nuova  fra  i  colpi  de'  mortaretti,  fra 
il  suono  de'  sacri  bronzi,  e  della  banda  cittadina,  e  fra 
i  clamorosi  evviva  di  numeroso  popolo.  Lo  accolsero 
tutte  le  autorità  ecclesiastiche^  civili  e  militari.,  ad  al- 
cune delle  quali  rivolse  la  parola  cortesemente.  Recossi 
col  seguito  al  Duomo,  al  Battistero,  a  s.  Donato,  indi 
a  s.  Maria  e  a  s.  Simeone,  ove  visitò  T  arca  aperta  del 
santo.  Si  recò  poscia  al  palazzo  governiale,  donde  dopo 
due  ore  partì  alla  volta  di  Fiume  per  adempiere  ad  una 
missione  ufficiale. 


—  497  — 

10  detto.  Diedesi  mano  ai  ristauri  della  Basilica  Melropolilana, 
pei  quali  furono  assegnali  dallo  Sialo  6000  fior.  L'im- 
presa fu  assunta  da  Luigi  Pasquotli,  il  quale  dovrà  stare 
sotto  la  direzione  d'  un  i.  r.  ingegnere,  e  di  un  comitato 
elelto  nel  seno  della  fabbriceria. 

a,  1878,  li  Gennaro.  Nella  sala  arcivescovile,  presenti  il 
preside  della  fabbriceria  co.  Cosimo  de  Degna,  l'arci- 
diacono Bianchi,  il  canonico  Vlalcovich^  il  ceremoniere 
Bianchi,  il  cancelliere  arcivescovile  Nachictì,  e  1' attuario 
Ragazzini,  l' arcivescovo  fece  il  solenne  trasferimento 
della  reliquia  di  s.  Tito,  apostolo  della  Dalmazia,  dal 
suo  reliquiario  di  legno  dorato,  in  un  busto  tutto  d'ar- 
gento, donato  dal  suddetto  arcidiacono.  Del  che  venne 
eretto  pubblico  islrumento  a  perpetua  memoria.  Per  la 
reliquia  vedi  il  I  voi.  a  pag.   164. 

15  detto.  La  festa  della  patrona  e  litolare  s,  Anastasia  fu 
celebrala  con  grande  solennità.  Il  rev.  don  Ercolano 
Giampieri»  zaratino,  vicario  corale  della  Basilica  tesseva 
le  lodi  della  santa  martire.  Sull' aitar  maggiore  col  busto 
della  santa  furono  esposti  altri  quattro  nuovi  di  metallo 
bianco  con  le  reliquie  di  s  Agostino^  s.  Ambrogio,  s.  Carlo 
e  s.  Magno,  ed  inoltre  quello  di  s.  Tito  sopra  descritto. 
7  Fehhraro.  Annunzio  privato  telegrafico  della  morte  del 
Pontefice  Pio  L\.  La  funesta  notizia  conturbò  la  città 
tutta. 
9  detto.  La  morte  del  Pontefice,  seguita  il  giorno  7  alle 
ore  5.40  p.  m.  venne  oggi  partecipata  a  mezzo  del  te- 
leorafo  alle  ore  10  a.  m.  all'arcivescovo  nostro  dal 
Nunzio  Apostolico  di  Vienna.  Fu  perciò  suonata  per  un 
ora  in  tutte  le  chiese  la  campana  maggiore  in  segno 
di  lutto. 

10  detto.  V  arcivescovo  comunicò  a  tutti  i  vescovi  compro- 

vinciali r  infausla  e  dolorosa  notizia  della  morte  del 
Papa.  Venne  affisso  alle  porte  della  Basilica  un  avviso 
dell'ordinariato,  col  quale  furono  ordinate  le  funzioni 
funebri  da  farsi  nella  città  e  nella  diocesi,  ed  inoltre  la 
colletta  per  l'elezione  del  nuovo  Pontefice. 

11  detto.  Venne  innalzato  un  magnifico  catafalco  nel  presbi- 

terio^  della  Metropolitana  per  cura  ed  a  spese  della  fab- 
briceria. 

12  detto.  Primo  funerale  nella  Basilica.  Alle  ore  8  incomin- 

ciarono i  notturni,  che  furono    cantati    successivamente 

32 


—  498  — 

dai  frati  di  s.  Michele  e  dì  s.  Francesco,  e  dal  collegio 
dì  s.  Simeone;  le  laudi  alle  ore  10  dal  capitolo,  alle 
quali  seguì  la  messa  solenne  cantala  da  una  dignità  con 
assistenza   pontificale. 

13  detto.  Secondo  funerale  nella  Basilica.    Tutto    come  jeri. 

14  detto.  Giovedì.    Terzo    funerale.    Dopo    le    laudi,  solenne 

pontificale  con  orazione  funebre,  detta  dal  professore 
di  teologia  Antonio  Tacconi.  Le  quattro  assoluzioni  di 
metodo  eseguite  dai  quattro  capitolari  seniori  ;  la  quinta 
dair  arcivescovo.  La  chiesa  addobbata  sfarzosamente  a 
bruno  e  splendidamente  illuminata.  Intervento  di  tutte  le 
autorità  e  folla  di  popolo. 

15  detto.  Funerale  in  s.   Simeone  e  s.  Francesco. 

16  detto.  Funerale  a   s.  Michele  e  al   Castello. 

17  detto.  Domenica  di  settuag.  Preghiere  in  Duomo  per  re- 

iezione del  Sommo  Pontefice.  Dopo  la  messa  solenne 
r  arcivescovo  intuonò  il    Veni  Creator. 

18  detto.  Funerali  in  s.  Maria  pel  defunto  Pontefice. 

21  detto.  Alle  ore  1  p.  m.  il  suono  festivo  di  tutte  le  cam- 
pane della  citta  annunziava  T  esaltamento  del  cardinale 
Gioacchino  Pecci  al  supremo  pontificato,  avvenuto  jeri 
dopo  il  terzo  scrutinio.  Assunse  il  nome  di  Leone  XIIL 
3  Marzo.  Domenica  di  quinq.  Solenni  pontificali  con  Te 
Deum  per  l' esaltamento  del  Papa  Leone  XIII.  Musica 
istrumentale.  Intervento  di  tutte  le  aul<trità.  Acclamazioni 
al  nuovo  Pontefice.  Addobbamento  festivo  della  chiesa 
e  splendida  luminaria. 

21  detto.  Solenni  funerali  in  Duomo  per  V  arciduca  Francesco 
Carlo,  padre  dell' Imperatore  Francesco  Giuseppe,  morto 
a  Vienna  il  giorno  8  corr.  Catafalco  in  mezzo  della 
chiesa  ornalo  d'  armi  e  di  emblemi  militari  e  bene  il- 
luminato. La  chiesa  a  bruno.  Intervento  di  tutte  le  autorità. 

a.  1879.,  15  Gennaro.  La  festa  di  s  Anastasia  fu  celebrata 
colla  solila  solenuissinia  pompa.  Il  professore  di  teologia 
Francesco  Uccellini  recitò  il  panegirico.  Oltre  ai  quattro 
busti  di  metallo  bianco,  acquistati  a  Milano  T  anno  pas- 
sato^ altri  due  simili,  rappresentanti  s.  Donato  e  s.  Anselmo 
vescovo   di   Nona   vennero  collocati  sulT  aitar  maggiore. 

16  detto.  Funerali  in  Duomo  pel  vescovo  di  Cattaro  mons 
Markich,  morto  li  3  gennaio  corr.  In  presbiterio  fu  e- 
relto  un  bel  tumulo  con  iscrizioni  e  con  le  insegne  di 
sua  dignità. 


—  499  — 

7  Fehhraro.  Pontificale  di  Requiem  per  l' anniversario  di 
Pio  JX,  con  intervento  del  capitolo,  del  clero,  e  dei  se- 
minari. Musica.  Addobbala  la  chiesa  a  lullo.  Grande  ca- 
tafalco, bene  illuminato. 

20  detto.  Anniversario  dell'esaltamento  di  Leone  XIII.  Messa 
solenne  con  assistenza  pontificale  e  Te  Deimi  con  in- 
tervento degli  ordini  religiosi. 

Si  diede  mano  alla  demolizione  del  fabbricato  esistente 
fra  l'abside  del  Duomo,  ed  il  campanile.  Il  fabbricalo, 
che  serviva  ad  uso  d' ufficio  della  fabbriceria  aveva  una 
stanza,  sulle  cui  pareti  erano  dipinti  i  busti  dei  prin- 
cipali nostri  arcivescovi,  e  dei  personaggi  benemeriti 
della  nostra  basilica  con  iscrizioni  relative  onorarie. 
/  Marzo,  Si  diede  principio  alle  fondamenta  di  una  cancellata 
in  luogo  del  suddetto  fabbricato. 

25  detto.  Si  giunse  col  lavoro  sino  alla  cornice,  sopra  la 
quale  poggeranno  le  statue  dei  protettori  di  Zara.  Tra 
la  cornice  ed  il  basamento  a  destra  dell'  ingresso  fu 
collocata  in  una  nicchia  una  scaltola  di  metallo  bianco, 
con  una  medaglia  del  Papa  Pio  IX  ed  una  moneta  di 
argento  dell' Imperatore  Francesco  Giuseppe,  coniata  nel 
1878,  ed  inoltre  un'involto  colla  seguente  scrittura: 

Die  XXV  Marta  MDCCCLXXVIIII 

Ubi  olim  gymnasium  prò  clericis  fuit^  ac  dudum  erat  of- 
ficiam  Fabricae  Basilicae  Metropolitanae^  mine  ah  ejusdem 
Procuratoribus  ecclesiasticis  et  laicis,,  magnis  aedis  impensis,, 
cancelli  hujusmodi  erecti  fuerunt  ad  Ss,  Patronorum  civi- 
tatis  honorem,  et  ad  ornamentum  ac  praesidium  Ecclesiae,, 
sedente  in  cathedra  Jadrensi  Petro  Domnio  Maupas, 

Cosma  de  Begna,  Praeses.  —  Carolus  Bianchi,  Archidia- 
con  US.  —  Paschalis  Pandi,  Decanus.  —  Joannes  Smirich,^ 
inventor  operis  —  Donafus  Filippi,,  consiliarius.  — 
Simeon  de  Sfermich,  consiliarius.  —  Philippus  Franceschi^ 
consiliarius.   —    Jacobus  Desimon,,    lapicida. 

17  Aprile,  Oggi  alle  ore  7  a.  m.  partì  per  Fiume  alla  volta 
di  Vienna  l'arcivescovo  nostro  per  assistere  alla  con- 
sacrazione della  chiesa  votiva  monumentale.  All'  arci- 
vescovo si   associarono   il    vescovo  di  Sebenico  mons. 


—  500  — 

Antonio  Fosco,  il  podestà  di  Zara  Nicolò  Trigari,  il 
presidente  della  camera  di  commercio  Pietro  Abelich, 
ed  il  co  Cosmo  Begna,  i  quali  ultimi  Ire  costituiscono 
la  deputazione  di  Zara,  capitale  della  Dalmazia,  desti- 
nata a  rappresentare  la  città  di  Zara  nel  giorno  24  a- 
prile  corr.  in  cui  festeggiasi  a  Vienna  ed  in  tutto  l'im- 
pero il  XXV  anniversario  del  matrimonio  delle  LL.  M1V1. 
Francesco  Giuseppe  ed  Elisabetta. 

20  detto.  Partì  oggi  il  vescovo  di  Spalato  per  unirsi  all'  ar- 

civescovo nostro,  e  così  pure  la  giunta  provinciale  per 
presentare  a  S.  M.  gli  omaggi  della  provincia. 

24  detto.  Solenne  messa  in  Duomo  per  festeggiare  il  sud- 
detto anniversario.  Fu  cantata  dall'arcidiacono  con  in- 
tervento di  tutte  le  autorità  civili  e  militari  e  di  tutte 
le  altre  corporazioni.  Dopo  il  vangelo  acclamazioni  al- 
l'Imperatore. Musica  istrumentale  alla  messa  e  al  TeDeum. 
La  Basilica  addobbata  ed  illuminata  solennemente.  La 
truppa  schierata  intorno  la  chiesa.  Il  clero  preceduto 
dall'  arcidiacono  capitolare  si  portò  al  palazzo  dopo  la 
funzione  e  rese  l'omaggio  al  governatore  perchè  sia 
presentato  all'Imperatore.  La  sera  grande  luminaria  in 
tutta  la  città. 
6  Maggio,  Ritorno  a  Zara  dell'arcivescovo  nostro  e  del 
vescovo  di  Spalato. 

il  detto.  L'arcivescovo  partì  per  Benkovac  per  dar  principio 
alla  visita  canonica,  che  è  la  quinta  da  quando  prese 
le  redini  della  diocesi. 

21  detto.  Oggi  venne  compiuto  il  nuovo  lastricato  della  cap- 

pella della  B.  V.  Immacolata  per  cura  ed  a  spese  di  un 
benefattore.  Oltre  la  lapide  commemorativa  della  visita 
deir  Imperatore  Francesco  Giuseppe,  di  cui  si  è  fatta 
parola  più  sopra,  un'altra  dedicata  al  dogma  dell'Im- 
macolata Concezione,  ne  fu  innalzata  nella  stessa  cap- 
pella. Vedi  il  voi.  I  pag.  108. 
1  Giugno.  Domenica  di  Pentecoste.  Trovandosi  qui  il  ve- 
scovo di  Cattaro  mons.  Forlani,  fece  solenne  pontificale, 
invitato  dal  capitolo,  in  assenza  dell'arcivescovo. 
10  detto.  Oggi  ebbe  com.pimento  la  cancellata  fra  la  Basilica 

ed  il  campanile.  Costò  alla  chiesa  fior.  3400. 
8  Dicembre.  Il  XXV  anniversario  della    proclamazione  del 
dogma  dell'Immacolata  Concezione.    Solenne  Pontificale 
dinanzi  la  divota  immagine,  coUocala  fra  ricca  luminaria 


—  501  — 

suir  aitar  iiiagiriore.  Musica  islrumenlale,  pane<^irico,  in- 
dulgenza plenaria.  La  sera    benedizione    pontificale   con 
Te  Deum. 
a,    1880^  4,  6  e  6  Aprile,  Solennissimo  triduo  in  s.  Maria 

pel  XIV  centenario  della  nascita  dì  s.  Benedetto  abaie  ; 

con  messa  solenne,  discorso  e  benedizione  serotina  col 
Ss.mo.  Il  giorno  6  solenne  pontificale  coli' assistenza  del  ^ 

capitolo  e  del  clero  della  Basilica.  La  sera  benedizione  i 

con   Te  Deitm. 


DOCUMENTI, 


Bolla  di  Anastasio  IV,  del  (7   ottobre  HM,  con  cui  la  Chiesa 
di  Zara  venne  elevata  al  grado  di   Metropolitana  della  Dalmazia 

occidentale. 

ANASTASIUS  Episcopus,  servus  servoruni  Dei,  vene- 
rabili fralri  Lampredio  Jaderlino  archiepiscopo^  ejusque  suc- 
cessoribus  regulariler  subsliluendis  in  perpcluum.  Licei  uni- 
versalìs  eccIesiaB  pastor  ac  ponlifex  dominus  nosler  Jesus 
Chrislus  exislat,  siciil  per  primum  aposlolum  dicitur:  Con- 
versi estis  ad  pastorem  et  episcopum  animarwn  vestrariim^ 
ascensiirus  tamen  ad  coelum,  hanc  aposlolis  commendavit,  el 
per  eos  successoribus  eoruni,  nobis  scilicel,  quos  episcopos 
super  eani  pasloresque  conslituit,  tanquam  haereditario  jure 
omnes  ipsius  providenliae  curas  indulsit.  Quatenus  ex  divini 
dispensatone  consilii  nati  prò  patribus  filii,  et  prò  eis  super 
omnem  lerram  principes  constiluti^  imilalores  eorum  simus, 
sicul  et  ipsi  Chrisli.  Ccelerum,  el  inler  beatos  apostolos,  juxla 
sancii  Leonis  sentenliain,  in  similitudine  honoris  quaedam  ha- 
bila  est  discrelio  polestatis,  et  quamvis  omnium  par  essel 
electio,  uni  tamen  dalum  est  ul  coeteris  praeemineret.  De  qua 
ulique  forma  episcoporum  eliam  est  orla  dislinctio,  et  solii- 
cila  discrelione  provisum  est  ne  omnes  sibi  omnia  vindica- 
rent,  sed  essent  in  singulis,  quorum  prima  inler  fralres  sen- 
lentia  haberetur^  el  versus  quidam  in  majoribus  urbibus  con- 
stituti^  sollicitudinem  eorum  caperent  ampliorem,  per  quos  ad 
unam  beali  Pelri  sedem  universalis  ecclesiae  cura  confluerel, 
et  nihil  usquam  a  suo  capite  dissideret.  Ad  hanc  siquidem 
constilutionem  regularum  paternarum  el  generalis  formam 
ecclesiae,  poslquam  Dalmatia,  imbre  supernae  graliae  irrigala, 
praedicanlibus  aposlolicis  viris,  semen  verbi  Dei  suscepit,  et 
juxla  evangelicum  verbum,  fruclum  coepìt  reddere  Iricesimum, 


—  503  — 

sexagosimiim,    et    centesimum,    ne    ponlificalìs    ei    pleniliido 
deesset    officii,    uniis    ibi    osi   qui    aliis    pra'sidercl   ordinalus 
anlisles^   «l  Saionilana  civitas,  qua)  ad  hoc  convonienlior  vi- 
debalur,  est  meiropolis   insliluta^  qua?  nimirum  liiijus    excel- 
lenliam  dij^nitalis  per  annos  multos  oblinuil,  et  lamquam  pri- 
ma sedes.   caput  est  hobitn  regionis  illius,  exibenlibus  scilicet 
aliarum  civitalum  episcopis  Salonitano  antistili,  sicut  metro- 
politano   suo,    plenam    obedientiam,    et    in    majoribus  causis, 
juxta  formam  canonicam,  recurrenlibus  ad  ejus  .examen.  Ab 
aliquanlis   vero  temporibus  Salona  redacta  in  solitudinem,  et 
in  alium  locum  sedem  translata,   et    tam    super    illam,    quam 
super  quasdam  alias    provincia)    civitates    Ungaris    dominium 
usurpantibus,  et  Jadera    cum    quibusdam    aliis    civitalibus    in 
priori  remanentibus  liberiate,  graves  inter  ipsas  civitates  est 
orla  dissensio,  ut  nec  episcopis  et  hominibus  quarundam  ip- 
sarum  ad   metropolìm  suam  licuerit   prò  imminentibus  causis 
accedere,  nec  illi  qui  metropolitani  officio  fungebatur  fratres 
et  coepiscopos  suos  ausus  fuerit  visitare.  Quo  circa  nos,  qui 
universalis  ecclesiae  curam,  Doo  prout  ipsi  placuit  disponente, 
suricepimus,  et  prò    necessitate    locorum  et  temporum   novos 
episcopos,  novos  etiam  debemus   archiepiscopos    constituere, 
ne  illis  urbibus.    quae  a  subjeclione    ac   dominio    Ungarorum 
liberse  remanserunt,  melropoìilanam  curam  deesset,  et  metro- 
politani judicium,  dum  non  possent  in  sua,    in    alienis  quae- 
rere  provinciis  cogerentur,  evidenti  necessitale  illarum  civi- 
tatum  inspecta,  de  omni  fratrum  noslrorum  Consilio,    le  ve- 
nerabilis  in  Christo  frater  Lampredi  honore  palici    statuimus 
decorandum,  et  super  quatuor  subscriptos  episcopos  archie- 
piscopum  ordinandum,  decreto  quidem  valiluro  in  perpeluum 
staluentes,  ut  commissa   tuo  pontificatui  civitas  Jadertina  per- 
petuis  temporibus  Metropolis  habeatur.  Cui  nimirum  Absaren- 
sis,  Veglensis,    Arbensis    et    Farensis    episcopatus    lamquam 
su«  metropoli   subjacebunt,    et    eornm    episcopi    libi,  tuisque 
successoribus,  sicut  melropolitanis  suis,    plenaui    obedientiam 
semper  impendant.  Palleo  itaque,  plenitudine  videlicel  ponlifi- 
calis  officii  insignilus,  erga  subjeclos    luos    lalem    le  satage 
exibere,  ut  plus  pensare  onus  regiminis  quam  dignitotis  ex- 
cellenliam   videaris.  Quo   tamen  palleo  bis    diebus  tantum  u- 
leris    qui    inferius    legunlur    inscripli  :    Nativitale  Domini;  in 
celebratione  feslivitatis    beatae    Anastasio;    Epipbania  ;   Coena 
Domini;  Resurreclione  ;  Ascensione;  Pentecostes;  in  solem- 
nitalibus  beala)  Dei  genitricis  semper  virginis  Maria)  ;  in  na- 


—  504  — 

talitio  bealorum  apostoloruin  Peiri  et  Pcnulì  ;  in  nativilale 
beati  Joannis  baptistae  ;  in  festo  beati  Johannis  evangelistfe  ; 
in  commenioratione  omnium  Sanctorum  ;  in  consecrationibus 
ecclesiarum  et  episcoporum,  benedictionibus  abbatum^  or- 
dinationibus  presbiteroriim  ;  in  dedicatione  ecclesiaB  luae;  in 
festivitate  beati  Grisogoni,  et  in  anniversario  consecrationis 
tuaB  die.  Studeat  ergo  tua  fraternitas^  plenitudine  tantse  di- 
gnitatis  suscepta ,  ita  strenue  cuncta  peragere ,  quatenus 
morura  tuorum  ornamenta  eidera  valeant  convenire.  Sit  vita 
tua  subdilis  exemplum,  ut  per  eam  agnoscant  quid  appetere 
debeant,  ed  quid  coganlur  vitare.  Esto  discretione  praeci- 
puus,  cogitatione  mundus^  actione  purus  ;  discretus  in  si- 
lentio,  utilis  in  verbo.  Cura  tibi  sit  magis  hominibus  pro- 
desse,  quam  preesse.  Non  in  te  polestatem  ordiniS;  sed 
aequalitatem  oportet  pensare  conditionis.  Stude  ne  vita  doc- 
trinam  destituat,  ne  rursum  vitse  doctrina  contradicat.  Me- 
mento quia  ars  est  artium  regimem  animarum.  Super  om- 
nia, studium  tibi  sit  apostoliche  sedis  decreta  firmiter  ob- 
servare,  eique  tamquam  matri  et  dominae  tuae  humililer  obe- 
dire.  Ecce,  frater  in  Christo  carissime^  inter  multa  alia,  ha^c 
sunt  pallei,  ista  sunt  sacerdoti!.  Quae  omnia  facile,  Christo 
adjuvante,  adimplere  poteris,  si  virlutum  omnium  magistram 
charitatem  et  humilitalem  habueris,  et  quod  foris  habere  os- 
tenderis,  inlus  habebis.  Nulli  ergo  omnino  hominum  liceat 
hanc  nostrani  constitulionem  infringere,  vel  ei  ausu  temerario 
contraire.  Si  qua  igitur  in  futurum  ecclesiastica  secularisve 
persona  hanc  noslrae  conslitutionis  paginam  sciens,  centra  eam 
temere  venire  tentaverit,  secundo  terliove  commonita  si  non 
satisfactione  congrua  emendaverit,  poteslalis  honorisque  sui 
dignitate  careat,  reamque  se  divino  judicio  existere  de  per- 
petrata iniquitate  cognoscat^  et  a  sacralissimo  corpore  ac 
sanguine  Dei  et  Domini  Redemptoris  nostri  Jesu  Christi  aliena 
fiat,  atque  in  extremo  examine  dislricte  ultioni  subjaceat. 
Conservantibus  autem  sit  pax  Domini  nostri  Jesu  Christi, 
quatenus  et  hic  fructum  bonre  actionis  percipiant,  et  apud 
districtum  judicem  proemia  eternae  pacis  inveniant.  Amen.  Amen. 

EGO  ANASTASIUS  Catliolicse  Ecclesise  Episcopus  sub- 

scripsi.  Bene  valete. 
Ego  Cencius   Portuensis    et    Sanct^    Rufino    Episcopus 

subscripsi. 
Ego  Gregorius  Sabinensis  Episcopus  subscripsi. 


—  505  — 

Ego  Guido   presbitcr    Gardinalis   titilli   sancti    Grisogoni 

subscripsi. 
Ego  Manfredus  presbiter  Gardinalis  titilli  sanct^e  Savina; 

subscripsi. 
Ego  Julius    presbiter    Gardinalis    titilli    sancti    Marcelli 

subscripsi. 
Ego  Ubaldus  presbiter  Gardinalis  titilli  sanct^e  Grucis  in 

Hierusalem  subscripsi. 
Ego  Octavianus  presbiter  Gardinalis  tituli  sanctse  Geciliaì 

subscripsi. 
Ego  Astaldus  presbiter  Gardinalis  tituli  sanctae  Priscse 

subscripsi. 
Ego  Johannes  presbiter    Gardinalis   sanctorum  Johannis 

et  Pauli  tituli  Pamachii  subscripsi. 
Ego  Johannes  presbiter  Gardinalis  tituli   sanctorum  Sil- 
vestri et  Martini  subscripsi. 
Ego  Guido  diaconus  Gardinalis  sanctse  Marise  in  porticu 

subscripsi. 
Ego  Johannes    diaconus   cardinalis    sanctorum    Sergi    et 

Bachi  subscripsi. 

Datum  Lalerani  per  manum  Rolandi  sanctae  romanae 
ecclesiae  presbiteri  cardinalis  et  cancellarii,  XVI  Kalendas 
Novembris^  Indictione  III,  IncarnationisDominicae  anno  MCLIIII, 
pontificatus  vero  domini  Anastasii  IIII  papae  anno  lì. 

(L.  SO  Ego  Petrus  Sterminus  presbiter  et  nolarius  hoc 
exemplum,  ut  in  authenticis  litteris  dicti  domini  papa? 
Anastasii  bonae  memoriae  suo  sigillo  bulatis  reperi, 
scripsi,  nihil  adens  vel  minuens,  compievi  et  roboravi. 


Bolla  di  Adriano  IV  dei  22  febbraro  HSS,  con  cui  il  Palriarca 
di  Grado  venne  elevalo  alla  dignilA  di  Primate  della  Dalmazia 

occidentale. 

ADRIANUS  Episcopus  servus  servorum  Dei  venerabili 
fratri  Henrico  Graden.  PatriarchaB,  ejusque  successoribus  ca- 
nonico subslituendis,  in  perpeluum. 


—  506  — 

Ne  passim  et  indiscrete  sibi  omnes  EcclesiaR  omnia  vin~ 
(iicarent,  consulta  satis,  uliliquo  sanclornm  Palruni  delibera- 
tione  sanxit  aucloritas,  ut  aliae  alLis  praBrogaliva  diffnilalis 
excellerenl,  et  eis  lam  judicandi  auctorilale  quam  poleslate 
corrigendi  prapessent.  Super  omnes  autem  ex  superni  dispo- 
sitione  consilii  sacrosancta  est  Romana  Ecclesia  constitula, 
ad  cujus  examen  universarum  Ecclesiarum  negotia  referrentur, 
et  cujus  statula  universa  mullitudo  fidelium  sequeretur.  Haec 
nimirum  ex  indulto  a  prima  fundatione  Ecclesiae  in  B.  Petro 
apostolorum  principe  privilegio  statum  omnium  Ecclesiarum 
provida  consideratione  disposuit  :  et  quolies  expedire  cognovit, 
alias  nliis  ad  ampliorem  curam  earum  habendarum  statuit  prae- 
minere.  Inde  est,  quod  nos  honestatem  ac  prudeiitiam  tuam^ 
et  devotionis  sinceritatem  quam  erga  sacrosanctam  Romanam 
Ecclesiam  semper  habuisse  dignosceris,  attendenles;  et  ne 
commissa  regimini  et  disposilioni  tuae  Gradensis  Ecclesia, 
quae  de  benignilate  apostolicae  sedis  praerogativa  gaudelbo 
noris,  ex  brevilale  patriarchatunm  inferius  et  abjectius  valeat 
simpliciores  haberi.  ad  ampliandam  dignilatem  ipsius,  prima- 
lum  ei  super  Jaderlinum  arcbiepiscopatum  et  episcopalus  ipsìus 
apostolica  aucloritate  concedimus,  et  tam  te  quam  successores 
tuos  Jaderlino  archiepiscopo  et  episcopis  ejus,  qui  prò  tem- 
pore fuerint,  dignitate  primatus  prsBsidere  slaluimus,  et  con- 
secralionis  munus  cidem  archiepiscopo  imperliri:  Romano 
quidem  Pontifici  Iradifione  palii  reserva?a.  Ut  igitur  haec  nostra 
conslitutio  firma  in  perpetuum  et  inconcussa  permaneat,  eam 
scripli  nostri  paginam  communimus,  et  auctoritale  apostolica 
confìrmamus.  Decernimus  ergo,  ut  nulli  unquam  hominum 
liceal  hanc  paginam  nosltìe  conslilulionis  et  confirmalionis 
infringero,  ve!  eì  modis  quibuslibet  contraire:  salva  in  om- 
nibus apostol.  Sedis  auctorilale  Si  quis  aulem  id  allentare 
prsBsumpserit,  secundo  terliove  commonilus,  nibi  realum  suum 
congrua  salisfaclione  correxeril,  potestalis  honorisque  sui 
dignilalc  careal,  reunique  so  divino  judicio  exislere  de  per- 
petrata iniquitale  cognoscat,  atque  in  extremo  examine  dis- 
Irictae  ultioni  subjaceal. 

EGO  ADRTANUS  Catholicse  Ecclesise  Episcopus  ss. 
Ego  Gregorius  Sabinen.  Episc.  ss. 
Ego  Guido  presbiter  cardinalis  tituli  s.  Chrysogoni  ss. 
Ego  Ubaldus  presb.  cardinalis  tituli  s.  Praxedis  ss. 
Ego  Manfredus  presb.  cardinalis  tituli  s.  Sabina3  ss. 


—  507     - 

Ego  Aribertus    presb.    cardinnlis    titilli  s.  Anastaaìa3  ss. 
Ego  Julius  presi),  cardinalis  titilli  s.  Marcelli  ss. 
Ego  Guido  presb.  cardinalis  titilli  Pastoris  ss. 
Ego  Astaldus  presb.  cardinalis  titilli  s.  Prisca^  ss. 
P]go  Gerardus    presb.    cardinalis    titilli    s.    Stepli/mi    in 

Coelio-Monte  ss. 
Ego  Henricus  presb.  card.  tit.    ss.  Nerei  et  Achillei  ss. 
Ego  Joannes  presb.  cardinalis  tituli  sanctorum  Sylvestri 

et  Martini  ss. 
Ego  Guido  diac.  card.  s.  Mariaì  in  Porticu  ss. 
Ego  Joannes  diac.  card.  ss.  Sergii  et  Bacchi  ss. 
Ego  Gerardus  diac.  card.  s.  Marife  in  Vialata  ss. 
Otto  diac.  card.  s.  Nicolai  in  Carcere  Tulliano  ss. 

(L.  S.)  Datum  Romae  apud  s.  Pelrum  per  manum  Rolandi 
S.  R.  E.  presb.  card,  et  cancellarii,  Vili  knl.  Martii, 
indicMone  IH,  incanì,  doni.  ann.  MCLV,  pontifiratus 
vero  domini  Adriani  Papa?  IV  anno  I. 


Boli;)  di  Adriano  IV  del  ìi  aprile  KSS,  colla  quale  Tu  sottoposto 
l'arcivescovo  di  Zara  al  Patriarca  di  firado. 

ADRIANUS.)  Episcopus  servus  servornm  Dei  venerabili 
fratrì  Lampridlo  Jaderlino  Archiepiscopo,  ejusque  siiffraganeis 
Episcopis  sahilem  et  apostolicam  benediclionem. 

Quoniam  sacrosancta  Romana  Ecclesia  universarum  ec- 
clesiarum  caput  et  mater  esl,  vel  remolione  obsislente  ter- 
rarum^  vel  mulliplicilate  impediente  negoliornra,  cpiarunidam 
ecclesiarum  necessitalibus  non  tam  facile  poteste  ut  oportet, 
aliquando  consulere;  ideo  aliarum  ecclesiarum,  quae  amplio- 
rem  curam  illis  impenderenl,  super  eas  inslilutos,  et  discrelos 
tam  providos  vìros  in  parlom  siiae  solliciludinis  consuevil 
evocare.  Hujus  itaque  rei  nos  consideratione  inducli,  tum 
quia  dignitatem  Gradensis  Ecclesiae  dignum  diiximus  am- 
pliare; tum  quia  ulile  vobis  et  lemporaliter  et  spirilualiler 
esse  prospeximus,  habere  prope  vos  a  quo  et  in  dubiis  ma- 
gislerium,    et    in    necessilatibus    solalium    recipere    valealis; 


—  508  — 

Venerahilem  Frairem  Noslrum  Henricum  Gradensem  Patri- 
archam,  Primalem  veslrnin  duximus  slaluendum,  el  Gradensis 
Ecclesiae  dignitatcm  primalus,  ecclesiis  veslris  declaravimus 
de  caelero  praesidere.  Eapropler  per  praesentia  vobis  scripla 
mandaoius,  quatenus  eumdem  Palriarcham  amodo  Primalem 
vestrum  humiliter  habeatis  ;  et  siculi  Primali  vestro,  exhi- 
bealis  ei  obedientiam,  el  honorem  :  ad  magnum  quidem  pro- 
fectum  veslrum,  annuente  Domino,  perlinebil^  si  doclrinam 
ejus  devolo  animo  receperitis;  et  quod  salubriler  ipse  prae- 
ceperil,  prosecutione  operis  studueritis  adimplere. 

Dalum  Romae  apud  s.  Pelrum  Vili  kalendas  Maji,  pon- 
tìficalus  nostri  anno  primo. 


Privilegio  Pontificio  con  cui  Papa  Celestino  III  con  Bolla  del  17 
maggio  Ìi9^  conlerma  il  possesso  de'suoi  beni  al  Monastero 

di  s.  drìsogono. 

COELESTINUS,  Episcopus  servus  servorum  Dei,  dilectis 
fiiiìs  Vincentio  Abbati  Monasterii  Sancii  Chrysogoni  de  Jadera, 
ejusque  Fratribus.,  tam  praesentibus,  quam  fuluris,  regularem 
vilam  professis  in  perpeluum. 

Quoties  a  nobis  pelilur,  quod  religioni  et  honeslati  con- 
venire dignoscitur,  animo  nos  decet  libenli  concedere,  et  pe- 
lentium  desideriis  congruum  suffragium  impertiri.  Eapropler, 
dilecli  in  Domino  filii,  veslris  juslis  postuialionibus  clemenler 
annuimus,  el  praefatum  Monaslerium  s.  Chrysogoni,  in  quo 
Divino  mancipali  estis  obsequio  sub  Beati  Petri,  et  nostra 
prolectione  suscipimus  et  praesenli  scripli  Privilegio  commu- 
nimus,  slaluentes  ut  ordo  Monasterii,  qui  secundum  Domini 
et  Beali  Benedicli  regulam  in  eodem  Monasterio  institutus 
esse  dignoscilur,  perpetuis  ibidem  temporibus  inviolabililer 
observelur.  Praeterea  quascumque  possessiones,  quaecumque 
bona  idem  Monaslerium  in  praesentiarum  jusle,  el  canonice  pos- 
sidet,  aut  in  fulurum  concessione  Ponlificum,  largilione  Re- 
gum,  vel  Principum,  oblatione  fidelium^  seu  aliis  juslis  modis, 
praeslanle  Domino,  polerit  adipisci^  firma  vobis,  vestrisque 
successoribus;,  el  illibala  permaneant.  In  quibus  propriis  haec 


—  509  — 

duximus  exprimenda  vocabulis.  Lociim  ipsum,  in  quo  prae- 
fatum  Monaslerium  est,  ciim  omnibus  pertinenliis  suis;  Ec- 
clesiam  s.  Martini  Yctdi  ')  cum  pertinentiis  suis  ;  Ecclesiani 
s.  Georgii  cum  omnibus  pertinenliis  suis  in  Camcnani;  ') 
Ecclesiam  s.  Michaelis  Bravizi  ^)  cum  pertinenliis  suis  ; 
Ecclesia m  s.  Martini  ^)  ante  portam  Civitatis  cum  perii - 
nenliis  suis  ;  Ecclesiam  s  Jacohi  ^)  cum  perlinenllis  suis  ; 
Ecclesiam  s.  Michaelis  Fiscimani  ^)  cum  pertinenliis  suis; 
Ecclesiam  s.  Laurenlii  Lucarani^)  cum  pertinenliis  suis; 
Ecclesiam  s.  Joannis  et  Yicloris  Tilacji  ^)  cum  pertinenliis 
suis,  el  Ecclesiam  sancii  Damiani  Berhiniae  ^)  cum  perti- 
nenliis suis,-  Terram  Ceprilani;  '")  Terram  Berdae;  ") 
Terram  Suchovare;  '^)  Ecclesiam  s.  Chrysogoni  cum  insula 
Mauni;  *"^)  et  piscationes  omnes  perlinenles  ad  vos  sane 
novalium  vestrorum,  qui  propriis  manibus,  aul  sumplibus, 
alitis,  sive  de  nutrimentis  animalium  vestrorum,  nulliis  a  vo- 
bis  decimas  exigere,  vel  exlorquere  praesumal.  Liceat  quoque 
vobis  Clericos  vel  Laicos  liberos  et  absolulos,  e  saeclo  fu- 
gienles  ad  conversionem  recipere,  et  eos  absque  contradi- 
elione  aliqua  relinere.  Prohibemus  insuper,  ut  nulli  Fratrum 
veslrorum,  post  factam  in  eodem  Monaslerio  professionem, 
fas  sii  de  eodem  loco,  nisi  arclioris  Religionis  oplalu,  di- 
scedere ,*  discedenles  vero  absque  communium  lillerarum 
caulione  nullus  audeat  relinere.  Cum  autem  generale  inler- 
diclum  Terrae  fuerit,  liceat  vobis,  clausis  januis,  exclusis 
excommunicHtis,  et  inlerdiclis,  non  pulsalis  campanis,  sup- 
pressa  voce  divina  officia  celebrare.  Crisma  vero,  et  oleum 
sanctum,  consecrationes  Allarium,  seu  Basilicarum,  ordina- 
liones  Monachorum,  seu  Clericorum  veslrorum,  qui  ad  sacros 
ordines  fuerint  promovendi,  a  Dioecesano  suscipietis  Episcopo, 
si  quidem  Calholicus  fuerit,  et  graliam,  alque  communionem 
Aposlolicae  sedis  habueril,  et  ea  vobis  gratis,  et  sine  pra- 
vilate  aliqua  voluerit  exhibere;  alioquin  liceat  vobis  quem- 
ciimque  malueritis  adire  Antistilcm,  graliam  el  communionem 
Aposlolicae  Sedis  habenlem,  qui  nostra  frelus  aulhoritale 
vobis    quod    postulalis  indulgeal.   Sepulluram  praelerea  illius 


1)  Diclo.  ■'3  Camegnane  distante  cinque  miglia  da  Zcmonico.  3)  Obbrovazzo. 
'')  Sobborgo  di  Zara,  ov' è  ora  il  Foile  ^)  Al  Barcagno  oltre  il  porto,  ")  Pasman. 
0  Lucoran.  **)  Telaschiza  nell^  villa  di  Sale.  ")  Birbigno.  ^")  S.  Cipriano  nel 
Polje  di  Zara.  '^)  Villa  due  miglia  distante  di  Grue.  ^2)  Suovare. '^)  Isola  Maoi\ 
presso  Pago  con  chiesa  di  s.  Grisogano. 


—  510  — 

loci  liberani  esse  decernimus,  ut  eorum  devolioni,  et  exlre- 
mae  volunlati,  qui  se  illic  sepeliri  deliberaveriul,  nisi  forte 
excommunicati.  vel  interdicti  sint,  nullus  obsistat.  Salva  tamen 
juslitla  illarum  Ecclesiarum,  a  quibus  morluorum  corpora 
assumuntur.  Obeunte  vero  Te,  nec  non  ejusdem  loci  Abbate, 
vel  tuorum  quolibet  successorum,  nullus  ibi  qualibet  subre- 
ptionis  astulia,  seu  violentia  praeponalur,  nisi  quem  Fralres 
communi  consensu  vel  pars  Consilii  sanioris,  secundum  Dei 
timorem  et  Beati  Benedicti  Regulam  providerit  eligendum. 
Dicimus  ergo,  ut  nulli  hominum  omnino  liceat  praefatum 
Monasterium  temere  pertrahere.  aut  ejus  possessiones  auferre, 
vel  de  ablatis  retinere,  minuere,  seu  quibuslibet  vexalionibus 
faticare,  sed  omnia  integra  et  illibata  serventur^  eorum^  prò 
quorum  gubernatione  ac  sustenlatione  concessa  sunt,  usibus 
omnimodis  profutura:  salva  Sedis  Apostolicae  Authorilate, 
et  Dioecesani  Episcopi  canonica  justitia. 

Si  qua  igitur  in  futurum  ecclesiastica,  saecularisve  per- 
sona hanc  nostrae  conslitutionis  paginam  sciens,  contra  eam 
temere  venire  attentaveriU  secundo  tertiove  commonita^  nisi 
reatum  suum  congrua  salisfactione  correxerit^  potestatis,  ho- 
norisque  sui  dignitate  careaU  reamque  se  Divino  Judicio 
existere  de  perpetrata  iniquitale  cognoscat,  et  a  sacratissimo 
Corpore  et  Sanguine  Dei  et  Domini  Redemptoris  nostri  Jesu 
Christi  aliena  fiat,  atque  in  extremo  examine  districlae  ul- 
tioni  subjaceat:  cunctis  auteni  eidem  loco  sua  jura  servan- 
tibus  sit  pax  Domini  nostri  Jesu  Chrisli,  quatenus  et  suae 
fructum  bonae  operalionis  percipial.  et  apud  districlum  Ju- 
dicem  gratiam  aeternae  pacis  inveniat.  Amen. 

t  EGO  COELESTINUS  Catholicae  Ecclesiae  Episc.  sub 

t  Ego  Albinus  Albanensis  Episcopus  subscripsi. 

t  Ego  Joannes    Ecclesiae    sancti    Clementis    Cardinalis 

Urbiensis  et  Ttiscanae  Episcopus. 
t  Ego  Octavianus  Hostiensis,  et  Velletrenus  Episcopus. 
t  Ego  Pandulphus  Basilicae  XII  Apostolorum  Cardinalis 

Presbyter  subscripsi. 
t  Ego  Jordanus  s.  Prudentiae  Pastoris  Presb.  Cardinalis. 
t  Ego  Hung.  Presbiter  Cardinalis  s.  Martini. 
t  Ego  Joannes  Ecclesiae  sancti  Stepbani  in  Coelio-Monte 

Presbiter  Cardinalis. 
t  Ego  Ceatius    Ecclesiae    sai:cti    Laurentii    in    Lucina, 

Presbiter  Cardinalis. 


~  511  — 

t  Ego  Bernaldus    sancti    Petri    ad    Viiicula,    Presbiter 

Cardinalis  Ecclesiae  Eudoxiae. 
t  Ego  Fidancius  Ecclesiae  sancti  Marcelli  Presb.  (3ard. 
t  Ego  Vratt.   sanctorum    Cosmae  et  Damiani   Diaconiis 

Cardinalis  subscripsi. 
t  Ego  Gerardus  sancti  Adriani  Diaconus  Cardinalis  subs. 
t  Ego  Gregorius   sanctae   Mariae   in   Portici!   Diaconus 

Cardinalis  subscripsi. 
t  Ego  Nicola    sanctae    Mariae    in    Cosmedin    Diaconus 

Cardinalis. 
t  Ego  Gregorius  sancti  Angeli  Diaconus  Card,   subscr. 
t  Ego  Bobo  sancti  Theodori  Diaconus  Cardinalis. 

(L.  S.)  Daliim  in  Laterano  per  manum  Lenzi  Sanctae  Luciae 
in  Orarea  Diaconi  Cardinalis,  Domini  Papae  Came- 
rarii,  terlìo  nonas  Martii,  Indiclione  terlia  decima, 
Incarnationis  Dominicae  Milles.^  Centesimo  Nonages.'^ 
Quinto,  Ponlificalus  vero  Domini  Coelestini  Papae 
Tertii  anno  quinto. 


Bolla  (li  Celestiiio  ììl  dd  17  iiiii!>gi(i  ll9Ii  coiuenientc  il  privilegio 

concesso  all'abbate  di  s.  (irisogoiio  di  Zara,  di  pollare  l'anello, 

la  milra,  il  bacolo  paslorale  e  i  sandali. 

COELESTINUS^  Episcopus,  servus  servorum  Dei  dilecto 
Filio  Vincentio  Abbati  sancii  Chrysogoni  Jaderlini  sajutem 
et  apostolicam  benedictionem.  Cum  Te  devolum,  et  fìdeiem 
Ecclesiae  fiiium  esse  credamus,  honori  tuo  libenter  inlendi- 
mus,  et  personam  tuam  aliquo  speciali  Privilej^io  duxìmus 
honorandum,  ut  et  fervenlius  in  nostra  et  Ecclesiae  Romanae 
devotione  persistas,  quo  te  cognoveris  per  Nos  honore  ac 
dignitate  ecclesiastica  decoralum.  Eapropter,  dilecte  in  Do- 
mino, fili,  devotionem  tuam  et  prndentiam  allendentes,  usum 
mitrae,  anuli,  baculi,  ac  sandalium,  sicut  Praedecessores  lui 
hactenus  habuisse  nosciintur,  de  benignilate  Sedis  Aposlolicae 
libi  duximus  concedendum,  ut  ipsis  ecclesiasticis  insignibus 
in    solemnibus    processionibus,     et   praecipuis    festivilatibus 


—   512  — 

Ecclesiae  luae  de  Authoritale  Sedis  Aposlolicae  tam  infra 
Monaslerium  Uium,  quam  saeculares  perlirientes  ad  ipsum 
libere  poliaris.  Nulli  ergo  omnino  hominum  liceat  hanc  pa- 
ginam  noslrae  concessionis  infringere,  vel  ei  ausu  temerario 
conlraire.  Si  quis  aulem  hoc  allentare  praesumpserit,  indì- 
gnationem  Omnipotenlis  Dei,  et  Beatorum  Petri  et  Pauli 
Apostolornni  ejus  se  noverit  incursurum. 

Dalum  Laterani  XV  kalendas    Junii,    Pontificatus    nostri 
anno  quinto. 


Bolla  (li  Leone  \ll  del  50  giugno  1828,  con  cui  la  chiesa  di  Zara 
Tu  solennemente  dichiarata  unica  Metropolitana  di  tutta  la  Dalmazia 

in  perpetuo. 

LEO  EPISC0PV8  SERVVS  SERVORVM  DEI 

AD    PERPETUM    REI    MEMORIAM. 

Locuni  Beati  Petri  Apostolorum  Principis  cuni  Vicaria 
ipsius  Jesu  Christi  poteslaie  uierilis  licei  imparibus  tenentes, 
Ecclesiarum  omnium  spirituali  regimini  ita  debemus  assidue 
incumbere,  ut  vel  novas  per  orbem  Dioeceses  erigere,  vel 
erectas  dividere,  unire  aut  etiam  abolere  non  abnuamus. 
quando  commissi  Nobis  Dominici  Gregis,  prò  temporum, 
locorum  et  circumstanliarum  ratìone,  utilitas  postulai,  et  ad 
magnum  aliquod  bonum  assequendum,  vel  ad  malum  aliquando 
ab  Ecclesia  Dei  propulsandum  necessitas  exigat,  prout  in 
Domino  magis  expedire  judicemus.  Ilac  sane  mente  ad  Epi- 
scopales  Sedes  tam  in  Dalmatia  quam  in  Istria  ad  Adriatici 
maris  oras  sub  Carissimi  in  Cbristo  Filli  Nostri  Francisci 
Austriae  Imperatoris  ac  Bohemiae  et  Hungariae  Regis  Apo- 
stolici nec  non  Regni  Longobardi  Veneti  temporali  Dominatu 
aclu  existentes  cogitationes  Nostras  intendimus,  ut  sublatis 
superiorum  temporum  calamitatibus  rem  sacram  aptiori  utili- 
que  forma  ibidem  componere  atque  ordinare  conniteremur 
Novimus  equidem,  eum  esse  Episcopatuum,  et  Cathedralium 
Capitulorum,    et    Seminariorura  in    illis    partibus    miserrimum 


—  513  — 

stalum,  ut  manifesto  appareat,  ad  illoruin  numerum  reli- 
nendum  necessaria  media  nnllo  paclo  suppelere;  ex  quo  in- 
feliciler  successit  diuturna  multarum  Sedium  Episcopalium 
viduitas  non  sine  maxima  Dioecesium  calamitalo.  Gnivissimis 
bisce  ex  causis  fel.  Record.  Pius  PP.  Septimus  Praedecessor 
noster  curas  cogilationesque  suas  jam  pridem  converteral  ad 
necessaria  in  tantam  malorum  congeriem  remedia  consciscenda, 
probe  noscens,  bujusmodi  mala  auferri  non  posse  si  praesens 
eorum  Ecciesiarum  statum  servaretur,  cum  in  summa  rerum  om- 
nium inopia  iisdem  prò  necessitale  consuli  omnino  ncquiret.  Ex- 
tant  enim  in  praesentiarum  sub  Austriaca  ditione  in  Dalmatia  se- 
des  Archiepiscopaies  Jadrensis,  Ragusina  etSpalalensis,  ilemque 
Episcopales  Sedes  Sebenicensis^  Pharensis,  Catlarensis,  No- 
nensis^  Macbarskensis,  Scardonensis,  Traguriensis,  Stagnensis, 
et  Cursolensis;  in  provincia  vero  Istriae  ad  Litus  Adriaticum 
mumerantur  Sedes  Episcopales  Goritiensis  seu  Gradiscana, 
Tergestina,  Parentina,  Veglensis,  Arbensis,  Justinopolitana, 
Polensis,  Auxerensis  et  Aemoniensis.  Canonica  idcirco  in  eam 
causam  inquisitione  suscepta  idem  Pius  Septimus  Ponlifex  de 
Sedibus  ìmminuendis  prudentissime  cogitarat,  ut  prò  minori 
ipsarum  numero  facilius  in  Rei  sacrae  luilionem  prospici 
posset,  spe  frelus,  fore  ut  saluti  illorum  Populorum  exlremo 
hoc  remedio  ex  temporum,  locorum  ac  Personarum  rationi- 
bus  opportune  succurrerelur.  Nos  quoque  laudati  Praedeces- 
soris  nostri  vestigiis  insistentes,  uti  primum  traditam  Nobis 
divinilus  Dominici  Gregis  custodiam  suscepimus,  parem  in 
id  curarum  conlenlionem  impendimus,  et  dolenti  quidem,  sed 
benevolo  animo  preces  de  iis  sedibus  imminuendis  Imperialis 
Uegiae  Majestatis  nomine  Nobis  porreclas  excipientes  attente 
curavimus^  ut  majora,  quae  possent,  commoda  leviori  cum 
jactura  in  Rei  sacrae  ulilitates  conferentur,  in  quem  fmem 
plura  ad  examen  deducenda  fuere,  cuncta  singillalim  accu- 
rateque  inspicienda,  impensa  denique  Majestatis  suae  prò 
Catholica  Religione  voluntas  assidue  compellando,  omnibus 
demum  rebus,  proni  necessitalis  ratio  efflagitavit,  conciliatis 
gravissimis  de  causis  Animum  Nostrum  moventibus  et  ex 
certa  scientia  ac  matura  deliberatione  Noslris  deque  Apo- 
stolicae  Potestalis  plenitudine  titulum,  denominationem,  natu- 
ram,  essentiam,  tolumqne  praesentem  statum  Episcopalium 
Ecciesiarum,  et  Cathedralium  Capitulorum,  Cursolensis,  No- 
nensis,  Scardonensis,  Stagnensis,  Traguriensis  in  Dalmatia, 
parilerque  Auxerensis,  Arbensis,  Aemoniensis  in  Littore  Adria- 

33 


—  514  — 

co  perpetuo  suppriraimus  et  extinguimus,  easque  et  illarum 
Dìoeceses  a  quorumlibet  jurisdiclione,  jure  ac  praerogativa 
exemptas  ac  separatas  edicimus,  ut  eaedem  Ecclesiis  ac  Dioe- 
cesibus  infrascripta  nova  circutnscriplione  constabiliendis  ad- 
jungi  possint,  suspense  taraen  efFectu  suppressionis  Ecclesiae 
Aemoniensis,  usque  dum  Ecclesiam  ipsam  ex  persona  moderni 
Episcopi  quovis  modo  vacari  contigerit.  Suppressis  item,  de- 
letis  ac  perpetuo  extinctis  Metropoliti s  juribus  ac  titulis 
Archiepiscopalium  Ecclesiarum  Spalatensis  et  Ragusinae , 
easdem  in  mere  Episcopales  Ecclesias  perpetuo  referendas 
mandamus,  ipsasque  Melropolitanae  Ecclesiae  Jadrensi  sufFra- 
ganeas  assignamus  ea  lege,  ut  ipsarura  Antistites  primum 
locum  inler  caeteros  sufFraganeos  habere  semper  debeant,  prae- 
cedenliam  inter  se  adepturi  a  respectivae  possessionis  ante- 
rioritate,  ut  hoc  modo  aliqua  pristini  eorum  gradus  memoria 
servetur.  Episcopales  vero  sedes  Justinopolitanam^  Polensem, 
et  Macharskensem,  conservatas  denuntiantes  aliis  Episcopa- 
libus  Ecclesiis,  uti  Concalhedrales  ab  uno  eodemque  Antistite 
in  posterum  gubernandas  perpetuo  unimus  et  adjungimus, 
scilicet  Justinopolitanam  Concathedralem  esse  volumus  Ter- 
geslinae,  Polensem  Parentinae,  et  Macharskensem  Spalatensi, 
ac  proinde  Episcopus  Tergestinus  Nomen  quoque  suscipiet 
Episcopi  Justinopolitani,  et  Parentinus  Polensis,  ac  Spalatensis 
Macharskeiisis,  adhibita  tamen  semper  et  in  quolibet  actu  ac 
loco  praenominatione  Episcopi  Tergestini,  Parentini,  et  Spa- 
latensis. Extincto  insuper  qualìbet  Metropolitico  jure  Antiba- 
rensis  Archiepiscopi  in  Cattarensem  Ecclesiam  tam  ipsam, 
quam  Spalatensem^  Ragusinam,  Pharensem  et  Sebenicensem 
Ecclesias  jure  Metropolitico  Archiepiscopi  Jadrensis  perpetuo 
subjicimus,  eidemque  sufFraganeas  assignamus.  In  memorala 
itaque  Provincia  Dalmatiae  numerahuntur  in  posterum  Archie- 
piscopalis  Jadrensis,  et  ejus  SufFraganeae  Episcopales  Eccle- 
siae Spalatensis  cum  sua  Concathedrali  Macharskensi,  Ragu- 
sina,  Sebenicensis,  Cattarensis  et  Pharensis.  In  provincia 
Islriae  extabunl  Episcopales  Sedes  Goritiensis  seu  Gradiscana, 
Tergeslina  cum  sua  Concathedrali  Justinopolitana,  Parentina 
cum  Concathedrali  Polensi  ac  Veglensi.  Ex  enunciatis  interea 
Ecclesiis  in  Provincia  Istriae  perstabunt  Apostolicae  Sedi, 
prout  sunt  in  praesens  immediate  subjectae  Goritiensis  et 
Tergestina,  Parentina  vero  Ecclesiae  Patriarchali  Venetiarum, 
et  Veglensìs  Metropolitanae  Jadrensi,  Suffraganealus  jure 
suberunt,  donec  aliter  ab  Apostolica  Sede  sancitum  non  fue- 


—  515  — 

rit.  Ecclesiae  aulem  Justinopolitana  et  Polensis  eodeni  ac 
respectivae  Concathedralis  jure  quoad  sufl'raganealiim  cense- 
bunlur,  deleta  qualibet  erga  diversum  Metropolilanum  earum- 
dem  praeseiUi  subjectione.  Porro  de  Capitulorum  Calhedralium 
ordinatione  sequentia  decernimus:  Metropolitanae  Ecclesiae 
Jadrensis  Capitulum  ex  Iribus  constabit  Dignitalibus,  Prae- 
posito  scilicet  prima  post  Ponlifìcalem,  secunda  Archidiaco- 
nalu,  ac  Decanalu  tertia,  simulque  ex  quinque  Canonicatibus; 
Capitola  vero  Episcopalium  Ecclesianim  Goritiehsis  ac  Ter- 
gestinae  Tres  pariter  numerabunt  Dignitates,  nempe  Prae- 
posituram,  Archidiaconatum  et  Decanalum,  nec  non  quatuor 
Canonicatus.  Demum  Capilula  Ecclesiarum  Ragusinae,  Spa- 
latensis^  Sebenicensis,  Cattarensis,  Pharensis,  Parentinae^  et 
Veglensis  constituentur  ex  duabus  Dignitatibus,  nimirum  Prae- 
positura^  ac  Decanatu,  et  ex  quatuor  Canonicatibus.  Erunt 
pariter  in  meraoralis  Capilulis  Jadrensi,  Goritiensi,  ac  Ter- 
gestino  sex,  in  reliquis  vero  quatuor  Vicarii  seu  Praebendarii, 
qui  praesto  sint  servitio  Chori  et  Sacrorura  Procurationi. 
Quod  si  in  aliqua  ex  praedictis  Ecclesiis  aliqui  Dignilariì, 
Canonici  et  Vicarii  seu  Praebendarii  legitime  instiluti  adhuc 
in  praesens  reperiantur,  qui  numerum  prò  respectivo  ipsorum 
ordine  praesentibus  praefinitum  excedant,  in  hoc  casu  ii,  qui 
omnium  postremi  Beneficii  possessionem  adepti  fuerint,  suis 
quidem  sede,  loco,  suffragio,  aliisque  luribus  et  praerogativis 
frui,  reditibusque  in  ea  quantitate,  quam  nunc  percipiunt, 
gaudere  pergent,  donec  vixerint,  sed  eorum  Beneficia,  quan- 
documque  vacaverint,  nulli  alteri  poterunt  conferri,  ut  ita 
praestitutus  numerus  in  quolibet  Capitulo  tandem  habeatur. 
Quodsi  ipsorum  aliquis  maluerit  loco  cedere,  soque  a  Bene- 
ficio abdicare,  congrua  Pensio  prò  actuali  ipsius  Beneficii 
Censu  eidem  persolvetur.  Hujusmodi  autem  vel  actualem  Be- 
neficii reddilum  vel  Pensionem  amittent  omnes  illi,  qui  intra 
praefinitum  numerum  obtinebunt  Beneficium,  cujus  statutum 
censum  percipient.  Binos  aulem  ex  Canonicis  cujusque  Cathe- 
dralis  Capiluli  adsciscent  Episcopi,  qui  Poenitentìarii  ac  Theo- 
logì  muneribus  juxta  Sedis  Apostolicae  Constitutiones  fun- 
gantur.  Utque  Sacrorum  splendidus  apparatus  augeri  valeat^ 
facultatem  Episcopis  impertimur  Ecclesiasticos  viros  in  sacris 
Ordinibus  conslitutos  ex  Majestatis  suae  consensu  adsciscendi 
in  Canonicos  Honorarios,  qui  statutum  Canonicorum  Capitu- 
larium  numerum  non  excedant,  quique  licet  residentiae  legi- 
bus   non   adstricti,   Chorali   tamen    habitu  et  stallo  fruanlur^ 


—  516  — 

absque  ullo  emolumento,  niillumque  habeanl  suffragii  jus,  ne- 
que  facultalem  Capilularibus  Convenlibiis  Comiliìsque  adstandi. 
Capilula  demum  Justinopolitanae,  Polensis  ac  Macharskensis 
Ecclesiarum,  quae  uli  Concalhedrales  conservabunlur,  eodem 
numero  Capitularium  constabunl,  qui  praefinitus  est  prò  Ec- 
clesia Calhedrali,  cui  ipsae  erunt  unitae.  Ad  consulendum 
vero  post  enuntiatas  immutaliones  felici  Capilulorum  slatui 
ac  regimini  curabit  quilibet  Antistes  peculiaria  a  singulis 
Canonicorum  CoUegiis  ordinari  statala,  quibus  ex  Sacrorum 
Canonum  et  Synodalium  dispositionum  perscripto  salubriter  de 
recto  divini  Cultus  servitio,  ac  de  propriis  muneribus  rite  obeun- 
dis  caulum  sit,  eademque  postea  ab  unoquoque  Antistile  san- 
cienda  ac  probanda  erunt,  ac  demum  autbentica  horum  exem- 
pla  ad  Aposlolicam  Sedem  Iransmittenda.  Ex  fidelium  aulem 
religione  confidimus,  utilia  pietatis  inslilula  et  numerum  eliam 
Beneficiorum  Choralium  «uclura  iri  accedente  in  ipsorum 
tuitìonem  pientissimì  Principis  consensu.  Capitula  suppressa- 
rum  Cathedralium  Traguriensis,  Auxerensis,  et  Aemoniensis 
(cum  haec  locum  ut  supra  habuerinl)  redigentur  ad  Gapitula 
Ecclesiarum  Coliegialarum  et  in  earum  singulis  Archipresbyler 
curam  animarum  Parochianorum  exercens,  et  quique  Canonici 
numerabuntur;  statuta  prò  iisdem  ab  Episcopis  conficienlur 
auditis  Interesse  habentibus.  Ne  autem  ex  imminuto  Pastorum 
numero  difficullas  oriatur  in  Dioecesium  procuratione  ob  ma- 
jorem  Episcopalis  Curiae  longinquitatem,  caulum  erit^  ut  ne- 
dum  in  Concalhedralibus  retineantur  Vicarii  generales,  sed 
insuper  in  Civitatibus  Cursolarum,  Tragurii,  Arbe,  Aemoniae 
et  Auxeri  Pro -Vicarii  generales  constituantur,  qui  ampliori- 
bus,  quam  Vicari  Foranei  facuUatibus  praedili  necessitatibus 
Populorum  praesto  esse  possint,  quin  oporteat  eos  longis 
itineribus  ad  Curiam  generalem  accedere,  ac  licentias  proinde 
de  nubendo  post  rite  probatam  libertalem  status  concedere, 
facultales  subdelegare  prò  absolutione  a  casibus  reservatis, 
aliaque  id  genus  agere  valeant.  quae  longiorem  moram  band 
patiantur,  delata  iisdem  Pro-Vicariis  auctoritate  ab  Episcopis, 
proul  satius  expedire  censuerìnt,  ad  quos  id  eliam  speclabit, 
Loca  et  Paroecias  definire,  in  quibus  dicti  Pro-Vicarii  hac 
sibi  communicata  auctoritate  uti  poterunt.  Pari  insuper  ex 
ratione ,  inspecta  Dioecesis  Spalatensis  ob  Macharskensis 
accessionem  amplitudine,  ad  sacramentorum  adminislrationem, 
quae  sunt  ordinis  episcopalis,  fidelibus  ibidem  degentibus 
facilius  procurandam  Vicarius  generalis  in  Civitate    Machar- 


—  517  — 

skae  staluelur,  qui  aliquo  lilulo  Episcopali  in  partibus  Infi- 
delium  modo  et  forma  consuelis  ab  apostolica  Sede  exor- 
nalus  Episcopi  auxiliaris  miinus  geret,  gaudebitque  prima 
Cathedralis  Capitali  Dignilate  alque  ullerius  Pensione  in  Sup- 
plementum  Congruae  ad  Dignilalem  Episcopalem  luendam 
eidem  assignanda  edito  in  quovis  peculiari  casu  per  Nostram 
Congregationem  Consistorialem  decreto.  Volentes  nunc  ad  no- 
vam  Dioecesium  circumscriptionem  procedere,  ut  singularum 
distinctis  fìnibus  quaestiones  omnes  auferantur,  circa  spiri- 
lualis  jurisdictionis  exercitium,  earum  dislributionem  ac  di- 
visionem  de  Apostolìcae  potestatis  plenitudine  decernimus, 
praescribimus  et  consiituimus  juxta  eum,  qui  sequitur,  modum: 
videlicel  Dioecesis  Metropolitanae  Ecclesiae  Jadrensis  con- 
stabit  ex  universa,  qua  in  praesens  gaudel,  Dioecesi,  nec  non 
ex  integro  Territorio  suppressae  Episcopalis  Ecclesiae  ac 
Dioecesis  Nonnensis.  Dioecesis  Episcopalis  Ecclesiae  Spala- 
lensis  praeter  Paroecias  ipsius  Givitatis  Spalati  efFormabitur 
ex  locis  in  eadem  Dioecesi  actu  comprehensis,  dempta  tamen 
Kievensi  Paroecia  alteri  Dioecesi  attribuenda,  nec  non  ex 
novem  Paroeciis  suppressae  Dioecesis  Traguriensis,  nimirum 
ipsius  Givitatis  Tragurii,  ac  Locorum,  Seghetti,  Okrugh,  Hedno, 
Castri  Stiphilei,  Castri  novi,  Castri  veleris,  Castri  Vitturi,  et 
Zirona;  ac  demum  ex  paroeciis  Dioecesis  Macharskensis  Eccle- 
siae eidem  uli  Concalhedralis  per  praesentes  unilae.  Dioecesis 
Episcopalis  Ecclesiae  Sebenicensis  actualem  suam  Dioecesini 
complectelur  unacum  Scardonensis  Dioecesis  Territorio  alque 
Undecim  Paroeciis  suppressae  Dioecesis  Traguriensis  nimirum  : 
Bossiglino,  Pargomet,  Liechievizza,  Berstranova.  Ogoye,  Zoor- 
glievo,  Visoka,  SuhidoI,  Gliubitorizza,  Bistirizze,  et  Blisna^ 
illisque  accedat  Parecia  Kievensis  ex  Dioecesi  Spalatensi 
sejuncta.  Dioecesis  Ecclesine  Episcopalis  Ragusinae  consli- 
tuelur  ex  praesenli  sua  Dioecesi  unacum  suppressae  Curso- 
lensis  Dioecesis  Territorio.  Dioecesi  Episcopalis  Ecclesiae 
Pharensis  eodem  ac  in  praesenti  stalu  integra  remanebit. 
Dioecesis  Ecclesiae  Episcopalis  Catlarensis  praeter  Paroecias, 
quibus  nunc  constat,  complectelur  etiam  Paroeciam  Budue., 
quam  idcirco  ex  Dioecesi  Antibarensi  sejunctam  declaramus. 
Dioecesis  Episcopalis  Ecclesiae  Goritiensis  seu  Gradiscanae 
efformabilur  ex  praesenti  ejusdem  Dioecesano  Territorio,  e 
quo  demetur  Paroecia  loci  Prosecco,  alteri  dioecesi  accensenda, 
nec  non  ex  Pareciis  jam  antea  ipsi  adjectis  juxta  disposi- 
liones  Litterarum  Apostolicarum  ree.  Memoriae  Pii  PP.  Sep- 


—  518  — 

timi  Praedecessoris  Nostri,  quarum  initium  :  De  salute  Do- 
minici Gregis  :  super  nova  Veneliarum  Dioecesium  ordinatione 
editarura.  Dioecesis  Episcopalis  Ecclesiae  Tergestinae  praeter 
eam,  qua  nunc  gaudet^  complecletur  universam  Justinopoli- 
tanae  Ecclesiae  Dioecesim,  quae  eidem  Concathedrali  est 
attribuita,  nec  non  Dioecesis  Aemoniensis  Territorium  (nunc 
prò  tunc,  quando  haec  Ecclesia  vacaveril)  nec  non  Pareciara 
Prosecco,  a  Dioecesi  Goritiensi  segregatara.,  atque  Undecim 
Parecias  a  Dioecesi  Parentina  disjunclas,  nimirum:  Sanctae 
Mariae  Majoris  Pinguenti,  S.ti  Bartholomei  Retii,  Sorignaii, 
Lanische,  Bragusch,  Culmi,  Razzize,  Vuch,  Grinaldae,  Zu- 
mesci  et  Stridoniae.  Dioecesis  Ecclesiae  Episcopalis  Paren- 
tinae  constiluetur  ex  civitate  ipsa,  et  ex  praesenti  ipsius 
Dioecesi,  demptis  enunciatis  Pareciis  in  Dioecesim  Terges- 
tinam  collatis,  nec  non  ex  Dioecesi  Episcopalis  Ecclesiae 
Polensis,  quae  Concalhedralis  eidem  Parentinae  Ecclesiae  est 
renunciata.  Dioecesis  demum  Episcopalis  Ecclesiae  Veglensis 
constabit  ex  sua  praesenti  Dioecesi,  nec  non  ex  adjeclo  sup- 
pressarum  Dioecesium  Arbensis  et  Auxerensis  Territorio. 
Hisce  nunc  constabilitis  praevia  disjunctione  ac  exemptione 
Ecclesiarum^  Monasteriorum,  Pareciarura,  Personarumque  om- 
nium ordinum  (non  tamen  exemptarum)  a  respectiva  ordi- 
naria jurisdictione,  potestate  ac  superioritate  priorum  Antisti- 
tum  juxta  sancitas  hucusque  Dioecesium  immutationes  Nos 
Habitatores  et  Incolas  nec  non  Parecias  et  Monasterìa  aliaque 
omnia  in  constitutione  novarura  Dioecesium  superius  memo- 
rata (salvis  exemptionibus  cuillbet  dejure  legitime  pertinen- 
lìbus)  Archiepiscopo  Jadrensi,  ac  Episcopis  Spalatensi,  Ra- 
gusino,  Sebenicensi,  Pharensi,  Cattarensi,  Goritiensi  seu 
Gradiscano,  Tergestino,  Parentino  et  Veglensi  prò  suis  res- 
pective  Civitate^  Territorio^  Dioecesi,  Clero  ac  Populo  per- 
petuo assignamus  supponìmus  atque  subjicimus,  seminarla 
Puerorum  ecclesiastica  idoneo  Censu  ex  eo,  quem  in  Rei 
sacrae  ìmpensas  Imperialis  ac  Regia  Majestas  sua  tribuium 
voluit,  opportune  dilanda  in  Metropolitana  Jadrensi,  et  in 
Episcopali  Spalatensi  Ecclesiis  constituentur,  ut  ibidem  juxta 
Concilii  Tridentini  perscriptiones  sacris  disciplinis  ad  Eccle- 
siastica Ministeria  rile  erudianlur,  nedum  Dioecesanì  Alumni, 
sed  etiam  aliarum  Dioecesium  Adolescentes,  quae  Seminario 
careni,  iisdem,  quoad  vires  suppetant,  favoribus  ac  Dioece- 
sani  prò  impensarum  imminulione  protegendi.  Goritiensis  au- 
lem  seu  Gradiscana,  Tergestina,  Parentina  et  Veglensis  Ec- 


—  519  — 

clesìae  propria  relìnebunl  Seraìnaria,  quorum  reddilus  ex 
nniendis  adjeclarum  Ecclesiarum  Seminariìs  augebunlur.  In 
hujusmodi  Seminariorum  regimine  lum  quoad  rectam  alum- 
norum  instructionem  ac  discipiinam,  lum  quoad  utilem  Census 
procuralionem  jura  Episcoporum  ad  formam  Concilii  Triden- 
tini et  Aposlolicarum  constilutionum  sarta  tecta  manebunt. 
lllarum  insuper  Ecclesiarum  Episcopi^  quae  Seminariis  careni, 
polerunl  eadem  erigere,  si  vires  suppelanl,  haud  abnuenle 
prò  suo  pietalis  studio  Serenissimo  Imperatore,  ac  Religione 
in  id  connilenle  Fidelium,  quibus  liberum  eril,  quo  lubeat 
aclu  Seminariis  vel  erigendis  vel  Censu  augendis  consulere. 
Ex  Episcopatuum,  Capitulorum  et  Cathedralium  Ecclesiarum 
patrimoniis  aclu  existentibus,  nec  non  ex  reddilibus,  quos  ad 
Archiepiscopatus  et  Episcopatuum  Ecclesiarumque  Cathedra- 
lium et  Capitulorum  tuitionem  in  supplemenlum  necessari! 
Census  Imperialis  Regia  Majestas  suo  in  Relìgionem  studio 
liberaliter  est  pollicita,  Congruae  respeclive  doles  assigna- 
buntur,  eaedemque  ut  in  fundis  stabilibus  tradanlur,  cum  pri- 
mis curabitur.  Census  prò  Archiepiscopo  Jadrensi  duodecim 
mille  florenis,  prò  Raguslno  et  Spalatensi  Episcopis  octo 
mille  florenis,  prò  Sebenicensi  florenis  sex  mille,  et  quin- 
que  mille  florenis  prò  Cattarensi  respeclive  constabil;  eoe- 
leris  Episcopis  Pharensi,  Goritiensi  seu  Gradiscano,  Terge- 
slino,  Parentino  ac  Veglensi  iidem,  quibus  nunc  fruunlur, 
Census  absque  ulla  immutatione  relinquuntur,  qui  si  suslen- 
landis  Episcopalus  oneribus  impares  sint,  congruis  supple- 
menlis  augebuntur.  De  Capitulorum  vero  Censu  haec  cauta 
sunt:  prò  Jadrensis  Capituli  Praepositura  prima  Dignilale 
floreni  mille  et  quingenti,  prò  secunda  Archidìaconalus  mille 
et  quatuor  centum;  ac  prò  lertia  Decanalus  Dignilale  mille 
et  biscenlum  floreni,  prò  singulis  vero  quinque  Canonicalibus 
floreni  mille  annuum  redditum  conslituunt.  Capitulorum  Ra- 
gusini  et  Spalatensis  Praeposilurae  mille  biscenlum  floreni, 
Decanalui  floreni  milk,  et  cuilibet  ex  quatuor  canonicalibus 
octingenli  floreni  annuatim  respeclive  assignanlur  ;  prò  Se- 
benicensi Praepositura  prima  Dignilale  floreni  mille,  prò  se- 
cunda noningenti  floreni,  et  prò  singulis  ex  quatuor  Canoni- 
calibus annui  floreni  sexcenlum  decernuntur;  Cattarensi  Ca- 
pitulo  prò  Praepositura  octingenli,  prò  Decanalu  seplingenli, 
et  prò  quolibet  ex  quatuor  Canonicalibus  soxcentum  floreni 
annuatium  constiluuntur.  Pro  celeris  vero  Capìlulis  Pharensi, 
Goritiensi  seu  Gradiscano,  Tergestino,  Parentino,  et  Veglensi, 


—  520  — 

inspecto  actuali  ìpsorum  Patrimonio,  infradicendus  Exequutor 
eongruam  juxta  superius  praefinituni  Capitularium  numerum 
dislribulionem  rediluuni  prò  respeclivis  Praebendis  decernei, 
quae  dislribulio  sensim  prò  rata  exequulioni  deraandabitur, 
prout  ex  legilimo  jure  illorum  beneficia  vacare  conligeril; 
qui  ultra  statulum  Capitularium  numerum  ex  veteribus  per- 
censebuntur^  suam  pristinam  Praebendam  retinebunt.  Ex  me- 
morato enim  Censu  actuales  Prebendae  desumendae  erunt 
juxta  ea,  quae  superius  fuerunt  adnotata.  Capitula  vero,  quae 
uti  Goncathedralia  perstabunt,  et  ea,  quae  in  Collegiatas  Ec- 
clesias  redigenlur,  pristino  gaudebunt  Patrimonio,  quod  ab 
harum  Litterarum  Exequulore  collatis  cum  respeclivo  Ordi- 
nario consiliis  in  congruas  Praebendas  prò  statuto  Capitularium 
numero  distribuetur.  Pro  Vicariorum  autem  seu  Praebenda- 
torum  decenti  Congrua,  prò  aedium  Calhedralium  lum  per- 
stantium  tum  suppressarum  tuitione,  prò  impensis  in  divinum 
Cultum,  Sacrorumque  curalionem,  itemque  prò  Episcopalium 
Curiarum  sumptibus,  dotes  diligenter  sancientur.  Pro  Ecclesiis 
Istriae  in  Adriatici  Littore  patrimonia,  quibus  actu  potiuntur, 
in  eas  causas  addicentur,  quae  Patrimonia,  ubi  temporum 
ratio  palialur  et  Pienlissimi  Principis  liberalitate  auclum  iri  con- 
fidimus.  FeJiciori  insuper  Parochorum  condilioni,  ubi  neces- 
sitas  poslulet,  opportune  prospiciendum  judicantes  pietatem 
Imperialis  Regiae  Majeslatis  suae  in  tantum  opus  appeila- 
mus,  minime  dubitanles,  qui  in  id  etiam  apprime  consultum 
exoplet;  prò  apliori  etenim,  ubi  opus  sit,  Pareciarum  divi- 
sione facullates  infradicendo  Exequutori  imperlimur,  ut  re 
cum  Ordinariis  conciliata,  quod  in  populorum  commoditatem 
verlat,  opporlune  possit  decernere.  Quando  Sedes  vacabunt, 
Vicarius  Capilularis  Ecclesiarum,  quibus  aliae  Concalhedrales 
sunt  unitae,  regimen  tenebit  etiam  Concathedralis;  cujus 
proinde  Capitulum  non  poterit  Vicarium  Capilularem  sibi  eli- 
gere,  attamen  novi  Episcopi  possessionem  delati  sibi  muneris 
in  iis  quoque  Ecclesiis  suscipient,  curabuntque  per  aliquod 
anni  tempus,  ac  praesertim  in  Sanctorum  Titularium  solemni- 
tatibus  ibidem  residere.  Designatio  titularis  in  partibus  Infì- 
delium  Episcopi,  qui  uti  auxiliaris  in  civitate  Macharskae  de- 
beat residere,  iis  legibus  conficietur  quibus  coeleri  in  Sere- 
nissimae  Austriacae  Domus  ditionibus  auxiìiares  Episcopi  ad 
Pontificalia  peragenda  adsciscuntur.  Ad  consulendum  prae- 
terea  utilitati  Populorum,  sicut  supra  respectivis  Antislilibus 
subjectorum^  praecipimus  ut  omnia  et  singula  documenta  res- 


—  521  — 

picienliaEcclesìas^  Parecias  el  Loca,  ut  supra,  dismeoibrata  ac  de 
novo  applicala  a  Velerihus  Cancellariis  exlrahì  et  Cancellariis 
Dioecesium,  quibus  illa  conjuncla  erunt,  opportuna  forma  Iradi, 
alque  in  bis  perpetuo  debeant  assorvari.Mandamus  pariter,  ut  ha- 
bita  ratione  novi  status  ac  reddituum  Mensarum  Arcbiepiscopalis 
et  Episcopalium  eaedem  congruenter  sint  taxatae,  earumque 
taxa  in  Libris  Camerae  Apostolicae  debeat  de  more  describi. 
Ut  autem  cuncla  a  Nobis  ut  supra  disposila  rite,  feliciterac 
celeriter  ad  optalum  exilum  perducantur  Venerabilibus  Fra- 
tribus  Josepho  Wallnnd  Episcopo  Goritiensi  seù  Gradiscano 
atque  Antonio  Aloysio  Wolf  Episcopo  Labacensi  quos  in 
praesentium  Lilterarum  Exequutores  eligimus  ac  deputamus, 
omnes  et  singulas  necessarias  et  opportunas  concedimus  fa- 
cultates,  ut  etiam  ubi  opus  fuerit,  per  alios  Viros  ecclesia- 
stica Dignitate  praefulgentes  ab  iis  speciaiiter  sul)delegandos 
cuncta  superius  ordinata  peragere,  statuere,  disponere,  de- 
cernere, ac  super  quacumque  oppositione  adversus  praemissa 
in  aclu  executionis  quomodolibet  forsan  oritura  agnoscere, 
ac  definitive  pronunciare  libere  ac  licite  possint  et  valeant. 
Eisdem  quoque  Josepho  et  Antonio  Aloysio  Episcopis  ex- 
presse injungimus,  ac  mandamus,  ut  exempla  singulorum 
Actorum  tam  per  se,  quam  per  ab  iis  subdelegatos  in  prae- 
sentium Lilterarum  Exequutionem  conficiendorum  intra  Qua- 
drimestre ab  expleta  ipsarum  executione  ad  hanc  Apostolicam 
Sedem  in  authentica  forma  transmittant,  in  Archivio  Gongre- 
galionis  rebus  Consistorialibus  praepositae  de  more  asser- 
vanda.  Praesentes  antem  Litteras,  el  in  iis  contenta  et  staluta 
quaecumque,  etiam  ex  eo,  quod  quilibet  interesse  habentes 
vel  habere  praetendcntes  auditi  non  fuerint,  ac  praemissis 
non  consenserint^  elìamsi  expressa  specifica  et  individua  men- 
tione  digni  sint,  nullo  unquam  tempore  de  subreptionis  vel 
obreptionis  aut  nullitalis  villo  seu  intentionis  Nostrae  vel 
quolibet  alio  licei  substantiali  et  inexcogitato  defectu  nolari, 
impugnari  vel  in  coiitroversiam  vocari  posse,  sed  eas  tan- 
quam  ex  certa  scienlia  ac  Potestatis  plenitudine  Nostris  factas 
et  emanatas  perpetuo  validas  et  efficaces  existere  et  fore, 
suosque  plenarios  et  inlegros  effectus  sorliri  et  obtinere, 
atque  ab  omnibus,  ad  quos  special,  inviolabiliter  observari 
debere,  et  si  secus  super  his  a  quoquam  quavis  auctoritate 
scienter  vel  ignoranler  contigerit  attentari,  irritum  prorsus 
el  innane  esse  ac  fore  volumus  e^tque  decernimu?  non  ob- 
gtantibus  de  jure  quaesìto    non    tollendo    de    suppressionibus 


—  522  — 

commiltendìs  ad  parles  vocatis,  quorum  interest,  alìisque 
Noslris  et  Cancellariae  Apostolicae  regulis,  nec  non  supra- 
diclarum  Ecclesiarum  etiani  juramento,  Confirmatione  Apos- 
tolica, vel  quavis  alia  firaiitate  roboratis  stalutis,  et  consue- 
ludinibus  etiam  immeaiorabilibus,  privilegiis  quoque,  indultis 
et  concessionìbus  quanivis  individua  menlione  dignis  oinni- 
busque  et  singulis  Apostolicis,  ac  in  Synodalibus,  Provincia- 
libus,  universalibusque  Conciliis  editis  specialibus  vel  gene- 
ralibus  Constilulionibus  et  Ordinalionibus.  Quibus  omnibus  et 
singulis  eorumque  tolis  tenoribus  ac  formis  etiamsi  specialis 
mentio  seu  quaevis  expressio  habenda  aut  aliqua  alia  exqui- 
sita  forma  servanda  foret,  ipsorum  tenores  praesentibus  prò 
expressis  habentes  ad  praemissorum  omnium  et  singulorum 
efFectum  latissime  et  pienissime  ac  speciaiiter  et  expresse  de- 
rogamus,  coeterisque  contrariis  quibuscumque.  Praetereavo- 
lumus,  ut  harum  Litterarura  Nostrarum  transumptis  etiam  im- 
pressis  manu  tamen  alicujus  Nolani  publici  subscriplis  et 
sigillo  personae  in  Ecclesiastica  Dignitate  conslitutae  munitis 
eadem  prorsus  fides  ubique  adhibeatur,  quae  ipsis  praesen- 
tibus adhiberetur,  si  forent  exibìtae  et  oslengae.  Nulli  ergo 
omnino  homini  liceat  hanc  Paginam  Nostrae  Suppressionis, 
Extinctionis^  Annulationis ,  Dismembralionis,  Disjunctionis, 
Separalionis^  Aggregationis^  Unionis,  Erectionis,  Appiicatìo- 
nis,  Circumscriptionis,  Concessionis,  Assignationis,  Subjec- 
tionis,  Altribulionis^  Statuti,  Indulti,  Declarationis,  Deputationis, 
Commissionis,  Mandati,  Decreti,  Derogationis.  ac  Voluntalis 
infringere,  vel  ei  ausu  temerario  contraire.  Si  quis  autem  hoc 
attentare  praesumpserit,  indignationem  omnipotentisDei  ac  Bea- 
lorum  Petri  et  Pauli  Apostolorum  Ejus  se  noverit  incursurum. 

Dalum  Romae  apud  Sanclum  Petrum  Anno  Incarnationis 
Dominicae  Millesimo  Octingentesimo  Yigesimo  Gelavo  Pridie 
kalendas  Julii  Pontificatus  Nostri  Anno  Quinto  :  Loco  -J-  Plumbi  : 
Super  quibus  quidam  Litteris  ego  Nolarius  publicus  pracsens 
Transumptum  confeci  H  signavi  praesentibus  D.  D.  Germano 
et  Damaso  Testa  Testibus  eie. 

Concord,  cum  Orig.  Alex.  Macioli  m.  p.  Offlc.  Dep. 
(L.  S.)  B.  Cardinalis  Pacca  m.  p.  Prodat. 

Ita  est  Joseph  Battaglia  m.  p.  Not.  Apost.  (L.  S.) 
Concordai  cum  Originali. 

VIENNAE,  11  Octobris  1829. 
ViNCENTius    Eyssen    m.    p     Caes.    Reg.    Cancellariae 
Aulicae  Unilae,  Regislraturae  Director. 


—  523  — 

Hìs  Lilterìs  Aposlolìcis,  in  quanlum  lenor  enrum  juribus 
Summi  Principis  ac  Legibiis  ol  Ordinalionìhus  caesareo-regiis 
non  adversalur,  placelum  regiuin  conccdilur.  I*er  Sacram  Gaes. 
Reg.  Majest.  Dalum  Vindohonae  die  11   Oclohrìs    1829. 

Antonius  Bonifacius  di  Cavallar  m.  p. 
Concordat  cum  Originali. 

TERGESTI,  H  Novembris  1829. 
Nic.  Calligarich  m.  p.  Expedilurae  Gubernialis  Director. 


Lettera  scritta  dal  Bano  Paolo  il  di  16  giugno  1311  al  Sommo 
PonleDce  Clemente  V  in  favor  dei  Zaralini 

Sanclissimo  in  Chrìsto  patri  et  domino  domino  CLEMENTI 
divina  providenlia  sacrosancle  Romane  ecclesie  summo  ac 
universali  pontifici,  domino  suo  plurimum  reverendo,  Paulus 
bonus  Chroatorum  et  dominus  Bosne  pedum  oscula  beatorum 
cum  prontitudine  serviendo.  Quia  non  qui  inceperit  sed  quod 
perseveraverit,  recipit  bravium,  ac  illud  presertim  pium  est 
laudandum,  quod  fine  clauditur  meliori,  idcirco  in  devotione 
debita  permanere,  et  cum  prompta  ac  fidali  continuatìone 
servitiis  servitia  accumulare,  vestreque  sanclitatis  mandatis 
et  preceptis,  non  parcendo  periculis  et  expensis,  per  omnia 
cupiens  obedire,  considerans  veslre  dominalionis  centra  Ve- 
netos  latas  sentenlias,  ac  eorum  visa  protervia  et  duritia, 
et  honorem  et  gloriam  sancte  malris  ecclesie  in  medium 
Jadratinorum  noslrorum  devolorum  et  fidelium,  qui  vestre 
sanctitatìs  speciali  ducti  fiducia  a  Venetorum  violento  domìnio 
recedentes  ad  libertalem  debitam  pervenerunt:  requisitus  per 
eosdem,  meum  primogenitum  banum  Mladinum,  banum  Bos- 
nensium  misi  cum  potentia  ad  defendendum  et  manulenendum 
et  protegendum  predictos  Jadralinos,  tanquam  obedienlie  filios 
et  devotos,  centra  Venetos  supradiclos.  Sane  quia  dicti  Veneti 
continuo  tenent  galeas  armatas  ante  Jadram  in  insulas  ipso- 
rum  devastando,  nec  habeam  ad  presens  galeas  ad  obvian- 
dum  eisdem  hostiliter,  sicut  decet    rebellibus    ecclesie,  san- 


—  524  — 

ditali  veslre  placcai  de  benignitale  consueta  talKer  soper 
hec  providere,  quod  dici!  Jadralini,  fideies  vestri  et  devoti^ 
non  possint  nec  valeant  per  diclos  Venetos  vel  per  aliquos 
amicos  et  faulores  eorum,  prece  et  precio  infectos,  modo 
aiiquo  agravari  vel  aliqualiler  molestar!,  cum  aliqui  oblili  sue 
salutis  proprie  et  mandati  vicarii  Jesu  Christi,  tam  apud  Fer- 
rarium  ausu  temerario  se  opposuerunt  loto  posse  manifeste, 
quam  hic  opponere  centra  nos  videanlur;  sed  quod  liberici 
securi  prefati  Jadratini  veslre  sanctitalis  mediante  auxilio, 
Consilio,  prolectioni  speciali  et  favore  sicque  protegantur, 
quod  alii  exinde  speculum  et  exemplum  habcant,  similia  sino 
esilationc  aliqua  securius  faciendi,  ac  vostre  sanctitalis  be- 
neplacilis  et  mandatis  per  omnia  cum  obedientia  debita  com- 
placenda,  et  quod  Veneti  autedicti  de  sua  protervia  non  pos- 
sint amplius  gloriarla  sed  eorum  pena  et  correctio  sii  metus 
mullorum,  et  deinceps  non  attentel  aliquis  ac  presumal  similias 
contra  Romanum  Ponlificem  et  universale  dominium  perpe- 
trare domino  concedente. 

Dalum  Scardone  die  XVI  Junii. 


Lettera  di  Carlo  re  d'  Ungheria,  diretta  il  IO  ottobre  ISli  al 
PoDterice  Clemente  Y  in  Tavor  dei  Zaratini. 

Santissimo  patri  et  domino  domino  CLEMENTI  divina 
providentia  sancte  Romane  ac  universalis  ecclesie  summo 
pontifici.  Carolus  per  camdem  Hungarie,  Dalmatie,  Chroalie, 
Ramie,  Servio,  Gallitie,  Lodomerie,  Comanie.  Bulgarieque  rex, 
princeps  Salernitanus,  et  honoris  mentis  sancii  Angeli  domi- 
nus,  cum  summa  reverentia  et  obedientia  devota  pedum  os- 
cula bealorum.  Apud  veslre  sanctitalis  excellentiam  presen- 
libus  desidero  palefieri,  quod  civitas  Jadriensis,  que  est  de 
regno  Ungarie,  quam  Veneti  a  multis  temporibus  jam  elepsis 
potentialiter  occupatam  tenuerunt,  nunc  de  dicto  nostro  regno 
exislens  et  se  esse  recognoscens  ad  nostrum  dominium  cum 
omni  fidelitate  est  reversa,  propler  quod  ipsam  Veneti  su- 
pradicli  inquietant  et  molestant  obsidendo,  et  jura  ipsius, 
possessiones  et  insulas  in  ipsornm  prejudicium  occupando. 
Quare    veslre    sanctitalis    reverentiam    devotis    et    humilimis 


—  525  -^ 

precum  inslanliis  requiro  cordis  inlimo  cum  cffectu,  qualenns 
dignelur  veslra  snnclilas  ipsis  Venelis  injnngerc  ci  precipere 
firmiter  et  dislricle,  ut  de  celerò  ipsi  Veneti  prediclos  Ja- 
drienses  in  nullo  presumant  molestare,  nec  eadem  civitalem 
ohsidere,  et  ut  omnia  per  ipsos  Venetos  indebite  occupala 
in  insulis  et  in  aliis  eorum  possessionibus^  Jadriensibus  re- 
stituant  et  resignent  Jadriensibus  anledictis.  Celerà  veslre 
sanctilali  refferenda  commisimns  Jacobo  latori,  presenlium, 
cujus  verbis  dignetur  veslra  sanclilas  fidem  credulam  adhibere. 
Data  prope  Velgralum  (Vdijailz)  sexto  idus  mensis  oc- 
lubrls. 


lettera  di  Innocenzo  VI  di  data  30  luglio  13S7,  diretta  al  Legato 

Apostolico  Androino,  con  la  quale  gli  ordina  di  obbligare  i  Veneti 

a  risarcire  i  danni  da  loro  cagionati  alla  chiesa  e  al   convento 

dei  ss.  Cosmo  e  Damiano  di  Tkon. 

INNOCENTIUS  Episcopus  servus  servorum  Dei  Dilecto 
(ìlio  Androyno  abbati  monasterii  Cluniacensis,  Malisconensis 
dyocesis,  apostolìcae  sedis  legato,  salulem  et  apostolicam 
benedictionem. 

Peticio  prò  parie  dilecti  fìlli  Gregorii  abbatis  monasterii 
sanctorum  Cosme  et  Damiani  ordinis  sancii  Benedicli,  Ja- 
drensis  dyocesis,  nobis  exhibita  continebat,  quod  ipse  propter 
culpam  nonnullorum  malorum  officialium  dilectorum  fìliorum 
communilatis  Venecie  caslellanensis  dyocesis,  que  in  parlibus 
illis  dominari  consueverat,  adminislrationem  et  regimen  dicti 
monasterii,  cui  lune  vacanh*  dudum  de  persona  cujusdam 
Gregorii  per  felicis  recordalionis  Clementem  papam  VI  pre- 
decessorem  nostrum  provisum  fueral,  ac  bonorum  et  jurium 
ipsius  monasterii  numquam  pacifice  habere  poluit,  quinymo 
ab  ipsis  officialibus  conlra  justiciam  omni  humanilalis  debito 
relegalo  pessime  tractalus,  et  de  ipsorum  expresso  mandalo 
ecclesia  ipsius  monasterii  cum  omnibus  domibus  et  hedificiis 
suis  funditus  subversa,  ac  ejus  jura  et  privilegia  sublata  a 
nonnullis  officialium  predictorum  ex  eisdem  prìvilegiis  bulle 
apostolice  sedis  abstracte  fuerinl^  et  quod  licei  nos  olim  super 
premissis  per  nostras  litteras  duci  Veneciarum,  qui  tunc  eral, 
preces  direximus  et  mandata,  tamen   nonnulli  officiales   dicti 


—  526  — 

ducis^  presentalis  eis  per  dicium  abbalem  eisdem  lillerìs,  el 
per  eum  penilus  obauditis,  peiora  malis  addentes,  dicium 
abbalem  capere  el  carceribus  mancipare  et  aliquandiu  eisdem 
carceribus  mancipalum  delinere,  et  quasdam  domos,  quas  idem 
abbas  prò  sua  et  monachorum  dicti  monasterii  habilatione 
rehedifìcari  fecerat,  dirrui  in  divinam  ofFensara  el  diete  sedis 
conlemplum  ausu  sacrilego  presumserunt  adeo^  quod  ipsi 
abbati  locus  seu  habitatio  non  remansit^  ubi  capud  suum  va- 
leat  reclinare.  Super  quibus  omnibus  idem  abbas  aposlolice 
sedis  reraedium  humiliter  imploravit.  Nos  itaque  ejusdem 
abbatìs  in  hac  parte  supplicationibus  inclinati  discretioni  lue 
per  apostolica  scripta  mandamus,  quatenus  per  te  vel  aliura 
seu  alios,  vocatis  qui  fuerint  evocandi^  et  auditis  simpliciter 
et  de  plano  ac  sine  strepitu  et  figura  judicis  hincinde  pro- 
positi, quod  canonicum  fuerit,  appellatione  remota^  decernas, 
faciens,  quod  decreveris,  per  censuram  ecclesiasticam  firmiter 
observari,  invocalo  ad  hoc,  si  opus  fuerit,  auxilio  brachii 
secularis.  Testes  autem,  qui  fuerint  nominati,  si  se  gralia, 
odio  vel  timore  subtraxerint,  per  censuram  ecclesiasticam 
appellatione  cessante  compellas  veritali  testimonium  perhibere, 
non  obstante  si  aliquibus  comiler  vel  divisim  a  dieta  sede 
sii  indultum,  quod  interdici^  suspendi  vel  excomunicari  non 
possinl  per  lilleras  apostolicas  non  facientes  plenam  et  ex- 
pressam  ac  de  verbo  ad  verbum  de  indulto  hujusmodi  men- 
tionem. 

Datum  apud  Villam  novam  Avinionensis  dyocesis  II  ka- 
lendas  Augusti,  pontificatus  nostri  anno  sexto. 

Da  questo  documento  rilevasi,  che  intorno  al  1350  la  chiesa 
ed  il  convento  dei  ss.  Cosma  e  Damiano  di  Tkon  furono  distrutti 
dai  Veneti,  che  subito  dopo  furono  dall'  abbate  ristaurati,  e  che 
circa  il  1357  furono  di  nuovo  da  essi  smantellati,  e  finalmente  che 
il  Papa  ordinò  fosse  fatta  giustizia  ai  Religiosi  col  risarcimento 
dei  danni  loro  cagionati. 


Privilegio  concesso  alla  città  di  Nona  nel  1200  da  Andrea  Re 
d' angaria  e  Croazia,  e  descrizione  del  territorio  nonese. 

In  nomine  Christi.  Amen.  ANDREAS  Dei  Gratia^  Un- 
gariae,  Dalmatiae,  Croatiae^  Raraae^  Serviae  Rex.  Accedenles 


~  527  — 

ad  noslram  praesenliam  dilecli  fideles  Nostri  Cives  Nonenses, 
humililer  Nobis  supplicarunt,  quod  Civilalem  ipsorum,  quae 
semper  Praecessoribus  Nostris,  Ducibus,  Regibus  et  Rrgno 
fidelis  inGomutabiiiter  exlitit,  Nostris  speeialibus  insignìmus 
graliìs,  et  conservaremiis  in  suis  Liberlatibus  et  Consuetudi- 
nibus  anliquis;  quod  Comitalum^  eorumdem  civilali  perlinen- 
tem,  metis  designaremus  debilis,  ne  in  progressu  cujusque 
temporis  possit  per  aliquos  vicinos  ipsins  occqpari  contra 
voluntatem  et  juslitiam  Civitalis  ejusdem.  Nos  itaque  ipsorum 
nobilium  Civium  fidelitate  conspecla,  quam  eos  per  plures 
Barones  regni  Nostri,  exislenles  in  parlibus  maritiniis^  ad 
Nos  et  Regnum  Nostrum  semper  gessisse  cognovimus,  pe- 
liliones  ipsorum  admisimus  graliose:  Volentes  et  Nostra  auc- 
loritate  Regia  decernentes,  quod  a  modo  in  perpetuum  ipsi 
Cives  ad  suas  voluntates  possint  omni  tempore  eligere  Co- 
mitem  sibi  undecumque  voluerinl,  qui  comes  secundum  con- 
suetudines  civitatis  ipsius,  earadem  quoad  suam  civitatem  et 
territorium,  et  non  aliter,  debeat  judicare;  et  quod  nullus 
Dux,  Banus  vel  Vice-Banus  noster  ipsos  Cives  Nonenses  ad 
suum  possit  judicium  vocare  vel  cogere,  quacumque  de  causa, 
nisi  coram  praedicto  ipsorum  Comite  in  civitale  Nonae^  et 
non  alibi  existente.  Volumus  eliam  quod  nullus  Dux,  Banus 
vel  Vice-Banus  Noster  aut  Baro  quicumque  regni  Nostri,  qui 
noster  esset  Vicarius  in  partibus  maritimis  prò  tempore  con- 
stitutus,  possit  a  civitale  et  civibus  Nonae  aliquod  servilium, 
vel  exationes  quascumque  petere,  nisi  tantum  semel  in  anno, 
si  lum  pervenisse  contigerit  in  civitatem  Nonao  prò  regressu 
aut  regni  negotiis,  expensis  prò  triginta  personis  unius  prandii, 
sive  coenae;  nec  ipse  Dux,  Banus  vel  Vice-Banus  aut  Vi- 
carius, quocumque  cum  majori  hominum  numero,  quam  prae- 
dictis  triginta,  possit  ipsam  civitatem  introire  contra  volun- 
tatem civium  eorumdem.  Volumus  eliam,  quod  si  aliquis  de 
regno  Nostro  diclos  cives  in  aliquo  offenderit,  ofFensor  in  sua 
civitale  miltatur,  ipsius  Comilis  judicio,  sicut  cives  Nonae 
alii  subjacent.  Volumus  etiam,  quod  nullus  Dux,  Banus,  etc. 
possit  in  civitale  Nonae  regio  vel  suo  nomine  munitionem 
ad  suam  tenere  voluntatem.  Volumus  etiam,  et  hoc  de  Gratia 
Regia  facimus  speciali,  quod  cives  Nonenses  de  dandis  Nobis 
seu  Regno  Nostro  obsidibus  perpetuo  sint  exempli,  suisque 
juribus  et  consuetudinibus  antiquis  uli  libere  valeant,  et  eas, 
sicut  eìs  visum  fuerit,  in  suum  melius  commutare.  Ipsi  vero 
cives  Nonae  erunt  Nobis,  et  Nostris  successoribus  fideles  de- 


~  528  — 

voti,  nec  ullo  alio  Nobis  et  Uegiio  tenebuntur  servitio,  nisi 
quod  profiteantur  se  esse  devotos  Regno  Nostro,  et  Laudes 
Regio  Nostro  Nomini,  siculi  est  consuetudo  fidelium  Nostro- 
rum  de  Maritimis  prò  Honorificentia  Regia,  consuetis  dicbus 
solemnibus,  per  suum  Cierum  et  populum  deprecabuntur  Et 
quod  nulli  infideli,  vel  re!)elli  regio,  qui  in  publicae  nota  in- 
fidelilatis  per  nos  denunciatus  fuerit,  dare  quodcumque  auxi- 
lium,  vel  adjulorium^  seu  defensionem  praesumant.  Nos  autem, 
si  quocumque  tempore,  vel  Nosler  quisque  Successor,  ad 
partes  maritimas  veniemus,  et  vellemus  intrare  ipsara  civi- 
tatem  Nonae,  iidem  cives  Nos  prò  posse  suo,  honore  regio 
in  portas  Civitatis  excipient,  et  decentius  quo  fuerit  hospi- 
tium  Nobis  assignabunt;  caeteri  vero,  qui  in  nostro  fuerint 
comitatu,  occupare  vel  recipere  inlra  muros  civitatis^  nullum 
possint  hospitium  praetendere  nisi  suis  propriis  expensis,  et 
cura  civium  voluntate. 

Pro  metis  dictae  civitatis  designari  fecimus  per  Comitem 
Obesicum,  filium  nostrum  in  hunc  modum  : 

In  primis  incipit  a  capile  cujusdam  insulae  vocatae  Vir 
(Pontadura)  ;  et  deinde  per  litus  maris  ad  s.  Andream  prope 
dictam  civitatem,  et  deinde  in  quemdam  locum  protensum  in 
mare  quod  dicitur  Drugolay^  et  deinde  Diclo^  et  deinde  ad 
locum  qui  dicitur  Crux  parva^  et  deinde  ad  quamdam  pa- 
ludem,  quae  dicitur  Cugnacovo  Blato  (Boccagnazzo),  et  deinde 
per  medium  ipsius  paludis  tendit  ad  partem  auslralem  ad 
metas  cujusdem  possessionis  vocatae  Bristiane^  et  deinde 
directe  tendit  in  quemdam  rivinum^  qui  dicitur  Potoc,  et 
deinde  per  ipsum  rivinum  versus  parlem  australem  secundum 
cursus  ipsius  rivini  in  quoddam  nemus,  dictum  Jablan^  et 
deinde  directe  per  quamdam  vallem  versus  austrum,  quae 
dicitur  Vallis  Budisgna^  et  tendit  usque  ad  Chirnizzam^  et 
deinde  versus  boream  usque  in  cabina  Gomita^  et  deinde 
ad  quamdam  Quetilisnilain,  et  deinde  versus  boream  ad 
quamdam  Quercum,  quae  dicitur  Quercus  Luxi^  et  deinde 
in  austrum  ad  locum  vocatum  Quinque  Vias^  et  deinde  ver- 
sus boream  ad  vallem  Romogiala^  et  deinde  ad  locum,  qui 
dicitur  Badan^  et  deinde  ad  quamdam  vallem  quae  dicitur 
Veprina^  et  deinde  ad  lapidem,  qui  est  apud  mare,  super 
quem  est  una  Crux  descripta^  et  ibi  terminatur:  excepta 
lamen  Possessione  Castri  Jubae  (Ljuba),  quae  est  Hospilalis 
^.  Johannis 

Inter  pascua  dictae  civitati  pertinentia  in  magno  monte 


—  529  — 

sicut  qui  est  supra  mare  incipiendo  a  loco,  qui  dicilnr  Tri- 
hanjs  versus  occidenlem,  usque  ad  locum  qui  dicitur  Equus 
et  usque  ad  cacumen  dicti  monlis,  quae  omnia  praedicta 
Comes  Desivoy  cum  testimonio  plurimorum  Praeiatorum,  fore 
rationabiliter  dislincta   nostris  auribus  attestavi!. 

Ut  igitur  praedicta  civitas  et  cives  Nonae  immunes  et 
securi  perpetuo  permaneant,  nec  ullo  processu  temporis  va- 
leant  praedicta  retractari,  praesens  Privilegium  Nostris  Sigillis, 
et  Carachtere  communitum  ipsis  duximus  conccdendum. 

Datum  per  m^ìnus  Goffredi  Orodien.  Ecclesiae  Prae- 
positi,  Aulae  Regine  Cancellarli,  anno  ab  Incarnalione  Domini 
Millesimo  Ducentesimo,  Quinto  kal.  Augusti.  Praesentibus  etc. 


Bpve  di  Alessandro  VI  del  13  luglio  1493  con  cui  viene  concessa 
Tacoltà  ai  Signori  di  Yrana  di  eleggere  un  proprio  cappellano  da 

qualunque  ordine  religioso. 

ALEXANDER    PAPA    VI. 

Dilecte  fili  Salutem  et  Apostolicam  Benedictionem. 

Pro  parte  vestra  fuit  Nobis  nuper  exposilum,  quod  alias 
vos  cupienles  Dalnialiae  Provinciam  incursionibus  Christian i 
nominis  boslium  perfidorum  Turchorum  reddere  muniliorem, 
quandam  arcem  instrumenlis  bellicis  munitam  in  loco  Lau- 
ranae  Jadrensis  Dioecesis  construxistis,  el  ad  illius  custo- 
diam  quemdam  Coniestabilem  cum  mililum  cohorte  depulastis 
in  magnam  Chrisiinnorum  defensionem  et  ipsorum  Turcorum 
propugnacuhim  :  quodque  ut  corpora  Chrislianorum,  tam  ab 
ipsis  Turcis  interfeotorum,  quam  alias  ibidem  morientium  in 
loco  sacro  sepeliri  possinl,  et  milites  ibidem  prò  tempore 
existentes  ad  expugnationem  ipsorum  Turcorum,  quotidie  in- 
sultantium,  magis  iti  dies  accenderentur,  quandam  Ecclesiam, 
sive  Capellam  in  honorem  Sancii  Gregorii  Papae  erexistis, 
ibique  Prcsbyterum.  qui  eis  Missas,  et  alia  divina  officia  ce- 
lebraret,  eorumque  confessiones  audiret,  ecclesiastica  quoque 
Sacramenta  ministraret,  hactenus  tenuistis.  Verum  quia,  sicut 

34 


—  530  — 

eadem  expelitio  subjungebat,  non  est  ibi  magna  copia  Pres- 
byterorum  saecularium,  aut  regularium,  qui  in  praedicalioni- 
bus,  et  audiendis  confessionibus,  ac  sacris  monitis,  aliisque 
bonis  operibus  uberiores  fructus  afferant;  prò  parte  veslra 
fuit  Nobis  supplicatum  humililer,  ut  saluti  animaruni  Christi- 
fideiium  iilius  loci  consulere,  aliterque  eis  in  praemissis  op- 
portune provvidere^  de  benignitate  apo&tolica  dignaremur. 
Nos,  qui  prò  fide  orlhodoxa  pugnanlibus  favores  omnes  de- 
bemus  impendere,  praemissa  Paterno  considerantes  affeclu, 
hujusmodi  suppiicationibus  inclinati,  Universis  Christifidelibus, 
ut  per  quinquennium  a  data  praesentium  compulandum,  est 
duralurum,  quemcumque  idoneum  Presbyterum  saecularem^ 
seu  cujusvis  Ordinis  et  Mendicantium  Reguiarem,  qui  petita 
licenlia  sui  superioris,  licet  non  obtenta,  ad  dictum  locum 
se  conferret^  ibique  honesle  vivendo  absque  conscientiae 
scrupulo  remanere  libere  valeat,  in  suum  possit  eligere  Ca- 
pellanum,  qui  confessionibus  ipsorum  Christifidelium,  ibidem 
prò  tempore  commorantium,  diligenter  auditis,  eos  ab  omni- 
bus excessibus  et  casibus  etiam  Apostolicae  Sedi  generaliter 
reservatis,  contentis  in  Bulla,  quae  in  Coena  Domini  legitur, 
dumtaxat  exceptis,  tolies  quoties  opus  fuerit  absolvere,  injuncta 
eis  et  cuilibet  eorum  prò  modo  culpae  poenitentia  salutari^  et 
aliis  quae  de  jure  fuerint  injungenda,  nec  non  eis  in  morlis 
articulo  plenariam  omnium  peccatorum  suorum  remissionem 
elargir!,  ac  omnia  ecclesiastica  Sacramenta  ministrare,  et 
Christifidelium  corpora  ecclesiasticae  sepullurae  tradere  possit 
et  valeat,  Apostolica  Auctoritate  tenore  praesentium,  de 
specialis  dono  gratiae  concedimus  pnriter  et  indulgemus.  Non 
obstantibus  Apostolicis,  Synodalibus,  et  in  Provincialibus  Con- 
ciliis  edilis  Generalibus  vel  specialibus  conslilutionibus^  et 
ordinationibus,  coeterisque  contrariis  quibuscumque. 

Datum  Romae  apud  Sanctum  Petrum  sub  annulo  pisca- 
loris  die  XIII  mensis  Julii  MCCCCLXXXXIII,  Ponlificahis 
Nostri  anno  primo. 


531  — 


Lellcra  pastorale  dclF  iircivescovo  (jliuseppe  Nowak  di  data  8  otto- 
bre 1843,  con  cui  si  congeda  dalla  Diocesi  di  Zara. 

JOSEPHUS  FUANCISCUS  de  PAULA  NOWAK 

DEI    ET    SANCTAE    APOSTOLICAE    SEDIS    GRATIA 
ARCHIEPISCOPUS    LARISSENSIS 

NUPER 

JADREN.  DALMATIAEQUE  METROPOLITA  . 

AD     ILLUSTRISSIMUM 

VENERABILE    ET    EXIMIUM     S.    ECCLESIAE    METROPOLITANAE    JADRENSIS     CAPITULUM 

UNIVERSUMQUE    HONORABILEM     CLERUM 

ET    POPULUM    ARCHIDIOECESEOS    JADRENSIS    FIDELEM. 

Dum  prima  Seplembris  anni  1838  illucesceret,  et  Jove 
pluvio  ad  portum  Jadrensem  navim  conscensuri  adveniremus, 
oculis  Nostris  sincerissimis  lacrymis  abundanlibus  ultima  vice, 
voce  in  faucibus  haerenle,  populo  copioso  fìdeli  Nos,  cum 
Excellenlissimo  —  nunc  pie  in  Domino  dormiente  —  Domino 
GuBERNATORE  coucomitanti^  benedictionem  palernam  imper- 
tiebamur,  non  rati,  nec  suspicali,  vires  Noslras  jam  lune 
fraclas  debilitate  eo  usque  processuras,  ut  modo  lectislernio 
adslricti,  irrefragabili  fato  constituerc  cogeremur,  de  sede 
Archiepiscopali  spotitanee  descendere,  et  clavum  regiminis, 
quem  ab  anno  IS23  lenebamus,  annuendbus  Beatissimo 
Patre  et  Augustissimo  Imperatore  rep onere.  A  die  22.*^* 
Junii  a.  e.  Nos  Beatissimus  Pater  nlia  Archiepiscopali  sede 
in  parlibus  inf.  Larissae  —  ne  e  numero  Archiepiscoporum 
in  hierarchia  elideremur  —  in  conlestationem  aliqualium  rae- 
ritorum  Nostroruu)  condecorare,  et  successorem  Nostrum  in 
persona  Rev.mi  ac  Illustrissimi  Domini  Josephi  Godeassi 
Episcopi  Spalatensij^,  Viri  insignis  et  meritorum  pieni  prae- 
conizare  dignatus  est.  Haec  dum  opido  serius  rescivissemus, 
retardabamur  Vobis  notificare. 

Quae  cum  ita  sint,  jurisdictionem  Nostram  ordinariara 
in  raanus  Vestras  ad  paucos  hos  dies,  donec  Successor  Noster 
suum  solium  consceiiderit,  reponimus  ;  non  dubitantes,  perinde 
vel  miniman  ansam  alicui  disordini  datum  irì  ;  sed  in  Domino 
sperantes,  fore,  ut  persista!  in  robore  suo  illud  tritura  :  ^^Nil 
innovetur,  quod  antiquum  et  introductum  est,  servetur.^ 


—  532  — 

Quum  itaque  Vobis  Venerabiles  Fratres  nolum  perspec- 
lumqiie  sit,  quae  molimina  prò  incremento  Ecclesiae  Jadrensis 
susceperimus,  quibus  profuerimus,  quomodo  araantes  redama- 
verimus,  et  adjuvantc  Deo  conamina  Nostra  ad  possibilem  gra- 
dimi perfectionis  altolerimus,  mine  pacata  conscientia  Vobis 
dicimus  :  Valete!  iinice  optanles,  ut  semper  sitis  soliciti  ser- 
vare unitatem  spiritus  in  vincalo  pacis,  et  ut  ullerioribus 
verbis  Apostoli  gentium  inhaeream,  (ad  Philipp.)  ut  '^idem 
"sapialis,  eandem  charitatem  habentes,  unanimes  id  ipsum 
"senlientes,  nihil  per  contentionem  neque  per  inaneni  gloriam, 
"sed  in  humilitate  superìores  sibi  invicem  arbitrantes,  non 
"quae  sua  sunt,  singuii  considerantes,  sed  ea,  quae  aIiorum;„ 
concludentes  bocce  desiderium  cum  aureo  dicto  S.  Auguslini  : 
^^Nihil  vincit,  nisi  veritas^  nihil  salvat,  nisi  charitas.„  — 
Honorabilem  Clerum  et  in  civitate  et  ruri  degentem,  quocuin 
portavimus  onus  diei  et  aestus,  de  sorte  Nostra  benevole 
certiorera  reddere  cupimus,  hortantes  eum,  ut  salagat  colla- 
borare in  Evangelio  Dei,  et  de  incremento  S.  Romanae 
Ecclesiae  secundum  virtulem  Dei,  qui  nos  liberavit  et  sane- 
tificavit  vocatione  sua  sancta  :  (II.  Tim.  1)  servent  omnes 
Sacerdotes  Dei  vivi  populum  fidelem,  teste  S.  Paulo^  pri- 
mordia  catholicae  religionis  edoctum  a  S.  Tito,  qui  contra 
omnes  polestates  lenebrarum  harum,  contra  letiferas  hetero- 
doxias^  galeam  salutis  portans  intrepidus,  imperterritus  con- 
stilerat  ;  qui  sinui  materno  Ecclesiae  Romanae  addictissimus 
martyria  subierat;  His  heroìbus,  huic  populo  inclyto  dico: 
Vale! 

Vos  denique  viros  conspicuos  et  Moderalores,  quibus 
eruditio  clericalis  juventulis  a  piissimo  Imperante  concredita 
est,  et  inter  quos  versari  Nobis  praecipue  in  diliciis  fuit., 
tristissimo  quoque  relinquimus  corde,  exoplantes,  ut  eodem 
zelo  infucatO;,  solatio  immarcessibili  et  profectu  desideratis- 
simo  imbuatis  sincera  praecordia   Successoris  Nostri. 

Hisce  paucis  votis  et  precibus  de  paterno  pectore  de- 
sumptis,  Vos,  per  quos  transivimus,  praedicantes  verbum  Dei 
et  confirmantes  Vos  in  fide  Christi,  commendamus  Deo,  scien- 
tes^  ut  amplius  in  vivis  faciem  Nostrani,  qua  jam  Sacerdotis 
jubilati  videro  non  possitis  :  et  bine  elevantes  omni  intimo 
religioso  sensu  manus  Nostras  ad  Dominum  Deum  nostrum, 
fixisque  oculis  ad  thronum  pietatis.  clementiae  et  misericor- 
diae  Omnipotenlis,  impertìmur  Vobis  omnibus  et  singulis  ul- 
timam  Nostram  paternam  benedictionem  in  Nomine  Patris  et 


—  533  — 

Filli  el  Spirilus  Sancii,  et  emorimur  oiiirii,  qun  possmniiS; 
dedilione. 

Illustrissimi,  Venerahilis  et  Eximii  Cnpiluli,  totiusquo 
calliolici  Cleri,  et  mei   quondam  piissimi  populi   fìdclis. 

Dahamus  Novaedomi  in  IJohemia  die  8  Octobris  1843. 

Sinccrissimus  et  addictissimus  confratcr 
Archiepiscopus  Larissensis  in  Par(. 

Noverint  omnes,  quod  Illust.  ac  Rev.  D.D.  Josephus  Godeassi 
nuper  Episcopus  Spalateli,  electus  antera  Archiepiscopus  Jadren., 
in  exercit.  propriae  jurisdictionis,  Illust.  ac  Rev.  D.  Episcopum 
Cassieri,  ac  Praepositum  hujus  Metropolitani  Capituli  Joannem 
Bercich  in  suum  Pro-Vicarium  Generalem  in  spiritualibus  consti- 
tuerit  et  deputaverit  cum  facultatibus  necessariis  et  opportunis. 


Breve  di  Pio  IX  del  25  luglio  1867,  con  cui  la  Chiesa  Nelro- 
politana  di  Zara  fu  elevata  al  grado  di  Basilica. 

Plus  PP.  IX. 

Ad  perpetuam  rei  memoriam. 

Nobilissimis  Ecclesiis,  et  vetuslatis  memoria  maxime 
illustribus  adnumerandum  esse  Cathedrah  Templum  Jadrense 
nemo  sane  negaverit.  Elenim  salis  constai,  ab  anliquis  Ec- 
clesiae  temporibus  originem  ejus  esse  repelendam,  cumque 
semper  Antislitum  virtule,  et  Cleri  frequentia  Jadrensis  Sedes 
maxime  florueril,  jam  inde  ab  Anastasio  IV  Praedecessore 
Nostro  Metropolitico  honore  ac  jure  auclam,  proximis  etiam 
temporibus  a  Leone  XII  Praedecessore  Nostro  in  universam 
Dalmaliam  jus  illud  obtinuisse.  Haec  animo  repulantes  Nostro 
benigne  excipiendas  existimavimus  Jadrensis  Archiepiscopi, 
et  Curalorum  illius  Templi  preces,  quibus  Nos  rogarunt,  ut 
Calhedralem  illam  Ecclesiam  Basilicae  minoris  tilulo  alque 
honore  illustraremus.  Quae  cum  ita  sint,  illorum  votis  quan- 
tum cum  Domino  possumus,  obsecundare  volentes,  Cathedra- 
lem  Ecclesiam  Jadrensem  bisce  litleris  in  Basilicam  secundi 
ordinis,  seu  minorem,  erigimus  el  conslituimuS;,  eique  privi- 


—  534  — 

legia  omnia,  prnerogativas,  praeniinentiasque  Apostolica  Nostra 
Auctoritate  perpetuo  impertimus,  quae  ex  jure  vel  consue- 
tudine Ecclesiarum,  quae  hoc  litulo  gaudent,  propria  sunt. 
Decernenles  praesentes  Nostras  Litteras  firmas,  validas  et 
efficaces  esse  et  fore.  suosque  plenarios  et  integros  effectus 
sortiri  et  obtinere,  dictaeque  EccJesiae  pienissime  sufFragari, 
sicque  per  quoscumque  Judices  Ordinarios.  et  Delegatos, 
etiam  Causarum  Palatii  Apostolici  Auditores,  ac  S.  R.  E. 
Cardinales  judicari.  ac  definiri  debere^  ac  irritum  et  inane 
quidquid  secus  super  bis  a  quoquam  quavis  Auctoritate  scien- 
ter  vel  ignoranter  contigerit  attentare  Non  obstantibus,  qua- 
tenus  opus  sit,  Nostra  et  Cancelleriae  Apostolicae  regula  de 
jure  quaesito  non  tollendo.  Benedicti  XIV  Praedecessoris  No- 
stri super  Div.  Matr.  aliisque  Constitutionibus  et  Ordinatio- 
nibus  Aposlolicis.  nec  non  dictae  Ecclesiae  juramento,  con- 
firmalione  Apostolica,  vel  alia  quavis  firmilate  legibus,  con- 
sueludinibus,  ceterisque  conlrariis  quibuscumque. 

Datum  Romae  apud  vS.  Petrum  sub  Annulo  Piscalorìs 
die  XXIII  Julii  Anno  MDCCCLXVII,  Pontifìcatus  Nostri  Anno 
Vigesirao  secundo. 

(L.  S.)  N.  Card.'s  Paracciani  Clarelli. 

Ad  N.  1669. 

Visae  et  recognitae,  publicatcìe  fuerunt  die  27  Octobris  anni 
curr.  Dominica  XX  post  Pentecost.  in  festo  Dedicationis  Ecclesiae 
Metropolitanae  et  omn.  Ecclesiar.  totius  Archidioecesis. 

Ah  Ordinariatu  Archi. Eppli,  Jaderae  die  8  Novembris  1867. 

(L.  S.)  Petrus  Domnius  Maupas  Archìepiscopus. 

G.   Raicetichf  Canonicus  Cauc. 


Breve  di  Pio  !\  del  30  luglio  I8()7  con  cui  furono  concesse  ai 
Canonici  della  iiasilica  Meiropolilana  di  Zara  le  sacre  insegne  corali. 

Plus  P.P.  IX. 

Ad  perpetuam  rei  memoriam. 

Consenlaneum  apprime  est  ralioni,    rectoque    ordini^    ut 
Ecclesiastici  viri,  qui  cultui  divino  vacant  iu  templis,    vetus- 


—  535     - 

lalis  memoria,  monumentonim  celebritale,  fideliumque  reli- 
gione maxime  conspicuis,  prao  celeris  splendennl  sacrorum 
insignium  ornalu  ;  proplerea  qiiod  in  majorem  sacrorum  ri- 
luum  majeslntem  cedil  accessio  illa  dignitalis,  plurimum  eliam 
valet  apud  Chrislianum  populum  ad  aucloritalem  honoremque 
illis  conciliandum.  Quao  cum  ita  sinl  ullro  Nobis  esse  ob- 
sequendum  censuimus  Canonicorum  volìs  Calhedralis  Eccle- 
siae  Jadrensis,  qui  anliquilatem  nobililatemque  demonslranles 
Ecclesiae  suae  peculiaria  quaedam  insignia  a  Nobis  efflagi- 
tarunt,  ut  quemadniodum  templum  iliud  insigne  est  anliqui- 
tale,  structuraeque  praestantia,  ita  ipsi  etiam  praecellant  sa- 
crarum  vestium  ornamentorumque  majestate.  Itaque  peculiari 
Oratores  beneficentia  prosequi  volentes,  eosque  et  ceteros, 
quibus  Noslrae  bae  Litterae  favent,  ab  quibusvis  excommu- 
nicationis  et  interdicli,  aliisque  ecclesiasticis  censuris  sententiis 
et  poenis  quovis  modo  vel  quavis  de  causa  latis  si  quas  forte 
incurrerint  hujus  tantum  rei  gratia  absolventes,  et  absolutos 
fora  censenles,  bisce  Litteris  Auctoritate  Nostra  Apostolica 
concedimus  atque  indulgemus,  ut  Dignitales  et  Canonici  Cat- 
hedralis  Ecclesiae  Jadrensis  Tihialia^  et  Collare  violacei 
coloris  gerere  possint,  nec  non  Pallioli^  seu  uti  vocant, 
Mozzetae  violacei  coloris,  supra  Rocchettum  seu  lineum  ami- 
culum,  diebus  vero  solemnioribus  Cappae  Magnae  violacei 
coloris  usu  fruantur;  praeterea  super  Chorales  vestes  CW^ce?)2 
gerani  Octagonam  parvo  numismate  insignem,  quod  ex  ad- 
versa  parte  Imaginem  referat  Sanctae  Anastasiae  Virg.  et 
Mart.  Ecclesiae  Titularis,  ex  aversa  inscriptum  sit  in  haec 
verba  :  Plus  IX  Pont.  Max,  atque  cordula  rubri  coloris  collo 
dependeat.  Haec  concedimus  et  indulgemus,  decernentes  prae- 
sentes  Litteras  firmas  validas  et  efficaces  existere  et  fore 
siiosque  plenarios  et  integros  eflectus  sortiri  et  obtinere, 
memoratisque  Dignitatibus  et  Canonicis  boc  futurisque  tem- 
poribus pienissime  sufFragari,-  sicque  in  praemissis  per  quos- 
cumque  judices  ordinarios  et  delegatos  etiam  Causarum  Palatii 
Apostolici  Auditores  judicari  et  definire  debere  irritumque  et 
inane  sit  secus  superbis  a  quoquam  quavis  auctoritate  scienter 
vel  ignoranter  contigerit  attentar!.  Non  obstantibus  Benedicti 
XIV  Praed.  Nostri  ree.  mem.  super  Divisione  Maler.  aliisque 
Apostolicis  ac  in  Universalibus  provincialibusque  et  synoda- 
libus  Conciliis  editis  generalibus  vel  specialibus  Constitutio- 
nibus  et  Ordinationibus,  nec  non  diclae  Ecclesiae  etiam  ju- 
ramento   confirmatione    Apostolica    vel    quavis    firmitale  alia 


—   536  — 

roboralis  slaliitis  et  consuehidinihus  celerisquc  conlrariis  qui- 
buscumquc. 

Daluiii  Roniae  npnd  S.  Pelrnm  sul)  Annulo  Piscaloris 
die  XXX  Julli  MDCCCLXVII  Ponlificalus  Nostri  Anno  Vi^e- 
simosecundo. 

(L.  S.)  N.  Card>  Parraciani  Clarelli. 

Ad  N.  1701. 

Visae  et  recognitae  expediuntur. 
Ab  Ordinariatu  Archiepiscopali,    Jaderae  die  14  Novemhris  1867. 
(L.  S.)  Petrus  Domnius  Maupas  Archiepiscopus. 

G.   Raicevicli^  Canonicus  Cane. 


Breve  di  Pio  IX  del  30  luglio  1867  eon  cui  furono  accordale  ai 

Vicariirorali  della  Basilica  Neiropolìtana  di  Zara 

le  sacre  iiisepe  corali. 

PIVS  PP.  IX. 

Ad  perpetuali!  rei  memoriam. 

Quae  ad  augendum  splendoreni  majestalemque  sacrorum 
Rituum,  nec  non  anìplitudineni  et  dignitatem  Clero  concilian- 
dam  facere  possunt  ornamenta,  ea  prò  re  ac  tempore  con- 
cedere Romanorum  Pontificum  nuinificentia  solet,  si  raliones 
in  pretio  habendae  id  suadere  videantur.  Jam  vero  cum  dilecli 
fllii  Vicarii  Chorales  Calhedralis  Ecclesiae  Jadrensis  expo- 
nendum  Nobis  curaverint,  sese  qui  veterum  IVlansionariorum 
locum  lenent,  et  ad  Capitulum  pertinent  templi  illius,  nullo 
peculiari  ornamento  ab  reliquo  Dioecesis  Clero  distingui,  hoc 
minime  convenire  visum  Nobis  est,  praesertim  cum  aliis 
Lilleris  hoc  ipso  die  datìs  Dignilatibusque  Canonicisque  Ja- 
drensis Capituli  praecipua  quaedam  insignia  decreverimus. 
Quare  enixis  precibus,  quas  Nobis  memorati  Vicarii  Chorales 
humiliter  adhibuerunt,  libenti  animo  obsecundare  volentes^ 
eosque  et  ceteros  quibus  Nostrae  hae  Lìtterae  favent,  ab 
quibusvis  excommunicationis  et  interdicti,  aliisque  ecclesia- 
sticis  censuris,  sentenliis  et  poenis  quovis  modo  vel  quavis 
de  causa  latis,  si  quas  forte  incurrerint  hujus  tantum  rei  gratia 


-    537  -■ 

nbsolvenles,  el  absoliilos  fore  censonlcs,  haec,  quae  infra - 
scripta  siint  stalliere  non  dubilavimus.  Ilaque  bisce  Litteris, 
Auctorilate  Nostra  Apostolica  concedirnus  atque  indulgemus, 
ut  Vicarii  Cborales  Metropolilanae  Ecclesiae  Jadrensis  usu 
polleant  Pallioli^  seu  uli  vocant  Mozzetae  nigrl  coloris,  parva 
taenia  violacea  ad  exlremas  oras,  et  globulìs  itein  violaceis 
distinctae,  praeterea  super  Cborales  vestes  Numisma  gerant 
quod  adversa  quidem  parte  Imaginem  referat  Sanclae  Ana- 
stasiae  Virg.  et  Mart.  Ecclesiae  illius  titularis,  aversa  vero 
Epigrapbeni  hujusmodi:  Plus  PP.  /Z,  quodque  per  cbordu- 
lam  rubri  coloris  collo  dependcal.  Haec  concedirnus  ac  in- 
dulgemus  decernentes  praesenles  Nostras  Litteras  firmas  va- 
lidas  et  efficaces  existere  et  fore  suosque  plenarios  et  in- 
tegros  effectus  sortiri  et  obtinere  et  dictis  Vicariis  Choralibus 
eorumque  successoribus  hoc  futurisque  temporibus  pienissime 
suffragari;  sicque  in  praemissis  per  quoscumque  judices  or- 
dinarios  el  delegatos  etiam  Causarum  Palatii  Apostolici  Au- 
ditores  judicari  et  definiri  debere  irritumqiie  et  inane  si  secus 
super  his  a  quoquam  quavis  auctorilate  scienler  vel  igno- 
ranler  contigerit  attentari.  Non  obstantibus  Benedicli  XIV 
Praedecessoris  Nostri  ree.  mem.  super  Divisione  Mater.  aliisque 
Aposlolicis  ac  in  Universallbus  provincialibusque  et  synoda- 
libus  Conciliis  editis  generalibus  vel  specialibus  Constitutio- 
nibus,  et  Ordinationibus,  nec  non  dictae  Ecclesiae  etiam  ju- 
ramento  confìrmatione  Apostolica  vel  quavis  firmitate  alia 
roboratis  slatutis  et  consuetudinibus  ceterisque  contrariis  qui- 
buscumque. 

Dalum  Romae  apud  S.  Petrum  sub  Annulo  Piscatoris 
die  XXX  Julii  MDCCCLXVII  Ponlificatus  Nostri  Anno  Vige- 
simosecundo. 

(L.  S.)  N.  CardJ^  Paracciani  Clarelli. 

Ad  N.  1701. 

Visae,  et  recognitae,  expediuntur. 
Ab  Ordinariatu  Archiepiscopali.  Jader ae  die  14  Novembris  1867. 
(L.  S.)  Petrus  Domnius  Maupas  Archiepiscopus. 

G.  Raicevich  Canonicus  Cane. 


538  — 


Prospetto  de'  Beneficii  semplici 

ossìa  non  curati,  dell' Arcidiocesi  dì  Zara,  riferibilmente 

air  anno  1798. 


liocalità 

Titolo 

Reneficiato 

. 

Arcidiacono 

Don    Giovanni  D.r  Armani 

Arciprete 

„      Giovanni  D.r  Giurovich 

Primicerio 

„     Michele  D.r  Cettina 

Canonico 

„      Giovanni   Galeno 

m 

„      Giuseppe  Calvi 

n 

„     Domenico  Chiuchia 

>f 

„     Giovanni  Vlastò 

J7 

„      Francesco   Smiglianich 

fy 

„      Alessandro  De  Zorzi 

n 

„      Giorgio  Milassinovich 

„        Teologale 

„     Francesco    Segnanovich 

w 

„     Andrea  Colanovich 

Ti 

„     Antonio  Bianchi 

Chiesa 

„        Penitenziere 

„     Vincenzo   Smith 

Cattedrale 

w 

„     Giovanni  Addobbati 

di 

Mansionario 

Don    Giovanni  Bassich 

Zara 

•ì'i 

„      Antonio   Triali 

» 

„      Giuseppe   Bianchi 

« 

„     Francesco   Soprano 

V) 

„      Pietro  Marelich 

ft 

„      Vincenzo  Battara 

Settimanario 

Don    Girolamo  Rota 

Y> 

„      Antonio   Teso 

■fl 

„      Giuseppe  Saucevich 

•)•) 

„      Giacomo   Sola 

ì^ 

„      Tommaso  Franceschi 

V) 

„      Trifone  D.r  Roncevich 

;•) 

Il  Sacrista 

•n 

Il  Vicario  generale 

Quattro  vacanti 

Collegiata 

di  S.  Simeone 

Pievano 

Don    Vincenzo  Pasini 

Collegiata 

Primicerio  e  Canonico 

Don    Antonio   Sabalich 

Canonico 

„     Antonio  D.r  Mestrovich 

di  Pago         \ 

t") 

„      Simon  Palcich 

q.m  Gio.  Battista 

V) 

„      Giovanni  Chiepolo 

—  539  — 


TjocalilA 


Titc»l<ft 


Hc'^iieficiHto 


Collegiata 
di  Pago 


Zara 

Onie 

Diocesi  d'Ossero 

Oltre 

Tcon 


Cale 

Pago 

Ponta-Mika 

Diclo 

Vari  luoghi   di 

Terraferma  e  Scogli 

Fra  Cerno   e 

Boccagnazzo 

Ugliano 

Sopra  il  porto 

dì  Zara 

Zara 


Calle 


Belvedere 
Suburbio  di  Zara 

Zara 


Borgo    Erizzo 

e  Zara 

Zara 


Bagno 


Canonico 


Abbazia  Coniendata 
di  S.   Grisogono 

Abbazia   Coine^data 
di  S.   Pietro  d'  Ossero 

Abbazia  Coniendata 
di  S.  Michel  in  Monte 

Abbazia  Comendata  detta 
di  Rogovo  de'  Ss.  Cos- 
mo e  Damiano 

Beneficio  di  S.  Pellegrino 

Benefìcio   di  S.  Pietro 

Beneficio  di  S.  Anastasia 

Beneficio  di  S.   Pietro 

Beneficii  delle  Cappelle 

Beneficio  di  Monte  ferreo 
Beneficio  di   S.  Ippolito 
Beneficio  della  B.  V.  degli 

Ulivi 
Cappellania   Ostoja 
Cappellania   Budislavich 
Cappellania  Traurita 
Servitù  alla  Chiesa 

di   S.   Lorcrizo 
Capellania  Sibicich 
Servitù  ad  un  crocifisso^ 

nella  Cattedrale  i 

Servitù  ad   un  altare  la-  J 

tino  nella  chiesa  greca  I 

di  S.  Elia  ) 

Servitù  senza  titolo 

Servitù  alla  chiesa  di  \ 

S.  Lorenzo  1 

Cappellania  Lucovich  j 

Servitù  di  SS.  Cosma  ej 

Damiano  ) 


Don  Simon   Palcich  q.m  Stef. 

„  Giorgio   Vidolin 

„  Matteo   Sabalich 

„  Stefano  Buglietta 

„  Giorgio   Buxa 

„  Francesco  Palcich 

„  Giuseppe  Pernar 

Seminario  Illirico 
Seminario  Illirico 
Padri  di  S.  Domenico 


Abbate  Don  Ant.  Caraman 
Don   Tommaso  Franceschi 
Arcipretura  di   Pago 
Maestro  di  Cappella  della 

Metropolitana 
Clero  di  Zara 

Clero  di  Zara 

Clero  di  Zara 
Clero  di  Zara 

Arciprete  Giov.  D.r  Giurovich 
Canonico  Alessandro  de  Zorzi 
Canonico   Giovanni   Vlastò 
Canonico   Antonio  Bianchi 

Canonico  Antonio  Ercegovich 
Canonico  Domenico  Chiuchia 


Canonico  Andrea  Collanovich 


Il  Ceremonista  prò  tempore 


Primicerio  Michele  D.r  Cettina 


546  — 


IiOCi%li4à 

Titolo 

Deneficiato 

Pasinan 

^appellania  di    S.    Giov. 

Evangelista 

Don  Simeon  Pacifico 

Zara 

Capellania  Bianchi 

» 

Capellania  Ivanov 

Don  Tommaso  Franceschi 

r> 

Capellania  Trasmileo 

>» 

Servitù  S.  Giovanni  in 
Pusterla 

Don  Antonio  Triali 

V) 

Capellania  di  s.  Marco 

Canonico  Simon  Fattovich 

Zara 

Terraferma  e  Scog;li 

Mansionaria  Marchis 

Don  Bartolomeo  Ferrari 

Suburbio  di  Zara 

Capellania   Matafari   j       ì 
Capellania  Gliubco            j 

Zara 

Canonico  Guerino  Ferrante 

11 

Capellania  senza  titolo 

Don   Tom.  D.r  Millassinovich 

Zara  e  Suburbio 

Capellania  de  Biasj 

Don  Giuseppe  Bianchi 

Boccagnazzo 

Capellania  e  Comissaria 

Glavoz 

Arcidiacono  Gio.  D.r  Armani 

1   .^   i    1 


Imprimatur. 

JADEHAE,  die  14  Maji  1879.      . 
PETRUS  DOMN[US  Archiepiscopus. 


—  541  — 


Errata- Corrige. 


Pag.      ti    1.   35   dopo  la  parola  Uhlinaz  si  aggiunga  :  dal  lato  di  ponente. 

Il  secondo  che  chiamasi  di  S.  Maria 
Maggiore,  incomincia  dalia  porla  Uh- 
linaz 

„        60  1.   29  Melada  Meleda 

„      100  1.     2   1836  1863 

„      157   1.   22  dopo  la  parola  S.   Giovanni    si    aggiunga:    e  trasferitisi  i 

Monaci  assieme  all'abbate  nella  oppo- 
sta villa  di  Tkon,  come  abbiamo  al- 
trove narrato,  quesf  Abbazia,  abban- 
donato il  suo  titolo  primiero  di  san 
Giovanni,  assunse 

„      177  1.      7   dopo  la  parola,  secolo  si  aggiunga  :   da  un  gentiluomo  della 

„      187   1.   10   Romae  JSonae 

„      239  1.   18  Arcipreti  Arcidiaconi 

„      287   1.   23   vie  via 

„      345  1.      5  la  le 

-     355  1.  27  Cosutis  Cosulis 


-<ì=(r'aKzr'5j*=^*- 


548  — 


INDICE. 


Introduzione      .... 
Parochie  insulari 

Isola  di  Pago   .    .    . 

Chiesa  Collegiata  .     . 

Capitolo  Collegiale     . 

Rendite  del  Capitolo 

Obblighi  „  „ 

Archivio  „  „ 

Serie  degli  Arcipreti 

Serie  dei  Primiceri    . 

Uomini  illustri 

Altre    chiese    urbane    d 
Pago 

Chiesa  di  S.  Giorgio 
„  S.  Francesco 

„  S.  Antonio  Ab 

„  S.  Margarita 

.,  Tutt'  i  Santi 

Chiese  suhuì'hane  di  Pago 
Chiesa  della  B.  V.  Assunta 
„    di    S.  Pietro  Ap. 
„    della  S.  Trinità 
„    di  S.  Giacomo  Ap 
„    di  S.  Nicolò 
„    di  S.  Margarita 

Parochie     e    Cappellanie 


deir  Isola  di  P* 

Vlasic 

Povljana  .     . 
Digniska 
Gorizza    . 
Collane     .     . 
Barbato    .     . 
Maoni .     .     . 


90 


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n 

41 

ff 

42 

» 

43 

il 

44 

n 

45 

Altre   parochie    insulari 

della  Diocesi 
Ulbo    . 
Selve   . 
Premuda 
Gruizza 
Skarda 
Isto 
Melada 
Bergulje 
Zapuntello 
Isola  grossa 
Puntebianche 
La  lanterna 
Verona 
Soline 
Bozava 
Zvirinac 
Dra^ovo 
Birbinjo 
Sauro   . 
Luka    . 
Rava    . 
Zmau  . 
Zaglava 
Sale     . 
Eso 

Sestrunj 
Rivanj 
Uljan  isola 

„      paro  chi  a 
Congregazione     religiosa 

Coena  Domini 
Tukoran  . 
v3.  Eufemia  . 
Oltre    .... 


Pag.  45 

46 
50 
55 
56 


ff 
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57 

58 
61 

77 
62 

63 
64 

77 
65 

67 

68 
69 
71 
72 
73 
75 
76 
77 
82 
84 
85 
86 


95 

77 
98 

106 


—  343  - 


Galevac  o  S.  Paolo 
Osliak    .     . 
Cale  .     .     . 
Kukljica 
Pasman  Isola 
Zdrelac 


Bagno     . 
Dobropoljana 
Nevìdjane    . 
Pasman  parodila 
Pasman  convento  e 

chiesa  .  .  . 
Tkon  .... 
Convento    e   chiesa   dei 

benedettini  di  Tkon 
Vergada      .... 

Parochie  litorali 


Pakoscane 


v-Zaravecchia  o  Belgrado 
Vescovi  di  ., 

Cattedrale  „ 

Capitolo  „ 

Conventi  „ 

Zaravecchia  parochia 
SS.  Filippo   e  Giacomo 
Abbazia  di  Rogovo 
Torrette 
Sancassiano 
Bibigne 

\    Borgo  Erizzo 
Puntamica  . 
Diclo       .     . 
Kosino    .     . 
Peterzane  . 
Zaton 
Brevi  laqua 
Pontadura   . 


Nona 


del 


di 


Antichità  di  Nona    . 
Incendio    di    Nona 

1646 

Origine  della  chiesa 

Nona 

Serie  biografica  dei  ve 

scovi  di  Nona 
Elezione,  consacrazione 

loro     .... 
Episcopio    .     .     . 


Pag. 


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108 
109 
111 
114 
116 
117 
Ì18 
120 
122 
124 

127 

129 

132 
137 


140 

143 
148 

148 
149 

151 
155 
157 
159 
162 
165 
168 
170 
172 
173 
175 
176 
178 
180 

183 

184 

188 

191 

197 

235 
237 


Capitolo    cattedrale    dì 
Nona  ......  Pag. 

Serie    degli    arcidiaconi  „ 

„      degli  arcipreti     .  „ 

„      dei  primiceri  .     .  ^> 

Rendite  del    capitolo     .  „ 

Obblighi  „      ,     .  „ 

Privilegi  ,,      '     ■  y, 

Canonica  „      .     .  „ 

Chiesa  cattedrale      .     .  ,, 

Santuario  delle  reliquie  „ 

Arredi  ed  utensili  sacri  „ 

Chiesa  di  S.  Ambrogio  „ 

di  S.  Marcella  .  „ 
Collegiata  di  S. 

Maria  ....  „ 

di  S.  Croce  .     .  „ 

di  S.  Giov.  Batt.  „ 

di  S.  Michele    .  „ 

di  S.  Spirito      .  „ 

di  S.  Marco  ev.  „ 

di  S.Antonio  ab.  „ 
di    S.     Catarina 

v.  m.  .     .     .     .  „ 

di    S.    Giovanni 

Decollato       .     .  „ 
di    S.    Giovanni 

ev „ 

di  S.   Cristoforo 


m. 


„  di  s.  Stefano  prot. 
„  di  S.  Maria  nuov. 
„  di  S.  Nicolò 
„  di  S.  Lazzaro  . 
Chiese  suhurh.  di  Nona 
Chiesa  di  S.  Vito  .  . 
„  di  S.  Giorgio  m. 
„       di    S.     Barbara 

V.  m 

„       di  S.  Margarita 

v.  m 

„       di  S.  Lorenzo  m. 
„       dei    SS.    Cosmo 

e  Damiano   . 
„       di  S.  Matteo  ap. 
„       di  S.  Maria  della 

Neve  .  .  .  . 
„  di  S.  Paolo  ap. 
„       di  S.  Giorgio  di 

Copriva    .     .     . 


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Chiesa  di  S.  Croce.     . 
„       di  S.  Elena 
„       di  S.  Gregorio  P. 

Giovanni  di  Nona  il  S.to 

Lepurine 

Apparizione  di  M.  V.  a 
Lepurine      .... 

Stabilimento    .... 

Ljuba     

Rasanze 

Tribanje 

Starigrad 

Soline 

Gastel-Venier       .     .     . 

Possedaria        .... 

Novegradi  ..... 

Obbrovazzo      .     .     . 

Podprag,  chiesa    monu- 
mentale    

Garin 


Parochie  continentali 

Jasenizze  .... 
Krusevo  .... 
Pri  draga  .... 
Islam-Latino  . 
Popovic  .... 
Medvidje  .... 
Dobropoljici  . 
Zelengrad   .... 

Bruska 

Rodaljizze  .... 
Il  paroco  Kerstich    . 
N.   Villicich 

Nunic 

Biline 

Kistanje  .... 
Slivnizza  .... 
Radovin      .... 

Verchè 

Poglizza  .... 
Dracevac  .... 
Visozane     .... 


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344  — 

Polesnik      .     .     .     .     . 

Sovare    

Smilcic 

Skabernje 

Nadin     ...... 

Rastevic      .     .     .     .     . 

Benkovac    

Korlat  e  Kulataglie 

Perusic 

Podgradje 

Lepuri  e  Lisicic 

Pristeg 

Radosinovaz     .     .     .     . 

Vrana     

Polazza 

Jagodnje 

Tinj 

Miranje  e  Smokovic     . 

Gorizza        

Il  prete  Sorich     .     .     . 

Rastane 

Galovac 

Zemonico 

Fondazione  dell'Imma- 
colata in  Zemonico  . 

Murvizza 

Grue-Brissevo 
Boccagnazzo    .... 

Cerno 

Malpaga 

Villaggi  della  Diocesi 
di  Zara  una  volta 
esistiti     

Ancora  sulle  antichità 
di  Nona 

Serie  dei  benefici  eccle- 
siastici di  Zara 

Notizie  ecclesiastiche  di 
Zara  anno  1797-1800 

Notizie  ecclesiastiche  a. 
1800-1880    .     .     .     . 

Documenti       .... 


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Bianchii  Carlo  Federico. 
Zara  cristiana 


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ÌO«?OMTO     5,      C-ANAOA